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RESOCONTO

 

26 - 29 settembre 2005

 

Strasburgo

 


Sommario


Allargamento
Adesione della Turchia: il Parlamento pretende garanzie

Giustizia e Affari interni
Norme minime europee per lo status di rifugiato
Terrorismo: no alla conservazione dei datu su e-mail e SMS

Relazioni esterne
Vertice ONU: bilancio in chiaroscuro

Commercio internazionale
Vini: accordo UE/USA necessario ma non sufficiente

Energia
Prezzi del petrolio: riduzione della dipendenza, risparmio energetico e fonti alternative
Energie rinnovabili: puntare al 25% del consumo energetico europeo nel 2020

Trasporti
Ferrovie comunitarie
Dimezzare il numero delle vittime della strada entro il 2010

Affari economici e monetari
Bilanci societari più credibili se il revisore è indipendente.
Basilea II in dirittura d'arrivo

Libera circolazione dei servizi
Appalti pubblici

Istituzioni
Dibattito sulle priorità del Parlamento: superare la crisi d'identità dell'Europa
Altri documenti approvati

Ordine del giorno 12 - 13 ottobre 2005 Bruxelles

Codici delle procedure parlamentari, abbreviazioni

Deputati al Parlamento europeo
 

ALLARGAMENTO


Adesione della Turchia: il Parlamento pretende garanzie

Il Parlamento ha rinviato l'approvazione del protocollo che estende ai nuovi Stati membri l'Unione doganale con la Turchia. La decisione trae origine dal timore che la dichiarazione turca secondo cui la firma del protocollo non implica il riconoscimento di Cipro assuma implicazioni giuridiche integrando la ratifica del parlamento turco. Tuttavia, votando una risoluzione comune, i deputati prendono atto che, per la Commissione e il Consiglio, i negoziati di adesione possono iniziare il 3 ottobre.

E' per non perdere l'influenza sul governo turco che il capogruppo del PPE/DE ha proposto di rinviare il voto sul Protocollo, ritenendo politicamente inaccettabile il rifiuto della Turchia di riconoscere Cipro. La proposta è stata quindi accolta con 311 voti favorevoli, 285 contrari e 63 astensioni. Inoltre, nella risoluzione adottata successivamente - con 356 voti favorevoli, 181 contrari e 125 astensioni - i deputati prendono atto che la Commissione e il Consiglio ritengono che la Turchia abbia «formalmente assolto l'ultimo degli adempimenti necessari a consentire l'avvio dei negoziati di adesione», ossia il varo dei sei atti legislativi ancora pendenti e la firma del protocollo che estende ai dieci nuovi Stati membri l'Accordo di Unione doganale (Accordo di Ankara).

Tuttavia, su questi e altri temi, ritengono che «l'attuazione deve essere ancora ultimata». L'avvio dei negoziati, precisa la risoluzione, rappresenterà pertanto l'inizio «di un processo di lunga durata» che, per sua natura, «è aperto, e non si traduce a priori e ipso facto nell'adesione». Il Parlamento chiede quindi di prevedere la sospensione dei negoziati di adesione qualora risultasse che in Turchia non sono rispettati i principi fondamentali di libertà e democrazia e non è data piena attuazione al Protocollo, in particolare, con il riconoscimento di Cipro. E' inoltre rivolto un appello alla Turchia affinché riconosca l genocidio degli armeni, reputando che tale atto sia «una condizione preliminare all'adesione all'Unione europea».

La questione di Cipro

Più in particolare, il Parlamento «deplora vivamente» il fatto che la Turchia «faccia pesare seri dubbi» sulla sua volontà di applicare pienamente le disposizioni del Protocollo avendo dichiarato che la sua sottoscrizione, ratifica e attuazione non comporta alcuna forma di riconoscimento della Repubblica di Cipro. I deputati sottolineano quindi che questa dichiarazione unilaterale «non fa parte del Protocollo e non ha effetti giuridici sugli obblighi della Turchia» e non deve essere parte del processo di ratifica del parlamento turco.

A tale proposito, i deputati sottolineano che il riconoscimento di Cipro da parte della Turchia è «un elemento indispensabile del processo di adesione» e che tale riconoscimento «non può assolutamente formare oggetto di trattative». La Turchia è quindi invitata a riconoscere quanto prima Cipro, sottolineando che l'assenza di progressi in tale senso «avrebbe gravi ripercussioni sul processo negoziale e potrebbe tradursi nella sospensione dei negoziati stessi».

I deputati ricordano poi alla Turchia che mantenendo le restrizioni contro le imbarcazioni e gli aeromobili ciprioti, viola l'Accordo di Ankara e la relativa Unione doganale, indipendentemente dal protocollo, in quanto tali pratiche contravvengono al principio di libera circolazione delle merci. La Turchia è quindi invitata a dare piena applicazione a tutte le disposizioni del protocollo.

La Commissione, d'altra parte, dovrà procedere, entro la fine del 2006, ad una valutazione completa dell'attuazione dell'Accordo di Ankara. Se da questo esame risultasse la mancata applicazione dell'Accordo, il processo negoziale potrebbe essere arrestato. Pertanto, i deputati chiedono che l'attuazione dell'Unione doganale sia uno dei primi capitoli ad essere discussi nel quadro dei negoziati di adesione nel 2006.
D'altra parte, nel rammaricarsi che la comunità greco-cipriota non sia stata in grado di raggiungere una soluzione, il Parlamento invita le autorità turche a mantenere il loro atteggiamento costruttivo nella ricerca di una soluzione che porti a una soluzione equa, da negoziare sulla base del piano Annan. La Turchia, pertanto, è invitata a ritirare quanto prima le proprie forze in base a un calendario preciso, conformemente alle pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite.

Infine, l'Aula chiede al Consiglio di «tener fede alle sue promesse» e porre fine all'isolamento della comunità turco-cipriota. La Presidenza britannica è quindi invitata a rinnovare gli sforzi per raggiungere un accordo sul pacchetto di aiuti finanziari e sulle disposizioni in materia di agevolazioni commerciali riguardanti la parte settentrionale di Cipro.

Rispetto dei diritti fondamentali

Nel sottolineare «che la finalità comune dei negoziati è l'adesione», il Parlamento precisa tuttavia che essi rappresentano «un processo aperto il cui esito non può essere garantito a priori». La Commissione, una volta avviati i negoziati sui vari capitoli, è invitata a raccomandare, previa consultazione del Parlamento europeo, la sospensione dei negoziati in caso di grave e continua violazione dei principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell'uomo, delle libertà fondamentali, dei diritti delle minoranze e dello stato di diritto.

I deputati insistono anche sulla necessità che il quadro negoziale rifletta le priorità politiche evocate dal Parlamento europeo nelle sue diverse risoluzioni in cui si invita la Turchia a soddisfare pienamente i seguenti criteri politici: stabilità delle istituzioni a garanzia della democrazia, dello stato di diritto, dei diritti dell'uomo e del rispetto e della protezione delle minoranze.

Pertanto, chiedono che ogni tornata negoziale a livello ministeriale sia preceduta da una valutazione dei criteri politici, sia a livello teorico che nella pratica, «esercitando in tal modo una pressione costante sulle autorità turche affinché mantengano il ritmo delle riforme necessarie». Occorre poi definire un programma completo di obiettivi chiari e uno scadenziario per la piena ottemperanza ai criteri politici.

Inoltre, se la Turchia, pur rispettando tutti i criteri di Copenaghen, non è in grado di assumersi pienamente tutti gli obblighi che derivano dall'adesione all'Unione, «occorre garantire che il paese in questione sia pienamente ancorato alle strutture europee nel modo più solido possibile».

In tale contesto, la Commissione e il Consiglio sono invitati a riferire annualmente al Parlamento europeo e ai parlamenti nazionali degli Stati membri sui progressi compiuti dalla Turchia nel soddisfare i criteri politici, «indicando altresì tutti i casi accertati di tortura segnalati nell'anno in esame e il numero di cittadini turchi richiedenti asilo che siano stati accolti dagli Stati membri dell'Unione nell'anno in questione».

Pur accogliendo con favore l'adozione e l'entrata in vigore di sei importanti atti legislativi, il Parlamento invita poi il governo turco «a garantire la libertà di pensiero e a riformare ulteriormente il codice penale». Preoccupano, in particolare, l'articolo 305 del codice penale turco, in virtù del quale è considerato reato qualsiasi atto contro gli interessi nazionali fondamentali, una norma attuativa della legge sulle associazioni, che conserva una serie di restrizioni e l'insufficienza di proposte di legge sul funzionamento delle comunità religiose (legge sulle fondazioni).

Per i deputati, inoltre, la raccomandazione della Commissione di negoziare lunghi periodi di transizione, accordi specifici in settori quali le politiche strutturali e l'agricoltura e garanzie permanenti per la libera circolazione dei lavoratori, non dovrebbe ripercuotersi negativamente sugli sforzi della Turchia tesi a conformarsi all'acquis comunitario.

Capacità per l'Unione di assorbire la Turchia

Per il Parlamento il trattato di Nizza «non costituisce una base accettabile per ulteriori decisioni in merito all'adesione di eventuali nuovi Stati membri» ed insiste pertanto sulla necessità che le riforme richieste «siano varate nel quadro del processo costituzionale».

Infine, rammenta che la capacità dell'Unione di assorbire la Turchia, preservando nel contempo l'impeto dell'integrazione europea, «rappresenta un elemento cruciale nell'interesse comune dell'Unione e della Turchia». Pertanto, la Commissione è incoraggiataa verificare, durante i negoziati, la capacità dell'Unione di assorbire la Turchia tenendo conto del seguito dato allo studio d'impatto nel 2005, che può fornire utili indicazioni su questo importante aspetto della questione.

Dibattito: Interventi dei deputati italiani

Emma BONINO (ALDE/ADLE, IT), intervenuta a nome del suo gruppo, ha affermato che nel sottoscrivere il progetto di risoluzione comune, si sia «sacrificato sull'altare dell'unità anche degli elementi di correttezza». A suo parere ciò «non aiuta neppure gli amici greci-ciprioti ad essere più flessibili» e a trovare anche loro una soluzione a questa situazione «di cui sono ampiamente e largamente responsabili» con la bocciatura del referendum. Per la deputata, occorre quindi chiarire la situazione: «un paese che stava per diventare membro ha impedito a un commissario dell'Unione europea di rivolgersi alla TV di Stato e questo commissario ha dichiarato di essere stato tradito nella fiducia riposta e nella parola data dalle autorità greche-cipriote».

Per chi pensa e spera ad un'Europa politica, ad una forza politica, economica, morale, ha aggiunto, «è chiaramente sorprendente che noi stessi non ci rallegriamo dei successi che il nostro potere dolce europeo già sta ottenendo in Turchia». La deputata si è quindi chiesta come sia possibile che nell'Unione stessa non si riconoscano i successi dell'Europa politica, come la caduta in Turchia dei tabù armeno e curdo. Sono i successi, ha spiegato, «della nostra capacità di attrazione alle strutture e ai sistemi democratici aperti e più rispettosi».

«Abbiamo il diritto di essere critici», ha ammesso, «ma non abbiamo il diritto di essere cinici». La «morte precoce» della Costituzione europea, per la deputata «ha come lasciato il Continente senza una frontiera di maturazione ideale, facendo stagnare risentimenti, cinismi che non sono una politica». Ed ha concluso esclamando che «non si fa politica in questo modo, non si fa una politica federalista, liberale dell'Europa che noi vogliamo come attrazione di libertà, di Stato di diritto, di democrazia».

Roberta ANGELILLI (UEN, IT) ha ricordato che nel mese di dicembre era stato chiesto alla Turchia «di dare un segnale chiaro, di accettare le regole di democrazia dell'Unione europea riconoscendo per prima cosa Cipro». La risposta negativa del governo turco, ha quindi affermato, «è invece un segnale di ostinazione sorprendente» e il fatto che la dichiarazione sia unilaterale e senza efficacia, non la rende meno «grave ed ingiustificata». La deputata si detta anche sorpresa dell'atteggiamento dell'Europa che, «attraverso eterni compromessi, dimostra ancora una volta il suo ruolo ambiguo che rimanda e incancrenisce i problemi invece di risolverli».

Dopo aver ribadito che il processo di adesione della Turchia «non può avere un esito scontato», ha quindi affermato che tale Paese deve prendersi degli impegni concreti «rispetto ai quali non possiamo fare sconti». Ci sono stati miglioramenti, ha aggiunto, «ma c'è ancora troppo da fare contro la tortura, sul rispetto dei diritti umani e civili e sulla tutela della minoranze». E, soprattutto, «la Turchia non può non riconoscere uno Stato già effettivamente membro dell'Unione europea come Cipro, né tanto meno continuare ad occupare il suolo cipriota con ben 40.000 soldati».

Sostenendo che occorre un processo di adesione «serio e chiaro secondo i valori di integrazione e di rispetto reciproco», ha quindi concluso dichiarando che, pur sapendo degli sforzi del governo italiano per il buon esito dei negoziati, la delegazione di Alleanza Nazionale esprimerà un voto critico di astensione. Questo voto, ha precisato, non vuol significare una chiusura verso la Turchia, «ma la pretesa del rispetto delle regole che devono essere sempre uguali per tutti».

Sebastiano (Nello) MUSUMECI (UEN, IT) ha affermato di guardare da sempre con grande interesse «alla coraggiosa scelta della Turchia di schierarsi dalla parte dell'Occidente almeno sul piano delle scelte strategico-militari». E chi, come il deputato, vive «nel cuore del bacino euro-afro-asiatico», avverte più di ogni altro «l'esigenza di stabilire contorni e confini improntati a spirito di pacifica convivenza». Tuttavia, ha aggiunto, il processo di democratizzazione avviato dallo Stato turco in direzione di un possibile ingresso nell'Unione europea «appare ancora lento, incerto e contraddittorio».

Se è vero che alcuni ostacoli sono stati superati, ha spiegato, altri però restano ancora da eliminare. Non si tratta di un lungo infinito esame cui l'Occidente sottopone la Turchia, ha precisato, «ma dell'indispensabile esigenza di costruire un ampliamento su un terreno di democrazia e di rispetto dei diritti civili ed internazionali». Per questo, ha concluso, l'Unione europea ha il dovere di sostenere la Turchia nel suo cammino di allineamento all'Occidente «ma ha anche il dovere di essere inflessibile e intransigente», in quanto «su questo terreno qualunque altra scelta di opportunismo non potrebbe trovare giustificazione».

