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Nomina del nuovo Presidente della BCE |
Christa RANDZIO-PLATH (PSE, D) Raccomandazione sulla nomina di Jean-Claude Trichet a Presidente della Banca centrale europea Doc.: A5-0307/2003 Procedura: Consultazione legislativa Dibattito: 23.09.2003 Votazione: 23.09.2003 Il Parlamento ha approvato la
nomina di Jean-Claude TRICHET
alla Presidenza della Banca centrale europea con 315 voti favorevoli, 83
contrari e 75 astensioni. Trichet è stato designato dal Consiglio
europeo di Salonicco in sostituzione di Wim DUISEMBERG,
che è in carica dal 1998. In base all’articolo 112 del Trattato, il
parere dell’Aula sarà ora trasmesso al Consiglio europeo, che
procederà alla nomina. Trichet dovrebbe entrare in carica il 1°
novembre 2003, per un mandato di 8 anni. |
Servizi
d’investimento: più concorrenza
|
Theresa VILLIERS
(PPE/DE, UK) Relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai servizi di investimento e ai mercati regolamentati e che modifica le direttive 85/611/CEE e 93/6/CEE del Consiglio e la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio Doc.: A5-0287/2003 Procedura: Codecisione, prima lettura Dibattito: 23.09.2003 Votazione: 25.09.2003 Il Parlamento ha approvato in prima lettura (296 voti favorevoli, 74 contrari e 96 astensioni) la relazione di Theresa VILLIERS (PPE/DE, UK) sulla proposta di modifica della direttiva relativa ai servizi di investimento e ai mercati regolamentati. L'Aula, pur accogliendo la proposta, ha presentato una serie di emendamenti miranti, tra l’altro, a limitare le formalità amministrative, a distinguere i piccoli investitori da quelli professionali e a evitare che le nuove regole aumentino i costi delle transazioni. Scopo della proposta è quello di aggiornare la direttiva del 1993, che ha istituito un «passaporto unico» per le imprese d’investimento operanti in Europa. La proposta mette fine alla regola della concentrazione (la quale autorizza le autorità nazionali ad esigere che gli ordini relativi ad azioni personali siano eseguiti tramite la Borsa nazionale), sostituendola con norme comuni per l’esecuzione degli ordini sui mercati finanziari. Esse dovrebbero essere applicate a tutti i tipi di esecuzione, all’interno o all’esterno del mercato borsistico. La nuova normativa favorisce la concorrenza, dando maggiori possibilità di scelta agli investitori e rafforzando la loro protezione. L’obiettivo è l’efficienza a livello di prezzi, ma anche la riduzione dei costi di transazione e l’aumento dei capitali disponibili per gli investimenti, dando così impulso alla crescita economica. I deputati si oppongono tuttavia ad alcune misure che rischiano di far aumentare il costo d’acquisto e di vendita delle azioni. Per quanto riguarda le obbligazioni, si chiede che i test di idoneità siano limitati ai servizi che prestano consulenza; la normativa sui servizi che riguardano esclusivamente l’esecuzione (transazioni che non comportano consulenza), già disciplinati dal diritto contrattuale, non dovrebbe essere appesantita con ulteriori requisiti, che farebbero aumentare i costi. I parlamentari auspicano poi un approccio più flessibile quanto al principio di «esecuzione alle condizioni migliori». Pur sostenendo l’idea che le imprese devono cercare attivamente la transazione migliore per il cliente, i deputati ritengono che tale punto debba essere chiarito perché, nella pratica, è impossibile rispettare in assoluto il principio del prezzo più basso o del miglior risultato sulla base di tutti i fattori (costi, velocità, ecc.). Le imprese dovrebbero quindi semplicemente garantire di aver fatto il necessario per ottenere il miglior risultato «utilizzando ogni ragionevole sforzo». Le esigenze di trasparenza sono un elemento chiave della direttiva, che prevede la pubblicazione di informazioni più ampie possibili, prima delle negoziazioni. Il Parlamento sostiene il principio della trasparenza ma, tenendo conto del rischio di un impatto negativo sulle liquidità e di effetti discriminatori verso certe imprese d’investimento, ha limitato la portata di tali norme. In base all’articolo 25 della proposta, per le transazioni di una certa importanza le imprese operanti per proprio conto o per confronto interno con gli ordini di clienti dovrebbero rendere pubbliche le quotazioni di acquisto e di vendita. Ciò, secondo i deputati, rischia di impedire alle imprese d’investimento di entrare in competizione con le borse. Sono stati quindi approvati alcuni emendamenti che limitano la portata degli obblighi imposti alle imprese che praticano l’«internalizzazione sistematica» in azioni (ad esempio quelle che eseguono regolarmente e continuamente ordini per proprio conto o per confronto regolare con gli ordini di altri clienti). È stata anche introdotta la nozione di «dimensione standard», che comporta il dovere di rendere pubbliche le quotazioni, anche se l’importo sarà fissato in una fase successiva dai regolatori. I deputati
fanno infine riferimento all’obbligo, per le imprese d’investimento,
di rendere pubbliche le condizioni relative agli «ordini limitati»
(ordini di acquisto o vendita di un’azione solo al di sopra o al di
sotto di un prezzo fissato): se non sono immediatamente eseguiti, questi
dovrebbero essere trasmessi a un mercato regolamentato, a meno che il
cliente vi si opponga. |
Imposizione dei prodotti energetici e dell’elettricità |
Pierre
JONCKHEER (Verdi/ALE, B) La relazione di
Pierre JONCKHEER (Verdi/ALE, B)
è stata approvata con 386 voti favorevoli, 113 contrari e 41 astensioni.
Il voto ha comportato alcune importanti modifiche al testo iniziale: la
relazione originaria sosteneva in linea generale la proposta della
Commissione europea. Con gli emendamenti approvati, invece, si chiede un
calendario più ambizioso e una soglia più elevata per l'imposizione
minima sui carburanti per motori. I livelli minimi di imposizione dovranno
essere applicati dal 1° gennaio 2008, invece che dal 1° gennaio 2010.
