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RESOCONTO

 

28 settembre 2005

 

Strasburgo

 

 


 

 

Adesione della Turchia: il Parlamento pretende garanzie

 

Il Parlamento ha rinviato il voto sull'approvazione del protocollo che estende ai nuovi Stati membri l'Unione doganale con la Turchia. La decisione è stata dettata dal timore che la dichiarazione turca secondo cui la firma del protocollo non implica il riconoscimento di Cipro assuma implicazioni giuridiche diventando parte integrante della ratifica del parlamento turco. Tuttavia, votando una risoluzione comune, i deputati prendono atto che i negoziati di adesione possono iniziare il 3 ottobre.

 

E' per non perdere l'influenza sul governo turco che il capogruppo del PPE/DE ha proposto di rinviare il voto sul Protocollo, ritenendo politicamente inaccettabile il rifiuto della Turchia di riconoscere Cipro. La proposta è stata quindi accolta con 311 voti favorevoli, 285 contrari e 63 astensioni. Inoltre, nella risoluzione adottata successivamente - con 356 voti favorevoli, 181 contrari e 125 astensioni - i deputati prendono atto che la Commissione e il Consiglio ritengono che la Turchia abbia «formalmente assolto» l'ultimo degli adempimenti necessari a consentire l'avvio dei negoziati di adesione, ossia il varo dei sei atti legislativi ancora pendenti e la firma del protocollo che estende ai dieci nuovi Stati membri l'Accordo di Unione doganale (Accordo di Ankara).

 

Tuttavia, su questi e altri temi, ritengono che «l'attuazione deve essere ancora ultimata». L'avvio dei negoziati, precisa la risoluzione, rappresenterà pertanto l'inizio «di un processo di lunga durata» che, per sua natura, «è aperto, e non si traduce a priori e ipso facto nell'adesione». Il Parlamento chiede quindi di prevedere la sospensione dei negoziati di adesione qualora risultasse che in Turchia non sono rispettati i principi fondamentali di libertà e democrazia e non è data piena attuazione al Protocollo, in particolare, con il riconoscimento di Cipro. E' inoltre rivolto un appello alla Turchia affinché riconosca l genocidio degli armeni, reputando che tale atto sia «una condizione preliminare all'adesione all'Unione europea».

 

La questione di Cipro

 

Più in particolare, il Parlamento «deplora vivamente» il fatto che la Turchia «faccia pesare seri dubbi» sulla sua volontà di applicare pienamente le disposizioni del Protocollo avendo dichiarato che la sua sottoscrizione, ratifica e attuazione non comporta alcuna forma di riconoscimento della Repubblica di Cipro. I deputati sottolineano quindi che questa dichiarazione unilaterale «non fa parte del Protocollo e non ha effetti giuridici sugli obblighi della Turchia» e non deve essere parte del processo di ratifica del parlamento turco.

A tale proposito, i deputati sottolineano che il riconoscimento di Cipro da parte della Turchia è «un elemento indispensabile del processo di adesione» e che tale riconoscimento «non può assolutamente formare oggetto di trattative». La Turchia è quindi invitata a riconoscere quanto prima Cipro, sottolineando che l'assenza di progressi in tale senso «avrebbe gravi ripercussioni sul processo negoziale e potrebbe tradursi nella sospensione dei negoziati stessi».

I deputati ricordano poi alla Turchia che mantenendo le restrizioni contro le imbarcazioni e gli aeromobili ciprioti, viola l'Accordo di Ankara e la relativa Unione doganale, indipendentemente dal protocollo, in quanto tali pratiche contravvengono al principio di libera circolazione delle merci. La Turchia è quindi invitata a dare piena applicazione a tutte le disposizioni del protocollo.

La Commissione, d'altra parte, dovrà procedere, entro la fine del 2006, ad una valutazione completa dell'attuazione dell'Accordo di Ankara. Se da questo esame risultasse la mancata applicazione dell'Accordo, il processo negoziale potrebbe essere arrestato. Pertanto, i deputati chiedono che l'attuazione dell'Unione doganale sia uno dei primi capitoli ad essere discussi nel quadro dei negoziati di adesione nel 2006.

D'altra parte, nel rammaricarsi che la comunità greco-cipriota non sia stata in grado di raggiungere una soluzione, il Parlamento invita le autorità turche a mantenere il loro atteggiamento costruttivo nella ricerca di una soluzione che porti a una soluzione equa, da negoziare sulla base del piano Annan. La Turchia, pertanto, è invitata a ritirare quanto prima le proprie forze in base a un calendario preciso, conformemente alle pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite.

