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RASSEGNA
15 - 18 dicembre 2003
Strasburgo
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Sommario Codici delle procedure parlamentari, Abbreviazioni Deputati al Parlamento europeo Conferenza
intergovernativa Sanità
pubblica e Consumatori Ambiente Mercato
interno (diritto delle imprese) Mercato
interno (servizi) Trasporti
Affari
economici e monetari Energia Agricoltura Bilancio Controllo dei
bilanci Affari
costituzionali Relazioni
esterne Diritti
dell’uomo Sviluppo e
Cooperazione Industria Cultura Giustizia e
Affari interni Pesca |
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Codici
delle procedure parlamentari
Abbreviazioni
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Deputati al Parlamento europeo Situazione al 18.12.2003 |
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Gruppi politici
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Consiglio europeo di Bruxelles e bilancio finale del semestre italiano |
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Relazione del Consiglio europeo e dichiarazione della
Commissione - Riunione del Consiglio europeo (Bruxelles, 12/13 dicembre
2003) Votazione Giudizio critico sulla CIG Ribadendo che la Costituzione europea dovrebbe essere firmata in tempo utile per consentire l'avvio di un dibattito pubblico al riguardo nel contesto della campagna elettorale del 2004, il Parlamento europeo ha approvato con 344 voti favorevoli, 115 contrari e 23 astensioni una risoluzione comune che «deplora fermamente l'incapacità della CIG di raggiungere un accordo globale sul progetto di trattato costituzionale». Nel prendere atto, ancora una volta, del fallimento del metodo della CIG, l'Aula invita la Presidenza italiana a pubblicare un elenco dettagliato in cui figurino gli accordi che sostiene siano stati raggiunti alla riunione del 12 e 13 dicembre. La prossima Presidenza irlandese, d'altro canto, è invitata a riconvocare la CIG a livello di Ministri degli esteri nel gennaio 2004 per adottare una procedura che consenta di registrare progressi e per consolidare tutti i testi approvati finora in seno alla CIG. Essa è inoltre sollecitata a proporre una data (prima del 1° maggio 2004) per una riunione della CIG a livello dei Capi di Stato e di governo in cui poter decidere sulle questioni in sospeso. La Presidenza irlandese presenterà il suo programma di attività al Parlamento nella sessione di gennaio, a Strasburgo: in quell'occasione è chiamata a presentare anche il suo piano d'azione per una conclusione positiva della CIG. Per
ulteriori informazioni: Claudia
Delpero (Bruxelles)
Tel.(32-2) 28 42591 e-mail : constit-press@europarl.eu.int Risultati del Consiglio europeo di Bruxelles Il Parlamento ha approvato una risoluzione comune, presentata dai gruppi PPE-DE, PSE, ELDR, Verdi/ALE e UEN, sull'esito del Consiglio europeo riunito a Bruxelles lo scorso 12 e 13 dicembre. In materia di crescita economica, l'Aula si compiace dell'approvazione, da parte del Consiglio, dell'Azione europea a favore della crescita, ma sottolinea che il solo incentivo degli investimenti non può risolvere i problemi né immediati né a lungo termine dell'economia europea. La sua valutazione dovrebbe essere fornita entro il 2006, e non entro la fine del 2007, per consentire di trarre conclusioni in vista delle prospettive finanziarie 2007-2011. Le priorità per lo sviluppo delle reti transeuropee, inoltre, devono essere programmate in modo strategico in linea con l'interesse comune: il Parlamento sottolinea la necessità di dare priorità ai progetti infrastrutturali per il trasporto sostenibile su ferrovia e per via navigabile e chiede di limitare i progetti prioritari RTE-Trasporti a progetti transfrontalieri intermodali e sostenibili. Ricordando che la decisione in materia di RTE è soggetta a codecisione, i deputati deplorano che il Parlamento non sia stato sinora consultato nella determinazione delle priorità. Per quanto riguarda l'Iniziativa per la crescita, l'Aula non ritiene che essa rifletta in modo adeguato il fatto che l'investimento in capitale umano è probabilmente il fattore singolo più importante perché l'Europa possa far fronte alle sfide di un'economia globale basata sull'innovazione. Si dovrebbero quindi estendere i criteri per l'identificazione degli eventuali progetti di investimento. La valutazione intermedia dell'Azione europea per la crescita In tema di libertà, sicurezza e giustizia, l'Aula deplora che il Consiglio europeo, considerando che solo tre Stati membri (Danimarca, Spagna e Portogallo) hanno recepito il mandato d'arresto europeo, non abbia insistito affinché gli altri rispettino il termine del 31 dicembre 2003. Il Consiglio è invitato nuovamente ad adottare una decisione quadro sulle norme comuni che disciplinano il diritto procedurale. I deputati criticano inoltre il fatto che i leader europei e la Presidenza del Consiglio non abbiano discusso i diritti dei prigionieri di Guantanamo ad un giusto processo. La nuova Presidenza è sollecitata a sollevare la questione in ogni occasione con l'amministrazione USA. Se da un lato plaudono alla volontà del Consiglio di garantire l'attuazione delle misure previste dal programma per contrastare l'immigrazione clandestina per via marittima, dall'altro i deputati esprimono riserve per quanto riguarda l'integrazione degli identificatori biometrici nei visti e nei permessi di soggiorno. Vi sono infatti numerosi problemi irrisolti in materia di tutela dei dati. Preoccupato per la recrudescenza della xenofobia, del razzismo e dell'antisemitismo, il Parlamento chiede che vengano prese nuove misure sul piano nazionale e comunitario per lottare contro tutte le manifestazioni di intolleranza e appoggia la decisione di sviluppare l'esistente Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia per farne un'Agenzia per i diritti umani. In tema di relazioni esterne e facendo particolare riferimento all'Iraq, il Parlamento ritiene che la cattura di Saddam Hussein costituisca una svolta nel processo di ripristino della pace, della stabilità e della democrazia nel paese, che dovrebbe compiersi sotto l'egida delle Nazioni Unite e portare al trasferimento della sovranità, quanto prima possibile, al popolo iracheno. L'UE è sollecitata ad esortare il Consiglio di sicurezza ONU a garantire che Saddam Hussein sia processato conformemente alle norme internazionali e alle Convenzioni di Ginevra. Per quanto concerne il Medio Oriente, i deputati ritengono che l'impegno del Consiglio europeo di perseguire l'obiettivo di due Stati richieda una più forte volontà politica da parte dell'UE. L'iniziativa di Ginevra, che scaturisce dall'interno delle società israeliana e palestinese è accolta con favore. L'Aula si compiace della dichiarazione del Consiglio europeo sulle relazioni transatlantiche ed in particolare della sua insistenza su un efficace multilateralismo, nonché sull'esigenza che l'UE e i suoi partner difendano una agenda internazionale comune. Quanto alla Russia, si rileva che le carenze di democrazia per quanto concerne in particolare le elezioni generali del 7 dicembre, lo spietato conflitto in corso in Cecenia e i ritardi nella ratifica del protocollo di Kyoto, contribuiscono ad indebolire un possibile partenariato strategico. L'Aula deplora infine che il Consiglio europeo non abbia discusso la situazione a Cuba. Per
ulteriori informazioni: Claudia
Delpero (Bruxelles)