Entro il 1° gennaio 2010 (e non 2012), il Consiglio dovrebbe decidere in
merito ai livelli minimi di imposizione per il gasolio applicabili con
decorrenza 1° gennaio 2011 (e non 2013). È stata infine prevista una
scadenza (fine 2007) per le esenzioni fiscali per le forme di energia non
rinnovabili. |
Brevettabilità di invenzioni attuate tramite computer |
Votazione L'attuale pratica dell'Ufficio europeo dei brevetti, che consiste nel concedere brevetti per le invenzioni attuate per mezzo di computer, dovrebbe essere legalizzata? I deputati ritengono di si, ma con una serie di emendamenti alla proposta della Commissione hanno voluto inquadrare fermamente la possibilità di brevettare tali invenzioni, in modo da non spingersi verso la brevettabilità del software. La relazione di Arlene McCARTHY (PSE, UK) è stata approvata con 361 voti favorevoli, 157 contrari e 28 astensioni. Secondo la Commissione e la relatrice, si tratta di stabilire un quadro giuridico per la concessione di brevetti per invenzioni attuate tramite computer, cioè per l'apporto tecnico, mentre il software, in quanto creazione dell'ingegno, è protetto dal diritto d'autore. Simili brevetti sono già concessi dall'Ufficio europeo e dagli uffici nazionali. La direttiva è quindi necessaria ai fini della certezza giuridica: bisogna precisare ciò che è brevettabile e ciò che non lo è, in modo da limitare il campo di brevettabilità, al contrario di quanto avviene negli Stati Uniti o in Giappone. Per coloro che si oppongono alla direttiva, tuttavia, il testo apre la strada alla brevettabilità di programmi informatici, poiché è difficile dare una definizione precisa di «software puro» (ovvero programmi per computer che permettono di trovare una soluzione tecnica a particolari problemi tecnici). Primo obiettivo dei deputati è quello di chiarire il testo della Commissione, perché se lo scopo è quello della certezza giuridica servono definizioni precise. L'«invenzione attuata per mezzo di elaboratori elettronici» è quindi definita ai sensi della Convenzione per il brevetto europeo: un'invenzione «la cui esecuzione implica l'uso di un elaboratore, di una rete di elaboratori o di un altro apparecchio programmabile che presenta nelle sua applicazioni una o più caratteristiche non tecniche che sono realizzate in tutto o in parte per mezzo di uno o più programmi per elaboratore, oltre al contributo tecnico che ogni invenzione deve arrecare». L'articolo 52 della Convenzione prevede infatti che il software in quanto tale non sia brevettabile. I
deputati hanno inoltre ricordato che la natura tecnica del contributo
costituisce uno dei quattro requisiti della brevettabilità. Per poter
ricevere un brevetto, inoltre, il contributo tecnico deve presentare un
carattere di novità, essere non ovvio ed atto ad una applicazione
industriale. L'Aula ha poi precisato il significato di contributo tecnico
riprendendo la tradizionale distinzione tra impiego delle forze della
natura e creazione dell'ingegno, che serve a distinguere l'ambito dei
brevetti da quello del diritto d'autore. L'impiego delle forze della
natura per controllare gli effetti fisici al di là della rappresentazione
digitale delle informazioni rientra in un settore tecnico, affermano i
deputati. Essi insistono sul fatto che un'invenzione attuata tramite
computer non deve essere considerata come «arrecante un contributo
tecnico» solo perché implica l'uso di un elaboratore. Non sono quindi
brevettabili le invenzioni implicanti programmi per elaboratori che
applicano metodi per attività commerciali, metodi matematici o di altro
tipo e non producono alcun effetto tecnico. Il brevetto deve quindi
coprire solo il contributo tecnico e non il programma per elaboratore
utilizzato nell'ambito dell'invenzione. Se il programma è utilizzato per
scopi che non appartengono all'oggetto del brevetto, tale utilizzo non può
essere considerato come una contraffazione. L'interoperabilità
rappresenta un'altra preoccupazione. I deputati ritengono che se l'uso di
una tecnica brevettata sia necessario per consentire la comunicazione e lo
scambio dei dati tra due diversi sistemi o reti informatiche, tale uso non
deve essere considerato come una violazione di brevetto. I deputati hanno
infine insistito sul fatto che, per essere brevettabile, un'invenzione
attuata tramite computer deve avere un'applicazione industriale. Al fine
di proteggere gli investitori, spesso PMI di recente costituzione, è
stato infine previsto un «periodo di dilazione» che lascia
all'investitore il tempo di verificare l'interesse di mercato per la sua
invenzione, senza che possa esserne privato. |
Dibattito |
Il commissario Frits BOLKESTEIN ha ringraziato la relatrice per il lavoro svolto su un dossier di natura tecnica e di grande importanza. I computer sono oramai diventati parte del nostro quotidiano e si trovano in tutti gli uffici e persino nelle camere da letto. Data la estrema diffusione dei microchip, è importante definire la brevettabilità delle invenzioni su computer, che costituiscono il 15% delle nuove invenzioni brevettate. L'accettazione della brevettabilità potenziale delle invenzioni tramite computer fa parte della prassi dell'Ufficio europeo dei brevetti. Si è detto che la proposta di direttiva, introdurrebbe per la prima volta la nozione di brevettabilità del software nell'Unione europea, ma il commissario ha negato quest'interpretazione e ha lodato la relatrice per essere andata oltre tali malintesi. La proposta intende invece chiarire il campo di applicabilità di queste invenzioni e introdurre un'armonizzazione a livello comunitario partendo dalle normative esistenti. L'Esecutivo accoglie favorevolmente alcuni emendamenti contenuti nella relazione. Del resto la direttiva non introduce brevetti su software e quindi non avrà quell'impatto che molti paventano. Essa si limita a rafforzare le norme preesistenti. Viceversa, se determinati emendamenti fossero approvati, vi sarebbero due conseguenze negative. La prima sarebbe che, in assenza di un'armonizzazione completa a livello comunitario, l'Ufficio brevetti europeo e quelli nazionali sarebbero liberi di continuare a rilasciare brevetti sul software che potrebbero andare oltre i limiti stabiliti dall'art. 52 della Convenzione