Combattere il terrorismo garantendo i diritti dei cittadini
Dichiarazioni del Consiglio e della Commissione - Libertà e
sicurezza
Dibattito: 7.6.2005
Dichiarazione
della Commissione
Franco
FRATTINI, responsabile del portafoglio per la giustizia, la
libertà e la sicurezza, ha sottolineato che il dibattito era
innanzitutto un'occasione importante per rinnovare la partecipazione
al dolore di coloro che hanno sofferto e soffrono ancora degli
attacchi terroristici.
Dopo essersi
congratulato con il Ministro Clarke per quanto fatto dal Regno Unito
dopo gli attentati di Londra, ha affermato che l'Unione europea
«può fare la differenza» nella battaglia al terrorismo e che
nessuno Stato «può sognarsi di vincere» da solo. Soltanto a
livello europeo, ha aggiunto, si può avere successo nella lotta
contro i nemici della democrazia.
Per il
commissario è quindi necessario promuovere una strategia europea
complessiva che segua tre principali linee direttrici: prevenzione,
protezione e reazione. Per il commissario, l'Unione deve cogliere
l'occasione di essere ciò che si aspettano i cittadini: protagonista
della scena internazionale. Occorre quindi dare una «risposta
politica, non leggi speciali o d'emergenza, ma una visione per
un'Europa che sia terra di sicurezza e di diritti».
Prevenzione
Per il
commissario si tratta di contrastare il disegno politico di una rete
internazionale del terrorismo «che attacca e rinnega i valori
cardine dell’Europa e delle democrazie», mettendo quindi «a
nudo le radici profonde della radicalizzazione violenta e del
reclutamento dell’esercito del terrore».
Ciò va fatto
alimentando un dialogo aperto con le comunità religiose e laiche e
con i Paesi islamici, «per far emergere un terreno comune di
valori, una vera e propria cittadinanza universale cui tutti siamo
chiamati ad appartenere». Una cittadinanza che promuove il
diritto alla vita, il pieno rispetto della dignità umana, la parità
tra donne e uomini.
A tale proposito,
ha aggiunto, la Commissione presenterà una Comunicazione il 21
settembre 2005 che svilupperà azioni di cooperazione internazionale
combattendo i canali ed i flussi di finanziamento che alimentano il
terrorismo.
Protezione
In merito a
questa direttrice, ha spiegato, la Commissione intende rendere
effettivo il primo dei diritti di cittadini: «il diritto di
vivere sicuri, senza paura e senza minaccia», la vita
quotidiana. Per questo motivo, entro la fine di quest'anno, sarà
lanciato un Programma per la protezione delle infrastrutture
critiche. Un processo, ha precisato, che deve promuovere un dialogo
tra la sfera pubblica e i privati, impegnati nella proprietà e nella
gestione delle infrastrutture.
Reazione
A tale proposito,
il commissario ha sottolineato la necessità di promuovere una solida
cooperazione tra servizi segreti e autorità investigative, dando
così vita ad un network europeo che punti sullo sviluppo del
“principio di disponibilità”, da egli ritenuto «decisivo
nell’alimentare la pratica dello scambio di informazioni vitali».
Dopo aver
approvato il mandato d’arresto europeo - un successo - per il
commissario l'appuntamento è ora con il mandato europeo per la
raccolta delle prove come strumento per migliorare la fiducia
reciproca tra le autorità degli Stati membri e che, a suo parere,
dipende dalla volontà politica degli stessi di «lavorare
insieme». Non si tratta, ha precisato, di varare nuove norme, ma
di realizzare più azioni operative.
In proposito, il
commissario ha voluto accentuare la necessità di mantenere un
bilanciamento «tra esigenze investigative e altri diritti
fondamentali», considerando il diritto alla sicurezza, e
quindi alla vita, «un vero e proprio pilastro su cui poggiano i
diritti fondamentali». Si tratta, pertanto di trovare un
equilibrio tre le esigenze delle attività di investigazione e il
diritto alla privacy.
