l'AGE informa |
<<<Sommario | ||
RASSEGNA
22 - 25 settembre 2003
Strasburgo
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Codici delle procedure parlamentari, Abbreviazioni Deputati al Parlamento europeo Comunicazione Conferenza
intergovernativa Allargamento Relazioni
esterne Commercio
estero Affari
economici e monetari Mercato
interno Trasporti Energia Industria Ambiente Sanità
pubblica e Consumatori Politica
sociale e dell’occupazione Sviluppo e
Cooperazione Diritti dei
cittadini Petizioni Sicurezza e
Difesa Giustizia e
Affari interni Immunità e
Statuto dei deputati Regolamento
del PE Bilancio Pesca |
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Abbreviazioni
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Deputati al Parlamento europeo Situazione al 25.09.2003 |
X |
B |
DK |
D |
GR |
E |
F |
IRL |
I |
L |
NL |
A |
P |
FIN |
S |
UK |
Totale |
PPE/ DE |
5 |
1 |
53 |
9 |
28 |
21 |
5 |
34* |
2 |
9 |
7 |
9 |
5 |
7 |
37 |
232* |
PSE |
5 |
2 |
35 |
9 |
24 |
18 |
1 |
16 |
2 |
6 |
7 |
12 |
3 |
6 |
29 |
175 |
ELDR |
5 |
6 |
3 |
1 |
1 |
8 |
1 |
8 |
5 |
4 |
11 |
53 |
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GUE/ NGL |
X |
3 |
7 |
7 |
4 |
15 |
X |
6 |
1 |
X |
2 |
1 |
3 |
X |
49 |
|
Verdi/ALE |
7 |
X |
4 |
X |
4 |
9 |
2 |
2 |
1 |
4 |
2 |
X |
2 |
2 |
6 |
45 |
UEN |
X |
1 |
X | X |
X |
4 |
6 |
10 |
X | X | X |
2 |
X | X | X |
23 |
EDD |
X |
3 |
X |
X |
X |
9 |
X | X | X |
3 |
X |
X |
X | X |
3 |
18 |
NI |
3 |
X | X | X |
1 |
10 |
X |
11* |
X | X |
5 |
X | X | X |
1 |
31* |
Totale |
25 |
16 |
99 |
25 |
64 |
87 |
15 |
87 |
6 |
31 |
21 |
25 |
16 |
22 |
87 |
626 |
Pietro-Paolo MENNEA
è passato dal gruppo PPE/DE al gruppo NI in data 8.7.2003 |
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Il Parlamento ricorda Anna Lindh |
L'11 settembre scorso si è appresa la notizia della tragica morte di Anna Lindh, ministro degli esteri della Svezia, ha ricordato in apertura di sessione il Presidente Pat COX. Anna Lindh era conosciuta in Parlamento quale ex Presidente del Consiglio ed era amica di molti. A nome proprio e dell'Aula, Cox ha inviato le più profonde condoglianze ai suoi familiari, ai suoi numerosi amici, ai colleghi e al popolo svedese. Coloro che l'hanno conosciuta ne hanno apprezzato l'eccezionale calore, intelligenza e apertura di spirito: Anna Lindh era il volto esemplare della politica europea, ha detto Cox. Oggi molti ricordano i momenti passati nella sua vivace e stimolante compagnia, nonché la personalità e lo stile diretto e semplice. I pensieri e i sentimenti dell'Aula vanno quindi alla famiglia, ai suoi amici e ai suoi cari. In sua memoria il Parlamento ha osservato un minuto di silenzio. Referendum in LettoniaIl Presidente Pat COX si è rallegrato per l'esito del referendum in Lettonia, dove è stato espresso a larga maggioranza il «sì» all'ingresso nell'Unione europea. Si tratta dell'ultimo dei referendum tenutisi nei paesi interessati dall'allargamento dell'anno prossimo: ora si attende il processo di ratifica dei trattati di adesione da parte dei Parlamenti dei vari Stati membri. |
La CIG rispetti il consenso raggiunto dalla Convenzione |
José María GIL-ROBLES GIL-DELGADO (PPE/DE,
E) e Dimitris TSATSOS (PSE, GR) Votazione I deputati chiedono che la Conferenza intergovernativa (CIG) rispetti il consenso raggiunto dalla Convenzione europea e approvi il progetto di Trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa, «senza alterare il suo equilibrio di base nel tentativo di potenziarne la coerenza». È questo il messaggio principale della relazione di José María GIL-ROBLES GIL-DELGADO (PPE/DE, E) e Dimitris TSATSOS (PSE, GR), adottata dal Parlamento con 335 voti favorevoli, 106 contrari e 53 astensioni. I parlamentari approvano l’apertura della CIG, il 4 ottobre a Roma, e sostengono l’intenzione della Presidenza italiana di chiudere i lavori nel dicembre 2003. A loro avviso, il nuovo Trattato dovrebbe essere firmato dai 25 Stati membri il 9 maggio 2004 - giornata dell’Europa - subito dopo l'adesione dei nuovi Stati membri. Gli Stati che prevedono referendum, dovrebbero organizzare tali referendum o prevedere la ratifica del progetto di Costituzione in conformità con le loro disposizioni costituzionali, se possibile, lo stesso giorno. I deputati plaudono ai progressi compiuti, «anche se non sono state soddisfatte tutte le richieste del Parlamento per quanto attiene a democrazia, trasparenza ed efficienza dell’Unione europea». Il testo mette quindi in evidenza le «tappe importanti per un'Unione europea più democratica, più efficace e più trasparente», ma anche «gli aspetti che richiedono un ulteriore monitoraggio» del progetto di Costituzione. Tra i progressi, sono indicati l’inclusione nel progetto di Trattato della Carta dei diritti fondamentali, l’elezione del Presidente della Commissione da parte del Parlamento, l’introduzione di un diritto d’iniziativa legislativa per i cittadini, la scomparsa della struttura in pilastri, la semplificazione degli atti dell’UE, la separazione del Trattato Euratom dalla struttura giuridica della futura Costituzione, l’estensione della codecisione e del voto a maggioranza qualificata. Il Parlamento sottolinea poi la clausola di solidarietà nella lotta contro il terrorismo e la possibilità di una cooperazione strutturata in materia di politica di sicurezza e di difesa, nel rispetto degli obblighi delle alleanze. Le questioni che richiedono un ulteriore approfondimento riguardano, tra l’altro, l’elezione del Presidente del Consiglio europeo: il suo ruolo dovrà essere strettamente limitato alla direzione dei lavori, al fine di evitare eventuali conflitti con il Presidente della Commissione o con il futuro Ministro degli esteri dell’UE. Quest’ultimo, peraltro, dovrà essere assistito da un’amministrazione congiunta in seno alla Commissione. I deputati rivendicano anche un ruolo più importante per il PE in materia di politica estera e di sicurezza comune (PESC) e nelle questioni relative alla difesa. Essi sottolineano che, nel quadro della procedura di bilancio, i loro diritti non dovrebbero essere ridotti rispetto alla situazione attuale. Accogliendo positivamente la soppressione del legame tra la ponderazione dei voti al Consiglio e la distribuzione dei seggi al Parlamento europeo – un legame stabilito nel protocollo allegato al Trattato di Nizza – essi chiedono infine che la nuova ripartizione dei seggi al PE sia applicata senza ritardo. È stata poi espressa preoccupazione in merito alle «risposte insoddisfacenti a talune questioni fondamentali», in particolare per quanto concerne il consolidamento della politica di coesione economica e sociale, il coordinamento delle politiche economiche, il pieno e integrale riconoscimento dei servizi pubblici, il mantenimento dell’unanimità in Consiglio nell’ambito della PESC e in certi settori della politica sociale. I deputati sperano anche che la riforma della Commissione non ne indebolisca il carattere collegiale e deplorano che il sistema previsto renda difficile confermare un buon commissario per un secondo mandato. Un emendamento presentato dal gruppo PPE/DE che citava le radici giudaico-cristiane è stato respinto con 211 voti favorevoli, 283 contrari e 15 astensioni. Nonostante
alcuni limiti e contraddizioni, i deputati ritengono che il risultato
della Convenzione debba essere approvato: rimettere in discussione i
compromessi raggiunti, infatti, pregiudicherebbe i progressi compiuti e
l’intero metodo della Convenzione, ritenuto molto più efficace di
quello intergovernativo. Per le future revisioni dei Trattati, comunque,
si auspica che sia la Convenzione stessa ad eleggere il Presidium. |