Tel.(32-2) 28 42591 e-mail : constit-press@europarl.eu.int Dibattito In apertura del dibattito, il Presidente del Parlamento Pat COX ha fatto una breve relazione sulle questioni sollevate a nome dell'Aula in sede di Conferenza intergovernativa. In Consiglio, ha aggiunto, in un periodo molto breve sono state trattate molte questioni e compiuti svariati progressi grazie all'impegno positivo della Presidenza italiana. Cox, in particolare, si è detto lieto delle conclusioni del Consiglio europeo in merito alle relazioni transatlantiche pur affermando che l'amicizia europea nei confronti degli USA, sottolineata più volte, non deve impedire di assumere una posizione chiara sulla questione di Guantanamo. Su Kyoto, la Russia è aperta e volenterosa e gli europei hanno grande interesse a che Mosca firmi il protocollo: la Commissione e la futura Presidenza dovrebbero prendere iniziative chiare affinché nei prossimi mesi si arrivi a un risultato positivo. In sede di CIG, il Presidente ha evidenziato due preoccupazioni. La prima riguarda il finanziamento dell'UE e le procedure di bilancio: il PE sostiene il risultato equilibrato della Convenzione e rifiuta completamente l'interferenza indebita del Consiglio Ecofin, che rappresenta un passo indietro non solo rispetto ai risultati della Convenzione ma anche rispetto al Trattato del 1975. L'obiettivo del Consiglio Ecofin era quello di limitare le spese del Parlamento, ma il Presidente ha ricordato che è stato il Consiglio di recente ad aggiungere spese discrezionali, molto più di quanto abbia fatto il Parlamento. Se c'è una tendenza ad ampliare il bilancio, quindi, è piuttosto il Consiglio a farlo: non ci devono essere illazioni sul Parlamento in questo senso. Bisogna poi garantire che il PE non venga utilizzato come camera di salvataggio all'ultimo minuto per risolvere le questioni istituzionali ancora aperte. Alla CIG vi è stato un fallimento perché non si è trovato un accordo, ma ciò non è una calamità. D'altra parte, se non è stato possibile arrivare a un accordo, non significa che l'accordo non sia necessario. Quanto avvenuto nel fine settimana ha dimostrato l'importanza di proseguire con spirito collettivo, che invece questa volta era assente e per questo si è pagato. Con i capigruppo sono stati inviati messaggi alla futura Presidenza, per la quale il dibattito odierno dovrà rappresentare un contributo. Cox ha infine rilevato che, nel corso del normale lavoro del semestre, la Presidenza ha avuto ottimi rapporti con il Parlamento. Dichiarazione del Consiglio Silvio BERLUSCONI ha illustrato il lavoro del Governo italiano che in questo semestre ha presieduto il Consiglio dell'Unione e la CIG. Per quanto riguarda la Conferenza intergovernativa, l'impegno dell'Italia era fin dall'inizio quello di arrivare a un accordo su un documento di alto profilo, senza compromessi al ribasso, che consentisse all'Unione del futuro di funzionare e di porsi come protagonista sulla scena internazionale. A questo impegno si aggiungeva l'auspicio che l'Unione allargata potesse dotarsi di un'autentica Costituzione sulla base del progetto elaborato dalla Convenzione nei termini convenuti a Salonicco, cioè in tempo utile per le elezioni di giugno. Il comune auspicio per una conclusione del negoziato entro i 60 giorni a disposizione dall'apertura della CIG non si è potuto realizzare. Se ne deve prendere atto con pacatezza, senza drammatizzazioni e recriminazioni reciproche, ma con la chiara visione dei passi che si dovranno compiere da qui in avanti. L'impegno a non ricadere nella logica dei compromessi e delle intese poco comprensibili per i cittadini è stato rispettato, un dovere a cui la Presidenza si è ispirata fin dall'inizio ritenendo che la sintesi della Convenzione dovesse rappresentare una base su cui costruire un accordo unanime, senza cadere in arretramenti sui punti qualificanti del progetto. A tale linea la Presidenza è rimasta fedele per tutto il negoziato, conciliando la volontà di mantenere nella misura massima possibile il progetto della Convenzione con l'obbligo di prestare attenzione alle legittime esigenze di tutti gli Stati membri in relazione a questioni da essi ritenute prioritarie. Il metodo di lavoro, ha detto Berlusconi, è stato visibile e trasparente: sono stati pienamente associati i rappresentati del Parlamento europeo andando al di là della pratica delle CIG precedenti; è stata assicurata massima pubblicità e consultabilità di tutti i documenti presentati nel corso del negoziato. Grazie a questo lavoro imponente, paziente e scrupoloso si è riusciti a risolvere quasi tutte le questioni evocate dai partecipanti della CIG, senza ridurre nella sostanza il livello di ambizione complessiva del progetto della Convenzione. Durante le prime battute erano stati recensiti oltre 80 temi controversi. Per ciascuno di essi, con eccezione di un punto strettamente istituzionale, sono state trovate soluzioni di mediazione adeguate. Su certi aspetti, in particolare quello cruciale della difesa, la CIG ha completato e migliorato il progetto della Convenzione pervenendo alla definizione di una cooperazione strutturata permanente compatibile con il quadro atlantico e rispettosa delle esigenze politiche di alcuni Stati membri. Questo fondamentale passo in avanti si realizzerà in una logica inclusiva che consentirà ad alcuni paesi di procedere più speditamente sulla base di uno specifico protocollo che disciplini le capacità militari necessarie. Tale punto appariva all'inizio molto difficile, ma si è trovato l'accordo in piena armonia con gli alti vertici della NATO. I tre pilastri su cui potrà decidere il Consiglio di primavera sono i seguenti: il regolamento di formazione ed operativo della cooperazione strutturata dovrà essere approvato dal Consiglio europeo; ogni Stato membro potrà entrare nella cooperazione in qualunque momento; la difesa europea necessaria per dare all'Europa un'autonoma forza e dignità per potersi sedere ai tavoli con le altre potenze militari mondiali non deve essere intesa come in antitesi alla NATO, ma operare congiuntamente ad essa. È stato anche trovato il modo per inserire una cellula degli headquarters della difesa europea nella base operativa della NATO in Europa. La sessione finale della CIG ha dovuto concentrare i suoi lavori sui grandi nodi istituzionali che non avevano potuto essere sciolti nelle fasi precedenti. Restava da decidere la composizione del Parlamento europeo, la composizione della Commissione, l'estensione del voto a maggioranza qualificata in Consiglio, ma soprattutto le modalità di calcolo di tale voto. Negli ultimi contatti bilaterali, è apparso possibile trovare una soluzione ad alcuni di questi problemi, anche se tutti Capi di Stato e di Governo avevano sottolineato che il quadro istituzionale della futura Unione dovesse essere valutato nel suo complesso. Sulla composizione della Commissione e sul tema della maggioranza qualificata l'accordo era a portata di mano, sul numero dei parlamentari non c'è stata discussione: i paesi con meno popolazione chiedevano l'incremento di un parlamentare (da 4 a 5) gli altri erano d'accordo. Sul punto del voto a maggioranza qualificata, invece, non è stato possibile ravvicinare le posizioni e si è quindi preferito porre termine, con l'accordo di tutti, ad una discussione che rischiava di diventare antagonistica e che nel migliore dei casi avrebbe potuto condurre a quei compromessi al ribasso esclusi fin dall'inizio. In chiusura dei lavori, vi sono state da parte di tutti i colleghi parole di grande apprezzamento per la Presidenza italiana, nella ferma volontà di non disperdere il patrimonio negoziale costruito in questi mesi. Su 82 punti prima in discussione si è registrato un accordo: rimane quindi un'acquis negoziale importante, da non riaprire: tutti hanno fatto intendere che i lavori prossimi della CIG dovranno rivolgersi al punto su cui non è ancora stato trovato l'accordo, mentre non si dovranno riaprire i capitoli già acquisiti. «Siamo stati davvero vicini alla conclusione dell'accordo, che nella notte tra venerdì e sabato sembrava possibile, perché c'era stata una notevole apertura da parte di alcuni paesi che prima sembravano arroccati su precise posizioni. Alla fine della mattina dopo, tutto è retrocesso», ha detto Berlusconi, e di comune accordo con tutti i capi delle delegazioni si è ritenuto di aver bisogno di più tempo. Qualcuno chiedeva di potere consultare i propri parlamenti. Anziché andare ad una discussione che avrebbe reso più grande l'immagine di un non accordo, si è quindi preferito chiudere con sentimenti positivi: tutti si sono detti pronti a riprendere la discussione, a mantenere l'acquis convenuto e a procedere con l'intenzione di dare all'Europa una Costituzione che la renda capace di funzionare e di prendere decisioni tempestive, di rappresentarsi come un gigante politico e non solo economico sulla scena internazionale. Quanto ai risultati del Consiglio europeo che ha chiuso il semestre di Presidenza italiana, Berlusconi ha parlato di «risultati concreti, che toccano interessi diretti dei cittadini europei e che rafforzano l'immagine complessiva dell'Unione». Essi sono stati possibili grazie a un ottimo rapporto di collaborazione con la Commissione e a uno spirito di confronto aperto e costruttivo con il Parlamento. Partendo dai temi economici, il Consiglio europeo di dicembre ha formalmente approvato l'Iniziativa europea per la crescita, un'azione suggerita dalla Presidenza italiana, fatta propria dal Consiglio Ecofin e dalla Commissione con il contributo della BEI. L'iniziativa è destinata a promuovere un programma di investimenti nel settore delle grandi infrastrutture transeuropee, comprese le infrastrutture di trasporto, le grandi reti elettriche e il settore delle telecomunicazioni. Ma sono anche previsti investimenti sul capitale umano, cioè nella ricerca e nello