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<<Sommario | ||
RESOCONTO
13 - 16 settembre 2004 Strasburgo |
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Sommario Codici delle procedure parlamentari, Abbreviazioni Deputati al Parlamento europeo Dichiarazioni Relazioni
esterne Sviluppo
e Cooperazione Diritti
dell’uomo Allargamento Bilancio Affari
costituzionali Trasporti Ambiente Pesca Giustizia
e Affari interni |
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Codici delle procedure parlamentari
Abbreviazioni - Gruppi politici: vedere pagina seguente
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Deputati al Parlamento europeo Situazione al 16.09.2004 |
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Deputati
entranti: Gruppi politici
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Il Presidente è tornato sul tema del terrorismo nel corso dell'allocuzione, sottolineando la necessità di onorare le vittime di tutti gli attacchi terroristici, in particolare quelle dell'11 settembre 2001 a New York e quelle dell'11 marzo 2004 a Madrid. Egli ha poi rivolto un nuovo appello ai sequestratori delle due volontarie italiane Simona Pari e Simona Torretta, che si sono distinte per il loro impegno umanitario a favore dei bambini iracheni. Il Presidente ha fatto altrettanto per i due giornalisti francesi, Georges Malbrunot e Christian Chesnot. Il Presidente ha infine voluto ricordare il patriarca ortodosso Pietro VII, perito lo scorso 11 settembre insieme ad altre 16 persone nel corso di un incidente di elicottero. |
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Un Parlamento protagonista di un nuovo «sogno europeo» |
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José BORRELL ha presentato le priorità dell'agenda di lavoro del Parlamento europeo per la prima metà della legislatura. Egli ha espresso l'orgoglio di appartenere alla più grande istituzione parlamentare multinazionale, «sede di dibattiti e decisioni che incidono sulla vita quotidiana di tutti gli europei, benché molti non ne siano coscienti». Si tratta di un Parlamento che si esprime in 20 lingue ufficiali: sono molte, «ma non rappresentano ancora l'intera diversità linguistica dell'Europa», ha detto. In merito al terrorismo, il Presidente ha ricordato di aver trascorso gli ultimi giorni dell'estate emettendo comunicati di condanna degli attentati e azioni terroriste che hanno colpito varie parti del mondo. Quest'istituzione condanna tutte le azioni terroriste in quanto il terrore contraddice i valori sui quali si basa l'Unione; al tempo stesso, i cittadini sperano che l'unità europea costituisca un mezzo per lottare più efficacemente contro tale minaccia, ha affermato. Le cause del terrorismo non potranno essere sradicate con il semplice uso della forza, vendicandoci su altri bambini e creando così un escalation insopportabile di violenza, ha detto il Presidente, che ha sottolineato come questa battaglia non possa essere concepita come una guerra convenzionale. Egli si è poi soffermato sul tema della delocalizzazione delle attività produttive. Il dibattito che ne è scaturito è di grande interesse per gli europei, «che sperano nell'"Europa come soluzione" e non nell'"Europa come problema"». Per questo esso dovrà essere molto presente nei lavori del Parlamento. La nostra prima responsabilità consiste comunque nel garantire il funzionamento del Parlamento ampliato, ha affermato Borrell, ricordando che presiederà un gruppo di lavoro su questo argomento. Riguardo lo statuto dei deputati, egli ha incontrato lo scorso 8 settembre il Presidente del Consiglio Balkenende, il quale si metterà in contatto con gli Stati membri che si sono opposti alla proposta del Parlamento, per conoscere le loro alternative in merito. L'oratore ha ricordato che il Parlamento non è mai stato informato sulle ragioni del rifiuto della proposta. In merito al regime linguistico, le modalità di applicazione sono state fissate dal Codice di condotta sul multilinguismo. Il Presidente ha rivolto un appello agli uffici di Presidenza delle commissioni e ai coordinatori affinché collaborino alla sua applicazione, tenendo presente le limitate risorse di interpretazione e traduzione. Per quanto concerne il desiderio di alcuni deputati di utilizzare la loro lingua benché non sia attualmente una lingua ufficiale dell'Unione, egli ha ricordato che ogni modifica del regime linguistico dipende da una decisione unanime del Consiglio. Un compito fondamentale della Presidenza del Parlamento sarà poi quello di dare l'impulso al dibattito sulla ratifica del Trattato costituzionale, la cui entrata in vigore è stata fissata al 1° novembre 2006. Il Parlamento adotterà, entro la fine dell'anno, una relazione di Richard CORBETT (PSE, UK) e di Íñigo MÉNDEZ DE VIGO (PPE/DE, ES) in merito. L'istituzione dovrà divenire una grande «Agora» che accolga un dibattito aperto, pluralista e democratico, ha detto l'oratore, che ha auspicato la realizzazione, da qui a dicembre, di tre o quattro dibattiti sui grandi temi del progetto di Costituzione, aperti a tutti i deputati. La commissione affari costituzionali è stata invitata a presentare proposte in questo senso. Il Presidente, riferendosi al processo di ratifica, ha esclamato «Magari fosse stato concepito in modo più paneuropeo!» e ha detto che il Parlamento si deve sforzare di «europeizzare il dibattito». Egli ha ricordato che presiederà un gruppo di lavoro sugli aspetti della comunicazione legati alla Costituzione. Riguardo la procedura di approvazione della Commissione, l'oratore ha affermato che essa non sarà soltanto un'occasione formale, ma permetterà di conoscere i grandi orientamenti del lavoro del futuro Esecutivo, le capacità dei suoi membri e le risposte su vari temi: il terrorismo; il modello sociale europeo; il Patto di