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RASSEGNA

 

3 - 6 luglio 2006

 

Strasburgo

 

 

 


 

Sommario

CONSIGLIO EUROPEO


Programma della Presidenza finlandese

Il Primo Ministro finlandese ha illustrato all'Aula le priorità della sua Presidenza per i prossimi sei mesi: la legittimità dell'UE, la trasparenza e l'efficienza dell'azione europea, la Costituzione, la competitività, il ruolo di attore globale e le questioni legate allo Spazio di sicurezza e giustizia.

Intervento in nome del Consiglio

Matti VANHANEN ha sostenuto che l'Europa deve iniziare a pensare al suo ruolo nel mondo globalizzato poichè, per salvaguardare il futuro, occorrono azioni concrete sin da ora. Nonostante le critiche, ha aggiunto, l'Unione ha dimostrato che è capace di agire come nel caso delle prospettive finanziarie o con i progressi realizzati sulla direttiva servizi. L'indebolimento della legittimità dell'UE, ha spiegato, è dovuto alla scarsa conoscenza dei cittadini su cosa l'Europa fa per loro. Tuttavia, è anche necessario che l'Unione migliori il suo modo di funzionare per offrire risultati che influiscono sulla vita dei cittadini al fine di rafforzare la sua legittimità ai loro occhi.

Il Primo Ministro ha quindi sottolineato l'importanza di dotare l'azione dell'Unione di maggiore efficienza e trasparenza. Occorre quindi che l'Europa agisca subito, sulla base degli attuali trattati, per dimostrare che è in grado di ottenere risultati concreti sulla vita dei cittadini e non si occupa solo di questioni istituzionali. Si tratta, più precisamente, di fornire quel valore aggiunto che i singoli Stati non sono in grado di garantire. In merito alla trasparenza, ha assicurato che la sua Presidenza darà piena attuazione alla decisione del Consiglio europeo in merito all'apertura al pubblico delle riunioni ministeriali. Ha poi riaffermato l'impegno riguardo al miglioramento della legislazione UE, nel rispetto dei principi della proporzionalità e della sussidiarietà ed ha quindi sostenuto la necessità di nuove norme e l'attualizzazione di quelle esistenti.

In merito al futuro dell'UE, il Presidente del Consiglio ha sostenuto l'approccio del doppio binario che prevede l'avvio delle riforme in base ai trattati esistenti. Ma la Finlandia avvierà anche delle consultazioni con gli Stati membri e le Istituzioni sul futuro del Trattato che formeranno la base della relazione che dovrà essere presentata nel corso della Presidenza tedesca. Si è quindi detto convinto che l'Europa ampliata ha bisogno del trattato costituzionale e ha ricordato che il suo Paese lo ratificherà in autunno. Riguardo all'allargamento, appunto, si è detto felice che la "capacità di assorbimento" dell'UE non sia stata elevata a criterio di adesione. L'allargamento, ha spiegato, è una storia di successi, «la risposta strategica dell'Europa alle sfide mondiali» da cui hanno tratto beneficio sia i vecchi sia i nuovi Stati membri. Ha poi notato che è nel corso di questa Presidenza che sarà decisa la data di adesione di Bulgaria e Romania, mentre continueranno i negoziati con Turchia e Croazia. Ma la Finlandia sosterrà anche le aspirazioni dei Balcani Occidentali.

Per il Primo Ministro, la competitività dell'Europa è una questione fondamentale nel quadro della globalizzazione. La Finlandia cercherà quindi di ottenere risultati sul Settimo Programma quadro di ricerca, sulla legislazione riguardo ai prodotti chimici (REACH), sulla direttiva servizi, sulla direttiva sull'orario di lavoro e sulle tariffe del roaming. Sarà organizzato un Vertice dedicato all'innovazione e dovranno essere continuati gli sforzi per completare il mercato unico. Sulla questione energetica, ha ricordato che il Presidente Putin sarà invitato a una cena di lavoro con i leader europei ed ha sostenuto la necessità di garantire la sicurezza degli approvvigionamenti e di definire linee guida comuni e una politica coerente sugli aspetti esterni della questione energetica. Ma la competitività, ha precisato, non deve essere perseguita a tutti i costi, vi deve essere un equilibrio tra le riforme, la sicurezza sociale e la sostenibilità ambientale.

L'Unione deve diventare un attore globale. In tale contesto, la Presidenza intende rafforzare il ruolo dell'UE e rendere le sue azioni maggiormente coerenti. Sarà poi necessario sviluppare la gestione europea delle crisi e migliorare il coordinamento civile e militare. Ha inoltre sottolineato l'importanza della cooperazione con la Russia, non solo in campo energetico. In materia di Giustizia e Affari Interni, ha ribadito che i cittadini si aspettano azioni concrete dell'Unione nella lotta contro il crimine internazionale, il traffico di esseri umani e il terrorismo. In proposito, ha sostenuto che l'azione europea potrà diventare più efficiente se gli Stati membri si accorderanno per statuire in questo campo con il metodo comunitario e votando a maggioranza qualificata. Il rafforzamento dei controlli alle frontiere, ha spiegato, è solo parte della soluzione, poiché è anche importante rafforzare la cooperazione con i paesi d'origine e di transito.

Interventi in nome dei gruppi

«Il mondo sta vivendo la febbre del calcio», ha esordito Hans-Gert POETTERING (PPE/DE, DE), sottolineando che «l'Europa ha già vinto» visto che «le quattro migliori squadre vengono dall'Unione europea». I calciatori ci hanno insegnato che la competizione corretta è una cosa bellissima, ha proseguito, e in Europa e nel mondo «dovremmo avere questo fair play». Se questa è la base, «noi avremo successo».

Il leader popolare ha poi riproposto l'idea di costituire un gruppo di lavoro composto da rappresentanti del Consiglio, della Commissione e del Parlamento che, sin da ora, prepari la dichiarazione congiunta che sarà adottata in occasione del Vertice straordinario di Berlino che commemorerà il 50° anniversario della firma dei Trattati di Roma. In merito alle relazioni con la Russia, ha invece sottolineato che occorre che tale Paese rappresenti un partner dell'UE forte, «possibilmente democratico» e che rispetti i diritti umani, poiché «la politica delle pacche sulle spalle non è necessariamente la migliore».

Martin SCHULZ (PSE, DE), in italiano, ha reso anzitutto «omaggio alla squadra azzurra», raccogliendo gli applausi dell'Aula. Proseguendo in tedesco, dicendosi «un po' triste» per l'esito della partita, ha sottolineato che i principali capitoli individuati dalla Presidenza rappresentano delle «sfide globali» che non possono essere affrontate a livello nazionale. E' quindi necessario che l'Europa definisca un quadro che consenta la sopravivenza dell'UE nella competizione internazionale. Al riguardo, ha notato la necessità di disporre di norme che consentano all'UE funzionare e la Costituzione sarebbe quindi una decisione logica e coerente. Costituzione e ampliamento, ha spiegato, sono due facce della stessa medaglia. Il leader socialdemocratico ha poi affermato che i cittadini reclamano maggiori poteri per il Parlamento nel terzo pilastro e, quindi, occorre utilizzare la passerella prevista dal Trattato. Richiamandosi infine alla Carta dei diritti fondamentali, ha esortato l'Unione a trattare «la minaccia» rappresentata dalla recrudescenza del populismo in Europa, che è presente anche in leader di governo. In proposito ha stigmatizzato le intese politiche siglate con l'estrema destra in Polonia e Slovacchia.

Graham WATSON (ALDE/ADLE, UK) ha affermato che l'enfasi posta dalla Presidenza sulla produttività e la trasparenza «è musica per le orecchie di un liberale». Il programma presentato, ha aggiunto, rappresenta al contempo le tendenze riformatrici e gli impulsi egualitari e innovativi della Finlandia. Ha quindi sottolineato che, tra gli aspetti che il suo gruppo ritiene particolarmente importanti, figura il completamento del mercato interno nei settori dell'energia e dei servizi. Condividendo l'accento posto sull'azione europea che fornisce un valore aggiunto alle vite dei cittadini, ha quindi evidenziato la necessità di migliorare la cooperazione giudiziaria e di polizia che, però, deve essere accompagnata da un miglior controllo democratico che tuteli i diritti umani e le libertà civili. In merito alla trasparenza, il leader liberaldemocratico ha ricordato di aver chiesto agli Stati membri di stilare delle tabelle di concordanza che consentano ai cittadini di verificare quali norme sono frutto di una decisione europea. Ha quindi accolto con favore la decisione sulla comitatologia che conferisce maggiori poteri e responsabilità al Parlamento. Notando poi il carattere ambizioso del programma della Presidenza, le ha augurato di avere successo nella difesa dei diritti umani nel mondo e nel raggiungimento di un accordo in seno all'Organizzazione Mondiale del Commercio.

Daniel COHN-BENDIT (Verdi/ALE, DE) si è detto perplesso del discorso del Primo Ministro in quanto è stata elencata una serie di propositi senza dire come raggiungerli e senza fornire una gerarchia delle priorità. Ha poi sottolineato l'evoluzione in corso in Europa che porta diversi partiti ad allearsi con l'estrema destra populista per governare. Se l'Europa è unità di valori e capacità di agire, si è quindi chiesto, «qual è la relazione tra questi valori e l'azione»? Riguardo alla Russia, il leader dei Verdi ha stigmatizzato il fatto che l'Europa «corra dietro a Putin per paura di perdere l'energia». Ha in seguito sostenuto che, prima di parlare di immigrazione illegale, è necessario organizzare quella legale. Si è quindi lamentato che nulla sia stato detto sulle attività della CIA in Europa.

Esko SEPPÄNEN (GUE/NGL, FI) ha stigmatizzato l'aumento delle attività militari dell'UE. Ha poi criticato il sostegno della Presidenza alla Costituzione, affermando che il governo finlandese non gode dell'appoggio dei cittadini visto che solo il 22% della popolazione si è dichiarata in favore. In materia di trasparenza, ha chiesto che siano pubblicati i nomi dei beneficiari dei fondi agricoli europei.

Brian CROWLEY (UEN, IE) ha sottolineato l'importanza di convogliare maggiori sforzi nelle relazioni con i paesi vicini e, in proposito, ha posto l'accento sulla necessità di avere buoni rapporti con la Russia, nell'interesse anche della stabilità geopolitica. Ha poi accennato alla questione della trasparenza, sostenendo che occorre mantenere gli impegni assunti nei confronti dei cittadini. Il deputato ha quindi insistito sulla necessità di sviluppare energie e tecnologie pulite, promuovere la ricerca e l'innovazione e proteggere le proprietà intellettuali.

Per Nigel FARAGE (IND/DEM, UK) il discorso del Primo Ministro è un «déjà vu», ripropone infatti le stesse idee che sono ripetute all'inizio di ogni Presidenza. Ha sottolineato che la posizione del governo non riflette la volontà della popolazione finlandese, in quanto solo il 34% dei cittadini si è detto soddisfatto dell'appartenenza del proprio paese all'UE.  Il deputato ha quindi insistito sulla necessità di realizzare una maggiore deregolamentazione.

Interventi dei deputati italiani

Per Roberto MUSACCHIO (GUE/NGL, IT) «finché non cambieremo l'opzione liberista, faticheremo ad uscire dalla crisi in cui l'Europa versa». A suo parere è infatti questa opzione che pregiudica gli obiettivi sociali e ambientali che si cercano di assumere. A titolo d'esempio, ha quindi affermato che l'energia «non può essere considerata una merce come le altre» e ciò rappresenta «il tema centrale del futuro». Occorre pertanto seguire la strada di Kyoto, passare alle fonti rinnovabili abbandonando quelle fossili e non correre «i rischi intollerabili del nucleare». E' poi necessario che vi siano equità, solidarietà e non conflitti o guerre militari, ma anche «un'altra visione dell'economia, della società, della politica, della democrazia». Per esistere, ha quindi aggiunto, la comunità dell'energia ha bisogno di queste scelte, «fatte insieme agli altri e non contro di essi, dalla Russia, al Sudamerica, all'Africa». Occorre quindi che il l'Europa avanzi queste proposte al G8 di San Pietroburgo – «sia pure in una sede per noi assai discutibile e inaccettabile» – che si sintetizzano con il concetto di «energia come bene comune del futuro».

Alessandro BATTILOCCHIO (NI, IT), parlando a nome del Nuovo PSI, ha affermato di condividere appieno le priorità della Presidenza finlandese e, in particolare, l'accento posto sul rilancio del ruolo delle Istituzioni, tanto a livello europeo quanto a livello internazionale. Riguardo al rapporto delle Istituzioni con i cittadini, ha spiegato, sono molte le strategie che si possono intraprendere: dialogo, democrazia, dibattito. A suo parere, tuttavia, per dare veramente agli europei un segnale forte, occorre chiudere la fase di riflessione per rilanciare concretamente il processo costituzionale, aumentare la trasparenza nel processo decisionale e amministrativo e tentare di trovare una soluzione «convincente e percorribile» alla questione della doppia sede del Parlamento. Quest'ultimo, ha precisato, è un problema che «non contribuisce all'immagine di efficienza ed attenzione che vogliamo dare ai nostri cittadini».

Sul piano internazionale, ha proseguito, l'UE è una comunità di valori «e il suo punto di partenza è la pace e la stabilità». Ricordando che uno degli impegni che l'UE si è assunta agli occhi della Comunità internazionale è la promozione di tali valori anche all'esterno delle sue frontiere, ha quindi auspicato che il Consiglio sostenga le richieste del Parlamento per quanto riguarda gli strumenti che dovranno finanziare la cooperazione internazionale e la promozione della democratizzazione e dei diritti umani. Anche in questo settore, ha concluso, «è importante garantire un impegno forte, coerente ed efficace», garantendo al contempo la trasparenza nelle decisioni e nell'implementazione «per assicurare alle nostre azioni la dovuta credibilità».

«Latine loquimur in Europae, parliamo latino in Europa». Ha così esordito Antonio TAJANI (PPE/DE, IT) che, «come cittadino romano e come cittadino europeo», ha ringraziato la Finlandia per aver deciso di inaugurare anche in lingua latina il semestre di presidenza dell'Unione. Non si tratta, ha precisato di un mero ringraziamento formale, poiché la scelta «ha un profondo significato». Ha quindi spiegato che la civiltà romana, erede di quella greca, «ha rappresentato il primo fondamentale elemento di unificazione dell'Europa», «la lingua latina, le grandi infrastrutture, il diritto, l'immenso mercato interno ed infine la pax augusta sono state le fondamenta nelle quali ha fondato le sue radici il cristianesimo, vero ponte tra l'Europa dell'ovest e l'Europa dell'est». Parafrasando quanto scritto su Roma da un importante archeologo e scrittore europeo, Valerio Massimo Manfredi, il deputato ha quindi affermato che «l'Europa è soprattutto un grande ideale».

Pertanto, «non possiamo rinunciare a far vivere questo grande ideale, dando all'Europa una legge fondamentale che le permetta di dare a 450 milioni di cittadini le risposte ai problemi che più li preoccupano: immigrazione, sicurezza, competitività con i paesi emergenti, la questione energetica, la determinazione dei confini, la creazione di posti di lavoro». In proposito ha quindi sottolineato che la Finlandia ha l'importante compito di preparare il prossimo semestre a guida tedesca, «che sarà determinante per dare vita finalmente al trattato costituzionale di cui l'Europa ha bisogno per stare più vicina ai cittadini». Ricordando poi che, a Roma, si celebrerà il 50° anniversario dei Trattati, ha auspicato che, «come coloro che in antichità divenendo cittadini romani si sentivano orgogliosi e sicuri della garanzia che ottenevano dall'istituzione», anche un domani «chi sarà cittadino europeo da qualunque parte del mondo arrivi, si senta sicuro e orgoglioso di vivere in uno spazio dove sono garantiti e difesi i diritti della persona: la pace, la sicurezza e la libertà. Soltanto allora avremo vinto la nostra sfida e il grande ideale sarà divenuto realtà».

Guido SACCONI (PSE, IT) si è rallegrato che il Presidente del Consiglio abbia spesso fatto riferimento alla necessità di dare impulso all'Europa dei risultati per recuperare la fiducia dei cittadini, «naturalmente senza contrapporre questa Europa a quella dei valori e della Costituzione». Come relatore di REACH, e quindi come "sherpa" che lavora per i risultati, ha quindi affermato di aver apprezzato molto che tale questione sia stata inserita fra le priorità della Presidenza, collocandola nel capitolo "competitività". Se REACH è prima di tutto in funzione della tutela della salute umana e dell'ambiente, ha infatti spiegato, «è anche un potente stimolo all'innovazione».

Salutando l'ottimo lavoro svolto dal Consiglio e dal Parlamento per avvicinare le proprie posizioni, rendendo «molto più fruibile» questo strumento anche allo scopo della spinta di innovazione, si è detto sicuro che sarà possibile raggiungere un accordo in seconda lettura entro al fine dell'anno. A tale fine, ha precisato, occorre però che i due legislatori vadano avanti, nonostante qualcuno «consiglierà di stare fermo, di fare muro contro muro».

Link utili

Sito della Presidenza finlandese

Riferimenti

Dichiarazione del Consiglio - Presentazione del programma della Presidenza finlandese
Dibattito: 5.7.2006

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GIUSTIZIA E AFFARI INTERNI


Per il Parlamento, in taluni casi, la CIA è stata «direttamente responsabile» di attività illegali in Europa

La CIA, in taluni casi, è stata direttamente responsabile «dell'arresto, dell'espulsione, del rapimento e della detenzione illegali di persone sospettate di terrorismo» in Europa. E' quanto sostiene una relazione intermedia approvata dal Parlamento che critica anche il coinvolgimento e la complicità di alcuni Stati membri. I deputati hanno dato il via libera al prolungamento di sei mesi dei lavori della commissione. La relazione ha ottenuto 389 voti favorevoli, 137 contrari e 55 astensioni.