sviluppo, nelle innovazioni e nelle tecnologie. L'obiettivo è duplice: creare le condizioni per un miglioramento qualitativo delle reti infrastrutturali, materiali ed immateriali, destinate a connettere il grande mercato europeo soprattutto nella prospettiva dell'allargamento; contribuire a un rilancio complessivo della crescita economica e dell'occupazione con adeguati sostegni finanziari. Si conta di far ricorso a finanziamenti pubblici a carico del bilancio dell'Unione e dei singoli Stati membri, ma anche a finanziamenti del settore privato grazie anche al ruolo di garanzia della BEI. Berlusconi ha sottolineato in proposito che «si tratta della prima grande manovra di tipo economico a livello europeo», compatibile con la strategia di Lisbona e con il Patto di stabilità. E' inutile nascondere che come singoli Stati, dal momento dell'adozione della moneta unica, non si ha alcuna possibilità di politica monetaria e di politica finanziaria: non si può procedere a svalutazioni della moneta per sostenere i prodotti e le esportazioni, non si possono fare politiche di deficit spending per il rispetto dei parametri di Maastricht. Deve essere quindi sostituita questa facoltà con un potere superiore. Purtroppo, ha aggiunto, la Banca centrale europea ha come missione il controllo dell'inflazione, non il sostegno dell'economia, come invece fa la Federal Reserve americana. L'Europa deve quindi darsi la capacità di intervenire a sostegno dell'economia. È stato poi registrato l'accordo sull'adeguamento delle reti transeuropee di trasporto alla nuova realtà dell'Europa allargata. Il Consiglio europeo ha ratificato l'accordo sulla decisione di raddoppiare i contributi a carico del bilancio dell'Unione, passando dal 10 al 20% per gli interventi sui tratti transfrontalieri. Il Consiglio europeo ha sottolineato l'importanza per la libera circolazione delle merci di superare le difficoltà derivanti dai valichi e dalle barriere naturali e dalla congestione dei principali assi di comunicazione. Si auspica che su questa base la Commissione sia in grado di valutare e quantificare i riflessi negatitivi prodotti dai valichi e dalla barriere naturali sul corretto funzionamento del mercato unico. Sulle grandi opere, ha detto Berlusconi, è stato fatto un lavoro davvero importante «perché siamo carenti di vie di comunicazione, stradali e ferroviarie, con i paesi che dal 1° maggio diventeranno membri dell'UE». Era quindi necessario aggiornare il piano delle grandi opere: la lista quick-start, che prevede una serie di progetti da realizzare, non è una lista chiusa ma vi si potranno aggiungere tutti i progetti che verranno a maturazione («progetti su cui si potrà arrivare a una presentazione delle carte per il via agli appalti e alla ricerca degli adeguati finanziamenti»). Tra gli argomenti dell'agenda di Lisbona ci si è soffermati sul tema dell'occupazione e della competitività per sottolineare ancora una volta la necessità di proseguire sulla strada delle riforme strutturali, misure che talora impongono nel breve periodo sacrifici e costi sociali ma che costituiscono la condizione necessaria per assicurare il rilancio dell'economia. Il riferimento è al mercato del lavoro e alla prevenzione sociale. È stato valutato il rapporto della task force presieduta da Wim Kok, che ha indicato soluzioni per i problemi generali misure per i singoli paesi. A tale rapporto è stato dedicato il Vertice straordinario tra associazioni di imprese e sindacati, alla vigilia del Consiglio europeo. Ne è scaturita la volontà di proseguire nell'attuazione della strategia europea per l'occupazione in un quadro di maggiore flessibilità e di maggiore impegno per la valorizzazione del capitale umano. Per quanto riguarda il clima della competitività, il Presidente del Consiglio ha detto di aver partecipato a un convegno indetto dall'Associazione delle imprese europee, da cui è nata l'immagine del gigante Gulliver imprigionato dai lillipuziani: immagine simbolo del gigante dell'economia europea imprigionato da troppi lacci e lacciuoli che gli industriali ritengono essere gli eccessi di regolamenti, direttive e leggi che impediscono una piena concorrenza con le economie straniere. L'economia europea, ha proseguito il Presidente, sta attraversando un periodo difficile che potrà diventare ancora più difficile, stretta com'è nella tenaglia dell'economia USA sostenuta dall'amministrazione Bush da una parte e di quella dei paesi dell'Estremo Oriente, in una situazione di anarchia pressoché totale, dall'altra. Da parte degli imprenditori europei si è quindi applaudito alla creazione del Consiglio Competitività, che dovrà verificare l'impatto dei provvedimenti presi sulla competitività delle aziende: tutti dovrebbero acquisire questa sensibilità, se non si vuole che l'economia europea non sia competitiva nei confronti delle altre. Berlusconi ha poi ricordato l'intesa raggiunta sulle OPA, un accordo che mette fine ad una vicenda negoziale durata quasi 15 anni. Resta però molto da fare per assicurare alle imprese che operano in Europa le condizioni complessive per garantire la competitività sui mercati mondiali. La Presidenza italiana si è adoperata per rafforzare la sicurezza dei cittadini nella consapevolezza che ancor più che su altre questioni, è su questo terreno che verrà valutata da parte dell'opinione pubblica l'efficacia dell'azione dell'UE. Uno dei temi centrali è stato lo sviluppo di strategie comuni nella gestione dei flussi migratori, rafforzando il concetto di frontiere esterne comuni: in tal senso il Consiglio europeo ha preso atto dell'intesa raggiunta sui principali elementi costitutivi di un'Agenzia comunitaria per la gestione delle frontiere, operativa a partire dal 1° gennaio 2005. Il Consiglio europeo ha anche preso atto dell'adozione, su proposta della Presidenza, di un apposito programma di misure sull'immigrazione via mare, segnale della speciale attenzione per il tragico fenomeno che spinge immigrati clandestini a cercare di arrivare sulle coste europee, con esiti spesso drammatici. C'è stato poi l'incontro dei cinque paesi europei rivieraschi del Mediterraneo con i cinque paesi della costa africana del Mediterraneo Sud, attraversati da un'immigrazione montante verso l'Europa. Esso sono stati sollecitati a livello bilaterale e si sono prestati a una cooperazione che consenta il controllo delle partenze dalle loro coste; hanno però chiesto una maggiore integrazione europea in tale azione, con una presa a carico dei costi economici rilevanti che affrontano nell'interesse europeo. Il Consiglio ha invitato la Commissione a studiare il problema e a proporre soluzioni. Si attende anche uno studio sui rapporti tra immigrazione legale e clandestina, che dovrà includere l'argomento della fissazione di quote di ingresso a valenza europea. Si è preso inoltre nota dei progressi in materia di asilo, sebbene non sia stato possibile giungere ad un'intesa sulle direttive relative a norme procedurali minime e alla definizione dello status di rifugiato. Un'efficace gestione dei flussi migratori non può inoltre prescindere anche da una fruttuosa collaborazione con i paesi terzi, di origine e di transito, ha proseguito Berlusconi. In quest'ottica si è proseguito il processo di piena integrazione dei temi della migrazione nelle relazioni esterne dell'UE. Sul meccanismo di valutazione chiesto a Salonicco, si è raggiunta in tempi brevissimi un'intesa interistituzionale. Il programma porterà nuove risorse finanziarie in un delicato settore (250 milioni di euro per il prossimo quinquennio), quale primo passo di un più consistente ampliamento dei fondi per l'immigrazione, che dovrebbe aver luogo con le prossime prospettive finanziarie. Sempre in tema d'immigrazione, ma con aspetti legati alla sicurezza dei cittadini e alla lotta al terrorismo, è stata registrata l'intesa sull'introduzione dei dati biometrici in visti e permessi di soggiorno. La prospettiva è di estendere presto tale innovazione anche ai passaporti dei cittadini comunitari. Significativi risultati sono stati ottenuti anche in materia di contrasto all'abuso di sostanze stupefacenti, con l'accordo politico sulla decisione quadro in materia di lotta al traffico di droga. Il Consiglio europeo ha valorizzato l'importanza del dialogo tra le religioni, cui è stata dedicata un'apposita conferenza in ottobre Il tema dei rapporti dell'Occidente con l'Islam, della religione cristiana con la religione e musulmana, emerge in ogni incontro con i paesi della Lega araba e su di esso occorre impegnarsi perché «emerge sempre una minoranza araba che sente la sfida come qualcosa che non può essere evitato», mentre non si deve procedere