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RESOCONTO
26 - 27 gennaio 2005
Bruxelles
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Sommario
Codici delle procedure parlamentari, Abbreviazioni Deputati al Parlamento europeo Dichiarazioni Diritti dell’uomo Relazioni esterne Programma di lavoro
della Commissione Allargamento Commercio estero Industria Ordine del giorno 21-24 febbraio 2005 Strasburgo
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Codici delle procedure parlamentari
Abbreviazioni
- Gruppi politici: vedere pagina seguente
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Gruppi politici
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Commemorazione della liberazione di Auschwitz |
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In apertura della seduta, il Presidente Borrell ha voluto commemorare il 60° anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz. «Oggi è un giorno di triste memoria per tutta l'umanità» e il nome del campo di sterminio nazista è rimasto scolpito come «il nome dell'orrore assoluto, del male, nella sua realizzazione più estrema, il crimine pianificato, industrializzato e documentato», ha affermato il Presidente. Nel ricordare che i leader di tutti i gruppi politici del Parlamento si recheranno oggi a Auschwitz per assistere alla cerimonia ufficiale, Borrell ha spiegato che non si tratterà solo di rendere omaggio alle vittime, ma anche di ricordare che «questo male che ha portato la morte a migliaia di ebrei, minoranze etniche, omosessuali, prigionieri politici di diverse nazionalità, solo perché erano tali» riguarda tutti. L'Olocausto, ha aggiunto, è un grande problema di tutta l'umanità ed ha radici profonde. Pertanto, sessant'anni dopo, «dobbiamo continuare a lottare contro tutto ciò che l'ha reso possibile: il razzismo, l'antisemitismo, la xenofobia, l'odio razziale, l'indifferenza di parte delle nostra società». Il Presidente ha quindi voluto sottolineare che si ha l'obbligo di lavorare tutti i giorni, non solo quando vi è «la magia delle cifre tonde», per ravvivare il ricordo affinché i valori della nostra Costituzione, la pace, i diritti umani ed il rispetto alla tolleranza - «tutto quello che è il contrario di quello che è stato Auschwitz» - vengano diffusi e difesi ovunque. Egli ha quindi invitato l'Aula a osservare un minuto di silenzio. |
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Auschwitz: la lotta al razzismo non è finita, no al revisionismo |
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Risoluzione comune sul ricordo dell'Olocausto, l'antisemitismo e il razzismo Doc.: B6-0069/2005Procedura: Risoluzione comuneDibattito: 26.1.2005Votazione: 27.1.2005Votazione Con 617 favorevoli e 10 astensioni, il Parlamento ha adottato una risoluzione comune che, nel rendere omaggio a tutte le vittime del nazismo, condanna le tesi revisioniste e la recrudescenza del razzismo e dell'antisemitismo. I deputati, inoltre, chiedono che si incoraggi la memoria sull'Olocausto, in particolare nei piani di studi scolastici, ed esortano le autorità comunitarie e nazionali a combattere ogni forma di discriminazione. Più in particolare, la risoluzione approvata dalla Plenaria sottolinea come una pace duratura in Europa «debba essere basata sul ricordo della sua storia». Per tale motivo i deputati respingono e condannano le opinioni revisioniste e la negazione dell'Olocausto definendole «vergognose e contrarie alla verità storica». Nell'esprimere, poi, preoccupazione per l'aumento di partiti estremisti e xenofobi nonché per «la crescente accettazione da parte del pubblico delle loro opinioni», il Parlamento invita le Istituzioni dell'Unione europea, gli Stati membri e tutti i partiti politici democratici europei a condannare tutti gli atti di intolleranza e di incitamento all'odio razziale nonché tutti gli atti di vessazione o violenza a sfondo razzista e, in particolare, «tutte le espressioni di antisemitismo, quale che ne sia la forma». Tale condanna, peraltro, è estesa a tutti gli atti di violenza motivati da odio o intolleranza religiosi o razziali, «compresi gli attentati a luoghi di culto, siti religiosi e santuari di fede ebraica, islamica o di altra confessione nonché contro minoranze come i Rom». La risoluzione, poi, chiede alle autorità comunitarie, nazionali e locali di coordinare le loro azioni volte a combattere l'antisemitismo e gli attacchi alle minoranze e agli immigrati presenti negli Stati membri, al fine di sostenere i principi della tolleranza e della non discriminazione e promuovere l'integrazione sociale, economica e politica. In tale contesto, sottolinea come tali sforzi debbano includere anche la promozione del dialogo e della cooperazione tra i vari segmenti della società, compresi quelli «tra diverse comunità culturali, etniche e religiose». «Il ricordo e l'istruzione sono componenti