«Abbiamo sentito a proposito di Turchia parlare di diritti umani, di libertà religiosa, di curdi, di Cipro, di messa del Papa, di armeni e così via». Tutte cose interessantissime e importanti, ha detto Francesco Enrico SPERONI (IND/DEM, IT), affermando che vi è «una cosa che deve orientare nelle nostre decisioni: la volontà popolare». I cittadini europei, i nostri elettori di cui siamo rappresentanti, ha aggiunto, «non vogliono la Turchia in Europa». Ha quindi concluso invitando i colleghi «a rispettare la volontà del popolo, a non ritenersi superiori a chi ci ha eletto, perché se siamo qui è perché qualcuno ci ha votato e questo qualcuno la Turchia in Europa non la vuole».

Per Vittorio Emanuele AGNOLETTO (GUE/NGL, IT), il 3 ottobre va aperto un negoziato con la Turchia, ma questo Paese «non può prendersi gioco dell'Unione europea». I diritti umani devono essere al centro di ogni trattativa, ha spiegato.

Invece, la riforma della Costituzione «è rimasta un semplice auspicio», nella legge elettorale permane lo sbarramento del 10% «che impedisce ai curdi di avere una propria rappresentanza parlamentare» e una nuova legge limita la possibilità per gli avvocati di compiere il loro dovere professionale.

Inoltre, i giornalisti possono essere arrestati se i loro articoli vengono ritenuti un attacco all'integrità territoriale, i sindacati degli insegnanti sono stati condannati perché avevano difeso il diritto di ciascuno di esprimersi a scuola anche nella propria lingua, un giovane turco gay è stato condannato a diversi anni di carcere per essersi dichiarato obiettore di coscienza.

Ma la situazione più grave, ha aggiunto, è quella nella regione del Kurdistan. Solo qualche settimana fa, ha spiegato, il Presidente Erdogan «aveva alimentato la speranza per l'avvio di un percorso di pace» ma «nulla di tutto questo è avvenuto». Anzi, ha proseguito, nonostante la sospensione di ogni azione militare dichiarata dal Congresso, «si continuano a registrare violente azioni militari contro la popolazione curda, torture e rapimenti».

L'Unione europea, ha quindi detto, deve chiedere alla Turchia di riconoscere politicamente l'esistenza di una questione curda e di avviare delle trattative pubbliche. I diritti umani, il rispetto delle regole democratiche, ha aggiunto, «non sono trattabili», e non sembra che il governo turco sia intenzionato a rispettare l'invito della Corte europea per i diritti umani a celebrare un nuovo processo ad Ocalan. Per il deputato, inoltre, l'Unione europea «non può ignorare tale situazione, a meno di svalutare la credibilità delle stesse istituzioni» .

Infine, l'idea che la Turchia possa entrare nell'Unione europea senza riconoscere Cipro «è del tutto inaccettabile» ed ha concluso sostenendo che la palla è ora nel campo turco: «si può discutere per anni su accordi economici e doganali, ma non sui diritti umani».

La Turchia è un paese in cammino, ha esordito Nicola ZINGARETTI (PSE, IT), «non è quello di ieri, perché proprio il rapporto con l'Europa ha spinto quel Paese verso importanti riforme». Certo, ha riconosciuto, la Turchia di oggi «non potrebbe entrare nell'Unione» ed è per tale ragione che nella risoluzione «ci sono mille condizioni».

Occorre però discutere, ha aggiunto, della possibilità di rilanciare l'Europa come protagonista e promotore di un progetto democratico e di stabilità, in tempi in cui, nel mondo, «hanno prevalso scelte politiche folli, fondate sull'odio, sulle paure, sulla presunzione di esportatore la democrazia con le bombe; scelte che hanno prodotto morte, insicurezza e cresciuta instabilità».

Quindi basta cedere alle paure, ha esclamato. E' necessaria una svolta, un segnale, «un'altra politica come la proposta Zapatero-Erdogan accolta da Kofi Annan di un'alleanza di civiltà». Il deputato ha quindi concluso dando il suo sostegno all'apertura dei negoziati, «nel nome della sicurezza dei cittadini dell'Europa, nel nome della pace e nel nome della lotta al terrorismo» che, per essere efficace, «deve anche essere fatta di scelte politiche che isolano i terroristi», nonché «nel nome della forza dell'Europa come modello democratico ed esportatore di valori democratici».

Riferimenti

Risoluzione comune sull'apertura dei negoziati con la Turchia
Doc.: B6-0484/2005
Procedura: risoluzione comune
&
Relatore: Elmar BROK (PPE/DE, DE)
Raccomandazione sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione del protocollo aggiuntivo all'accordo che istituisce un'associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia a seguito dell'allargamento dell'Unione europea
Doc.: A6-0241/2005
Dibattito: 28.9.2005
Votazione: 28.9.2005

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GIUSTIZIA E AFFARI INTERNI


Norme minime europee per lo status di rifugiato

Il Parlamento ha adottato, con una strettissima maggioranza, la relazione di Wolfgang KREISSL-DÖRFLER (PSE, DE) sulla proposta di direttiva recante norme minime per il riconoscimento e la revoca dello status di rifugiato. La maggior parte degli emendamenti approvati mira a garantire i diritti dei richiedenti asilo e il rispetto della Convenzione di Ginevra sui rifugiati da parte della legislazione comunitaria. In caso contrario, i deputati si riservano il diritto di adire la Corte di Giustizia.

La proposta in esame ha spaccato l'Aula in due. Le ampie divergenze tra i deputati si riscontrano nel fatto che la relazione ha ottenuto 305 voti favorevoli, 302 contrari e 33 astensioni. Il Parlamento è solamente consultato sul progetto di direttiva, ma le misure derivanti dalla politica d'asilo saranno adottate con la procedura di codecisione, che attribuisce ai deputati poteri pari a quelli del Consiglio.

I deputati hanno adottato un emendamento che sopprime la facoltà del Consiglio di stilare, a maggioranza qualificata, un elenco comune, valido in tutta l'Unione, di paesi cosiddetti "super sicuri" che autorizzerebbe gli Stati membri a rifiutare automaticamente le domande d'asilo alle persone da essi provenienti, senza ricorrere quindi all'esame della domanda. Tale disposizione, a loro parere, sarebbe ingiusta nei confronti dei cittadini di questi paesi in quanto non imporrebbe la valutazione individuale dei casi e potrebbe avverarsi contraria al principio di "non refoulement" (espulsione o respingimento) previsto dalla Convenzione di Ginevra.

Il testo del Consiglio prevede anche l'elaborazione di un elenco «minimo» di paesi terzi di origine sicuri, valido per tutta l'Unione, consentendo però agli Stati membri di designare come sicuri, con valenza esclusivamente nazionale, paesi terzi diversi da quelli figuranti nell'elenco comune. I deputati, pur accettando l'istituzione di un elenco unico europeo di questo tipo, respingono la definizione di liste nazionali integrative e auspicano garanzie supplementari per i richiedenti asilo.

E' infatti chiesto di concedere loro la possibilità di «confutare la presunzione di sicurezza», considerata dai deputati conditio sine qua non per l'accettazione del principio di "paese sicuro", ritenendo che la valutazione del rischio nel paese d'origine vada effettuata sempre su base individuale e non secondo una presunzione generale di sicurezza basata su criteri nazionali. L'elenco deve poi essere definito - ed eventualmente modificato - ricorrendo alla procedura di codecisione e non dal solo Consiglio previa consultazione del Parlamento.

Per i deputati, inoltre, gli Stati membri non devono raccogliere i richiedenti asilo in un centro di accoglienza chiuso e, prima di trattenerli, devono sempre prendere in considerazione misure alternative «non custodiali». Il loro eventuale trattenimento, poi, è possibile «solo se si è appurato che tale misura è necessaria, legale e giustificata» e deve avvenire in luoghi chiaramente separati dalle carceri.

I deputati hanno anche adottato una serie di emendamenti volti a garantire che i diritti dei rifugiati siano rispettati in tutte le tappe della procedura. I rifugiati, pertanto, debbono poter ricorrere in appello contro le decisioni che negano la qualifica di rifugiato e, nel frattempo, restare nel paese fintantoché non siano esauriti tutti i livelli di ricorso.

Ad essi deve, inoltre, essere assicurata la facoltà di richiedere un colloquio individuale con le autorità, di usufruire di un rappresentante legale e di ricevere tutte le informazioni relative alle procedure di asilo in un lingua ad essi conosciuta. I casi di domande non ammissibili, poi, devono essere esaminati dagli Stati membri nel rispetto della Convenzione di Ginevra. Particolare attenzione, infine, va accordata alle domande d'asilo presentate dai minorenni, che devono avere la precedenza.

Infine, va notato che, adottando un emendamento proposto dal PSE, il Parlamento «si riserva il diritto di adire la Corte di Giustizia ai fini di una verifica della legalità della proposta e della sua compatibilità con i diritti fondamentali».

Dibattito: interventi dei deputati italiani

Giusto CATANIA (GUE/NGL, IT), a nome del gruppo, ha ringraziato il relatore ma ha sottolineato che, «purtroppo, il Consiglio ha già deciso» e, stigmatizzando l'assenza dall'Aula della Presidenza, ha affermato che molto probabilmente essa «non terrà in alcun conto le indicazioni che verranno dal Parlamento». A parere del deputato, la relazione in esame migliora la direttiva, in particolare con la cancellazione del concetto di «paese supersicuro» e con l'ampliamento dei margini per i ricorsi contro eventuali dinieghi.

Tuttavia, ha notato, rimangono aperte «grandi questioni» come quella relativa al ruolo delle autorità consolari che non devono incontrare in nessun caso i richiedenti asilo, o la questione della detenzione dei richiedenti. Ricordando la sua recente visita a Lampedusa, ha sottolineato come la commistione tra richiedenti asilo e migranti irregolari «generi la barbarie nei rapporti all'interno dei centri di permanenza». I richiedenti asilo,pertanto, non dovrebbero mai essere «reclusi» e, qualora fosse necessario, occorre provvedere che non siano tenuti nello stesso luogo dei migranti irregolari e, comunque, «non per sei mesi».

Il deputato si è poi detto preoccupato per l'uso che viene fatto nella relazione del concetto di paese terzo sicuro, sui criteri per la sua definizione e su come sarà stilato l'elenco di tali paesi. Questo concetto, ha spiegato, impedisce per definizione la valutazione caso per caso, in quanto si «delega a un altro paese - considerato sicuro secondo criteri abbastanza flessibili - il compito che spetta a noi».

L'asilo, ha quindi aggiunto, «non è una concessione, è un dovere morale e politico dell'Europa ed è un diritto per gli uomini e per le donne perseguitati o in fuga dalle guerre». Quali sono i paesi sicuri? Si è poi chiesto. Secondo i criteri potrebbero essere considerati paesi sicuri addirittura il Marocco o la Bielorussia, per esempio. A suo parere, il concetto di paese terzo sicuro mette «a repentaglio la vita dei richiedenti asilo» e, pertanto, «non ce lo possiamo permettere».

Infine, il deputato ha lamentato il potere troppo limitato del Parlamento, in quanto la codecisione sarà applicata solo per modificare l'elenco dei paesi terzi sicuri ed ha affermato che il tipo di armonizzazione che si va delineando «peggiora perfino alcune legislazioni nazionali».

Romano Maria LA RUSSA (UEN, IT), a nome del gruppo, ha espresso i propri complimenti al Consiglio «per la sua assenza» sostenendo che ciò «sia sintomatico di quanto sia tenuto in considerazione questo Parlamento». Dicendosi d'accordo con la relatrice nel rivendicare una maggiore collaborazione tra le Istituzioni e nel ritenere che il Parlamento debba essere sempre consultato prima che il Consiglio possa raggiungere ogni sorta di accordo, ha tuttavia espresso il proprio disappunto sui contenuti della relazione.

Per il deputato, infatti, non è sufficientemente presa in considerazione la diversa percezione che uno Stato può avere in merito al «problema dell'immigrazione». E' indiscutibile, ha aggiunto, che i paesi cosiddetti periferici dell'Unione soffrano e risentano maggiormente di «autentici assalti di immigrati che talvolta arrivano sì con buoni propositi, ma sono comunque clandestini».

In mancanza di una politica comunitaria di immigrazione, «una politica intelligente e concreta», per il deputato è legittimo che gli Stati si riservino di esaminare solo le domande ritenute gravi ed eventualmente rifiutarle. Forse, ha aggiunto, «alcuni colleghi si ostinano a voler considerare l'immigrazione un problema non comunitario, immaginando che siano i singoli Stati a doversi fare carico degli esorbitanti costi che queste ondate migratorie comportano».

Sono stati adottati emendamenti contrari alle proposte del Consiglio, è stata di fatto eliminata la definizione di paese terzo sicuro impedendo agli Stati di rifiutare le domande non ritenute idonee nonostante la provenienza da paesi considerati rispettosi delle libertà e dei diritti umani, ha proseguito.

Ma questo Parlamento - «forse perché troppo politicamente corretto» - vuole ignorare che, quasi sempre, gli immigrati che si introducono in Europa, «finiscono col delinquere e mettere a repentaglio la sicurezza dei cittadini». Per il deputato, allora, «forse sarebbe meglio avere il coraggio di affermare che ogni Stato si regoli come meglio crede», cioè con venti legislazioni diverse. Tuttavia, ha concluso, «la sinistra non parli di Europa unita, l'ipocrisia appartiene solo ad essa, non certo a noi di destra».

Claudio FAVA (PSE) ha ringraziato il relatore «per l'eccellente lavoro» e la Commissione per la sua proposta che considera «un tentativo onesto per uniformare in tutta l'Unione il trattamento dei richiedenti asilo». Il contributo del Parlamento europeo, ha spiegato, è volto a riallinearla allo spirito del Consiglio di Tampere, ma tende anche a «superare il primato della paura come unico elemento politico, come unico criterio d'azione delle nostre politiche sull'immigrazione e sul diritto d'asilo». Adesso, ha aggiunto, occorre vigilare sull'applicazione della direttiva così come sarà stata emendata e fare in modo che sia davvero la nuova normativa europea applicata in tutti gli Stati membri.

Affermando di voler evitare «alcune interpretazioni da operetta che sono arrivate oggi dai banchi della destra», per il deputato occorre adottare, con la partecipazione del Parlamento, una lista europea di paesi sicuri fondata su condizioni oggettive e precise, «che è esattamente l'opposto di quanto oggi sta accadendo». Da Lampedusa, ha spiegato, partono migliaia di migranti per essere espulsi in Libia, «che tutto può essere tranne che un paese sicuro».

Il Parlamento, ha proseguito, chiede «norme certe, rigorose e responsabili» e occorre far capire al Consiglio e a tutte le Istituzioni europee che oggi l'Europa «non può semplicemente difendersi», deve anche difendere i diritti «di chi oggi subisce la violenza della guerra e l'umiliazione di una persecuzione». E' necessario chiedersi, ha concluso, se di fronte a tutto ciò «il problema per noi è ricevere la richiesta d'asilo o piuttosto è un problema per quei profughi la guerra e la persecuzione da cui sfuggono».