in questa direzione. Quello che serve è un vero, continuativo, costante, profondo dialogo tra l'Occidente ed i paesi musulmani. Il Consiglio ha ribadito la più ferma opposizione ad ogni forma di estremismo e di intolleranza e la condanna del terrorismo e di ogni tipo di violenza e di ogni forma di antisemitismo. Il Consiglio europeo ha anche adottato la Strategia europea per la sicurezza, documento di Javier Solana che analizza le minacce per la sicurezza dell'Unione e i mezzi con cui farvi fronte. Su tale base bisognerà migliorare la capacità d'intervento sia nel campo della prevenzione dei conflitti, sia nel campo della gestione delle crisi. Quanto allo sviluppo della PESD, il primo impegno consiste nell'acquisire maggiori capacità. Particolare significato ha quindi la decisione di creare un'Agenzia europea per lo sviluppo e l'acquisizione di nuove capacità militari e di potenziare le capacità di pianificazione dell'Unione secondo modalità compatibili con il ruolo della NATO. «Con questa decisione si chiude positivamente una vicenda che sino a qualche mese fa era oggetto di profonde divisioni fra i membri dell'Unione», ha detto Berlusconi. A Bruxelles si è anche conclusa l'intesa sulle sedi di 10 Agenzie europee, vicenda in sospeso da circa due anni. Si tratta di un accordo significativo del quale la Presidenza italiana è orgogliosa e che merita di essere sottolineato, tanto più perché raggiunto in condizioni rese meno agevoli dalla contemporanea trattativa sul Trattato costituzionale. L'allargamento del 2004 si va profilando come un pieno successo. Il Consiglio europeo ha constatato che i paesi in via di adesione proseguono il recepimento dell'acquis comunitario e saranno sicuramente in grado di far fronte alle responsabilità derivanti dalla piena adesione. Per Bulgaria e Romania, che hanno compiuto progressi considerevoli, il Consiglio europeo ha definito una tabella di marcia per il completamento del processo di adesione: conclusione dei negoziati entro il 2004, firma dei Trattati entro il 2005, adesione nel 2007. Anche la Turchia ha compiuto un buon tratto del percorso delle riforme istituzionali e un ulteriore progresso verso il rispetto dei criteri politici di Copenaghen: si sono quindi riconosciuti questi positivi sviluppi e sono stati segnalati ad Ankara i suggerimenti per proseguire in tale direzione e le aree in cui si chiede un impegno particolarmente sostenuto. L'obiettivo a medio termine rimane quello di un'adeguata preparazione in vista della decisione che il Consiglio europeo dovrà prendere di qui a un anno. Sulle relazioni esterne, si è preso atto dei progressi registrati verso il perseguimento degli obiettivi del processo di stabilizzazione ed associazione nell'area balcanica, ribadendo la determinazione dell'Unione a sostenere la prospettiva europea dei paesi della regione. Altrettanto rilievo hanno avuto i risultati conseguiti nel quadro del partenariato euromediterraneo con la nascita formale dell'Assemblea parlamentare euromediteranea, l'istituzione della Fondazione per il dialogo tra le culture e le civiltà e la definizione di un rafforzamento della facility della BEI per il Mediterraneo, nell'auspicio della costituzione di una vera e propria Banca mediterranea al cui capitale possano partecipare anche i paesi del continente africano. Le relazioni transatlantiche rimangono un caposaldo insostituibile dell'azione esterna dell'UE. Il Consiglio europeo ha dedicato all'argomento un'apposita dichiarazione di grande rilievo politico, anche perché interviene a chiusura di un periodo dei più difficili nei rapporti fra UE e USA. Un dialogo costante e su base paritaria fra l'Unione e gli Stati Uniti è necessario e fondamentale per affrontare con successo le sfide globali. L'Unione dovrà di conseguenza impegnarsi a rafforzare la cooperazione con gli USA per tradurre la comunità di valori in una comunità di azione. In tale contesto sarà centrale l'impegno comune nella lotta contro il terrorismo e contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa. Lo sviluppo della PESD e il partenariato strategico tra l'UE e la NATO rafforzeranno infine l'efficacia complessiva della comunità transatlantica. È stato infine sottolineato il valore strategico del rapporto con la Russia e l'importanza di sviluppare con Mosca un partenariato di ampio respiro destinato a facilitare e promuovere una sempre maggiore integrazione della Russia nelle strutture europee. Tutti i paesi hanno difeso interessi legittimi con argomentazioni rispettabili ma nessuno ha negato mai l'esistenza di un prevalente comune interesse europeo. «E' normale ora che ci sia una pausa di riflessione per approfondire il dibattito nei nostri paesi e tra le nostre opinioni pubbliche, ma siamo certi che la ripresa del negoziato avverrà sulla base del progetto della Convenzione e dei negoziati acquisiti con il lavoro comune tra la Presidenza e tutti i paesi membri». Nei prossimi mesi ciascuno degli Stati membri dovrà offrire il proprio contributo al processo di integrazione perché l'impresa europea deve restare unitaria ed inclusiva, senza fratture né scorciatoie. «Il Trattato costituzionale è una meta che raggiungeremo certamente. Alla Presidenza irlandese ho consegnato i testi degli accordi già conclusi con il più cordiale augurio di buon lavoro per la costituzione di quella grande Europea che è nell'auspicio di tutti noi», ha concluso Berlusconi. Dichiarazione della Commissione Il Presidente della Commissione Romano PRODI ha aperto il suo intervento rilevando che si è trattato di un semestre denso di avvenimenti e di progetti. Si è rallegrato del fatto che, grazie agli sforzi della Presidenza italiana, è stato trovato l’accordo su cinque punti qualificanti della lista di 13 proposte presentate dalla Commissione il 2 luglio: in particolare, sulla direttiva sulla tracciabilità degli OGM e sull’accordo quadro con l'Agenzia spaziale europea, di grande stimolo per lo sviluppo della politica spaziale. All’inizio dell’anno prossimo saranno adottate formalmente le norme sul cielo unico europeo e quelle norme in materia di appalti; c'è poi accordo politico anche sulle OPA. Il Presidente della Commissione ha ringraziato la Presidenza italiana per il suo senso di responsabilità e per il grande spirito di collaborazione mostrato. Per quanto concerne il Consiglio europeo, ha sottolineato che esso ha approvato all’unanimità l'Iniziativa europea per la crescita, che è «l’elemento più visibile di un piano generale di stimoli all’economia europea», comprendente le azioni per migliorare la competitività e quelle a favore dell’occupazione, ai fini del rilancio dell'agenda di Lisbona. Il Consiglio europeo ha trovato l'accordo sulle sette nuove Agenzie europee sulla sicurezza dei trasporti aerei, ferroviari e marittimi, sulla sicurezza alimentare, sulla pesca, sulla chimica e sul controllo delle malattie. Per arrivare a questo risultato ci sono voluti quattro anni di lavoro. «La soddisfazione è grande perché proprio le cose più sofferte alla fine sono le più belle», ha detto. L’accordo raggiunto sulle Agenzie è importante per due motivi: perché sviluppa un modello più flessibile e più efficiente delle strutture comunitarie che porterà l’Unione sempre più vicino ai cittadini europei, e perché esso è il frutto di una visione d’insieme che concilia gli interessi di ciascun paese. La mancata adozione della Costituzione dell’Unione europea è invece motivo di tristezza e di delusione per Prodi, che è tornato indietro nel tempo, facendo riferimento alla dichiarazione di Laeken e alla creazione della Convenzione, «il progetto istituzionale più ambizioso e più democratico della nostra storia», che ha presentato un progetto di Costituzione definito una buona base di partenza per la Conferenza intergovernativa. Esso aveva bisogno solamente di alcune modifiche puntuali, avendo la Convenzione svolto un eccellente lavoro su punti come la Carta dei diritti fondamentali, il metodo di voto a maggioranza e la ripartizione delle responsabilità politiche, nonché l’evoluzione del ruolo del Parlamento europeo, a cui il progetto di Costituzione assegna finalmente maggiori poteri di decisione sul bilancio dell’Unione. La Convenzione ha lavorato bene, ha detto Prodi. In 18 mesi ha presentato un progetto di Costituzione che costituiva una buona base di partenza per la Conferenza intergovernativa. Su altre questioni, come sulle modalità di riforma della Costituzione, il tempo è mancato; sulla composizione della Commissione, il principio di un commissario per ogni Stato membro è stato sancito dalla CIG. «Il progetto della Convenzione doveva servire per fare un passo in avanti. Invece