La lotta contro il terrorismo non potrà essere vinta «sacrificando gli stessi principi che il terrorismo tenta di distruggere» e «la tutela dei diritti fondamentali non deve mai essere compromessa». E' quanto afferma il Parlamento europeo nella relazione intermedia di Claudio FAVA (PSE, IT) sul presunto utilizzo di paesi europei da parte della CIA per il trasporto e la detenzione illegali di persone. I deputati sostengono inoltre che «il terrorismo va combattuto con mezzi legali e deve essere sconfitto nel rispetto del diritto internazionale e delle normative interne» e con «un atteggiamento responsabile da parte dei governi e dell'opinione pubblica».

Nonostante l'assenza di qualsiasi potere investigativo paragiudiziario e «dinanzi alla segretezza opposta dalle autorità nazionali circa le presunte attività dei servizi di intelligence», la commissione temporanea afferma di aver raccolto «informazioni attendibili stando alle quali sul territorio europeo si sono svolte pratiche illegali che hanno interessato cittadini e residenti europei». I lavori finora realizzati, d'altra parte, dimostrano anche «la necessità di eseguire altre verifiche e di raccogliere elementi complementari di informazione».

Attività della CIA in Europa

Sulla base delle prove presentate alla commissione temporanea, i deputati si dicono indotti a credere che, «in taluni casi», la CIA o altri servizi degli Stati Uniti «sono stati direttamente responsabili dell'arresto, dell'espulsione, del rapimento e della detenzione illegali di persone sospettate di terrorismo nel territorio degli Stati membri e di paesi in via di adesione e candidati all'adesione, nonché della consegna speciale di persone, tra cui anche cittadini o residenti europei». Nel ribadire quindi che tali atti «sono in contrasto con i principi del diritto internazionale e configurano una grossolana violazione dei diritti umani fondamentali», esprimono preoccupazione per il fatto che, dopo l'11 settembre 2001 e nel quadro dell'indispensabile lotta contro il terrorismo, «i diritti umani fondamentali sono stati oggetto, a varie riprese, di gravi e inammissibili violazioni».

Nel deplorare che gli accordi di intesa tra gli USA e i paesi europei non siano stati messi a disposizione della commissione temporanea, il Parlamento condanna la prassi delle consegne speciali che, spiegano i deputati, «fanno sì che i sospetti non siano sottoposti a processo, bensì siano trasferiti verso paesi terzi per esservi interrogati, eventualmente torturati e detenuti in strutture controllate dagli Stati Uniti o dalle autorità locali». Inoltre, ritengono «inammissibili» le prassi di taluni governi volte a limitare la proprie responsabilità «chiedendo assicurazioni diplomatiche da paesi nei cui confronti sussistono forti motivi per presumere che pratichino la tortura». Nella misura in cui richiedono un’eccezione alla norma, secondo i deputati, tali assicurazioni diplomatiche costituiscono «un tacito riconoscimento dell'esistenza di pratiche di tortura in paesi terzi». 

Il Parlamento esprime poi «profonda preoccupazione» per il fatto che tutti i lavori finora svolti dalla commissione temporanea sembrano indicare che lo spazio aereo e gli aeroporti europei sono stati utilizzati per il trasferimento illegale di persone sospettate di terrorismo sotto custodia della CIA e dell’esercito statunitense o di altri paesi (tra cui l'Egitto, la Giordania, la Siria e l'Afghanistan) «che usano sovente la tortura negli interrogatori, come riconosciuto dallo stesso governo statunitense». D'altra parte, accoglie con favore la reazione del Congresso statunitense, che ha applicato l'emendamento McCain concepito per assicurare ai presunti terroristi una protezione migliore da trattamenti illegali da parte di agenzie statali.

Per i deputati, «il numero elevato» di voli di aeromobili posseduti o noleggiati dalla CIA utilizzando lo spazio aereo e gli aeroporti europei costituisce una violazione della Convenzione di Chicago che impone l'obbligo di ottenere un'autorizzazione in materia di voli di Stato. Deplorano poi che nessun paese europeo abbia adottato procedure volte a verificare se gli aeromobili civili «non servissero a fini incompatibili con le norme internazionalmente riconosciute in materia di diritti umani». D'altra parte, considerano assolutamente insufficiente la legislazione europea in materia di cielo unico europeo, di utilizzazione, controllo e gestione degli spazi aerei nazionali, di utilizzo degli aeroporti degli Stati membri e dei vettori europei e sottolineano la necessità di fissare nuove regole nazionali, europee e internazionali.

Facendo proprio un emendamento proposto dal PPE/DE, inoltre, il Parlamento osserva che i lavori della commissione temporanea «non hanno finora fornito prove che dimostrino l'esistenza di prigioni segrete nell'UE». Tuttavia, ritiene che nei mesi futuri i lavori della commissione temporanea debbano concentrarsi maggiormente su tale tema.

Il ruolo dei governi europei, il caso Abu Omar

Sulla base delle testimonianze e dei documenti finora raccolti, il Parlamento «ritiene inverosimile» che taluni governi europei «non fossero a conoscenza delle attività legate alle consegne speciali svolte nel proprio territorio». In particolare, i deputati ritengono «del tutto inverosimile» che «diverse centinaia di voli» attraverso lo spazio aereo di vari Stati membri e altrettanti movimenti in arrivo o in partenza da aeroporti europei «possano essere stati effettuati senza che i servizi preposti alla sicurezza né i servizi di intelligence ne abbiano avuto cognizione e senza che i responsabili di tali servizi siano stati quanto meno interrogati sui rapporti fra tali voli e la pratica delle consegne speciali». Questa considerazione, è spiegato, sarebbe suffragata dal fatto che personalità di primo piano dell’amministrazione USA «hanno sempre affermato di aver proceduto senza aver violato la sovranità nazionale dei paesi europei». Adottando un emendamento proposto dal PPE/DE, d'altra parte, il Parlamento prende atto dei contributi del coordinatore UE per la lotta al terrorismo e dell'Alto rappresentante per la PESC, «i quali hanno entrambi dichiarato di non essere a conoscenza di violazioni del diritto nazionale, internazionale o europeo da parte degli Stati membri che cooperano con la CIA, aggiungendo che, ai sensi del diritto comunitario, non sono autorizzati a chiedere agli Stati membri informazioni al riguardo».

La relazione ritiene ugualmente inverosimile, visto quanto emerso dalle inchieste giudiziarie, dalle testimonianze e dalla documentazione esaminata, che il rapimento del cittadino egiziano Abu Omar, avvenuto a Milano il 17 febbraio 2003 ad opera di agenti della CIA, trasportato prima ad Aviano e poi a Ramstein, «possa essere stato organizzato ed eseguito senza alcuna comunicazione previa alle autorità governative o ai servizi di sicurezza italiani». Con 291 voti favorevoli, 283 contrari e 13 astensioni, inoltre, il Parlamento ha adottato un emendamento proposto dalla GUE/NGL che invita il governo italiano, ove si presumano modificate le condizioni che hanno determinato la precedente decisione, a chiedere l'estradizione dei ventidue agenti della CIA coinvolti nel rapimento di Abu Omar, «al fine di agevolare il procedimento giudiziario in corso e contribuire all'accertamento della verità».

Nel condannare poi altri casi simili verificatesi in Europa, il Parlamento evidenzia la necessità di un maggior controllo democratico e giudiziario delle misure anti-terrorismo dell’UE. Chiede quindi che il gruppo di lavoro del Consiglio sulla lotta al terrorismo tratti sistematicamente la questione della protezione dei diritti umani durante le sue riunioni e pubblichi una relazione annuale in materia e invitano la futura Agenzia per i diritti fondamentali a prestare particolare attenzione ai casi che implicano l’estradizione di presunti sospettati di terrorismo da Stati membri a paesi terzi.

Cooperazione tra i servizi segreti

Il Parlamento deplora il fatto che le regole concernenti le attività dei servizi segreti «siano apparentemente inadeguate» in diversi Stati membri e ciò, per i deputati, «rende necessario istituire controlli migliori, in particolare per quanto riguarda le attività dei servizi segreti stranieri nel proprio territorio, comprese le basi militari straniere». A suo parere, inoltre, occorre adottare norme in materia di cooperazione a livello dell'Unione europea. In proposito, pur dicendosi consapevoli dell'importanza di una stretta cooperazione fra i servizi di intelligence degli Stati membri e quelli degli Stati alleati, sottolineano «che tale cooperazione non deve essere confusa con l'abbandono della sovranità sul territorio e lo spazio aereo europei».

Sottolineando poi la diversità di approccio fra i modelli giuridici americano e europeo su tali tematiche, il Parlamento riconosce tuttavia che il terrorismo internazionale rappresenta una delle minacce principali per la sicurezza e la stabilità dell'UE, nonché per l'intera comunità internazionale, e che essa può essere combattuta unicamente con mezzi legali, in stretta cooperazione con gli Stati Uniti.

La difesa dei diritti umani è un dovere

Il Parlamento rammenta agli Stati membri che hanno l'obbligo di accertare formalmente se il proprio territorio o spazio aereo siano stati utilizzati per violazioni dei diritti umani commesse da essi stessi o da Stati terzi con la loro necessaria cooperazione diretta o indiretta, e di adottare ogni misura legislativa atta ad evitare che tali violazioni abbiano a ripetersi. Sottolinea inoltre che la proibizione della tortura e di un trattamento crudele, inumano e degradante «è assoluta e senza eccezioni», indipendentemente dal fatto che si tratti di stato di guerra o di minaccia di guerra, di instabilità politica interna o di altri stati di emergenza. Ricorda poi che i casi di detenzioni segrete, di rapimenti e di consegne speciali costituiscono violazioni dei diritti fondamentali in virtù del diritto internazionale, soprattutto nella misura in cui tali atti sono sinonimo di tortura o di trattamenti inumani e degradanti.

In proposito, i deputati sottolineano che le informazioni o le confessioni estorte sotto tortura o mediante un trattamento crudele, disumano e degradante, «non possono in nessun caso essere considerate prove valide» e giudicano con grande scetticismo l'attendibilità delle confessioni ottenute con la tortura e il loro presunto contribuito alla prevenzione e alla repressione del terrorismo. Chiedono quindi fermamente agli Stati membri, ai paesi in via di adesione e ai paesi candidati di rispettare rigorosamente la convenzione dell'ONU contro la tortura, e segnatamente il principio del non respingimento, secondo cui "Nessuno Stato Parte espelle, respinge né estrada una persona verso un altro Stato qualora vi siano serie ragioni di credere che in tale Stato essa rischia di essere sottoposta a tortura". Inoltre, invitano gli Stati membri ad evitare ogni ricorso a garanzie diplomatiche contro la tortura.

Il Parlamento, inoltre, rileva la necessità urgente di pervenire a una interdizione chiara, in termini di diritto internazionale, delle "consegne speciali" e chiede alle istituzioni europee di adottare una posizione comune in materia e di affrontare la problematica con i paesi terzi interessati. Invita poi gli Stati membri a prendere una posizione più decisa in merito alla chiusura del centro di detenzione di Guantanamo Bay. Occorre anche assumere un ruolo proattivo nel trovare una soluzione per i detenuti contro cui non sarà intentato alcun procedimento giudiziario e che non possono tornare nel loro paese d'origine o di residenza perché sono diventati apolidi o perché vi sarebbero sottoposti a tortura o ad altri trattamenti crudeli, disumani o degradanti. Infine, gli Stati membri sono esortati a fornire a tutti i cittadini europei e a tutti coloro che hanno risieduto nell'UE e che sono attualmente detenuti a Guantanamo «tutto il sostegno e l'assistenza necessari, in particolare in campo legale».

Futuri lavori della commissione temporanea

Il Parlamento rileva la necessità di proseguire i lavori della commissione temporanea e approfondire la valutazione degli episodi corrispondenti al fine di verificare l'esistenza di una violazione, da parte di uno o più Stati membri, dell'articolo 6 del trattato sull'Unione europea che impone il rispetto dei diritti umani. I deputati sottolineano inoltre l'opportunità di estendere le indagini ad episodi e a paesi non citati espressamente nella relazione e propongono che la commissione temporanea prosegua i suoi lavori per la durata restante del mandato regolamentare di dodici mesi, fatto salvo un eventuale prolungamento.

Per i deputati, infine, la commissione temporanea, al termine dei propri lavori, dovrà suggerire anche i principi da adottare in merito alla necessità di disposizioni di monitoraggio interno dell'UE per garantire che gli Stati membri rispettino i loro obblighi in materia di diritti umani. Ma anche riguardo a nuove norme sullo scambio di informazioni tra i servizi di intelligence, agli accordi con paesi terzi e con organizzazioni internazionali impegnate nella lotta al terrorismo e agli accordi conclusi con i paesi terzi nel quadro della politica europea di vicinato.

Dibattito in Aula

Intervento del relatore

Giovanni FAVA (PSE, IT) ha affermato che il Parlamento è sempre chiamato ad uno scopo elevato e difficile, che è quello di «dare il proprio contributo nella lotta contro il terrorismo» e, in proposito, ha ricordato che il prossimo sabato «saremo accanto ai nostri amici britannici per la commemorazione dei cinquanta morti di Londra nell'attentato dello scorso anno». L'altro scopo, altrettanto difficile, è quello «di contribuire alla verità, relativa agli abusi che sono stati commessi in questi anni in nome della lotta al terrorismo» che motiva la costituzione della commissione temporanea. La verità, ha spiegato, «sui diritti negati a coloro che sono stati accusati di essere i nostri nemici ma, come esseri umani, come imputati, hanno diritto ad un avvocato, diritto ad un processo, diritto a un giudice, diritto ad un trattamento dignitoso e umano». Senza diritto, ha esclamato, «non esiste legge, ma esiste soltanto la manifestazione di una forza, esiste soltanto l'arbitrio».

Quando parliamo di extraordinary renditions, ha spiegato, «parliamo anzitutto di un arbitrio, voluto da alcuni paesi, e accettato da altri paesi, in nome della lotta al terrorismo». Si tratta di consegne straordinarie di sospetti terroristi catturati dalla CIA e consegnati a paesi compiacenti, «che fossero disposti a interrogarli con ogni mezzo e a detenerli senza processo». In questi anni, ha aggiunto, queste pratiche, «sono state un fatto, non un'opinione, né un'illazione». Un fatto, ha aggiunto, «che è stato ammesso perfino dal dipartimento di Stato americano, una prassi usata ed abusata anche ai danni dei cittadini europei». Abbiamo il dovere, ha proseguito, «di parlare di un concorso di colpe vasto, generalizzato che riguarda diversi paesi europei con diversi livelli di responsabilità: c'è chi è stato complice, c'è chi ha coperto le operazioni illegali, c'è chi si è semplicemente voltato dall'altra parte».

Facendo riferimento all'arresto del vicedirettore del Sismi per essere stato complice nel sequestro di Abu Omar e per il quale sono pendenti ventidue ordini di custodia cautelare nei confronti di altrettanti agenti della CIA, il relatore ha sottolineato la gravità del fatto che il direttore del Sismi, il generale Pollari, «sia venuto di fronte alla nostra commissione affermando che la sua agenzia non aveva mai avuto alcune informazioni riguardo quel sequestro». Ha quindi rilevato la responsabilità supplementare dei governi affinché l'onere della prova – «proprio perché non siamo una Corte di giustizia» – è un onere che va condiviso con i governi, «ai quali chiederemo in questi mesi la piena collaborazione e la completa verità». Ci vorremmo adoperare, ha quindi proseguito, «per una verità senza aggettivi, sui fatti, sulle responsabilità, per fare in modo soprattutto che questi fatti e abusi, non si ripetano mai più sul territorio europeo o ai danni di cittadini europei».

Il lavoro svolto, ha poi spiegato, ha permesso di ricostruire in dettaglio «un complesso sistema di aerei e di compagnie fantasma, di cui si è servita, in questi anni, la CIA per le proprie missioni». E' anche stato possibile ricostruire minuziosamente il percorso di oltre mille voli, molti dei quali erano routine, che servivano a trasportare materiale, o trasportare funzionari, ma non tutti. Su quegli aerei, ha detto, «sono stati brutalmente caricati e trasportati verso le loro prigioni, Abu Omar, Maher Arar, Calle del Mastri, Mohamed  Algiza e molti altri ancora».

Questi voli «hanno impunemente fatto scalo nei nostri aeroporti, utilizzato i nostri cieli e beneficiato del nostro silenzio», ha aggiunto, «solo in un caso, un funzionario di polizia ha preteso di poter identificare equipaggi e passeggeri». Con la relazione, ha quindi concluso, «abbiamo restituito voce e diritto di parola alle vittime di clamorosi errori giudiziari», e ha quindi chiesto di poter continuare a lavorare fino alla fine del mandato, «sapendo che la verità, che alla fine avremo ottenuto e consolidato, sarà un patrimonio da mettere a disposizione di tutti i paesi europei e, naturalmente, anche di questo Parlamento».

Intervento in nome del Consiglio

Paula LEHTOMÄKI ha sottolineato l'importanza della relazione interinale, soprattutto in considerazione del ruolo e del potere di iniziativa del Parlamento europeo. Il rispetto dei diritti fondamentali e la lotta al terrorismo, ha aggiunto, non possono essere in contraddizione e occorre conformarsi al diritto internazionale.  Ha poi precisato che il Trattato non riconosce competenze all'UE in questo settore, tuttavia il Consiglio non è rimasto passivo.