Link utili

 

Progetto del Consiglio
Proposta della Commissione

 

Direttiva 2004/83/CE recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta
Convenzione di Ginevra

 

Decreto del Presidente della Repubblica italiana 16 settembre 2004, n.303 - Regolamento relativo alle procedure per il riconoscimento dello status di rifugiato, in vigore dal 6 gennaio 2005

 

Riferimenti

 

Relatore: Wolfgang KREISSL-DÖRFLER (PSE, DE)

Relazione sulla proposta modificata di direttiva del Consiglio recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri al fine del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato

Doc.: A6-0222/2005

Procedura: Consultazione legislativa

Dibattito: 27.9.2005

Votazione: 27.9.2005

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Terrorismo: no alla conservazione dei dati su e-mail e SMS

Il Parlamento ha respinto la proposta di quattro Stati membri di imporre agli operatori delle telecomunicazioni di conservare i dati relativi alle comunicazioni telefoniche, di posta elettronica e via SMS, con lo scopo di prevenire, indagare e perseguire reati, compresi quelli di natura terroristica. I deputati non accettano di essere esclusi dalla procedura decisionale e ritengono che la conservazione di queste informazioni violi la privacy dei cittadini e non sia proporzionata allo scopo.

La relazione di Nuno ALVARO (ALDE/ADLE, DE) respinge il progetto di decisione quadro ed invita i quattro Stati membri a ritirare la loro proposta di conservare i dati su traffico, ubicazione ed estremi degli abbonati (ma non i contenuti delle comunicazioni). Il relatore auspica che gli Stati membri presentino uno studio che provi «l'inconfutabile necessità» della conservazione dei dati e suggerisce di analizzare attentamente la nuova proposta della Commissione su tale materia che, tra le altre cose, conferisce al Parlamento il potere di codecisione.

Inoltre, a parere del relatore, è già possibile conseguire gli obiettivi della proposta di direttiva recependo la Convenzione sulla Criminalità informatica (Cybercrime-Convention) del Consiglio d'Europa e migliorando la cooperazione transfrontaliera nell'ambito territoriale in questione.

La proposta di decisione quadro

E' durante la riunione del Consiglio Giustizia e Affari interni che Francia, Regno Unito, Irlanda e Svezia hanno presentato una proposta comune per una decisione quadro sulla Conservazione dei dati relativi alle comunicazioni. La proposta mira ad agevolare la collaborazione in materia di giustizia penale mediante l'adeguamento delle norme giuridiche degli Stati membri al fine di conservare i dati sulle comunicazioni SMS, i protocolli Internet e le e-mail. I dati riguarderebbero unicamente il traffico, l'ubicazione e i dati degli abbonati, non i contenuti delle comunicazioni. La proposta prevede una durata di conservazione di tali dati da un minimo di 12 ad un massimo di 36 mesi. Gli Stati membri avranno poi la possibilità di derogare alla durata della loro conservazione e potranno, previa richiesta di assistenza giuridica, consultare dati archiviati presso altri Stati.

La proposta della Commissione

La proposta adottata il 21 settembre dalla Commissione prevede l'obbligo per i fornitori di servizi di conservare per un periodo di un anno i dati relativi alla telefonia mobile e fissa, mentre per sei mesi quelli relativi alle comunicazioni via Internet. La proposta di direttiva non si applica al contenuto effettivo delle comunicazioni. La Commissione, infine, include anche una disposizione volta a garantire ai fornitori di servizi il rimborso dei costi aggiuntivi in cui potranno incorrere.

Link utili

 

Testo dell'iniziativa di Francia, Irlanda, Svezia e Regno Unito così come modificato nel corso delle discussioni al Consiglio (luglio 2005)

Nota esplicativa dell'iniziativa originale

 

Riferimenti

Relatore: Alexander Nuno ALVARO (ALDE/ADLE, DE)

Relazione sull'iniziativa della Repubblica francese, dell'Irlanda, del Regno di Svezia e del Regno Unito finalizzata all'adozione, da parte del Consiglio, di una decisione quadro sulla conservazione dei dati trattati e memorizzati nel quadro della fornitura di servizi di comunicazioni elettroniche accessibili al pubblico o dei dati sulle reti pubbliche di comunicazione a fini di prevenzione, ricerca, accertamento e perseguimento della criminalità e dei reati, compreso il terrorismo

Doc. A6-0174/2005
Procedura: Consultazione legislativa
Relazione senza dibattito ai sensi dell'articolo 52 del Regolamento del Parlamento
Votazione: 27.9.2005

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RELAZIONI ESTERNE


Vertice ONU: bilancio in chiaroscuro

Il Parlamento auspica che il risultato del Vertice ONU, seppur non all'altezza delle aspettative, costituirà un'importante pietra miliare verso il conseguimento degli obiettivi di sviluppo del millennio e il completamento dell'indispensabile riforma affinché le Nazioni Unite continuino a svolgere un ruolo guida nel sistema internazionale odierno. Tutti gli stati membri dell'ONU sono quindi invitati a tener fede ai propri impegni ed a trasformarli rapidamente in azione concreta.

Il Vertice mondiale delle Nazioni Unite, tenutosi a New York dal 14 al 16 settembre 2005, doveva decidere ulteriori misure volte a combattere la povertà mondiale, a garantire la pace e la sicurezza umana, a potenziare i diritti umani e lo Stato di diritto e ad effettuare ulteriori passi concreti per riformare le Nazioni Unite. Il documento finale approvato è il risultato di un difficile processo di negoziato che, in numerose occasioni, si è trovato in pericolo.

La risoluzione comune, adottata a larga maggioranza dal Parlamento, afferma che le Nazioni Unite costituiscono l'istituzione internazionale più adeguata e «l'unica potenzialmente in grado di promuovere la soluzione di problemi mondiali in un modo sia legittimo che efficiente». Per tale motivo, ribadiscono il proprio impegno a favore di Nazioni Unite forti e ricordano che un vero multilateralismo costituisce lo strumento più appropriato per risolvere le sfide, i problemi e le minacce cui si trova confrontata la comunità internazionale.

Pace e sicurezza

Il Parlamento sottoscrive pienamente la chiara condanna del terrorismo da parte del Vertice. Tuttavia, considera che l'assenza di un accordo su una definizione generale di terrorismo costituisca «un grave passo falso». Gli stati membri delle Nazioni Unite sono perciò invitati a porvi rimedio senza indugio.

D'altra parte, si compiace per la decisione di creare una commissione per il consolidamento della pace che assista la transizione dei paesi che escono da una guerra e riconosce che «il consolidamento della pace necessita di competenze completamente differenti rispetto a quelle necessarie al mantenimento della pace». Inoltre, nell'accogliere con grande favore l'inserimento del concetto di "sicurezza umana" nel quadro ufficiale delle Nazioni Unite, l'Aula invita l'Assemblea generale dell'ONU a definire criteri chiari per l'uso della forza da parte del Consiglio di sicurezza.

I deputati sono poi soddisfatti per il riconoscimento della responsabilità della comunità internazionale in materia di protezione delle popolazioni contro il genocidio, i crimini di guerra, la pulizia etnica e i crimini contro l'umanità. Si compiacciono anche della chiara responsabilità di ogni singolo Stato per quanto riguarda la protezione dei propri cittadini contro tali crimini. In tale ambito, peraltro, sottolineano l'importanza del Tribunale penale internazionale «come organo essenziale nel compito di perseguire gli autori di tali crimini».

I membri del nuovo Consiglio per i diritti umani, per i deputati, dovrebbero ottemperare «alle più rigorose norme in materia di diritti umani», poiché l'appartenenza al Consiglio dev'essere considerato «un privilegio e non un diritto». Tale Consiglio, poi, dovrebbe essere in riunione permanente, in modo tale da «evitare ritardi e manovre politiche da parte degli stati contro cui vengono presentate denunce».

Tuttavia, deplorano la formulazione vaga dei termini di riferimento e l'assenza di un calendario preciso, di un mandato, di metodi di lavoro e di composizione del Consiglio dei diritti umani. La 60ª Assemblea generale è quindi invitata ad esaminare la questione come una priorità.

Il Parlamento, inoltre, accoglie con favore l'impegno del Vertice a favore del potenziamento del ruolo dell'Alto commissario ai diritti umani e per il raddoppio delle risorse a sua disposizione, consentendo così di migliorare il controllo e l'attuazione delle risoluzioni adottate.

Infine, l'Aula si dichiara favorevole e plaude al nuovo impegno delle Nazioni Unite a favore di un Fondo per la democrazia come strumento importante per la promozione della democrazia a livello mondiale ed invita gli Stati membri e la Commissione a sostenere pienamente tale iniziativa, sotto il profilo politico e finanziario.

Obiettivi del Millennio

Per il Parlamento, la riduzione della povertà estrema e della mortalità infantile, l'istruzione e l'accesso all'acqua potabile, nonché il potenziamento delle pari opportunità, «devono restare al centro dell'ordine del giorno in materia di sviluppo». E' per tale motivo che si compiace per il rinnovato impegno della comunità internazionale quanto al conseguimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio e alla promozione dello sviluppo sostenibile. Tuttavia, deplora l'assenza di un calendario preciso che impegni tutti i paesi sviluppati al conseguimento degli obiettivi intermedi e finali del millennio.

I deputati, inoltre, deplorano che il Vertice non abbia lanciato un ulteriore appello ai paesi donatori che non si sono ancora formalmente impegnati a rispettare l'obiettivo di destinare, entro il 2015, lo 0,7% del proprio PIL all'Aiuto pubblico allo sviluppo. L'Unione, che ha avuto un ruolo guida in questa materia, è quindi invitata «a mantenere la pressione su tutti i donatori affinché fissino calendari che saranno soggetti a controlli». D'altra parte, accolgono con favore il rinnovato impegno, assunto in occasione della riunione della Banca mondiale/FMI & Banca africana per lo sviluppo, di accordare il 100% di soppressione del debito a 18 tra i paesi più poveri e indebitati.

Riforma delle Nazioni Unite

Sulla riforma delle Nazioni Unite, i deputati sottolineano che i risultati del Vertice sono ben lungi dalle ambizioni manifestate dal Parlamento. Più in particolare, deplorano che non sia stato raggiunto alcun accordo sulla riforma del Consiglio di sicurezza e ribadiscono l'impegno del Parlamento europeo nella prospettiva di accordare all'Europa un seggio comune «non appena verranno soddisfatte le relative condizioni politiche, costituzionali e giuridiche».

D'altra parte, il Parlamento si compiace per il fatto che l'Assemblea generale dovrà pronunciarsi in materia entro la fine dell'anno, sulla base di nuove proposte, che dovrebbero tener conto dell'obiettivo di garantire migliori rappresentanza, trasparenza ed efficacia del Consiglio di sicurezza. Pertanto, insiste sulla necessità di proseguire gli sforzi di riforma ed invita il Consiglio e gli Stati membri dell'UE ad esercitare tutto il loro peso per ottenere risultati concreti nel quadro dei lavori della 60ª Assemblea generale fino alla fine dell'anno prossimo.

Nucleare

Il Parlamento deplora fortemente l'incapacità da parte del Vertice di raggiungere un accordo su misure relative alla non proliferazione e al disarmo nucleare ed insiste sulla necessità di intensificare attività e sforzi per effettuare progressi a tale riguardo. Per i deputati, si tratta innanzitutto di garantire un pieno rispetto dei trattati esistenti, segnatamente il trattato sulla non proliferazione delle armi nucleari (TNP).

Catastrofi umanitarie

Nell'accogliere con favore l'impegno a definire un sistema internazionale di allarme precoce per tutte le calamità naturali, i deputati ribadiscono la necessità di riesaminare e migliorare la capacità delle Nazioni Unite di rispondere in modo veloce ed efficace alle catastrofi umanitarie che richiedono un intervento su scala globale.

Link utili

Risoluzione del Parlamento europeo sulla riforma delle Nazioni Unite
Strategia della Commissione (inglese, francese)
Priorità dell’Unione (Consiglio)
Documento finale del Vertice (inglese, francese)
Discorsi pronunciati al Vertice (inglese , francese )

 

Riferimenti

 

Risoluzione comune sui risultati del Vertice mondiale delle Nazioni Unite (14-16 settembre 2005)

Doc.: B6-0481/2005

Procedura: risoluzione comune

Dibattito: 28.9.2005

Votazione: 29.9.2005

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COMMERCIO ESTERO/INTERNAZIONALE


Vino: accordo UE/USA necessario ma non sufficiente

Il Parlamento deplora che l'accordo UE/USA sul vino non preveda una sufficiente tutela delle denominazioni d'origine europee dalle usurpazioni e includa il mutuo, «incondizionato», riconoscimento delle pratiche enologiche. I deputati temono conseguenze negative sul settore vitivinicolo europeo e sull'andamento dei negoziati commerciali multilaterali. L'auspicio è che la seconda tornata negoziale porti a risultati che tutelino maggiormente le produzioni tradizionali dell'UE.

D'altra parte, la risoluzione comune critica la Commissione per aver approvato l'accordo bilaterale con gli Stati Uniti senza informare in anticipo il Parlamento. Ciò avrebbe permesso ai deputati di esprimere la loro valutazione dell'accordo e consentito alla Commissione di tenerne debitamente conto. I deputati, peraltro, reputano «utile disporre di un parere giuridico sulla compatibilità di tale accordo bilaterale con la legislazione comunitaria».

Il Parlamento rileva che un simile accordo risulta necessario «se contribuisce a rendere più sicure le esportazioni verso gli Stati Uniti» - primo mercato per gli operatori vitivinicoli europei - e a ripristinare un clima di fiducia garantendo la fluidità degli scambi commerciali. Sottoscrive, perciò, la necessità di un accordo bilaterale fra l'UE e gli USA sul commercio vitivinicolo, ma auspica che la prossima tornata negoziale «sfoci in risultati soddisfacenti per la produzione tradizionale, per la viticoltura familiare e per la qualità dei nostri vini». Pertanto, sottolinea che tale accordo costituisce soltanto un primo passo – «ancorché insufficiente e inadeguato» – sulla via del riconoscimento, a livello internazionale, delle menzioni tradizionali protette dell'Unione europea.

Tutela delle denominazioni

Per i deputati, l'usurpazione delle denominazioni geografiche dell'UE, da parte di paesi terzi, oltre che essere contraria ai diritti di proprietà intellettuale, «reca un danno economico ai detentori legittimi di tali denominazioni a motivo della perdita di quote di mercato». Troppo spesso, è notato, le false denominazioni fanno una forte concorrenza alle vere, mentre gli Stati Uniti non rispettano la protezione dei vini beneficiari di una denominazione d'origine, limitandosi a considerarli come prodotti semigenerici sul loro mercato interno.