alcuni Stati membri l’hanno usato per fare un passo indietro» ha detto Prodi, che non ha nascosto la propria delusione. Secondo il Presidente della Commissione, «il progetto di integrazione europea la settimana scorsa si è fermato e abbiamo tutti perso una grande occasione». Le conseguenze non saranno drammatiche, a condizione di proseguire con tenacia nella direzione tracciata dalla Convenzione. «Non si possono modellare le nostre istituzioni utilizzando come unico parametro la possibilità di bloccare le decisioni». Adesso bisognerà spiegare ai cittadini come si tutela meglio il loro futuro, e qui la risposta è obbligata: la soluzione non può venire «da una somma di veti, ma dalla congiunzione degli interessi. Il diritto di veto non è un’espressione di volontà democratica e anche le nostre istituzioni non possono sottrarsi alle regole del gioco democratico». L'oratore si è detto convinto che si riuscirà a trovare la soluzione giusta, pur essendo ancora tanti i problemi irrisolti. Egli ha espresso l'auspicio che i prossimi Consigli europei tornino a occuparsi della Costituzione con un calendario realistico ma anche con una visione d’insieme, facendo emergere virtù di coraggio e d'immaginazione. Prodi ha anche accennato alla possibilità che un’avanguardia di Stati pionieri apra la strada a una cooperazione più salda, che possa servire come punto di partenza per un’Unione più forte e integrata. Si tratta di una di quelle soluzioni che emergono in momenti difficili della storia europea come questo. Il Presidente della Commissione ha voluto concludere il suo intervento con un «appello accorato», chiedendo a tutti di uscire dal proprio recinto geografico e temporale: « Solo l’Europa ci darà la forza di mantenere e di sviluppare le nostre culture, le nostre tradizioni regionali e locali di cui siamo tanto fieri. Se non ci stringiamo tutti attorno alla nostra Unione che abbiamo cominciato a costruire in mezzo secolo, perderemo la nostra autonomia e la nostra influenza nel mondo. Le perderà l’Unione, ma le perderanno soprattutto gli Stati membri e i nostri cittadini. Se non entriamo in questo ordine di idee, finiremo inesorabilmente ai margini della storia». Dibattito Hans-Gert POETTERING (PPE/DE, D) ha esordito dicendo che il 13 dicembre 2003 è stato un giorno poco felice per l'Europa. «Ma dove c'è l'ombra c'è anche la luce», ha aggiunto congratulandosi con il Presidente Cox a cui è stato conferito il premio della città di Aquisgrana. Il fallimento della CIG non deve essere il fallimento della Costituzione: il gruppo è fermamente deciso a sostenere l'idea di avere al più presto possibile una Costituzione europea o l'Europa del XXI secolo non avrà futuro, perché in un'Unione con 500 milioni di cittadini la Costituzione è l'unica possibilità per la pace, per la soluzione dei problemi sulla base del diritto, per preservare i valori europei nel mondo. Il portavoce popolare, evidenziando il confronto di due assi che si bloccano uno con l'altro, ha ringraziato il Presidente del Consiglio europeo per aver reso possibile l'accordo su 82 punti: tale accordo non deve essere slacciato, ma ci si dovrà concentrare nei prossimi negoziati sui pochi punti ancora controversi. La responsabilità di questo risultato non può essere attribuita a 2 o 3 paesi. Serve ora la volontà di tutti per raggiungere un compromesso, a cui si è sempre arrivati in Europa, sulla base fiducia reciproca. La solidarietà, però, non è una strada a senso unico, ma vale per tutti. Si è parlato di un nocciolo duro dell'UE, ma questa non è la soluzione perché la strada del futuro va imboccata tutti insieme. Ora, secondo Poettering, è necessario un momento di riflessione, senza mettere in questione l'attuale concezione dell'Europa: le conquiste raggiunte finora vanno difese. Nel ringraziare la Presidenza italiana per la buona volontà, l'oratore ha chiesto di continuare in questa direzione valutando il momento adeguato per convocare un nuovo Vertice europeo sulla Costituzione. Bisogna crederci e lavorare con pazienza: perché l'Unione europea abbia successo è necessaria la Costituzione. Enrique BARÓN CRESPO (PSE, E) ha detto che quando Berlusconi è entrato alla riunione del Consiglio, ha detto che ciò che lo preoccupava era la partita del Milan a Tokyo: «Il Milan è arrivato ai calci di rigore ma lei non è neanche arrivato al secondo tempo», ha affermato il rappresentante del gruppo socialista. Nonostante il serio lavoro svolto dalla Presidenza italiana, e in particolare gli sforzi del ministro Frattini e del sottosegretario Antonione, il gruppo non può che biasimare l'esito della CIG e l'impossibilità di giungere a una Magna Charta europea. In assenza di una risposta politica seria, occorre recuperare lo spirito comunitario mettendo in comune interessi e solidarietà, non lavorare per il blocco. La stessa Spagna, che è sempre stata all'avanguardia nella costruzione europea, diventa ora fanalino di coda. È importante che ci sia l'accordo sul 95% dei punti della Costituzione, ma per risolvere il restante 5% ci sono diversi metodi: il negoziato per tutta la notte, come avvenuto a Nizza, da cui però non è emersa la Convenzione, decisa invece a Laeken. Barón Crespo ha quindi chiesto a Berlusconi se ritenga che si debba tornare alla Convenzione o a una lunga notte di dibattito come a Nizza. La Presidenza irlandese prende ora il testimone. Riguardo alle questioni economiche, pur ammirando Jonathan Swift, il rappresentante socialista ritiene che l'esempio di Gulliver non sia adeguato: «qui siamo piuttosto davanti al Cavaliere dimezzato di Calvino» perché esiste la Banca Centrale europea ma non un responsabile economico per l'UE. Egli ha quindi chiesto se Berlusconi sia favorevole a una riforma del Patto di stabilità allo scopo di rafforzarlo. Graham WATSON (ELDR, UK) non ha nascosto la propria delusione di fronte al bilancio della Presidenza di un paese di lunga tradizione europea come l'Italia. In sei mesi scarsi è stato quasi minato il patto di stabilità, è stata disprezzata la politica dell'Unione nei confronti della Russia e ha offeso il Canada. È difficile negare che la Presidenza e la CIG abbiano costituito un fallimento personale del Presidente del Consiglio, che è arrivato alla CIG scarsamente preparato e che ignorando le raccomandazioni del Parlamento è pervenuto ad una situazione di stallo. «Mentre gli americani stavano tirando fuori Saddam da un buco in Iraq nell'acclamazione generale, i nostri leader si stavano cacciando in un buco a Bruxelles». Un vertice di successo ha bisogno di due elementi: la volontà politica e un'abile leadership diplomatica. Sono mancate entrambe, ha detto Watson. La CIG è fallita perché ha scelto di fallire, non perché fosse il suo destino: cinque paesi hanno deciso di non sottoscrivere un accordo che nessuno voleva abbastanza. Un accordo ritardato è meglio di un cattivo accordo, ma l'agenda futura è molto ricca, si pensi ai negoziati per le prospettive finanziarie, all'allargamento alla Turchia e alle elezioni in Spagna, Regno Unito e Italia. Occorre un dibattito pubblico per la futura Costituzione, in modo che sia approvata entro le elezioni europee del 2004. I grandi Stati membri stanno cacciando l'Unione in una crisi che potrebbe metterne in pericolo la natura democratica. Le stesse conclusioni del Consiglio europeo sono deludenti, non c'è alcuna menzione ai detenuti della baia di Guantanamo, nemmeno alle elezioni in Russia definite dall'OSCE «un passo indietro nel processo di democratizzazione». La decisione di includere la Cina nel programma Galileo sembra un incoraggiamento al ritiro dell'embargo sulle armi a quella che è la maggiore dittatura al mondo, ignorando così in nostri valori. Il rappresentante dei liberali ha fatto riferimento alla dichiarazione di Silvio Berlusconi nel corso della conferenza stampa che seguiva il Consiglio europeo, in cui ha dichiarato che la Presidenza italiana sarebbe stata considerata la più gloriosa degli ultimi anni. Watson gli ha chiesto di rendere conto del suo concetto di fallimento, visto che il Presdiente del Consiglio si era posto come obiettivo quello di avere una costituzione europea entro Natale. Quindi, secondo i suoi standard, lei ha fallito, ha detto. Francis WURTZ (GUE/NGL, F) ha aperto ricordando che lo scorso 3 settembre, alla presentazione in Parlamento da parte di Valery Giscard d'Estaing del progetto di Costituzione sull'Europa, lo aveva criticato in quanto costituzionalizzava il modello liberale che veniva dal trattato di Maastricht. Ma il fallimento di accordo in sede di CIG non riguarda questo modello, quindi rimangono attuali i problemi sollevati dal dibattito pubblico sul