Iraq: forze ONU al posto delle truppe straniere?
Giorgos DIMITRAKOPOULOS (PPE/DE, EL)
Relazione su "L'Unione europea e l'Iraq" – Quadro per l'impegno"
Doc.: A6-0198/2005
Procedura: Iniziativa
Dibattito: 6.7.2005
Votazione: 6.7.2005
Adottando la
relazione di Giorgos DIMITRAKOPOULOS (PPE/DE, EL), il
Parlamento ritiene che andrebbe esaminata la possibilità di
sostituire le truppe straniere stanziate in Iraq con le forze di
pace dell'ONU e l'Unione europea dovrebbe promuovere una nuova
risoluzione del Consiglio di Sicurezza che vada in questa direzione.
Occorre anche istituire una commissione indipendente - formata da
esperti iracheni, delle Nazioni Unite e dell'Unione europea - che
investighi su crimini contro l'umanità perpetrati nel paese.
L'Europa deve anche inviare osservatori in occasione delle elezioni
e contribuire alla ricostruzione del Paese.
La relazione
d'iniziativa, adottata con 345 voti a favore, 109 contrari e 167
astensioni, esprime «forte rammarico per gli oltre 100.000 civili e
per i 1.700 militari statunitensi che si stima siano morti
dall'inizio dell'invasione nonché per il tasso di decessi che è in
costante crescita». Inoltre, sottolinea «la sua viva preoccupazione
davanti al deterioramento delle condizioni di sicurezza in Iraq da
quando è stata dichiarata la cessazione delle operazioni di
combattimento» e si augura che le lezioni ricevute dalla guerra
porteranno in tutto il mondo a una gestione dei conflitti
«maggiormente multilaterale, democratica e orientata sul risultato».
In proposito, è peraltro evidenziata la necessità di rafforzare il
parternariato transatlantico - «attraverso la condivisione degli
oneri» - nel quadro di un effettivo multilateralismo che inclusa
paesi musulmani e vicini.
I deputati,
d'altra parte, sono del parere che la caduta del regime di Saddam
Hussein abbia aperto la strada ad un futuro di pace, sicurezza e
democrazia per il popolo iracheno. Tuttavia, data l'attuale
situazione di insicurezza ed il crescente numero d'attacchi sia
terroristici, sia contro le truppe straniere, la commissione ritiene
che la comunità internazionale «abbia l'obbligo morale e politico
di reagire».
All'Unione è
chiesto di prendere in esame la possibilità di sostituire le truppe
straniere presenti in Iraq con una forza di mantenimento della pace
dell'ONU, tenendo conto in particolare del fatto che «tutte le
formazioni politiche che hanno partecipato alle elezioni hanno
richiesto il ritiro delle truppe straniere».
Comunque, è
precisato, ogni decisione riguardo al ritiro delle forze militari
«dovrà essere applicata in modo progressivo in base ad un calendario
chiaramente definito». Inoltre, una nuova risoluzione ONU dovrebbe
prevedere la possibilità che i paesi non associati alle operazioni
militari contribuiscano alla formazione di forze armate e di polizia
irachene.
L'Aula, poi,
sottolinea l'importanza della lotta contro l'impunità e la necessità
di «processare tutti i responsabili di gravi violazioni dei diritti
umani nel paese». I deputati si compiacciono, quindi, della
decisione presa dalle autorità irachene di aderire allo Statuto di
Roma del Tribunale penale internazionale, e tornano a chiedere di
«abolire la pena di morte, garantire adeguate condizioni di
detenzione e creare un efficace apparato giudiziario per perseguire
penalmente tutti i colpevoli».
L'assistenza
dell'Unione europea dovrebbe porre rimedio alle carenze del passato
e «portare ad una migliore comprensione delle dinamiche e delle
realtà sociali irachene». Il futuro politico del paese deve
riflettere il volere degli iracheni e preservare l'unità nazionale
in uno stato federale. La democrazia, i diritti delle minoranze e
delle donne e lo stato di diritto sono ancora motivo di
preoccupazione per i deputati. Tuttavia, essi stessi constatano dei
progressi, come il fatto che al governo partecipino membri della
minoranza sunnita, e che l'Assemblea Nazionale di transizione sia
costituita dal 31% di donne.