Inoltre, i deputati reputano che il contesto giudico delle indicazioni geografiche rappresenti un elemento essenziale della politica comunitaria, in quanto «riconosce l'importanza dell'agricoltura multifunzionale e l'impatto sociale ed ambientale della produzione vitivinicola nelle zone montane e nelle regioni sfavorite». E' poi sottolineato che la maggioranza dei vini con denominazione d'origine sono prodotti tramite procedimenti tradizionali dispendiosi per la garantire la qualità. Procedimenti che, a parere dei deputati, «non sono raffrontabili con i procedimenti industriali utilizzati per la fabbricazione dei vini americani che coesistono con i vini recanti denominazioni d'origine europee».

In tale contesto, i deputati rivolgono un appello alla Commissione europea affinché prosegua il dialogo con gli Stati Uniti e gli altri partner dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) al fine di predisporre un registro di indicazioni geografiche riconosciute a livello internazionale. Questo obiettivo, inoltre, deve figurare «nel novero delle sue principali priorità nell'ambito dei negoziati multilaterali». All'Esecutivo è anche chiesto di accelerare l'avvio della prossima tornata negoziale con gli Stati Uniti, soprattutto ai fini del riconoscimento delle 17 denominazioni, affinché le autorità americane, «quanto prima possibile», tutelino debitamente sul loro proprio mercato tutte le denominazioni vinicole d'origine europea.


Il Parlamento, infine, reputa necessaria la firma di un compromesso definitivo - entro e non oltre i due anni di cui nell'accordo bilaterale - al fine di arrestare, «una volta per tutte», l'illecito uso negli Stati Uniti delle denominazioni comunitarie tutelate dalla legislazione comunitaria, «stante il valore aggiunto che esse costituiscono per la vitivinicoltura europea».

Negoziati internazionali e pratiche enologiche

Il Parlamento richiama l'attenzione sulle ripercussioni che il nuovo accordo potrebbe avere sulla politica dell'Unione europea in materia di commercio vitivinicolo e sulle conseguenze che potrebbero risultarne per i modelli tradizionali di produzione sui quali si basa il riconoscimento della politica comunitaria di qualità. Inoltre, deplora il fatto che tale accordo «indebolirà notevolmente» la posizione dell'Unione europea nei negoziati sull'agricoltura in seno all'OMC, poiché «compromette l'impostazione imperniata sui territori e sulla qualità che prevale in ampi strati del settore vitivinicolo».

D'altra parte, i deputati sollecitano la predisposizione di un elenco positivo delle pratiche enologiche autorizzate nel commercio con i paesi terzi, nell'ambito dell'OIV, anche nell'intento di effettuare valutazioni preliminari alle future e nuove autorizzazioni. La Commissione è poi invitata «pressantemente» a promuovere, a livello internazionale, una trattativa su una vincolante definizione del vino che sia volta a frenare lo sviluppo di talune pratiche enologiche. Si potrebbe, così, salvaguardare gli sforzi di qualità compiuti nell'Unione europea ed «evitare una concorrenza sleale ai danni dei produttori comunitari» e squilibri di mercato.

Il Parlamento, infine, per far fronte alla maggiore concorrenza dei paesi terzi, reputa indispensabile potenziare le misure comunitarie per il miglioramento e la promozione della qualità delle produzioni comunitarie contestualmente alla prossima riforma dell'organizzazione comune di mercato.

Dibattito: interventi dei deputati italiani.

Roberta ANGELILLI (UEN, IT), a nome del gruppo ritiene che l'accordo tra gli Stati Uniti e l'Unione europea sia soltanto un primo passo, «certamente inadeguato ed insufficiente», verso il riconoscimento e la tutela a livello internazionale delle menzioni tradizionali protette. «Era ora che si cambiasse rotta», ha affermato la deputata facendo riferimento ai «dannosi effetti del famigerato regolamento n. 316/2004 che ha di fatto legittimato i produttori nei paesi extra UE ad utilizzare impropriamente le menzioni tradizionali protette». Ciò, a suo parere, ha infatti prodotto ingenti danni alla produzione di vino di qualità, sia italiana che europea.

La deputata ha poi espresso perplessità sul fatto che, come sostiene la commissaria, l'accordo sia la buona premessa per raggiungere una migliore tutela delle denominazioni europee e salvaguardare il più grande mercato dell'esportazione dell'Unione europea. Pur condividendo questi obiettivi, infatti, ha sottolineato che gli Stati Uniti avranno ancora la facoltà di utilizzare 14 menzioni tradizionali comunitarie, seppure a determinate condizioni e per un periodo di tempo limitato. In verità, ha aggiunto, «l'annosa questione delle usurpazioni in atto non è stata ancora definita una volta per tutte».

Inoltre, la deputata si è detta preoccupata dalle concessioni fatte ai produttori di vino americani in materia di pratiche enologiche. A suo parere, ciò significa che si potrà importare nell'Unione europea vino diluito con il 7% di acqua aggiunta o insaporito con trucioli di legno, «pratiche del tutto vietate ai nostri produttori». Questo rappresenterebbe «un grave pericolo per il vino di eccellenza» e provocherebbe «un forte squilibrio nel mercato enologico».

Per la seconda fase di negoziati, la deputata ha quindi chiesto che sia garantita una tutela effettiva delle menzioni tradizionali, ottenendo dalle autorità americane un impegno definitivo «a mettere fine all'uso illecito negli Stati Uniti di indicazioni geografiche protette dalla legislazione comunitaria, con un termine massimo di due anni». Infine, la deputata ha sostenuto che la deroga straordinaria per le importazioni statunitensi potrebbe essere utilizzata da altri Stati aderenti all'OMC per pretendere un pari trattamento. Ciò, a suo parere, aprirebbe la via all'introduzione di prodotti «di dubbia provenienza e composizione».

A fronte di questa situazione, ha concluso, l'Unione europea si deve attivare con provvedimenti più energici, per difendere le produzioni enologiche tradizionali e di qualità. Andrebbe innanzitutto abrogato il regolamento n. 316/2004 «che ha liberalizzato l'uso delle menzioni tradizionali protette, creando una concorrenza sleale e inducendo in errore i consumatori sulla provenienza e sulla qualità dei prodotti».

Giuseppe CASTIGLIONE (PPE-DE, IT) ha voluto sottolineare che, nella seconda fase negoziale, dovranno essere presi con la dovuta considerazione alcuni elementi che riguardano la qualità, la salubrità, la tutela, la tradizione. L'Unione europea, infatti, ha sempre perseguito la politica della qualità nel settore vitivinicolo, con regole molto specifiche, molto selettive per quanto riguarda i contenuti e le procedure enologiche.

Perciò, «come possiamo chiedere ai nostri produttori il rispetto della normativa comunitaria se poi riconosciamo a paesi terzi la possibilità di esportare verso il nostro mercato quello che la stessa Comunità vieta ai suoi produttori?» e «come possiamo chiedere ai nostri produttori di competere sul piano del prezzo con prodotti di importazione che presentano costi produttivi contenuti grazie all'utilizzo di pratiche di trasformazione che penalizzano sensibilmente la qualità?»

La qualità, ha spiegato, significa soprattutto garantire al consumatore un prodotto salubre e la normativa comunitaria ha anche istituito un'autorità per garantire la sicurezza alimentare. Inoltre la mancata indicazione di provenienza del vino, per il deputato, implica l'impossibilità di riconoscerlo da parte del consumatore e al contempo pone in difficoltà il produttore «che sostiene costi maggiori per realizzare un prodotto di qualità superiore». E' quindi nostro compito, ha detto, garantire che il vino sulle tavole dei consumatori europei «sia sano e anche di qualità».

Il deputato ha quindi fatto riferimento all'importanza delle tradizioni enologiche, sostenendo che occorre assicurare il rispetto delle indicazioni geografiche per i nostri vini e, per questa via, la competitività dell'offerta. Nell'accordo, invece, non vi è una tutela sufficiente delle nostre indicazioni geografiche e nemmeno una coerenza con la posizione che l'Unione porta avanti nell'ambito delle negoziazioni con l'OMC. Per tutelare le indicazioni geografiche, ha quindi affermato, occorre agire tramite negoziazioni bilaterali, «senza concessione alcuna».

L'accordo «non rispetta i nostri produttori, non rispetta i nostri consumatori, non rispetta il nostro mercato, non rispetta l'identità dell'Unione europea sulla scena internazionale», ha esclamato. Non si tratta di chiudere il mercato, ha detto concludendo, ma di garantire una concorrenza leale, non falsata, in cui veramente possa prevalere la qualità del prodotto e, al contempo, la tutela del consumatore.

Vincenzo LAVARRA(PSE, IT) ha affermato che l'accordo fra Unione europea e gli USA sul commercio del vino consente di avere un quadro giuridico stabile nei rapporti commerciali e, pertanto, «rappresenta un utile passo avanti», il cui merito va alla commissaria. Il deputato ha poi precisato di ritenere essenziale che, nella fase due, la Commissione «non perda di vista gli obiettivi prioritari per il mercato comunitario», al fine di «garantire risultati definitivi nella tutela della denominazione di origine e nei vincoli da porre al riconoscimento delle pratiche enologiche».

Riferimenti

Risoluzione comune sull'accordo viticolo Unione europea - Stati Uniti
Doc. B6-0489/2005
Procedura: risoluzione comune
Dibattito: 27.9.2005
Votazione: 29.9.2005

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ENERGIA


Prezzi del petrolio: riduzione della dipendenza, risparmio energetico e fonti alternative

Il Parlamento ha adottato a larga maggioranza una risoluzione comune che chiede una maggiore diversificazione delle fonti e delle forniture energetiche per ridurre la dipendenza dell'UE dalle importazioni di Petrolio. Sono sollecitati anche il miglioramento dell'efficienza e del risparmio energetici e la promozione delle fonti di energia rinnovabile. L'Unione, così, potrà «divenire l'economia meno dipendente dai combustibili fossili e più efficiente sul piano energetico del mondo entro il 2020».

La risoluzione comune adottata dal Parlamento prende atto «con preoccupazione» del continuo aumento del prezzo del greggio e delle sue ripercussioni sulla competitività delle imprese e sull'economia generale della popolazione. I deputati osservano inoltre che tale aumento influenza negativamente i livelli di crescita, ostacolando così il conseguimento degli obiettivi di Lisbona.

Difendere i consumatori

Il Parlamento esprime preoccupazione per i consumatori europei che si vedono costretti a pagare prezzi sempre più elevati sia a causa dell'alto costo del greggio sia a causa dell'aumento dell'IVA, ma appoggia le conclusioni della riunione informale ECOFIN di Manchester del 9-10 settembre di quest'anno in cui i ministri convennero sulla necessità di evitare interventi fiscali che determinano effetti distorsivi ed impediscono gli adeguamenti necessari.

D'altra parte, osserva che «le speculazioni su un'evoluzione dei prezzi al rialzo» spingono ulteriormente verso l'alto i prezzi del petrolio e, pertanto, invita la Commissione a tenere monitorati gli hedge fund. Assieme agli Stati membri, inoltre, l'Esecutivo dovrebbe «contrastare il rischio di maggiore esclusione sociale e mitigare le ripercussioni degli aumenti dei prezzi del petrolio sulle categorie sociali più vulnerabili».

Verso una strategia globale

I deputati ritengono poi molto inquietante la dipendenza dell'Europa dalle importazione di petrolio e ne sottolineano «gli aspetti geostrategici». Di conseguenza, ritengano necessari la diversificazione delle fonti energetiche e dell'origine delle forniture, nonché il rafforzamento della strategia europea per promuovere la conservazione dell'energia e le energie rinnovabili decentrate. E' chiesta quindi una strategia globale per promuovere il risparmio e l'efficienza energetici, nonché il ricorso a fonti alternative, «visto l'elevato consumo di petrolio degli Stati Uniti» e il parallelo incremento osservato nelle economie emergenti come Cina ed India.

Per il Parlamento, «la risposta più logica» all'aumento del prezzo del petrolio «consiste nel passare a fonti energetiche alternative». Pertanto, «sostiene con decisione» la necessità di un "follow up" delle strategie e di misure concrete promuovere la ricerca e sviluppo, incrementare l'uso delle energia rinnovabili e incentivare l'efficienza energetica. I deputati, inoltre, invitano la Commissione a presentare delle proposte per utilizzare la politica in materia di responsabilità sociale delle imprese, con lo scopo di attrarre maggiori investimenti privati per i programmi di risparmio energetico e per le tecnologie energetiche alternative.

La Commissione è quindi invitata a guidare l'Unione nel tentativo di «divenire l'economia meno dipendente dai combustibili fossili e più efficiente sul piano energetico del mondo entro il 2020». In proposito, ricordano che l'attuazione della normativa vigente, permetterebbe di realizzare un risparmio pari almeno al 23% entro il 2020. I deputati, inoltre, le chiedono di esercitare maggiori pressioni per una piena e rapida attuazione della nuova direttiva sul rendimento energetico nell'edilizia e sollecitano gli Stati membri a rispettare i propri obiettivi per le energie rinnovabili, stabiliti nella direttiva sulla promozione dell'elettricità prodotta a partire da fonti alternative. Occorre poi aumentare la trasparenza dei mercati petroliferi attraverso una migliore raccolta delle informazioni.

Il Parlamento esorta l'Esecutivo a proporre nuove misure riguardanti il settore dei trasporti pubblici (che rappresenta il 70% del consumo totale nell'UE). Ciò sia per garantire la sicurezza dell'approvvigionamento in prodotti petroliferi sia per tutelare l'ambiente, «includendo ad esempio l'impiego di motori più efficienti sotto il profilo dei consumi e il passaggio a tecnologie di alimentazione e propulsione alternative». Conviene dunque con la Commissione che i biocarburanti ridurranno la dipendenza dell'Europa dai combustibili fossili, e ne incoraggia la produzione di materie prime. Esecutivo e Stati membri, sono poi invitati ad accelerare lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili e delle pile all'idrogeno. Infine, il Parlamento, sollecita le case automobilistiche a creare veicoli più puliti e con minor consumo.

Link utili

 Prezzi dei carburanti http://europa.eu.int/comm/energy/oil/bulletin/2005_en.htm
Sito dell' OPEC

 

Riferimenti

 

Risoluzione comune sulla dipendenza dal petrolio

Doc.: B6-0481/2005

Procedura: risoluzione comune

Dibattito: 28.9.2005

Votazione: 29.9.2005

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Energie rinnovabili: puntare al 25% del consumo energetico europeo nel 2020

I deputati incoraggiano la Commissione «a continuare a sviluppare una strategia ambiziosa e al tempo stesso realistica nel campo delle energie rinnovabili». Che sia eolica, solare o geotermica, oppure derivata da biomassa, l'energia rinnovabile ha bisogno di essere sostenuta con fondi adeguati per la promozione e la ricerca. Occorre poi prevedere delle agevolazioni fiscali per ridurre i costi di queste fonti alternative ed eliminare gli incentivi corrisposti a quelle convenzionali inquinanti.