Questa necessità,
ha aggiunto, sarà presa in debita considerazione nella proposta di
direttiva relativa a data retention per le comunicazioni
telefoniche e internet, ma anche nella prima proposta organica in
materia di protezione dati nell'ambito nel Terzo pilastro
(cooperazione di polizia) che sarà presentata a ottobre.
Questa proposta,
ha spiegato, fornirà un quadro istituzionale «davvero europeo»
per garantire la vita privata delle persone e includerà una garanzia
chiara: «solo per specifici obiettivi (lotta al terrorismo, lotta
al crimine organizzato) e sotto il controllo di autorità libere ed
indipendenti (giudici, procuratori) i dati potranno essere – per un
certo periodo di tempo a partire dalla raccolta – utilizzati».
In proposito, sottolineando come, ad oggi, vigono 25 regimi diversi,
il commissario ha affermato che «un quadro europeo ci può rendere
più forti».
In conclusione,
ha rilevato che bisogna essere consapevoli «che siamo impegnati
in una lotta contro il tempo» e che non è «regalare tempo ai
nostri nemici». Occorre, per questo motivo, «grande
comprensione e grande determinazione». Dopo la crisi
referendaria, ha aggiunto, le istituzioni europee hanno conosciuto
un ulteriore attacco del terrore nelle nostre città e tutti sanno
quanto sia importante ora la risposta effettiva per il futuro
dell’idea d’Europa.
Per tutti questi
motivi, il commissario ha detto di condividere l'urgenza del
Ministro Clarke di decidere in fretta e di ritenere che, in questa
impresa, occorre che il Parlamento sia pienamente associato in un
percorso istituzionale che consenta il massimo del confronto e della
condivisione delle responsabilità. E' necessario, in definitiva,
dimostrare buona volontà per rendere l'Europa protagonista nella
politica, «cioè nella risposta ai cittadini».
Interventi dei
deputati italiani
Giusto CATANIA
(GUE/NGL, IT) ha affermato di condividere l'idea che «il
terrorismo è nemico dell'umanità» ma, ha precisato, la lotta al
terrorismo non può essere accostata, così come ha fatto il ministro
Clarke, al contrasto all'immigrazione clandestina e alle politiche
d'asilo.
Questo
parallelismo, a suo parere, «è capzioso e, sul piano pedagogico,
pericoloso». In proposito, si è quindi chiesto: «qualcuno
pensa seriamente che i terroristi giungano in Europa a bordo di
imbarcazioni di fortuna?» ed ha aggiunto che non si devono
«trasformare le vittime in carnefici».
Gli immigranti,
ha spiegato, «sono l'anello debole di un sistema che alimenta il
terrorismo, non sono certamente la causa del terrorismo». Se la
«qualità delle tragedie» si misura anche con la quantità di
morti, ha quindi aggiunto, «il terrorismo non può neanche essere
considerato la priorità per l'Unione europea». A suo parere,
infatti, «la vera tragedia europea è rappresentata dal numero di
immigranti che, a causa delle nostre leggi e delle nostre pratiche
di respingimento, annegano nel Mediterraneo». E il numero di
morti nel Mediterraneo «è mille volte più grande dei morti
causati dagli attentati terroristici».
Osservando come
«il ministro Clarke e il signor Frattini siano rappresentanti dei
due paesi europei che hanno contribuito di più alla guerra e
all'occupazione militare dell'Iraq», ha poi affermato che si
sbaglia analisi «se non si vede il rapporto tra la guerra e il
terrorismo». Si sbaglia analisi, ha proseguito, «se non si
vede che la guerra e il terrorismo si alimentano a vicenda, così
come allo stesso modo si annientano a vicenda l'islamofobia e
l'integralismo islamico».
Il deputato,
citando uno studio pubblicato recentemente dall'Agenzia dell'ONU nel
quale si afferma che negli ultimi tre anni - «cioè da quando c'è
l'occupazione militare» - la produzione di oppio in Afghanistan
è cresciuta in modo esponenziale, ha sottolineato come la droga sia
il primo canale di finanziamento per le organizzazioni
terroristiche.