Al riguardo ha citato le diverse discussioni tenutesi tra i ministri degli affari esteri dell'Unione e il dialogo con gli USA, avviato già sotto Presidenza britannica e proseguito fino al Vertice di Vienna. Al riguardo, il Ministro ha ricordato l'invito rivolto agli USA a fornire le informazioni al Consiglio d'Europa e a chiudere Guantanamo. Ha quindi concluso sostenendo che la Presidenza sarà artefice della difesa de diritti umani.

Intervento in nome della Commissione

Alla vigilia dell'anniversario dell'attacco terroristico a Londra, ha esordito Franco FRATTINI, la lotta al terrorismo «deve restare l'obiettivo principale della strategia europea di sicurezza» e, questa, «è la buona occasione per ricordarlo» affermando in modo chiaro «che il rispetto dei diritti fondamentali di ciascun essere umano è l'altro elemento che si deve inserire nella strategia europea di sicurezza». E' evidente, ha aggiunto, che quando attentiamo o riduciamo le garanzie di libertà e i diritti fondamentali delle persone, «rischiamo involontariamente di offrire un argomento alla propaganda proprio dei terroristi che dobbiamo combattere». E' quindi necessario ricercare la verità, che sia «una verità storica, una verità giudiziaria e una ricerca di responsabilità».

Ha quindi ricordato che la Commissione europea ha contribuito a questa ricerca con convinzione, aiutando e sostenendo con forza dal primo giorno la richiesta della commissione temporanea di ottenere i dati di Eurocontrol che, secondo quanto risulta dal rapporto, «sono stati uno degli elementi più importanti per individuare alcuni fatti». Inoltre, sempre con convinzione, il vicepresidente ha sostenuto le richieste della commissione temporanea del Parlamento di avere accesso alle fotografie satellitari dell'Agenzia europea e «per ben tre» volte ha ricordato ai ministri degli interni dei paesi membri l'importanza di collaborare con la commissione temporanea del Parlamento e di sviluppare delle indagini e degli accertamenti nazionali nei paesi dove questo non era ancora accaduto.

Prendendo atto e condividendo l'idea che la commissione temporanea del Parlamento non ritiene di essere una sorta di super tribunale europeo, ha però sottolineato che gli elementi indicati nella relazione sono «uno strumento utile e saranno valutati molto approfonditamente». Alcuni, ha spigato, sono già stati valutati perché erano già noti a molte autorità giudiziarie nazionali che stanno indagando ma, ha aggiunto, queste stesse autorità nazionali, anche alla luce dei dati della relazione,  potranno e dovranno provvedere a degli accertamenti «con ancora più forza». Lo dovranno fare, ha precisato, garantendo il diritto a un processo. L'esito che tutti si augurano, ha affermato, è «ottenere finalmente una verità piena e soddisfacente su queste accuse» ed è quindi importante attendere con fiducia le decisioni che i giudici dei paesi membri prenderanno.

In merito alle prospettive future, il Vicepresidente ha affermato che una riforma dei servizi segreti appartiene alla competenza nazionale ma ciò potrebbe essere oggetto di una riflessione più ampia per vedere, ad esempio, se le regole di trasparenza possono essere migliorate a livello di Stati nazionali, oppure se il coordinamento dell'attività dei servizi in ciascuno Stato membro non debba vedere una responsabilità più diretta dei capi dei governi dei rispettivi paesi. Ma anche se non ci debba essere una sorta di controllo parlamentare nazionale sulle risorse finanziarie dei servizi segreti, «perché tutti sanno che se si controllano le risorse finanziarie c'é un modo importante di incidere sull'attività funzionale». Infine, riguardo alla necessità rilevata dalla relazione di definire nuove regole sull'aviazione civile non commerciale anche con aerei civili, quella definizione di aereo di Stato o impiegato per attività di Stato, il commissario ha anticipato che l'Esecutivo è pronto a sviluppare una riflessione insieme alla commissione temporanea nel prossimo periodo di lavoro.

Intervento in nome dei gruppi

Jas GAWRONSKI (PPE/DE, IT) aveva sperato che il relatore non menzionasse il caso italiano. Tuttavia, visto che lo ha fatto - precisando di parlare come membro italiano del Parlamento e non come coordinatore del PPE - ha quindi sostenuto che «oggi Osama Bin Laden è felice» perché in Italia, «invece di arrestare terroristi, ci si concentra nell'arrestare coloro che danno la caccia ai terroristi». Riguardo alla relazione, il deputato ha sottolineato come non sia sufficiente che il relatore accetti alcuni degli emendamenti dei popolari, poiché si tratta di una relazione «estremamente tendenziosa, che prende in considerazione solo punti di vista critici degli Stati Uniti». A titolo di esempio ha quindi citato il fatto non è stata accolta la richiesta di inserirvi due dichiarazioni di Solana e di de Vries, solo perché «hanno detto cose che non soddisfano la Sinistra ed hanno sostenuto di non essere consapevoli di alcuna violazione della legge da parte degli Stati membri nella cooperazione con la CIA».

Anche se sembra vi sia maggiore disponibilità, ha tuttavia criticato il fatto che, solo «perché va contro quella cosiddetta verità che cercano di imporre a noi», è stato rifiutato l'inserimento nella relazione di una dichiarazione di Human right watch che sostiene di avere sospetti ma non prove. Il deputato ha poi riconosciuto che «gli americani hanno fatto qualche errore» che meritano di essere criticati e anche condannati, tuttavia ha precisato che, se hanno commesso degli errori, «è perché fanno qualche cosa». Ha quindi affermato che avrebbe gradito che la relazione contenesse un riconoscimento del fatto che, «se oggi qui siamo riuniti a parlare del problema CIA, è grazie alla stampa americana, al Congresso americano e al popolo americano». Per queste ragioni, ha concluso dicendosi decisamente critico e anche deluso dalla relazione.

Wolfgang KREISSL-DÖRFLER (PSE, DE) ha tenuto a precisare che nessuno, nel suo gruppo, è contrario alla lotta al terrorismo, ma questa, ha insistito, non può essere condotta con le stesse armi dei terroristi. Occorre invece che siano garantiti i principi giuridici che l'UE difende nel mondo. Sottolineando che le critiche formulate non riguardano il popolo americano, ha rilevato la necessità che sia chiarito il compito dei servizi segreti nel trattare cittadini di altri Stati membri, visto che in questo caso «non vale il principio d'origine». Il deputato ha poi affermato che il Parlamento non ha il ruolo di procuratore, ma deve appurare i fatti affinché i cittadini sappiano cosa che è accaduto e quali sono le conseguenze politiche. L'UE, ha concluso, deve difendere i propri valori e garantire la sicurezza dei cittadini.

Sarah LUDFORD (ALDE/ADLE, UK) ha insistito sul fatto che molti Stati membri non hanno adottato la legislazione UE in materia di antiterrorismo e, pertanto, non si dispone degli strumenti che possano contrastare tale fenomeno. Si è in una situazione, ha aggiunto, in cui l'Unione non può perseguire i terroristi, ma «può perseguire i sospetti terroristi a privarli dei loro diritti». Sostenendo come vi siano testimoni e fatti che dimostrano che la CIA abbia operato in Europa, la deputata ha affermato che non è plausibile che i governi non sapessero nulla di queste attività. Ha quindi ricordato che gli Stati membri hanno l'obbligo di indagare e punire i responsabili di questi abusi e, affermando come non sia vera che l'UE non ha veri poteri i questo campo, ha sottolineato che i Trattati prevedono una clausola che commina sanzioni per i casi di violazione dei diritti umani.  In proposito ha definito «patetico» che Solana e De Vries dicano di non credere che vi siano state violazioni e che non hanno la competenza per chiedere agli Stati membri di fornire informazioni. Ha quindi concluso accusando il Consiglio e gli Stati membri di essere colpevoli «di creare aria fritta e retorica» nel descrivere l'UE come difensore dei diritti umani.

Per Cem ÖZDEMIR (Verdi/ALE, DE) forse non esistono leggi che regolano le pratiche denunciate, ma ve ne sono sulla violazione dei principi del diritto, come quelli sulla rappresentanza legale nei processi e il divieto di non inviare persone in luoghi in cui possono subire torture o abusi. Ha poi sottolineato che molte delle vittime sono scomparse e coloro che la commissione è riuscita a sentire hanno riferito di aver subito torture e trattamenti degradanti. Ha poi criticato il fatto che gli Stati membri non abbiano realizzato i controlli sui voli della CIA e ricordato che la Convenzione sui diritti umani impone agli Stati l'obbligo di agire contro chi viola i diritti umani. L'Italia, ha concluso, lo ha fatto in questi giorni e occorre che gli Stati membri seguano il suo esempio.

Giusto CATANIA (GUE/NGL, IT) ha sottolineato che i lavori della commissione temporanea hanno dimostrato che le consegne straordinarie «sono parte di una strategia sbagliata, intrapresa in nome della lotta al terrorismo, imperniata sulla teoria della guerra preventiva e sul restringimento dello Stato di diritto». Questa strategia, ha aggiunto, non ha affatto indebolito il terrorismo, anzi, «lo ha alimentato, lo ha radicalizzato e ha perfino favorito il raggiungimento dei suoi obiettivi». Il deputato ha quindi proseguito ricordando che la Corte suprema degli Stati Uniti ha spiegato che la metà dei prigionieri di Guantanamo sono stati prelevati in Afghanistan tra il 2001 e il 2003, «il che significa che l'Europa è stato il luogo di transito per oltre duecento prigionieri, che gli aeroporti europei sono stati utilizzati come scalo, che le basi USA e NATO in Europa sono state un avamposto».

Il deputato ha poi aggiunto che i lavori della commissione hanno potuto accertare che vi sono stati sicuramente dei rapimenti, come quello Abu Omar, e che questa attività dell'Intelligence americana è stata condotta con il coinvolgimento dei governi nazionali. In proposito ha citato il fatto che il Segretario di Stato americano ha dichiarato esplicitamente che non vi è stata alcuna violazione della sovranità nazionale. Quello che è emerso con forza, ha quindi insistito, «è che i governi europei sono stati complici di queste azioni dell'Intelligence americana del territorio europeo». Ha inoltre ricordato che un carabiniere italiano ha confessato e che il vicedirettore del Sismi è stato arrestato. Su quest'ultimo punto, il deputato ha rilevato la necessità di chiarire la situazione: «o il capo dell'Intelligence italiana - il dottor Pollari - ha mentito alla commissione temporanea o non conosceva l'attività del suo numero due». Ritenendo gravi ambedue i casi, ha concluso esortando il commissario Frattini a chiarire il suo operato quando all'epoca dei fatti era Ministro degli Esteri.  

Secondo Konrad SZYMAŃSKI (UEN, PL), la relazione deve utilizzare un linguaggio adeguato alle circostanze. Ha quindi spiegato che non tutti i casi descritti sono in conflitto con il diritto internazionale, in quanto taluni trasferimenti hanno riguardato persone sottoposte a processo. Niente, ha aggiunto, ci autorizza ad affermare che vi siano state serie violazioni dei diritti umani. Notando che gli USA - come hanno diritto - interpretano in maniera diversa la Convenzione, il deputato ha poi affermato che la relazione deve evitare di fornire un quadro semplicistico della situazione in cui «gli USA sono i cattivi e l'Europa è buona». Sottolineando inoltre che vi è un vuoto legislativo in materia di lotta al terrorismo, ha quindi concluso auspicando nuove norme internazionali in questo campo.

Mirosław PIOTROWSKI (IND/DEM, PL) ha sottolineato che la commissione temporanea non ha fornito nessuna informazione nuova, non facendo altro che elencare fatti già noti e, pertanto, è quindi inutile spendere altri soldi dei contribuenti prolungando il suo mandato. Ha poi criticato l'uso politico della relazione come pretesto per attaccare gli USA e gli Stati membri che hanno collaborato con essi, indebolendo così li fronte comune contro il terrorismo. Ha quindi ricordato che anche i socialisti, nell'800, si sono macchiati di atti assimilabili al terrorismo.

Intervento dei deputati italiani

Luca ROMAGNOLI (NI, IT) ha ricordato che i metodi utilizzati dalla CIA non sfuggono «ad una tradizione consolidata dei governi statunitensi» e, al tale riguardo, ha citato la guerra di secessione, il genocidio degli indiani d'America e la connivenza con i Khmer rossi della Cambogia. Per il deputato, la relazione - «suffragata da poche prove, mercé degli ostacoli opposti alla commissione da molti governi dell'Unione e da diversi affari di sicurezza» - non è di per sé sufficiente ad evidenziare la dipendenza politica dell'Europa. «Nessuno vuole difendere i terroristi, nessuno vuol fare demagogico antiamericanismo», ha precisato, tuttavia si deve prendere atto sia della violazione dei diritti umani che delle reiterate violazioni della sovranità dei paesi membri dell'UE. Poiché se non lo si facesse, significherebbe «servire interessi antieuropei».

Per Antonio TAJANI (PPE/DE, IT) la relazione in discussione ha l'importante obiettivo di accertare responsabilità di singoli o di organizzazioni per eventuali reati commessi in violazione dei diritti umani. Tuttavia, ha affermato che essa «non può e non deve trasformarsi in un atto di accusa strumentale contro gli Stati Uniti ed altri paesi impegnati in prima linea nella lotta contro il terrorismo». Il fine politico, ha spiegato, «non può mai distorcere la verità in spregio dei principi del diritto».

A proposito delle vicende che riguardano l'Italia, ha quindi voluto sottolineare che il governo italiano e l'organizzazione dei servizi di sicurezza «si sono sempre dichiarati in tutte le sedi parlamentari totalmente estranee alle vicende che riguardano la cattura di Abu Omar» e che «nessuno fino ad oggi è stato in grado di dimostrare il contrario». Inoltre, nell'esprimere la propria solidarietà al commissario Frattini, ha sostenuto che «eventuali responsabilità personali non possono coinvolgere le Istituzioni».

Ha poi annunciato che lo stesso Abu Omar lunedì è stato arrestato ancora una volta al Cairo «perché pericoloso per la sicurezza dello Stato egiziano» e che, la moschea milanese, nota anche fuori d'Italia perché coinvolta in inchieste sul terrorismo, «si è oggi compiaciuta per l'arresto dei due rappresentanti del servizio segreto militare». Si è quindi detto stupito del «garantismo a senso unico ostentato in questa vicenda dal relatore», il quale, «in contraddizione con la cultura giuridica europea», «confonde l'arresto con la condanna». Confusione, ha notato il deputato, «che non ha mai manifestato, invece, nei confronti di Abu Omar».

Inoltre, ha affermato che il magistrato responsabile dell'arresto dei due dirigenti del Sismi, ha contemporaneamente ordinato la perquisizione in un quotidiano e nell'abitazione di due giornalisti che si erano occupati del caso Abu Omar. A tale proposito, ha esclamato che tale atto rappresenta «una palese violazione della libertà di stampa», soprattutto perché l'azione «è stata compiuta in direzione di un giornale fortemente critico nei confronti del governo ed impegnato nella lotta contro il terrorismo». Ha quindi concluso, volendo ricordare che, durante i cinque anni di governo di centrodestra in Italia, «non ci sono stati attentati terroristici» e che, al contrario, «ne sono stati sventati molti grazie al sacrificio delle forze dell'ordine, delle forze armate, dei servizi di sicurezza, e sono state quindi salvate molte vite umane».

Replica della Commissione

Franco FRATTINI ha confermato che la Commissione europea è pronta a proseguire il lavoro con la commissione temporanea di questo Parlamento. In merito all'attuazione della normativa antiterrorismo da parte degli Stati membri, ha quindi sottolineato che si tratta di un tema centrale su cui si deve lavorare. In proposito ha ricordato che cinque Stati membri dell'Unione europea non hanno ancora trasposto la decisione quadro europea per la lotta al terrorismo e che solo sette Stati su venticinque hanno concluso la ratifica dell'accordo Europa-Stati Uniti sull'estradizione. Un accordo, ha spiegato, che se fosse in vigore «darebbe certamente una chiarezza di quadro legale proprio nella materia del trasferimento dei prigionieri».

Il Vicepresidente ha poi accolto con favore la proposta di un dialogo politico, strutturato con gli Stati Uniti d'America sul tema della lotta al terrorismo e, insieme, della salvaguardia delle libertà. In proposito, ha annunciato che sin dallo scorso mese di febbraio è cominciato un dialogo a livello di esperti. Questo dialogo, ha aggiunto, potrà proseguire. Ha poi affermato che, a suo parere, la sentenza della Corte suprema americana su Guantanamo dimostra che il sistema di controllo legale delle garanzie dei diritti nel sistema democratico americano funziona e che questo «sia una base di conforto per il nostro lavoro comune». Si è poi detto disponibile a un dialogo con il Parlamento sulle linee di ristrutturazione del sistema dell'Intelligence, dei Servizi segreti, «compreso il controllo democratico e parlamentare sui servizi». Ha inoltre affermato che sarà altrettanto utile discutere dell'uso dello spazio aereo per l'aviazione non civile, confermando che vi è una riflessione in corso sulla nozione di aereo di Stato e di volo per missioni istituzionali e di Stato.

In conclusione, ha voluto rispondere ad un attacco personale dell'onorevole Catania, «unico tra cinquantaquattro intervenuti», che ha chiesto «per la quarta volta» un chiarimento sul suo ruolo di ex Ministro degli esteri all'epoca del caso Abu Omar. Sottolineando di aver già risposto varie volte a questa richiesta alla commissione per libertà pubbliche, e notando che ciò forse «potrà forse far guadagnare all'onorevole Catania qualche titolo sui giornali italiani», ha affermato di avere il dovere di ricordare che il governo dell'epoca «ha smentito formalmente la conoscenza del caso Abu Omar e lo ha fatto senza prova contraria». Inoltre, ha precisato che, secondo la legge italiana, che il deputato conosce, il Ministro degli esteri «non solo non può, ma non deve avere conoscenza sull'attività operativa dei Servizi segreti italiani». Questa è un'informazione sulle leggi italiane che l'onorevole Catania conosce ma che molti di voi non conoscono.