progetto di Costituzione, si pensi al recente foro sociale europeo. Quest'Unione di chi dice «Nizza o morte», insensibile alle frustrazioni che emergono dappertutto, costituisce un grande regalo ai populisti e ai demagoghi di tutta Europa. Questa fase di stallo altro non fa che emergere l'idea di un nocciolo duro, con i paesi ricchi che agitano la minaccia di una diminuzione dei fondi destinati ai meno sviluppati. Questo liquiderebbe l'idea di solidarietà e significherebbe la realizzazione del sogno dei più liberali, la zona di libero scambio, una prospettiva inaccettabile. Non sarebbe altro che la caricatura della cooperazione rafforzata tra Nazioni desiderose di realizzare un modello sociale più avanzato e una politica internazionale più autonoma. Ma mancano i progetti, salvo quello di difesa europea aggravato dalla nuova dottrina strategica dell'Unione. Secondo Wurtz, occorre un progetto nel quale i cittadini si possano riconoscere e che non nascerà mai da un conclave di capi di Stato ma neanche da una Convenzione. Tocca ai cittadini e ai partiti nei quali si riconoscono di raccogliere questa sfida. Rivolta al Presidente del Consiglio, Monica FRASSONI (Verdi/ALE, B) ha esordito rilevando che per valutare il suo lavoro alla guida del Consiglio europeo basterebbe oggi affermare che l'Unione non è più forte e unita di sei mesi fa, che il contributo del Governo italiano al rafforzamento della coesione perduta nella battaglia contro l'Iraq è stato irrilevante, che le sue affermazioni sulla Cecenia, la sua mancanza di iniziativa sulla pena di morte, il suo giudizio acritico ai governi di Bush e Sharon hanno ridotto la già scarsa credibilità dell'Unione come attore sulla scena internazionale. La rappresentante dei verdi ha anche ricordato la partecipazione del Ministro Tremonti al tentativo dell'ECOFIN di smantellare gli accordi raggiunti dalla Convenzione sul bilancio, o il comportamento del ministro Lunardi, che «spinge per il finanziamento europeo di grandi opere che poi la sua società vorrebbe costruire». Ma la sua Presidenza sarà ricordata dagli europei soprattutto per il mancato accordo sul testo approvato dalla Convenzione, ha detto. «E questo succederà anche se lei, con l'aiuto delle sue televisioni, riuscisse a convincere gli italiani che esso è stato invece un trionfo in quanto ha ottenuto che l'Agenzia per la sicurezza alimentare abbia sede a Parma, oltre a un accordo, per ora virtuale, per il finanziamento di un paio di tunnel e di un ponte inutile». Frassoni ha anche criticato il metodo utilizzato dal Presidente del Consiglio per raggiungere un compromesso sulla CIG, « senza discussione plenaria», affermando che l'accordo che si andava profilando sarebbe stato anche più problematico della crisi attuale. L'oratrice ritiene che non si possa affermare che vi sia un accordo consolidato sulla maggior parte degli 82 punti proposti dalla Presidenza italiana, «che peraltro sono in gran parte inaccettabili perché rappresentano un regresso non solo rispetto alla Convenzione, ma anche rispetto a Nizza. Che le piaccia o meno, oggi l'unico testo sul tavolo è quello approvato dalla Convenzione». La rappresentante dei verdi ritiene che i responsabili del fallimento della CIG siano moltissimi, compresi «coloro che a Nizza rifiutarono la doppia maggioranza e oggi si ergono a improbabili paladini dell'Europa politica». L'oratrice ha affermato che la Costituzione non è morta, ma che non saranno i Governi da soli a trovare il consenso su di essa; piuttosto, c'è bisogno dei cittadini e dei loro parlamenti, per evitare di finire in dispute sulle prospettive finanziarie o sul prestigio nazionale. Ad essi potranno allearsi i Governi che condividono l'idea di dare credibilità al progetto europeo e di eliminare il veto per le riforme istituzionali. Frassoni ha concluso appellandosi alla Presidenza irlandese perché riconvochi una Convenzione rapidamente, in modo da verificare se sia ancora possibile trovare un accordo. In caso contrario, la prospettiva dovrà essere quella di un rilancio del processo costituente dopo le elezioni europee. Cristiana MUSCARDINI (UEN, I) ha ringraziato la Presidenza italiana per il lavoro svolto in un contesto difficile, sia per le circostanze internazionali sia per le tragedie che hanno colpito diversi popoli europei e l'Italia in particolare. «La Presidenza italiana ha ricordato come beni primari della società siano il mantenimento della pace e quindi la lotta a tutto campo contro il terrorismo e le forze disgregatrici», nonché il perseguimento del benessere per i popoli europei e per tutti i paesi le cui popolazioni vivono in condizioni tragiche a causa della fame, della povertà o della mancanza di sviluppo, ma anche a causa di sistemi politici liberticidi. Per Cristiana Muscardini, la Presidenza ha riaffermato che un'Europa più forte, libera, indipendente e solidale passa attraverso un nuovo percorso istituzionale che non può essere frutto di compromessi al ribasso: i cittadini europei hanno bisogno di chiarezza ed efficienza e il Consiglio ha il dovere di definire il ruolo che l'Europa deve svolgere nel contesto internazionale sul piano politico, economico e culturale. Il terrorismo non può essere battuto solo con metodi convenzionali e senza il coinvolgimento dei cittadini. La globalizzazione dei mercati necessita di nuove regole finanziarie ed economiche rispetto a quelle obsolete del secolo scorso. Si deve rinnovare la cooperazione soprattutto per le aree geografiche più vicine. L'oratrice ha poi espresso rammarico per il mancato accordo su un nuovo Trattato, riaffermando che l'Unione non può avere Stati di rango superiore e inferiore, né egemonie singole o di coalizione. Il nuovo Trattato è necessario e ciascuno deve abbandonare le riserve mentali che ostacolano l'Unione politica, attuando gli impegni presi verso i cittadini. L'Italia darà tutto il suo appoggio alla Presidenza irlandese. William ABITBOL (EDD, F), citando la frattura sull'Iraq, il fallimento a Cancun, la crisi del Patto di stabilità e il fiasco costituzionale, il 2003 è stato un annus horribilis. Non ci sarà Costituzione europea, ma nessuno se ne accorgerà vista la distanza dell'Europa dal cuore e dalle menti degli europei. L'Europa dei 25 non è matura per questo: sarebbe quindi stato prematuro consacrarne la maturità politica e democratica. Sulla Turchia, il rappresentante del gruppo EDD ha invitato a riflettere ancora un po'. A suo avviso, il fiasco di Bruxelles è dovuto soprattutto alla Commissione che, come Penelope, invece di tessere la tela ha cercato di disfarla. Marco PANNELLA (NI, I) ha esordito dicendo che questa Europa nei confronti di se stessa è stata la stessa Europa che abbiamo conosciuto nei confronti della crisi balcanica, nei confronti della barbarie di Milosevic e che sul Medio Oriente «non ha ancora oggi altra posizione che quelle miopi di ciascuna delle sue parti e delle sue fazioni». Ha richiamato alla memoria gli Stati uniti d'Europa, l'Europa di Spinelli e quella di Rossi, mentre oggi Chirac assume una posizione sostanzialmente antieuropea e antifederalista. «Avete trattato nello stesso modo i piccoli egoismi congiunturali, ma così comprensibili, della Spagna e della Polonia, cedendo poi ceduto al ricatto arrogante, nazionalista e costante di una Francia che è abituata ad essere l'unica che fa solo affari sull'Europa», ha detto. L'oratore ha concluso affermando che il Parlamento «deve dissequestrarsi» in quanto non è nemmeno libero di riunirsi dove vuole, mentre occorrerebbe dare un esempio agli europei decidendo i deputati stessi la sede del Parlamento. «Ascoltando l'esposizione del Presidente del Consiglio europeo, ho avuto l'impressione che il fallimento della Conferenza intergovernativa venisse considerato un particolare di scarso rilievo nel quadro di un trionfale semestre di Presidenza. Non è così», ha esordito Giorgio NAPOLITANO (PSE, I). La commissione costituzionale ha espresso un profondo sentimento di delusione e preoccupazione e la comune determinazione a contribuire in tutti i modi possibili alla ripresa e alla conclusione del processo costituente. Non si può sdrammatizzare né rifugiarsi nell'argomento consolatorio che la Comunità ha conosciuto altre crisi ed è riuscita a superarle. Questa volta si rischia una crisi di fondo, all'indomani del grande allargamento: si rischia una vasta crisi di sfiducia delle opinioni pubbliche nei confronti dell'Europa unita. È un fatto che, quando il processo costituente o di revisione dei trattati è stato sottratto al monopolio dei governi ed è stato affidato ad un'istanza europea in cui sedevano anche i rappresentanti dei parlamenti nazionali e