stabilità; l'ambiente; la concentrazione dei mezzi di comunicazione; le relazioni esterne e con il mondo islamico nonché il processo di Barcellona; le relazioni col Parlamento e con l'Alto Rappresentate per la politica estera. Allorché il Presidente della Commissione si sarà insediato, il Presidente del Parlamento gli chiederà di incontrarsi regolarmente con i Presidenti dei gruppi politici e formulerà analoga richiesta all'Alto Rappresentate per la politica estera. Per quanto riguarda la Turchia, il 23 settembre la Conferenza dei Presidenti riceverà il Primo Ministro turco Erdogan. Benché il Parlamento non possa formalmente decidere dell'apertura dei negoziati di adesione, esso adotterà un parere prima del Consiglio europeo di dicembre che deciderà in merito. Le relazioni in generale con il modo islamico costituiscono un'importante sfida per il futuro. «Qualunque sia la nostra decisione, è nostra responsabilità dimostrare al mondo musulmano che non tracciamo le nostre frontiere secondo la logica dello scontro di civiltà che alcuni sono impegnati a provocare», ha detto. Il Presidente ha sottolineato il compito importante che attende il Parlamento in merito alle prospettive finanziarie. Egli ha proposto la creazione di una commissione temporanea ad hoc per iniziare il dibattito su questo tema e ha ricordato che l'istituzione elaborerà, prima del Consiglio di dicembre, una prima presa di posizione. Le prospettive finanziarie si inseriscono nel quadro della strategia di Lisbona, i cui obiettivi sono lungi dall'essere conseguiti, ha detto. Il Parlamento organizzerà un'audizione con Wim Kok, che presiede un gruppo di lavoro sulla suddetta strategia. Nonostante le competenze dell'istituzione in merito siano limitate, secondo l'oratore essa dovrebbe costituire la sede del dibattito, associando al tempo stesso i parlamenti nazionali. Il Presidente ha terminato la sua allocuzione riferendosi al nuovo «sogno europeo» che potrebbe essere incarnato da un'Europa con un ideale di civiltà che combatta l'intolleranza, specialmente quella religiosa, il rifiuto degli immigrati e lo scontro etnico. Il Parlamento avrebbe il ruolo di mobilitare i popoli e le società europee per realizzare questo sogno. |
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Interventi a nome dei Gruppi politici | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Hans-Gert POETTERING (PPE/DE, DE) ha deplorato l'assenza del Consiglio (la Commissione era invece presente con la sua vicepresidente), circostanza che si era già verificata in occasione della presentazione del programma strategico della Commissione. Il PPE ha elaborato un catalogo di 10 punti su cosa ci si attende dalla Commissione europea: tra le richieste presentate, figura quella che l'Esecutivo si consulti con il Parlamento al momento di formulare il proprio programma strategico, che venga rispettato il principio di sussidiarietà allorché vengono presentate delle proposte legislative e che si rafforzi la lotta alla burocrazia in Europa. Per quanto concerne la questione del REACH, l'oratore ha ricordato come occorra operare affinché i posti di lavori vengano creati e non persi, nel quadro di un rapporto equilibrato tra ecologia ed economia. Non c'è alcuna giustificazione al terrorismo ed è nostro dovere combatterlo, ha detto il rappresentante dei popolari, che però ha ravvisato come occorra evitare di cedere sui diritti umani, in quanto la vita di un europeo ha lo stesso valore di quella di un palestinese, la vita di un cittadino USA ha lo stesso valore di quella di un ceceno, la vita di un islamico ha lo stesso valore di quella di un cristiano o di chi professa un'altra religione. Il Parlamento deve vegliare affinché, nel quadro di questa lotta al terrorismo, vengano garantiti in tutto il mondo la dignità e la vita dei cittadini. Per quanto concerne lo statuto dei deputati, la palla passa ora nel campo del Consiglio, ha detto l'oratore, che ha aggiunto: «se il Consiglio non vuole andare avanti, lo dica». Martin SCHULZ (PSE, DE) ha ringraziato il Presidente, in particolare per avere menzionato dei temi ritenuti essenziali dal gruppo socialista. Molto gradito è stato il riferimento al concetto della «duplice legittimità» dell'Unione che vede protagonista anche il Parlamento europeo. La Costituzione, ha proseguito, parla di un'unione di Stati e di popoli e questa diversità è rappresentata anche in Aula. Una diversità che si esplicita anche nel regime linguistico del Parlamento europeo che, a suo parere, non deve essere considerato un problema bensì un elemento importante della democrazia. Il leader socialista ha poi apprezzato molto quanto affermato dal Presidente in materia di terrorismo e, in particolare, che esso non può essere combattuto solo con la guerra e la violenza. Facendo implicito riferimento a quanto sta accadendo in Iraq, ha poi aggiunto che tale approccio, lungi dall'avere portato alla stabilità e alla democrazia, ha invece provocato un aumento del terrorismo. Secondo l'oratore, invece, sono necessari il dialogo e la reciproca comprensione. Riguardo all'adesione della Turchia, il deputato ha ammesso che vi sono ampie divergenze di vedute tra i membri del Parlamento e in seno agli stessi gruppi politici, compreso il suo. L'importante, ha però sottolineato, è che l'affidabilità delle dichiarazioni deve essere alla base dell'azione europea perciò le promesse fatte per 40 anni alla Turchia vanno mantenute. Questo Paese, ha aggiunto, ha fatto più progressi negli ultimi tre anni in cui l'adesione si concretizzava che nei 40 precedenti. L'oratore auspica quindi che la relazione della Commissione saprà essere imparziale. In merito alle audizioni dei nuovi commissari, secondo il deputato si deve fare in modo che i temi della competitività, della concorrenza e della coesione sociale siano trattati su un