europea sui brevetti. Questo non solo farebbe continuare l'incertezza giuridica, ma metterebbe in pericolo l'obiettivo di esclusione della brevettabilità del software puro. La seconda conseguenza riguarda gli Stati membri che già hanno messo in piedi un sistema sovranazionale dei brevetti attraverso la Convenzione europea e l'Ufficio europeo, i quali continuerebbero l'armonizzazione a livello europeo ma con un trattato intergovernativo al di fuori del metodo comunitario. Il cittadino non potrebbe allora far sentire la propria voce attraverso il Parlamento. La relatrice, Arlene McCARTHY (PSE, UK), ha affermato che la proposta della Commissione sulla brevettabilità delle invenzioni tramite computer non riguarda un fenomeno nuovo, né la brevettabilità del software. Sono 30.000 i brevetti rilasciati dall'Ufficio europeo dei brevetti e dagli uffici nazionali. I computer, d'altra parte, sono ormai parte della vita quotidiana, come i telefonini e gli elettrodomestici: senza questa direttiva i brevetti per le innovazioni attuate tramite computer continueranno ad essere registrati a decine di migliaia, anche al di là delle applicazioni industriali. Negli USA e in Giappone brevetti sono stati purtroppo registrati per software puro. Una direttiva europea potrebbe quindi fermare il passaggio verso il sistema statunitense, ovvero verso un puro metodo commerciale. Citando Amazon quale esempio negativo di tecnologia non nuova e non unica, la relatrice ha affermato che la brevettabilità in simili settori non è positiva per l'innovazione o la conoscenza. Purtroppo, però, l'Ufficio europeo ha rilasciato troppi brevetti. Certo le invenzioni, talvolta risultato di anni di investimenti in ricerca e sviluppo, sono importanti per l'economia europea. Servono però tutele per le piccole imprese, che hanno bisogno di recuperare gli investimenti effettuati. È essenziale che i brevetti permettano di ottenere un buon reddito o, nel mondo globalizzato, le PMI si troveranno in posizione sfavorevole a causa di brevetti rilasciati alle multinazionali. Non ci devono invece essere abusi determinati da posizioni dominanti. Il brevetto dovrà quindi limitarsi a certe invenzioni. Joachim WUERMELING (PPE/DE,D) ha ringraziato la relatrice per l'eccellente lavoro, segnato da due grandi difficoltà: la complessità della materia, con i suoi aspetti giuridici e tecnici, e la lobbying aggressiva e a volte irrazionale con cui tuttavia la relatrice è riuscita ad impostare un dialogo. Non si vuole un brevetto generale per tutto il software, né si intende garantire il monopolio e il potere commerciale delle grandi imprese: vogliamo sostenere le PMI e assicurare la continuazione di pratiche come quelle d'Open source o di Linux, ha detto l'oratore. Occorre però stabilire una frontiera tra le innovazioni attuate tramite computer, che devono essere brevettabili, e il software nel senso di pura elaborazione di dati, che non deve esserlo. In passato l'Ufficio europeo dei brevetti ha proceduto con leggerezza e ora tale tendenza negativa può essere arginata dal legislatore. Il rappresentante dei popolari non capisce perché si debba essere contrari a qualsiasi tipo di direttiva in questo campo: senza la direttiva si lascia immutata la prassi adottata finora. In tal modo si tocca anche il problema della competitività dell'UE perché, se ci si spinge troppo in là, vi è il rischio di trovarsi in una posizione concorrenziale difficile. La relazione migliora la direttiva in punti decisivi e ponendo un limite: non è possibile brevettare algoritmi e puro software. Il gruppo socialista non ritiene che gli emendamenti approvati dalla commissione giuridica rispecchino la situazione attuale, ha detto Manuel MEDINA ORTEGA (PSE, E). Questa proposta di direttiva non mira a brevettare i programmi di computer, perché ciò è già disciplinato dalla direttiva sul diritto d'autore. Il problema riguarda piuttosto la creazione intellettuale, molto diversa dalla protezione industriale che implica l'applicazione dei brevetti a fini industriali. Vi è stata in questo campo una pericolosa deriva determinata dalla registrazione di brevetti anche per invenzioni che non avevano implicazioni industriali; ciò pregiudica le possibilità d'azione e la creazione di una società dell'informazione sulla base dei principi di Lisbona. È quindi necessaria una direttiva comunitaria che regoli solo le applicazioni industriali e non i programmi in generale, affinché l'Ufficio europeo dei brevetti non trascini tutti i paesi verso la brevettabilità delle innovazioni attuate tramite computer in quanto tali. Secondo Toine MANDERS (ELDR, NL) la linea di demarcazione tra diritti d'autore e brevetti è in alcuni casi molto difficile da tracciare. Ciò emerge anche dall'attività febbrile delle lobby che operano in senso contrario allo spirito della direttiva, la quale intende eliminare l'incertezza giuridica in questo campo. L'Ufficio dei brevetti a Monaco utilizza il metodo USA di brevettazione di parti di software: secondo l'oratore, si tratta di una prassi da fermare. La relazione è molto equilibrata ma potrebbe essere migliorata. Il rappresentante dei liberali chiede che tutti i diritti di proprietà intellettuale che decorreranno dalla direttiva siano soggetti ad una deroga per valutare se possono essere commercializzati. Egli ha inoltre sottolineato l'importanza della differenza tra l'interoperabilità e le invenzioni originarie. Pernille FRAHM (GUE/NGL, DK) ha rilevato che tutti chiedono alla Commissione europea di procedere affinché vengano effettuati più investimenti e sviluppo a favore delle PMI. Chiedendosi come mai le PMI aspettino di vedere l'applicazione della direttiva e perché invece la parte innovativa del software ne sottolinei i pericoli, la rappresentante del gruppo GUE ha esortato a riflettere sul contenuto. Un problema di cui sono coscienti le PMI è quello rappresentato dai costi relativi ai brevetti, che ammontano a un milione di euro l'anno. Per quanto la Convenzione europea sui brevetti possa rappresentare una protezione, si constata che l'Ufficio europeo dei brevetti sta pian piano estendendo il suo campo d'azione. Questo significa andare nella direzione opposta di quella auspiscata. L'oratrice si è anche interrogata