Il terrorismo, a
suo parere, non si sconfigge né con la guerra né «con
l'ossessione sicuritaria». La riproposizione di «un sistema
di controllo orwelliano dei cittadini europei» è pertanto
giudicata inaccettabile dal deputato.
In proposito, ha
detto di condividere quanto affermato da Stefano Rodotà secondo il
quale «la protezione dei dati corrisponde alla tortura del terzo
millennio perché entrambi hanno l'obiettivo di estrapolare
informazioni». D'altra parte, ha affermato, non si è ancora
dimostrato che la protezione dei dati contribuisce a sconfiggere il
terrorismo.
Il deputato ha
poi sostenuto che su alcune iniziative occorre ottenere il consenso
dei cittadini europei e ciò, a suo parere, «non sarà facile»,
tenuto conto delle ipotesi emerse. Inoltre, non è nemmeno utile
uscire dalla crisi dell'Unione europea «con questa oppressione
securitaria». L'Unione europea, ha quindi concluso, «riuscirà
a diventare un soggetto politico forte ed istituzionalmente
credibile solo se ci sarà un consenso popolare sul modello di
società e questa è la lezione che ci viene dal referendum francese e
olandese».
Per Mario
BORGHEZIO (IND/DEM, IT) il terrorismo non si combatte con la
guerra ma, ha spiegato, «non si combatte neanche filosofeggiando
su diritti e garanzie, come si sta facendo da più parti in questo
dibattito», mentre tutti sanno «che il nemico è dentro di
noi». Allora, ha proseguito, «è inutile ed anche specioso
venirci a raccontare, come è stato detto da qualche autorevole
esponente, che negli Stati islamici cosiddetti "moderati" da essi
visitati si trova brava gente che non vuole la guerra e non vuole il
terrorismo».
A queste persone
il deputato ha quindi consigliato «di fare una capatina» a
Tunisi dove si è dovuta rifugiare all'Ambasciata italiana una madre
italiana - «perseguitata dalla giustizia di quel Paese» - per
difendere se stessa ed il diritto del suo bambino minore di poter
ritornare in Italia, «perché nei Paesi islamici, anche moderati,
quando si deve giudicare una controversia fra chi è musulmano e chi
non lo è, la decisione è scritta in partenza».
A tale riguardo,
ha poi ricordato che questa signora si è rivolta al Presidente
Borrell per rivendicare il suo diritto e si è detto certo che la sua
sensibilità certamente farà in modo che la voce di questo Parlamento
arrivi «a quel regime».
Ribadendo che
«il pericolo è al nostro interno» il deputato ha accolto con
favore le quelle misure di prevenzione citate dal commissario,
sostenendo che prevenire significa incidere là dove c'è il pericolo
e «non fra i disgraziati che arrivano a Lampedusa sui barconi
che certamente non sono loro il pericolo» ma «nei confronti
di quelli che subito li reclutano, subito organizzano, non in tutte,
ma in moltissime moschee, non in tutti ma in molti centri di
preghiera». Il governo italiano, ha aggiunto, «sta facendo
molto bene», intervenendo in maniera puntuale nei confronti di
quelli «che seminano le tensioni, che creano e moltiplicano quel
brodo di cultura».
Mentre, «si
continua a filosofeggiare» sulla raccolta dei dati, ha detto, si
indaga poco e nel corso del dibattito non si è nemmeno fatto cenno
al problema del finanziamento del terrorismo, che rappresenta una
questione importante. «Il pericolo è dentro di noi, è nelle
nostre case e nelle nostre città europee», ha concluso, ed è lì
che bisogna incidere con misure serie e puntali, «senza concedere
nulla al buonismo sul quale abbiamo sentito troppe parole in
quest'Aula».