piede di parità e, in tale ambito, il suo gruppo sarà uno strenuo difensore del modello sociale europeo. Inoltre, ha tenuto a precisare che la valutazione dei singoli commissari sarà effettuata esclusivamente su base politica e non sul loro passato, affinché le audizioni non diventino uno strumento di «lotta ideologica». Graham R. WATSON (ALDE/ADLE, UK) ha affermato che il Parlamento ha il particolare compito di difendere i diritti dei cittadini dell'Unione, talvolta persino dagli abusi degli stessi Stati membri: è il caso dei nove milioni di Rom, dei cittadini di Cipro o di quelli di Gibilterra, rappresentati per la prima volta in seno al Parlamento dall'oratore stesso. Il rappresentante dell'ALDE/ADLE ha annunciato il sostegno del suo gruppo alla riforma del Parlamento e alla ratifica del Trattato costituzionale, dicendo al Presidente: «rinnovi il suo programma di frequent flyer: l'Europa non ha mai avuto un prodotto così importante da vendere». Monica FRASSONI (Verdi/ALE, IT), nell'apprezzare l'approccio aperto e positivo dell'intervento del Presidente e la lunga lista di priorità delineata, ha sottolineato come «la sfida più importante che questo Parlamento ha di fronte è quella di battere l'euroscetticismo e dimostrare che noi non siamo superflui». L'obiettivo essendo che, nel 2009, non il 40 per cento ma l'80 o il 90 per cento dei cittadini partecipino alle elezioni. Al di là delle differenze politiche e per resistere alla deriva già oggi visibile in Parlamento «che lo rende una sorta di appendice del Consiglio dove i gruppi parlamentari sono sempre di più un'espressione del rapporto di forza fra diverse delegazioni nazionali invece che soggetti politici autonomi e realmente europei», ha affermato la rappresentante dei Verdi, questo Parlamento «deve fare leggi migliori, deve dimostrare con i fatti che è possibile fare democrazia a livello sovranazionale e renderla visibile ai cittadini, deve rappresentare un occhio della comunità internazionale in materie che non ammettono ipocrisia e doppi standard come la difesa dei diritti umani e le decisioni sulla pace e sulla guerra». Per quanto riguarda il ruolo di colegislatore, la deputata ha voluto ricordare che il Parlamento europeo ha dovuto battersi duramente per vedere i suoi poteri rispettati da parte del Consiglio e della Commissione. A tale proposito, ha aggiunto, rimangono ancora almeno quattro questioni aperte che il Presidente dovrebbe mettere al più presto in agenda del trilogo con le altre istituzioni:
Nell'approfondire alcune di tali questioni, la deputata ha quindi voluto ribadire la sua contrarietà «a legislazioni affrettate e spinte nella prima lettura», nonché ad «accordi soltanto fra grandi gruppi sulla legislazione». Occorre invece ricorrere ad «un utilizzo più sistematico, più politico, più efficace del potere di iniziativa legislativa». In merito al dibattito sulla ratifica del Trattato costituzionale, ha poi aggiunto che non si deve cadere nell'errore di fare propaganda escludendo coloro i quali non pensano che questo Trattato «sia la risposta migliore all'Europa di domani», bisogna al contrario «conquistare anche loro cercando di convincerli». Il Parlamento europeo, infine, deve agire come «occhio della comunità internazionale» e, in tale contesto, il ristabilimento della sottocommissione dei diritti umani «può tornare a fare di questo Parlamento un luogo dove concretamente ci si batte e si ottengono risultati sui diritti dell'uomo della persona e non quel forum velleitario e declamatorio che in questi ultimi anni era diventato». Francis WURTZ (GUE/NGL, FR) riconoscendosi in gran parte della dichiarazione del Presidente, ha posto innanzi tutto l'accento sul problema delle delocalizzazioni, che suscita «profonda preoccupazione» nel suo gruppo. In particolare, ha fatto riferimento alla liberalizzazione dei servizi - la cosiddetta «direttiva Bolkenstein» - che prevede di sostituire l'attuale principio del paese di accoglienza con quello del paese d'origine e che definisce «una macchina di dumping sociale». Il deputato ha poi espresso l'auspicio di disporre in tempo delle misure ipotizzate nel quadro di Tampere II. Riguardo alla valutazione di metà percorso dell'Agenda di Lisbona, egli ritiene urgente occuparsene sin da ora senza aspettare marzo 2005. Il dibattito, a suo parere, deve iniziare subito sulla base dell'esperienza maturata negli ultimi quattro anni. Oltre al lavoro legislativo, egli reputa che vi siano un certo numero di sfide di cui dovrebbe occuparsi il Parlamento per sensibilizzare il Consiglio europeo sul ruolo mondiale dell'Unione europea che si intende difendere: la lotta al terrorismo e a favore della sicurezza internazionale, il rapporto con i paesi del Sud del Mediterraneo, il riscaldamento climatico, la concentrazione dei media. Vi sono poi altre questioni cui non ha accennato il Presidente come la mobilitazione contro le piaghe dell'AIDS, della tubercolosi e della malaria che hanno causato milioni di morti lo scorso anno. In merito alla Costituzione, il Parlamento dovrà organizzare un dibattito aperto e pluralista che associ anche gli attori sociali, senza limitarsi a interlocutori istituzionali. Esso dovrà toccare temi che riguardano direttamente i cittadini: le politiche dell'Unione e il suo funzionamento. Jens-Peter BONDE (IND/DEM, DK) ha sottolineato come il Presidente rappresenti tutti i deputati, indipendentemente da quello che pensano sulla Costituzione. Dicendosi certo che il Parlamento approverà il Trattato costituzionale, il deputato ha affermato che certamente i suoi poteri aumenteranno. Tuttavia, ha aggiunto, si pone un problema democratico in quanto i parlamenti nazionali perderanno più competenze di quante si aggiungeranno a quelle del Parlamento europeo. Auspicando che altri paesi, oltre ai dieci che lo hanno già