Dibattito José María GIL-ROBLES GIL-DELGADO (PPE/DE, E) ha affermato che il Parlamento sostiene il risultato ottenuto nella Convenzione, il cui testo è positivo anche se non perfetto. Non vanno quindi formulate proposte di modifica. Molti colleghi avrebbero voluto miglioramenti, ma i relatori preferiscono che i Capi di Stato e di Governo non modifichino il consenso ottenuto, sostenuto dai parlamenti nazionali ed europeo, che rappresentano i cittadini, ma anche dai rappresentanti dei Governi degli Stati membri. Tale consenso politico non va sottovalutato. Sono state però espresse alcune preoccupazioni che dovranno essere affrontate: è infatti impensabile che la Conferenza intergovernativa si limiti semplicemente a benedire il risultato della Convenzione. Le preoccupazioni riguardano ad esempio il fatto che solo la metà dei commissari avrà diritto di voto e questo è un grande errore, perché indebolirebbe l'Esecutivo proprio nel momento in cui deve essere rafforzato. Per Gil-Robles tale aspetto dovrebbe essere sanato. Egli ha poi ribadito che la relazione vuole affrontare i problemi, ma riaprire il negoziato istituzionale sarebbe un grosso errore. È questo il principale messaggio politico del testo, ma non ci si poteva limitare a tale affermazione: dovevano essere sottolineate luci ed ombre del progetto di Costituzione, che rappresenta un passo avanti importante ma che non comporta una rinuncia alla possibilità di ottenere nuovi obiettivi a tempo debito. Egli ha poi ringraziato il collega relatore Tsatsos e tutti i colleghi dei gruppi per il contributo apportato con senso di responsabilità, espresso come sempre avviene quando si devono prendere decisioni politiche di grande rilievo. Il relatore confida infine nello spirito d'integrazione, costruttivo ed europeista, per il voto in Aula. Dimitris TSATSOS (PSE, GR) ha ricordato che storia significa evoluzione, pertanto la Convenzione ha ripercorso la storia costituzionale dell'UE. Con questa relazione il Parlamento chiede il riconoscimento dell'equilibrio istituzionale raggiunto come una conquista e invita la Conferenza intergovernativa a non riaprire il pacchetto della Convenzione, costituito da compromessi e accordi fondamentali. Se la CIG se ne allontanerà, saranno rimesse in discussione le conquiste costituzionali, rischiando un fiasco simile a quello di Nizza. Il relatore ha poi citato i risultati acquisiti, tra cui l'inserimento nella bozza di Costituzione della Carta dei diritti fondamentali, il rafforzamento del ruolo del Parlamento europeo, la semplificazione dei Trattati e l'ampliamento del voto a maggioranza qualificata. Si riconosce però che la proposta di Costituzione comporta alcuni punti deboli, ovvero problemi di equilibrio tra i vari organismi istituzionali. Egli ha citato ad esempio la rimessa in questione dell'eguaglianza tra i vari paesi, la composizione della Commissione, l'istituzione di un Presidente stabile del Consiglio europeo, nonché le disposizioni sulla politica estera e di sicurezza comune. Punti forti e critiche non costituiscono però una contraddizione, perché la critica contribuisce all'evoluzione. Se il pacchetto verrà riaperto, il Parlamento non potrà esimersi dall'esprimere pienamente la propria opinione. Anche i cittadini, d'altra parte, sono invitati a sostenere il risultato della Convenzione, pur conoscendone le debolezze. In riferimento agli emendamenti presentati sulle radici giudaico-cristiane dell'Europa, Tsatsos ha riconosciuto il ruolo della cristianità nella storia europea, ma ha detto che un riferimento esplicito svilirebbe il valore di tale eredità: egli è quindi contrario a tale modifica. L'oratore ha infine auspicato che questa Costituzione possa compiere un lungo viaggio, resistere alle tempeste ed essere credibile dal punto di vista politico. A nome del Consiglio, il sottosegretario agli esteri Roberto ANTONIONE, illustrando le linee guida della Presidenza italiana sulla prossima Conferenza intergovernativa, ha rilevato che la Convenzione ha scritto una pagina storica del processo di integrazione europea. Per la prima volta, infatti, le Istituzioni dell'Unione, i Governi degli Stati membri e di quelli candidati, i parlamenti nazionali e la società civile si sono impegnati in una riflessione strutturata, globale, pubblica e trasparente sul futuro dell'Europa. La Convenzione è stata un successo e ha sciolto una serie di nodi rilevanti, che non erano stati risolti in precedenti CIG: la ripartizione delle competenze, l'attribuzione della personalità giuridica all'Unione, il superamento della struttura in pilastri, il rafforzamento del principio di sussidiarietà, il coinvolgimento dei parlamenti nazionali nel processo decisionale comunitario. La Convenzione ha mostrato che è possibile preparare e negoziare trattati europei in un modo nuovo, lo dimostra il fatto che fino agli ultimi giorni si è cercato di trovare un compromesso valido per tutte le componenti. Essa elabora un disegno ambizioso che supera le contrapposizioni delle precedenti CIG e chiude la prima fase di un processo costituente unitario che si concluderà con la ratifica del futuro Trattato costituzionale. L'ultima parola spetta ora ai Governi, ma la prossima CIG dovrà prevedere aspetti organizzativi e procedurali diversi rispetto al passato perché diverso è stato il negoziato che l'ha preceduta. La Presidenza italiana intende rispettare il calendario fissato dal Consiglio europeo di Salonicco, che prevede l'inizio della CIG il 4 ottobre, lo svolgimento dei lavori ad un ritmo serrato per arrivare ad un accordo globale nel dicembre 2003 e alla firma tra il 1° maggio 2004 e le elezioni europee. Un prolungamento di questo periodo comporterebbe due problemi: il patrimonio costituiente della Convenzione verrebbe a disperdersi e i cittadini andrebbero a votare per il Parlamento europeo ignorando i lineamente costituzionali della futura Unione. Il rappresentante del Consiglio considera il parere espresso dalla commissione affari costituzionali un contributo prezioso agli sforzi della Presidenza. La CIG comunque non sarà chiamata ad alterare gli equilibri del progetto, ma potrà soltanto introdurre miglioramenti, chiarendo e integrando il testo qualora ce ne fosse il bisogno. L'obiettivo finale consiste nel raggiungere un risultato di qualità e in particolare nel conseguire l'efficace funzionamento dell'Unione ampliata. Questa revisione costituzionale rappresenta una sfida per tutti e soprattutto un impegno nei confronti dei cittadini. Un eventuale fallimento sarà una sconfitta per l'UE nel suo insieme e per il tentativo di farne un autorevole protagonista sulla scena mondiale come fattore di pace, democrazia e stabilità. Il risultato non è peraltro scontato, ma la Presidenza italiana non è disponibile a un compromesso al ribasso. Sarà necessario quindi agire per difendere il patrimonio costituente della Convenzione. Nell'ultima CIG il Parlamento europeo era associato ai lavori: i suoi rappresentanti partecipavano alle riunioni del gruppo dei rappresentanti personali dei Ministri degli esteri. Non essendo ora stato costituito questo gruppo, un'altra modalità dovrà essere adottata. I rappresentati dell'Aula prenderanno stavolta parte alle riunioni a livello dei Ministri degli esteri. Per quanto concerne invece il coinvolgimento e l'informazione del Presidente del Parlamento, nella riunione informale di Riva del Garda non è stato trovato un accordo. La questione sarà pertanto affrontata a livello dei Capi di Stato e di Governo all'apertura della CIG. Il Governo italiano è consapevole del ruolo svolto dal Parlamento europeo nell'ultimo ventennio per un'unione più democratica e più giusta. Il progetto Spinelli ha dato il via a un processo di rilancio della costruzione europea che ha