Link utili

Nota di Background (versione inglese)

Riferimenti

Giovanni FAVA (PSE, IT)
Progetto di relazione intermedia sul presunto utilizzo di paesi europei da parte della CIA per il trasporto e la detenzione illegali di persone
Procedura: Iniziativa
Dibattito: 5.7.2006
Votazione: 6.7.2006

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Caso SWIFT, fermo no a violazioni delle privacy in Europa

Il Parlamento ribadisce la propria determinazione a combattere il terrorismo, ma si oppone fermamente alle operazioni segrete nell'UE che si ripercuotono sulla privacy dei cittadini europei. Chiede quindi a Commissione, Consiglio e, soprattutto, alla BCE di spiegare in modo esaustivo in che misura erano a conoscenza dell'accordo segreto tra la SWIFT e il governo USA. Occorre infine esaminare quali misure è opportuno adottare per evitare il ripetersi di simili gravi violazioni della privacy.

Con 302 voti favorevoli, 219 contrari e 22 astensioni, il Parlamento ha adottato una risoluzione comune con la quale ribadisce la propria determinazione a combattere il terrorismo e si dice convinto della necessità di trovare un giusto equilibrio tra le misure di sicurezza e la tutela delle libertà civili e dei diritti fondamentali. Nell'esprimere «una seria preoccupazione per l'attuale situazione di deterioramento del rispetto della privacy e della protezione dei dati», si oppone quindi fermamente «a qualsiasi tipo di operazione segreta sul territorio dell'Unione europea che si ripercuota sulla privacy dei cittadini europei». Esorta quindi gli Stati Uniti e i loro servizi di intelligence e di sicurezza «ad agire in uno spirito di fattiva collaborazione» e a notificare ai loro alleati le operazioni di sicurezza che intendono condurre sul territorio dell'Unione europea.

Le informazioni registrate dalla SWIFT alle quali le autorità statunitensi hanno avuto accesso, notano i deputati, riguardano centinaia di migliaia di cittadini dell'Unione europea e le banche europee ricorrono al suo sistema di messaggistica per i trasferimenti interbancari di fondi a livello mondiale. Pongono poi l'accento sul fatto che l'accesso ai dati gestiti da SWIFT permette non solo di individuare le transazioni connesse ad attività illecite, bensì anche informazioni concernenti le attività economiche delle persone e dei paesi interessati, «cosa che potrebbe tradursi in forme di spionaggio economico ed industriale su vasta scala». Al riguardo, i deputati si dicono profondamente preoccupati per il fatto che operazioni di questo tipo avvengono senza che ne siano stati informati i cittadini europei e i loro rappresentanti parlamentari.

Il Parlamento sottolinea infatti che nell'Unione europea vale il principio della preminenza del diritto e che qualsiasi trasferimento di dati personali verso paesi terzi è soggetto alla legislazione nazionale e comunitaria sulla protezione dei dati. In forza a tali norme, ogni trasferimento deve essere autorizzato da un'autorità giudiziaria e qualsiasi deroga a tale principio deve essere proporzionata e fondata sulla legge o su un accordo internazionale. Sollecita quindi la Commissione, il Consiglio e la Banca centrale europea a spiegare in modo esaustivo «in che misura erano a conoscenza dell'accordo segreto tra la SWIFT e il governo degli Stati Uniti».

La risoluzione chiede alla sua commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, unitamente alla commissione economica e monetaria, di organizzare quanto prima una audizione comune con la partecipazione della Banca centrale europea, la Commissione, il Consiglio, il Garante europeo della protezione dei dati e altri organismi pubblici e privati che siano stati coinvolti in questo caso «affinché possano rivelare eventuali informazioni in loro possesso». A tale riguardo chiede anche di chiarire il ruolo e il funzionamento della Banca centrale europea e invita il Garante europeo della protezione dei dati a verificare quanto prima se la BCE era tenuta a reagire a un'eventuale violazione della protezione dei dati di cui fosse venuta a conoscenza. Il Parlamento invita inoltre gli Stati membri a garantire e verificare che non vi sia alcuna lacuna giuridica a livello nazionale e se la legislazione comunitaria sulla protezione dei dati copre anche le banche centrali.

Il Consiglio è poi sollecitato ad esaminare con urgenza e adottare la decisione quadro sulla protezione dei dati personali trattati nell'ambito della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, «al fine di garantire che i cittadini europei godano di un elevato e uniforme livello di protezione dei dati sull'intero territorio dell'Unione europea». D'altra parte, i deputati esprimono il loro disappunto per la mancanza di volontà da parte del Consiglio di superare l'attuale situazione legislativa, che vede l'applicazione di due diversi quadri procedurali per la protezione dei diritti fondamentali, a seconda che si tratti del primo o del terzo pilastro.

Al riguardo, ribadiscono pertanto la richiesta di abolire questo duplice quadro mediante l'attivazione della "clausola passerella" prevista dal Trattato UE. La Commissione, invece, dovrebbe procedere a una valutazione di tutti gli atti legislativi adottati dall'Unione europea in materia di lotta al terrorismo dal punto di vista dell'efficacia, della necessità, della proporzionalità e del rispetto dei diritti fondamentali. Commissione e Consiglio, infine, sono esortati a esaminare quali misure sia opportuno adottare per evitare che si ripetano in futuro siffatte gravi violazioni della privacy.

Background

Alcuni mezzi d'informazione europei e statunitensi hanno recentemente rivelato l'esistenza del "Terrorist Finance Tracking Program", un programma creato dall'Amministrazione degli Stati Uniti che ha consentito alle autorità statunitensi di accedere a tutti i dati finanziari registrati dalla SWIFT (Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunications), una cooperativa appartenente al settore bancario con sede in Belgio che riunisce oltre 8.000 banche e istituti commerciali di 200 paesi, incluse varie banche centrali.

Link utili

Sito della Swift

Riferimenti

Proposta di risoluzione comune sull'intercettazione da parte dei servizi segreti americani dei dati concernenti i bonifici bancari effettuati attraverso il sistema SWIFT
Procedura: Risoluzione comune
Dibattito: 5.7.2006
Votazione: 6.7.2006

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Tracciare i trasferimenti di fondi per lottare contro il terrorismo

Il Parlamento si è pronunciato su una proposta di regolamento tesa a contribuire alla lotta contro il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo attraverso un sistema che associa l'ordinante a ogni trasferimento di fondi. I deputati approvano l'iniziativa, ma suggeriscono di limitare il controllo ai movimenti di denaro superiori a 1.000 euro. Propongono inoltre norme più restrittive riguardo ai bonifici a favore delle organizzazioni caritative.

Il progetto di regolamento ha lo scopo di garantire la tracciabilità di pagamenti e regolamenti in modo da impedire il finanziamento del terrorismo imponendo condizioni di identificazione agli ordinanti e condizioni di verifica ai fornitori di servizi di pagamento. È inteso ad integrare una direttiva recentemente adottata relativa al riciclaggio dei capitali, attuando le raccomandazioni formulate dalla Task Force "Azione finanziaria" dell'UE a seguito degli attentati terroristici dell'11 settembre 2001 negli Stati Uniti. In attesa della prima lettura del Parlamento, il Consiglio ha approvato un orientamento generale su questa proposta legislativa.

Con 442 voti favorevoli, 130 contrari e 16 astensioni, il Parlamento ha adottato la relazione di Alexander ALVARO (ALDE/ADLE, DE) che, nell'ambito della procedura di codecisione, approva la proposta della Commissione, ma propone una serie di emendamenti. Sostiene infatti che la solidità, l'integrità e la stabilità del sistema di trasferimento di fondi nonché la fiducia nel sistema finanziario nel suo complesso, potrebbero essere «gravemente compromesse» dagli sforzi compiuti dai criminali e dai loro complici per mascherare l'origine dei proventi di attività criminose o per trasferire fondi a scopo di finanziamento del terrorismo. Se non verranno adottate misure di coordinamento a livello della Comunità, aggiungono, i riciclatori di denaro e i finanziatori del terrorismo potrebbero cercare di trarre vantaggio dalla libertà di circolazione dei capitali tipica di uno spazio finanziario integrato. L’azione comunitaria, è quindi precisato, dovrà garantire il recepimento uniforme in tutta l’UE della Raccomandazione speciale VII del Gruppo d’azione finanziaria internazionale e, in particolare, «dovrà evitare discriminazioni tra i pagamenti effettuati all’interno di uno Stato membro ed i pagamenti transfrontalieri tra Stati membri». 

Campo d'applicazione

Un emendamento limita l'oggetto del regolamento che deve quindi stabilire «norme riguardanti i dati informativi da allegare ai trasferimenti di fondi, riguardanti i loro ordinanti, nell’intento di prevenire, investigare e scoprire il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo». Non si tratterà, pertanto, anche di «perseguire» tali fenomeni, come proposto dalla Commissione. E' poi chiesto il regolamento non si applichi prima del 1° gennaio 2007.

Con riferimento al testo proposto dal Parlamento, il regolamento si applica «ai trasferimenti di fondi in qualsiasi valuta, inviati o ricevuti da un prestatore di servizi di pagamento residente nella Comunità». Non si applica, invece, ai trasferimenti di fondi effettuati utilizzando carte di credito o di debito, «purché il beneficiario abbia concluso con il prestatore di servizi di pagamento un accordo che consente il pagamento della fornitura di beni e servizi» e nemmeno se ai trasferimenti di fondi è allegato un codice unico d'identificazione, che consente di risalire all'ordinante.

Se uno Stato membro ha deciso di autorizzare la deroga prevista dalla direttiva antiriciclaggio riguardo agli obblighi di adeguata verifica della clientela, il regolamento non viene applicato ai trasferimenti di fondi effettuati con moneta elettronica, tranne nel caso in cui l'importo trattato sia superiore a 1.000 euro. Inoltre, non si applica ai trasferimenti di fondi effettuati tramite telefono cellulare o altri dispositivi digitali o telematici, qualora si tratti di trasferimenti prepagati il cui importo non supera 150 euro e, a determinate condizioni, anche quando si tratta di trasferimenti postpagati. E' anche precisato che il regolamento non si applica ai trasferimenti di fondi per i quali l'ordinante ritira denaro contante dal proprio conto, né a quelli realizzati tramite assegni troncati. Non è nemmeno d'applicazione per i trasferimenti di fondi ad autorità pubbliche a fronte del pagamento di imposte, ammende o altri prelievi né per quelli in cui l'ordinante e il beneficiario sono prestatori di servizi di pagamento che operano per proprio conto.

Informazioni da allegare ai trasferimenti e loro verifica

I dati informativi completi relativi all’ordinante consistono nel nome e cognome, indirizzo e numero del conto. L’indirizzo può essere sostituito dalla data e luogo di nascita dell’ordinante, il suo numero d’identificazione come cliente o il suo numero d’identità nazionale. In mancanza del numero di conto dell'ordinante, il prestatore di servizi di pagamento per conto dell'ordinante sarà tenuto a sostituirlo con un codice unico d'identificazione, tale da consentire di far risalire l'operazione al suo ordinante. I prestatori di servizi di pagamento devono provvedere ad allegare ai trasferimenti di fondi i dati informativi completi relativi all’ordinante e conservarli per cinque anni.

Prima di trasferire i fondi, il prestatore di servizi di pagamento che agisce per conto dell’ordinante dovrà procedere alla loro verifica, in base a documenti, dati o informazioni «ottenuti da una fonte affidabile e indipendente». Per evitare di ostacolare prassi efficienti, in linea con gli orientamenti del Consiglio, i deputati operano una distinzione fra i trasferimenti che sono basati su un conto e quelli che non lo sono. Così, nel secondo caso, la verifica va effettuata unicamente se i fondi trasferiti superano i 1.000 euro, oppure se si tratta di operazioni che appaiono collegate tra loro e che superano tale importo. Nel primo caso, invece, non viene imposto nessun obbligo di verifica ma a condizione che siano rispettate le disposizioni della direttiva antiriciclaggio.

Se i prestatori di servizi dell'ordinante e del beneficiario risiedono entrambi nella Comunità, nel caso di trasferimento di fondi tramite un conto, le informazioni che dovranno esservi allegate possono riguardare soltanto il numero di conto dell'ordinante o un codice unico di identificazione che consente di risalire ad esso. Tuttavia, il prestatore di servizi di pagamento che agisce per conto dell'ordinante deve mettere a disposizione di quello che agisce per conto del beneficiario del pagamento, se questi glielo chiede, i dati informativi completi sull'ordinante, entro tre giorni lavorativi dalla data alla quale ha ricevuto tale richiesta. D'altra parte, se il prestatore dei servizi di pagamento che agisce per conto del beneficiario risiede fuori della Comunità, ai trasferimenti di fondi vanno allegati i dati informativi completi relativi all'ordinante.

Obblighi del prestatore di servizi che agisce per conto del beneficiario

Il prestatore di servizi di pagamento che agisce per conto del beneficiario dovrà predisporre delle procedure efficaci per constatare l’eventuale mancanza dei dati informativi relativi all’ordinante. Inoltre, se nel ricevere trasferimenti di fondi si rende conto che i dati informativi relativi all'ordinante da allegare a norma del regolamento mancano o sono incompleti, egli dovrà respingere il trasferimento oppure chiedere i dati informativi completi relativi all'ordinante.

D'altra parte, se nell'effettuare trasferimenti di fondi un prestatore di servizi di pagamento omette sistematicamente di allegare i prescritti dati informativi relativi all'ordinante, il prestatore di servizi di pagamento che agisce per conto del beneficiario del pagamento è tenuto a adottare diversi provvedimenti prima di respingere qualsiasi futuro trasferimento di fondi provenienti da quell'operatore o di decidere se o meno limitare o porre fine ai suoi rapporti professionali con lui. In un primo momento, questi provvedimenti possono includere l'emissione di avvisi e la fissazione di scadenze. Tale fatto dovrà anche essere riferito alle autorità responsabili della lotta contro il riciclaggio di denaro o il finanziamento del terrorismo.

Inoltre, il regolamento prevede che quando le autorità responsabili nello Stato membro nel quale risiedono i prestatori di servizi di pagamento rivolgono loro domande riguardanti i dati informativi relativi all'ordinante allegati ai trasferimenti di fondi e alle loro registrazioni, questi devono fornire «risposte esaurienti e sollecite, in conformità delle regole procedurali previste nel diritto nazionale del rispettivo Stato membro». Il Parlamento precisa, inoltre che, fatti salvi il diritto penale nazionale e la tutela dei diritti fondamentali, le suddette autorità devono avvalersi di tali dati informativi «unicamente allo scopo di prevenire, investigare e scoprire il riciclaggio di denaro o il finanziamento del terrorismo».

Sanzioni e monitoraggio

Per il Parlamento, gli Stati membri dovranno stabilire norme riguardanti le sanzioni da irrogare, partire dal 15 dicembre 2007, in caso di violazione delle disposizioni del regolamento e adottare tutti i provvedimenti necessari per assicurarne l’applicazione. Tali sanzioni dovranno essere efficaci, proporzionate e dissuasive. Entro il 14 dicembre 2007 andranno quindi notificate alla Commissione le norme al riguardo, indicando le autorità responsabili della loro applicazione. Un emendamento impone poi agli Stati membri di esigere dalle autorità competenti un monitoraggio efficace e l'adozione delle misure necessarie per garantire il rispetto delle disposizioni del regolamento.

Deroghe

La Commissione può autorizzare gli Stati membri a concludere con un paese o territorio non facente parte del territorio della Comunità, in base a disposizioni nazionali, accordi che permettano deroghe al regolamento, «allo scopo di consentire che i trasferimenti di fondi tra quel paese o territorio e lo Stato membro interessato siano considerati alla stessa stregua di trasferimenti di fondi all'interno di quello Stato membro». Simili accordi, tuttavia, possono essere autorizzati soltanto se il paese o il territorio in questione è membro di un'unione monetaria con lo Stato membro interessato o rientra nella sua area monetaria ovvero, aggiungono i deputati, «ha firmato una convenzione monetaria con l'Unione europea, rappresentata da uno Stato membro». Inoltre, occorre che i prestatori di servizi di pagamento nel paese o nel territorio interessato partecipino direttamente o indirettamente ai sistemi di pagamento e di regolamento in tale Stato membro. E' infine necessario che il paese o il territorio in questione imponga ai prestatori di servizi di pagamento sottoposti alla sua giurisdizione di applicare le medesime disposizioni stabilite dal regolamento.

Trasferimenti a scopo caritativo

Gli Stati membri possono esentare dall'obbligo di allegare i dati informativi i prestatori di servizi di pagamento residenti nel loro territorio, nel caso di trasferimenti di fondi a favore di organizzazioni che svolgono attività a scopo caritativo, religioso, culturale, istruttivo, sociale, scientifico o solidale. I deputati, con un emendamento, precisano che tali organizzazioni devono essere senza fini di lucro. Per beneficiare di tale esenzione, queste organizzazioni, devono essere tenute a riferire a una pubblica autorità o a un organismo di autoregolamentazione riconosciuto dal diritto nazionale che operano su di essi un audit esterno o una vigilanza.  Inoltre, i trasferimenti di fondi non devono superare 150 euro per ogni versamento e devono essere effettuati esclusivamente all'interno del territorio dello Stato membro in questione.