del Parlamento europeo, cioè alla Convenzione, si è lavorato con spirito europeo e si è raggiunta un'intesa ispirata all'interesse comune; quando quel processo è tornato nelle sole mani dei governi, sono prevalsi interessi particolari e perfino questioni di puro prestigio degli Stati nazionali. Che cosa fare? In primo luogo resta valida la linea in base alla quale la Costituzione non può nascere da un compromesso al ribasso. Forse, però, sarebbe bene che si chiarisse che cosa la Presidenza italiana intendeva per «compromesso al ribasso». «Qual è stato in concreto il compromesso che si è evitato? Quello di un ritorno a Nizza, quello dell'intangibilità del Trattato di Nizza per quel che riguarda il sistema di calcolo del voto a maggioranza?», ha chiesto Napolitano. In secondo luogo, non si deve disperdere il patrimonio negoziale di questi mesi, ma è necessario conoscere e rendere pubbliche le soluzioni trovate per gli 82 punti in modo da verificare quale sia stata la sostanza di tali soluzioni. Occorre poi parlare di un problema rimasto aperto, quello delle procedure di revisione del Trattato. Alla Presidenza irlandese, infine, è stato conferito un mandato estremamente limitato. «Il nostro messaggio è che la Presidenza irlandese lo interpreti nel modo più ampio e impegnativo, estendendo le sua consultazioni sino ad avvalersi del Consiglio e del contributo della Convenzione». Terminato il semestre di Presidenza, non finiscono le responsabilità dell'Italia come paese fondatore a cui può spettare un decisivo ruolo di impulso per assicurare lo sviluppo del processo di integrazione. Per Fausto BERTINOTTI (GUE/NGL, I) è impossibile non vedere che si è di fronte a uno scacco. Il problema è di sapere di che scacco si tratti. È la costruzione scelta dalla Presidenza italiana, dalla Convenzione e della CIG, quella che è stata sconfitta. Il conflitto che attraversa l'Europa è stato ridotto a conflitto sull'Europa politica, tra l'Europa massima possibile o minima necessaria, fra euroentusiasti ed euroscettici, oscurando così il conflitto reale e la drammaticità delle scelte a cui l'Europa è chiamata. È stato chiamato modello ciò che non lo è, cioè un conflitto su chi e come deve prendere le decisioni segnando un ulteriore distacco dei popoli dall'Europa politica. Il modello, infatti, è un modello sociale di una costruzione politica e della sua collocazione internazionale. «Voi avete scelto di costituzionalizzare il mercato in tempi in cui il neoliberalismo fallisce e, pur preferendo la pace, avete considerato possibile la guerra in tempi terribili del mondo sottoposto al conflitto di guerre e terrorismo», ha detto Bertinotti. L'adesione al quadro atlantico nega per l'oratore l'ambizione di un'Europa autonoma: «Vi siete adagiati a un adattamento, a un galleggiamento che in realtà si è rivelato un quadro di sabbie mobili che ha esaltato il conflitto di potere tra i poteri e tra i paesi e così è esplosa la costruzione». Ora sarebbe bene che almeno non si negasse il fallimento. L'esito, a suo avviso, è la conclusione di una strada sbagliata che, se venisse continuata, porterebbe all'ulteriore crisi dell'Europa. Si tratta dunque di ricominciare, a livello di metodo da un diverso rapporto con i popoli, con i movimenti, con l'opinione pubblica democratica europea. A livello di merito, invece, si pongono tre nodi: l'economia, la condizione sociale e la collocazione internazionale. L'Europa è stretta tra il ciclo politico USA e il dollaro che favorisce la sua competitività e l'aggressività di un'economia come quella cinese. Qui la risposta della CIG non convince, «tra un keynesismo bastardo e un attacco alle condizioni sociali dei lavoratori». Quelli che si chiamato lacci e lacciuoli sono infatti i diritti dei lavoratori e delle popolazioni: «se non si riparte da qui l'Europa non ha alcun futuro». Francesco SPERONI (NI, I) ha ringraziato il Presidente Berlusconi per la sua gestione dell'Unione in questi sei mesi. Secondo l'oratore, il fatto che la CIG non abbia raggiunto un risultato positivo non significa che l'Europa è morta. «Abbiamo i trattati che restano pienamente in vigore e, fino a quando non verranno sostituiti da un nuovo testo, continueranno ad avere efficacia e a funzionare». A Speroni è piaciuto il richiamo a cose più vicine ai cittadini contenuto nel discorso del Presidente del Consiglio. Secondo l'oratore, ai cittadini non interessa molto se si vota a doppia maggioranza, ma piuttosto che si facciano le grandi opere, le autostrade, i treni veloci, che ci sia un'attenzione particolare per l'occupazione, che si contrastino quei paesi che operano nel libero mercato senza rispettare le regole per la tutela dell'ambiente e dei lavoratori. Questa concorrenza si esplica slealmente attraverso contraffazione di prodotti e di marchi. Occorre un notevole impegno per tutelare le nostre industrie, i nostri prodotti, i nostri lavoratori «e, in definitiva, il nostro tenore di vita», ha detto. Francesco RUTELLI (ELDR, I) ha sostenuto che il fallimento della CIG può portare davvero ad un fallimento dell'Europa, perché l'allargamento a 25 senza voto a maggioranza «sarà un incubo, l'incubo dell'Europa della divisione, della paralisi, dell'impotenza nel mondo globalizzato». Secondo l'oratore, il «resoconto contabile» che il Presidente Berlusconi ha fatto «è tanto goffo da regalarci di un supplemento di tristezza» e non può allontanare da sé l'impronta di un fallimento. Rutelli ha appoggiato l'idea del Presidente Prodi di un'iniziativa di stati pionieri di un'Europa che avanzi verso un'integrazione comunitaria basata sui risultati della Convenzione. Giorgio CALÓ (ELDR/IT) ha denunciato «il gravissimo vulnus provocato al pluralismo dell'informazione dalla legge Gasparri che regola il sistema radiotelevisivo». Ha ricordato che in Italia la quasi totalità delle emittenti pubbliche e private è controllato dal Premier, e lo stesso vale per il mercato pubblicitario. «Non è eccessivo parlare di colpo di Stato mediatico, che crea un precedente pericolosissimo per i paesi della Comunità... Che senso avranno le elezioni, se il Presidente del Consiglio controllerà la gran parte dei media?». L'oratore si quindi rivolto ai deputati chiedendo il loro aiuto per la tutela della libertà d'informazione in Italia. Francesco FIORI (PPE/DE, I) ha affermato che le direttiva sugli appalti, sul cielo unico europeo, sulle OPA; le Agenzie; il lavoro sulla crescita economica (decisioni sulle grandi opere e loro meccanismi di finanziamento); le proposte sul tema della competitività, alla base del processo di Lisbona che stenta a concretizzarsi; le azioni sul tema dell'immigrazione e in particolare l'Agenzia per il controllo delle frontiere; l'Assemblea parlamentare Euromed e la Fondazione per il dialogo tra le culture, che avrà come primo punto una valutazione del dialogo interreligioso attraverso il quale si spera di limitare il fenomeno del fondamentalismo embrione del terrorismo; l'azione in Medio Oriente per la ricerca del dialogo tra le due parti, costituiscono l'elenco incontestabile che depone a favore della bontà della Presidenza italiana. Vi è una nota dolente: si è inceppato il meccanismo di dotare l'Unione europea di una nuova Costituzione formale e in questo momento si deve dedicare «molta attenzione alle sirene della Costituzione materiale». Serve tempo per riflettere, perché ciò che è emerso a caldo preoccupa: preoccupano i temi dell'Europa a due velocità, l'esaltazione della cooperazione rafforzata, un'Europa fatta a cerchi concentrici dove tutti condividono le stesse politiche ma ogni gruppo resta aperto a nuove aggregazioni. Non è questo lo scenario politico di cui ha bisogno l'Europa a 25. Non si può perdere il cuore della Convenzione, ovvero l'interesse generale da cui era nata la scelta di abolire in gran parte dei casi i diritti nazionali di veto proponendo un sistema di voto trasparente e credibile. Proprio dall'interesse generale europeo occorre ripartire e lavorare con formule nuove. Avremmo voluto tutti oggi salutare l'accordo che avrebbe dato vita alla prima Costituzione europea, ma sarebbe un grave errore politico dire che l'Europa è finita, dare la caccia ai responsabili e arrendersi di fronte alle difficoltà trovate lungo il cammino, ha aperto Antonio TAJANI (PPE/DE, I). Ha esortato tutti ad andare avanti con lo spirito della Convenzione affermando che, in virtù dei risultati raggiunti e del lavoro della Presidenza italiana, l'obiettivo finale può essere veramente raggiunto. L'oratore ha ricordato che il 95% di ciò che era stato deciso dalla Convenzione è stato approvato da tutti i partecipanti alla CIG. Inoltre la Presidenza italiana