annunciato, ricorreranno al referendum, il deputato sostiene che sia incomprensibile togliere potere ai cittadini senza chiedere loro se sono d'accordo. Nell'accennare, infine, alla strategia di comunicazione sulla ratifica della Costituzione, l'oratore ha affermato che l'unico compito delle Istituzioni europee era di presentare la proposta nelle diverse lingue e in edizioni comprensibili. Visto che né il Consiglio né la Commissione lo hanno fatto, spetterebbe al Parlamento esercitare tale compito, esponendo inoltre le posizioni dei diversi gruppi politici. Brian CROWLEY (UEN, IE), riferendosi alla tragedia di Beslan, ha sottolineato che, in virtù dell'autorità morale di cui il Parlamento dispone, esso deve rappresentare un faro di speranza per tutti quelli che vogliono esprimere il loro punto di vista. Nei prossimi cinque anni, ha detto l'oratore, dobbiamo cercare di garantire il rispetto e la tolleranza delle varie opinioni. Inoltre, in particolari circostanze, dovrebbe essere permesso ai deputati che vogliono esprimersi nella loro lingua non ufficiale di poterlo fare, a condizione che essi forniscano una traduzione ai servizi competenti prima di pronunciare il loro discorso. L'oratore ha concluso il proprio intervento raccomandando il rispetto dei diritti dei singoli deputati sulla base del regolamento interno del Parlamento: se così non sarà, allora non potremo invocare rispetto per questa istituzione all'esterno, ha detto. Irena BELOHORSKÁ (NI, SK) ha insistito sulle discriminazioni cui sono oggetto i deputati non iscritti ad un gruppo politico in termini di personale, multilinguismo e finanziamenti. |
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Il Parlamento condanna tutti gli attacchi terroristici e chiede la liberazione degli ostaggi |
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Dichiarazioni del Consiglio e della Commissione - Situazione in Iraq Dibattito: 15.09.2004 Votazione: 16.09.2004 & Risoluzione comune sulla situazione in Iraq Doc.: B6-0028/2004 Procedura: Risoluzione comune Dibattito: 15.09.2004 Votazione: 16.09.2004 Votazione Con 533 voti favorevoli, 43 contrari e 26 astensioni, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulla situazione in Iraq. I deputati condannano fermamente «tutti gli attacchi terroristici indiscriminati contro civili, minoranze religiose, forze di polizia e soldati della forza multinazionale, la presa di ostaggi come giornalisti e personale delle ONG e gli atroci omicidi che sono stati commessi». Essi rappresentano altrettanti tentativi di «indebolire, mediante il ricorso alla violenza, la determinazione del governo iracheno e della comunità internazionale ad andare avanti con il processo democratico». L'Aula condanna in particolare «con la massima fermezza» il rapimento di Simona Torretta e Simona Pari nonché dei giornalisti francesi Christian Chesnot e George Malbrunot e quello del cittadino britannico avvenuto stamattina - quest'ultimo sulla base di un emendamento orale di Antonio TAJANI (PPE/DE, IT) - chiedendo «la loro liberazione incondizionata e immediata, oltre a quella di tutti gli altri ostaggi a prescindere dalla loro origine nazionale». I deputati hanno anche chiesto la restituzione della salma di Enzo Baldoni. Essi hanno mostrato apprezzamento per le numerose espressioni di solidarietà da parte di cittadini iracheni e del mondo islamico nei confronti degli ostaggi. Il Parlamento invita il Consiglio, l'Alto Rappresentante della PESC e la Commissione, «in cooperazione con gli Stati membri interessati», ad adottare iniziative immediate e concrete per la liberazione degli ostaggi. Le autorità irachene e tutte le autorità religiose sono invitate «a condannare fermamente, chiaramente e inequivocabilmente ogni forma di terrorismo». L'Iraq deve essere reintegrato nella comunità internazionale come partner sovrano, indipendente e democratico. L'Aula chiede che le elezioni per l'Assemblea nazionale transitoria, previste per il gennaio 2005, siano libere e giuste e sia garantita la piena partecipazione delle donne. Il Parlamento sostiene la proposta della Commissione europea di stanziare 200 milioni di euro per la ricostruzione dell'Iraq nel 2005. Il Consiglio è invitato ad utilizzare lo strumento di flessibilità per realizzare tale impegno, senza ridurre le spese relative agli altri settori dell'azione esterna dell'Unione. L'Aula ha respinto a grande maggioranza gli emendamenti presentati dal gruppo GUE/NGL che chiedevano «l'immediato ritiro delle forze di occupazione straniere» e che consideravano l'occupazione del Paese illegale in quanto «in completa violazione del diritto internazionale». Per ulteriori informazioni: Marjory van den Broeke (Bruxelles) Tel.(32-2) 28 44304 e-mail : foreign-press@europarl.eu.int |
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Dibattito Dichiarazione del Consiglio Bernard BOT ha sottolineato come l'Iraq costituisca un argomento del quale gli europei si occupano da tempo e che li ha anche divisi. Il mese di giugno è stato fondamentale per questo Paese, ha detto, facendo riferimento alla risoluzione dell'ONU, alla fine dell'occupazione temporanea del Paese, al ripristino della sua sovranità, all'entrata in vigore del Governo di Iyad Allawi. Il mese di giugno ha finalmente posto termine alle divisioni tra gli Stati membri, come dimostrano le conclusioni dell'ultimo Consiglio dei Ministri degli Affari esteri che ha appoggiato le conclusioni del documento «L'UE e l'Iraq: un quadro per l'impegno», ha rilevato l'oratore. L'UE sta avviando un dialogo con le autorità irachene, che ha già avuto inizio, impegnandosi al tempo stesso per la ricostruzione del Paese e per la ripresa della sua vita politica interna. Nonostante le difficoltà, le prime riunioni delle assemblee irachene sono state un successo, in particolare quelle del