Gli Stati membri che ricorrono a questa possibilità devono informare la Commissione dei provvedimenti da essi adottati per esercitarla. Per i deputati, oltre a ciò, all'Esecutivo deve essere fornito un elenco delle organizzazioni coperte dalla deroga, i nomi delle persone fisiche che esercitano il controllo ultimo sulle organizzazioni e una spiegazione delle modalità di aggiornamento di tale elenco. Tali informazioni, inoltre, devono essere messe a disposizione anche delle autorità responsabili della lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo. L'elenco aggiornato delle organizzazioni, aggiungono i deputati, deve poi essere comunicato ai prestatori di servizi di pagamento operanti nello Stato membro interessato.

Revisione del regolamento

Il Parlamento chiede che, entro cinque anni dall'entrata in vigore del regolamento, la Commissione presenti una relazione che fornisca «un'esauriente valutazione economica e giuridica» del provvedimento, corredata, se del caso, di una proposta relativa alla sua modifica o abrogazione. La relazione dovrà, più in particolare, prendere in rassegna l'applicazione delle disposizioni relative al campo d'applicazione del regolamento, alla luce delle ulteriori esperienze acquisite circa gli abusi a fini di riciclaggio di denaro e di finanziamento del terrorismo della moneta elettronica.

Link utili

Proposta della Commissione

Orientamento generale del Consiglio

Direttiva 2005/60/CE relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo

Riferimenti

Alexander ALVARO (ALDE/ADLE, DE)
Relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante i dati informativi relativi all’ordinante, da allegare ai trasferimenti di fondi
Procedura: Codecisione, prima lettura
Dibattito: 3.7.2006
Votazione: 6.7.2006

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TRASPORTI

Una tassa sul kerosene degli aerei per garantire cieli puliti

L'aumento del traffico aereo rischia di annullare le riduzioni di emissioni ottenute negli altri settori. Il Parlamento chiede quindi un pacchetto di misure volte a promuovere un trasporto aereo più pulito, come la tassazione del kerosene e la rimozione degli incentivi fiscali al settore. Occorre però tenere conto della situazione delle regioni insulari senza trasporti alternativi. Vanno poi promossi l'uso di biocarburanti e di tecnologie "verdi" e un sistema specifico di scambio di emissioni.

Con 439 voti favorevoli, 74 contrari e 102 astensioni, il Parlamento ha adottato la relazione d'iniziativa di Caroline LUCAS (Verdi/ALE, UK) che, per affrontare tutti gli effetti del trasporto aereo sul clima, sostiene la necessità di definire un pacchetto completo di misure (comprendenti strumenti normativi, economici, tecnologici e operativi), applicando il principio "chi inquina paga" e garantendo la piena internalizzazione dei costi. I deputati sottolineano poi che gli strumenti politici prescelti devono avere come obiettivo generale «una riduzione efficace, in termini di costi, dell'impatto del trasporto aereo sui cambiamenti climatici». La scelta di tali strumenti, inoltre, deve essere intesa ad assicurare «la massima riduzione possibile delle emissioni di gas a effetto serra», minimizzando nel contempo le distorsioni della concorrenza tra i vettori aerei dell'UE e quelli extracomunitari e «riducendo la concorrenza sleale tra il settore aereo e gli altri modi di trasporto in seno all'Unione».

A quest'ultimo proposito, il Parlamento sottolinea che le esenzioni fiscali relative al trasporto aereo e altri squilibri «fanno sì che la concorrenza fra il settore aereo e gli altri modi di trasporto sia estremamente sleale». Questo stato di cose «risulta particolarmente oneroso per il settore ferroviario», giacché quest'ultimo è soggetto non solo a tassazione ma anche al sistema UE di scambio delle quote di emissione (ETS), «il che fa lievitare nettamente il costo di questo modo di trasporto ecologico». Nel sottolineare poi la necessità di prendere in considerazione una soluzione equa dei problemi ambientali imputabili al trasporto aereo, il Parlamento incoraggia l'introduzione di oneri che abbiano un ruolo e una portata commisurati al sistema di scambio delle quote d'emissione, «come un primo passo verso la piena internalizzazione dei costi».

Questa distorsione della concorrenza tra i modi di trasporto, aggiungono i deputati, ingenera anche distorsioni della concorrenza tra le regioni turistiche, «a scapito di quelle che sono raggiungibili per lo più in automobile, in pullman o in treno». Al riguardo, facendo proprio un emendamento proposto dal PPE/DE, chiedono che venga accordata una speciale attenzione alla situazione dei territori isolati che dipendono in modo particolare dai servizi di trasporto aereo, nonché alle regioni insulari o ultraperiferiche, «in cui soluzioni alternative sono limitate o del tutto assenti».

Il Parlamento, poi, afferma di condividere «appieno» l'intento della Commissione di introdurre la tassazione del kerosene e la esorta a iniziare fin d'ora «imponendo una tassa su tutti i voli nazionali e intracomunitari», (con la possibilità di esentare tutti i vettori sulle rotte in cui operano compagnie di paesi terzi). Invitando quindi la Commissione a proporre le modalità per introdurre una siffatta tassa a livello mondiale, sottolinea l'urgenza di ottenere risultati nell'ambito dell'attuale rinegoziazione degli accordi sul servizio aereo - in particolare l'accordo con gli USA - «per consentire in maniera incondizionata e paritaria la tassazione dei carburanti forniti ai vettori dell'UE e dei paesi terzi».

Quale contributo alla riduzione dell'impatto sui cambiamenti climatici, i deputati esortano la Commissione a promuovere l'introduzione di biocarburanti per il trasporto aereo e, allo stesso tempo, sottolineano che, anche nell'ambito del Settimo programma quadro, occorre privilegiare la ricerca e lo sviluppo di carburanti alternativi e di tecnologie relative a motori più puliti. Precisano poi che occorre seguire un approccio integrato, che unisca agli scambi di quote di emissione lo sviluppo di motori e carburanti puliti, al fine di ridurre anche le emissioni di sostanze diverse dalla CO2 nel settore del trasporto aereo. D'altra parte, ritengono necessario perseguire gli obiettivi scientifici e tecnici intesi a migliorare l'efficienza energetica di aerei ed elicotteri.

I deputati, poi, sottolineano la necessità urgente di un migliore sistema di gestione del traffico aereo al fine di ridurre le emissioni di CO2 e contrastare la formazione di scie di condensazione e cirri. Ritengono, infatti, che tale misura «risulterebbe economicamente conveniente». Inoltre, invitano la Commissione a adottare senza indugio iniziative volte a migliorare il controllo e la gestione del traffico aereo nell'ambito del progetto SESAR (Single European Sky ATM Research) e la legislazione sul cielo unico, al fine di incrementare l'efficienza energetica dei voli e ridurre o eliminare le scie di condensazione determinate dal vapore acqueo. I deputati, d'altra parte, reputano che, oltre a considerare l'impatto del trasporto aereo sul clima, vada prestata particolare attenzione anche all'inquinamento atmosferico e acustico provocato dagli aeroplani nelle fasi di decollo e di atterraggio.

Ma la Commissione è anche invitata a proporre altri strumenti strategici volti a fronteggiare gli effetti del trasporto aereo sul clima che non sono correlati alla CO2. Ove sussistano incertezze in merito a tali effetti, precisano i deputati, «le scelte strategiche andrebbero basate sul principio di precauzione». L'Esecutivo dovrebbe anche promuovere programmi di ricerca volti a migliorare le conoscenze scientifiche sulle ripercussioni del settore aereo che non sono correlate alle emissioni di CO2 e sostenere l'azione dell'ICAO nella definizione di norme in materia di NOx.

Per quanto riguarda l'inclusione del trasporto aereo nel sistema europeo ETS, il Parlamento sottolinea che, per essere efficace sotto il profilo ambientale, un sistema di scambio delle emissioni dovrebbe avere ambito geografico di applicazione sufficientemente ampio, imporre limiti rigorosi, prevedere la messa all'asta integrale delle quote inizialmente assegnate, prendere in considerazione, in sede di assegnazione, il livello tecnologico e dei provvedimenti adottati a uno stadio precoce e prevedere un esame dell'impatto sul clima nel suo insieme. D'altra parte propone di introdurre un sistema specifico separato per le emissioni del settore aereo. Qualora, invece, il settore aereo fosse integrato nell'ETS generale, ritiene che sia opportuno prevedere l'applicazione di condizioni speciali volte a garantire che ciò non determini distorsioni di mercato a svantaggio dei settori meno protetti.

Background

L'UE si è impegnata a ridurre i cambiamenti climatici dannosi limitando l'aumento della temperatura terrestre a non più di 2°C rispetto ai livelli dell'epoca preindustriale. Ciò si traduce in una riduzione delle emissioni nell'ordine del 15-30% entro il 2020 e del 60-80% entro il 2050. Tra il 1990 e il 2003, le emissioni prodotte dalla UE nell'ambito del trasporto aereo internazionale sono aumentate del 73%, con un tasso di crescita annuale del 4,3%. A questo ritmo, l'aumento delle emissioni prodotte dal trasporto aereo verrebbe ad annullare oltre un quarto delle riduzioni corrispondenti all'obiettivo comunitario fissato nell'ambito del Protocollo di Kyoto entro il 2012.

Link utili

Comunicazione della Commissione - Ridurre l’impatto del trasporto aereo sui cambiamenti climatici

Conclusioni del Consiglio Ambiente (2/12/2005) sulla comunicazione della Commissione

Riferimenti

Caroline LUCAS (Verdi/ALE, UK)
Relazione sulla riduzione dell'impatto del trasporto aereo sui cambiamenti climatici
Procedura: Iniziativa
Dibattito: 3.7.2006
Votazione: 4.7.2006

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AMBIENTE


Riciclare le pile per tutelare l'ambiente

Dopo due anni di negoziati, il Parlamento ha approvato una direttiva volta a garantire, entro il 2008, l'attuazione in tutta Europa di sistemi per la raccolta di batterie e accumulatori che, ad oggi, sono applicati solamente in sei Stati membri.  Le pile raccolte dovranno essere riciclate. Sono stati anche fissati rigorosi limiti al contenuto in cadmio e mercurio per tutelare meglio la salute. Occorrerà poi sviluppare nuove tecnologie meno inquinanti e informare meglio i consumatori.

Ogni anno, circa 800.000 tonnellate di batterie per auto, 190.000 tonnellate di batterie industriali e 160.000 tonnellate di pile portatili (di cui 30% ricaricabili) vengono immesse sul mercato nella UE.  Se durante l'utilizzo, non sono particolarmente nocive per l'ambiente o la salute umana, quando le pile si esauriscono il loro contenuto in mercurio, piombo e cadmio comporta dei rischi. Attualmente, la raccolta, il trattamento e il riciclaggio delle pile usate in Europa sono frammentari, mentre quasi la metà di tutte le batterie vendute negli Stati membri della UE a 15 nel 2002 è stata smaltita in inceneritori o in discariche. Solo Austria, Belgio, Francia, Germania, Paesi Bassi e Svezia dispongono di un sistema nazionale di raccolta di tutti i tipi di batterie usate destinate al riciclaggio.

Nel novembre 2003, la Commissione ha quindi presentato una proposta di direttiva volta ad abrogare e sostituire la normativa comunitaria sulle pile. La proposta contiene una serie di norme relative alla commercializzazione di pile e accumulatori, nonché alla raccolta, al trattamento e al riciclaggio di pile ed accumulatori usati. Le principali disposizioni in essa contenute prevedono obiettivi per la raccolta di pile portatili, divieto di smaltimento delle batterie industriali e automobilistiche in discariche o inceneritori, requisiti minimi di riciclaggio per tutte le batterie raccolte, requisiti minimi per i piani nazionali di raccolta e riciclaggio e assunzione di responsabilità da parte dei produttori per la gestione di tutte le pile una volta allo stato di rifiuti. 

Nonostante diversi compromessi fossero stati trovati con il Consiglio nel corso della procedura legislativa, dopo la seconda lettura del Parlamento sussistevano delle divergenze che hanno portato alla conciliazione, conclusasi poi positivamente nel maggio 2006. Adottando la relazione di Hans BLOKLAND (IND/DEM, NL), il Parlamento approva il progetto comune definito in quella sede e pone fine alla procedura. Gli Stati membri saranno tenuti a trasporre la direttiva nel diritto nazionale entro due anni.

Ambito d'applicazione

La direttiva si applicherà a tutti i tipi di pile e accumulatori, indipendentemente dalla forma, dal volume, dal peso, dalla composizione materiale o dall’uso cui sono destinati, ma non alle pile e agli accumulatori utilizzati in apparecchiature connesse alla tutela degli interessi essenziali degli Stati membri in materia di sicurezza, armi, munizioni e materiale bellico (ad esclusione dei prodotti che non sono destinati a fini specificamente militari) e alle apparecchiature destinate ad essere inviate nello spazio 

Vietato commercializzare pile inquinanti

In base all'accordo raggiunto, è stato stabilito un divieto generale di commercializzazione di pile e accumulatori contenenti più dello 0,0005% in peso di mercurio, ma non delle pile a bottone con un tenore di mercurio non superiore al 2% in peso. E' inoltre vietata la vendita di pile e accumulatori contenenti più dello 0,002% in peso di cadmio. In questo caso, peraltro, sono previste delle esenzioni per pile e accumulatori portatili destinati ad essere utilizzati in sistemi di emergenza e di allarme, comprese le luci di emergenza, in attrezzature mediche e in utensili elettrici senza fili. Tale disposizione, tuttavia, sarà oggetto di revisione quattro anni dopo l'entrata in vigore del provvedimento.

Gli Stati membri dovranno poi adottare le misure necessarie affinché le pile e gli accumulatori che non soddisfano i requisiti stabiliti dalla direttiva non siano immessi sul mercato o siano ritirati dallo stesso.

Obiettivi: raccolta differenziata e riciclaggio

La direttiva stabilisce che gli Stati membri, tenendo conto degli effetti del trasporto sull'ambiente, dovranno adottare le misure necessarie per promuovere al massimo la raccolta differenziata di rifiuti di pile e accumulatori e per ridurre al minimo lo smaltimento dei rifiuti di pile e accumulatori come rifiuti urbani misti, «così da realizzare un elevato livello di riciclaggio di tutti i rifiuti di pile e accumulatori». Gli Stati membri, inoltre, potranno ricorrere a strumenti economici per promuovere la raccolta dei rifiuti di pile e accumulatori o per incentivare l'uso di prodotti contenenti meno sostanze inquinanti, «adottando ad esempio aliquote di imposta differenziata». In tal caso, tuttavia, dovranno notificare alla Commissione le misure relative all'attuazione di tali strumenti.

Dovranno inoltre provvedere a che siano predisposti «adeguati sistemi di raccolta» che consentano agli utilizzatori finali di disfarsi dei rifiuti di pile o accumulatori portatili in punti di raccolta loro accessibili nelle vicinanze e che impongano ai distributori di recuperare gratuitamente i rifiuti. Questi sistemi, peraltro, non dovranno comportare oneri per gli utilizzatori finali nel momento in cui si disfano dei rifiuti, né l'obbligo di acquistare nuove pile o nuovi accumulatori. I punti di raccolta, peraltro, non saranno soggetti ai requisiti in materia di registrazione o di autorizzazione previsti dalla direttiva sui rifiuti pericolosi. La direttiva, consentendo agli Stati membri di esigere che altri operatori economici partecipino a detti sistemi, permette loro di mantenere dei sistemi alternativi già esistenti, a condizione che una valutazione (obbligatoria) dimostri che tali metodi offrono un'efficacia pari almeno a quella del ritiro da parte del distributore, ai fini del raggiungimento degli obiettivi ambientali della direttiva

D'altra parte, la direttiva impone loro di provvedere a che anche i produttori di pile e accumulatori industriali non si sottraggano dal riprendere i rifiuti presso gli utilizzatori finali, indipendentemente dalla composizione chimica e dall’origine. Lo stesso vale per i produttori di batterie e accumulatori per autoveicoli che dovranno introdurre sistemi di raccolta presso gli utilizzatori finali o in punti di raccolta a loro accessibili nelle vicinanze. E' poi precisato che, in caso di prodotti destinati a autoveicoli ad uso privato non commerciale, tali sistemi non devono comportare oneri per gli utilizzatori finali nel momento in cui si disfano dei rifiuti, né l'obbligo di acquistare nuove batterie o nuovi accumulatori.

Entro sei anni dall'entrata in vigore della direttiva, gli Stati membri saranno tenuti a conseguire un tasso di raccolta pari ad almeno il 25% che, quattro anni dopo, dovrà raggiungere il 45%. Il Parlamento, in realtà, aveva chiesto un obiettivo più ambizioso (55%) per il riciclaggio delle batterie diverse da quelle al nichelio-cadmio e piombo-acido. Sosteneva, inoltre, l'introduzione di un circuito chiuso per il riciclaggio di tutto il piombo e il cadmio contenuto nelle batterie una volta allo stato di rifiuti e intendeva obbligare gli Stati membri a garantire che i processi di riciclaggio raggiungessero tali obiettivi. Tuttavia, visti gli altri miglioramenti ottenuti nel corso della procedura e nel quadro di un accordo globale, la delegazione del Parlamento ha deciso di accettare la posizione del Consiglio sugli obiettivi del riciclaggio.

Gli Stati membri dovranno assicurarsi che, entro tre anni dall'entrata in vigore della direttiva, i produttori introducano sistemi per il trattamento e il riciclaggio dei rifiuti di pile e accumulatori «basati sulle migliori tecniche disponibili, in termini di tutela della salute e dell'ambiente». Saranno inoltre tenuti a garantire che tutte le pile e gli accumulatori individuabili e raccolti a norma siano sottoposti a trattamento e riciclaggio con sistemi che siano conformi, come minimo, alla normativa comunitaria, in particolare per quanto riguarda la salute, la sicurezza e la gestione dei rifiuti.