La relazione d'iniziativa di Claude TURMES (Verdi/ALE, NL), adottata dalla Plenaria, accoglie con favore la comunicazione dell'Esecutivo sulla quota di fonti energetiche rinnovabili nell’UE. Secondo i deputati, le energie rinnovabili hanno un'importanza «eccezionale» per la lotta al deterioramento ambientale, ma anche per il loro contributo all’innovazione e allo sviluppo, alle opportunità commerciali e alla creazione di posti di lavoro. Inoltre, sottolineano che le energie rinnovabili, associate alle misure di conservazione dell’energia, riducono la dipendenza dell’Europa dalle importazioni, diminuendo in tal modo i rischi politici ed economici ad esse correlati.

Obiettivo 25% nel 2020

Per i deputati, ricorrendo a «un approccio più sistemico alle politiche energetiche» sarebbe possibile che, entro il 2020, le fonti rinnovabili coprano una quota pari al 25% del consumo energetico complessivo dell’Unione europea. Ricordando che il Parlamento aveva in precedenza chiesto di fissare tale obiettivo al 20%, sottolineano anche l’importanza di fissare «obiettivi vincolanti» per quella data, al fine di trasmettere un segnale chiaro agli operatori del mercato.
In quest'ottica, si tratterebbe di integrare e accelerare, «anche mediante maggiori incentivi», il potenziale di conservazione energetica, efficienza energetica e fonti energetiche rinnovabili su larga scala. La Commissione è pertanto invitata ad elaborare una strategia a medio termine e a studiare scenari per l’efficienza della domanda che permettano di raggiungere l’obiettivo relativo al cambiamento climatico e di offrire una base più favorevole per la fissazione di obiettivi a lungo termine per le energie rinnovabili.

L’obiettivo dell’Unione europea deve essere articolato per settori e obiettivi nazionali, e all'Esecutivo è chiesto di definirli per i mercati dell’elettricità, dei carburanti per i trasporti, nonché del settore del riscaldamento e del raffreddamento.

Per i deputati, gli incentivi sotto forma di tagli fiscali «costituiscano un modo efficace di promuovere le energie rinnovabili». E' per questa ragione che incoraggiano gli Stati membri a farvi ricorso ed esortano la Commissione «a eliminare tutti gli ostacoli a tale azione da parte degli Stati membri».

Riscaldamento e raffreddamento degli edifici

Il riscaldamento e il raffreddamento degli edifici rappresenta circa il 40% dell’intero utilizzo energetico nell’Unione europea pertanto, secondo i deputati, occorre un approccio sistemico «che integri le migliori tecnologie disponibili di riduzione della domanda di riscaldamento e raffreddamento con l’energia a bassa densità derivante da fonti rinnovabili a bassa temperatura o da unità di cogenerazione o trigenerazione».

Il Parlamento sottolinea, invece, che l'Unione europea «non dispone di un approccio sistematico» per quanto concerne il sostegno alle energie rinnovabili nei settori del riscaldamento e del raffreddamento, «nonostante la dipendenza da gas e petrolio sia particolarmente forte in tali ambiti e i costi connessi ad un aumento della quota delle energie rinnovabili siano relativamente modesti». Pertanto chiede che venga adottata una strategia comunitaria volta a rendere competitivi gli impianti di riscaldamento e raffreddamento che utilizzano energie rinnovabili aumentandone la produzione. A tale proposito rileva che «le regolamentazioni burocratiche» imposte ai proprietari e ai costruttori di abitazioni private «non costituiscono il modo migliore per raggiungere tale obiettivo». Si dovrebbe ricorrere piuttosto a una direttiva che stabilisca «obiettivi realistici ma ambiziosi» e coordini le azioni degli Stati membri basate su misure di incentivazione limitate nel tempo.

Per quanto riguarda l’efficienza energetica globale e l’impiego di fonti energetiche rinnovabili, l'Esecutivo è poi invitato a estendere l’attuale direttiva relativa all'edilizia a tutti gli edifici commerciali con una superficie superiore ai 250 m² e a presentare una proposta di direttiva relativa all’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili nel settore del riscaldamento e del raffreddamento. Al più tardi entro il 2012, inoltre, dovrebbero essere fissate delle norme edilizie minime per tutte le abitazioni private, basate sugli standard relativi all’energia passiva. Ribadendo l'utilità degli incentivi fiscali, infine, la relazione invita la Commissione e il Consiglio Ecofin ad adottare misure rapide ed efficaci per eliminare le sovvenzioni alle energie nocive per l’ambiente nel settore del riscaldamento e del raffreddamento.

Elettricità: condizioni di mercato eque per la produzione da fonti rinnovabili

Nel ricordare l’obiettivo del 21% per la quota di fonti energetiche rinnovabili sul mix energetico complessivo dell’Unione europea, previsto dalla direttiva del 2001, i deputati chiedono alla Commissione di proporre ulteriori disposizioni sulla rimozione di tutti gli ostacoli (di tipo amministrativo e politico) nonché su un accesso equo e libero alla rete e tariffe non discriminatorie, «che attualmente impediscono lo sviluppo di fonti rinnovabili di elettricità in numerosi Stati membri».

All'Esecutivo e agli Stati membri è inoltre chiesto di promuovere misure atte a ridurre il costo dell'elettricità derivata da fonti rinnovabili, ancora troppo elevato, soprattutto mediante la ricerca e lo sviluppo, nonché di delineare incentivi al fine di continuare il miglioramento della tecnologia e la riduzione dei costi. La Commissione, poi, dovrebbe adottare misure contro quegli Stati membri che non garantiscono un accesso equo alla rete bloccando, di fatto, l’ulteriore sviluppo dei progetti in ambito di elettricità rinnovabili

Per i deputati, nel mercato dell’energia elettrica non esistono tuttora condizioni concorrenziali uguali tra i fornitori energetici storici con struttura monopolistica e i piccoli e medi offerenti di fonti energetiche rinnovabili. Gli Stati membri sono quindi invitati a continuare a sviluppare strategie e strutture nazionali per la promozione delle energie rinnovabili, con l’obiettivo di ridurre gli ostacoli amministrativi a livello di programmazione e di rilascio di licenze, di agevolare l’accesso alla rete e di offrire una garanzia d’origine, nonché di mantenere la stabilità della rete e di rivedere gli aiuti dannosi sotto il profilo ambientale.

Nel lungo termine, occorre poi creare un sistema europeo di incentivi armonizzato che contribuisca alla realizzazione degli obiettivi attuali e di obiettivi futuri più ambiziosi, tenendo conto di un aumento della quota annuale delle energie rinnovabili nella produzione di elettricità. Questo sistema dovrà inoltre essere compatibile con i principi del mercato interno dell’elettricità e inserirsi in un approccio sistemico allo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili. Gli spetterà, inoltre, promuovere un utilizzo efficace delle fonti energetiche rinnovabili, essere semplice e al tempo stesso il più efficiente possibile, in particolare in termini di costi. Occorrerà, infine, internalizzare i costi esterni di tutte le fonti energetiche e prevedere periodi di transizione sufficienti per i regimi di aiuto nazionali al fine di mantenere la fiducia degli investitori.

Trasporti: efficienza e biocarburanti

Per i deputati, il settore dei trasporti è all'origine della forte dipendenza da importazioni di petrolio a prezzi altamente volatili, provoca gravi problemi di salute legati all’inquinamento atmosferico ed è responsabile della rapida crescita delle emissioni di CO2. Notano poi che i guadagni in termini di efficienza dovuti a misure strutturali sono «cruciali e complementari rispetto alle strategie relative ai carburanti rinnovabili».

I deputati esortano l'Esecutivo e gli Stati membri a continuare a sostenere le iniziative volte a promuovere la tecnologia dell'idrogeno ed un'economia basata sull'idrogeno. A loro parere infatti, l'idrogeno è un vettore di energia, i cui vantaggi si manifestano in particolare quando viene prodotto da fonti di energia rinnovabili, promuovendo così efficacemente la protezione dell'ambiente, lo sviluppo sostenibile e le misure volte a lottare contro l'effetto serra.

Inoltre, pur compiacendosi della direttiva vigente sui biocarburanti, i deputati deplorano «che sia principalmente il denaro dei contribuenti a fornire incentivi per i biocombustibili». La Commissione è quindi invitata ad includere nel piano d’azione sulla biomassa l'obbligo per le società petrolifere di aumentare gradualmente la quota di carburanti prodotti da fonti rinnovabili. Gli Stati membri, invece, sono invitati a applicare ai biocombustibili gli incentivi ammessi dalla legislazione comunitaria, al fine di contribuire alla creazione di nuove opportunità per lo sviluppo rurale.

La relazione sostiene, infatti che l'utilizzo di etanolo come combustibile può contribuire a promuovere le zone rurali dell’UE, a valorizzare le materie prime agricole e, tenuto conto delle recenti riforme della PAC e dei tagli al sostegno finanziario, offrire un nuovo sbocco al settore agricolo.

Biomassa: un enorme potenziale per le energie rinnovabili

L’utilizzo di biomassa, per i deputati, offre molti vantaggi rispetto alle fonti energetiche convenzionali e anche ad alcune altre energie rinnovabili: costi relativamente contenuti, minore dipendenza dai cambiamenti climatici, promozione di strutture economiche regionali e reddito alternativo per gli agricoltori. Per tale motivo deplorano che «l’enorme potenziale della biomassa nel campo delle energie rinnovabili non sia stato sfruttato, in linea con il suo potenziale tecnico, a costi abbordabili».

D'altra parte, i deputati ritengono che gli sforzi a favore di un’utilizzazione più rilevante della biomassa nella produzione di energia rinnovabile «non debba dispensare l’Unione europea dal proseguire le sue ricerche a favore di una migliore efficacia energetica» (risparmio di energia in carburante, riscaldamento, elettricità ecc.).

E' pertanto con favore che è accolta l’intenzione della Commissione di presentare un piano di azione sulla biomassa che, però, dovrà essere un documento ambizioso con proposte di misure concrete e «giuridicamente vincolanti». Per promuovere l’utilizzo della biomassa, l'Esecutivo e gli Stati membri dovrebbero ricorrere maggiormente ai Fondi strutturali e di coesione, e mobilitare il settimo Programma quadro di ricerca.

Gli Stati membri sono inoltre esortati a garantire che la politica d’imposizione fiscale nazionale «non ostacoli lo sviluppo della produzione di biomassa», a prendere in considerazione i tagli fiscali come «incentivo efficace» e ad abolire tutti gli «oneri superflui» a carico degli utilizzatori di biomassa.

Nel riconoscere, poi, il contributo dato dalla PAC alla produzione di energie rinnovabili, attraverso la biomassa e i biocarburanti, i deputati incoraggiano il loro ulteriore sviluppo e la loro utilizzazione. Occorre tuttavia che siano prese misure intese a impedire che la produzione di alimenti sia sostituita dalla produzione di energia nelle zone favorevoli all’agricoltura.

Ai fini della produzione di energia, la relazione chiede quindi che sia privilegiato il sostegno all’impiego di sottoprodotti, quali piante coltivate su terreni a resa marginale, residui della potatura e sottoprodotti dell’industria forestale. D'altra parte, al settore delle energie rinnovabili dovrebbero essere applicate le norme concernenti la coesistenza e l’etichettatura che si applicano alla coltivazione e all’uso di OGM nella produzione.

Coordinamento europeo per l'innovazione

Nel sottolineare che solo a condizione che vi sia una migliore interazione tra tutti i soggetti interessati è possibile attuare una strategia europea coerente in materia di energie rinnovabili e di efficienza energetica, i deputati chiedono che, nell’ambito delle prospettive finanziarie 2007-2013, venga definito un nuovo programma “Energia intelligente per l’Europa” potenziando la sua dotazione per promuovere la messa in rete delle prassi eccellenti.

Ricerca e sviluppo: priorità alle fonti rinnovabili e all’efficienza

Tra il 1974 e il 2001, solo l’8,2% dei fondi stanziati per la R&S nel settore dell’energia nei paesi dell’OCSE sono stati destinati alle energie rinnovabili. Pertanto i deputati insistono affinché nel settimo Programma quadro sia destinato un importo sostanziale alle fonti rinnovabili di energia.

E' poi opportuno orientare i principali strumenti finanziari comunitari «a favore di investimenti su ampia scala» in nuove tecnologie relative alle energie rinnovabili e alla conservazione di energia che mostrino il miglior rendimento. Occorre, altresì, prevedere piattaforme tecnologiche per la produzione di energia elettrica solare, di energia eolica e di energia da biomassa nonché per l’integrazione delle energie rinnovabili nel settore edilizio, incluse la cogenerazione di calore ed energia e il riscaldamento e raffreddamento a distanza basati su fonti rinnovabili.

La relazione rileva, infine, che l’elettricità termica solare e le fonti rinnovabili come la corrente marina, l’energia delle maree e dell’osmosi sono nuovi ambiti potenziali per generare elettricità rinnovabile e che la Ricerca europea dovrebbe investire ingentemente in tali fonti.

Link utili

 Comunicazione della Commissione:
Risoluzione del Parlamento europeo

Direttiva 2001/77 sulla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità
Direttiva 2003/30 sulla promozione dell’uso dei biocarburanti o di altri carburanti rinnovabili nei trasporti
Sito dell'European biodiesel board (inglese)

Riferimenti

 Claude TURMES (Verdi/ALE, LU)
Relazione sulla quota di fonti energetiche rinnovabili nell’Unione europea e le proposte di azioni concrete
Doc.: A6-02270/2005
Procedura: Iniziativa
Dibattito: 28.9.2005
Votazione: 29.9.2005

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TRASPORTI


Ferrovie comunitarie

Diritti dei passeggeri, certificazione del personale di guida dei treni, liberalizzazione dei servizi di trasporto e qualità dei servizi di trasporto merci, sono gli elementi del "terzo pacchetto ferroviario" adottato dalla Plenaria. I deputati chiedono indennità per i passeggeri che subiscono ritardi e si oppongono alle compensazioni per il non rispetto dei tempi di consegna delle merci. Intendono poi agevolare l'accesso al mercato di nuove società e promuovere la mobilità dei conducenti.

Diritti dei passeggeri: indennità di ritardo anche sulle tratte nazionali

La relazione di Dirk STERCKX (ALDE/ADLE, BE) chiede che la normativa sui diritti dei passeggeri non sia applicata unicamente alle linee internazionali, come proposto dall'Esecutivo, ma anche agli utenti che viaggiano sulle reti nazionali degli Stati membri.