portato il Parlamento, istituzione rappresentativa dei popoli d'Europa, ad assumere sempre più forti poteri colegislativi e di controllo. L'Italia ha tradizionalmente una comunanza di vedute con il Parlamento e questo elemento rafforza la sua intenzione di mantenere un costante contatto con l'Istituzione. In questo spirito il Presidente della Repubblica Azeglio Ciampi si recherà al Parlamento europeo la prossima settimana. Il commissario Michel BARNIER ha ricordato che la Convenzione si è conclusa rispettando il proprio contratto, ma la nostalgia non è una buona consigliera per chi fa politica: bisogna ancora lavorare sodo per far fronte a questo delicato periodo. All'indomani del nuovo Trattato di Roma, nella fase che porta alla ratifica, Commissione e Parlamento dovranno lavorare insieme per l'appropriazione del testo da parte dei cittadini in tutti i paesi europei. Il commissario auspica che la ratifica possa avere luogo dappertutto nello stesso giorno, secondo le procedure specifiche di ciascuno. Si tratterebbe davvero di una giornata europea, con un dibattito comunitario che sostituisca i 25 dibattiti nazionali. Oggi il commissario è in una fase di ascolto. Questa non è e non potrà essere una CIG come tutte le altre: non può infatti essere paragonabile a quelle di Amsterdam o Nizza, che hanno portato molti progressi, ma anche molte delusioni. Essa basa infatti il proprio lavoro sul risultato ottenuto dalla Convenzione. Il primo punto d'accordo tra Parlamento e Commissione riguarda l'invito alla CIG a non rimettere in causa ciò che è stato oggetto di consenso in Convenzione, né i grandi equilibri del progetto di Costituzione. Vi è accordo sull'acquis, sulla costituzionalizzazione dei valori, sull'integrazione della Carta dei diritti fondamentali, sulla personalità giuridica, sull'abolizione della struttura in pilastri, sulla gerarchia delle norme, sull'estensione del campo d'applicazione del metodo comunitario, sull'elezione del Presidente della Commissione da parte del Parlamento, ma anche sui progressi nei settori dello spazio di libertà sicurezza e giustizia, della difesa, sull'Agenzia europea per gli armamenti e sulla clausola di solidarietà che consentirà una risposta comune in caso di attacco terroristico. La funzione del Ministro degli affari esteri dell'UE permetterà poi di avere una cultura diplomatica comune. Barnier concorda con i deputati anche quanto alle carenze del progetto di Costituzione, ovvero ai progressi a cui si dovrebbe lavorare insieme. In proposito, il commissario ha citato i settori in cui le esigenze di unanimità rischiano di paralizzare l'azione comune, come quello della governance economica. La possibilità di revisione delle questioni di natura costituzionale non è meno essenziale. La Commissione si interroga inoltre sulle disposizioni relative alla propria composizione, con una proposta volta a migliorare la situazione. Molti in questi 18 mesi di lavoro hanno provato grande entusiasmo e fervore per il metodo della Convenzione, per la prima volta aperto e trasparente sebbene non abbia toccato tutti i cittadini europei. Il dibattito si è svolto non nel segreto di una conferenza diplomatica. Una fase diversa si apre ora con la CIG, ma la Commissione vi entra con lo stesso spirito e con la stessa volontà di realizzare le priorità comuni. Il progetto di Trattato può essere migliorato su un numero limitato di punti, senza metterne in causa l'equilibrio fondamentale. Occorre vigilare affinché la CIG compia il lavoro di finitura assegnatole dalla Convenzione. Tra Commissione e Parlamento vi è un vastissimo accordo sul merito e in particolare sulla necessità di non rimettere in dubbio l'equilibrio d'insieme del progetto. Elmar BROK (PPE/DE, D), ringraziando i due relatori per aver svolto un lavoro eccellente, ha affermato che il risultato finale deve essere accettato, benché si potesse sperare in qualcosa di più. Dato che la Presidenza italiana ha detto la stessa cosa, si può auspicare che ci sarà una proficua collaborazione. Il testo approvato dalla Convenzione apporta dei progressi in tutti i campi e promuove passi decisivi per l'azione dell'Unione. Con l'eliminazione della struttura in pilastri viene completato il processo di decisione introdotto dal Trattato di Amsterdam. Con l'apertura delle riunioni del Consiglio al pubblico si avrà maggiore trasparenza e il cittadino potrà capire di chi sono le responsabilità in caso di errori. Quanto al processo decisionale, le competenze sono state ordinate e questo permetterà in futuro di capire dove l'Unione è competente e dove no. Ciò porterà a decisioni migliori e permetterà di diminuire le zone grigie, dato anche lo stretto collegamento con il processo di sussidiarietà. I parlamenti nazionali dovranno avere la possibilità di incidere laddove si registrasse una violazione del principio di sussidiarietà. Inoltre è importante che questa Europa venga avvicinata ai cittadini, che in futuro contribuiranno all'elezione del Presidente della Commissione. L'equilibrio tra piccoli e grandi o tra poveri e ricchi deve essere garantito. Gli Stati membri piccoli dovranno vedere la loro identità rispettata. Per quanto concerne la cooperazione rafforzata, è importante che i paesi che decidano di andare più avanti siano aperti ad accogliere gli altri. Questo è importante per costruire un'Europa di pari dignità anche in vista del futuro ampliamento. Secondo l'oratore, infine, visto che quella che si sta costruendo è un'Europa dei valori, l'aggiunta di un riferimento al cristianesimo costituirebbe un progresso per i cittadini. Enrique BARÓN CRESPO (PSE, E) ha esordito annunciando che avrebbe ceduto metà del proprio tempo di parola a Napolitano, presidente della commissione affari costituzionali: non si capiscono i criteri di suddivisione dei tempi di parola in seno al Parlamento. Il rappresentante socialista ha poi espresso il sostegno del gruppo alla relazione. Egli ha poi rilevato la forte identità di vedute tra la relazione e la posizione della Commissione. Per quanto riguarda la futura riforma della Costituzione, ha presentato un emendamento orale alla luce delle dichiarazioni della Presidenza italiana in merito al mancato accordo a Riva del Garda sulla partecipazione del Parlamento alla CIG. Barón Crespo ha proposto che si manifesti preoccupazione e insoddisfazione di fronte alla mancata osservanza da parte del Consiglio delle garanzie annunciate al Parlamento europeo dalla Presidenza italiana. L'oratore ha concluso con una proposta: visto che la maggioranza dei ministri degli esteri sono stati membri della Convenzione e visto che la commissione affari costituzionali sta già invitando i deputati nazionali membri della Convenzione, l'invito potrebbe essere esteso a tali ministri e al Consiglio in modo da organizzare un dibattito pubblico. A coloro che hanno partecipato ai lavori della Convenzione fa piacere vedere che il Consiglio europeo, salvo alcune eccezioni, sembri accettare il risultato della Convenzione, ha esordito Andrew DUFF (ELDR, UK). Si riconosce che se la CIG ribalterà i risultati ottenuti, si dovranno presentare soluzioni alternative che richiederanno un consenso ancora più alto. Duff si è congratulato in particolare con Tony Blair per aver abbandonato le posizioni adottate in precedenza dal governo britannico. Durante il Summit di Berlino, infatti, Blair sembra aver accettato le proposte della Convenzione per una cooperazione strutturata, sia all'interno che all'esterno della NATO, con un nucleo di paesi in grado di mettere a punto una politica estera e di sicurezza comune. La Convenzione ha esaminato tutte le argomentazioni possibili, nell'interesse globale dell'Europa: tale spirito dovrebbe