Infine, l'Aula chiede al Consiglio di «tener fede alle sue promesse» e porre fine all'isolamento della comunità turco-cipriota. La Presidenza britannica è quindi invitata a rinnovare gli sforzi per raggiungere un accordo sul pacchetto di aiuti finanziari e sulle disposizioni in materia di agevolazioni commerciali riguardanti la parte settentrionale di Cipro.

Rispetto dei diritti fondamentali

Nel sottolineare «che la finalità comune dei negoziati è l'adesione», il Parlamento precisa tuttavia che essi rappresentano «un processo aperto il cui esito non può essere garantito a priori». La Commissione, una volta avviati i negoziati sui vari capitoli, è invitata a raccomandare, previa consultazione del Parlamento europeo, la sospensione dei negoziati in caso di grave e continua violazione dei principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell'uomo, delle libertà fondamentali, dei diritti delle minoranze e dello stato di diritto.

I deputati insistono anche sulla necessità che il quadro negoziale rifletta le priorità politiche evocate dal Parlamento europeo nelle sue diverse risoluzioni in cui si invita la Turchia a soddisfare pienamente i seguenti criteri politici: stabilità delle istituzioni a garanzia della democrazia, dello stato di diritto, dei diritti dell'uomo e del rispetto e della protezione delle minoranze.

Pertanto, chiedono che ogni tornata negoziale a livello ministeriale sia preceduta da una valutazione dei criteri politici, sia a livello teorico che nella pratica, «esercitando in tal modo una pressione costante sulle autorità turche affinché mantengano il ritmo delle riforme necessarie». Occorre poi definire un programma completo di obiettivi chiari e uno scadenziario per la piena ottemperanza ai criteri politici.

Inoltre, se la Turchia, pur rispettando tutti i criteri di Copenaghen, non è in grado di assumersi pienamente tutti gli obblighi che derivano dall'adesione all'Unione, «occorre garantire che il paese in questione sia pienamente ancorato alle strutture europee nel modo più solido possibile». In tale contesto, la Commissione e il Consiglio sono invitati a riferire annualmente al Parlamento europeo e ai parlamenti nazionali degli Stati membri sui progressi compiuti dalla Turchia nel soddisfare i criteri politici, «indicando altresì tutti i casi accertati di tortura segnalati nell'anno in esame e il numero di cittadini turchi richiedenti asilo che siano stati accolti dagli Stati membri dell'Unione nell'anno in questione».

In tale contesto, pur accogliendo con favore l'adozione e l'entrata in vigore di sei importanti atti legislativi, il Parlamento invita il governo turco «a garantire la libertà di pensiero e a riformare ulteriormente il codice penale». Preoccupano, in particolare, l'articolo 305 del codice penale turco, in virtù del quale è considerato reato qualsiasi atto contro gli interessi nazionali fondamentali, una norma attuativa della legge sulle associazioni, che conserva una serie di restrizioni e l'insufficienza di proposte di legge sul funzionamento delle comunità religiose (legge sulle fondazioni).

Per i deputati, inoltre, la raccomandazione della Commissione di negoziare lunghi periodi di transizione, accordi specifici in settori quali le politiche strutturali e l'agricoltura e garanzie permanenti per la libera circolazione dei lavoratori, non dovrebbe ripercuotersi negativamente sugli sforzi della Turchia tesi a conformarsi all'acquis comunitario.

Capacità per l'Unione di assorbire la Turchia

Per il Parlamento il trattato di Nizza «non costituisce una base accettabile per ulteriori decisioni in merito all'adesione di eventuali nuovi Stati membri» ed insiste pertanto sulla necessità che le riforme richieste «siano varate nel quadro del processo costituzionale».

Infine, rammenta che la capacità dell'Unione di assorbire la Turchia, preservando nel contempo l'impeto dell'integrazione europea, «rappresenta un elemento cruciale nell'interesse comune dell'Unione e della Turchia». Pertanto, la Commissione è incoraggiata a verificare, durante i negoziati, la capacità dell'Unione di assorbire la Turchia tenendo conto del seguito dato allo studio d'impatto nel 2005, che può fornire utili indicazioni su questo importante aspetto della questione.