Consiglio nazionale, organo fondamentale per la preparazione delle elezioni previste per il gennaio 2005, ha affermato. Accanto agli elementi positivi, il rappresentante della Presidenza olandese ha richiamato una serie di situazioni negative: gli ostaggi, tra cui alcuni cittadini comunitari; gli iracheni vittime della violenza, in particolare coloro i quali si adoperano per la ricostruzione dell'Iraq; gli attentati agli oleodotti; il fatto che l'intera popolazione, in varie parti del Paese, sia ostaggio della violenza. A questo proposito, egli ha ricordato come la sicurezza costituisca una condizione indispensabile per la ricostruzione. L'oratore ha incontrato il Presidente dell'Iraq, il Primo Ministro, il Ministro degli Affari esteri ed esponenti dell'ONU. Tutti gli iracheni sono stati concordi nella necessità che l'Unione aumenti la propria visibilità nel Paese, istituendo ad esempio una propria rappresentanza. Egli dal canto suo ha espresso preoccupazione in merito all'applicazione della pena di morte ed ha offerto la partecipazione dell'Unione alla prossima conferenza dei Paesi confinanti. I rappresentanti dell'ONU hanno affermato che il sostegno dell'UE è importante, specie in vista della preparazione delle elezioni, ha detto. L'oratore si è poi soffermato sulla recente missione esplorativa in Iraq, che ha incontrato tra gli altri rappresentanti iracheni, USA, ONU e della commissione elettorale. Il risultato della missione si è concretizzato in una serie di proposte di attività: la formazione della polizia, dei giudici e in generale sui diritti umani; l'assistenza tecnica per il sistema giudiziario nonché per la formazione di esperti in medicina forense; il sostegno alle strutture democratiche della società, all'osservazione elettorale, alle operazioni di disarmo. Egli ha concluso il suo intervento ricordando di aver invitato il Primo Ministro iracheno Iyad Allawi al Consiglio europeo del 5 novembre. Dichiarazione della Commissione Chris PATTEN ha esordito ricordando che negli ultimi cinque anni ha avuto la fortuna di partecipare a decine di dibattiti in Aula sulla politica estera e, a tale proposito, ha ringraziato i deputati per la cortesia dimostrategli. Nell'affermare l'importanza di stabilire radici democratiche per la politica estera («non è un settore da lasciare agli esperti diplomatici»), ha quindi espresso apprezzamento per il ruolo svolto dal Parlamento nello sviluppo di una politica estera europea. Ricordando che non vi è politica estera se i grandi paesi sono divisi, egli ha quindi sostenuto che il conflitto in Iraq rappresenta un caso emblematico. Dopo aver ricordato la recrudescenza del terrorismo, il commissario ha affermato che il mondo, dopo la guerra in Iraq, non è necessariamente più sicuro e che non siamo per forza più vicini alla costruzione di ponti tra Occidente e Islam. Le prossime elezioni vedono l'Unione europea «dentro fino al collo» e se le cose andassero male «pagheremo tutti le conseguenze», ha detto. Pertanto si deve lavorare tutti assieme per sostenere questo progetto democratico. L'impegno dell'Unione in Iraq si è concretizzato con lo stanziamento di 200 milioni di euro che sono serviti soprattutto per la riattivazione dei servizi pubblici essenziali (sanità, istruzione, acqua), alleviare la povertà e aiutare lo sviluppo della governance e della società civile. La scelta di usare un fondo multilaterale, ha proseguito, è stata «vincente», anche alla luce del migliore tasso di spesa rispetto alle altre iniziative bilaterali. L'importo stanziato, ha tenuto a precisare, è stato realistico se si considera che gli USA hanno deciso di stornare a favore di misure di sicurezza parte dei fondi inizialmente destinati alla ricostruzione. Affermando quindi che l'impegno dell'Unione nei prossimi mesi si concentrerà sul processo elettorale, il commissario ha sostenuto a tale proposito che non si potrà ricorrere a una missione di osservazione tradizionale. Si dovrà quindi trovare il modo di partecipare all'assistenza e, nel lungo termine, come aprire una rappresentanza della Commissione. «Lavoreremo per un futuro migliore in Iraq, nonostante le dispute passate», ha detto. Il commissario ha poi affrontato il tema delle relazioni tra l'Europa e gli USA. Ha quindi osservato che anche i Paesi europei che hanno accompagnato gli americani forse non sono molto soddisfatti delle conseguenze, se non altro perché i loro militari sono considerati «truppe di occupazione». Ora, ha aggiunto, in parte a causa del fallimento dei neoconservatori americani nella missione di stabilire «un impero della pace», il multilateralismo sembra essere tornato di moda, ma si tratta di vedere come sarà considerato il ruolo degli alleati e delle Istituzioni multilaterali in tale contesto. Gli alleati sono tali per essere d'aiuto, non per essere comandati, ha affermato. Riguardo alle elezioni negli USA, ha sostenuto che qualunque sia il vincitore, l'Europa dovrà intendersi con l'America. Il commissario ha poi concluso asserendo che è nell'interesse della superpotenza avere al suo fianco degli alleati forti. Tuttavia, ha concluso, troppi europei pensano che criticare gli USA significhi avere una politica comune europea e ha auspicato che l'Unione diventi un «super partner rispettato - non un super denigratore - di un leader globale rispettato», altrimenti ci aspetta un futuro più rischioso. Interventi a nome dei gruppi politici José Ignacio SALAFRANCA SÁNCHEZ-NEYRA (PPE/DE, ES) ha detto che la priorità immediata e non rinviabile relativa all'Iraq è costituita dalla liberazione dei giornalisti francesi, Georges Malbrunot e Christian Chesnot, nonché delle due cooperanti italiane Simona Pari e Simona Torretta. Egli ha rilevato che se il Consiglio annovera queste situazioni tra le triste notizie e afferma che la migliore cosa è non fare