essere portato avanti anche nella CIG, assieme a quello di trasparenza e apertura. È positivo che non ci siano più i gruppi di lavoro tecnici, ma Duff vorrebbe una maggiore rappresentanza del Parlamento in seno alla CIG. Forse una decisione in tal senso sarà possibile in occasione del Consiglio Affari generali della settimana prossima. Una CIG più democratica e meno ispirata allo stile strettamente diplomatico avrà un maggiore successo e riuscirà con più rapidità a raggiungere risultati validi. Per Armando COSSUTTA (GUE/NGL, I) la Convenzione ha compiuto un lavoro importante, consegnando all'Europa il testo di una Costituzione che contribuirà con efficacia alla costruzione del futuro europeo. Tale lavoro va difeso da detrattori e oppositori, ma va ulteriormente migliorato. Non è vero, secondo Cossutta, che non esistano margini per farlo: la tesi di chi non vuole cambiare più niente per evitare che il lavoro compiuto finisca nel nulla va respinta. L'oratore condivide quindi l'opinione propositiva del Presidente Prodi, che vede il valore del testo ma ne coglie anche i limiti e i rischi. Egli ha poi indicato le correzioni necessarie e possibili, senza riferirsi agli inadeguati contenuti e diritti sociali derivanti dagli attuali rapporti di forza. Non è un caso, per esempio, che la Costituente che nel dopoguerra scrisse la Costituzione italiana, aveva come Presidente il comunista Umberto Terracini, mentre oggi la Convenzione è presieduta dal rispettabilissimo ma moderatissimo Giscard d'Estaing. Cossutta ha fatto riferimento ai problemi strettamente istituzionali: un Presidente del Consiglio a tempo pieno e in carica per un periodo lungo, anziché a rotazione, finirà per sovrapporsi ed entrare in contrasto con il Presidente della Commissione determinando paralisi e crisi nelle istituzioni; il voto all'unanimità dovrebbe essere eliminato per tutte le materie, poiché il diritto di veto può bloccare ogni processo innovatore; la politica estera dovrebbe essere unica e accompagnata da una forza militare europea che, superando la NATO, consenta di avere un ruolo autonomo ed equilibratore rispetto al dominio unipolare e imperiale oggi incombente nel mondo. Johannes VOGGENHUBER (Verdi/ALE, A) spera che il Parlamento approvi a stragrande maggioranza la bozza di Costituzione. Molti in Aula ritengono che sarebbe stato meglio non avere una Conferenza intergovernativa, ma dialogare di più con i cittadini. L'aspetto peggiore della Convenzione, quindi, è di essere arrivata alla fine a una CIG. Nonostante gli interessi nazionali, la Convenzione ha portato a un successo per il futuro dell'Europa. Il risultato costituisce la base di una democrazia europea, con la Carta dei diritti fondamentali e la possibilità di avere un nuovo ruolo nel mondo. Tra i vari conflitti d'interessi si è però persa l'occasione di indicare un ordinamento sociale. Ora molti governi chiedono una vera CIG: questa è una vera minaccia ed è dotata di una legittimazione precaria. Facendo un parallelo con la matematica, l'oratore ha detto che «più e meno danno come risultato meno». Il risultato della CIG sarà quindi «un meno». I Governi erano rappresentanti nella Convenzione e non sono riusciti ad esprimere la loro posizione. Ora vi è la necessità di chiudere la porta affinché un consenso di portata storica non divenga portatore di forze distruttive. Ma che cosa si può fare senza distruggere il compromesso e senza continuare sulla strada del negoziato a porte chiuse? Bisogna continuare nello spirito della maggioranza e salvaguardare la clausola di revisione in base a principi democratici. Se si arrivasse a una crisi, dopo quello della CIG sarebbe messo in discussione anche il metodo della Convenzione: ecco perché si deve difendere il risultato della Convenzione per il futuro dell'Europa. José Duarte de Almeida RIBEIRO E CASTRO (UEN, P) ha rilevato che gli entusiasti della Convenzione vogliono che il nuovo Trattato sia firmato il 9 maggio, proprio il giorno della dichiarazione Schuman. Tuttavia quest'ultimo diceva che l'Europa non si sarebbe fatta in un colpo solo, ma attraverso realizzazioni concrete che avrebbero creato una solidarietà di fatto. Il rappresentante dell'UEN ha fatto notare come in Convenzione ci siano stati ben 1800 interventi, migliaia di proposte di modifica, ma nemmeno un voto. Essa non è quindi stata democratica ed è andata al di là del proprio mandato. L'imposizione delle sue conclusioni come definitive costituirebbe un colpo di Stato contro Schuman. Nel corso della riunione preparatoria della CIG a Riva del Garda, molti Stati membri hanno espresso delle riserve sul testo della Convenzione. Di fronte a ciò, il Ministro tedesco Joshka Fischer ha agitato lo spettro delle prospettive finanziarie dal 2007 al 2013, interpretato dalla stampa alla stregua di un ricatto. Anche questo rappresenta un tradimento della solidarietà raccomandata da Schuman. L'oratore ha infine chiesto alla Presidenza italiana di non cedere ai ricatti e di promuovere la più ampia libertà, uguaglianza e apertura nei dibattiti. Jens-Peter BONDE (EDD, DK) ha messo in guardia la Presidenza italiana sul calendario della CIG: infatti sono previste 12 riunioni prima che il testo venga approvato il 13 dicembre e venga firmato il 9 maggio. A suo avviso, nessun popolo europeo ha chiesto una Costituzione, né è stato coinvolto nei piani delle élites europee. L'oratore appoggia la proposta di organizzare un referendum, che permetterebbe di avere un autentico dibattito europeo, auspicando che gli elettori respingano la Costituzione. Egli è inoltre critico nei confronti di una proposta che toglierebbe poteri ai parlamenti nazionali per trasferirli ai funzionari europei. Egli propone infine un referendum in cui si possa scegliere tra un progetto di Europa federale e uno di Europa delle democrazie. In questi giorni guardiamo i nostri capi di Stato e di Governo sfilare uno per uno davanti alla tribuna delle Nazioni Unite: chi non sfila è l'Europa. Così ha esordito Emma BONINO (NI, I), secondo la quale tale immagine basta ad evitare grandi discorsi e a dire ciò che nella Convenzione non c'è. Essa è alla fine l'espressione di un laborioso bricolage istituzionale difficilmente spiegabile e comprensibile e, quindi, poco amabile. Vi sono indubbiamente miglioramenti per quanto riguarda i settori interni relativi ai cittadini europei, ma la Convenzione non risolve il ruolo, la responsabilità, i mezzi e le procedure per fare dell'Europa non solo quello che già è, cioè una grande potenza economica, bensì quello che dovrebbe essere, ossia un co-attore politico e responsabile a livello mondiale. La Convenzione esprime l'immagine di un'Europa introvertita, quasi ombelicale, che certo si preoccupa del benessere dei propri cittadini ma che non si dà strutture, procedure, impegni e responsabilità al di là delle proprie frontiere. Nonostante questo appello all'Europa, che pure è così forte in tante parti del mondo, a cominciare dai vicini Medio Oriente e sponda sud del Mediterraneo, la Convenzione non ha dato gli strumenti per promuoverlo. Ci si condanna ad essere sempre e comunque, ovviamente mugugnando, al traino di altri. Ciò è troppo facile e fa torto allo spirito e all'ambizione, ma soprattutto ai doveri di europei «rispetto alle popolazioni che europee non sono ma che pure stanno accanto a noi», ha detto Emma Bonino. A sua avviso, la Convenzione è un'occasione persa e che altri patiranno. Forse gli europei miglioreranno le proprie condizioni di vita, ma altri patiranno per le piccole viltà e le grandi mediocrità perché l'Europa ha deciso di rimanere una semplice, grande potenza economica. Ciò a suo avviso non basta: «non è questo essere europei». Ornella