L'Unione
europea deve impegnarsi seriamente per sostenere le elezioni
generali previste per dicembre, finanziando l'assistenza elettorale
e mandando degli osservatori. Deve, inoltre, offrire il proprio
aiuto alla preparazione di una nuova Costituzione. Anche gli Stati
vicini all'Iraq possono svolgere un ruolo importante nel processo di
pace, preservando l'unità del paese e sostenendo il processo
democratico.
I deputati
sottolineano, tuttavia, che il contributo alla ricostruzione da
parte dell'Unione non deve andare a scapito dell'assistenza fornita
ad altre zone.
Pertanto la
Commissione dovrebbe redigere comunicati completi, regolari e
trasparenti sull'effettivo andamento dell'assistenza. L'Unione è
incoraggiata a concretizzare il proprio aiuto fornendo i servizi
primari, come la sanità, l'istruzione, l'accesso all'acqua potabile
e fognature adeguate. Occorre, poi, una più stretta collaborazione
con le autorità locali e per la lotta al terrorismo.
Il Parlamento
sottolinea peraltro che la condizione fondamentale per la
ricostruzione economica irachena è «l'esercizio di una piena
autorità e di un pieno controllo sulle risorse naturali del paese e
un uso dei proventi della vendita del petrolio che permetta il loro
reinvestimento in Iraq». Rileva, poi, «con sorpresa» che i fondi
destinati alla ricostruzione siano in parte gestiti dal World Bank
Trust e non unicamente dalle Nazioni Unite. Esprime quindi la sua
preoccupazione per il fatto che tale ente «abbia utilizzato soltanto
una minima parte dei fondi raccolti». Infine, «vista la corruzione
massiccia esistente nel paese», i deputati raccomandano un audit
indipendente sull'utilizzo di tali fondi.
Dieci
anni dopo Srebrenica: non c'è pace senza giustizia
Risoluzione comune su Srebrenica
Doc.: B6-0395/2005
Procedura: Risoluzione comune
Dibattito: 6.7.2005
Votazione: 7.7.2005
A seguito del
dibattito tenutosi in Aula per commemorare i dieci anni dall'eccidio
di Srebrenica, il Parlamento ha adottato una risoluzione comune in
cui, nel condannare con fermezza il massacro, afferma «che non può
esservi vera pace senza giustizia» e che la cooperazione con il
Tribunale penale internazionale per l'ex Yugoslavia (ICTY ) «resta
la premessa fondamentale per la prosecuzione del processo di
integrazione degli Stati dei Balcani occidentali nell'Unione
europea».
Il prossimo 11
luglio cade il decennale della strage di Srebrenica, la cittadina
bosniaca divenuta simbolo dell'orrore della guerra nell'ex
Jugoslavia dopo che le truppe serbe del generale Mladic uccisero
oltre 8.000 persone. I sopravvissuti, per lo più donne, cercano
ancor oggi i loro familiari scomparsi in una lista di oltre 10.000
persone. Il Tribunale dell'Aia non ha esitato a definire "genocidio"
questo episodio, il primo in Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale
e la tragedia dell'Olocausto.
Il
Parlamento «condanna con la massima fermezza il massacro di
Srebrenica» e «onora le vittime delle atrocità» oltre ad esprimere
le sue condoglianze alle famiglie delle vittime, «numerose delle
quali vivono senza sapere definitivamente il destino di padri,
figli, mariti e fratelli». L'Aula riconosce che questo continuo
dolore è aggravato dal fatto che i responsabili di questi atti non
sono stati processati.
Consiglio e
Commissione sono invitati a fare lo stesso, in quanto «questa
intollerabile vergogna dell'Europa deve rimanere l'ultimo massacro
perpetrato in nome dell'ideologia etnica».