nulla, questo non è altro che un segnale di impotenza. L'oratore ha stigmatizzato il fatto che il Consiglio abbia deciso di non mobilitare, in prima lettura, lo strumento di flessibilità per finanziare la priorità Iraq, andando contro la posizione della Commissione e del Parlamento. Il rappresentante dei popolari, riferendosi alla giornata di lutto ieri a Baghdad, ha chiesto di non essere indifferenti ma piuttosto uniti, sostenendo tutti insieme la risoluzione dell'Iraq che verrà votata giovedì. Egli ha concluso il suo intervento ringraziando Chris Patten per la disponibilità mostrata nei confronti del Parlamento nel corso del suo mandato di commissario. Massimo D'ALEMA (PSE, IT) ha affermato che nel momento in cui si discute delle prospettive dell'Iraq «siamo sotto l'emozione, abbiamo negli occhi le immagini che giungono da quel paese: sono immagini di guerra, di una guerra che sembra infinita, di un conflitto che non lascia spazio per facili ottimismi». Nello stesso tempo, ha proseguito, si avverte l'angoscia per gli ostaggi, «questa forma odiosa di violenza e di ricatto». A tale proposito, secondo l'oratore, la comunità internazionale deve essere unita per la salvezza di queste persone, dei giornalisti e dei volontari e dei cittadini iracheni e di altri paesi. Deve pertanto essere lanciato un appello al mondo arabo e islamico perché si isoli il terrorismo e si riduca il consenso intorno a queste forme di violenza. Nello stesso tempo è necessario rivolgere un appello al governo provvisorio iracheno e alle forze della coalizione internazionale perché gli sforzi per la liberazione degli ostaggi non trovino ostacoli: «perché si sospendano le operazioni militari, i bombardamenti, che tante vittime civili provocano nelle città irachene e che certo non aiutano a creare il clima utile per un negoziato che salvi la vita delle persone prigioniere». L'oratore ha poi affermato che per uscire dalla crisi occorre imprimere una svolta politica in Iraq e, più in generale, nella lotta contro il terrorismo. «La guerra, l'occupazione militare dell'Iraq», ha proseguito, «si sono rivelate un tragico errore che, anziché arginare il terrore, lo ha reso più forte e più pericoloso, ha esteso l'odio verso l'occidente in tutto il mondo islamico e rischia di precipitare il mondo in uno scontro di civiltà che è il terreno più favorevole per il fondamentalismo». Dall'Iraq alla Cecenia alla Palestina, «la logica della guerra della repressione brutale della negazione dei diritti umani e dei diritti dei popoli ha aiutato il terrorismo», ha detto. Ciò, secondo l'oratore, «non significa rinunciare all'uso della forza, ma ristabilire un primato della politica e del diritto internazionale». Ciò che il deputato rimprovera ai conservatori americani non è di avere lottato contro il terrorismo, al contrario, bensì di avere condotto questa lotta in modo sbagliato «accrescendo l'insicurezza del mondo». Bisogna quindi tornare al multilateralismo, ha aggiunto, bisogna prendere atto che la pacificazione dell'Iraq passa attraverso scelte molto nette e coraggiose ed è difficile che la presenza delle forze armate americane in quel paese possa contribuire alla pacificazione «essendo evidente che chi ha voluto e condotto la guerra con la sua presenza attrae terrorismo anziché creare serenità». Di conseguenza, il rappresentante dei socialisti ha affermato che, in coincidenza con le elezioni, si dovrà provvedere ad un ritiro di queste forze e ad una loro sostituzione da parte di forze di paesi non coinvolti nel conflitto, sotto l'egida dell'ONU. Prima di ringraziare il commissario per le sue parole, ha quindi concluso, che occorre tornare alla politica, al multilateralismo, al diritto internazionale, sostenendo che «questo è il sentimento dell'Europa, questo è il sentimento del Parlamento e abbiamo bisogno di istituzioni forti in grado di tradurre questo sentimento in un'azione politica coerente e non soltanto in un appello». Graham R. WATSON (ALDE/ADLE, UK) ha aperto il suo intervento ringraziando il commissario Patten per la disponibilità ad affrontare il dibattito in Plenaria mostrata nel corso del suo mandato. L'oratore ha sottolineato il dovere di responsabilità nei confronti dell'Iraq, che impone di non stare a chiedersi a chi attribuire la colpa della situazione. Egli ha chiesto di fermare la violenza in Iraq, in quanto essa rischia di travolgere il resto della regione e ha stigmatizzato il comportamento delle forze armate degli Stati Uniti, che hanno risposto con la violenza alla violenza, contribuendo così a generare ulteriore risentimento da parte della popolazione irachena. Il rappresentante dell'ALDE/ADLE ha sottolineato come la comunità internazionale debba offrire tutta l'assistenza possibile all'Iraq sulla base della risoluzione ONU. Egli è d'accordo sullo stanziamento di 200 milioni di euro per l'assistenza umanitaria al Paese, ma ritiene che occorra ulteriore assistenza alla società civile, ai giudici, alla polizia, alle ONG, ai sindacati, ai partiti politici. Angelika BEER (Verdi/ALE, DE) ha innanzi tutto voluto ringraziare sentitamente il Commissario Patten per le sue parole. L'interesse primario dell'Unione, ha quindi affermato, è di raggiungere la pace in tutta la regione attraverso una politica estera coerente. Negli ultimi mesi, ha deplorato, si assiste ad una violenza senza limiti: attacchi preventivi, Guantanamo, la prigione di Abu Grahib, attentati terroristici e prese di ostaggi. Una violenza che «condanniamo e che iscriviamo nella Costituzione europea». La stampa internazionale, nel trattare l'attentato di ieri che ha causato più di sessanta morti, ha evidenziato le divisioni del mondo politico. Bisogna quindi trovare una soluzione e assumersi le proprie responsabilità per avere maggiore credibilità: va condannato tutto quello che è da condannare