I processi di riciclaggio dovranno poi conseguire le seguenti efficienze minime di riciclaggio:

-          65% in peso medio di pile e accumulatori al piombo/acido e massimo riciclaggio del contenuto di piombo che sia tecnicamente possibile evitando costi eccessivi;

-          75% in peso medio di pile e accumulatori al nichel-cadmio e massimo riciclaggio del contenuto di cadmio che sia tecnicamente possibile evitando costi eccessivi;

-          50% in peso medio degli altri rifiuti di pile e accumulatori.

Lo smaltimento in discarica o mediante incenerimento dei rifiuti delle pile e degli accumulatori industriali e per autoveicoli sarà vietato, fatti salvi i residui di pile e accumulatori che sono stati sottoposti sia a trattamento sia a riciclaggio. In assenza di un mercato finale disponibile, le pile e gli accumulatori contenenti cadmio, mercurio o piombo potranno però essere smaltiti in discarica o stoccati sottoterra. Le batterie potranno anche essere smaltite mediante questi sistemi nel quadro di una strategia di graduale eliminazione dei metalli pesanti, ma solo qualora una valutazione dettagliata delle conseguenze ambientali, economiche e sociali dimostri che tale opzione di smaltimento è preferibile al riciclaggio.

Costi a carico dei produttori

Saranno i produttori o i terzi che agiscono a loro nome a dover finanziare tutti i costi netti derivanti dalle operazioni di raccolta, trattamento e riciclaggio di tutti i rifiuti di pile e accumulatori portatili, industriali o per autoveicoli raccolti a norma della direttiva, «indipendentemente dalla data della loro immissione sul mercato» (rifiuti storici). Gli Stati membri dovranno tuttavia provvedere a che tale obbligo «non implichi un doppio addebito» per i produttori nel caso di pile o accumulatori raccolti conformemente ai regimi istituiti da altre direttive comunitarie. D'altra parte, i produttori e gli utilizzatori di pile e accumulatori industriali e per autoveicoli possono concludere accordi che stabiliscano il ricorso a modalità di finanziamento diverse.

Piccoli produttori

Il Parlamento si era opposto a un nuovo articolo introdotto dal Consiglio nella sua posizione comune che stabiliva delle esenzioni potenzialmente ampie per i piccoli produttori dai requisiti di registrazione e finanziamento contenuti nella proposta. Il testo comune prevede delle esenzioni a favore dei produttori molto piccoli dall'obbligo di finanziare i costi netti relativi alla raccolta, al trattamento e al riciclaggio di pile e accumulatori, purché ciò non ostacoli l'opportuno funzionamento dei programmi di raccolta e riciclaggio.

Il testo impone a tutti i produttori l'obbligo di registrazione presso le competenti autorità nazionali, ma stabilisce che i requisiti procedurali di registrazione siano gli stessi in ciascuno Stato membro per ridurre il carico amministrativo sui produttori più piccoli che commercializzano batterie in più di uno Stato membro.

Nuove tecnologie e ricerca

Gli Stati membri saranno anche tenuti a promuovere lo sviluppo di nuove tecnologie di riciclaggio e di trattamento, nonché la ricerca di metodi di riciclaggio ecocompatibili e con un buon rapporto costi/efficacia per tutti i tipi di pile e di accumulatori. Dovranno poi promuovere l'introduzione negli impianti di trattamento di sistemi certificati di gestione ambientale.

Inoltre incomberà loro di promuovere la ricerca e incoraggiare miglioramenti a livello dell'efficienza ambientale complessiva delle pile e degli accumulatori lungo l'intero ciclo di vita, nonché lo sviluppo e la commercializzazione di pile e accumulatori contenenti minori quantità di sostanze pericolose ovvero contenenti sostanze meno inquinanti, in particolare in sostituzione del mercurio, del cadmio e del piombo.

Informare i consumatori: etichette, istruzioni e campagne d'informazione

Tutte le pile, gli accumulatori e i pacchi batterie dovranno essere opportunamente contrassegnati con un simbolo, le cui dimensioni sono precisate dalla direttiva, raffigurante il bidone della spazzatura con ruote barrato da una croce e dei simboli chimici Hg, Cd e Pb. Ai sensi dell'accordo raggiunto, inoltre, l'indicazione della capacità sull'etichetta di tutte le pile e gli accumulatori portatili e automobilistici dovrà essere introdotta entro 12 mesi a decorrere dalla data di trasposizione della direttiva. 

Come fortemente voluto dal Parlamento, gli Stati membri dovranno provvedere a che i produttori progettino apparecchi in modo tale che i rifiuti di pile e accumulatori siano facilmente rimovibili. Gli apparecchi in cui sono incorporati, inoltre, dovranno essere corredati di istruzioni che indicano come rimuoverli senza pericolo e, se del caso, informare l'utilizzatore finale sul tipo delle pile e degli accumulatori incorporati. Tali disposizioni, tuttavia, non si applicano qualora per motivi di sicurezza, prestazione, protezione medica o dei dati, sia necessaria la continuità dell'alimentazione e occorra un collegamento permanente tra l'apparecchio e la pila o l'accumulatore.

Gli Stati membri dovranno assicurare, in particolare mediante campagne di informazione, che gli utilizzatori finali siano pienamente informati dei potenziali effetti sull'ambiente e sulla salute umana delle sostanze utilizzate nelle pile e negli accumulatori. Così come dell'opportunità di non smaltire i rifiuti di pile e accumulatori come rifiuti urbani non differenziati e di partecipare alla raccolta differenziata in modo da agevolare il trattamento e il riciclaggio. Gli utilizzatori finali dovranno inoltre essere informati dei sistemi di raccolta e di riciclaggio a loro disposizione, del ruolo che essi possono svolgere nel riciclaggio dei rifiuti di pile e accumulatori e del significato del simbolo. Gli Stati membri dovranno anche esigere che i produttori, ovvero terzi che agiscono per loro conto, prendano a proprio carico tutti i costi netti delle campagne pubbliche d'informazione sulla raccolta, il trattamento e il riciclaggio di tutti i rifiuti di pile e accumulatori portatili.

Link utili

Progetto comune approvato dal comitato di conciliazione

Riferimenti

Johannes BLOKLAND (IND/DEM, NL)
Relazione sul progetto comune, approvato dal Comitato di conciliazione, concernente una direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori e che abroga la direttiva 91/157/CEE
Procedura: Codecisione, terza lettura
Dibattito: 3.7.2006
Votazione: 4.7.2006

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POLITICA REGIONALE


Via libera a 308 miliardi di euro per i nuovi Fondi strutturali

Il Parlamento ha approvato il pacchetto relativo ai Fondi strutturali per il periodo 2007-2013 che, dal prossimo gennaio, stanzierà 308 miliardi di euro per contribuire alla convergenza degli Stati membri e delle regioni in ritardo di sviluppo, per sostenere la coesione sociale e per promuovere la cooperazione territoriale. Le cinque relazioni adottate dall'Aula definiscono gli obiettivi dei fondi, le loro risorse e i criteri per la loro assegnazione.

Frutto di un accordo con il Consiglio e la Commissione, i cinque provvedimenti (tre in codecisione e due pareri conformi) definiscono gli obiettivi dei fondi strutturali e di coesione, i criteri cui devono attenersi gli Stati membri e le regioni per essere ammissibili al sostegno comunitario, le risorse finanziarie disponibili e i loro criteri di attribuzione in seno all'Unione ampliata. I Fondi saranno operativi sin dal 1° gennaio 2007. Prima che gli stanziamenti siano attribuiti agli Stati membri è però necessario che la Commissione negozi i Programmi operativi nazionali.

Disposizioni generali

Adottata dal Parlamento con 533 voti favorevoli, 41 contrari e 53 astensioni, la relazione di Konstantinos HATZIDAKIS (PPE/DE, EL) concede il parere conforme al regolamento sulle disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), sul Fondo sociale europeo (FSE) e sul Fondo di coesione che include numerose richieste avanzate dai deputati nel corso dei negoziati. Più in particolare, prevede un rafforzamento dell'aspetto ambientale e dello sviluppo sostenibile nella gestione dei fondi strutturali e di coesione, attraverso l'introduzione di un nuovo articolo che garantisce la presa in considerazione di tale aspetto nell'attuazione dei fondi.

Inoltre, il Parlamento ha ottenuto una menzione specifica riguardo al fatto che i fondi strutturali e di coesione debbano sostenere il miglioramento e la promozione dell'accessibilità dei disabili. E' poi stato rafforzato il principio del partenariato, ossia della partecipazione ai negoziati sui fondi strutturali di tutti gli organi rappresentativi della società civile, i partner ambientali, le organizzazioni non governative e gli organi responsabili della promozione della parità di genere. Il Consiglio ha tuttavia respinto l'idea di una dichiarazione comune del Consiglio, della Commissione e del Parlamento su una riserva di risultato comunitaria che avrebbe avuto l'obiettivo di riutilizzare le risorse non utilizzate dei fondi strutturali invece di riassegnarle al bilancio UE.

Il regolamento definisce tre obiettivi. L’obiettivo "Convergenza" - cui contribuiscono FESR, FSE e Fondo di coesione - è volto ad accelerare la convergenza degli Stati membri e regioni in ritardo di sviluppo. Ciò andrà realizzato migliorando le condizioni per la crescita e l'occupazione tramite l’aumento e il miglioramento della qualità degli investimenti in capitale fisico e umano, lo sviluppo dell’innovazione e della società della conoscenza, dell’adattabilità ai cambiamenti economici e sociali, la tutela e il miglioramento della qualità dell’ambiente e l’efficienza amministrativa. Le regioni italiane rientranti in tale obiettivo potranno contare su un contributo massimo UE del 75%.

L’obiettivo "Competitività regionale e occupazione" - finanziato da FESR e FSE - punta, al di fuori delle regioni in ritardo di sviluppo, a rafforzare la competitività e le attrattive delle regioni e l’occupazione. Si tratterà di anticipare i cambiamenti economici e sociali, inclusi quelli connessi all’apertura degli scambi, mediante l'incremento e il miglioramento della qualità degli investimenti nel capitale umano, l'innovazione e la promozione della società della conoscenza e l’imprenditorialità. Ma anche con la tutela e il miglioramento dell’ambiente e il miglioramento dell’accessibilità, dell’adattabilità dei lavoratori e delle imprese e lo sviluppo di mercati del lavoro inclusivi. Le regioni italiane rientranti in questo obiettivo potranno beneficiare di un contributo massimo dei fondi comunitari del 50%.

L'obiettivo "Cooperazione territoriale europea" - finanziato dal FESR - è inteso a rafforzare la cooperazione transfrontaliera mediante iniziative congiunte locali e regionali, a rafforzare la cooperazione transnazionale mediante azioni volte allo sviluppo territoriale integrato connesse alle priorità comunitarie e a rafforzare la cooperazione interregionale e lo scambio di esperienze al livello territoriale adeguato.

Le risorse disponibili, espresse in prezzi 2004, da impegnare a titolo dei Fondi per il periodo 2007-2013 ammontano a 308,041 miliardi di euro, ossia il 35,7% del bilancio comunitario. All’obiettivo "Convergenza" è destinato l'81,54% delle risorse dei Fondi (ossia circa 252,2 miliardi di euro), all’obiettivo "Competitività regionale e occupazione" è attribuito invece il 15,95% del totale (poco più di 49 miliardi) e l’obiettivo "Cooperazione territoriale europea" potrà contare sul 2,52% delle risorse globali (7,75 miliardi di euro).

Fondo europeo di sviluppo regionale

Nell'ambito dei tre obiettivi di sviluppo, il FESR partecipa al finanziamento di investimenti produttivi che contribuiscono alla creazione e al mantenimento di posti di lavoro stabili, in primo luogo attraverso aiuti diretti agli investimenti principalmente nelle piccole e medie imprese (PMI), di investimenti in infrastrutture e dello sviluppo di potenziale endogeno attraverso misure che sostengano lo sviluppo regionale e locale. Tali attività includono il sostegno e i servizi alle imprese, in particolare alle PMI, la creazione e lo sviluppo di strumenti finanziari quali il capitale di rischio, i fondi per mutui e fondi di garanzia, i fondi di sviluppo locale, gli abbuoni di interesse, la messa in rete, la cooperazione e gli scambi di esperienze tra regioni, città e operatori sociali, economici e ambientali interessati.

Con la relazione di Claudio FAVA (PSE, IT), il Parlamento approva la posizione comune del Consiglio sul regolamento relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale, in quanto reputa che le principali preoccupazioni espresse dai deputati durante l'esame della proposta siano state prese in considerazione. Più in particolare, per quanto riguarda l'IVA, la Commissione aveva proposto di rendere ammissibile l'IVA non recuperabile soltanto nel caso del FES. Il Consiglio europeo aveva concluso che l'IVA non recuperabile doveva essere ammissibile secondo le regole del FESR, del FES e anche del Fondo di coesione solo per gli Stati membri il cui PIL non supera l'85% della media del PIL dell'UE. Il Parlamento europeo, invece, aveva chiesto che tali modalità fossero estese a tutti gli Stati membri e il Consiglio ha deciso di accettare questa richiesta.

In merito alle preoccupazioni espresse sull'edilizia abitativa, la Commissione aveva proposto di rendere l'edilizia abitativa non ammissibile e il Consiglio europeo ne chiedeva l'ammissibilità nel regolamento FESR per gli Stati membri il cui PIL non supera l'85% della media del PIL dell'UE. Il Consiglio ha quindi introdotto nella sua posizione comune una disposizione specifica che tiene conto degli emendamenti proposti dal Parlamento nella sua prima lettura, rendendo ammissibile la spesa per l'edilizia abitativa per i costi di ristrutturazione degli alloggi sociali che mirano a garantire il risparmio energetico e a proteggere l'ambiente.

Fondo sociale europeo

Il Fondo contribuisce a realizzare le priorità della Comunità riguardo al rafforzamento della coesione economica e sociale migliorando le possibilità di occupazione e di impiego, favorendo un alto livello di occupazione e nuovi e migliori posti di lavoro. A tal fine esso sostiene le politiche degli Stati membri intese a conseguire la piena occupazione nonché la qualità e la produttività sul lavoro, a promuovere l'inclusione sociale, compreso l'accesso all'occupazione delle persone svantaggiate, e a ridurre le disparità occupazionali a livello nazionale, regionale e locale. In particolare, il Fondo fornisce sostegno alle azioni in linea con le misure prese dagli Stati membri sulla base degli orientamenti adottati nell'ambito della Strategia europea per l'occupazione.

La relazione di José Albino SILVA PENEDA (PPE/DE, PT), fatta propria dall'Aula, approva la posizione comune dei Consiglio in quanto include numerosi emendamenti proposti dal Parlamento in prima lettura. Questi tendevano, in particolare, a rafforzare gli aspetti relativi alla lotta contro l'esclusione sociale,     alle discriminazioni e alla parità dei generi e all'integrazione delle persone inattive e dei disabili.

Fondo di coesione

Il Fondo di coesione, integra gli altri strumenti comunitari di sviluppo regionale, in materia di ambiente e di infrastrutture di trasporto di interesse comune per promuovere la coesione economica e sociale e la solidarietà fra gli Stati membri. Dall'allargamento dell'UE, il 1° maggio 2004, il Fondo di coesione si applica ai dieci nuovi Stati membri unitamente ai tre Stati membri beneficiari dell'UE a 15 (Spagna, Portogallo, Grecia) per la fine del periodo 2000-2006. Dal gennaio 2004, l'Irlanda non è più beneficiaria e, a decorrere dal gennaio 2007 anche la Spagna non ottempererà più ai criteri di ammissibilità al finanziamento del Fondo di coesione.

Con la relazione di Alfonso ANDRIA (ALDE/ADLE, IT) - adottata con 567 voti favorevoli, 29 contrari e 36 astensioni - il Parlamento esprime parere conforme alla proposta di regolamento per sostenere l'aumento della dotazione del fondo di coesione fino a 61,59 miliardi di euro. La novità introdotta dal regolamento consiste nel potenziamento del contributo del Fondo di coesione allo sviluppo sostenibile. Pertanto esso è in grado ormai di finanziare, oltre alle reti transeuropee, i progetti nel settore dei trasporti ferroviari, per vie navigabili fluviali e marittime, i programmi multimodali di trasporto, il trasporto urbano sostenibile ed i progetti nei settori che promuovono lo sviluppo sostenibile, a dimensione ambientale, quali i settori chiave dell'efficienza energetica e delle fonti energetiche rinnovabili.

Cooperazione territoriale

Per intensificare e promuovere la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale allo scopo di realizzare l'obiettivo della coesione sociale, economica e territoriale, la Commissione aveva avanzato una proposta di regolamento che dà la facoltà di creare gruppi cooperativi, dotati di personalità giuridica.

Facendo propria la relazione di Jan OLBRYCHT (PPE/DE, PL), il Parlamento approva la posizione comune del Consiglio. Il nome dello strumento, come richiesto dai deputati, è stato modificato si chiamerà Gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT) e non più Gruppo europeo di cooperazione transfrontaliera. Un GECT può essere composto da membri - situati nel territorio di almeno due Stati membri - che appartengono a una o più delle seguenti categorie: Stati membri, autorità regionali, autorità locali e altri organismi di diritto pubblico. Le associazioni composte di organismi che appartengono ad una o più di tali categorie possono parimenti essere membri.

A seguito dell'accordo sulle prospettive finanziarie, i deputati hanno ottenuto 300 milioni di euro supplementari per la coesione territoriale. I deputati auspicavano che 200 milioni fossero destinati alle regioni transfrontaliere e i restanti 100 milioni alla cooperazione interregionale.