Secondo Antonio
DI PIETRO (ALDE/ADLE, IT), l'Europa può e deve reagire con
fermezza ed adottare ogni misura necessaria a dare risposte efficaci
contro la criminalità terroristica, «che è il nuovo cancro della
nostra società». Per tale motivo, ha detto di condividere i
provvedimenti contenuti nel piano d'azione sul terrorismo e, in
particolare, tutte quelle misure volte a realizzare e a rafforzare
Eurojust e Europol, il mandato di arresto europeo, la cooperazione e
lo scambio di informazioni, il monitoraggio e la rintracciabilità
dei movimenti bancari, l'ampliamento delle videocamere e delle
intercettazioni telefoniche e telematiche, il congelamento dei beni
appartenenti a sospetti terroristi.
Pur rilevando
che, in questo modo, vi è il rischio di limitare l'esercizio di
alcuni diritti fondamentali come la privacy, il deputato ha
sostenuto che, in questo momento, è «prioritario difendere i
diritti della collettività nel suo complesso, altrettanto
fondamentale ed ancor più urgenti». Siamo in una situazione di
oggettiva emergenza, ha aggiunto. Per tutelare un bene collettivo
superiore come la sicurezza dei cittadini, si deve quindi avere
anche la forza ed il coraggio di sostenere provvedimenti che
limitano anche i diritti individuali, eccezionalmente e
temporaneamente e sempre dietro l'autorizzazione dell'autorità
giudiziaria competente.
«Tolleranza zero»
contro il terrorismo, ha spiegato, non significa però non rispettare
i principi fondamentali propri dei nostri ordinamenti bensì
«operare sempre nel pieno rispetto della legge». Per questo
motivo il deputato ha condannato con fermezza i rapimenti
organizzati dalla CIA sui territori sovrani di Stati membri, come
quello del cittadino egiziano avvenuto a Milano lo scorso 16
febbraio 2003.
Si è quindi
rammaricato «per le cosiddette licenze di uccidere che troppo
spesso vengono date agli agenti di polizia sulla base di sospetti
non comprovate da oggettive esigenze di legittima difesa, come
purtroppo è avvenuto ultimamente anche in un Paese europeo».
Insomma, ha concluso, «sì alla legge al terrorismo, sì alla lotta
contro il terrorismo in modo risoluto e fermo, ma in nome e nel
rispetto della legge».
Claudio FAVA
(PSE, IT), rivolgendosi alla Presidenza, ha affermato che il
Parlamento non può che condividere l'urgenza della risposta al
terrorismo. Tuttavia, ha aggiunto, lo stesso Parlamento «ritiene
anche di dover affiancare a questa risposta il rigore nella tutela
dei diritti umani».
Occorre quindi
parlare del pragmatismo dei diritti umani, e non di un dibattito che
sia soltanto «astratto e virtuale» perché, ha spiegato, se si
accetta di abbandonare questo livello - antico e consolidato - di
tutela nei confronti dei diritti dell'uomo e di attenzione verso
questi diritti fondamentali, «avremo regalato ai terroristi la
loro prima, clamorosa vittoria». Si dimostrerebbe, infatti, che
i nostri valori sono in realtà «fragili, precari e assolutamente
parziali». Il deputato ha quindi posto diverse domande al
Ministro.
La guerra è stata
o no una delle cause che hanno determinato la diffusione del
terrorismo su questo pianeta? Esiste o no un limite al ricorso a
forme di giustizia sommaria? Ha poi ricordato che, in diversi Paesi,
tra cui l'Italia, è in corso un'inchiesta giudiziaria sulla
«responsabilità di servizi segreti americani e la compiacenza di
servizi segreti europei nel rapimento di alcuni cittadini europei ed
extracomunitari che sono stati portati in Egitto, in Siria, in altri
Paesi del Medio Oriente per essere interrogati, torturati e in
alcuni casi eliminati».
Qual è la
posizione del Consiglio rispetto all'inchiesta in corso?, ha quindi
chiesto al Ministro, affermando che quella della Commissione, molto
chiara, è che «non intende sopportare altre violazioni dei
diritti umani che manifestino la stessa gravità». E' ancora
valido nelle Istituzioni europee il principio di proporzionalità? ha
infine chiesto il deputato in merito alla questione sulla custodia
dei dati.
