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RASSEGNA

 

9 giugno 2005

 

Strasburgo

 


Patto di stabilità: massimo 3 anni per correggere i disavanzi

 

Othmar KARAS (PPE/DE, AT)

Relazione sulla proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1467/97 per l'accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi

Doc.: A6-0158/2005

Procedura: Consultazione legislativa
&

Othmar KARAS (PPE/DE, AT)

Relazione sulla proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1466/97 per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche

Doc.: A6-0168/2005

Procedura: Cooperazione

Dibattito: 8.6.2005

Votazione: 9.6.2005

La Plenaria ha approvato due relazioni di Othmar KARAS (PPE/DE, AT) sulle modalità di attuazione del Patto di stabilità e sul rafforzamento della sorveglianza con le quali raccomanda definizioni più chiare e scadenze più ravvicinate per la correzione dei deficit eccessivi.

Con la prima relazione, adottata con 320 voti favorevoli, 116 contrari e 163 astensioni, l'Aula considera necessario definire la nozione di deficit eccezionale e temporaneo del limite di riferimento autorizzato del 3% del PIL basandosi su delle previsioni di bilancio e ipotesi esterne comuni definite dall'Esecutivo.

Contrariamente a quanto suggerito dalla commissione parlamentare, l'Aula non ha modificato le disposizioni previste dall'esecutivo secondo cui occorre attribuire un'attenzione particolare agli sforzi di bilancio tesi ad aumentare o a mantenere a «un livello elevato i contributi finanziari a sostegno della solidarietà internazionale e della realizzazione degli obiettivi delle politiche europee, segnatamente l'unificazione dell'Europa», se ha ripercussioni negative sulla crescita e sul bilancio di uno Stato membro. La relazione in esame, invece, ritenendo questi fattori impossibili da precisare, aveva sostituito il testo con una formula che faceva riferimento a «fattori imprevisti ed eccezionali» indipendenti dalla volontà degli Stati membri, quali le catastrofi naturali o ecologiche.

I deputati, inoltre, sollecitano la definizione di un elenco chiaro e preciso dei fattori che potranno essere ritenuti pertinenti e chiedono che il Parlamento europeo sia regolarmente informato dell'esistenza di un disavanzo eccessivo e del processo di sorveglianza. Per quanto riguarda i tempi, la relazione precisa che il disavanzo di bilancio eccessivo non può perdurare più di tre anni.

In merito agli aspetti preventivi del Patto, la cui relativa relazione è stata adottata con 311 voti favorevoli, 115 contrari e 175 astensioni, i deputati ritengono che la valutazione della Commissione europea debba fondarsi su statistiche affidabili. Pertanto chiedono all'Esecutivo di paragonare i dati trasmessi dai governi degli Stati membri con quelli comunicati dalle banche centrali nazionali alla BCE. A loro parere, inoltre, la Commissione dovrebbe condurre delle missioni di controllo nelle capitali europee al fine di verificare se i programmi d'aggiustamento del bilancio sono sufficientemente ambiziosi e realisti.

Il Parlamento, peraltro, ritiene importante considerare l'indice di indebitamento pubblico del governo al fine di rafforzare i fondamenti economici e l'efficacia del Patto nel suo ruolo preventivo, salvaguardare la sostenibilità delle finanze pubbliche a lungo termine, promuovere la crescita ed evitare l'imposizione di eccessivi oneri alla generazioni future. Il Consiglio, inoltre, dovrebbe poter invitare gli Stati membri rafforzare il loro programma d'aggiustamento «senza indugio». I deputati, infine, propongono di rivedere ogni anno gli obiettivi di bilancio a medio termine così come ogniqualvolta siano attuate riforme strutturali o di bilancio di ampia portata.

Sarà il Consiglio ad avere l'ultima parola su questi regolamenti. Tuttavia, quello sugli aspetti preventivi è soggetto alla procedura di cooperazione che, in pratica, conferisce un limitato potere supplementare al Parlamento rispetto alla procedura di consultazione applicabile nel caso del regolamento sui disavanzi eccessivi.

Background

Nella riunione di Amsterdam del 17 giugno 1997 il Consiglio europeo ha adottato un Patto di stabilità e crescita conformemente ai principi e alle procedure del trattato. Tuttavia, nel giugno 2004 il Consiglio europeo ha rilevato la necessità di rafforzare la trasparenza e il grado di “ownership” nazionale dell’insieme di regole fiscali UE e di migliorare l’applicazione delle relative norme e disposizioni.

Il 3 settembre 2004 la Commissione ha pubblicato una comunicazione intitolata “Rafforzare la governance economica e chiarire l'attuazione del Patto di stabilità e crescita”, nella quale ha presentato degli orientamenti in merito al futuro assetto di tale patto e ha proposto di consolidarne le basi economiche e di rafforzarne la credibilità e l'applicazione effettiva.

Il 20 marzo 2005, il Consiglio ha adottato una relazione intitolata “Migliorare l'attuazione del Patto di stabilità e crescita”. Nella sua relazione, il Consiglio ha concentrato la propria attenzione sul rafforzamento della governance e della “ownership” nazionale del quadro di bilancio, sul consolidamento delle basi economiche e dell'efficacia del patto, sia nell'aspetto preventivo che in quello correttivo, sulla garanzia della sostenibilità delle finanze pubbliche a lungo termine, sulla promozione della crescita e sull'obiettivo di evitare di imporre oneri eccessivi alle generazioni future. Il 22 e 23 marzo 2005 il Consiglio europeo ha approvato questa relazione ed ha invitato la Commissione a presentare proposte volte a modificare i regolamenti del Consiglio nel senso indicato nella relazione del Consiglio.