PACIOTTI (PSE, I), a nome della commissione per le libertà e i diritti dei cittadini, ha affermato che l'evoluzione del diritto pubblico europeo, dal Trattato di Westfalia a quello sulle Comunità europee, consente oggi di accettare l'idea innovativa, un tempo impensabile, di un Trattato costituzionale che abbia insieme le caratteristiche di un Trattato e quelle di una Costituzione. Il progetto rappresenta un grande passo avanti, specie sul terreno della costruzione di un unico spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia. A tale settore viene infatti applicato, in buona parte, il metodo comunitario che dovrebbe essere l'unico metodo decisionale in un'Europa federata, perché rispetta i valori della democrazia e dello Stato di diritto, entrambi fondati sul principio che le leggi devono essere approvate dai rappresentanti dei popoli: dunque le leggi europee devono essere approvate dal Parlamento europeo. Esso rispetta inoltre il criterio che le decisioni siano assunte a maggioranza qualificata, cosa che esalta l'unità, mentre l'unanimità esalta i particolarismi e le divisioni: dove questo metodo è adottato l'Europa avanza verso il futuro; dove resta il potere esclusivo dei governi, l'Europa ritorna al suo tragico passato. Al di là dei primi rapidi commenti del 3 settembre scorso, il Parlamento può ora pronunciarsi più compiutamente sul progetto di Costituzione adottato dalla Convenzione, ha affermato Giorgio NAPOLITANO (PSE, I). La relazione in esame fornisce un'analisi imperniata sulla valorizzazione di tutte le innovazioni, i progressi e le potenzialità che il progetto della Convenzione presenta. Sono chiare, dunque, le ragioni per cui il Parlamento europeo sollecita in modo convinto e netto la CIG a far proprio il risultato della Convenzione. Si sente in modo particolare il significato e l'emozione di questo passaggio storico: la nascita di una Costituzione europea, che fu il sogno di Altiero Spinelli. Il progetto da lui sostenuto e approvato dal Parlamento europeo quasi vent'anni fa, ne gettò con lungimiranza le basi. Ciò non può tuttavia impedire di valutare in modo lucido il testo e di coglierne insufficienze, contraddizioni e incognite. La relazione non le ha infatti taciute e non si è sottratta alla responsabilità di richiamarle con il necessario spirito critico. Il problema di fondo non è l'insoddisfazione per il mancato accoglimento di alcune posizioni e proposte dell'Aula, ma è la preoccupazione per il rischio che l'Unione non sia messa in grado di fare pienamente fronte alle sfide che l'attendono. Su questo si invita la CIG a riflettere, a considerare ogni possibilità di rafforzare la coerenza del progetto di Costituzione e ad evitarne ogni stravolgimento: a scongiurare, insomma, ogni ritorno indietro. Il Parlamento, attraverso la commissione per gli affari costituzionali, seguirà la CIG con la massima attenzione e vigilanza. L'atteggiamento è costruttivo, non acritico, ma responsabile: non si può istituire nessuna contrapposizione tra l'atteggiamento dell'Aula e quello della Commissione, ferme restando la distinzione e l'autonomia di ciascuna delle due istituzioni. La Presidenza italiana potrà contare sul loro sforzo convergente per tener testa alle pressioni di quei governi che volessero riaprire un negoziato, perché il negoziato c'è già stato nella Convenzione e riaprirlo su punti essenziali potrebbe rendere ingovernabile la Conferenza. Napolitano si augura infine che la Presidenza italiana dia prova di linearità e di fermezza. Secondo Mario BORGHEZIO (NI, I), il voto della Svezia definisce il quadro politico ed economico in cui ci si appresta a varare la Costituzione europea, con tre paesi prosperi come Gran Bretagna, Svezia e Danimarca fuori dall'euro. La Costituzione europea farà avanzare verso «un super-Stato europeo governato da una tecnocrazia apatride ligia ai voleri del mondialismo», ha detto. L'oratore, che ha rilevato come la Cina sia oggi arrivata a contraffare persino il logo dell'Unione europea, ha chiesto la reintroduzione dei dazi doganali per difendere le PMI e la produzione agroalimentare. Egli ha sottolineato l'importanza di difendere l'identità culturale e un patrimonio etnoculturale, storico e linguistico unico al mondo. É inaccettabile per i cittadini padani una Costituzione europea che presenta come unico orizzonte spirituale il rapporto euro-dollaro. Essa dovrebbe contenere un riferimento alle radici cristiane e ai diritti dei popoli, in particolare al principio di autodeterminazione. Borghezio ha poi richiamato la carta di Chivasso del 19 dicembre 1943 come atto di nascita del federalismo «in difesa delle culture regionali contro il centralismo di Roma». Per Antonio TAJANI (PPE/DE, I) la Conferenza intergovernativa che si aprirà a Roma il 4 ottobre rappresenta una straordinaria opportunità per l'UE e per i quasi 500 milioni di cittadini che chiedono istituzioni più vicine alla gente. Sarebbe un gravissimo errore politico far fallire i lavori della CIG e non dare all'Europa la sua prima Costituzione. Tajani è ottimista ed è convinto che nessuno si assumerà la responsabilità di cancellare il lavoro della Convenzione annullando le speranze di avere un'Europa politicamente forte ed autorevole, chiamata ad equilibrare uno scenario dominato oggi dagli Stati Uniti e con la prospettiva della crescita della potenza cinese. Egli crede in un'Europa più autorevole, autonoma rispetto agli Stati Uniti, ma nello stesso tempo amica ed alleata di un paese e di un popolo che hanno contribuito in maniera determinante a garantire libertà e democrazia anche nel continente europeo. È condivisa anche l'opinione della Presidenza italiana e di chi ritiene che l'impianto approvato dalla Convenzione non possa essere stravolto: inseguire progetti irrealizzabili, d'altra parte, significherebbe non raggiungere l'obiettivo. Nell'affermare che sarebbe gravissimo accettare compromessi al ribasso, Tajani ha ringraziato la Presidenza italiana per l'impegno profuso al fine di avere nella CIG una presenza del Parlamento. Egli condivide l'impostazione della relazione quanto al ruolo importante che il Parlamento dovrà avere e si augura che gli altri paesi seguano il consiglio della Presidenza italiana. Il testo della Convenzione dovrà essere oggetto di alcune correzioni, ad esempio per il numero delle materie sulle quali si potrà decidere a maggioranza qualificata e per il numero e il ruolo dei commissari. Sarebbe poi un grave errore storico escludere ogni riferimento alle radici giudaico-cristiane dell'Europa. Non si tratta di rinunciare alla laicità delle istituzioni, ma di rafforzare questa irrinunciabile caratteristica nel ricordo del precetto evangelico che dice: «rendete a Cesare quel che è di Cesare e rendete a Dio quel che è di Dio». Sarebbe opportuno ricordare le parole di tanti laici - come Norberto Bobbio e Benedetto Croce - che hanno insistito sul ruolo e sull'importanza delle religioni nella storia e nella crescita dell'Europa. Come non citare poi un grande pittore come Marc Chagall, ebreo europeo, il quale affermava che i pittori hanno intinto i loro pennelli nell'alfabeto colorato della speranza che sono le Sacre Scritture. Tajani ha infine ricordato le parole del Cancelliere Schroeder, che nel Bundestag si è dichiarato non contrario all'inserimento del riferimento alle radici giudaico-cristiane nel Trattato costituzionale. Proprio un'Europa che vuole esplorare nuovi orizzonti, chiamata a raccogliere nuovi cittadini di religioni diverse, ha concluso non può cancellare le proprie radici. Giovanni PROCACCI (ELDR, I) ha espresso apprezzamento e totale condivisione per il contenuto della relazione. Sarebbe stato auspicabile che il testo proposto