Egli ha quindi
rilevato come, in questo momento, vi siano due idee «radicalmente
diverse»: da una parte la Commissione che parla di specifici
obiettivi sotto il controllo di un'autorità indipendente, dall'altra
il Consiglio che intende raccogliere tutti i dati senza alcuna
selezione. Quale sarà il punto di equilibrio?
Quale sarà il
ruolo di questo Parlamento per fissare questo punto di equilibrio e
quale sarà più complessivamente il ruolo politico di questo
Parlamento? ha quindi domandato. Verremo chiamati soltanto a
condividere e a ratificare o saremo capaci anche di esercitare la
nostra funzione di garanzia?
Per Antonio
TAJANI (PPE/DE, IT), gli attentati dell'11 settembre, di Madrid,
di Londra, di Sharm el Skeikh, come quelli avvenuti in altre città
asiatiche e africane, «dimostrano che il terrorismo non ha
soltanto cambiato volto ma anche strategie, organizzazioni ed armi
per colpire le nostre democrazie». Ecco perché di fronte
all'evoluzione della minaccia terroristica, ha spiegato, «occorre
aggiornarsi, adeguare le contromisure necessarie a sconfiggere i
nemici delle libertà».
Per difendere il
diritto alla sicurezza dei propri cittadini, a suo parere, l'Europa
deve compiere ogni sforzo possibile per avere strumenti operativi e
norme capaci di prevenire e contrastare Al Qaeda ed i suoi alleati.
Consiglio, Commissione, Parlamento europeo e Stati membri devono
pertanto lavorare in tempi rapidi per dar vita a misure comuni,
soprattutto in materie delicate che riguardano contemporaneamente la
sicurezza ed i diritti di libertà, come ad esempio «le espulsioni
di persone che predicano l'odio e la violenza e sono pericolose per
la sicurezza». In proposito, ha quindi ricordato che l'Italia ha
espulso un imam, mentre nei prossimi giorni saranno espulse altre
persone.
Servono, insomma,
misure armonizzate e condivisione di responsabilità politiche ed
economiche anche nel settore del controllo delle frontiere e
dell'immigrazione clandestina. Sono necessarie armonizzazione e
coordinamento in questi campi ma anche nell'azione delle polizie e
dei servizi d'intelligence. Per questo motivo, il deputato ha
affermato di condividere le proposte della Presidenza inglese e
quelle del commissario Frattini.
Senza la raccolta
e la custodia dei dati del traffico telefonico, ha spiegato, «non
sarebbe stato arrestato a Roma uno degli attentatori di Londra».
A suo parere, tuttavia, il terrorismo non si combatte e non lo si
sconfigge soltanto con la fermezza, pur rispettando i diritti umani,
con le norme e con l'azione delle forze di polizia e d'intelligence.
Occorre anche
una forte azione politica dell'Europa, degli Stati nazionali,
per coinvolgere in questa lotta l'Islam moderato. E' quindi
necessario pensare a consulte islamiche «che isolino i violenti,
i predicatori dell'odio e che permettono ai musulmani che vivono in
Europa di non essere strumentalizzati».
Se da un lato non
bisogna mai confondere l'Islam con il terrorismo, dall'altro va
condannato chi, in nome dell'estremismo, «pensa di impedire ai
giovani musulmani europei di frequentare le scuole di Stato
parificate per andare nelle scuole coraniche». Tale fenomeno,
citando l'esempio «clamoroso» di Milano, è giudicato
preoccupante dal deputato in quanto «vuole bloccare
l'integrazione degli immigrati in Europa per creare sacche di
illegalità».
Rilevando,
infine, come i soli Stati nazionali, ma anche la sola Europa,
«non possono vincere la sfida», ha sottolineato che occorre una
cooperazione allargata con gli Stati Uniti e con i Paesi arabi
moderati anch'essi nel mirino di Bin Laden. Per tutti questi motivi,
ha concluso, nel Partito Popolare Europeo, la delegazione di Forza
Italia «sosterrà le azioni dell'Unione nella lotta contro il
terrorismo nel contemporaneo rispetto dei diritti umani e dei
diritti di sicurezza di ogni persona che vive in Europa».