Pesca sostenibile nel Mediterraneo
 

Carmen FRAGA ESTÉVEZ (PPE/DE, ES)

Relazione sulla proposta di regolamento del Consiglio relativo alle misure di gestione per lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nel Mar Mediterraneo e recante modifica dei regolamenti (CEE) n. 2847/93 e (CE) n. 973/2001

Doc.: A6-0112/2005

Procedura: Consultazione legislativa

Dibattito: 9.6.2005

Votazione: 9.6.2005

Adottando la relazione di Carmen FRAGA ESTÉVEZ (PPE/DE, ES) il Parlamento si è pronunciato sulla proposta di regolamento in merito alle misure di gestione per lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nel Mediterraneo che mira a contrastare il depauperamento delle risorse alieutiche tramite l'introduzione di una serie di misure tecniche relative alle attrezzature di pesca e con disposizioni in merito alle zone e alle specie protette. L'Aula introduce diversi emendamenti che, in gran parte, sono frutto di un compromesso raggiunto con la Commissione.

Il tipo di reti e le dimensioni delle loro maglie rappresentano una parte significativa del compromesso. In base a questo, la dimensione minima delle maglie è fissata a 40 mm fino al 31 dicembre 2006. Dal 1° gennaio 2007, invece, la rete è sostituita da una pezza di rete a maglia quadrata da 40 mm nel sacco oppure, su richiesta debitamente motivata da parte dell'armatore, da una rete a maglia romboidale da 50 mm.

I pescherecci, è precisato, dovranno optare per una delle due soluzioni e, di conseguenza, non potranno essere presenti a bordo i due tipi di reti contemporaneamente. L'Esecutivo, inoltre, entro il 30 giugno 2010, dovrà presentare una relazione sull'evoluzione di tale questione e, del caso, proporre gli opportuni adeguamenti.

I deputati, inoltre, con l'accordo della Commissione, precisano che per la pesca di tonni bianchi e rossi e di pesci spada non è consentito l'uso di reti da fondo e di reti galleggianti ancorate. Questo chiarimento tende ad evitare che si possa eludere la normativa mediante l'introduzione di attrezzi che, nella pratica, possono essere assimilati alle reti derivanti che sono già vietate per la cattura dei grandi pelagici.

Inoltre, per le stesse specie è introdotto un emendamento che limita il numero di ami che è consentito detenere a bordo e calare in mare. Per i tonni rossi non possono essere superiori a 2.000, per quelli bianchi a 5.000 e per i pesci spada a 3.500.

Il compromesso prevede anche la riduzione della taglia minima di alcune specie di pesci al di sotto della quale non è consentita la cattura. Tra queste figurano sardine, naselli, astici e sogliole. Con un altro emendamento, i deputati chiedono al Consiglio di decidere entro il 31 marzo 2006, su proposta della Commissione, in merito alle misure tecniche per la protezione del novellame di pesce spada nel Mediterraneo.

 La proposta della Commissione prevede inoltre il divieto di attrezzi trainanti o l'uso di draghe idrauliche entro una certa distanza dalla costa al fine di proteggere i fondali corallini e la pesca costiera. Tuttavia, proprio alla luce del carattere locale e artigianale, i deputati propongono una diminuzione della distanza per le draghe idrauliche che, di conseguenza, potranno essere usate tra le 0,5 e le 3 miglia dalla costa, invece che tra le 1,5 e le 3 miglia come proposto dall'Esecutivo.

Inoltre, riguardo alla proposta dalla Commissione di vietare l'uso di reti da traino e draghe idrauliche entro una distanza di 1,5 miglia nautiche, per queste ultime i deputati hanno ridotto la distanza a 0,5 miglia nautiche. Più in generale, la relazione introduce il divieto di reti trainate a profondità superiori ai 1000 metri per proteggere le zone dove vivono specie a crescita lenta e particolarmente sensibili dal punto di vista ecologico.

Considerate, infine, le caratteristiche proprie ai grandi migratori, un emendamento toglie la facoltà alla Commissione di stabilire delle misure tecniche ad esse relative per attribuire tale competenza alle organizzazioni regionali della pesca (l'ICCAT e la CGPM). Per i deputati, ciò vincolerà tanto gli Stati membri dell'Unione europea che gli altri paesi costieri del Mediterraneo, evitando così delle discriminazioni tra i pescatori.

Nel corso del dibattito tenutosi prima della votazione sono intervenuti diversi deputati italiani.

Francesco MUSOTTO (PPE/DE, IT), a nome del suo gruppo, ha sottolineato come il progetto di relazione in esame tenga maggiormente in conto, e definisca meglio, la specificità del Mediterraneo, rispetto alla proposta. Tale specificità, ha spiegato, implica che, sebbene gli obiettivi della gestione comunitaria della pesca debbano essere gli stessi per tutte le zone comunitarie, «gli strumenti per conseguire tali obiettivi devono essere anche adattati alle caratteristiche peculiari della pesca nel Mediterraneo». Questo, ha aggiunto, per tener conto sia delle diverse situazioni biologiche, geografiche e giuridiche della regione, sia «al fine di sfruttare l'esperienza e le competenze delle organizzazioni dei pescatori stessi»

Il deputato ha quindi sottolineato come una caratteristica propria del Mediterraneo, a cui la relazione presta particolare attenzione, sia la pesca costiera ed artigianale. A tale proposito, ricordando che la maggior parte dei pescherecci della flotta italiana ha una lunghezza inferiore ai 12 metri, ha quindi affermato che «non si possono ignorare le difficoltà che essi incontreranno nella conversione, tanto voluta da Bruxelles, ad altri tipi di pesca». La pesca costiera ed artigianale, ha aggiunto, non va solo definita, «ma anche salvaguardata». Nel caso di riconversioni, inoltre, «ad essa vanno dedicate maggiori compensazioni ed incentivi, per non creare seri problemi socio economici a tutto il settore».