In caso di ritardi, i deputati propongono indennità pari al:

- 25% del prezzo del biglietto per i ritardi pari o superiori a 60 minuti;
- 50% per quelli pari o superiori a 120 minuti
- 75% per i ritardi pari o superiori a 180 minuti.

Tali indennità andrebbero corrisposte ai passeggeri entro un mese dalla domanda di rimborso. Gli utenti che sono in possesso in un abbonamento, invece, avranno diritto a un'indennità corrisposta sotto forma di biglietti gratuiti, di sconti sulle tariffe o di estensione della validità dell'abbonamento.

Adottando una serie di emendamenti, inoltre, i deputati chiedono che la possibilità di viaggiare sia garantita anche alle persone con ridotta mobilità. Pertanto, dovranno quindi essere eliminati tutti gli ostacoli che impediscono l'accesso ai binari, l'imbarco o lo sbarco dei treni, o la semplice permanenza nelle carrozze.

Personale di bordo

La proposta tesa a introdurre un sistema di certificazione del personale addetto alla guida dei treni è quella meno controversa del pacchetto. La relazione di Gilles SAVARY (PSE, FR) è stata infatti adottata con 603 voti favorevoli, 24 contrari e 40 astensioni. Il suo scopo è di garantire che i conducenti e il personale di bordo rispettino dei criteri professionali, medici e linguistici armonizzati a livello europeo.

I deputati auspicano semplificare il calendario proposto dalla Commissione per l'introduzione di queste condizioni. Pertanto, dal 1° gennaio 2007 si applicherebbero ai conducenti che assicurano i servizi internazionali, mentre gli altri dovrebbero conformarsi a tali norme due anni dopo.

Liberalizzazione dei servizi di trasporto dal 2008

Il Parlamento reclama una maggiore concorrenza sulle reti ferroviarie al fine di migliorare i servizi forniti ai viaggiatori. Adottando con 401 voti favorevoli, 211 contrari e 51 astensioni la relazione di Georg JARZEMBOWSKI (PPE/DE, DE) sullo sviluppo delle ferrovie comunitarie, i deputati estendono il campo di applicazione della normativa ai servizi nazionali di trasporto di passeggeri, mentre la Commissione proponeva di includere unicamente i servizi internazionali.

La relazione chiede inoltre che la rete internazionale di trasporti di passeggeri sia aperta alla concorrenza a partire dal 1° gennaio 2008 e il trasporto nazionale dal 1° gennaio 2012. Gli Stati membri che lo desiderano, peraltro, possono anticipare l'entrata in vigore di queste disposizioni.

Trasporto merci: no al sistema di compensazione

Il Parlamento ha respinto la proposta dell'Esecutivo che avrebbe imposto alle imprese ferroviarie di versare delle compensazioni ai loro clienti in caso di non rispetto dei termini di consegna e degli obblighi contrattuali. I deputati temono infatti che una tale normativa possa far levitare i prezzi dei servizi di trasporto su rotaie e provocare una distorsione di concorrenza con il trasporto stradale. Lo scopo della proposta sarebbe invece di promuovere il ricorso alle ferrovie per il trasporto di merci.

La relazione di Roberts ZILE (UEN, LV), in particolare, sostiene che un sistema di compensazione non darebbe luogo a una crescita della qualità del settore, tanto più che l'attuale normativa internazionale già impone al trasporto su rotaie delle regole ben più severe di quelle applicate al trasporto stradale. Per accrescere la competitività, secondo i deputati, invece di moltiplicare le norme e le sanzioni, lo sforzo dovrebbe essere concentrato su misure che agevolino l'accesso al mercato delle nuove imprese ferroviarie. La relazione sottolinea infine che anche le infrastrutture andrebbero migliorate.


Link utili

 

Proposta della Commissione: diritti dei passeggeri
Proposta della Commissione: personale di bordo
Proposta della Commissione: liberalizzazione dei servizi
Proposta della Commissione: trasporto merci

 

Riferimenti

 

Relatore: Georg JARZEMBOWSKI (PPE/DE, DE)

Relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 91/440/CEE del Consiglio relativa allo sviluppo delle ferrovie comunitarie

Doc.: A6-0143/2005

&

Relatore: Gilles SAVARY (PSE, FR)

Relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla certificazione del personale viaggiante addetto alla guida di locomotori e treni sulla rete ferroviaria della Comunità

Doc.: A6-0133/2005

&

Relatore: Dirk STERCKX (ALDE/ADLE, BE)

Relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai diritti e agli obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario internazionale

Doc.: A6-0123/2005

&

Relatore: Roberts ZĪLE (UEN, LV)

Relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle indennità per inosservanza dei requisiti contrattuali di qualità nei servizi di trasporto ferroviario di merci

Doc.: A6-0171/2005

Procedura: Codecisione, prima lettura

Dibattito: 27.9.2005

Votazione: 28.9.2005

 

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Dimezzare il numero di vittime della strada entro il 2010

La sicurezza stradale di tutti i cittadini europei non è ancora soddisfacente. Campagne d'informazione, patente europea, addestramento alla guida e diffusione delle nuove tecnologie sui veicoli, potrebbero ridurre drasticamente gli incidenti stradali mortali, soprattutto tra i giovani. E' quanto afferma il Parlamento nel chiedere norme europee «a carattere obbligatorio» sui livelli massimi di alcol e sull'uso delle cinture di sicurezza, nonché incentivi per il rinnovo del parco macchine.

La relazione dell'ex campione di rally Ari VATANEN (PPE/DE, FR) sul programma europeo di sicurezza stradale - adottata con 453 voti favorevoli, 69 contrari e 14 astensioni - incita l'Unione europea, gli Stati Membri, le autorità regionali e locali, l'industria e i cittadini a «prendere tutte le azioni positive e concrete possibili per migliorare la sicurezza stradale», con l'obiettivo comunemente accettato di dimezzare gli incidenti entro il 2010. In proposito, è sottolineato che, se tutti gli Stati membri conseguissero gli stessi risultati di Svezia e Regno Unito, il numero delle vittime scenderebbe di 17.000 unità, ossia del 39%, segnando così importante passo in avanti.

Obiettivo «versione zero»

I deputati invitano l'Esecutivo a sviluppare un concetto a lungo termine di sicurezza stradale oltre il 2010 con l'obiettivo di eliminare i morti e i gravi incidenti stradali ("versione zero"). Va inoltre promosso il passaggio all'uso di mezzi pubblici di trasporto e «l'utilizzo blando e no motorizzato delle infrastrutture stradali». A tale scopo, è necessario un approccio comune che, per la relazione, deve avere come compiti vitali la raccolta, l'analisi, la diffusione di dati e di indicazioni di rendimento nella sicurezza, l'armonizzazione delle statistiche sugli incidenti e la messa in atto di campagne di sicurezza su tutto il territorio dell'Unione.

Occorre inoltre incentivare i programmi di ricerca e l'utilizzo di nuove tecnologie in stretta cooperazione con l'industria e le parti in causa, nonché promuovere e migliorare lo scambio di informazioni transfrontaliero. I deputati rilevano poi che un impegno d'alto livello nei confronti della sicurezza stradale può sicuramente produrre risultati significativi in tempi assolutamente brevi. In proposito, ricordano il caso della campagna varata nel 2002 in Francia che, in due anni, ha ridotto la mortalità del 30%.

Il Parlamento, poi, chiede alla Commissione di proporre programmi periodici di rinnovo incentivato del parco automobilistico e dei veicoli di uso agricolo, «che rappresenterebbero un chiaro beneficio non solo per la sicurezza stradale e l'ambiente, ma anche per lo sviluppo industriale». In tal senso andrebbe anche valutata l'incidenza sul tasso di sinistri del crescente uso di autoveicoli di tipo 4x4 e di altri prototipi designati ad altri usi (quads, buggies ecc.), proponendo misure atte a ridurre il rischio da essi provocato.

D'altra parte, pur accogliendo favorevolmente la Carta europea della sicurezza stradale, i deputati deplorano le scarse adesioni che ha riscosso e la poca pubblicità di cui ha beneficiato. Ne propongono quindi la promozione con iniziative comuni a livello dell'Unione e degli Stati membri. Il Parlamento, inoltre, chiede alla Commissione di fare il possibile per garantire che la Carta europea possa essere utilizzata per emettere un certificato che attesti il rispetto dei requisiti di sicurezza da parte delle imprese.

Patente europea e addestramento alla guida

Nell'auspicare la rapida adozione della patente europea, soprattutto in vista dei controlli periodici, delle attitudini fisiche e mentali dei conducenti, i deputati sottolineano la grande importanza dell'addestramento di qualità per i conducenti, gli istruttori e i controllori. La Commissione è quindi invitata a promuovere l'addestramento già dalla scuola primaria, «al fine di ridurre il tasso di vittime tra i giovani». E' poi rilevata la necessità di promuovere un'istruzione lungo tutto l'arco della vita, con particolare attenzione ai bisogni specifici degli anziani, dei disabili e degli immigrati.
Nel settore del trasporto merci, poi, il Parlamento sostiene l'approccio della Commissione volto a studiare gli effetti del crescente impiego dei veicoli utilitari leggeri sulla sicurezza stradale «sotto il profilo della formazione, dei tempi di guida e di riposo nonché del ricorso a strumenti moderatori di velocità» .Occorre inoltre sostenere campagne europee che si concentrino sui contravventori più frequenti e sulle cause di morte più serie, quali la velocità, l'ebbrezza al volante, il mancato uso delle cinture e la stanchezza del guidatore.

Grande attenzione è poi rivolta agli utenti vulnerabili della strada come i pedoni e i ciclisti, ma soprattutto ai giovani il cui tasso di incidenti mortali è altissimo. Per tale ragione, i deputati invitano la Commissione a proporre misure efficaci per garantire che tutti gli utilizzatori vulnerabili delle strade beneficino della massima protezione, come ad esempio l'obbligo dell'utilizzo di segnalazioni luminose per i veicoli a due ruote. A questo proposito, il rischio di morte per i motociclisti è 17 volte più alto che per gli automobilisti, i pedoni e i ciclisti invece corrono un rischio fino a 9 volte più elevato.

Il rispetto delle attuali norme sulla velocità, sui limiti di alcol nel sangue, sull'assunzione di medicinali o droghe e delle norme sulle cinture e sui caschi, è ritenuto essenziale dai deputati per migliorare sensibilmente la sicurezza stradale. Pur riconoscendo che tali norme sono prevalentemente di competenza degli Stati membri, evidenziano la forte necessità di un migliore coordinamento e della diffusione delle migliori pratiche. In base a una valutazione, la Commissione è poi invitata a proporre misure legislative «a carattere obbligatorio» sui livelli massimi di alcol (0,5 mg/ml per gli adulti e 0,2 mg/ml per i neopatentati) e sull'uso delle cinture di sicurezza.

Incentivi fiscali alle nuove tecnologie per la sicurezza

Coscienti che l'introduzione di molte nuove tecnologie potrebbe essere costosa e che gli acquirenti di nuove autovetture non sono sempre in grado o disposti a pagarne il prezzo intero, i deputati chiedono l'introduzione di incentivi fiscali o di altra natura per accelerare l'introduzione di soluzioni efficaci e per migliorare il programma europeo di valutazione di nuove autovetture (EuroNCAP). In proposito, ritengono di fondamentale importanza alcune tecnologie come, le spie di allarme per le cinture di sicurezza e sistemi avanzati di contenimento, il controllo elettronico di stabilità ESC, i sistemi di limitazione della velocità (che potrebbero ridurre gli incidenti di circa il 35%), l'alcolock e la chiamata elettronica.

Background

Nell'Europa a quindici vi sono 375 milioni di utenti delle strade, di cui 200 milioni sono in possesso di una patente e circolano su 4 milioni di chilometri di strade. Ogni anno ci sono 1.300.000 incidenti che causano più di 40.000 morti e 1.700.000 feriti. Il costo, diretto o indiretto di questa ecatombe, stima la Commissione europea, è di circa 160 miliardi di Euro, ovvero il 2% del PIL. In Italia la situazione non è affatto migliore: a causa di incidenti stradali si registrano circa 8.000 morti all'anno. Il 50% di questi incidenti avviene prima dei 41 anni di età e il 25% prima dei 23 anni.

Link utili

Raccomandazione della Commissione 2004/345/CE sulla sicurezza stradale:
"Salvare 20.000 vite sulle nostre strade"  (Commissione, 2004)
Carta della sicurezza stradale (inglese, francese)
Statistiche sugli incidenti stradali in Europa

Riferimenti

Ari VATANEN (PPE/DE, FR)
Relazione sul programma europeo di sicurezza stradale: Dimezzare il numero di vittime della strada entro il 2010: una responsabilità comune
Doc.: A6-0225/2005
Procedura: Iniziativa
Dibattito: 28.9.2005
Votazione: 29.9.2005

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AFFARI ECONOMICI E MONETARI


Bilanci societari più credibili se il revisore è indipendente

I revisori contabili dovranno dimostrare la loro indipendenza dall'ente per il quale effettuano la revisione legale dei conti. E' quanto chiede il Parlamento in merito alla proposta di direttiva che riordina la normativa in materia al fine di garantire la credibilità dei bilanci delle società e ridare così fiducia ai cittadini, soprattutto dopo i recenti scandali finanziari. Agli Stati membri è anche lasciato un più ampio margine di manovra nell'applicazione della direttiva.

La relazione di Bert DOORN (PPE/DE, NL) suggerisce numerosi emendamenti ma i più rilevanti, come quelli sull'indipendenza dei revisori e sulle loro responsabilità e sui comitati interni per la revisione contabile, sono in linea con il compromesso ottenuto nel trilogo informale con le altre istituzioni. Non è quindi escluso che la procedura possa chiudersi in prima lettura.

Indipendenza dei revisori

Gli Stati membri sono tenuti ad assicurare che il revisore legale e/o l'impresa di revisione contabile che effettuano l'audit di un ente «siano indipendenti da quest'ultimo e non siano in alcun modo coinvolti nel suo processo decisionale». A tal fine, provvedono affinché non effettuino la revisione legale dei conti di un ente qualora con esso «sussistano relazioni finanziarie, d'affari, di lavoro o di altro genere, dirette o indirette» (comprese quelle derivanti dalla prestazione di servizi aggiuntivi diversi dalla revisione contabile), dalle quali potrebbe desumersi che l'indipendenza del revisore risulta compromessa.

Inoltre, se l'indipendenza del revisore rischia di essere compromessa, «come in caso di autorevisione, interesse personale, esercizio del patrocinio legale, familiarità, fiducia eccessiva o intimidazione», il revisore legale o l'impresa di revisione contabile devono adottare misure volte a ridurre tali rischi. Tuttavia, se rispetto alle misure adottate, i rischi sono di rilevanza tale da compromettere l'indipendenza dei revisori, questi non possono effettuare la revisione legale dei conti. Al fine di garantire la fiducia nella funzione di revisione e di assicurarne l'indipendenza, la Commissione può adottare misure di esecuzione pertinenti.