sul software puro: ma quanto puro deve essere per non poter essere brevettato? Bisognerebbe ascoltare di più le PMI su questo tema. L'orientamento generale della direttiva è accolto in modo positivo dai Verdi, perché mira a creare chiarezza giuridica, ha esordito Raina Mercedes ECHERER (Verdi/ALE, A). La Commissione, però, è troppo chiusa nei confronti degli oppositori. L'oratrice ha posto una questione ancora senza soluzione: quando una piccola parte di un'invenzione utilizza un software creato in precedenza e può essere brevettata, può essere utilizzata da altri? Bisogna capire la distinzione tra il diritto d'autore e la brevettabilità: tale problema sta alla base della decisione del gruppo e dell'orientamento dei detrattori della direttiva, che si pongono lo stesso obiettivo ma cercano di avere un atteggiamento più aperto e flessibile. La direttiva non riuscirà infatti a creare chiarezza giuridica. Il brevetto può essere utilizzato come un'arma sul mercato e per questo bisogna capire come si possano sostenere gli investimenti e le innovazioni. Si sarebbe forse potuta utilizzare la direttiva sul diritto d'autore come punto di partenza: in tal caso l'appoggio del gruppo sarebbe stato maggiore. Il fatto che l'Ufficio dei brevetti abbia agito con leggerezza ricade sotto la responsabilità dei paesi firmatari. Antonio MUSSA (UEN, I) ha ricordato che l'informatica è la spina dorsale del futuro sviluppo di ogni paese ed ha come colonna fondamentale la tecnologia hardware e la scienza software. Ogni innovazione tecnologica è oggi protetta e tutelata dalla brevettabilità, mentre lo sviluppo di un software dà origine a un diritto d'autore (copyright) che ne tutela la proprietà intellettuale. Facendo un parallelo con il mondo della musica, l'oratore ha detto che l'elaboratore elettronico è uno strumento con cui vengono eseguite musiche composte non da note, ma da codici e comandi che, alternandosi col ritmo e la sequenza ideata dallo sviluppatore, danno origine ad azioni e risultati differenti. Cosa accadrebbe alla musica se un giorno si potessero brevettare le scale, gli accordi, i trilli e tutto ciò che rende appassionante il panorama sinfonico? La stessa sorte toccherebbe all'informatica se si tutelasse, con il brevetto, ogni piccolo comando, ovvero le sequenze di codici e algoritmi. Ciò trasformerebbe il mercato in una giungla di imitazioni. Ogni sviluppo di software sarebbe limitato, circoscritto e sempre più frenato se si dovessero convalidare i brevetti esistenti: PMI e programmatori sarebbero di fatto messi fuori mercato. Con un altro paragone, Mussa ha affermato che non si tutela la proprietà intellettuale di un quadro o di un libro brevettandone il soggetto, ma garantendone la diffusione nell'ambito delle leggi che tutelano i diritti d'autore: in tal modo si stimola la produzione di opere d'ingegno simili e non di copie, migliorando quando possibile l'opera originaria o reinterpretandola secondo schemi diversi. Un mercato in crescita, aperto a nuovi orizzonti come quello europeo, insomma, non può permettersi d'imporre ulteriori regole che pongono freni allo sviluppo. Il gruppo ritiene quindi che la relazione non possa essere accettata. Bent Hindrup ANDERSEN (EDD, DK) ha detto che per un architetto sarebbe inconcepibile avere dei brevetti su strumenti essenziali per la sua attività. Questo ragionamento dovrebbe essere applicato anche a proposito del software. Ci vuole sì una protezione, ma bisogna pensare anche alle conseguenze negative per i cittadini. Egli non concorda inoltre con chi pensa che una siffatta protezione del software possa favorire l'innovazione. Ci saranno infine problemi per le PMI per l'utilizzazione dei brevetti. Marco CAPPATO (NI, I) ha dichiarato che i deputati della Lista Bonino voteranno a favore degli emendamenti volti a restringere i margini di brevettabilità del software, ma respingeranno la relazione nel caso in cui il cuore di tali emendamenti non venisse accolto. Cappato ha stigmatizzato l'attività dell'Ufficio europeo dei brevetti volta ad accogliere migliaia di brevetti sul software. La distinzione tra brevettabilità del software in quanto tale e in quanto parte di un'invenzione tecnologica è troppo sottile. Meglio quindi vedere se il software fa parte o meno di un'invenzione. In tal caso, è l'invenzione stessa ad essere brevettata secondo le norme che proteggono le invenzioni tecnologiche in quanto tali. Secondo l'oratore, il software deve essere escluso dalla brevettabilità perché appartiene al campo dell'organizzazione e della trasformazione delle idee. Non si può pensare ad un brevetto applicato al software di una durata ventennale, dato che tale periodo corrisponde ad un'era geologica nel campo informatico. Inoltre, anziché procedere ad una distinzione tra il brevetto del software in quanto tale e del software come parte delle invenzioni tecnologiche, bastava continuare a lasciare brevettabili le invenzioni tecnologiche e applicare la regola che esclude la brevettabilità della parte software. Egli ha garantito il sostegno agli emendamenti sull'interoperabilità e ha detto di non essere d'accordo con chi sostiene che occorre approvare la proposta altrimenti gli Stati membri faranno da soli. Francesco FIORI (PPE/DE, I) ritiene che questo sia uno dei temi più complessi trattati nella legislatura. Si sta infatti affrontando una questione in cui l'identificazione dell'oggetto di tutela giuridica già di per sé può essere complicata. In secondo luogo ci si deve confrontare con un complesso quadro normativo internazionale: se si analizza quanto sta accadendo in Europa, ma soprattutto negli Stati Uniti, il sistema dei brevetti pare stia mostrando grandi limiti. La direttiva, per quanto perfettibile, ha affrontato un problema politico serio. L'Europa si deve infatti differenziare dalle posizioni statunitensi e farsi promotrice di un'azione nei confronti nei principali partner economici, in modo da armonizzare tutti gli aspetti di tutela giuridica del software in forma diversa da quella attuale. Non ci si deve scostare dall'idea che i brevetti software siano concessi solo su solide basi. Si è assistito a un numero abnorme di domande di brevetti sul software negli Stati Uniti e, probabilmente, anche