Evidenziando poi che nel progetto di relazione viene anche specificato il ruolo del Regional Adviser Council - volto a favorire il coinvolgimento diretto dei pescatori al processo decisionale - il deputato ha sottolineato la necessità che tutti i paesi extraeuropei che si affacciano sul Mediterraneo «adeguino la loro legislazione alla politica di tutela degli stock». A tal fine, ha aggiunto, occcorre rafforzare la posizione dell'UE in seno alle grandi organizzazioni in materia di pesca, «in modo da diffondere la tradizione ittica europea nell'ambito dei principali forum internazionali quali sono la CGPM e l'ICATT».

In conclusione, il deputato, ha sottolineato anche «il ruolo cardine» della ricerca, ritenendo che «alla base di qualsiasi buona politica vi è la qualità e la competenza della conoscenza dei fattori in campo». In questa prospettiva, ha aggiunto, in futuro bisogna insistere sul coordinamento e l'applicabilità della ricerca scientifica al piano di azione.

Dopo aver ringraziato la relatrice e la sensibilità dimostrata dalla Commissione, a nome del gruppo, Claudio FAVA (PSE, IT) ha salutato il compromesso ottenuto «in condizioni di reciproco rispetto e di reciproca umiltà». E' stato possibile riaprire un confronto con le associazioni di categoria, le associazioni della pesca, ha aggiunto «siamo riusciti ad evitare che il Mediterraneo risultasse un mare marginale, una somma di obblighi e divieti, soggetto solo ad una politica sanzionatoria».

Tuttavia, pur ritenendo che il regolamento «rappresenti un passo in avanti e naturalmente una mediazione utile», per il deputato resta «un'impostazione ancora legata, anche se in misura minore, a un modello di pesca che è proprio dei mari del nord», ossia fortemente industrializzata e che deve tenere conto di una biologia marina «che è completamente diversa rispetto a quella del Mediterraneo». Questa, ha spiegato, è la ragione per cui c'è stata una lunga discussione in Commissione «su taglie minime diverse che noi avremmo voluto marcare in modo più deciso».

Sardine e merluzzi pescati nel mare del Nord non hanno lo stesso andamento e la stessa crescita biologica della fauna ittica del Mediterraneo, ha detto. Così come è difficile immaginare di dettare delle indicazioni, dei limiti troppo specifici per quanto riguarda gli attrezzi di pesca, «perché una pesca artigianale, fatta di piccole marinerie, è una pesca che varia di paese in paese, anche sulla base della qualità e della diversità delle tradizioni».

Nell'applicazione del regolamento, ha aggiunto, «noi vorremmo che si cercasse ciò che fino adesso è avvenuto raramente, cioè che ci sia una politica di bacino, un approccio globale». Ciò, ha spiegato, significa «un'attenzione nella gestione e nella conservazione delle risorse ittiche, vuol dire un lavoro di prevenzione nei confronti dell'inquinamento ma anche la salvaguardia del lavoro, delle economie».

In conclusione, il deputato ha voluto ricordare che l'80% della pesca nel Mediterraneo è artigianale e che si tratta di regioni in massima parte ricadenti nell'area dell'ex obiettivo 1, «quindi regioni che hanno un forte disagio sociale e alti tassi di disoccupazione e in molti casi mancano gli ammortizzatori sociali». Pertanto, occorre «un'attenzione e una sensibilità particolare nel preservare i livelli occupazionali».

Dopo aver ricordato la lunga e laboriosa gestione della proposta in esame e la sua precedente bocciatura da parte del Parlamento, Nello MUSUMECI (UEN, IT) ha affermato che il compromesso raggiunto soddisfa «solo parzialmente» il suo gruppo politico. Dicendosi certamente soddisfatto «di veder riaffiorare il possibile sostegno finanziario al fermo biologico», anche se non contemplato dal nuovo Fondo europeo per la Pesca, si è anche rallegrato dell''adozione della maglia quadrata da 40 millimetri o della maglia romboidale da 50 millimetri al posto della maglia minima dello strascico a 60 mm.

Tuttavia, ha aggiunto, vi sono ancora delle questioni importanti che vanno «in una direzione contraria agli interessi della pesca nel Mediterraneo». Ad esempio, ha spiegato, il gruppo ha presentato un emendamento teso a prendere in considerazione l'importanza del comparto del bianchetto, consentendone la cattura di esemplari sottotaglia effettuata con attrezzi regolamentari, nonché la successiva vendita.

Inoltre, nel sottolineare la caratteristica essenzialmente costiera e artigianale della pesca nel Mediterraneo che costituisce una fonte vitale per l'economia del settore in termini di impiego e di guadagno, il deputato ha sostenuto la necessità di rimuovere i punti 3 e 4 dell'Allegato II con i quali si intende «regolamentare e uniformare delle caratteristiche tecniche degli attrezzi della pesca artigianale». Caratteristiche, ha spiegato, che proprio perché legate ad un determinato tipo di pesca e a determinate zone costiere, «non possono per loro stessa natura formare oggetto di una "imposizione" regolamentare».

In conclusione, il deputato ha auspicato che il regolamento «possa costituire una significativa tappa verso un Mediterraneo attento sì alla preservazione della fauna ittica, ma anche fonte di vita e di lavoro per migliaia di pescatori europei finora chiamati solo a osservare divieti e limiti mentre per le flotte extracomunitarie il Mediterraneo è stata una sorta di zona franca».

Luca ROMAGNOLI (NI, IT) ha esordito affermando che la pesca è senz'altro fondamentale per la sopravvivenza del genere umano, visto che oltre un miliardo di persone si nutrono con proteine animali o loro derivati. Nel sottolineare quindi come gli esperti sostengano che si stia raggiungendo il limite delle potenzialità del prelievo, ha quindi affermato che «è giusto che il Parlamento europeo e la Commissione tentino di porre un limite alla corsa, gestire in modo sostenibile il prelievo e debellare con severità le forme distruttive di pesca».