A queste disposizioni, se ne aggiungono altre secondo le quali gli Stati membri debbono assicurare che i revisori di enti di interesse pubblico, ogni anno, hanno l'obbligo di confermare per iscritto al comitato interno per la revisione contabile la loro indipendenza dall'ente di interesse pubblico sottoposto alla revisione contabile. Inoltre, devono comunicare gli eventuali servizi aggiuntivi forniti all'ente sottoposto alla revisione contabile ed esaminare con esso i rischi che pregiudicano l'indipendenza e le misure di garanzia applicate per limitare tali rischi.

Gli Stati membri, inoltre, provvedono affinché il socio principale o i soci principali responsabili della revisione legale siano sostituiti al più tardi dopo sette anni dalla data di designazione e siano riammessi a partecipare alla revisione contabile dell'ente dopo un periodo minimo di due anni.

Il revisore legale o il socio principale incaricato della revisione legale per conto di un'impresa di revisione contabile non sono autorizzati ad accettare una funzione dirigenziale di rilievo nell'ente sottoposto alla revisione contabile prima che sia trascorso un periodo di almeno due anni dalle loro dimissioni dall'incarico di revisione legale dei conti in qualità di revisore o di socio principale dell'impresa di revisione contabile.

Responsabilità dei revisori legali

Entro il 2006, la Commissione dovrà presentare una relazione «sull'impatto che la normativa nazionale vigente in materia di responsabilità nel contesto dello svolgimento di revisioni legali dei conti esercita sui mercati europei dei capitali e sulle condizioni di assicurazione per i revisori legali e le imprese di revisione contabile». Questa relazione dovrà comprendere un'analisi delle limitazioni della responsabilità finanziaria. Alla luce della relazione la Commissione potrà presentare delle raccomandazioni agli Stati membri.

Comitati interni per la revisione contabile

La Commissione propone l'introduzione obbligatoria di comitati interni per la revisione contabile presso gli enti di interesse pubblico - come le società quotate in borsa, le banche e le imprese di assicurazioni - ai quali sono affidati i compiti di monitorare il processo di informativa finanziaria, controllare l'efficacia dei sistemi di controllo e revisione interni, monitorare la revisione dei conti annuali e dei conti consolidati e, infine, di verificare e monitorare l'indipendenza dei revisori.

I deputati, invece, lasciano alle disposizioni nazionali un più ampio margine di manovra nella definizione della composizione di questi comitati e consentono agli Stati membri di esentare una serie di enti di interesse pubblico dall'obbligo di istituire un siffatto comitato. Più in particolare, gli Stati membri devono avere la facoltà di stabilire se questi comitati debbano essere composti da membri non esecutivi dell'organo di amministrazione e/o dai membri dell'organo di vigilanza dell'ente stesso sottoposto a revisione e/o da membri designati dall'assemblea generale degli azionisti. Come la Commissione, tuttavia, prevedono che almeno un membro del comitato debba essere indipendente e possedere le necessarie competenze in materia di contabilità e revisione contabile.

Secondo i deputati, inoltre, a determinate condizioni gli Stati membri possono permettere che negli enti di interesse pubblico che soddisfano determinate condizioni le funzioni assegnate al comitato interno possano essere svolte dall'organo di amministrazione o di vigilanza nel suo insieme. Tuttavia, se il presidente di tale organo è un membro con incarichi esecutivi, egli non può assumere la carica di presidente del comitato interno. Gli Stati membri possono inoltre consentire o stabilire che le disposizioni sui comitati interni non si applichino agli enti di interesse pubblico aventi un organo che svolge funzioni equivalenti. In tal caso l'ente è tenuto a comunicare qual è l'organo che svolge tali funzioni e ne rende pubblica la composizione.

Agli Stati membri, poi, è lasciata la possibilità, a determinate condizioni, di esentare dall'obbligo di istituire un comitato interno gli enti di interesse pubblico che «costituiscono imprese figlie» o che «costituiscono organismi di investimento collettivo» (compresi gli enti di diritto pubblico). Tale facoltà vale anche per enti «la cui unica attività consiste nell'emettere strumenti finanziari a fronte di operazioni di cartolarizzazione» e per gli «enti creditizi» non quotati in borsa che hanno, in modo continuo e ripetuto, emesso titoli di debito il cui importo nominale sia inferiore a 100 milioni di euro.

Link utili

Proposta della Commissione
Risoluzione del Parlamento sul caso Parmalat
Comunicazione della Commissione: Rafforzare la revisione legale dei conti nell'UE
Comunicazione della Commissione: Modernizzare il diritto delle società e rafforzare il governo societario nell'Unione europea - Un piano per progredire

Riferimenti

Relatore: Bert DOORN (PPE/DE, NL)
Relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla revisione legale dei conti annuali e dei conti consolidati e che modifica le direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE del Consiglio
Doc.: A6-0224/2005
Procedura: Codecisione, prima lettura
Dibattito: 26.9.2005
Votazione: 28.9.2005

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Basilea II in dirittura d'arrivo

Il Parlamento ha approvato due direttive volte a adattare la legislazione comunitaria sull'adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi all'Accordo Basilea II. La relazione di Alexander RADWAN (PPE/DE, DE) propone una serie di emendamenti che sono frutto di un compromesso informale con Consiglio e Commissione. Non è quindi esclusa l'adozione della nuova normativa in prima lettura della procedura di codecisione.

Lo scopo generale è conferire alle disposizioni in materia di adeguatezza patrimoniale degli enti creditizi un approccio più articolato e più sensibile ai rischi per riflettere meglio la complessità e la diversità dei mercati finanziari odierni. Ciò dovrebbe tradursi in un quadro legislativo che sostenga in maniera più adeguata il sistema finanziario e consenta un uso dei capitali più efficiente. I deputati propongono diverse centinaia di emendamenti. Se molti di essi mirano a semplificare e chiarire il testo, altri propongono cambiamenti sostanziali.

In particolare, il Parlamento chiarisce che gli Stati membri hanno la facoltà di applicare i requisiti in materia di capitale su base individuale e consolidata e, ove lo ritengano opportuno, di non applicare la base individuale. Inoltre, a determinate condizioni, è possibile consentire un fattore zero di ponderazione del rischio per le esposizioni infragruppo delle banche che operano in «un sistema di tutela istituzionale». Gli enti creditizi, poi, debbono illustrare le loro decisioni di rating alle PMI e ad altre società che chiedono prestiti, fornendo su richiesta, una spiegazione scritta. Se un impegno volontario del settore in tale contesto risulta inadeguato, vanno allora adottate misure nazionali.

Una delle questioni più controverse riguardava la comitologia (il sistema che attribuisce alla Commissione il potere di decidere in merito all'attuazione di un atto legislativo). Il progetto di Costituzione riconosce al Parlamento il diritto di revocare le decisioni dell'Esecutivo ma, tenuto conto della situazione delle ratifiche, i deputati intendono garantire che tale diritto sia compreso in un accordo interistituzionale. Per quanto riguarda la direttiva, Parlamento, Consiglio e Commissione, sono giunti a un compromesso all'ultimo momento che, per massimo due anni e non oltre il 1° aprile 2008, prevede il ricorso al "vecchio" sistema - che esclude ampiamente il Parlamento - per l'attuazione e l'aggiornamento della direttiva. Dopo di ché, tali poteri saranno aggiornati da un accordo tra le tre Istituzioni. Allo stesso tempo, sarà rivisto il sistema utilizzato per l'attuazione di queste disposizioni.

Basilea II

Il «nuovo schema di regolamentazione per la convergenza internazionale della misurazione del capitale e dei coefficienti patrimoniali per le banche attive a livello internazionale», più noto come "Basilea II" propone un insieme di norme relative alle esigenze minime in materia di capitale posseduto da organismi bancari. E' stato presentato nel giugno 2004 dal Comitato di Basilea sulla vigilanza bancaria, composto da banche centrali e autorità di vigilanza della banche dei paesi del G10.


Link utili

Proposta della Commissione
Testo di Basilea II

Riferimenti

 Relatore: Alexander RADWAN (PPE/DE, DE)
Relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che rifonde la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa all'accesso all'attività degli enti creditizi e al suo esercizio e sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che rifonde la direttiva 93/6/CEE del Consiglio, del 15 marzo 1993, relativa all'adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi
Doc.: A6-0257/2005
Procedura: Codecisione, prima lettura
Dibattito: 26.9.2005
Votazione: 28.9.2005

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LIBERA CIRCOLAZIONE DEI SERVIZI


Appalti pubblici

Il Parlamento ha adottato la relazione di Stefano ZAPPALÀ (PPE/DE, IT) che approva la proposta di rettifica della direttiva relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi. Un errore materiale, infatti, aveva ridotto la soglia che si applica nel caso di appalti pubblici di servizi e di forniture in cui l'amministrazione aggiudicatrice sovvenzionante non sia un'Autorità Governativa Centrale.

La direttiva 2004/18/CE del 31 marzo 2004 disciplina il coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi. Essa ha consolidato le precedenti direttive in materia, modificato il loro contenuto e semplificato il quadro giuridico. Nel definire il proprio campo di applicazione, la direttiva fissa una serie di soglie, espresse in euro, al di sotto delle quali non si applica e prevede una procedura per il loro riallineamento periodico.

L'articolo 78 della direttiva consente alla Commissione, se necessario, di adeguare le soglie ai mutamenti dei tassi di cambio. Peraltro, in caso di revisione il loro livello deve rimanere invariato.

La direttiva si applica anche agli appalti aggiudicati da enti che non sono amministrazioni aggiudicatrici ma che sono sovvenzionati (gli appalti) in misura superiore al 50% da amministrazioni aggiudicatrici. La proposta di direttiva adottata dalla Commissione non intendeva modificare la soglia di 249 mila euro (stabilita all'articolo 8b) che si applica nel caso di appalti pubblici di servizi e di forniture in cui l'amministrazione aggiudicatrice sovvenzionante sia un'amministrazione non inclusa nell'allegato IV della direttiva (vale a dire non sia un'Autorità Governativa Centrale).

A causa di un errore materiale, l'articolo 78 della direttiva prevede invece che essi siano riallineati ad una soglia inferiore, pari a 162 mila euro, che è quella relativa agli appalti di servizi e forniture delle Autorità Governative Centrali. La proposta di direttiva in esame ha semplicemente lo scopo di correggere tale errore materiale.

Riferimenti

Relatore: Stefano ZAPPALÀ (PPE/DE, IT)
Relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che rettifica la direttiva 2004/18/CE relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi
Doc.: A6-0270/2005
Procedura: Codecisione, prima lettura
Relazione senza dibattito ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento del Parlamento
Votazione: 27.9.2005

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ISTITUZIONI


Dibattito sulle priorità del Parlamento: superare la crisi d'identità dell'Europa

Il benvenuto agli osservatori rumeni e bulgari ha dato inizio a un dibattito a tutto campo sul futuro dell'Europa. Per il Presidente, a fronte di taluni successi conseguiti nell'ultimo anno, il fallimento delle ratifiche della Costituzione e l'assenza di un quadro finanziario sono però da mettere in passivo. Per superare la crisi d'identità dell'Europa, occorre continuare il dialogo e agire per un'Unione più vicina ai cittadini e, quindi, meno burocratica, con meno norme ma di migliore qualità.

Benvenuto agli osservatori bulgari e rumeni

Il Presidente BORRELL ha rivolto un solenne benvenuto in Parlamento agli osservatori bulgari e rumeni. Nel ricordare poi che, lo scorso mese di aprile, il Parlamento aveva espresso il proprio parere conforme all'adesione dei due Paesi, ha espresso l'augurio che la data prevista per la loro adesione, il 1° gennaio 2007, sarà confermata. Affermando quindi di attendere con grande interesse i contributi degli osservatori a tutti i dibattiti, il Presidente ha augurato loro un grande successo nel loro lavoro parlamentare.

Dibattito sulle priorità del Parlamento

Il Presidente ha affermato che l'arrivo degli osservatori coincide con un momento difficile per la costruzione europea. Anche se l'Unione funziona normalmente, ha spiegato, il progetto europeo sta attraversando un «crisi d'identità». Si vive quindi un periodo di stallo e, a suo parere, il problema è molto più profondo di quanto affermano coloro secondo i quali per l'Unione è sufficiente migliorare il funzionamento del mercato, dispensandola da un progetto politico per il futuro. Si tratta, invero, di dare un senso politico al progetto e definirne la dimensione geografica. Il Parlamento deve contribuire a uscire da questo stallo. Le priorità illustrate l'anno scorso all'Aula vanno perciò ridefinite.

Il Presidente ha quindi stilato un bilancio di quanto è stato comunque realizzato nell'ultimo anno. Tra i "successi" ha enumerato l'accoglienza dei colleghi dei dieci nuovi Stati membri, l'adozione dello Statuto dei deputati, l'approvazione della nuova Commissione e il successivo accordo quadro siglato con essa, l'impulso alla lotta contro il terrorismo. In merito a quest'ultimo punto, il Presidente ha sottolineato che la minaccia terrorista è maggiore rispetto all'anno scorso e che, in tale contesto, la sfida è di garantire l'equilibrio tra la domanda di sicurezza e l'esigenza di assicurare i diritti fondamentali. Occorre anche sviluppare i rapporti coni il mondo musulmano e, a tal fine, il consesso ideale è rappresentato dall'Assemblea euromediterranea. E' necessario, infine, evitare che la minaccia terrorista porti ad un sentimento islamofobo, poiché un tale fenomeno diventerebbe «il più grande successo dei terroristi».

Le altre priorità indicate dal Presidente un anno fa riguardavano la ratifica del Trattato costituzionale e la definizione delle nuove prospettive finanziarie per i quali il Parlamento ha «fatto il suo dovere»: ampio dibattito e sostegno massiccio per il primo, proposta ambiziosa e ragionevole per le seconde.

In merito alle prospettive finanziarie, il Presidente ha ricordato che l'eventuale accordo dei Ministri può rivelarsi insufficiente se non raccoglie l'approvazione del Parlamento. Finora il Consiglio non vi è pervenuto per «una mancanza preoccupante di spirito comunitario e per la svalutazione crescente dell'idea della solidarietà europea», più che per i problemi posti dalla Costituzione. La loro definizione, a suo parere, è urgente perché diventa difficile trattare del programma legislativo senza conoscere il finanziamento delle diverse politiche. Borrell ha poi sottolineato l'esigenza di lavorare, sin da ora, alla definizione di un bilancio annuale per garantire all'Unione un minimo di certezza a partire dal 2007, qualora non fosse adottato il quadro pluriennale.