nell'Unione europea: ciò rende evidente che non vi è una reale attività inventiva. Del resto, non ci si può permettere di brevettare ogni sorta di applicazione: con una crescita fuori controllo dei brevetti diventerà praticamente impossibile verificare negli archivi se la richiesta vada davvero verso una invenzione nuova. Certo vi sono aspetti che potrebbero essere migliorati anche dal punto di vista giuridico, ma Fiori è convinto che su tale tema si dovrà comunque ritornare perché l'evoluzione tecnologica è talmente rapida che imporrà all'UE una nuova azione nei prossimi anni. Anche Fiorella GHILARDOTTI (PSE, I) ha ringraziato la relatrice per il lavoro svolto su questo dossier complicato e delicato. Il software svolge un ruolo importante in numerose industrie e costituisce una forma fondamentale di creazione e di espressione, oltre ad essere un settore ingegneristico specializzato e un'attività umana che conta più di dieci milioni di progettisti professionisti nel mondo e decine di milioni di persone che sviluppano software. I progettisti di software indipendenti e le piccole società svolgono un ruolo fondamentale ai fini dell'innovazione nel settore, soprattutto in Europa. L'Europa è all'avanguardia per la cultura informatica: il 71% di sviluppatori di software libero lavora in Europa e solo il 13% in America. I brevetti, quindi, non devono consentire la monopolizzazione degli strumenti di espressione, creazione, diffusione e scambio di informazioni e conoscenze, né frenare lo sviluppo della ricerca e della conoscenza. Si tratta di poter garantire che la ricerca e l'innovazione continuino a essere libere e stimolare una crescita economica basata sulla conoscenza, evitando monopoli di produzione e commercio di prodotti che utilizzano il software. È quindi necessario che la proposta della Commissione venga modificata e migliorata su alcuni punti fondamentali, affinché vi sia una chiara e severa limitazione delle condizioni di brevettabilità. L'oratrice è infine preoccupata della possibilità che la proposta oggetto della riflessione non possa essere sostenuta, qualora gli emendamenti presentati in Aula non fossero approvati. Il commissario Frits BOLKESTEIN ha dichiarato che l'esecutivo accoglie con favore la relazione e in generale gli emendamenti che ne fanno parte. Due di essi meritano peraltro un'attenzione specifica. L'emendamento 20 prevede l'inserimento di un nuovo art. 6a sull'interoperabilità. Un'analisi attenta evidenzia come esso potrebbe svuotare alcuni brevetti del loro valore e renderli inservibili, il che porrebbe l'Unione in difficoltà di fronte ai suoi impegni internazionali nel quadro dell'Accordo TRIPS. Un compromesso accettabile potrebbe venire dall'art. 76, che evoca il suddetto Accordo. Anche l'emendamento 18, che aggiunge un nuovo paragrafo all'art. 5, merita attenzione: il commissario ritiene che esso aprirebbe la porta alla brevettabilità dei programmi software in quanto tali. Sarebbe quindi opportuna una formulazione più cauta. Al contrario, molti emendamenti non possono essere accettati. Essi hanno in comune il fatto di stabilire un regime speciale per le invenzioni su computer. In realtà chi esamina un brevetto valuta la novità dell'invenzione in quanto tale, senza riferimento al tipo di tecnologia, così come stabilisce il diritto internazionale e in particolare l'Accordo TRIPS. Secondo il commissario, altri emendamenti comportano problemi minori. Riguardo al rapporto sul funzionamento della direttiva, l'esecutivo non può accettare soluzioni arbitrarie, tenuto conto delle risorse limitate di cui dispone. La proposta oppone un ostacolo alla brevettabilità indiscriminata di ogni invenzione. L'invenzione deve garantire un contributo non banale l'invenzione effettivamente innovativa otterrà la protezione che merita. Inoltre il brevetto copre non solo elementi di un programma che risolve un problema tecnico, ma l'intera soluzione del problema. Dal punto di vista dell'utente, nulla che non lo sia già diverrà brevettabile. Anche me PMI che producono software saranno tutelate. In chiusura del dibattito, la relatrice Arlene McCARTHY (PSE, UK) ha affermato che in dieci anni di permanenza al Parlamento non si è mai scontrata con una campagna lobbystica così decisa e personale. Alla luce di tutto ciò, ha auspicato che il voto si svolga nel massimo ordine affinché i deputati possano svolgere appieno il loro ruolo di membri di un'istituzione legislativa. |
Marchio comunitario |
Luis BERENGUER FUSTER (PSE, E) La relazione è
stata approvata con 464 voti favorevoli, 10 astensioni e 30 contrari. |
Migliorare la sicurezza marittima dopo il naufragio della «Prestige» |
Dirk
STERCKX (ELDR,
B) Votazione: 23.09.2003 Votazione Con un emendamento adottato con 315 voti favorevoli, 183 contrari e 6 astensioni, il Parlamento ha chiesto l'istituzione di una commissione temporanea che approfondisca l'esame delle cause e delle conseguenze del disastro della «Prestige». La commissione dovrebbe inoltre valutare gli standard di sicurezza marittima e il rispetto della normativa UE, cercando di garantire l'applicazione delle raccomandazioni contenute nella relazione di Dirk STERCKX (ELDR, B), approvata nel suo complesso con 336 voti favorevoli, 174 contrari e 14 astensioni. La plenaria prende atto degli sforzi compiuti dalle autorità spagnole, ma deplora che, a quasi un anno dall'incidente, il relitto - che contiene tuttora più di 14.000 tonnellate di greggio - perda ancora. I deputati esprimono preoccupazione per la mancanza di trasparenza associata alle decisioni e alla procedura adottata finora, che non hanno impedito il ripetersi di maree nere lungo la costa atlantica. Essi chiedono al Consiglio, alla Commissione e all'Agenzia europea per la sicurezza marittima di assistere le autorità spagnole con tutte le risorse tecniche disponibili per arrestare lo sversamento e recuperare il relitto. Il petrolio recuperato dovrebbe essere trattato e immagazzinato in un adeguato luogo protetto. Dovrebbe poi essere elaborata una lista di luoghi in cui sono state immagazzinate sostanze inquinanti derivanti da precedenti perdite di petrolio lungo le coste europee. La Commissione è invitata a presentare al più presto una proposta volta a rafforzare il controllo dello stato di approdo, riducendo gli intervalli tra le ispezioni delle navi ad elevato rischio. Gli Stati membri sono chiamati a fornire le risorse necessarie per tali controlli e aumentare il numero degli ispettori. È stata inoltre chiesta la creazione di un servizio di guardia costiera europeo dotato dei poteri e degli strumenti necessari che dovrebbe garantire, oltre a una rigorosa sorveglianza, alla persecuzione degli scarichi illegali delle navi e al rispetto di specifiche rotte di navigazione, il coordinamento più rapido possibile delle misure da adottare in caso di incidente, compresa l'assegnazione di approdi e porti di emergenza. Il Parlamento