Tuttavia, ha affermato, pesca e acquacoltura rappresentano una tra le attività principali dell'Unione e il mercato ittico europeo è il terzo dopo quello della Cina e del Perù. Francia, Grecia, Italia e Spagna, ha spiegato, vedono coinvolti nella filiera del pesce circa 100.000 pescatori e decine di migliaia di pescherecci e la flotta europea è essenzialmente artigianale. Pertanto, il Parlamento europeo e la Commissione sono chiamati a trovare posizioni di equilibrio che possano soddisfare le esigenze economiche ed ecologiche, come auspicato dai cittadini.

La protezione del patrimonio ittico, ha quindi concluso, deve essere ancor più strettamente basata sulle informazioni scientifiche di quanto avviene oggi, ma per il deputato occorre anche coinvolgere attivamente i pescatori nella gestione delle risorse della pesca e «mediare con il mondo ambientalista per dare consapevolezza e chiedere attenzione ai problemi dell'occupazione». Per tale ragioni, ha quindi chiesto «una gradualità nell'applicazione delle nuove regolamentazioni».

Link utili

Proposta della Commissione
Piano d'azione comunitario per la conservazione e lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nel Mediterraneo
Relazione del Parlamento sul Piano d'azione
Statistiche sulla pesca (Eurostat)

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ONU: un seggio europeo al Consiglio di sicurezza

 

Risoluzione sulla riforma delle Nazioni Unite

Doc.: B6-0328/2005

Procedura: Risoluzione

Dibattito: 8.6.2005

Votazione: 9.6.2005

In vista del Vertice ONU previsto per il mese di settembre 2005 e in seguito al dibattito tenutosi in Aula, il Parlamento ha adottato una risoluzione di Armin LASCHET (PPE/DE, DE) che esprime il pieno appoggio ala proposta di riforma delle Nazioni Unite presentata dal Segretario generale Kofi Annan. Congratulandosi per «l'approccio realistico», che ben combina «gli obbiettivi con misure d'azione concrete e ben definite», i deputati «invitano la Presidenza lussemburghese ad adoperarsi per giungere a una decisione del Consiglio su una posizione comune dell'UE nei confronti di riforme concrete dell'ONU». Tra le altre cose, la Plenaria sostiene l'idea di un seggio unico dell'Unione europea in seno al Consiglio di sicurezza.

Ritenendo che la riforma delle Nazioni Unite sia «la conseguenza ineluttabile di un'analisi approfondita dei parametri e dei fattori politici e di sicurezza che sono in gioco in un contesto mondiale nuovo e incerto», il Parlamento incoraggia il rafforzamento del sistema e delle istituzioni delle Nazioni Unite per «promuovere e garantire la sicurezza collettiva in maniera al tempo stesso legittima ed efficace».

 

Appoggiando il rafforzamento della tutela e della promozione dei diritti dell'uomo nel sistema delle Nazioni Unite nonché la sostituzione della Commissione per i diritti umani con un Consiglio per i diritti dell'uomo, l'Aula «riafferma il suo pieno sostegno al lavoro del Tribunale penale internazionale ed esorta tutti gli Stati membri dell'ONU a cooperare con esso». Ricorda poi che una prevenzione efficace delle crisi (dovute a tensioni etniche, linguistiche o religiose) è possibile soltanto se le Nazioni Unite dispongono dei mezzi per assicurarne la vigilanza e l'osservazione permanente.

 

A tal proposito ribadisce che, nel prendere in considerazione l'uso della forza, il Consiglio di Sicurezza deve sempre tener presenti «i cinque criteri di legittimazione: serietà della minaccia, scopo appropriato, uso della forza come ultima risorsa, proporzionalità dei mezzi e valutazione delle conseguenze». Tali criteri vanno riconosciuti attraverso una risoluzione del Consiglio di Sicurezza.

 

Seggio europeo al Consiglio di sicurezza

 

Il Parlamento «prende atto della proposta di estendere la composizione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite aggiungendo nuovi seggi per ogni gruppo regionale, fra cui "l'Europa"». A tale proposito ritiene che la soluzione appropriata sarebbe di attribuire all'Unione un seggio permanente aggiuntivo. Pertanto gli Stati membri sono invitati a prendere in seria considerazione questa proposta, «al fine di accrescere l'influenza dell'Europa nel mondo attraverso una politica estera comune coerente ed efficiente».

 

I deputati, tuttavia, ritengono che «a prescindere dalla procedura di riforma scelta, alcuni dei seggi aggiuntivi destinati all'"Europa"» dovrebbero essere attribuiti all'Unione «in quanto tale». In tale contesto, esortano il Consiglio a stabilire i meccanismi opportuni per designare, di volta in volta, gli Stati membri che svolgeranno il loro mandato «come rappresentanti dell'Unione europea». A tal fine occorre uno stretto coordinamento con gli altri Stati membri, l'Alto rappresentante o il futuro ministro degli affari esteri, la Commissione ed il Parlamento, «fintantoché non saranno soddisfatte le condizioni per la creazione di un seggio dell'Unione europea».

 

L'Aula si rivolge in seguito agli Stati membri, invitandoli a compiere ogni sforzo «per evitare che eventuali difficoltà a raggiungere un accordo sulla nuova composizione del Consiglio di Sicurezza mettano in pericolo l'insieme della riforma», i cui elementi fondamentali devono riguardare «il rafforzamento della sua autorità, il carattere davvero rappresentativo di tutte le aree geografiche, la legittimità, l'efficacia e il suo ruolo primario nel mantenimento della pace e della sicurezza internazionali.