dalla Convenzione fosse più avanzato, ma il compromesso raggiunto è l'unico possibile. Un testo siffatto non può essere modificato dalla CIG, tranne che per qualche dettaglio. L'oratore propone di concentrarsi sulle norme di revisione del Trattato costituzionale, ammonendo sul pericolo che le modifiche continuino ad essere adottate all'unanimità Guido BODRATO (PPE/DE, I), con una prima osservazione sull'identità dell'Europa, ha ricordato le parole di un grande storico liberale: «perché non possiamo non dirci cristiani». Il riferimento alle radici cristiane potrebbe rappresentare un rafforzamento della laicità di una politica che continua ad essere minacciata dall'indifferenza e dall'idolatria del potere. Ciò che tuttavia si evoca per unire non deve dividere l'Europa. Il richiamo alla persona umana e alla pace, alla libertà e alla democrazia, ai diritti umani e al pluralismo sono la coniugazione in norme costituzionali di valori cristiani e democratici cui si è ispirata l'azione degli uomini che hanno fondato la Comunità europea. La seconda osservazione riguarda invece la prospettiva di revisione di un compromesso che la CIG potrà migliorare senza rimettere in discussione l'equilibrio istituzionale proposto dalla Convenzione. La relazione deplora che l'unanimità degli Stati continui a condizionare, anche in prospettiva, il processo di revisione: secondo Bodrato si dovrebbe sostenere il parere della Commissione, secondo la quale la CIG dovrebbe aprire la strada a procedure di revisione più flessibili che non ammettano il diritto di veto, almeno per le disposizioni non fondamentali del Trattato. Raffaele COSTA (PPE/DE, I) ha ricordato che si è a lungo discusso se fosse necessario, opportuno e doveroso introdurre un richiamo ai valori cristiani nel testo in esame. A Costa non dispiacerebbe che un richiamo ai valori cristiani ci potesse essere, ma al di là degli aspetti formali e delle espressioni verbali, è importante rilevare che nel testo emerso e che sta emergendo, tale rispetto ci sia. Si tratta di un rispetto sostanziale dei valori cristiani, perché il rispetto della vita umana e della sua dignità sono punti di riferimento ai quali si è lavorato molto nell'ambito della Convenzione. Al di là della parola contenuta nel testo, quindi, vi sia un richiamo alla storia e alla vita europea, che è stata condizionata dai valori cristiani. A suo avviso, poi, le tappe per arrivare a una Convenzione, a una Costituzione, a Trattati nuovi sono state utili. Egli ritiene che il lavoro lento sia stato nel complesso proficuo, anche se ci si potrebbe ancora attendere qualche evoluzione. Costa pensa in particolare a quella che sarebbe stata l'Europa se non ci fossero state le istituzioni che esistono oggi, ricordando il continente di 60 anni fa: ciò che è stato fatto è positivo. Secondo alcuni i cittadini sono ancora lontani, ma forse gli stessi cittadini dovrebbero partecipare di più all'evoluzione dell'Europa. «Forse sta a noi far sì che anche attraverso una spesa giustificata e una burocrazia valida ci possa essere un collegamento con la società civile», ha concluso l'oratore. Michl EBNER (PPE/DE, I) si è soffermato sulla questione dell'unanimità, sulla menzione di Dio o del cristianesimo e sulle minoranze tradizionalmente residenti. Il lavoro svolto sia dalla Convenzione che dai relatori è positivo: in riferimento a una Costituzione completa, si è ancora a metà strada, ma rispetto a Nizza sono stati compiuti passi avanti da gigante. Servono ancora correzioni, anche nella relazione in esame. Ebner condivide in proposito l'opinione del Presidente Prodi. L'unanimità anche per modifiche costituzionali di lieve importanza a suo avviso significa chiudere la porta alle evoluzioni future: bisogna invece cercare di essere più lungimiranti. Per quanto riguarda la posizione intransigente di certi settori dell'Aula, che è di fatto contro la stragrande maggioranza della popolazione in merito alla menzione di Dio e del cristianesimo, egli ha affermato che non includere una dizione chiara e forte costituisce la negazione della millenaria storia europea. Quanto alla diversità linguistica e culturale e ai diritti delle minoranze, infine, egli ritiene che come erano incluse nei criteri di Copenaghen le minoranze debbano avere posto anche nella relazione. L'oratore ha quindi chiesto alla Presidenza italiana di adoperarsi in questo senso prima e durante la CIG. A conclusione del dibattito il sottosegretario ANTONIONE ha ringraziato i deputati per il contributo mirante a una Costituzione europea nuova ed efficace. Non ha voluto entrare nel merito delle singole questioni, in quanto esse verranno esaminate dalla CIG, ma ha detto che la Presidenza farà tutti gli sforzi affinché l'opinione pubblica europea possa essere partecipe, anche attraverso l'allestimento di un sito web. In merito all'emendamento proposto da Barón Crespo, la Presidenza italiana è favorevole ma ha fatto presente che, non potendo imporre la partecipazione del Parlamento, lavorerà per ottenere un buon risultato in questo senso. |
Visita
del Presidente della Romania
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Seduta solenne - Allocuzione di Ion Iliescu, Presidente della Romania 23.09.2003 Il Presidente del Parlamento europeo, Pat COX, ha dato il benvenuto al Presidente della Romania, che per la prima volta si è rivolto all'Aula in questa veste. Cox ha voluto ribadire quanto affermato nella storica occasione del Consiglio europeo di Copenaghen, sottolineando che il Parlamento sostiene il 2007 quale data ultima per l'adesione dei paesi della seconda ondata del quinto allargamento. Quest'ultimo rappresenta il destino della Romania, che è nel cuore del progetto europeo. La chiara espressione di volontà del Parlamento si collega a un contratto di aspettative: si spera di trovare confermati, nella relazione periodica della Commissione, prevista per il 5 novembre, solidi progressi compiuti nei negoziati, ma anche nel rispetto dello Stato di diritto, per migliorare le capacità amministrativa e giudiziaria, l'eliminazione della corruzione, la protezione dei diritti delle minoranze e di quelli dell'infanzia. Si spera inoltre di vedere confermati i progressi nella realizzazione di un'economia di mercato pienamente funzionante. La Romania è consapevole del fatto che tutto ciò è nel suo interesse: si impone quindi la necessità di dotarsi di capacità di livello per una politica pubblica, di integrità nell'interesse dello Stato e delle future generazioni. Cox ha affermato che lo stesso Iliescu ha svolto un ruolo chiave in tal senso. Sono già stati chiusi 19 capitoli dei negoziati di adesione, ovvero sono stati percorsi i due terzi del cammino. Gli indicatori economici mostrano che il processo è stato benefico e promuove la prosperità del popolo romeno. La strada da compiere è ancora impegnativa, ma è nelle mani del Governo e del popolo romeno. Il Presidente Ion ILIESCU ha affermato che è un onore rivolgersi alla plenaria e ha ringraziato per quest'occasione. Egli ha espresso le grandi speranze che il paese nutre quanto al destino europeo. Quasi un anno fa a Bucarest il Presidente Cox si rivolse al parlamento romeno, condividendo la sua volontà di partecipare al futuro dell'Europa. Molte sfide sono già state superate e vi è la volontà di superare quelle che restano aperte. Il messaggio principale che il Presidente ha voluto portare è quello di un paese su cui la comunità democratica può contare. La Romania sarà un membro affidabile e coerente dell'UE, la quale accoglierà molto più di un nuovo membro con 22 milioni di abitanti: accoglierà un paese convinto ed euro-ottimista, legato all'Europa dalla sua storia e dal credo nei valori positivi