chiede infine la mobilitazione di tutti i fondi e mezzi tecnici comunitari
interessati e la creazione di una rete per lo scambio di esperienze in
materia di inquinamento da idrocarburi. L'Aula invita la Commissione ad
informare il Parlamento in merito alla possibile riprogrammazione dei
Fondi strutturali e del Fondo di coesione che potrebbero essere necessarie
per destinare aiuti alle zone interessate dall'incidente della Prestige. |
Dibattito |
Dirk STERCKX (ELDR, B) ha affermato che l'audizione in Parlamento e le testimonianze ascoltate durante la visita in Galizia sono state molto utili ai fini dell'elaborazione della relazione. Questa punta a migliorare la sicurezza marittima, imparando dall'incidente della Prestige e prendendo esempio dalle normative internazionali. La Commissione ha agito tempestivamente e bene. La relazione contiene però alcune conclusioni importanti: in primo luogo, il fatto che non esistesse un porto di rifugio, ragione per cui la nave fu allontanata dalla costa contribuendo così ad ampliare la zona geografica colpita; l'incidente avrebbe quindi potuto avere conseguenze diverse. L'oratore auspica che la Commissione presenti una proposta sulla concorrenza e sulla necessità di dare chiari riferimenti ai comandanti per avere accesso ai porti di rifugio. Egli ha anche chiesto informazioni sul contributo che gli Stati membri daranno a tal fine. Tutte le navi vecchie, poi, dovranno essere controllate meglio. Occorre infatti sapere con precisione se possono ancora navigare o se rischiano di creare problemi analoghi a quello della Prestige. È importante che si crei un sistema di classificazione, tenendo conto delle sollecitazioni subite dalla nave durante le normali manovre o di eventuali problemi e difficoltà verificatisi in alcuni momenti. Le informazioni fornite possono essere molto migliorate. Una terza considerazione riguarda il combustibile e i tipi di idrocarburi, che devono essere tenuti in condizioni corrette: è chiaro che navi nuove forniscono maggiori garanzie, mentre le petroliere di 15/20 anni possono avere problemi legati ad esempio alla fatica del materiale metallico (anche se sono munite di doppio scafo). Le società di classificazione devono poter rispondere anche a tali problemi. I porti di controllo devono peraltro consentire a ogni Stato membro di esaminare nel dettaglio tali relazioni, creando un servizio paneuropeo. Serve insomma un sistema che possa limitare i danni, utilizzando la notevole esperienza acquisita e non partendo da zero. Occorrono organismi indipendenti in grado di effettuare un'indagine: non si tratta solo di capire chi è responsabile delle inchieste ma anche che sia davvero sopra le parti, senza conflitti. Ciò vale per i settori marittimo e dell'aviazione. L'UE può inoltre svolgere un ruolo importante negli organismi internazionali, dove bisogna convogliare le risorse e non presentarsi in modo scomposto. I paesi costieri dovranno essere più attivi. Non sempre è necessario trainare le navi in difficoltà a 100 miglia dalla costa, perché questo può costituire pericolo. Per il relatore, non si deve criminalizzare il comandante della Prestige, agli arresti domiciliari: si rivolge un appello alle autorità spagnole affinché non sia trattato come un criminale. Sterckx ha quindi ricordato che a bordo della Prestige ci sono ancora 14.000 tonnellate di petrolio e che le cisterne contengono acqua: il problema, oltre alla perdita, è stato che la quantità di liquido fuoriuscito è stata molto maggiore di quanto previsto, determinando danni gravissimi e molto visibili. Il relatore ha infine dichiarato di aver cercato il compromesso su alcuni aspetti importanti tenendo conto dei contributi dei colleghi. Vi è un accordo di principio sull'istituzione di una commissione temporanea, ma le idee non concordano quanto alle competenze che essa dovrebbe avere. La commissaria Loyola de PALACIO nel ringraziare il relatore per la qualità del testo, ha fatto il punto della situazione sulla lotta all'inquinamento marittimo. Prima ancora del naufragio della Prestige, c'era stato quello della petroliera Erika: anche in quel caso non esisteva un porto di rifugio. Allo stesso modo, altre petroliere erano affondate in precedenza e, in quei casi, non solo non vi era un porto di riparo, ma neanche la volontà politica di intervenire. Le misure proposte dai pacchetti Erika I e II sono state tutte approvate tranne quella sul risarcimento dei danni. Anche qui però la situazione è migliorata negli ultimi mesi, grazie allo sforzo congiunto della Commissione e degli Stati membri e in seno all'Organizzazione Marittima Internazionale al fine di triplicare il fondo di solidarietà, portandolo così a 920 milioni di euro. Le proposte presentate dalla Commissione dopo il naufragio della Prestige sono attualmente all'esame del Consiglio e del Parlamento. Una di esse, già adottata, riguarda l'uso delle petroliere a doppio scafo per il trasporto di combustibile pesante. Inoltre è stato accelerato il calendario per i controlli sulle navi monoscafo, la cui applicazione avrebbe evitato il disastro della Prestige. Per la commissaria, si può dire che stavolta si è riusciti a prendere delle decisioni e che è finalmente emersa una volontà di agire, a differenza di precedenti occasioni. L'Esecutivo vigilerà sull'applicazione delle misure adottate. Dieci procedure di infrazione sono state aperte nei confronti di Stati membri che non hanno recepito le normative in materia di classificazione e di sicurezza nei porti. In Galizia si stanno esaminando due diverse metodologie per il