fondamentali dello sforzo volto a fare dell'intolleranza, della discriminazione e del razzismo un problema del passato», perciò il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri sono invitati a rafforzare la lotta all'antisemitismo e al razzismo promuovendo la consapevolezza, soprattutto fra i giovani, della storia e «delle lezioni da trarre dall'Olocausto». Si tratta, in particolare, di incoraggiare la memoria dell'Olocausto facendo del 27 gennaio la giornata europea della memoria in tutta l'UE e di potenziare l'informazione sull'Olocausto. In tale contesto, è ad esempio proposto di inserire l'informazione sull'Olocausto nei piani di studi scolastici. La risoluzione, infine, invita la Commissione ad avviare una revisione dell'applicazione della direttiva 2000/43/CE sulla parità di trattamento indipendentemente dalla razza, con l'intento di rafforzare le misure antidiscriminazione dell'Unione europea e ad organizzare una importante conferenza cui partecipino tutti gli attori interessati, in particolare i rappresentanti politici, le istituzioni pubbliche a livello nazionale, regionale e locale, nonché le ONG e le associazioni attive nel settore. Dibattito Nella serata del 26 gennaio, sulla base di un'interrogazione di Martin SCHULZ (PSE, DE) e Glyn FORD (PSE, UK) su tale tema, l'Aula aveva tenuto un dibattito. Giusto CATANIA (GUE/NGL, IT), a nome del gruppo, ha esordito affermando che «dietro quel cancello di ferro è stata seppellita la pietà, sono stati seppelliti i valori supremi dell'umanità, è morto Dio». Dentro i campi di sterminio, ha aggiunto, «sono maturati i simboli della ferocia nazista e della scellerata smania di persecuzione e si è consumato il delitto più atroce della storia del Novecento». La Giornata della memoria, secondo il deputato, non può essere una semplice commemorazione in quanto nel giorno della liberazione del campo «è stata posta la prima pietra per la costruzione di un'Europa di pace, di un soggetto politico che avrebbe dovuto espellere la parola guerra dalle sue radici». Nell'osservare poi come l'Europa continui «a non dire parole chiare e nette contro le guerre», l'oratore ha sottolineato la necessità di contrastare «le pulsioni violente dell'antisemitismo, del razzismo e dell'islamofobia», nonché porre «ostacoli formali e sostanziali al diffondersi delle discriminazioni di genere, sessuali ed etniche». Cristiana MUSCARDINI (UEN, IT), a nome del gruppo, ha giudicato inquietante il fatto che «vi siano ancora recrudescenze di sentimenti razzisti e antisemiti che serpeggiano, non solo in Europa». Negli anni scorsi, ha spiegato, anche in questo Parlamento «abbiamo assistito a posizioni preconcette contro Israele, che sicuramente non hanno giovato né al raggiungimento della pace in Medio Oriente, né all'affermazione di un'Europa più capace di rendersi disponibile per combattere in modo comune il terrorismo e la violenza». A parere della deputata, la conoscenza degli eccidi e delle tragedie che la storia recente ha riservato al genere umano e la lotta per impedire il ripetersi di crimini del genere «rappresentano uno dei valori fondanti dell'Unione europea» che, ha aggiunto, nasce dalla consapevolezza che la pace, la democrazia e il rispetto degli altri «costituiscono principi che non sono scontati ma che anzi è necessario riaffermare con forza ogni giorno». Ella ha poi voluto sottolineare come la presenza dei presidenti dei gruppi politici del Parlamento europeo alla cerimonia per il 60° anniversario della liberazione di Auschwitz assuma un significato particolare, «perché rappresenta l'unità e la volontà dei popoli europei non solo di condannare l'Olocausto, ma anche di continuare a combattere le ingiustizie, le violenze e le discriminazioni ancora oggi presenti in Europa e nel mondo». Nel ribadire, infine, la condanna nei confronti del «tragico passato», l'oratrice ha voluto manifestare la propria preoccupazione per le notizie di manifestazioni antisemite giunte dalla Russia e da diversi paesi europei. Per concludere ha affermato che coloro i quali, ancora oggi, «non comprendono la necessità di un impegno a tutto campo contro ogni manifestazione che, in maniera palese o surrettizia, giustifichi o comunque non condanni azioni di intolleranza, razzismo e antisemitismo, non si rendono conto della propria ignoranza storica e del fatto di creare, anche per loro stessi, un baratro senza ritorno». Romano LA RUSSA (UEN, IT) è intervenuto per illustrare l'emendamento che ha proposto al testo della risoluzione comune. Fare del 27 gennaio la Giornata della Memoria incoraggiandone l'informazione, ha spiegato, «rappresenta una chiara volontà di superare e combattere fenomeni di intolleranza e razzismo». Tuttavia, ha aggiunto, «non possiamo esimerci dal ricordare e condannare nello stesso modo altri olocausti, forse meno conosciuti ma certamente non meno gravi per