 

Energia e armi nucleari

 

Il Parlamento si dice favorevole alla richiesta del Gruppo ad alto livello di conferire all'Agenzia internazionale per l'energia atomica «un ruolo più importante e maggiori mezzi» nella lotta contro la proliferazione nucleare e nella prevenzione dell'utilizzazione di armi atomiche, biologiche e chimiche». Al fine di rafforzare ulteriormente il quadro multilaterale per la non proliferazione e il disarmo, i deputati sostengono l'invito agli Stati «a rispettare pienamente tutti gli articoli del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari, della Convenzione sulle armi biologiche e tossiniche e della Convenzione sulle armi chimiche».

 

Riguardo agli Stati che rinunciano volontariamente allo sviluppo di impianti nazionali per l'arricchimento dell'uranio e per la separazione del plutonio, la Plenaria «è favorevole alla garanzia della fornitura del combustibile necessario per lo sviluppo di utilizzazioni pacifiche».

 

Lotta al terrorismo

 

L'Aula sostiene la messa a punto, da parte delle Nazioni Unite, di una strategia di controterrorismo rispettosa dei diritti umani e dello stato di diritto, che coinvolga la società civile. Tale strategia, per i deputati, deve basarsi su cinque pilastri: dissuadere dal fare ricorso al terrorismo o dal sostenerlo, negare ai terroristi l'accesso a finanziamenti e risorse materiali, esercitare sugli Stati un'azione deterrente dal sostegno al terrorismo, sviluppare la capacità degli Stati di combattere il terrorismo e difendere i diritti umani.

E' poi sollecitata una maggiore cooperazione in altri settori, come il contrasto alla criminalità organizzata e al traffico illecito di armi piccole e leggere e l'azione volta alla completa eliminazione delle mine terrestri.

 

Operazioni di pace

 

Gli Stati membri sono invitati ad applicarsi maggiormente «per trasformare le forze armate in unità adatte all'impiego in operazioni di pace e per tenere pronti dei contingenti a disposizione delle Nazioni Unite». A tal proposito il Parlamento dichiara il proprio impegno a favore «di un serio rafforzamento» dell'azione di prevenzione dei conflitti e di quella di costruzione della pace (peace-building), fornendo ai responsabili di tali azioni i mandati appropriati, capacità sufficienti e una formazione idonea.

 

Pertanto, i deputati si compiacciono della proposta di creare una Commissione per la costruzione della pace (Peacebuilding Commission) nonché un Ufficio di supporto per la costruzione della pace (Peacebuilding Support Office) «nell'ambito del Segretariato delle Nazioni Unite e con la partecipazione delle istituzioni finanziarie internazionali». A tal fine sarebbe auspicabile «l'istituzione di un corpo civile di pace ("caschi bianchi") capace di svolgere funzioni di natura non militare».

 

Paesi in Via di Sviluppo, Obiettivi del Millennio e Ambiente

 

Il Parlamento invita tutte le parti interessate a fare il possibile per realizzare gli Obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM) e ricorda, pertanto, «la necessità di attuare i precedenti impegni dei paesi donatori per il finanziamento dello sviluppo, in particolare per compiere progressi nella lotta contro l'HIV/AIDS, la malaria e la tubercolosi».

 

A tale riguardo è sottolineato che le squadre dell'ONU operanti nei singoli paesi «dovrebbero essere rafforzate, e che il personale dovrebbe godere di una formazione idonea e di finanziamenti sufficienti e dovrebbe collaborare strettamente con le istituzioni finanziarie internazionali per raggiungere gli Obiettivi».

 

Meritano ulteriore attenzione anche le attività di ricerca e sviluppo di carattere scientifico per assicurare la sostenibilità ambientale, affrontare il problema del cambiamento climatico e rispondere alle particolari esigenze dei paesi in via di sviluppo nei settori dell'agricoltura, delle risorse naturali e della gestione ambientale.

 

Il Parlamento, peraltro, sollecita il rafforzamento del governo internazionale dell'ambiente mediante la trasformazione del Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (UNEP) in un'agenzia specializzata dell'ONU. Viene anche sollecitato un chiarimento delle relazioni giurisdizionali riguardanti l'Organizzazione mondiale del commercio e gli accordi ambientali multilaterali nel contesto dell'ONU.

 

Inoltre, affinché i parternariati abbiano successo, «i paesi in via di sviluppo devono rafforzare i loro sistemi di governo, lottare contro la corruzione e trarre il massimo frutto dalle risorse interne per finanziare le strategie nazionali di sviluppo». Pertanto i deputati sottolineano che la prevenzione dei rischi attraverso lo sviluppo «può ridurre in modo significativo le minacce di natura politica, militare o terroristica che derivano da ineguaglianze sociali, ingiustizie economiche e degradi ambientali reali o percepiti», ma è importante ricordare che non esiste una gerarchia delle sfide.

 

Campo socio-economico

 

La Plenaria si rammarica che le proposte di riforma avanzate nella relazione del Segretario Generale in campo socioeconomico rimangano «largamente al di sotto di quanto realmente necessario» per consentire di affrontare le interconnessioni critiche tra commercio, finanza, ambiente e sviluppo economico e sociale». D'altra parte, i deputati chiedono che venga migliorato il funzionamento del Consiglio economico e sociale ed appoggiano la proposta avanzata nella relazione del Gruppo ad alto livello di trasformare il G20 in un gruppo guida al quale partecipino regolarmente il Fondo monetario internazionale, la Banca Mondiale, l'Organizzazione mondiale del commercio, l'Unione europea, il Segretario generale dell'ONU, il Presidente dell'ECOSOC e l'Alto Commissario per i diritti umani.

 

I deputati tengono poi a sottolineare che l'UNESCO è una delle «agenzie fondamentali del sistema delle Nazioni Unite, dotata di responsabilità globale» in materia di istruzione, scienza  e cultura, e pertanto esortano gli Stati membri a fornire detto ente con «maggiori risorse di bilancio».