Dibattito: Interventi dei deputati italiani

Emma BONINO (ALDE/ADLE, IT), intervenuta a nome del suo gruppo, ha affermato che nel sottoscrivere il progetto di risoluzione comune, si sia «sacrificato sull'altare dell'unità anche degli elementi di correttezza». A suo parere ciò «non aiuta neppure gli amici greci-ciprioti ad essere più flessibili» e a trovare anche loro una soluzione a questa situazione «di cui sono ampiamente e largamente responsabili» con la bocciatura del referendum. Per la deputata, occorre quindi chiarire la situazione: «un paese che stava per diventare membro ha impedito a un commissario dell'Unione europea di rivolgersi alla TV di Stato e questo commissario ha dichiarato di essere stato tradito nella fiducia riposta e nella parola data dalle autorità greche-cipriote».

Per chi pensa e spera ad un'Europa politica, ad una forza politica, economica, morale, ha aggiunto, «è chiaramente sorprendente che noi stessi non ci rallegriamo dei successi che il nostro potere dolce europeo già sta ottenendo in Turchia». La deputata si è quindi chiesta come sia possibile che nell'Unione stessa non si riconoscano i successi dell'Europa politica, come la caduta in Turchia dei tabù armeno e curdo. Sono i successi, ha spiegato, «della nostra capacità di attrazione alle strutture e ai sistemi democratici aperti e più rispettosi».

«Abbiamo il diritto di essere critici», ha ammesso, «ma non abbiamo il diritto di essere cinici». La «morte precoce» della Costituzione europea, per la deputata «ha come lasciato il Continente senza una frontiera di maturazione ideale, facendo stagnare risentimenti, cinismi che non sono una politica». Ed ha concluso esclamando che «non si fa politica in questo modo, non si fa una politica federalista, liberale dell'Europa che noi vogliamo come attrazione di libertà, di Stato di diritto, di democrazia».

Roberta ANGELILLI (UEN, IT) ha ricordato che nel mese di dicembre era stato chiesto alla Turchia «di dare un segnale chiaro, di accettare le regole di democrazia dell'Unione europea riconoscendo per prima cosa Cipro». La risposta negativa del governo turco, ha quindi affermato, «è invece un segnale di ostinazione sorprendente» e il fatto che la dichiarazione sia unilaterale e senza efficacia, non la rende meno «grave ed ingiustificata». La deputata si detta anche sorpresa dell'atteggiamento dell'Europa che, «attraverso eterni compromessi, dimostra ancora una volta il suo ruolo ambiguo che rimanda e incancrenisce i problemi invece di risolverli».

Dopo aver ribadito che il processo di adesione della Turchia «non può avere un esito scontato», ha quindi affermato che tale Paese deve prendersi degli impegni concreti «rispetto ai quali non possiamo fare sconti». Ci sono stati miglioramenti, ha aggiunto, «ma c'è ancora troppo da fare contro la tortura, sul rispetto dei diritti umani e civili e sulla tutela della minoranze». E, soprattutto, «la Turchia non può non riconoscere uno Stato già effettivamente membro dell'Unione europea come Cipro, né tanto meno continuare ad occupare il suolo cipriota con ben 40.000 soldati».

Sostenendo che occorre un processo di adesione «serio e chiaro secondo i valori di integrazione e di rispetto reciproco», ha quindi concluso dichiarando che, pur sapendo degli sforzi del governo italiano per il buon esito dei negoziati, la delegazione di Alleanza Nazionale esprimerà un voto critico di astensione. Questo voto, ha precisato, non vuol significare una chiusura verso la Turchia, «ma la pretesa del rispetto delle regole che devono essere sempre uguali per tutti».

Sebastiano (Nello) MUSUMECI (UEN, IT) ha affermato di guardare da sempre con grande interesse «alla coraggiosa scelta della Turchia di schierarsi dalla parte dell'Occidente almeno sul piano delle scelte strategico-militari». E chi, come il deputato, vive «nel cuore del bacino euro-afro-asiatico», avverte più di ogni altro «l'esigenza di stabilire contorni e confini improntati a spirito di pacifica convivenza». Tuttavia, ha aggiunto, il processo di democratizzazione avviato dallo Stato turco in direzione di un possibile ingresso nell'Unione europea «appare ancora lento, incerto e contraddittorio».