Link utili

Regolamento recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione
Posizione comune del Consiglio in vista dell'adozione del regolamento relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale
Posizione comune del Consiglio in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo sociale europeo
Regolamento che istituisce un Fondo di coesione
Posizione comune del Consiglio in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a un gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT)

Riferimenti

Konstantinos HATZIDAKIS (PPE/DE, EL)
Raccomandazione sulla proposta di regolamento del Consiglio recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione e che abroga il regolamento (CE) n. 1260/1999
&
Alfonso ANDRIA (ALDE/ADLE, IT)
Raccomandazione relativa alla posizione comune del Consiglio in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo sociale europeo e recante abrogazione del regolamento (CE) n. 1784/1999
Procedura: Parere conforme
&
José Albino SILVA PENEDA (PPE/DE, PT)
Raccomandazione per la seconda lettura relativa alla posizione comune del Consiglio in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo al Fondo sociale europeo e recante abrogazione del regolamento (CE) n. 1784/1999
&
Giovanni FAVA (PSE, IT)
Raccomandazione per la seconda lettura relativa alla posizione comune del Consiglio in vista dell'adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente il Fondo europeo di sviluppo regionale e che abroga il regolamento (CE) n. 1783/1999
&
Jan OLBRYCHT (PPE/DE, PL)
Raccomandazione per la seconda lettura relativa alla posizione comune del Consiglio in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente un gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT)
Procedura: Codecisione, seconda lettura
Dibattito: 4.7.2006
Votazione: 4.7.2006

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AFFARI ECONOMICI E MONETARI


L'evasione dell'IVA è un problema europeo

Il Parlamento approva la proposta di modifica della sesta direttiva IVA che ha lo scopo di definire un quadro comune che consente l'adozione rapida di misure contro l’elusione e l’evasione in alcuni settori. I deputati, tuttavia, rilevano la necessità di una più ampia riforma del regime IVA dell'UE e notano che la direttiva non deve ledere la sovranità tributaria degli Stati membri. I deputati sollecitano anche gli Stati membri a collaborare con l'OLAF nella lotta alle frodi transfrontaliere.

La proposta di direttiva ha lo scopo di semplificare la riscossione dell'imposta sul valore aggiunto e di contribuire a contrastare l'evasione e l'elusione. Intende anche abrogare talune decisioni che autorizzano misure derogatorie concesse dal Consiglio agli Stati membri al fine di raggiungere gli obiettivi citati. 

Con la relazione di Christoph KONRAD (PPE/DE, DE), il Parlamento approva la proposta della Commissione, ma sottolinea che la direttiva «non dovrebbe ledere la sovranità tributaria degli Stati membri». Inoltre, nell'interesse di un'efficace lotta all'evasione e all'elusione fiscale, i deputati ritengono che la semplificazione delle deroghe «dovrebbe essere soltanto un elemento limitato di un ampio programma di riforma del regime IVA dell'UE» e, pertanto, andrebbero avviate ulteriori riforme di tale regime, «finalizzate fra l'altro alla lotta contro la frode fiscale», per ammodernare e semplificare, ad esempio, i servizi finanziari, i servizi elettronici, le situazioni di doppia imposizione fiscale e i servizi pubblici.

Il Parlamento precisa poi che i criteri per prendere in esame eventuali cambiamenti del sistema di riscossione dell'imposta sul valore aggiunto dovrebbero essere «l'efficacia della riscossione delle imposte, la giustizia fiscale e la praticabilità per le imprese». Inoltre, al fine di accertare quale regolamentazione a lungo termine disciplini meglio la riscossione dell'imposta sul valore aggiunto per l'Unione europea, chiede alla Commissione di elaborare un ampio quadro sinottico «che valuti le riflessioni svolte a livello nazionale su tale questione ed illustri in dettaglio le molte e varie conseguenze di un cambio di sistema nel modello dell'inversione dell'onere (reverse charge) nonché i vantaggi e svantaggi per gli Stati membri dell'UE e le imprese che operano nell'Unione Europea».

Un emendamento, infine, chiede agli Stati membri di invitare le autorità competenti a «cooperare strettamente» con l'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) al fine di contrastare le frodi transfrontaliere relative all'imposta sul valore aggiunto, che ledono gli interessi finanziari della Comunità, e in particolare la cosiddetta "frode carosello".

Background

In forza alla vigente normativa, il Consiglio ha autorizzato 140 deroghe richieste dagli Stati membri al fine di semplificare la riscossione dell’imposta o per evitare talune frodi o evasioni fiscali, e questo numero è destinato ad aumentare a causa delle richieste che potrebbero venire dai nuovi Stati membri. Per la Commissione, trattandosi di «problemi comuni», non è appropriato affrontare la questione in modo puntuale. Sottolineando i possibili problemi di compatibilità delle legislazioni nazionali con quella comunitaria, ritiene invece che occorre offrire agli Stati membri la possibilità di adottare in tempi brevi misure legalmente valide contro l’elusione e l’evasione in determinati settori mirati. A suo parere, peraltro, dalla modifica della normativa non trarranno beneficio soltanto le tesorerie nazionali ma anche le imprese colpite da una concorrenza sleale perché non desiderano essere implicate nell’organizzazione di sistemi di elusione. La proposta di razionalizzazione comprende anche delle misure intese a semplificare l’applicazione dell’IVA in alcuni casi in cui i debitori dell’imposta hanno difficoltà finanziarie.

Link utili

Proposta della Commissione

Sesta direttiva IVA (testo consolidato)

Riferimenti

Christoph KONRAD (PPE/DE, DE)
Relazione sulla proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 77/388/CEE per quanto riguarda talune misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell'imposta sul valore aggiunto e di contribuire a contrastare l'evasione e l'elusione e recante abrogazione di talune decisioni che autorizzano misure derogatorie
Procedura: Consultazione legislativa
Relazione senza discussione ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento del Parlamento
Votazione: 6.7.2006

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Agevolare le fusioni bancarie transeuropee

Il Parlamento sollecita la rimozione degli ostacoli ingiustificabili di natura finanziaria, fiscale e procedurale che intralciano le fusioni transeuropee di istituti finanziari. D'altra parte, i deputati chiedono che la concentrazione dei mercati e delle istituzioni finanziarie «sia scrupolosamente esaminata» dalla Commissione. Sottolineano poi l'importanza della cooperazione e della fiducia reciproca tra le autorità di vigilanza in caso di gravi crisi.

La relazione di Joseph MUSCAT (PSE, MT) ritiene che il consolidamento dei mercati finanziari «sia un'importante tendenza di mercato ... che risponde alla crescente concorrenza a livello UE e mondiale». I deputati, inoltre, osservano che le fusioni e le acquisizioni rimangono la più frequente strategia di crescita per le istituzioni finanziarie. Ricordano, tuttavia, che il consolidamento «non dovrebbe costituire un obiettivo politico di per sé», ma dovrebbe comportare «chiari benefici per l'economia», in particolare, stimolando la crescita, incoraggiando l'innovazione, garantendo la competitività e migliorando l'accesso ai finanziamenti. Ma anche consentendo alle istituzioni finanziarie «di sfruttare le sinergie e l'efficienza dei costi» ed offrendo al consumatore una scelta più ampia e una migliore qualità e assicurando, nel contempo, un livello adeguato di tutela dei consumatori.

D'altra parte, nel rilevare che le attività di fusione e acquisizione e di ristrutturazione, che possono avere effetti positivi sulla competitività, «sono spesso accompagnate da una percezione negativa legata al timore di perdere posti di lavoro», i deputati sottolineano che gli effetti del consolidamento possono essere conseguiti anche in diversi modi. Ad esempio, tramite alleanze commerciali tra istituzioni, outsourcing o in-sourcing di operazioni di back-office, cooperazione di back-office e creazione di infrastrutture comuni con i concorrenti (p.e. sistemi di pagamento e compensazione). In proposito, chiedono di concentrare l’attenzione sugli effetti in termini di occupazione del consolidamento nel settore finanziario mediante la ristrutturazione della proprietà e delle attività e, in particolare, mediante le attività di outsourcing. Il settore, inoltre, è invitato ad assumersi la propria responsabilità sociale e a definire misure di accompagnamento volte alla formazione e alla riqualifica del personale. Per i deputati, poi, gli operatori del mercato «dovrebbero tenere conto della loro responsabilità sociale durante le attività di fusione e acquisizione e di ristrutturazione».

Ritenendo poi che dovrebbe essere mantenuta la diversità delle istituzioni finanziarie - «che meglio riflette la varietà dei bisogni finanziari delle società, delle PMI e dei consumatori» - i deputati sostengono che la legislazione comunitaria «non dovrebbe favorire un unico tipo di modello aziendale o di struttura societaria né un unico tipo di prodotto rispetto ad altri». L’architettura dei servizi finanziari a livello dell’Unione dovrebbe inoltre garantire la coesistenza di strutture e dimensioni diverse «in modo da disporre di soggetti efficienti e competitivi sia sul piano internazionale sia nelle reti di prossimità». Parimenti, occorre garantire la diversità dei prodotti finanziari «per far fronte ai bisogni diversi e mutevoli dei consumatori». In proposito, non è stato accolto dall'Aula un emendamento proposto dal PSE che chiedeva un'iniziativa volta a proporre uno statuto di banca cooperativa europea. L'emendamento sottolineava come le banche cooperative costituiscono un elemento di diversità «essenziale nel panorama delle istituzioni finanziarie» e chiedeva la loro protezione e promozione.

Ostacoli al consolidamento transfrontaliero

Per i deputati, in seno al mercato interno, le sinergie economiche e l'efficienza dei costi derivanti dal consolidamento «dovrebbero essere realizzabili e non dovrebbero essere impedite da ostacoli ingiustificabili», quali barriere fiscali e diversi sistemi di vigilanza. Anche perché, nel settore finanziario e in particolare in quello bancario, tali ostacoli hanno portato a un livello di consolidamento inferiore rispetto ad altri settori. Appoggiando quindi l'intenzione della Commissione di porvi rimedio, i deputati prendono atto delle difficoltà cui devono far fronte le istituzioni finanziarie che intendono conseguire l’efficienza in termini di costi ed economie di scala, vendendo gli stessi prodotti o prodotti identici in diversi paesi e chiedono alla Commissione di esaminare ulteriormente tali difficoltà.

Più in particolare, la relazione deplora che vari ostacoli finanziari, in particolare l'IVA intragruppo e la mancanza di neutralità e di certezza giuridica nel trattamento IVA dei servizi finanziari, «diminuiscano e spesso impediscano sinergie ed efficienza dei costi». Pertanto, la Commissione è esortata a formulare proposte su come superare tali ostacoli. Inoltre, i deputati rilevano che, attualmente, costi IVA considerevoli non recuperabili, oltre agli oneri intersocietari, «limitano in ampia misura possibili risparmi derivanti dal consolidamento transfrontaliero», mentre l’attuale trattamento fiscale dei dividendi in taluni Stati membri «favorisce il pagamento dei dividendi nazionali rispetto a quelli comunitari».

I deputati si dicono poi preoccupati per il fatto che le istituzioni finanziarie che mirano a sviluppare le loro strategie a livello UE «devono spesso fare i conti con pratiche normative e di vigilanza costose e che richiedono molto tempo come pure con diversi requisiti in materia di informazione». D'altra parte, nel riconoscere «il ruolo importante» dei supervisori nazionali nell'attuazione della vigilanza prudenziale e nella tutela della solidità delle istituzioni e dei mercati finanziari nazionali, la relazione rileva che pratiche e norme nazionali divergenti in materia di vigilanza «potrebbero ridurre l'efficienza dei mercati, aumentare i costi operativi delle istituzioni finanziarie attive a livello transfrontaliero e ridurre di conseguenza i benefici del mercato unico finanziario e, in definitiva, comportarne la frammentazione». In proposito, ritengono che l'ulteriore convergenza delle pratiche e delle norme di vigilanza potrebbe ridurre taluni effetti negativi e migliorare l'efficienza del mercato.

Concentrazione del mercato

La relazione rileva che i livelli di concentrazione del mercato in alcuni Stati membri sono fonte di preoccupazione per quanto riguarda la struttura del mercato, la gestione e il comportamento delle banche europee e di altre istituzioni finanziarie. I deputati, pertanto, chiedono che la concentrazione dei mercati e delle istituzioni finanziarie «sia scrupolosamente esaminata» dalla Commissione e dalle autorità nazionali preposte alla concorrenza. L'Esecutivo, inoltre, è esortato ad assicurare che la normativa pertinente sia applicata in modo coerente dagli Stati membri e dovrebbe analizzare le implicazioni del consolidamento nei principali centri finanziari regionali per quanto riguarda il finanziamento delle piccole regioni e delle PMI.

Vigilanza

La relazione accoglie con favore le misure UE recentemente adottate riguardanti la vigilanza prudenziale. In particolare, la proposta di una direttiva sui requisiti patrimoniali che favorisce il principio di controllo del paese d'origine e modifica considerevolmente l'attuale quadro di vigilanza che ora comprende nuove disposizioni sulla cooperazione tra le autorità nazionali competenti, requisiti di informazione delle autorità di vigilanza e poteri rafforzati per il supervisore per quanto riguarda la convalida dei modelli di misurazione del rischio. Per i deputati, nell'attuale legislazione, tale approccio dovrebbe essere accompagnato da «una chiara definizione e da un'equilibrata attribuzione dei poteri e delle responsabilità ai supervisori del paese d'origine e del paese ospitante».

La Commissione è poi invitata a tenere debitamente conto nelle sue proposte delle difficoltà incontrate da alcuni regolatori nazionali nell’intervenire «su mercati caratterizzati da una presenza molto forte di capitali stranieri». Inoltre, ritenendo che le attuali reti di supervisori nazionali, le disposizioni di vigilanza e i memorandum d'intesa non giuridicamente vincolanti potrebbero non essere sufficienti per far fronte a una grave crisi causata da fallimenti di mercati o di importanti gruppi finanziari transnazionali, i deputati sottolineano come sia fondamentale la cooperazione e la fiducia reciproca tra le autorità di vigilanza. Invitano inoltre la Commissione e le autorità nazionali competenti a elaborare congiuntamente proposte adeguate per una gestione efficace delle crisi.

Infine, la relazione sollecita la costituzione prima della fine del 2006 di un comitato di saggi per studiare e riferire, entro sei mesi, in merito alle implicazioni del consolidamento dei mercati e delle istituzioni finanziarie, la vigilanza prudenziale, la stabilità finanziaria e la gestione delle crisi. Il comitato dovrà proporre idee concrete concernenti la semplificazione dei molteplici requisiti di informazione, il miglioramento delle attuali strutture e, infine, dovrà esaminare i bisogni e le strutture dei supervisori finanziari europei.

Link utili

Libro bianco della Commissione - La politica dei servizi finanziari per il periodo 2005-2010

Comunicazione della Commissione - Gli investimenti intra-UE nel settore dei servizi finanziari

Riferimenti

Joseph MUSCAT (PSE, MT)
Relazione sull'ulteriore consolidamento dell'industria dei servizi finanziari
Procedura: Iniziativa
Dibattito: 3.7.2006
Votazione: 4.7.2006 

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IMMIGRAZIONE


Fare di più per l’integrazione degli immigrati

Il Parlamento ha adottato una relazione che pone l'accento sulle misure volte ad agevolare l'integrazione dei migranti nell'UE sollecitando, ad esempio, corsi di lingua e procedure rapide per la loro naturalizzazione. Un'altra relazione approvata dai deputati, pur avanzando emendamenti, approva la proposta volta a instaurare una procedura di scambio di informazioni sulle misure nazionali nel settore dell'asilo e dell'immigrazione.

Scambio delle migliori pratiche, dialogo interculturale e corsi di lingua. E’ quanto chiede la relazione d'iniziativa di Stavros LAMBRINIDIS (PSE, EL) adottata dal Parlamento con 296 voti favorevoli, 242 contrari e 4 astensioni. all’esame della Plenaria per promuovere l’integrazione degli immigrati, sollecitando anche procedure rapide e trasparenti per la loro naturalizzazione e l’effettiva attuazione delle direttive europee in questo campo. I deputati accolgono con favore la proposta relativa al Fondo europeo per l'integrazione dei cittadini di paesi terzi e chiedono una direttiva quadro sulla migrazione legale.

La relazione rileva che il numero di immigrati nell'Unione è stimato a 40 milioni, «a cui si aggiungono diversi milioni di loro discendenti». Nota, inoltre, che questa popolazione «in crescita» è «straordinariamente eterogenea» ma è «afflitta da problemi simili». Ad esempio, il tasso di partecipazione degli immigrati alla forza lavoro è notevolmente inferiore alla media e la percentuale di riuscita scolastica registra un notevole ritardo. Sono poi sottorappresentati politicamente ad ogni livello di governo, «compreso nei partiti politici degli Stati membri e nelle istituzioni europee».

Nell’accogliere positivamente la proposta della Commissione di promuovere un forum annuale dell'integrazione per agevolare lo scambio di pratiche migliori, il Parlamento la invitano anche a creare un gruppo di contatto permanente di rappresentanti degli immigrati, esperti, ONG e altri soggetti, per fornirle consulenze in merito a tutte le politiche attinenti all'integrazione. L’Esecutivo e gli Stati membri, inoltre, sono invitati a varare campagne di informazione e di sensibilizzazione «per una migliore comprensione delle migrazioni e del contributo economico e sociale degli immigrati in una società».