 

Assemblea parlamentare e democrazia

 

La Plenaria chiede l'istituzione di un'Assemblea parlamentare delle Nazioni Unite che «migliorerebbe il profilo democratico ed il processo democratico interno dell'Organizzazione» e consentirebbe alla società civile mondiale «di essere direttamente associata al processo decisionale».

 

I deputati, inoltre, invitano gli Stati membri ad appoggiare e rafforzare il Comitato ad alto livello delle Nazioni Unite per la democrazia. Esso, infatti, promuove la democrazia tra gli Stati membri dell'ONU e contribuisce ad istituire strutture democratiche in seno al sistema delle Nazioni Unite «fungendo da modello di comportamento per le democrazie emergenti, e nel contempo impedendo agli Stati autoritari non democratici di presiedere organismi importanti dell'ONU», mettendo in pericolo la credibilità dell'Organizzazione.

 

Rappresentanza diplomatica dell'Unione

 

Accennando alla necessità di una più stretta cooperazione tra l'Unione europea e l'ONU in molteplici campi, i deputati ritengono che la razionalizzazione della rappresentanza diplomatica dell'Unione presso le Nazioni Unite riveste «la massima importanza per il miglioramento delle relazioni tra le due organizzazioni e per l'influenza dell'Unione europea sulla scena internazionale». Pertanto Consiglio e Commissione sono incoraggiati «ad adoperarsi attivamente per fondere le loro rispettive delegazioni in una delegazione esterna comune dell'UE» nelle sedi ONU di New York, Ginevra, Vienna e Nairobi.

 Nuovo slancio alle relazioni transatlantiche

Risoluzione comune sulla riuscita del prossimo Vertice UE-USA a Washington DC, il 21 giugno 2005

Doc.: B6-0350/2005

Procedura: Risoluzione comune

Dibattito: 8.6.2005

Votazione: 9.6.2005

In vista del vertice tra Unione europea e Stati Uniti che si terrà a Washington il prossimo 20 giugno, il Parlamento ha adottato una risoluzione comune con la quale si compiace del miglioramento delle relazioni transatlantiche e propone di imprimere loro nuovo slancio attraverso un Accordo di parternariato applicabile a partire dal 2007 che copra la relazioni politiche, economiche e di sicurezza.

I deputati, innanzitutto, ritengono che le migliorate relazioni offrano una serie di opportunità all'Unione europea e agli Stati Uniti «per lavorare strettamente di concerto in futuro su un'ampia gamma di sfide di interesse comune». Pertanto, con il nuovo Accordo di partenariato transatlantico, l'agenda esistente dovrebbe essere ampliata nei settori politico, economico e della sicurezza.

Pertanto, la Plenaria raccomanda che la proposta di Accordo di partenariato transatlantico stabilisca una "comunità di azione" e si occupi dei problemi affrontandoli con iniziative comuni in settori quali la promozione della democrazia, dei diritti umani e dello stato di diritto e il sostegno ad un efficace multilateralismo. Ma anche nel proseguimento del processo di pace in Medio Oriente e nella ricerca della sicurezza mondiale. A questo proposito, è necessario lavorare insieme nella lotta contro il terrorismo internazionale ed occorre un impegno attivo per una riforma delle Nazioni Unite, in particolare del suo Consiglio di sicurezza, «sulla base del pieno rispetto del diritto di tale istituzione di autorizzare l'uso della forza per la soluzione di conflitti internazionali».

Infine è necessario rafforzare il partenariato economico transatlantico. A questo proposito, i deputati ritengono che occorra individuare i rimanenti ostacoli al commercio e agli investimenti transatlantici e definire una road map che tracci una linea d'azione per il rafforzamento del mercato transatlantico, «entro un calendario preciso, stabilendo i campi d'azione prioritari, accompagnata dall'avvio di un dialogo normativo in aree specifiche atto a contribuire al processo».

Il Parlamento, inoltre auspica che il Vertice transatlantico compia progressi in vista della definizione di una risposta comune efficace alle sfide globali che superano le frontiere nazionali, «segnatamente la riduzione della povertà, le malattie trasmissibili e il degrado ambientale, in particolare promuovendo il dialogo sulla protezione del clima e le emissioni legate ai trasporti». Ritiene inoltre che «le questioni politiche sulle quali esiste un disaccordo, quali Guantanamo, o le forti divergenze di opinioni riguardo certi strumenti internazionali, formino oggetto di discussione da parte di entrambi i partner in uno spirito di cooperazione».

L'Aula ribadisce poi il proprio rifiuto alla proposta di abolire l'embargo sulle esportazioni di armi alla Cina, «almeno e fintato che la situazione dei diritti dell'uomo in quel paese non sia concretamente migliorata». Invita inoltre la Commissione ad «avviare immediatamente negoziati con l'amministrazione USA al fine di rendere valido il programma di esenzione dei visti per tutti i cittadini europei e di rimuovere le attuali discriminazioni, in particolare contro i cittadini dei nuovi Stati membri». I deputati infine auspicano il rafforzamento della dimensione parlamentare del partenariato, «trasformando il dialogo transatlantico dei legislatori in un'assemblea transatlantica».

Nuovi orientamenti per l'immigrazione legale
 

Patrick GAUBERT (PPE/DE, FR)

Relazione sulle connessioni tra migrazione legale e illegale e l'integrazione dei migranti

Doc.: A6-0136/2005

Procedura: Iniziativa

Dibattito: 7.6.2005

Votazione: 9.6.2005

Con 431 voti a favore, 124 contrari e 49 astensioni, l'Aula, ha adottato la relazione d'iniziativa di Patrick GAUBERT (PPE/DE, FR) che propone alcuni orientamenti riguardo ad una nuova politica europea sull'immigrazione, cercando di fare un bilancio sulle connessioni tra migrazione legale e illegale e l'integrazione dei migranti.