Se è vero che alcuni ostacoli sono stati superati, ha spiegato, altri però restano ancora da eliminare. Non si tratta di un lungo infinito esame cui l'Occidente sottopone la Turchia, ha precisato, «ma dell'indispensabile esigenza di costruire un ampliamento su un terreno di democrazia e di rispetto dei diritti civili ed internazionali». Per questo, ha concluso, l'Unione europea ha il dovere di sostenere la Turchia nel suo cammino di allineamento all'Occidente «ma ha anche il dovere di essere inflessibile e intransigente», in quanto «su questo terreno qualunque altra scelta di opportunismo non potrebbe trovare giustificazione».

«Abbiamo sentito a proposito di Turchia parlare di diritti umani, di libertà religiosa, di curdi, di Cipro, di messa del Papa, di armeni e così via». Tutte cose interessantissime e importanti, ha detto Francesco Enrico SPERONI (IND/DEM, IT), affermando che vi è «una cosa che deve orientare nelle nostre decisioni: la volontà popolare». I cittadini europei, i nostri elettori di cui siamo rappresentanti, ha aggiunto, «non vogliono la Turchia in Europa». Ha quindi concluso invitando i colleghi «a rispettare la volontà del popolo, a non ritenersi superiori a chi ci ha eletto, perché se siamo qui è perché qualcuno ci ha votato e questo qualcuno la Turchia in Europa non la vuole».
Per Vittorio Emanuele AGNOLETTO (GUE/NGL, IT), il 3 ottobre va aperto un negoziato con la Turchia, ma questo Paese «non può prendersi gioco dell'Unione europea». I diritti umani devono essere al centro di ogni trattativa, ha spiegato.

Invece, la riforma della Costituzione «è rimasta un semplice auspicio», nella legge elettorale permane lo sbarramento del 10% «che impedisce ai curdi di avere una propria rappresentanza parlamentare» e una nuova legge limita la possibilità per gli avvocati di compiere il loro dovere professionale.

Inoltre, i giornalisti possono essere arrestati se i loro articoli vengono ritenuti un attacco all'integrità territoriale, i sindacati degli insegnanti sono stati condannati perché avevano difeso il diritto di ciascuno di esprimersi a scuola anche nella propria lingua, un giovane turco gay è stato condannato a diversi anni di carcere per essersi dichiarato obiettore di coscienza.

Ma la situazione più grave, ha aggiunto, è quella nella regione del Kurdistan. Solo qualche settimana fa, ha spiegato, il Presidente Erdogan «aveva alimentato la speranza per l'avvio di un percorso di pace» ma «nulla di tutto questo è avvenuto». Anzi, ha proseguito, nonostante la sospensione di ogni azione militare dichiarata dal Congresso, «si continuano a registrare violente azioni militari contro la popolazione curda, torture e rapimenti».

L'Unione europea, ha quindi detto, deve chiedere alla Turchia di riconoscere politicamente l'esistenza di una questione curda e di avviare delle trattative pubbliche. I diritti umani, il rispetto delle regole democratiche, ha aggiunto, «non sono trattabili», e non sembra che il governo turco sia intenzionato a rispettare l'invito della Corte europea per i diritti umani a celebrare un nuovo processo ad Ocalan. Per il deputato, inoltre, l'Unione europea «non può ignorare tale situazione, a meno di svalutare la credibilità delle stesse istituzioni» .

Infine, l'idea che la Turchia possa entrare nell'Unione europea senza riconoscere Cipro «è del tutto inaccettabile» ed ha concluso sostenendo che la palla è ora nel campo turco: «si può discutere per anni su accordi economici e doganali, ma non sui diritti umani».

La Turchia è un paese in cammino, ha esordito Nicola ZINGARETTI (PSE, IT), «non è quello di ieri, perché proprio il rapporto con l'Europa ha spinto quel Paese verso importanti riforme». Certo, ha riconosciuto, la Turchia di oggi «non potrebbe entrare nell'Unione» ed è per tale ragione che nella risoluzione «ci sono mille condizioni».

Occorre però discutere, ha aggiunto, della possibilità di rilanciare l'Europa come protagonista e promotore di un progetto democratico e di stabilità, in tempi in cui, nel mondo, «hanno prevalso scelte politiche folli, fondate sull'odio, sulle paure, sulla presunzione di esportatore la democrazia con le bombe; scelte che hanno prodotto morte, insicurezza e cresciuta instabilità».