ha mantenuto fede agli impegni presi di fronte al Parlamento, a cominciare dalla volontà di non firmare un compromesso di basso profilo «che mortificasse il lavoro della Convenzione». In più, il Parlamento europeo è stato per la prima volta veramente coinvolto da protagonista nei lavori della CIG, nonché costantemente informato sui lavori del Consiglio. Tajani ha stigmatizzato alcuni degli interventi che lo hanno preceduto. «Predica bene ma razzola male» Barón Crespo, preoccupato solo delle elezioni spagnole. Criticato anche Watson, «che occupandosi spesso di cose italiane, perde di vista l'interesse europeo». Non sono mancate le critiche anche agli interventi di alcuni deputati italiani «in cerca di visibilità o di consensi perduti». A Martin Schulz che ancora una volta ha posto la questione del mandato di arresto europeo, Tajani ha ricordato che la Presidenza italiana ha chiesto a tutti i Governi a che punto fossero le relazioni legislative nazionali per adeguare gli ordinamenti alla decisione sul mandato di cattura europeo. La risposta è stata chiara: su 15, tre paesi avranno realizzato entro dicembre le misure necessarie, altri quattro paesi hanno indicato la necessità di un tempo ulteriore di tre o quattro mesi, gli altri otto paesi sono ancora più indietro. «E' ovvio ... che lei non chieda [non solo] alla Presidenza italiana ma a nessuna presidenza di sostituirsi alla voce sovrana dei parlamenti nazionali», ha detto rivolgendosi al deputato socialista. L'oratore ha concluso aggiungendo un riferimento alle radici giudaico-cristiane dell'Europa. Pasqualina NAPOLETANO (PSE, I) ha rilevato che è la seconda volta, in poco tempo, che il metodo intergovernativo fallisce, e questa volta avendo alle spalle una proposta largamente condivisa come quella elaborata dalla Convenzione. «Ciò che sconcerta di più è la mancanza di prospettiva che si evince dal laconico comunicato che passa la mano alla Presidenza irlandese». L'oratrice ha invitato il Presidente del Consiglio a soffermarsi nella sua replica sulle prospettive future, in vista delle elezioni europee e dell'allargamento. Facendo un bilancio del semestre, Napoletano ha affermato che in tema di politica estera nulla è stato tentato per un ruolo politico attivo dell'Unione europea e dell'ONU, si è mostrata freddezza nei confronti dell'iniziativa di Ginevra per la pace in Medio Oriente, sono stati disattesi impegni assunti, quali il recepimento del mandato di arresto e la moratoria sulla pena di morte. Pur salutando l'iniziativa sulla crescita, ha detto che non basterà, in quanto solo un governo economico potrebbe assicurare ripresa e qualità dell'economia europea. In merito alla libertà d'informazione, l'oratrice ha ricordato che proprio durante il semestre di Presidenza italiana il Parlamento europeo ha deciso di approfondire lo stato della libertà e del pluralismo dei media in Europa e, in particolare, in Italia. Ha poi fatto riferimento al rinvio alle Camere da parte del Presidente della Repubblica italiana del disegno di legge in materia. Ha concluso con la domanda: «Come descriverebbe il senso di questo semestre di Presidenza italiana?». A conclusione del dibattito, Silvio BERLUSCONI ha ringraziato tutti gli oratori intervenuti nel dibattito, che hanno in generale manifestato delusione perché nei 60 giorni di CIG non si è giunti a un risultato concreto, «che per la verità tutti avevano dipinto come un miracolo e che si sapeva da diverse settimane non si sarebbe potuto compiere». La delusione non deve però spingere a un atteggiamento pessimistico per il futuro. Recriminare non serve a nulla e non si è mai visto un pessimista raggiungere risultati concreti. D'altra parte, ha affermato il Presidente del Consiglio, non ci si deve dividere in Europa di «serie A» e di «serie B»: così, infatti, si raffredderebbe l'entusiasmo e la voglia di azione comune, constatata nei paesi che stanno per diventare membri dell'UE. Essi hanno una popolazione ad elevata scolarità, una forza lavoro giovane e rappresentano un grande mercato: bisogna fare di tutto perché la vecchia Europa sia ringiovanita dalla nuova. Quel che si è fatto in questo scorcio di semestre va rafforzato e mantenuto. Onde rassicurare su ciò che resta del lavoro della Convenzione e della CIG, Berlusconi ha letto la dichiarazione conclusiva approvata all'unanimità da tutti gli Stati membri, in base alla quale si riconoscono i significativi passi avanti compiuti ed è stato assunto l'impegno politico di non riaprire la discussione sui punti su cui prima non c'era accordo. Essi sono contenuti nella proposta presentata dalla Presidenza italiana dopo il Vertice di Napoli, arricchita dal documento sulla difesa europea. È questo il primo risultato concreto su cui lavorare per trovare un accordo sul metodo delle decisioni a maggioranza, fulcro del compromesso da raggiungere per un'Europa capace di decidere con tempestività, anche sulle questioni internazionali. Solo così l'Europa potrà essere protagonista mondiale con altre potenze e costituire un fattore decisivo per lo sviluppo del commercio e del benessere, nonché avere un ruolo decisivo per far crescere la democrazia ed esportare la libertà, primo bene che va garantito attraverso forme di governo democratico. Questo risultato potrà essere conseguito solo se l'Unione saprà darsi un modo di decidere che non sia quello dell'unanimità. Rispondendo alle critiche sul fatto che la Presidenza italiana non avesse in tasca formule compromissorie, Berlusconi ha detto che la Presidenza ha insistito nel proporre il sistema previsto dalla Convenzione (maggioranza pari al 50% degli Stati e al 60% della popolazione). Quando si è visto che ciò non era possibile, si è ripiegato su formule temporali proponendo di mantenere il Trattato di Nizza fino al 2014 oppure di sperimentare il Trattato di Nizza per quattro anni e decidere a maggioranza, alla fine del 2008, se mantenerlo, migliorarlo o passare a una nuova maggioranza o ancora trovare un altro sistema di voto. Tali proposte erano tese a dotare da subito l'Europa di un Trattato costituzionale, ma l'accordo non è stato possibile. Si è quindi deciso di rinviare, continuando la ricerca di un accordo che sarà trovato prossimamente, sotto Presidenza irlandese o olandese. La volontà di arrivare a un Trattato costituzionale per l'Europa era forte e tutti sentivano la responsabilità di una mancata decisione ma «se non siamo riusciti noi con la nostra pazienza e con il nostro modo di cercare una soluzione, nessuno avrebbe potuto riuscire». Berlusconi crede però che l'accordo si possa trovare e che tutti vogliano un metodo per il voto a maggioranza che sostituisca l'unanimità, anche se la questione è difficile perché il voto a maggioranza significa che gli Stati rinunciano alla propria sovranità su molte materie. Il risultato dovrà comunque essere soggetto a referendum. Il lavoro di questi 60 giorni, ha concluso, è stato fruttuoso e i risultati restano validi: alla fine la soluzione si troverà affinché l'Europa sia dotata di istituzioni e di un metodo di lavoro che le consentano di svolgere un ruolo importante per il benessere, la libertà e la democrazia nel mondo. Prima della replica di Romano Prodi, Monica FRASSONI (Verdi/ALE, B) ha chiesto al Presidente della Commissione spiegazioni sulla dottrina dell'Esecutivo in merito al Protocollo di Kyoto, dichiarato morto dalla commissario De Palacio. In fase di replica, Romano PRODI ha immediatamente risposto sul Protocollo di Kyoto, affermando che la volontà della Commissione è di continuare a lavorare con la Russia e con gli altri paesi che non hanno ancora ratificato per arrivare alla ratifica e assicurando che anche Ana de Palacio è impegnata in questa direzione. Ha ringraziato poi i deputati perché il dibattito è stato più proiettato verso il futuro che non verso le recriminazioni del passato o per incolpare gli uni o gli altri. Ha insistito su di un punto, ammonendo i deputati sul fatto che non si può qualificare «troppo rapidamente come acquis proposte sulle quali ancora non c'è un accordo». Ha chiesto di non farsi illusioni, in quanto il consenso in realtà non c'è, tra l'altro un alto numero di decisioni tornerebbero all'unanimità peggiorando non solo il testo della Convenzione ma anche il trattato di Nizza. «È' altresì chiaro che nulla è accettato finché tutto non è accettato e che le condizioni per l'accettazione dipenderanno dal nostro futuro. Quindi non buttiamo via nulla del grande lavoro fatto ma riconosciamo apertamente i problemi esistenti». Il testo della Convenzione rimane il costante riferimento per la Commissione. |
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