Replica della
Commissione
Franco
FRATTINI ha sottolineato la qualità del dibattito che
dimostra come Consiglio, Parlamento e Commissione rafforzino la loro
volontà di lavorare insieme. Il commissario ha poi ricordato che con
il trattato costituzionale si erano realizzati degli enormi passi
avanti «che ci avrebbero permesso di progredire e che per ora
purtroppo non ci saranno».
Nella riflessione
sul Futuro dell'Europa, affrontando il settore della sicurezza come
priorità dell'azione europea, ha aggiunto, «dovremo dire con più
forza che se vogliamo davvero ridurre le gelosie nazionali dobbiamo
creare un terreno istituzionale europeo più solido e più coeso»,
ed ha sottolineato come il terrorismo e la criminalità organizzata
transnazionale cambino e si sviluppino molto più velocemente delle
Istituzioni europee.
Cosa fare ora per
rispondere alle attese dei cittadini? «Meno nuove leggi, meno
nuove iniziative legislative e più attuazione delle regole che
esistono», è la risposta del commissario che, al tempo stesso,
ha rilevato come vi siano molti Stati membri in grave ritardo con
l'attuazione delle regole attuali e come permangano ancora delle
gelosie istituzionali.
Per tale motivo,
ha aggiunto, nel piano di azione è stato proposto un meccanismo di
monitoraggio permanente dell'attuazione delle regole esistenti, al
fine di «capire come stiamo procedendo e se stiamo procedendo».
Inoltre, ogni sei mesi il Parlamento sarà informato sulle modalità
di attuazione ma, a tal e scopo, sarà necessario ottenere un forte
sostegno politico dei deputati, «non un sostegno giuridico».
In merito alla
strategia politica dell'Europa, il commissario ha auspicato il
maggior coinvolgimento della società civile, delle comunità
religiose e civili, la fine di lavorare assieme «per sradicare le
radici profonde del terrorismo e del reclutamento dei terroristi».
Anche le comunità islamiche dovranno essere coinvolte e, ha
aggiunto, ad esse sarà chiesto «un gesto di responsabilità».
Il commissario ha poi auspicato che, in questo dialogo aperto, si
possa ascoltare, sempre più spesso, nelle preghiere delle moschee,
«una parola chiara di condanna forte contro ogni atto che attenta
alla la vita umana».
La Commissione
darà anche un contributo alla strategia internazionale dell'azione
europea in materia di sicurezza con la pubblicazione di una
comunicazione sul miglior modo di coinvolgere gli attori
internazionali in questa «sfida assolutamente universale»,
anche con il contributo del mondo del volontariato e delle ONG, al
fine di individuare i movimenti finanziari e assicurarsi della loro
trasparenza.
In conclusione,
il commissario ha sottolineato la necessità che i cittadini e le
comunità civili non si sentano esclusi «da questa grande azione
corale e politica per sconfiggere il terrorismo».
Immigrazione: accordo di riammissione con l'Albania
Ewa KLAMT (PPE/DE, DE)
Relazione sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla
conclusione dell'accordo tra Comunità europea e Repubblica di
Albania sulla riammissione delle persone in soggiorno irregolare
Doc.: A6-0214/2005
Procedura: Consultazione legislativa
Dibattito: 6.9.2005
Votazione: 6.9.2005
Adottando la
relazione di Ewa KLAMT (PPE/DE, DE), il Parlamento ha
approvato la conclusione di un Accordo sulla riammissione delle
persone in soggiorno irregolare negoziato con l'Albania, sul quale
il Consiglio dovrà pronunciarsi all'unanimità e poi entrare in
vigore già da quest'anno.
L'accordo è
suddiviso in 8 sezioni e comprende 6 allegati, che costituiscono
parte integrante dell’accordo, e cinque dichiarazioni comuni. Gli
obblighi di riammissione sanciti dall'accordo sono del tutto
reciproci e si applicano sia ai cittadini rispettivi sia ai
cittadini dei paesi terzi e agli apolidi. Viene specificato
sistematicamente che la riammissione avviene senza ulteriori
formalità tranne quelle previste dall'accordo.