Inoltre i
deputati si rammaricano del fatto che il parlamento serbo non abbia
approvato un progetto di risoluzione che condanni formalmente il
massacro di Srebrenica «come segno della volontà di accettare il
passato e di contribuire alla riconciliazione e alla risoluzione
pacifica dei problemi della regione».
Essi si
dicono poi preoccupati per il fatto che Radovan Karadzic e Ratko
Mladic siano tuttora in libertà, e invitano la Republika Srpska e la
Serbia-Montenegro a intraprendere azioni volte a rintracciarli e
processarli.
Tra
l'altro, vi è una parte dell'opinione pubblica serba che non
riconosce i crimini di guerra contro i civili musulmani, per questo
i deputati incoraggiano vivamente il governo serbo ad intervenire in
tal senso.
L'Aula
esprime, poi, «incondizionato supporto» all'opera svolta dall'ICTY e
ribadisce «che la piena cooperazione con questo organo è per tutti i
Paesi della regione la premessa per una più stretta cooperazione»
con l'Unione europea.
I deputati
sottolineano, in seguito, che la prospettiva dell'integrazione
europea offerta ai paesi dei Balcani e il processo di
stabilizzazione e associazione dovrebbero essere uno stimolo per
una spinta interna verso le riforme e il consolidamento della
democrazia, nonché per «sviluppare una visione comune del loro
tragico passato e creare le basi per un futuro migliore». L'Unione
europea intende dare la propria assistenza nella preparazione
all'adesione da parte dei paesi dei Balcani candidati e potenziali
candidati. A tal fine, quindi, la Plenaria chiede anche che «le
prossime prospettive finanziarie prevedano a questo riguardo
strumenti e finanziamenti adeguati».
Il
Parlamento, riguardo alla tragedia di Srebrenica, ritiene «che la
forza di pace dell'ONU ha mancato di tutelare le zone protette a
essa assegnate» e, dunque, invita tale organizzazione e le
competenti istituzioni internazionali a mettere in pratica gli
insegnamenti di questo fallimento. Ciò deve anche servire «da
fondamento per un rafforzamento della politica estera e di sicurezza
comune» dell'Unione europea.
Il
Parlamento si dichiara «profondamente scosso e turbato alla visione
dei filmati presentati al Tribunale dell'Aia», in cui sei
prigionieri civili vengono giustiziati a sangue freddo, e che
rappresentano una prova incontestabile dei fatti realmente avvenuti.
Plaude, pertanto, alla reazione del Primo ministro serbo Vojislav
Kostunica dopo la diffusione del video, che ha portato all'arresto
degli ex appartenenti al reparto Scorpion identificati.
Inoltre,
sostiene la richiesta formulata dall'Alto rappresentante ONU per la
Bosnia-Erzegovina ai ministri serbo-bosniaci di specificare il
numero di militari coinvolti nel filmato e di identificare tutti gli
individui non bosniaci ivi ripresi.
Elogiando
«il lavoro e l'impegno di tutti coloro che nel corso di questi anni
non hanno mai cessato di cercare la verità», l'Aula invita il
Consiglio, la Commissione e gli Stati membri a fornire loro i mezzi
necessari per continuare la loro opera. Sostegno deve anche essere
fornito per la soluzione della situazione economica e sociale, al
fine di «rafforzare la cooperazione regionale e transfrontaliera e
di promuovere la riconciliazione fra i popoli dei Balcani
occidentali e tra questi e i popoli vicini».
Lo sviluppo
economico e sociale, infatti, «rappresenta per i popoli della
regione la massima priorità», quindi i deputati pongono l'accento
sull'importanza delle politiche di riconciliazione. In proposito,
evidenziano il peso che le autorità religiose, i media ed il
sistema scolastico hanno in questo processo, «affinché i civili di
tutti i gruppi etnici possano superare le tensioni del passato ed
iniziare una pacifica e sincera coesistenza per una duratura
stabilità e crescita economica».
A tale
riguardo, infine, si richiede che venga presa in considerazione
l'istituzione di una commissione di verità e riconciliazione in
Bosnia-Herzegovina.
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