La Plenaria, innanzitutto, sottolinea che la politica di immigrazione dell'Unione europea deve fondarsi su «un approccio globale e non settoriale», basato non soltanto sulle esigenze del mercato del lavoro negli Stati membri ma, soprattutto, «su politiche di accoglienza e di integrazione nonché sulla definizione di uno status preciso e di diritti di cittadinanza, sociali e politici per i migranti in tutta l'Unione europea». E' dunque necessario un orientamento «imperniato su strette sinergie fra le varie politiche coinvolte» al fine di creare «un quadro comune di norme minime per l'ammissione dei cittadini di paesi terzi per occupazioni salariate e indipendenti».

A tal fine è auspicabile che Commissione e Parlamento studino le misure «per coordinare meglio l'insieme delle strutture e degli agenti implicati nella gestione dei flussi migratori» oltre «ad adoperarsi per il buon utilizzo e la diffusione dei programmi finanziari in materia». A tal proposito si deplora che le misure adottate ad oggi da Consiglio e Stati membri per il controllo delle ondate migratorie siano state di tipo repressivo piuttosto che proattivo.

Infatti, secondo l'Aula, «le strategie miranti a ridurre la povertà, a migliorare le condizioni di vita e di lavoro, a creare posti di lavoro e a sviluppare la formazione nei paesi d'origine contribuiscono a lungo termine alla normalizzazione dei flussi migratori».

L'Unione europea, pertanto, è invitata ad inserire, in tutti gli accordi di associazione e di cooperazione, «clausole relative alla gestione comune dei flussi migratori e alla riammissione obbligatoria in caso di immigrazione illegale». I deputati ribadiscono, tuttavia, che la cooperazione allo sviluppo, «pur essendo uno strumento necessario per combattere le cause profonde dei flussi migratori», rimane un mezzo complementare, non sostitutivo, delle politiche di integrazione e di migrazione legale.

La Plenaria ricorda poi le responsabilità di tutti gli Stati membri «nella gestione dei flussi migratori nord-sud». Sulla sponda meridionale si tratta di «lottare contro l'immigrazione clandestina e la tratta degli esseri umani», mentre su quella settentrionale «occorre creare le condizioni economiche per lo sviluppo sociale del paese terzo nonché un'accoglienza adeguata e rispettosa della dignità umana».

L'applicazione del sistema integrato di gestione delle frontiere esterne, secondo i deputati, dovrebbe basarsi «su un'armonizzazione rapida in materia di visti, sul coinvolgimento attivo dell'Agenzia europea per la gestione delle frontiere, con la creazione di un fondo comunitario relativo alle frontiere, nonché sulla cooperazione consolare rafforzata con conseguente creazione di posti consolari comuni».

L'Aula ribadisce poi che la politica di migrazione dell'Unione non deve considerare solo l'interesse economico, ma anche i motivi che obbligano le persone a lasciare il proprio Paese. Quindi, qualsiasi misura di lotta contro l'immigrazione clandestina e di controllo delle frontiere esterne deve «rispettare le garanzie e i diritti fondamentali degli individui» secondo le disposizioni figuranti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e nella Convenzione europea per i diritti dell'Uomo, «soprattutto per quanto riguarda il diritto di asilo e il diritto di non essere respinti alle frontiere».

 Conseguentemente, è necessario rafforzare l'attenzione nei confronti della lotta contro la tratta degli esseri umani, specialmente le persone vulnerabili come donne e minori, la maggior parte delle quali non ha accesso al patrocinio legale o alla protezione sociale. Gli Stati membri dovrebbero pertanto considerare la concessione di un permesso di soggiorno permanente come «mezzo idoneo a combattere il traffico degli esseri umani».

In particolare occorrono sforzi maggiori nel campo dei servizi domestici e dell'assistenza familiare, settori che danno lavoro ad un gran numero di donne migranti. E' quindi necessaria «una nuova formula che consenta alle famiglie che le occupano di trovare una soluzione giuridica che consenta la copertura sociale di dette persone».

 Inoltre il Parlamento reputa fondamentale che la politica d'integrazione definisca «norme chiare che disciplinino lo status legale dei residenti e garantiscano il loro diritto a buone prassi amministrative». E' altresì auspicabile «obbligare i cittadini di paesi terzi a seguire corsi di formazione della lingua nazionale o delle lingue nazionali organizzati dagli Stati membri d'accoglienza». Si dovrebbe, poi, conferire loro il diritto di accedere all'istruzione e ai servizi sociali e sanitari, nonché la partecipazione alla vita sociale, culturale e politica.

Parte integrante della lotta contro l'immigrazione clandestina è la cooperazione fra gli organi di polizia e giudiziari nonché la responsabilizzazione adeguata dei trasportatori e delle autorità dei paesi d'origine e il rafforzamento del quadro penale repressivo contro le reti di trafficanti. I deputati invitano pertanto gli Stati membri ad adottare una serie di sanzioni repressive nei confronti delle imprese che sfruttano illegalmente il potenziale umano degli immigrati, ma anche a incrementare le risorse umane di controllo nonché la protezione delle vittime.

La Plenaria reitera poi l'opposizione dei deputati a «centri di accoglienza o di ritenzione per gli immigrati senza documenti o i richiedenti asilo, al di fuori delle frontiere dell'UE, nelle regioni di origine dell'immigrazione». A tale proposito è anche espressa preoccupazione riguardo all'allestimento nei paesi del bacino mediterraneo di "centri di prima accoglienza" per immigrati che mirano a entrare nel territorio dell'Unione, considerandoli «centri che non offrono alle persone interessate le garanzie minime in termini di diritti fondamentali». Il Parlamento rammenta poi che «la gestione dei flussi migratori non può essere improntata esclusivamente a esigenze di sicurezza, ma deve altresì basarsi sulla gestione di uno sviluppo sostenibile e sociale».