L'obbligo di
riammettere i cittadini dei paesi terzi e gli apolidi è subordinato
alle seguenti condizioni preliminari: la persona da riammettere deve
possedere, al momento dell'ingresso, un'autorizzazione di residenza
valida o un visto valido rilasciati dalla Parte interpellata; la
persona da riammettere entra nel territorio della Parte richiedente
dopo aver soggiornato o transitato (legalmente o illegalmente) nel
territorio della Parte interpellata.
Sono esonerate da
questi obblighi solo le persone in transito aeroportuale e tutte le
persone a cui la Parte richiedente abbia concesso un'autorizzazione
di residenza con un periodo di validità superiore o il cui visto/la
cui autorizzazione di residenza sia stato(a) ottenuto(a) mediante
documenti contraffatti o falsificati.
Avendo l'Albania
accettato di assumere obblighi così vasti in merito alla
riammissione dei cittadini di paesi terzi e degli apolidi, la
Comunità europea ha accolto le richieste albanesi di rinviare di due
anni l’entrata in vigore di tali obblighi e inserire una “clausola
di riammissione” in caso di riammissione indebita. L'Albania
accetta, in determinate circostanze, l'uso del documento di viaggio
standard dell'UE a scopo di espulsione.
L'accordo
contiene una sezione sulle operazioni di transito e un'altra
relativa alle necessarie disposizioni tecniche sulla procedura di
riammissione (domanda di riammissione, prove, termini, modalità di
trasferimento e modi di trasporto). È prevista una certa
flessibilità procedurale poiché, quando la persona da riammettere
sia in possesso di documenti di viaggio validi, basta una
comunicazione scritta senza che sia necessario presentare
formalmente una domanda di riammissione.
Vi sono poi le
necessarie disposizioni sui costi, sulla protezione dei dati e sulla
non incidenza rispetto agli altri diritti e obblighi internazionali
applicabili alle Parti, nonché sulla composizione, i compiti e i
poteri del comitato di esperti. Ai fini dell'applicazione pratica
dell'accordo, inoltre, gli Stati membri sono autorizzati a
concludere protocolli di attuazione bilaterali con l' Albania.
L’accordo entrerà
in vigore il primo giorno del secondo mese successivo alla data in
cui le parti si notificano reciprocamente l’espletamento delle
rispettive procedure giuridiche. Gli articoli 3 e 5 sulla
riammissione dei cittadini di paesi terzi e degli apolidi, tuttavia,
entreranno in vigore due anni dopo l'accordo.
Background
L'accordo di
riammissione tra la Comunità europea e la Repubblica di Albania è il
quarto accordo in materia negoziato e concluso dalla Comunità
europea con uno Stato terzo. Sinora i negoziati sono stati
completati con quattro paesi: Hong Kong (novembre 2001), Macao
(ottobre 2002), Sri Lanka (maggio 2002) e Albania (novembre 2003).
Gli accordi con Hong Kong e Macao sono già entrati in vigore,
rispettivamente il 1° marzo e il 1° giugno 2004. Gli accordi con lo
Sri Lanka e l'Albania dovrebbero entrare in vigore nel 2005.
Il Consiglio ha
sinora autorizzato la Commissione a negoziare accordi comunitari di
riammissione con undici paesi terzi/entità. Oltre a quelli citati,
gli altri paesi sono il Marocco, la Russia, il Pakistan, l'Ucraina,
l'Algeria, la Cina e la Turchia.
La Commissione
europea nel programma dell'Aia "Dieci priorità per i prossimi cinque
anni" indica la nomina di un rappresentante speciale della
Commissione per una politica comune di riammissione nel 2005.
Link utili
Proposta della Commissione
Programma dell'Aia: "Dieci priorità per i prossimi cinque anni"
Sito dell'Organizzazione
internazionale per le migrazioni
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