Quindi basta cedere alle paure, ha esclamato. E' necessaria una svolta, un segnale, «un'altra politica come la proposta Zapatero-Erdogan accolta da Kofi Annan di un'alleanza di civiltà». Il deputato ha quindi concluso dando il suo sostegno all'apertura dei negoziati, «nel nome della sicurezza dei cittadini dell'Europa, nel nome della pace e nel nome della lotta al terrorismo» che, per essere efficace, «deve anche essere fatta di scelte politiche che isolano i terroristi», nonché «nel nome della forza dell'Europa come modello democratico ed esportatore di valori democratici».


Riferimenti

Risoluzione comune sull'apertura dei negoziati con la Turchia
Doc.: B6-0484/2005
Procedura: risoluzione comune
&
Relatore: Elmar BROK (PPE/DE, DE)
Raccomandazione sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione del protocollo aggiuntivo all'accordo che istituisce un'associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia a seguito dell'allargamento dell'Unione europea
Doc.: A6-0241/2005
Dibattito: 28.9.2005
Votazione: 28.9.2005

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Ferrovie comunitarie

 Diritti dei passeggeri, certificazione del personale di guida dei treni, liberalizzazione dei servizi di trasporto e qualità dei servizi di trasporto merci, sono gli elementi del "terzo pacchetto ferroviario" adottato dalla Plenaria. I deputati chiedono indennità per i passeggeri che subiscono ritardi e si oppongono alle compensazioni per il non rispetto dei tempi di consegna delle merci. Intendono poi agevolare l'accesso al mercato di nuove società e promuovere la mobilità dei conducenti.

Diritti dei passeggeri: indennità di ritardo anche sulle tratte nazionali

La relazione di Dirk STERCKX (ALDE/ADLE, BE) chiede che la normativa sui diritti dei passeggeri non sia applicata unicamente alle linee internazionali, come proposto dall'Esecutivo, ma anche agli utenti che viaggiano sulle reti nazionali degli Stati membri.

In caso di ritardi, i deputati propongono indennità pari al:

- 25% del prezzo del biglietto per i ritardi pari o superiori a 60 minuti;

- 50% per quelli pari o superiori a 120 minuti

- 75% per i ritardi pari o superiori a 180 minuti.

Tali indennità andrebbero corrisposte ai passeggeri entro un mese dalla domanda di rimborso. Gli utenti che sono in possesso in un abbonamento, invece, avranno diritto a un'indennità corrisposta sotto forma di biglietti gratuiti, di sconti sulle tariffe o di estensione della validità dell'abbonamento.

Adottando una serie di emendamenti, inoltre, i deputati chiedono che la possibilità di viaggiare sia garantita anche alle persone con ridotta mobilità. Pertanto, dovranno quindi essere eliminati tutti gli ostacoli che impediscono l'accesso ai binari, l'imbarco o lo sbarco dei treni, o la semplice permanenza nelle carrozze.

Personale di bordo

La proposta tesa a introdurre un sistema di certificazione del personale addetto alla guida dei treni è quella meno controversa del pacchetto. La relazione di Gilles SAVARY (PSE, FR) è stata infatti adottata con 603 voti favorevoli, 24 contrari e 40 astensioni. Il suo scopo è di garantire che i conducenti e il personale di bordo rispettino dei criteri professionali, medici e linguistici armonizzati a livello europeo.

I deputati auspicano semplificare il calendario proposto dalla Commissione per l'introduzione di queste condizioni.  Pertanto, dal 1° gennaio 2007 si applicherebbero ai conducenti che assicurano i servizi internazionali, mentre gli altri dovrebbero conformarsi a tali norme due anni dopo.

 

Liberalizzazione dei servizi di trasporto dal 2008

Il Parlamento reclama una maggiore concorrenza sulle reti ferroviarie al fine di migliorare i servizi forniti ai viaggiatori. Adottando con 401 voti favorevoli, 211 contrari e 51 astensioni la relazione di  Georg JARZEMBOWSKI (PPE/DE, DE) sullo sviluppo delle ferrovie comunitarie, i deputati estendono il campo di applicazione della normativa ai servizi nazionali di trasporto di passeggeri, mentre la Commissione proponeva di includere unicamente i servizi internazionali.

La relazione chiede inoltre che la rete internazionale di trasporti di passeggeri sia aperta alla concorrenza a partire dal 1° gennaio 2008 e il trasporto nazionale dal 1° gennaio 2012. Gli Stati membri che lo desiderano, peraltro, possono anticipare l'entrata in vigore di queste disposizioni.