rispetto ai diritti e alle libertà dei cittadini, alla libertà sociale, alla tolleranza nei confronti delle altre nazioni, nonché alle responsabilità nei confronti delle prossime generazioni. Per più di mezzo secolo il paese è stato privato della sua naturale evoluzione all'interno dell'UE, ma i valori della Comunità sono serviti da faro e da ispirazione per la rivoluzione del 1989. Uscire dal sistema comunista non è stato facile a causa di un duplice handicap: il primo di natura istituzionale, determinato dall'incompatibilità con l'economia di mercato; il secondo dovuto all'isolamento rispetto al mondo. Tutto ciò sullo sfondo di un ritardo storico, che ha reso necessaria la costruzione e il funzionamento di nuove istituzioni. È stata disegnata una Costituzione moderna, sono stati istruiti i cittadini per servire le esigenze di una democrazia funzionante. Negli ultimi 14 anni è stata istituita una democrazia funzionante, che ha superato il test dell'alternanza al governo. La società civile si è imposta come utile e necessario contropotere e come catalizzatore del dibattito pubblico. È stata inoltre formulata una strategia nazionale per il rispetto delle minoranze etniche, inclusa la loro rappresentanza implicita in parlamento. Il trattamento delle minoranze in Romania è esemplare, contraddistinto da tolleranza e dialogo, cooperazione e consenso, rappresentanza a livello politico e culturale. Al momento sono in corso consultazioni sulle modalità per una migliore protezione dei Rom. Quanto ai progressi economici, il ritardo è il risultato di un insieme di fattori oggettivi e soggettivi, come pure di una realtà storica. Spesso si sono sentite critiche per non aver avviato una terapia d'urto e aver adottato invece un approccio graduale alle riforme. Tali critiche sono, per il Presidente, infondate. L'urto maggiore è stato infatti la piena rinuncia al sistema dell'economia accentrata, lo smantellamento di istituzioni e meccanismi dell'economia statalista. La deindustrializzazione ha portato a un aumento della disoccupazione e all'abbandono delle città da parte della forza lavoro; la mancanza di capitali interni e lo scarso volume di investimenti dall'estero hanno inoltre resto più lungo e difficile il corso delle privatizzazioni. Ci è voluto più di un decennio per riprendere il ritmo di una crescita economica stabile, segnata da un aumento del PNL del 4-5% l'anno. Tutto ciò ha comportato un costo sociale altissimo, il cui processo di recupero non è ancora concluso. La povertà rimane il principale problema sociale, a cui non si può porre soluzione se non si procede a riforme economiche e alla creazione di posti di lavoro nuovi, più stabili e meglio pagati. Le risposte, però, devono emergere innanzi tutto dall'interno, con lo sforzo di tutte le formazioni politiche. Il Presidente ha poi indicato la ferma repressione della corruzione, l'eliminazione della burocrazia e l'assegnazione di uno status professionale ai funzionari pubblici quali impegni necessari per l'ammodernamento dello Stato romeno. Ci sono stati progressi in tale direzione, ma altri dovranno ancora essere realizzati. La stessa logica di preparazione all'adesione comporta una revisione costituzionale. I romeni hanno capito che la democrazia è un sistema migliore e più efficiente dal punto di vista politico rispetto al totalitarismo. La società romena è cresciuta ed è pronta ad assumere le nuove responsabilità derivanti dall'appartenenza alla Nato e all'Unione europea. La Romania è parte integrante della cultura e della civiltà europea. Ecco quindi che l'integrazione nell'UE configura un processo di ritorno alla normalità democratica che ha il sostegno della società romena. L'adesione viene considerata al tempo stesso un obiettivo politico e uno strumento per accelerare il processo di modernizzazione istituzionale e lo sviluppo economico e sociale. La Romania ha firmato nel febbraio 1993 l'accordo di associazione con la Comunità europea ed ha partecipato, nel dicembre 1994 ad Essen, al primo vertice dei paesi associati. Ha poi dato inizio ad una strategia nazionale d'integrazione all'UE. Così ha avuto inizio quel processo che i romeni chiamano di Snagov, dal nome della conferenza che nel giugno 1995 ha sancito l'adesione di tutte le forze politiche e della società civile all'integrazione europea. L'alternanza al potere avvenuta nel novembre 1996 ha fatto sì che la Romania accumulasse una serie di ritardi. I romeni hanno quindi apprezzato il gesto dell'Unione allorché, con il Consiglio europeo di Helsinki nel dicembre 1999, ha invitato il paese ad iniziare i negoziati di adesione, il che ha obbligato la classe politica a tornare allo spirito di Snagov. Una strategia nazionale per lo sviluppo economico è stata presentata a Bruxelles nel marzo 2000. Nel febbraio 2003, un forum nazionale di sostegno dell'adesione all'Unione è stato organizzato in Romania. Vi hanno preso parte i rappresentanti di tutti i partiti politici e della società civile. L'integrazione nell'Unione europea è condivisa dalla maggioranza dei cittadini, che sono coscienti dei suoi costi ma anche dei vantaggi che essa apporterà. La Romania sta accelerando gli sforzi per rispettare i criteri imposti dall'adesione e per creare un'economia di mercato funzionante, riformare l'amministrazione e combattere la corruzione. Benché il 2003 sia un anno di elezioni per il paese, rimane ferma l'intenzione di chiudere i negoziati di adesione verso la metà del 2004, in modo che la Romania entri nell'UE nel 2007. Il Presidente ha ricordato che i romeni sono coscienti del fatto che il successo dei negoziati dipenderà soprattutto dalla loro capacità di condurre in porto le riforme, di far funzionare lo Stato, di offrire stabilità a livello politico, economico e sociale, nonché di spendere efficacemente il denaro pubblico e i fondi comunitari. Ha poi ringraziato il Presidente Cox e la relatrice per la Romania, baronessa Nicholson, per il loro sostegno e i loro consigli. Nella futura Europa allargata il Parlamento europeo sarà chiamato a conferire maggiore legittimità alle istituzioni comunitarie, a far sentire la volontà e le attese dei cittadini europei, a dirigere il processo di approfondimento della democrazia in Europa. Il suo ruolo e quello dei parlamenti nazionali sono fondamentali per il dibattito sulla futura Costituzione europea. La modernizzazione e tecnologica assicurerà uno sviluppo durevole e permetterà di cogliere le opportunità offerte dall'appartenenza all'Unione, che ha elaborato a Lisbona un modello europeo di sviluppo che accorda un'attenzione speciale alla coesione economica e sociale. La Romania saluta con favore la strategia europea di Wider Europe Neighbourhood che prospetta un'estensione della prosperità economica europea alle zone adiacenti. Questa dovrebbe comprendere anche il Mar Nero, in quanto l'area del Caucaso sud rappresenta l'autentico Sud-Est europeo. Inoltre sostiene la prospettiva d'integrazione europea dei paesi balcanici, come ribadito dal Consiglio europeo di Salonicco, il quale ha fornito un quadro di dialogo e cooperazione tra tutti i paesi della regione. Bisogna inoltre combattere fenomeni quali l'immigrazione clandestina, i traffici di esseri umani e di droga e soprattutto i fenomeni legati al terrorismo internazionale. La Romania vuole inoltre approfondire la cooperazione con i PECO, Malta e Cipro, futuri Stati membri dell'Unione. Sul piano economico, si propone di contribuire allo sviluppo degli scambi commerciali bilaterali e di estendere la propria presenza sui mercati degli altri paesi della regione. Si propone altresì di partecipare all'attivazione dei progetti di ricostruzione nel quadro del patto di stabilità. Occorre