Il Parlamento chiede poi agli Stati membri e alle autorità locali e regionali di «stimolare l'interazione tra immigrati e la loro società ospitante» promuovendo, tra l'altro, assisi comuni, il dialogo interculturale, seminari, esposizioni e attività culturali e sportive. Sollecita, inoltre, la creazione di nuove strutture di assistenza agli immigrati e, al contempo, il sostegno alle organizzazioni di immigrati nei loro territori. Incoraggia anche l’adozione di misure finalizzate all'integrazione dei rifugiati nel corso della fase di accoglienza, quali corsi di lingua o attività di lavoro volontario, «tenendo presente che il processo di integrazione dei profughi inizia nella fase di accoglienza». Ma chiede pure di utilizzare le delegazioni della Commissione e delle autorità consolari in tutto il mondo per contribuire all'integrazione dei potenziali immigrati, «facendo loro acquisire dimestichezza con l'UE e la cultura, la storia, la lingua e i diritti e le responsabilità civili degli Stati membri».

I deputati chiedono poi agli Stati membri di incoraggiare la partecipazione politica degli immigrati e, a tale riguardo, invitano la Commissione a effettuare una revisione delle attuali disposizioni in materia di cittadinanza europea nei vari Stati membri e delle prassi nazionali sul diritto di voto degli immigrati residenti da lunga data alle elezioni locali e comunali. In proposito, gli Stati membri sono invitati a stabilire procedure trasparenti, umane, rapide e ragionevoli, che garantiscano lo status di soggiornanti di lungo periodo, il ricongiungimento familiare e la successiva naturalizzazione degli immigranti e dei loro figli, «soprattutto tenendo presente il fatto che molti di tali figli sono nati nel territorio di uno Stato membro».

D’altra parte, il Parlamento richiama l'attenzione degli Stati membri sullo stato giuridico di dipendenza delle donne che raggiungono il coniuge nell'ambito del ricongiungimento familiare. Al riguardo, chiede agli Stati membri di rivedere la propria legislazione in modo da garantire che alle consorti e ai figli sia accordato quanto prima uno status individuale e un permesso di lavoro che sia indipendente da quello del principale detentore dello status giuridico, «al fine di garantire e tutelare appieno i loro diritti e facilitare la loro integrazione sociale». Per evitare possibili maltrattamenti delle donne immigrate, occorre poi fornire loro informazioni facilmente accessibili circa la legislazione dello Stato ospitante sulla parità di genere e sui diritti e la tutela che tale legislazione comporta, compreso l'accesso a vie legali e amministrative.

I deputati chiedono alla Commissione di garantire l’effettiva attuazione delle direttive europee in materia di integrazione e di controllare con maggiore rigore l'efficacia delle prassi amministrative che danno attuazione alla legislazione in materia nella vita quotidiana degli immigrati. Il Consiglio, inoltre, dovrebbe predisporre una direttiva quadro «completa e lungimirante» sulla migrazione legale, tenendo debitamente conto della necessità di integrazione. Notando poi che l'Unione «ha impiegato ben poche risorse per cercare di vincere la sfida dell'integrazione», i deputati sostengono che, al contrario, gli sforzi «dovrebbero essere pari agli impegni dell'UE per l'integrazione dei paesi in via di adesione».

Per tale motivo accolgono positivamente la proposta della Commissione di istituire il Fondo europeo per l'integrazione dei cittadini di paesi terzi per il periodo 2007-2013 ed esortano a ricorrervi attenendosi a sei principi concreti. Tra questi, figura la necessità di concentrare gli interventi in determinati campi prioritari e di sostenere le iniziative con maggiori potenzialità di essere diffusamente applicate in tutta l'Unione. Per i deputati, poi, occorre dare priorità all'integrazione dei nuovi arrivati, pur provvedendo a che siano erogati fondi anche a favore dei programmi destinati ai discendenti degli immigrati di seconda o terza generazione. E’ anche sottolineata la necessità di azioni volte a promuovere la complementarietà tra il nuovo Fondo per l'integrazione e il Fondo sociale europeo.

Infine, il Parlamento sollecita il Consiglio ad avvalersi della clausola di "passerella" per attribuire al Parlamento poteri di codecisione in materia di integrazione e migrazione legale e consentire il voto a maggioranza qualificata al Consiglio. E’ infatti, giudicato importante che i deputati al Parlamento europeo abbiano un potere di codecisione in materia di politica di integrazione, «dato che essi rappresentano la voce politica dell'UE» e, rappresentando pertanto le opinioni degli immigrati e dei cittadini, «dovrebbero condividere la responsabilità di formulare la politica di integrazione nel processo legislativo dell'UE».

Il Parlamento, con la procedura di consultazione, ha anche approvato la proposta di decisione che introduce una procedura di informazione reciproca, attraverso Internet, sulle misure degli Stati membri nei settori dell'asilo e dell'immigrazione. La relazione di Patrick GAUBERT (PPE/DE, FR), suggerisce tuttavia una serie di emendamenti. Anzitutto, i deputati precisano che tale procedura deve permettere di preparare degli scambi di vedute regolari, a livello amministrativo e politico, sulle misure che potrebbero avere un impatto significativo su vari Stati membri o a livello della Comunità in generale. E' poi specificato che gli Stati membri dovranno comunicare alla Commissione le misure che intendono adottare in materia di immigrazione legale ma anche quelle riguardanti la lotta contro l'immigrazione clandestina. Reputano, infatti, che misure quali le espulsioni di massa possono avere un impatto sugli altri Stati membri.

Per consentire agli Stati membri di controllare reciprocamente che lo scambio di informazioni avviene in modo obiettivo, volontario ed efficace, i deputati introducono la facoltà per ogni Stato membro e per la Commissione di richiedere informazioni sulle misure non preventivamente comunicate da un altro Stato membro, «se a loro parere le misure in questioni potrebbero avere un impatto sia sui flussi migratori dello Stato membro che chiede le informazioni sia sull'Unione in generale». La relazione parlamentare chiede poi che le misure, le decisioni e le valutazioni trasmesse alla rete siano disponibili «in una delle tre lingue ufficiali più frequentemente utilizzate diversa dalla propria/dalle proprie».

Infine, ritenendo che gli scambi di informazioni tra Stati membri e Commissione concernenti le misure o i testi che non sono ancora stati approvati a livello nazionale debbano essere riservati, il Parlamento ha bocciato a schiacciante maggioranza un emendamento che chiedeva di rendere la rete accessibile al pubblico. Tuttavia, un altro emendamento chiede che i testi legislativi già approvati nei singoli Stati membri e disponibili in rete, nonché le decisioni di giustizia a carattere definitivo delle giurisdizioni nazionali e internazionali, devono essere accessibili al pubblico.

 

Link util

Comunicazione della Commissione - Un’agenda comune per l’integrazione: Quadro per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi nell’Unione europea

Direttiva 2003/86/CE sul ricongiungimento familiare

Direttiva 2003/109/CE relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo

Direttiva 2000/43/CE che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica

Direttiva 2000/78/CE che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro

Proposta di decisione che introduce una procedura di informazione reciproca sulle misure degli Stati membri nei settori dell’asilo e dell’immigrazione

Riferimenti

Stavros LAMBRINIDIS (PSE, EL)
Relazione sulle strategie e i mezzi per l'integrazione degli immigrati nell'Unione europea
Procedura: Iniziativa
&
Patrick GAUBERT (PPE/DE, FR)
Relazione sulla proposta di decisione del Consiglio che introduce una procedura di informazione reciproca sulle misure degli Stati membri nei settori dell’asilo e dell’immigrazione
Procedura: Consultazione legislativa
Dibattito: 5.7.2006
Votazione: 6.7.2006

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COMMERCIO ESTERO/INTERNAZIONALE


Il marchio d'origine tutela i consumatori e promuove l'industria UE

L'indicazione del paese d'origine sui prodotti importati nell'UE è molto importante per i deputati poiché renderebbe consapevoli i consumatori e porterebbe ad una maggiore attrattiva dei prodotti europei, a vantaggio delle PMI e dei settori esposti alla concorrenza globale. La risoluzione adottata dal Parlamento deplora quindi che la Commissione non lo abbia consultato sulla relativa proposta di regolamento e chiede di intervenire con forza contro l'impiego di marchi d'origine fraudolenti.

Il Parlamento - all'unanimità, con una sola astensione - ha adottato una risoluzione comune che invita la Commissione e il Consiglio a privilegiare in modo particolare la promozione dell'immagine dell'industria europea all'interno e all'esterno della Comunità, «salvaguardandone l'identità e le specificità». Per i deputati occorre anche adoperarsi affinché la buona reputazione di cui gode in generale l'industria comunitaria e l'immagine e l'attrattiva dei prodotti europei ad alto valore «non siano offuscate da indicazioni d'origine imprecise o fuorvianti».

In tale contesto, per il Parlamento, il marchio d'origine permetterebbe ai consumatori europei di essere pienamente consapevoli del paese d'origine dei prodotti che acquistano e, pertanto, sarebbero in grado di identificare tali prodotti con le norme sociali, ambientali e di sicurezza generalmente associate a tale paese. Nel sottolineare poi che una maggiore presa di coscienza dei consumatori porterebbe ad una maggiore attrattiva dei prodotti europei a vantaggio soprattutto delle PMI e dei settori esposti alla concorrenza globale, il Parlamento esorta gli Stati membri a mantenere una coerente strategia comunitaria in questo settore per consentire ai consumatori europei di ricevere informazioni più complete e accurate.

Per i deputati, inoltre, la protezione dei consumatori «presuppone norme commerciali trasparenti e coerenti, inclusa, tra l'altro, l'indicazione di origine». Al riguardo, invitano la Commissione a «intervenire con forza», insieme agli Stati membri, per difendere i diritti e le aspettative legittimi dei consumatori ogniqualvolta sussista la prova di comportamenti ingannevoli e/o dell'impiego di marchi d'origine fraudolenti o fuorvianti da parte di produttori e importatori stranieri. L'Esecutivo e il Consiglio dovrebbero anche porre in essere un'adeguata sorveglianza doganale, istituire opportuni meccanismi d'esecuzione e compiere tutti i passi necessari per assicurare parità di condizioni con i partner commerciali che hanno applicato le disposizioni in materia di marchio d'origine.

Il Parlamento, infine, deplora che la Commissione non gli abbia trasmesso, neppure per conoscenza, la proposta di regolamento relativo all’indicazione obbligatoria del paese di origine di taluni prodotti importati da paesi terzi nell'Unione europea ("marchio d'origine"), nonostante fosse pienamente consapevole dell'importanza che il Parlamento annette al marchio d'origine. Insiste quindi sull'obbligo che incombe alla Commissione di assicurare la partecipazione del Parlamento in modo tale da poter tener conto per quanto possibile del suo parere. Commissione e Consiglio sono anche esortati a informarlo senza indugio dei risultati di ulteriori valutazioni d'impatto e analisi giuridiche effettuate, in particolare per quanto riguarda le presunte incoerenze della proposta di regolamento rispetto alla legislazione comunitaria vigente e alle norme dell'OMC.

Background

L'Unione europea non dispone per il momento di disposizioni armonizzate o pratiche uniformi sul marchio di origine nell'UE e, a causa delle disparità fra le regolamentazioni in vigore negli Stati membri e all'assenza di regole chiare in materia a livello comunitario, sussiste una frammentazione del quadro giuridico. Inoltre, sono vietate le misure nazionali che impongono un marchio d'origine obbligatorio sulle merci importate da altri Stati membri, mentre non esistono limitazioni analoghe sul marchio d'origine obbligatorio per le merci importate da paesi terzi.

La proposta di regolamento prevede l'introduzione nell'UE di un sistema obbligatorio d'indicazione del paese d'origine a un numero limitato di prodotti importati, quali tessili, gioielleria, abbigliamento, calzature, pelletteria, lampade e impianti d'illuminazione, articoli in vetro, ceramica e borse. Alcuni dei maggiori partner commerciali dell'UE, come gli Stati Uniti, la Cina, il Giappone e il Canada, hanno invece introdotto il marchio d'origine obbligatorio.

Link utili

Proposta della Commissione

Resoconto del dibattito in Aula

Riferimenti

Risoluzione comune sul marchio di origine
Procedura: Risoluzione comune
Dibattito: 6.7.2006
Votazione: 6.7.2006

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ISTITUZIONI


Il Parlamento rende omaggio a Stacy e Nathalie

Appena entrato in Aula, il Presidente Josep BORRELL, in piedi, ricordando che sono passati solo 10 anni dal caso Dutroux, ha voluto unirsi al dolore delle famiglie delle due bambine, Stacy e Nathalie, uccise recentemente in Belgio.  Il Presidente ha quindi affermato che questo ulteriore caso di violenza nei confronti di bambini non rappresenta un caso individuale di cronaca, ma è «un fatto di società» che non può lasciare indifferenti poiché, con le bambine, si è ucciso lo stesso «concetto di innocenza». La politica, ha aggiunto, deve essere utilizzata per prevenire questi fatti, aiutare le famiglie e far sì che non si dimentichi. Dopo aver anche ricordato le numerose vittime di un incidente ferroviario verificatesi a Valencia, il Presidente ha chiesto all'Aula di osservare un minuto di silenzio.

Confermato il mandato di Achille Occhetto

Il Presidente ha informato l'Aula che la commissione giuridica del Parlamento europeo, all'unanimità, ha dichiarato inammissibile il ricorso avanzato da Beniamino Donnici ed ha quindi convalidato l'elezione di Achille OCCHETTO (PSE, IT) al Parlamento europeo.

Interventi di un minuto

Marta VINCENZI (PSE, IT) ha segnalato, «come dato preoccupante», l'involuzione in atto nei rapporti tra le Istituzioni europee e le associazioni dei consumatori. A titolo di esempio ha citato il recente caso verificatosi in seno al consiglio d'amministrazione dell'Agenzia europea per la sicurezza alimentare dove, tra i quattro membri (su quattordici), sono stati designati solo rappresentanti di gruppi di interesse e nessuno in rappresentanza dei consumatori, come prevede invece l'articolo 25 del regolamento 178 del 2002.

Giusto CATANIA (GUE/NGL, IT) ha informato l'Aula che 18 immigrati sono morti annegati recandosi verso le isole Canarie, mentre altri due sono morti a Melilla. Ritenendo questi fatti «molto gravi» ha chiesto di verificare se è vero che, nell'ultimo caso, la Guardia Civil abbia utilizzato armi da fuoco. Per il deputato, infatti, il Parlamento deve intervenire, come in passato, per evitare che vi siano ulteriori morti alla frontiera tra il Marocco e la Spagna.

Altri documenti approvati

I risultati delle votazioni sono consultabili sul sito del Servizio Stampa del Parlamento europeo.
I testi di tutti i documenti approvati sono reperibili sul sito del Parlamento europeo.

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Codici delle procedure parlamentari

Serie A

Relazioni e raccomandazioni

Serie B

Risoluzioni e interrogazioni orali

Serie C

Documenti di altre Istituzioni

*

Procedura di consultazione

**I

Procedura di cooperazione, prima lettura

**II

Procedura di cooperazione, seconda lettura

***

Parere conforme

***I

Procedura di codecisione, prima lettura

***II

Procedura di codecisione, seconda lettura

***III

Procedura di codecisione, terza lettura

Abbreviazioni

- Gruppi politici: vedere di seguito

BE

Belgio

IT

Italia

PL

Polonia

CZ

Repubblica ceca

CY

Cipro

PT

Portogallo

DK

Danimarca

LV

Lettonia

SI

Slovenia

DE

Germania

LT

Lituania

SK

Slovacchia

EE

Estonia

LU

Lussemburgo

FI

Finlandia

EL

Grecia

HU

Ungheria

SE

Svezia

ES

Spagna

MT

Malta

UK

Regno Unito

FR

Francia

NL

Olanda

 

 

IE

Irlanda

AT

Austria

 

 

Gruppi politici

PPE/DE

Gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei

PSE

Gruppo socialista al Parlamento europeo

ALDE/ADLE

Gruppo dell'Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l'Europa

Verdi/ALE

Gruppo Verde/Alleanza libera europea

GUE/NGL

Gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica

IND/DEM

Gruppo Indipendenza/Democrazia

UEN

Gruppo "Unione per l'Europa delle nazioni"

NI

Non iscritti

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Deputati al Parlamento europeo

 Situazione al 6.7.2006
 

 

PPE/DE

PSE

ALDE/ADLE

Verdi/ALE

GUE/NGL

IND/DEM

UEN

NI

Totale

BE

6

7

6

2

 

 

 

3

24

CZ

14

2

 

 

6

1

 

1

24

DK

1

5

4

1

1

1

1

 

14

DE

49

23

7

13

7

 

 

 

99

EE

1

3

2

 

 

 

 

 

6

EL

11

8

 

 

4

1

 

 

24

ES

24

24

2

3

1

 

 

 

54

FR

17

31

11

6

3

3

 

7

78

IE

5

1

1

 

1

1

4

 

13

IT

24

15

12

2

7

 

9

9

78

CY

3

 

1

 

2

 

 

 

6

LV

3

 

1

1

 

 

4

 

9

LT

2

2

7

 

 

 

2

 

13

LU

3

1

1

1

 

 

 

 

6

HU

13

9

2

 

 

 

 

 

24

MT

2

3

 

 

 

 

 

 

5

NL

7

7

5

4

2

2

 

 

27

AT

6

7

1

2

 

 

 

2

18

PL

15

10

4

 

 

7

10

8

54

PT

9

12

 

 

3

 

 

 

24

SI

4

1

2

 

 

 

 

 

7

SK

8

3

 

 

 

 

 

3

14

FI

4

3

5

1

1

 

 

 

14

SE

5

5

3

1

2

3

 

 

19

UK

27

19

12

5

1

10

 

4

78

Totale

263

201

89

42

41

29

30

37

732

 

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