Trasporto merci: no al sistema di compensazione

Il Parlamento ha respinto la proposta dell'Esecutivo che avrebbe imposto alle imprese ferroviarie di versare delle compensazioni ai loro clienti in caso di non rispetto dei termini di consegna e degli obblighi contrattuali. I deputati temono infatti che una tale normativa possa far levitare i prezzi dei servizi di trasporto su rotaie e provocare una distorsione di concorrenza con il trasporto stradale. Lo scopo della proposta sarebbe invece di promuovere il ricorso alle ferrovie per il trasporto di merci.

La relazione di Roberts ZILE (UEN, LV), in particolare, sostiene che un sistema di compensazione non darebbe luogo a una crescita della qualità del settore, tanto più che l'attuale normativa internazionale già impone al trasporto su rotaie delle regole ben più severe di quelle applicate al trasporto stradale. Per accrescere la competitività, secondo i deputati, invece di moltiplicare le norme e le sanzioni, lo sforzo dovrebbe essere concentrato su misure che agevolino l'accesso al mercato delle nuove imprese ferroviarie. La relazione sottolinea infine che anche le infrastrutture andrebbero migliorate.

Link utili

 

Proposta della Commissione: diritti dei passeggeri
Proposta della Commissione: personale di bordo
Proposta della Commissione:
liberalizzazione dei servizi
Proposta della Commissione:
trasporto merci

 

Riferimenti

 

Relatore: Georg JARZEMBOWSKI (PPE/DE, DE)

Relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 91/440/CEE del Consiglio relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie

Doc.: A6-0143/2005

&

Relatore: Gilles SAVARY (PSE, FR)

Relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla certificazione del personale viaggiante addetto alla guida di locomotori e treni sulla rete ferroviaria della Comunità

Doc.: A6-0133/2005

&

Relatore: Dirk STERCKX (ALDE/ADLE, BE)

Relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario internazionale

Doc.: A6-0123/2005

&

Relatore: Roberts ZĪLE (UEN, LV)

Relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle indennità per inosservanza dei requisiti contrattuali di qualità nei servizi di trasporto ferroviario di merci

Doc.: A6-0171/2005

Procedura: Codecisione, prima lettura

Dibattito: 27.9.2005

Votazione: 28.9.2005

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Bilanci societari più credibili se il revisore è indipendente

I revisori contabili dovranno dimostrare la loro indipendenza dall'ente per il quale effettuano la revisione legale dei conti. E' quanto chiede il Parlamento in merito alla proposta di direttiva che riordina la normativa in materia al fine di garantire la credibilità dei bilanci delle società e ridare così fiducia ai cittadini, soprattutto dopo i recenti scandali finanziari. Agli Stati membri è anche lasciato un più ampio margine di manovra nell'applicazione della direttiva.

La relazione di Bert DOORN (PPE/DE, NL) suggerisce numerosi emendamenti ma i più rilevanti, come quelli sull'indipendenza dei revisori e sulle loro responsabilità e sui comitati interni per la revisione contabile, sono in linea con il compromesso ottenuto nel trilogo informale con le altre istituzioni. Non è quindi escluso che la procedura possa chiudersi in prima lettura.

Indipendenza dei revisori

Gli Stati membri sono tenuti ad assicurare che il revisore legale e/o l'impresa di revisione contabile che effettuano la revisione legale dei conti di un ente «siano indipendenti da quest'ultimo e non siano in alcun modo coinvolti nel suo processo decisionale». A tal fine, provvedono affinché non effettuino la revisione legale dei conti di un ente qualora con esso «sussistano relazioni finanziarie, d'affari, di lavoro o di altro genere, dirette o indirette» (comprese quelle derivanti dalla prestazione di servizi aggiuntivi diversi dalla revisione contabile), dalle quali potrebbe desumersi che l'indipendenza del revisore risulta compromessa.

Inoltre, se l'indipendenza del revisore rischia di essere compromessa, «come in caso di autorevisione, interesse personale, esercizio del patrocinio legale, familiarità, fiducia eccessiva o intimidazione», il revisore legale o l'impresa di revisione contabile devono adottare misure volte a ridurre tali rischi. Tuttavia, se rispetto alle misure adottate, i rischi sono di rilevanza tale da compromettere l'indipendenza dei revisori, questi non possono effettuare la revisione legale dei conti. Al fine di garantire la fiducia nella funzione di revisione e di assicurarne l'indipendenza, la Commissione può adottare misure di esecuzione pertinenti.