e garantire lo svolgimento democratico delle elezioni. Vittorio Emanuele AGNOLETTO ha detto che l'obiettivo primo che abbiamo tutti quanti è quello di fare il possibile per la salvezza di tutti gli ostaggi. Egli si è chiesto tuttavia: «con quale faccia si chiede giustamente il rispetto dei diritti umani, di salvare le vite quando poi degli eserciti Paesi che siedono in quest'emiciclo continuano a bombardare, a provocare morti civili?». L'oratore ha chiesto la sospensione dei bombardamenti, accogliendo l'appello delle ONG. «Terrorismo e guerra sono uno speculare all'altro, si alimentano a vicenda» e costituiscono l'autentico nemico del pacifismo e dell'associazionismo che lavora in Iraq per costruire una società nuova, ha detto. Egli ha denunciato il fatto che c'è un interesse convergente affinché le ONG abbandonino l'Iraq. L'oratore ha denunciato inoltre il fatto che il Consiglio non ha condannato la guerra preventiva e ha chiesto l'immediato ritiro delle truppe, annunciando che, se non saranno accettati gli emendamenti del gruppo contro la guerra e per il ritiro delle truppe, il suo voto sulla risoluzione sarà contrario. Bastiaan BELDER (IND/DEM, NL) ha affermato che in Iraq è necessaria una presenza europea costruttiva, nonché una presa di posizione forte da parte di tutti i membri dell'Unione. L'Iraq, ha proseguito, deve poter iniziare una ricostruzione valida sia a nord che a sud e gli Stati membri dell'UE non possono permettere che la situazione continui. La comunità locale deve poter contribuire alla ricostruzione federale per l'integrità territoriale del paese e, ha concluso, «ci sono delle ottime possibilità per dimostrare un impegno europeo volto a garantire la stabilità regionale locale in Iraq». Roberta ANGELILLI (UEN, IT) ha rilevato «la sostanziale inadeguatezza dell'Europa» di fronte ai fatti tragici della crisi internazionale, dell'emergenza terrorismo e della situazione in Iraq. «Caro Commissario, se c'è troppa America nelle relazioni internazionali è perché l'Europa è di fatto impotente», ha detto. L'oratrice ha aggiunto che occorrerebbe avere fin d'ora avere una Costituzione per poter disporre di un autentico Ministro degli esteri europeo, anche per trattare per la restituzione degli francesi e italiani. Ella ha ipotizzato che il terrorismo con la sua azione destabilizzatrice potrebbe avere tra le sue mire quella di ritardare o di impedire lo svolgimento delle elezioni in Iraq, il che sarebbe inaccettabile. L'oratrice ha chiesto di far pervenire la voce di solidarietà e di vicinanza del Parlamento a tutti coloro che sono in Iraq, ai militari in missione di pace, alle ONG, alle famiglie delle vittime e a quelle degli ostaggi. Marek CZARNECKI (NI, PL), dopo aver affermato di essere stato sempre contrario alla guerra e a Saddam, ha sostenuto che l'Iraq non deve dividere l'Unione e, di conseguenza, è necessario trovare un consenso minimo per poter agire in comune. Un accordo specifico, concreto, «seppur non eclatante», che miri alla convocazione di elezioni locali, come elemento essenziale del processo di pacificazione. Dibattito Umberto GUIDONI (GUE/NGL, IT) ha rilevato come oramai gli stessi comandi militari alleati ammettano chiaramente che una parte del territorio iracheno è fuori del loro controllo. Egli ha chiesto il ritiro immediato delle truppe da un Iraq in cui «non basta un Governo provvisorio definito ad interim, di fatto fantoccio degli USA e per questo non riconosciuto dalla popolazione locale». Questo ritiro costituirebbe la condizione preliminare per l'invio di un contingente ONU, composto da forze di Paesi estranei alla guerra, ha affermato. Secondo l'oratore, la dottrina di Bush della guerra preventiva si è dimostrata incapace di contrastare il fenomeno del terrorismo, «che anzi se possibile si è ulteriormente esteso proprio nelle aree del conflitto». Egli ha chiesto che l'Europa giochi un ruolo sempre maggiore nel risolvere situazioni di crisi come quella irachena e che la diplomazia e la politica riacquistino il loro spazio, con il fine ultimo di garantire libere elezioni. «Finiamola con le ipocrisie» ha esclamato Luca ROMAGNOLI (NI, IT). Sostenendo che in Iraq si assiste «al perpetuarsi degli interessi geopolitici degli USA», ha affermato che la storia del secondo dopoguerra è punteggiata da interventi unilaterali e preventivi delle grandi potenze. All'aggressività dei vincitori di Yalta, ha proseguito, «un'Europa soggiogata non ha voluto e potuto mai opporsi», mentre altrettanto inefficace è stato il ruolo dell'ONU «le cui risoluzioni indigeste alle grandi potenze sono state sistematicamente ignorate o eluse». Accennando all'annullamento della visita del Presidente ad interim Ghazi al Yawar al Parlamento europeo - «Presidente voluto o eletto da chi?» - ha poi sostenuto che «offende le nostre intelligenze e di quanti qui rappresentiamo spacciarlo per rappresentante del popolo iracheno». Il deputato ha quindi concluso che gli obiettivi del Consiglio, della Commissione, dei governi e delle istituzioni dell'Unione europea dovrebbero essere di «uscire dal conflitto in Iraq, togliere ogni alibi ad un'occupazione che lungi dal garantire sicurezza, pace, giustizia al popolo iracheno produce lutti, vergogne, costa enormemente alle finanze pubbliche, danneggia gli interessi e amplifica i risentimenti mettendo a rischio la sicurezza, la pace e la prosperità dei popoli d'Europa». Francesco Enrico SPERONI (IND/DEM, IT) ha espresso forti dubbi sul fatto che l'azione del Parlamento europeo possa influire sulla situazione irachena. Egli ha affermato che quanto accade dimostra la spaccatura dell'Unione europea e la sua assenza di una politica estera: «dodici paesi sono presenti, dodici no, uno c'era e se ne è andato». L'oratore ha inoltre rilevato come manchi «un comune sentire europeo»: ogni volta che