recupero del petrolio liberato in mare. Le spiagge colpite sono state ripulite, ma rimangono a galla resti di catrame che a causa delle correnti arrivano a contaminare le coste. A livello politico, gli Stati membri si erano impegnati a consegnare i loro piani di emergenza entro il 1° luglio 2003, benché l'obbligo giuridico prevedesse piuttosto la data del 1° febbraio 2004. Tutti hanno risposto, ma non in maniera soddisfacente. La commissaria solleverà il punto nel prossimo Consiglio Trasporti: gli Stati membri che al 5 febbraio 2004 non avranno provveduto, saranno oggetto di una procedura d'infrazione. Loyola de Palacio ha poi ringraziato il Parlamento per il sostegno in merito al rafforzamento delle competenze dell'Agenzia europea per la sicurezza marittima e in particolare riguardo alla possibilità di dotare l'Agenzia di navi anti inquinamento capaci di agire anche col mare in tempesta. La commissaria ha fatto infine riferimento alle trattative tra l'UE e l'OMI ai fini di una Presidenza europea dell'organizzazione. Un'altra questione essenziale è che l'equipaggio parli una lingua comune: la sicurezza non potrà che giovarsene in situazioni estreme nelle quali è importante che ci si capisca velocemente. Per Konstantinos HATZIDAKIS (PPE/DE, GR) il lavoro svolto dal relatore ha dimostrato che il problema in esame è molto complesso perché tocca svariati aspetti. Si propone cioè una gamma di misure che copre diversi settori, come quelli delle navi antinquinamento e del servizio europeo di controllo delle coste: tali questioni devono essere affrontate dalla Commissione e dal Consiglio. Le navi a doppio scafo, ha poi chiarito, non sono una panacea. Occorrono incentivi fiscali affinché le imbarcazioni tornino sotto le bandiere degli Stati membri, altro fattore importante per limitare i danni da parte di navi con bandiere di comodo. È stato d'altra parte sottolineato che, in caso di naufragio, i marittimi non possono diventare capri espiatori. Il rappresentante del gruppo popolare ritiene che servano commissioni temporanee per indagare sui casi di naufragio, in modo da cercarne le ragioni. Gli Stati membri dovrebbero attivarsi immediatamente presso organismi internazionali come l'IMO affinché questi intervengano in modo energico. Esiste però un problema legato all'applicazione delle norme già esistenti, problema da risolvere ancor prima di pensare a nuove norme per il futuro. Almeno cinque Stati membri, infatti, non garantiscono il rispetto delle attuali disposizioni legislative. Sui porti di rifugio, ad esempio, i paesi dell'UE non sembrano attenersi alle misure che essi stessi hanno indicato. Anche l'applicazione delle norme per i nuovi assunti costituiscono un problema; occorre poi regolamentare le sanzioni penali per i casi di disastro marittimo. La commissione temporanea, quindi, deve valutare se la legislazione (pacchetti Erika I ed Erika II) viene applicata e, in caso negativo, per quali ragioni. È questo l'obiettivo dell'emendamento presentato dal gruppo, che l'oratore ha invitato ad accettare: concentrarsi sulla Prestige non garantisce la necessaria regolamentazione e in ogni caso su quel naufragio non vi è nulla di nuovo da dire. Bisogna trarre spunto dal naufragio per porre una questione di tipo legislativo. Occorre poi cercare di capire la questione delle assicurazioni. L'oratore ha infine affermato che non è onorevole parlare a Strasburgo di questioni interne della Spagna. Brian SIMPSON (PSE, UK) ha ritenuto la relazione molto equilibrata e ha sottolineato che essa, oltre ad evidenziare le mancanze da parte delle autorità spagnole, contiene anche una parte propositiva. L'oratore ha detto di sentirsi molto vicino alla gente di Galizia. Occorre ora un'analisi del disastro sotto il profilo economico, analizzare la legislazione e capire dove essa sia insufficiente. Per questo il rappresentante socialista appoggia l'emendamento 11 che propone di creare una commissione temporanea d'inchiesta sul disastro della Prestige e considera inaccettabile una sua diluizione, così come richiesto dal relatore. Adriaan VERMEER (ELDR, NL) ha auspicato che l'Aula faccia propria la relazione e che poi la Commissione la accolga così com'è per poi riferirne in Consiglio. Facendo riferimento all'emendamento 10, che fissa standard più severi di quelli dell'OMI, ha insistito sulla necessità di vietare alle vecchie petroliere la circolazione nelle acque comunitarie e sull'adozione di disposizioni chiare per la loro rottamazione. L'oratore ha poi ammonito sulla possibilità che quello della Prestige non sia l'ultimo disastro ma che altri, dentro e fuori l'Unione europea, seguiranno. Ancora una volta ci si occupa dell'analisi delle cause e delle conseguenze dell'incidente della Prestige, ha esordito Helmuth MARKOV (GUE/NGL, D). La relazione è un'ottima base poiché la commissione parlamentare ha cercato di capirne le ragioni e le conseguenze in modo da trarre risposte positive. Vi è stata una lotta politica sulla commissione d'inchiesta e, nonostante le divergenze, è emerso un interesse reale per evitare che una catastrofe di tale portata possa ripetersi. Su alcuni aspetti vi sono punti poco chiari o contraddizioni: si fa ad esempio riferimento al fatto che bisogna ancora verificare le cause, mentre da giugno sono emerse altre informazioni. Vi sono però state informazioni contrastanti da parte delle autorità spagnole non solo sulla fuoriuscita di combustibile e sulla quantità trasportata, ma anche sulle conseguenze socio-economiche e ambientali dell'incidente. Il rappresentante del gruppo GUE/NGL ha infine invitato ad esaminare le conclusioni più in dettaglio e ha chiesto una commissione temporanea. Pur sapendo che il tempo a disposizione è poco, vi è la responsabilità politica di essere a conoscenza di informazioni corrette; ciò sarà possibile in futuro soltanto con una collaborazione più stretta a livello nazionale ed europeo. Camilo NOGUEIRA ROMÁN (Verdi/ALE, E) ha affermato che la reazione democratica in Galizia e nel resto della Spagna è stata straordinaria, nonostante il ripetersi nella zona di catastrofi. Il movimento «Nunca mas» («mai più») ha dato una risposta ammirevole. In Galizia negli ultimi anni ci sono stati sei incidenti gravissimi, ma non sono