A queste disposizioni, se ne aggiungono altre secondo le quali gli Stati membri debbono assicurare che i revisori di enti di interesse pubblico, ogni anno, hanno l'obbligo di confermare per iscritto al comitato interno per la revisione contabile la loro indipendenza dall'ente di interesse pubblico sottoposto alla revisione contabile. Inoltre, devono comunicare gli eventuali servizi aggiuntivi forniti all'ente sottoposto alla revisione contabile ed esaminare con esso i rischi che pregiudicano l'indipendenza e le misure di garanzia applicate per limitare tali rischi.

Gli Stati membri, inoltre, provvedono affinché il socio principale o i soci principali responsabili della revisione legale siano sostituiti nella funzione di revisione legale dei conti al più tardi dopo sette anni dalla data di designazione e siano riammessi a partecipare alla revisione contabile dell'ente dopo un periodo minimo di due anni.

Il revisore legale o il socio principale incaricato della revisione legale per conto di un'impresa di revisione contabile non sono autorizzati ad accettare una funzione dirigenziale di rilievo nell'ente sottoposto alla revisione contabile prima che sia trascorso un periodo di almeno due anni dalle loro dimissioni dall'incarico di revisione legale dei conti in qualità di revisore o di socio principale dell'impresa di revisione contabile.

Responsabilità dei revisori legali

Entro il 2006, la Commissione dovrà presentare una relazione «sull'impatto che la normativa nazionale vigente in materia di responsabilità nel contesto dello svolgimento di revisioni legali dei conti esercita sui mercati europei dei capitali e sulle condizioni di assicurazione per i revisori legali e le imprese di revisione contabile». Questa relazione dovrà comprendere un'analisi delle limitazioni della responsabilità finanziaria. Alla luce della relazione la Commissione potrà presentare delle raccomandazioni agli Stati membri.

Comitati interni per la revisione contabile

La Commissione propone l'introduzione obbligatoria di comitati interni per la revisione contabile presso gli enti di interesse pubblico - come le società quotate in borsa, le banche e le imprese di assicurazioni - ai quali sono affidati i compiti di monitorare il processo di informativa finanziaria, controllare l'efficacia dei sistemi di controllo e revisione interni, monitorare la revisione dei conti annuali e dei conti consolidati e, infine, di verificare e monitorare l'indipendenza dei revisori.

I deputati, invece, lasciano alle disposizioni nazionali un più ampio margine di manovra nella definizione della composizione di questi comitati e consentono agli Stati membri di esentare una serie di enti di interesse pubblico dall'obbligo di istituire un siffatto comitato.

Più in particolare, gli Stati membri devono avere la facoltà di stabilire se questi comitati debbano essere composti da membri non esecutivi dell'organo di amministrazione e/o dai membri dell'organo di vigilanza dell'ente stesso sottoposto a revisione e/o da membri designati dall'assemblea generale degli azionisti. Come la Commissione, tuttavia, prevedono che almeno un membro del comitato debba essere indipendente e possedere le necessarie competenze in materia di contabilità e revisione contabile.

Secondo i deputati, inoltre, a determinate condizioni gli Stati membri possono permettere che negli enti di interesse pubblico che soddisfano determinate condizioni le funzioni assegnate al comitato interno possano essere svolte dall'organo di amministrazione o di vigilanza nel suo insieme. Tuttavia, se il presidente di tale organo è un membro con incarichi esecutivi, egli non può assumere la carica di presidente del comitato interno.

Gli Stati membri possono inoltre consentire o stabilire che le disposizioni sui comitati interni non si applichino agli enti di interesse pubblico aventi un organo che svolge funzioni equivalenti. In tal caso l'ente è tenuto a comunicare qual è l'organo che svolge tali funzioni e ne rende pubblica la composizione.

Agli Stati membri, poi, è lasciata la possibilità, a determinate condizioni, di esentare dall'obbligo di istituire un comitato interno gli enti di interesse pubblico che «costituiscono imprese figlie» o che «costituiscono organismi di investimento collettivo» (compresi gli enti di diritto pubblico).
Tale facoltà vale anche per enti «la cui unica attività consiste nell'emettere strumenti finanziari a fronte di operazioni di cartolarizzazione» e per gli «enti creditizi» non quotati in borsa che hanno, in modo continuo e ripetuto, emesso titoli di debito il cui importo nominale sia inferiore a 100 milioni di euro.
 