inoltre far riferimento all'Europa che non si desidera. In primo luogo, il progetto europeo non deve opporsi alla costruzione transatlantica ma deve essere piuttosto complementare. In secondo luogo, non può essere esclusivo, bensì comprendere anche la Turchia, i paesi dell'ex Jugoslavia, l'Albania e la Moldavia. In terzo luogo, non dovrà discriminare tra gruppi di membri originari e recenti o affidarsi ad un concetto di Europa a più velocità, ma realizzare un programma di riduzione dei differenziali di sviluppo tra Stati membri. Infine, non dovrebbe trattarsi di una mera zona di libero scambio, ma di un'entità dotata di una politica estera comune che le permetta di giocare un ruolo di primo piano nel contesto mondiale. Al tempo stesso l'Europa dovrebbe restare uno spazio di unità nella diversità che salvaguardi il patrimonio accumulato nel corso della storia dai popoli europei. Chiamata ad assumere il ruolo di attore globale nel contesto internazionale, l'Unione dovrà contribuire a fomentare la creazione di un sistema multipolare fondato sui principi del diritto internazionale. Essa dovrà inoltre portare ad esempio il proprio modello sociale. Con la conclusione della quinta fase dell'allargamento nel 2007, allorché la Romania sarà diventata uno Stato membro, l'Unione avrà completato il primo ciclo virtuoso di progresso e di riunificazione. Il paese è cosciente che l'adesione comporterà un duro lavoro per adempiere gli impegni assunti con l'adesione, ma nessuno può mettere in discussione il futuro europeo della Romania. |
Restituire la sovranità al popolo iracheno |
Elmar BROK (PPE/DE, D) Raccomandazione al Consiglio sulla situazione in Iraq Doc.: A5-0306/2003 Procedura: Iniziativa Dibattito: 03.09.2003 Votazione: 23.09.2003 Il potere politico ed economico in Iraq dovrebbe tornare quanto prima al popolo iracheno e ai suoi rappresentanti, ha affermato il Parlamento europeo in una raccomandazione al Consiglio adottata oggi con 415 voti favorevoli, 38 contrari e 68 astensioni. I deputati hanno sostenuto l'idea di affidare all'ONU i profitti del petrolio per finanziare la ricostruzione del paese sotto il mandato delle Nazioni Unite. Propongono inoltre la creazione di un ufficio dell'ONU che indaghi sulle violazioni dei diritti dell'uomo, raccogliendo prove sia sulle violazioni compiute del precedente regime iracheno, sia su ogni violazione delle convenzioni internazionali durante e dopo la guerra. Hanno anche chiesto che l'Unione europea nomini un rappresentante speciale per l'Iraq. L'Unione dovrebbe prendere l'iniziativa di una risoluzione in seno al Consiglio di Sicurezza ONU sul trasferimento della sovranità al popolo iracheno attraverso un processo di transizione politica ed economica che comprenda l'elezione di un'assemblea costituente entro la fine del 2003. A tale scopo si dovrebbe concludere un accordo con gli Stati Uniti e possibilmente in seno alla NATO. Contemporaneamente la comunità internazionale dovrebbe garantire la sicurezza interna in Iraq attraverso una forza multinazionale e di polizia, sotto un mandato ONU e con il contributo e la cooperazione da parte della NATO. Fino a quel momento, le forze della coalizione rimarrebbero responsabili per la sicurezza del popolo iracheno. L'esercito e la polizia iracheni dovrebbero essere urgentemente associati nella sicurezza e difesa e dovrebbero poter ricevere un addestramento. Ciò creerebbe le condizioni per il ritiro delle forze armate straniere una volta che si saranno svolte elezioni democratiche a tutti i livelli. Al fine di permettere all'Iraq di esercitare i propri diritti in seno alle organizzazioni internazionali anche durante questa fase transitoria, il Consiglio di Governo ad interim e il Governo Provvisorio dovrebbero essere sostituiti quanto prima da un nuovo governo ad interim riconosciuto a livello internazionale. Nel richiedere un ufficio ONU di inchiesta sulle violazioni dei diritti umani, il Parlamento sostiene che questo dovrebbe essere completato dalla creazione di un Tribunale internazionale ad hoc per l'Iraq che avrebbe l'incarico di giudicare la leadership del precedente regime, questo nel caso in cui il Tribunale penale internazionale non avesse un mandato. Infine,
il Parlamento sostiene che l'Unione dovrebbe, nel caso, rafforzare il suo
aiuto umanitario e alla ricostruzione, ma senza che ciò vada a danno di
altri paesi o regioni destinatari dell'aiuto comunitario. Quindi, se
necessario, si dovrebbe fare ricorso allo Strumento di flessibilità, che
permette di aumentare il bilancio UE di 200 milioni di euro. |
Ripartire dal fallimento di Cancun |
Risoluzione comune sulla Quinta Conferenza ministeriale dell'OMC a Cancun Doc.: B5-0399/2003 Procedura: Risoluzione comune Dibattito: 24.09.2003 Votazione: 25.09.2003 Il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione comune sulla Conferenza ministeriale dell'OMC svoltasi dall'11 al 14 settembre a Cancun. L'Aula si rammarica che i membri dell´OMC abbiano perso un'occasione per applicare il programma di sviluppo di Doha, in quanto a Cancun si sarebbe potuto raggiungere un accordo con cui ottenere vantaggi sostanziali tanto per il Nord quanto per il Sud, riducendo ed eliminando gli aiuti agricoli che provocano distorsioni commerciali, prevedendo un accesso più equo ai mercati industriali, agricoli e dei servizi, e compiendo progressi in materia di norme multilaterali. I
deputati accolgono con favore il nuovo livello di organizzazione e di
determinazione dei paesi in via di sviluppo che fa intravedere l'emergere
di un nuovo e più giusto ordine mondiale. Essi persistono nel loro
convinto appoggio ad accordi commerciali multilaterali e mettono in
guardia i membri dell´OMC contro i rischi che le politiche commerciali
unilaterali implicano per i paesi in via di sviluppo. Gli Stati Uniti sono
invitati ad unirsi agli sforzi dell´UE per salvaguardare un approccio
multilaterale nella politica commerciale internazionale. L'esperienza di
Cancun dimostra peraltro la necessità di effettuare ampie riforme, sia
della stessa OMC, sia della sua collocazione nell'ampio contesto della
governance mondiale. Tutto ciò mette in evidenza la necessità di un
rapporto più stretto tra l'OMC e le altre organizzazioni internazionali
come l'UNDP, l'OIL, l'UNEP e la Banca mondiale, quale passo essenziale
verso un modello differente e più sostenibile di globalizzazione. Il Parlamento
esprime la propria soddisfazione per l'accordo raggiunto a Ginevra
sull'accesso ai medicinali a prezzo ridotto, ma deplora che a Cancun non
sia stato raggiunto un accordo sull'abolizione dei sussidi USA a favore
dei produttori di cotone, che provocano distorsioni della concorrenza.
L'Aula approva la flessibilità dimostrata dai negoziatori dell'UE
nell'accettare le posizioni dei paesi in via di sviluppo sui problemi
fondamentali del commercio agricolo, degli investimenti e delle norme
della concorrenza: la riforma della PAC, in particolare, ha creato una
solida base per una posizione negoziale flessibile da parte dell'UE. L'Aula accoglie
con favore il fatto che le tre istituzioni abbiano operato a Cancun nella
massima unità ed esprime la propria soddisfazione per il modo in cui la
Commissione ha gestito i negoziati e ha tenuto costantemente informato il
Parlamento nel corso della conferenza. I deputati si rammaricano tuttavia
per lo status formale dei membri del Parlamento europeo alla conferenza e
ne chiedeno la revisione urgente. Il Parlamento si impegna infine ad
organizzare, all'inizio del 2004, in cooperazione con l'Unione
interparlamentare, una conferenza per discutere le ulteriori iniziative da
assumere sia nell'ambito dei negoziati commerciali dell'OMC che della
riforma dell'OMC. |