ci sono delle uccisioni o dei rapimenti nessuno si chiede se ci sono degli europei coinvolti, ma ciascuno si chiede se i propri connazionali sono coinvolti. Egli ha chiesto che anche in Iraq si applichi il principio di autodeterminazione dei popoli alle minoranze. Lilli GRUBER (PSE, IT) ha sottolineato come in Europa vi siano giudizi molto diversi sulla guerra in Iraq «ma il disastro iracheno che è sotto gli occhi di tutti ha purtroppo confermato la fondatezza dei timori che molti di noi avevano espresso». Ora, ha proseguito, è urgente cercare di fermare il caos e la violenza, anche se è difficile parlare di pace e di democrazia «quando ogni giorno è scandito da rapimenti, omicidi, attacchi di guerriglia, imboscate terroristiche e bombardamenti aerei». L'Europa è chiamata ad agire, ha affermato, lo stesso Parlamento deve avere un ruolo più attivo di conoscenza e di indirizzo su un tema così decisivo della politica estera. La Presidenza del Consiglio europeo, secondo la deputata, deve impegnarsi per giungere al più presto a una Conferenza internazionale sull'Iraq per una gestione multilaterale della crisi che coinvolga le Nazioni Unite, le grandi potenze mondiali e tutti gli Stati interessati della regione ovvero Iran, Arabia Saudita, Turchia, Siria. Per dare forza a questo percorso di pacificazione, ha concluso, «è indispensabile un'azione forte e unita dell'Europa su una linea chiara di dialogo con il mondo islamico, e di fermezza contro il terrorismo e contro ogni sorta di violenza». Giulietto CHIESA (ALDE/ADLE, IT) ha rilevato, con disappunto, che il testo della mozione congiunta sulla situazione in Iraq costituisce un serio passo indietro rispetto alla condanna della guerra preventiva degli Stati Uniti espressa dal Parlamento europeo agli inizi del 2003. «Oggi di fronte al disastro politico e militare dell'occupazione non si è capaci nemmeno di chiedere e prevedere il ritiro delle truppe straniere occupanti e si elude la necessità di individuare le responsabilità per l'attuale situazione», ha detto. Egli ha ricordato che è in atto un'insurrezione popolare di massa contro gli occupanti la cui presenza attira il terrorismo. L'oratore ha ammonito che le elezioni previste per il gennaio del 2005, in queste condizioni, non saranno libere ed eque. Egli ha chiesto la sospensione immediata dei bombardamenti per «dare un segnale diverso alle opinioni pubbliche del mondo arabo e mussulmano e anche all'opinione pubblica europea, che sono in larga maggioranza ostili alla guerra». Mario MAURO (PPE/DE, IT) ha esordito affermando che la constatazione più evidente è che l'Europa - e in particolare il Consiglio - «non farà nulla per i quattro cittadini europei in questo momento ostaggio dei terroristi». Non farà nulla, ha proseguito, «perché questi quattro cittadini europei smettano di essere considerati solo italiani o solo francesi, smettano di essere giornalisti, smettano di essere solo cooperatrici internazionali, e vengano rivendicati per l'appunto come figli dell'Europa». La sua amarezza, ha spiegato, «non vuole essere rassegnata». A dimostrazione di ciò ha rivolto nuovamente un appello a favore dell'immediato rilascio di tutti gli ostaggi: «l'Italia con la sua gente, i suoi volontari, la sua solidarietà, anche nelle operazioni di mantenimento della pace o di contenimento delle crisi, si è sempre adoperata per il bene della popolazione nelle aree di attività italiana. E le due Simona sono come tanti altri lì ad aiutare, a proteggere i deboli, a fare del bene». Per questo, ha aggiunto, «vogliamo che loro come tutti gli altri ostaggi siano liberati e che soprattutto ci siano restituiti anche i poveri corpi, il corpo di Enzo Baldoni e in questo senso chiediamo umana pietà anche per la sua famiglia». Secondo l'oratore, non si può permettere che venga tenuto sotto scacco l'ideale che quelle due giovani donne incarnano, «la reale possibilità cioè della costruzione del bene comune e della fraternità all'interno della ragione irachena». Queste due donne, quei due giornalisti, ha concluso «rappresentano veramente l'Europa». Replica del Consiglio Bernard BOT, in fase di replica, ha chiesto ai deputati di guardare al futuro, piuttosto che lanciarsi dei rimproveri reciproci in merito alle responsabilità in Iraq. C'è un obiettivo unitario che è quello di non abbandonare il popolo iracheno, ha detto. L'oratore ha sottolineato la necessità di portare a buon fine quanto stabilito nella risoluzione ONU, contribuendo in particolare al processo elettorale e al successivo insediamento di un Governo legittimo sostenuto da una buona amministrazione. L'Unione dovrebbe fare in modo che i propri valori vengano rispettati in Iraq: democrazia, diritti umani, diritti delle donne, diritti delle minoranze, Stato di diritto. Egli ha ricordato la partecipazione dell'UE alla conferenza dei Paesi confinanti, la quale dovrebbe permettere di estendere pace e democrazia anche a questi Paesi. L'oratore ha ribadito che l'Europa non può tralasciare le proprie responsabilità nella questione irachena e che la propria presenza nel Paese deve essere tangibile. Egli ha infine annunciato l'invio di alcune missioni conoscitive in Iraq, sul cui esito riferirà in Aula al termine della Presidenza olandese. |
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La situazione in Bielorussia |
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Risoluzione comune sulla situazione in Bielorussia Doc.: B6-0038/2004 Procedura: Risoluzione comune Dibattito: 14.09.2004 Votazione: 16.09.2004 La risoluzione comune sulla situazione in Bielorussia è stata adottata con 499 voti favorevoli, 20 contrari e 26 astensioni. Per ulteriori informazioni: Marjory van den Broeke (Bruxelles) Tel.(32-2) 28 44304 e-mail : foreign-press@europarl.eu.int |
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