Link utili

 Proposta della Commissione
Risoluzione del Parlamento sul caso Parmalat
Comunicazione della Commissione: Rafforzare la revisione legale dei conti nell'UE
Comunicazione della Commissione: Modernizzare il diritto delle società e rafforzare il governo societario nell'Unione europea - Un piano per progredire

Riferimenti

Relatore: Bert DOORN (PPE/DE, NL)

Relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla revisione legale dei conti annuali e dei conti consolidati e che modifica le direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE del Consiglio
Doc.: A6-0224/2005
Procedura: Codecisione, prima lettura
Dibattito: 26.9.2005
Votazione: 28.9.2005

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Basilea II in dirittura d'arrivo

In prima lettura della procedura di codecisione, il Parlamento ha approvato due direttive volte a adattare la legislazione comunitaria sull'adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi all'Accordo Basilea II. La relazione di Alexander RADWAN (PPE/DE, DE) propone una serie di emendamenti che sono frutto di un compromesso informale con Consiglio e Commissione. Non è quindi esclusa l'adozione della nuova normativa in prima lettura della procedura di codecisione.

Lo scopo generale è conferire alle disposizioni in materia di adeguatezza patrimoniale degli enti creditizi per riflettere meglio la complessità e la diversità dei mercati finanziari odierni un approccio più articolato e più sensibile ai rischi. Ciò dovrebbe tradursi in un quadro legislativo che sostenga in maniera più adeguata il sistema finanziario e consenta un uso dei capitali più efficiente. I deputati propongono diverse centinaia di emendamenti. Se molti di essi mirano a semplificare e chiarire il testo, altri propongono cambiamenti sostanziali.

In particolare, il Parlamento chiarisce che gli Stati membri hanno la facoltà di applicare i requisiti in materia di capitale su base individuale e consolidata e, ove lo ritengano opportuno, di non applicare la base individuale. Inoltre, a determinate condizioni, è possibile consentire un fattore zero di ponderazione del rischio per le esposizioni infragruppo delle banche che operano in «un sistema di tutela istituzionale». Gli enti creditizi, poi, debbono illustrare le loro decisioni di rating alle PMI e ad altre società che chiedono prestiti, fornendo su richiesta, una spiegazione scritta. Se un impegno volontario del settore in tale contesto risulta inadeguato, vanno allora adottate misure nazionali.

Una delle questioni più controverse riguardava la comitologia (il sistema che attribuisce alla Commissione il potere di decidere in merito all'attuazione di un atto legislativo). Il progetto di Costituzione riconosce al Parlamento il diritto di revocare le decisioni dell'Esecutivo ma, tenuto conto della situazione delle ratifiche, i deputati intendono garantire che tale diritto sia compreso in un accordo intersistituzionale. Per quanto riguarda la direttiva, Parlamento, Consiglio e Commissione, sono giunti a un compromesso all'ultimo momento che, per massimo due anni e non oltre il 1° aprile 2008, prevede il ricorso al "vecchio" sistema - che esclude ampiamente il Parlamento - per l'attuazione e l'aggiornamento della direttiva. Dopo di ché, tali poteri saranno aggiornati da un accordo tra le tre Istituzioni. Allo stesso tempo, sarà rivisto il sistema utilizzato per l'attuazione di queste disposizioni.

Basilea II

Il «nuovo schema di regolamentazione per la convergenza internazionale della misurazione del capitale e dei coefficienti patrimoniali per le banche attive a livello internazionale», più noto come "Basilea II" propone un insieme di norme relative alle esigenze minime in materia di capitale posseduto da organismi bancari. E' stato presentato nel giugno 2004 dal Comitato di Basilea sulla vigilanza bancaria, composto da banche centrali e autorità di vigilanza della banche dei paesi del G10.


Link utili

Proposta della Commissione
Testo di Basilea II

Riferimenti

Relatore: Alexander RADWAN (PPE/DE, DE)
Relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che rifonde la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa all'accesso all'attività degli enti creditizi e al suo esercizio e sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che rifonde la direttiva 93/6/CEE del Consiglio, del 15 marzo 1993, relativa all'adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi
Doc.: A6-0257/2005
Procedura: Codecisione, prima lettura
Dibattito: 26.9.2005
Votazione: 28.9.2005

 

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