D'altro canto, però, l'Aula condivide l'opinione della Commissione secondo cui la regolarizzazione di massa degli immigrati illegali «non costituisce una soluzione al problema dell'immigrazione illegale» e, in mancanza di un sistema comune, «dovrebbe mantenere un carattere eccezionale e unico poiché non risolve i veri problemi di fondo».

I deputati, peraltro, ritengono che «la regolarizzazione di massa degli immigrati illegali debba tenere conto di valutazioni economiche, demografiche e culturali» e, in tale ottica, chiedono un'analisi degli effetti prodotti dalle regolarizzazioni effettuate dagli Stati membri.

Il Parlamento, inoltre, incoraggia gli Stati membri a firmare con i paesi a forte emigrazione, nell'ambito della loro politica nazionale per l'immigrazione, accordi bilaterali «volti a rispondere al fabbisogno europeo di manodopera o ad aprire nuove vie legali di immigrazione onde rendere meglio organizzato e più trasparente il processo migratorio e promuovere le relazioni con i paesi».

Infine, per impedire che il mercato del lavoro interno sia deregolamentato per i lavoratori a basso costo e clandestini, i deputati ritengono urgente elaborare politiche d'immigrazione più adattabili ai mercati del lavoro.

In tale contesto invitano gli Stati membri ad «associare alla decisione sul numero di lavoratori stranieri da ammettere» le amministrazioni regionali e locali, le agenzie regionali per l'occupazione e le parti sociali, le organizzazioni sindacali e di categoria, le associazioni di volontariato impegnate nel territorio e le comunità di accoglienza.

 

Mobilità dei pazienti nell'Unione europea
 

John BOWIS (PPE/DE, UK)

Relazione sulla mobilità dei pazienti e sugli sviluppi delle cure sanitarie nell'Unione europea

Doc.: A6-0129/2005

Procedura: Iniziativa

Dibattito: 7.6.2005

Votazione: 9.6.2005

Con 554 voti favorevoli, 12 contrari e 18 astensioni, l'Aula ha adottato la relazione di John BOWIS (PPE/DE, UK) riguardo alla mobilità dei pazienti e agli sviluppi delle cure sanitarie nell'Unione europea. Secondo i deputati la sanità non può essere considerata un articolo commerciale, ma il mercato unico può sicuramente giovare ai pazienti che desiderino ricevere cure mediche in uno Stato membro diverso da quello di provenienza.

Ogni governo è chiaramente responsabile del proprio sistema sanitario, non l'Unione. L'argomento, tuttavia, ha sollevato una serie di casi che sono stati presentati alla Corte di giustizia. Questa, a sua volta, ha stabilito, tramite diverse sentenze, che ai cittadini europei spetta il diritto di ricevere assistenza sanitaria anche in uno Stato membro diverso dal proprio, con un'autorizzazione preventiva per l'assistenza ospedaliera. I deputati ritengono che, comunque, tale autorizzazione non dovrebbe essere negata qualora un sistema nazionale non possa fornire le cure necessarie in un lasso di tempo ragionevole.

Per chiarire le norme, la Commissione ha stilato un documento consultativo e caldeggia una strategia europea. La Plenaria appoggia tale proposta e si rivolge all'Unione affinché sviluppi quanto prima una politica coerente sulla mobilità dei pazienti. Invita poi l'Esecutivo a stabilire una tabella di marcia risoluta sulla base del metodo aperto di coordinamento, ritenendo che questo argomento richieda una proposta distinta della Commissione e «non debba essere inserita nella direttiva globale sui servizi». 

I deputati auspicano anche l'adozione di norme «in materia di emissione ed esecuzione delle ricette, ma anche per quanto riguarda il denaro versato dagli ammalati per l'acquisto di farmaci in un altro Stato membro». Sono infatti dell'opinione che la Commissione debba «prendere in considerazione, nel rispetto delle norme nazionali, un'armonizzazione delle procedure del rimborso spese». Infine, i meccanismi di pagamento relativi all'assistenza sanitaria dovrebbero essere «uniformi ed imparziali onde evitare le disparità e l'insorgere di svantaggi per taluni pazienti».

Criticando il fatto «che finora non si sia avuta un'armonizzazione delle diverse concezioni in materia di diritti e doveri dei pazienti» e che «è necessario fornire ai cittadini certezza giuridica e una chiara panoramica dei loro diritti e doveri» per quanto riguarda l'accesso alle cure sanitarie e il rimborso delle spese sostenute in un altro Stato membro, i deputati invitano il Consiglio e la Commissione a procedervi senza indugio.

Esortano, inoltre, gli Stati membri ad adottare una legge o una Carta dei pazienti ove si riconoscano a questi ultimi alcuni diritti, tra cui quello di ricevere cure mediche adeguate da parte di personale qualificato, «il diritto ad essere informati e consigliati dal medico in modo comprensibile» nonché  quello «alla documentazione del trattamento ricevuto», alla riservatezza e a presentare reclamo.

 L'Esecutivo è poi invitato ad elaborare una relazione sul carattere e sulla prevalenza del turismo sanitario e la misura in cui è attualmente rimborsato dalle agenzie statutarie, dal settore dell'assicurazione privata oppure a carico dei pazienti stessi. L'Aula sottolinea che le cure sanitarie transfrontaliere non dovrebbero essere una prassi automatica, bensì essere prestate qualora risultino necessarie.

Gli Stati membri, quindi, sono esortati a mantenere un servizio sanitario pubblico «che renda superflua la mobilità dei pazienti su vasta scala». Le modalità di cure, comunque, non dovrebbero essere motivo di discriminazione per i pazienti a basso reddito, evitando, per esempio, che questi debbano pagare il costo integrale del trattamento prima del relativo rimborso.

Link utili

Comunicazione della Commissione 

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