state prese misure né sono stati definiti piani d'emergenza: se una nave come la Prestige oggi fosse vittima di un'avaria nella stessa area, ci si troverebbe davanti allo stesso disastro. La commissione per i trasporti ha elaborato una relazione che ha superato le attese, nonostante gli ostacoli incontrati. Essa contiene una critica giustificata al governo spagnolo, critica che avrebbe dovuto essere ancora più acuta per il caos del traffico marittimo internazionale. Il lavoro deve ora continuare con una commissione temporanea d'inchiesta che metta in luce le cause del problema e che cerchi soluzione a quelli del futuro. Con gli emendamenti, il gruppo vuole sottolineare che il problema, un anno dopo il disastro, non è risolto: sulle spiagge, specie in Galizia e in Cantabria, vi sono ancora macchie di catrame e le conseguenze di lungo termine ancora non sono state chiarite. Il rappresentante dei Verdi ha ribadito che bisogna rimettere ordine nel traffico marittimo internazionale. Egli ritiene poi giusto che l'Agenzia marittima sia localizzata nel paese che ha subito più catastrofi. I cantieri navali devono infine poter costruire navi contro l'inquinamento: bisogna trovare un rimedio ai problemi del mare che è la riserva dell'umanità, ha concluso l'oratore riprendendo i principi di Kyoto. José Duarte de Almeida RIBEIRO E CASTRO (UEN, P) ha rilevato che l'argomento preoccupa molto i portoghesi, che appena qualche anno fa hanno assistito ad un incidente del genere vicino Porto Santo. Se i pacchetti Erika I e II fossero applicati nei prossimi due anni, si potrebbe guardare con fiducia al futuro, ma è necessario andare avanti con la volontà politica. Oramai i tempi sono maturi affinché l'Unione assuma una posizione forte in seno all'OMI e i mari europei siano protetti da questo tipo di incidenti. Secondo Rijk van DAM (EDD, NL) molte domande relative al disastro della Prestige non hanno ancora trovato risposta. Occorre un supplemento d'indagine per esaminare la maniera in cui è avvenuto l'intervento delle autorità spagnole, al fine di evitare il ripetersi di determinati problemi nel futuro. Il rappresentante dell'EDD ha manifestato delle perplessità sul modo in cui si intende procedere per indennizzare i danni e ha proposto che si avanzi con una regolamentazione internazionale che vada al di là del fondo di solidarietà. A conclusione del dibattito, Loyola de PALACIO ha fatto appello alla franchezza: per molto tempo la migliore politica di sicurezza dell'UE è consistita nel non averne una. La situazione è però cambiata negli ultimi 15 anni, ovvero da quando vi è l'Atto unico che prevede decisioni a maggioranza nel settore trasporti. La commissaria ha poi citato una serie di disastri del mare, avvenute in Europa e in altri paesi tra i primi anni '80 e il 2002 (Prestige). In quel periodo c'erano dei governi regionali e nazionali e c'erano anche le Istituzioni europee, eppure nulla fu fatto. Si è dovuto attendere fino ad ora per prendere provvedimenti, ma se già negli anni Ottanta si fossero assunte misure analoghe a quelle statunitensi, si sarebbe potuta risparmiare una serie di catastrofi. La commissaria vorrebbe che fatti del genere non accadessero più, ma per questo si presentano due aspetti: la prevenzione e la gestione dell'eventuale disastro. Si tratta di vedere se tale esperienza possa permettere di evitare che negli anni futuri si presentino casi simili, nonché di valutare se si può arrivare all'OMI e determinare da quella sede le regole del gioco. «Non mi accontento del minimo, perché bisogna pensare ai mari del mondo», ha sottolineato la commissaria. Gli scafi doppi aiutano, ma non sono la soluzione al problema: servono altri provvedimenti per rafforzare la sicurezza. Bisogna ad esempio considerare l'età delle petroliere, definendo un ciclo di vita massimo. Loyola de Palacio è anche favorevole a una guardia costiera europea e ha detto che si stanno facendo i primi passi per un'agenzia di controllo e salvataggio in ciascuno degli Stati membri. Quanto al recupero del petrolio, il governo spagnolo ha ribadito la volontà di agire in questo senso. Vi sono poi gli aspetti sociali e la necessità di comunicare con i sistemi centrali: su questo problema di controllo del traffico marittimo si sta lavorando. Certo, oggi non si può dire che fatti simili non possano più succedere, ma sono stati adottati provvedimenti già d'applicazione: una parte dei pacchetti Erika I e II sono vigenti, ad esempio per quanto concerne i controlli portuali. La commissaria si preoccupa poi del Mar Baltico e di tutti i mari chiusi (anche il Mediterraneo), che hanno un grosso traffico di petroliere e dove qualsiasi disastro avrebbe conseguenze drammatiche. In tal senso si sta lavorando con i russi, grandi esportatori di petrolio, in modo da poter migliorare la sicurezza. Una migliore gestione migliore del traffico marittimo è fondamentale. Molti oratori si sono detti preoccupati per la sorte del capitano della Prestige, su però cui alcuna autorità politica ha nulla da dire: solo i giudici, gelosi delle loro prerogative, sono competenti ad esprimersi. Un anno fa, ha poi concluso de Palacio, si sono viste le immagini epiche dei marinai sulle coste della Galizia che cercavano di far fronte a una catastrofe inevitabile, lottando contro la marea nera: tale lotta fu vinta con uno sforzo spettacolare. «Io mi inchino e rendo omaggio a queste persone» che hanno mostrato il coraggio della gente di mare. Nel nome dei volontari e del rispetto della solidarietà espressa in tutta Europa, bisogna cercare di fare in modo che eventi analoghi non si producano mai più. La commissaria ha quindi invitato i parlamentari a guardare avanti: nei mesi futuri occorre accelerare la soluzione del problema della responsabilità penale e convincere il Consiglio a non richiedere l'unanimità per la definizione delle questioni legate all'inquinamento marino. |
Trasporti aerei tra l’UE e i paesi terzi |
Hans-Peter MAYER (PPE/DE, D) Relazione sulla proposta di regolamento del Consiglio
che abroga il regolamento (CEE) n. 3975/87 e modifica il regolamento (CEE)
n. 3976/87 e il regolamento (CE) n. 1/2003 relativamente ai trasporti
aerei tra la Comunità e i paesi terzi La relazione è
stata approvata. |