Per quanto riguarda il trattato costituzionale, nonostante la ratifica di tredici Stati membri, ha aggiunto, i "no" dei francesi e degli olandesi hanno portato il Consiglio a decidere per un periodo di riflessione, «non di pausa» ha precisato il Presidente. Si tratta di continuare con i trattati vigenti, tuttavia, ha aggiunto Borrell, rimangono i problemi relativi al futuro che, invece, erano affrontati dalla Costituzione. Si tratta, in particolare, di un assetto istituzionale che permetta all'Unione di funzionare efficacemente.

Il Presidente ha riaffermato che non esiste nessun "Piano B", bensì un «Piano D, che sta per dibattito e democrazia». L'ultimo «grande dibattito», ha ricordato, è avvenuto proprio al Parlamento con gli interventi di Blair e Junker. Occorre continuare su questa via e, in quest'ottica, invitando al Parlamento i Capi di Stato e di Governo, in particolare quelli dei paesi in cui i risultati dei referendum hanno avuto un'importanza determinante. I processi di ratifica negli Stati membri sono stati un momento decisivo per parlare di Europa ai cittadini europeo, ha aggiunto, e il Parlamento deve continuare a promuovere in tutta Europa «una grande conversazione europea», che sia «decentralizzata e condotta in collaborazione con i parlamenti nazionali e i rappresentanti della società civile».

L'Europa che si deve costruire, ha proseguito il Presidente, «non potrà essere né tecnocratica né burocratica, ed qui che il Parlamento trova la sua ragione d'essere». Riguardo al lavoro legislativo, per Borrell il bilancio è positivo, ma occorre sottolineare il valore aggiunto che può apportare l'Unione in campi che interessano maggiormente i cittadini. Ciò sarà possibile al momento di dibattere sulle direttive REACH, sui servizi, sull'orario di lavoro e sulla sicurezza aerea e anche nelle discussioni sulla scurezza e la giustizia, sul terrorismo. Ma anche quando si parlerà dell'adesione della Turchia, ha detto il Presidente affermando che il 3 ottobre sarà un momento storico.

La qualità e la pertinenza della legislazione europea sono anch'esse questioni «cruciali». Dal punto di vista formale, ha aggiunto Borrell, alla Commissione è stato ricordato che ha il dovere di informare il Parlamento se intende ritirare delle proposte legislative. Sulla sostanza, invece, occorre chiedersi se mancano alcuni elementi nella costruzione europea, come nel campo fiscale o sociale. Sono poi necessarie delle iniziative in materia di semplificazione, di valutazione d'impatto e di trasposizione dei testi.

Infine, il Presidente ha ricordato che presenzierà al Vertice di ottobre che, tra i punti in discussione, vedrà il modello sociale europeo. Si tratta di un dibattito, ha spiegato, al quale il parlamento dovrà partecipare pienamente in quanto rappresenta «la risposta della società europea alla mondializzazione economica».

Dopo aver dato il benvenuto ai colleghi bulgari e rumeni, Hans-Gert POETTERING (PPE/DE. DE) ha sostenuto che la risposta alla crisi di identità dell'Europa può essere fornita «solo se si riescono a consolidare i valori comuni nel diritto costituzionale». Q Questi valori, infatti, sono «la base per il nostro futuro».

I "no" francese e olandese, perciò, non devono essere «l'ultima parola». A suo parere, inoltre, il Parlamento dovrebbe invitare i Capi di Stato e di Governo per discutere in Aula del futuro dell'Europa. Il leader dei popolari ha poi sostenuto l'idea di avere meno leggi ma di migliore qualità ed ha chiesto alla Commissione di consultare il Parlamento sulle sue iniziative in tale ambito. L'oratore ha poi sottolineato l'importanza di migliorare la competitività economica - «fondamentale anche per l'Europa sociale» - e ha chiesto che il parlamento sia associato alla definizione di una normativa antiterrorismo.

Anche Martin SCHULZ (PSE, DE) ha dato il benvenuto ai nuovi colleghi prima di esprimere forti critiche nei confronti del Presidente Barroso e della sua Commissione. Innanzitutto per non aver informato il Parlamento delle intenzioni in materia di delegiferazione, poi per aver detto alla Stampa che era inutile concentrarsi sulla Costituzione e, infine, per non aver protestato per il mancato raggiungimento di un accordo al Consiglio sulle prospettive finanziarie.

Graham WATSON (ALDE/ADLE, UK), dopo aver dato il benvenuto agli osservatori, ha sottolineato che occorre sfidare gli Stati membri affinché facciano progredire l'Europa. Si è quindi chiesto se la Germania sarà in grado di fare le riforme, se l'Italia riuscirà a ridurre il deficit, se il Regno Unito potrà tradurre le parole in fatti. Ma anche se Francia e Paesi Bassi saranno in grado di avere leadership nei confronti dei loro cittadini. Il leader liberaldemocratico ha criticato a sua volta la Commissione per non aver informato il Parlamento del programma di ritirare diverse proposte legislative ed ha chiesto al Presidente francese e al Primo Ministro olandese di venire in Aula per illustrare le loro intenzioni per andare avanti con la Costituzione.

Daniel COHN-BENDIT (Verdi/ALE, DE), dando il benvenuto ai colleghi bulgari e rumeni, ha affermato che arrivano in un momento strano della storia dell'Unione. Ha poi criticato la Presidenza britannica per la sua assenza e i pochi progressi realizzati. Nel chiedere poi al Presidente Barroso di venire in Parlamento a illustrare quali direttive vuole ritirare, ha criticato l'intenzione della commissaria Reding di proporre una direttiva sulla televisione europea «alla Berlusconi, con pubblicità dappertutto» che, a suo parere, non otterrà l'assenso del Parlamento.

Francis WURTZ (GUE/NGL, FR), dato il benvenuto ai nuovi colleghi, ha affermato che la prospettiva dell'allargamento rende urgente un cambiamento di rotta dell'Unione. Vanno ridefinite quindi le politiche di bilancio, monetaria, sociale, fiscale e commerciale, perché «per uscire dalla crisi d'identità occorre che le scelte politiche prevalgano sul mercato». Il Parlamento ha quindi il dover dare risonanza al malessere dei cittadini assumendo un atteggiamento antiliberista in merito alle direttive sui servizi, sui trasporti ferroviari, sui servizi portuari e nei negoziati commerciali.

Nigel FARAGE (IND/DEM, UK), dando loro il benvenuto, si è rivolto agli osservatori affermando che entrano a far parte di un club che assomiglia al sistema politico da cui sono appena sfuggiti. «Riceverete ricche diarie», ha aggiunto, «disporrete di autisti e parteciperete a ricevimenti e tornerete ai vostri paesi decantando le lodi dell'Europa». Il deputato ha poi criticato il fatto che si spendano 200 milioni di euro all'anno per riunirsi a Strasburgo nonché l'eccessiva produzione di legge, nonostante le intenzioni dichiarate dalla Commissione. Infine, li ha esortati a promuovere nei rispettivi paesi un referendum sull'adesione all'Unione.

Brian CROWLEY (UEN, IE) ha anch'egli rivolto il benvenuto ai colleghi bulgari e rumeni. Ha poi sottolineato che i cittadini si sentono lontani dall'Europa e non percepiscono l'attuale momento come un periodo di crisi. Il deputato ha poi chiesto la codifica in testi unici di norme contenute in decine di direttive e ha ritenuto sbagliato il fatto di legare la riforma della PAC all'accordo globale sulle prospettive finanziarie.

Riferimenti

Accoglienza degli osservatori bulgari e romeni
28.9.2005
&
Dichiarazione del Presidente del Parlamento europeo - Priorità di lavoro del Parlamento
Dibattito: 28.9.2005

Altri documenti approvati

Giovedì 29 settembre 2005

Relazione Caroline LUCAS (A6-0262/2005)
Prospettive delle relazioni commerciali UE/Cina

La votazione è stata rinviata alla sessione del 12-13 ottobre 2995 a Bruxelles.


Risoluzione comune sulla Bielorussia (B6-0486/2005)
La risoluzione è stata approvata.


Relazione Emilio MENÉNDEZ DEL VALLE (A6-0256/2005) - Relazioni tra l'Unione e l'India
La relazione è stata approvata.

Risoluzione comune sul Nepal (B6-0513/2005)
La risoluzione comune è stata approvata.


Risoluzione comune sulla Tunisia (B6-0512/2005)
La risoluzione comune è stata approvata.


Risoluzione comune sulla Vojvodina (B6-0518/2005)
La risoluzione comune è stata approvata con 88 voti favorevoli, nessun contrario e 2 astensioni.


Mercoledì 28 settembre 2005

Risoluzione comune sul Venticinquesimo anniversario di Solidarnosc e suo messaggio per l'Europa (B6-0485/2005)
La risoluzione comune è stata approvata.


Relazione Ambroise GUELLEC (A6-0251/2005)
Ruolo della coesione territoriale nello sviluppo regionale
La relazione è stata approvata.


Relazione Sérgio MARQUES (A6-0246/2005)
Partenariato rafforzato per le regioni ultraperiferiche
La relazione è stata approvata.

Martedì 27 settembre 2005

Relazione Paolo COSTA (A6-0258/2005)
Accordo CE/Bulgaria su taluni aspetti dei servizi aerei
La relazione è stata approvata.


Relazione Paolo COSTA (A6-0259/2005)
Accordo CE/Croazia su taluni aspetti dei servizi aerei
La relazione è stata approvata.


Relazione Karl-Heinz FLORENZ (A6-0264/2005)
Diritti dovuti all'Agenzia europea dei medicinali
La relazione è stata approvata.


Relazione Carmen FRAGA ESTEVEZ ( A6-0260/2005)
Protocollo all'accordo sulla pesca del tonno CE/Repubblica federale islamica delle Comore (2005-2010)
La relazione è stata approvata con 473 voti favorevoli, 54 contrari e 82 astensioni.


Relazione Klaus-Heiner LEHNE ( A6-0268/2005)
Richiesta di revoca dell'immunità di Marios Matsakis
La relazione è stata approvata.

top

Ordine del giorno 12- 13 ottobre 2005

Bruxelles

 Mercoledì 12 ottobre 2005

 (17:00 - 20:00, 211:00 - 24:00)

 

Dichiarazione del Consiglio e della Commissione - Iran

 

Comunicazione della Commissione - Strategia dell'Unione per l'Africa

 

Relazione Bono - L'istruzione in quanto elemento centrale del processo di Lisbona

***I

Relazione Novak - Cooperazione europea mirata a garantire la qualità nell'insegnamento superiore

 

Relazione Portas - Integrazione degli immigrati in Europa attraverso scuole e un'istruzione multilingue

 

Relazione Pack - Ili circo, parte integrante della cultura

 

Relazione Beupuy - La dimensione urbana nel contesto dell'allargamento

 

Relazione Záborská - Donne e povertà nell'Unione europea

*

Seconda relazione Busk - Misure eccezionali di sostegno al mercato

*

Relazione Díaz de Mera Garciá Consuegra - Protezione dell'euro contro la confraffazione monetaria (programma "Pericle")

 Giovedì 13 ottobre 2005

 (9:00 - 10:50)

***I

Relazione Lehideux - Misure a favore dei paesi firmatari del protocollo sullo zucchero

*

Relazione Chmielewski - Risorse alieutiche nel Mar Baltico, nei Belt e nell'Øresund

 (11:00 - 13:00 ) Votazione

 

Relazione Lucas - Prospettive delle relazioni commerciali UE/Cina

*

Relazione Fazakas - Contabili delle agenzie esecutive

 

Testi di cui sarà stata chiusa la discussione

 L'ordine del giorno può subire modifiche.

 

Codici delle procedure parlamentari 

Serie A

Relazioni e raccomandazioni

Serie B

Risoluzioni e interrogazioni orali

Serie C

Documenti di altre Istituzioni

*

Procedura di consultazione

**I

Procedura di cooperazione, prima lettura

**II

Procedura di cooperazione, seconda lettura

***

Parere conforme

***I

Procedura di codecisione, prima lettura

***II

Procedura di codecisione, seconda lettura

***III

Procedura di codecisione, terza lettura

 Abbreviazioni

 - Gruppi politici: vedere pagina seguente

BE

Belgio

IT

Italia

PL

Polonia

CZ

Repubblica ceca

CY

Cipro

PT

Portogallo

DK

Danimarca

LV

Lettonia

SI

Slovenia

DE

Germania

LT

Lituania

SK

Slovacchia

EE

Estonia

LU

Lussemburgo

FI

Finlandia

EL

Grecia

HU

Ungheria

SE

Svezia

ES

Spagna

MT

Malta

UK

Regno Unito

FR

Francia

NL

Olanda

 

 

IE

Irlanda

AT

Austria

 

 

 Gruppi politici           

PPE/DE

Gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei

PSE

Gruppo socialista al Parlamento europeo

ALDE/ADLE

Gruppo dell'Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l'Europa

Verdi/ALE

Gruppo Verde/Alleanza libera europea

GUE/NGL

Gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica

IND/DEM

Gruppo Indipendenza/Democrazia

UEN

Gruppo "Unione per l'Europa delle nazioni"

NI

Non iscritti

Deputati al Parlamento europeo

Situazione al 29.9.2005

 

PPE/DE

PSE

ALDE/ADLE

Verdi/ALE

GUE/NGL

IND/DEM

UEN

NI

Totale

BE

6

7

6

2

 

 

 

3

24

CZ

14

2

 

 

6

1

 

1

24

DK

1

5

4

1

1

1

1

 

14

DE

49

23

7

13

7

 

 

 

99

EE

1

3

2

 

 

 

 

 

6

EL

11

8

 

 

4

1

 

 

24

ES

24

24

2

3

1

 

 

 

54

FR

17

31

11

6

3

3

 

7

78

IE

5

1

1

 

1

1

4

 

13

IT

24

15

12

2

7

4

9

5

78

CY

3

 

1

 

2

 

 

 

6

LV

3

 

1

1

 

 

4

 

9

LT

2

2

7

 

 

 

2

 

13

LU

3

1

1

1

 

 

 

 

6

HU

13

9

2

 

 

 

 

 

24

MT

2

3

 

 

 

 

 

 

5

NL

7

7

5

4

2

2

 

 

27

AT

6

7

1

2

 

 

 

2

18

PL

19

10

4

 

 

10

7

4

54

PT

9

12

 

 

3

 

 

 

24

SI

4

1

2

 

 

 

 

 

7

SK

8

3

 

 

 

 

 

3

14

FI

4

3

5

1

1

 

 

 

14

SE

5

5

3

1

2

3

 

 

19

UK

27

19

12

5

1

10

 

4

78

Totale

267

201

89

42

41

36

27

29

732

 

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