i crimini commessi contro l'umanità, contro l'uomo». Confermando quindi la sua totale e convinta adesione alla risoluzione, il deputato ha spiegato che il suo emendamento chiede che «vengano citati armeni e curdi, gli italiani trucidati dal Maresciallo Tito in Istria e i milioni di innocenti sterminati nei gulag sovietici, tra cui ebrei», non meno numerosi «di quelli uccisi dai nazisti tedeschi». L'emendamento sarà poi respinto dall'Aula nel corso della votazione. Mario BORGHEZIO (IND/DEM, IT) ha annunciato che la Lega Nord avrebbe votato a favore della risoluzione, ma ha stigmatizzato un intervento precedente che accomunava alla questione dell'Olocausto «nientemeno che i patriottismi, i nazionalismi e i movimenti che si ispirano a questo, arrivando addirittura a chiedere di togliere da questi banchi le bandiere degli Stati nazionali». Questo dimostra, ha aggiunto, come «da un principio giusto, si arrivi a delle conclusioni liberticide che vanno contro la democrazia» ed è per questo, ha spiegato il deputato, che «noi siamo molto sospettosi nei confronti della direttiva europea» sul razzismo e la xenofobia. Nel sottolineare come si sia parlato molto di islamofobia, il deputato ha osservato che le sinagoghe e i centri ebraici in Europa «sono difesi quasi manu militari ventiquattro ore su ventiquattro», e si è chiesto retoricamente «chi oggi minaccia e aggredisce sulle televisioni facendo propaganda razzista, con minacce fisiche, con attentati?». Evidenziando infine l'assenza dei rappresentanti di molti Paesi arabi in occasione della commemorazione dell'Olocausto durante l'assemblea dell'ONU, ha concluso volendo ricordare «il pericolo islamico e del razzismo antisemitico» che il Parlamento avrebbe dovuto condannare. Marta VINCENZI (PSE, IT) ha esordito apprezzando le parole del Ministro Schmit e del commissario Frattini sulla possibilità di dar vita ad un'iniziativa di coordinamento europeo e di implementazione del lavoro dei molti istituti, fondazioni e centri di ricerca nazionali, pubblici e privati che operano per ricordare quanto accadde nei lager ma anche per ricordare le molte resistenze al nazifascismo «che per esempio portò non meno di 48.000 italiani a morire appunto nei lager». Si tratterebbe, ha spiegato, di una biblioteca europea, «fonte e garante di un'identità europea riconoscibile e condivisa» che prevede un'attività continua di traduzione e di interscambio di tutto il materiale disponibile, soprattutto dei paesi dell'Est. Anche così, ha concluso, si potrà costruire «un futuro che vede nella memoria l'opportunità di rafforzare un'Europa fondata sul rispetto reciproco tra uomini, razze e culture». In Italia La Legge n° 211 del 20 luglio 2000, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 177 del 31 luglio 2000, ha istituito in Italia il Giorno della Memoria, «al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati». La legge prevede che in occasione del Giorno della Memoria siano organizzati «cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere». La deportazione nei campi nazisti di cittadini italiani è iniziata nell'ottobre 1943 con l'occupazione nazista del Nord Italia, avvenuta a seguito dell'armistizio firmato con gli Alleati. Dalla relazione di Italo Tebaldi, presentata al Convegno sul sistema concentrazionario e sulla deportazione tenutosi a Genova nel novembre 2001, risulta che sono stati 44.488 gli italiani deportati nei campi di concentramento (di cui circa 9.000 erano ebrei): 8.609 furono internati ad Auschwitz, 10.362 a Dachau e 8.126 a Mauthausen. I superstiti totali sono stati 2.087 (4,7%), di cui 293 da Auschwitz, 404 da Dachau e 398 da Mauthausen. A tali cifre vanno aggiunti circa 700.000 militari italiani catturati a seguito dell'armistizio e internati nei diversi campi di concentramento. La relazione è consultabile sul sito dell'Associazione Nazionale ex deportati politici nei campi nazisti: http://deportati.engitel.com/archivio/geografia_tibaldi.html) Per ulteriori informazioni: Maria Andrés Marìn (Bruxelles) Tel.(32-2) 28 44299 e-mail : mandresmarin@europarl.eu.int |
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Medio Oriente: porre fine alle violenze e negoziare la pace |
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Risoluzione comune sulla situazione in Medio Oriente Doc. B6-0068/2005Procedura: Risoluzione comuneDibattito: 26.1.2005Votazione: 27.1.2005Votazione Il Parlamento ha adottato una risoluzione comune sulla situazione in Medio Oriente con la quale chiede di porre fine alle violenze e di rilanciare i negoziati per giungere ad un accordo di pace «senza condizioni preliminari, basato sull'esistenza di due Stati democratici, sovrani e sostenibili, che vivano pacificamente l'uno accanto all'altro, con frontiere sicure e riconosciute». Nel compiacersi del successo registrato dalle elezioni presidenziali e rendendo omaggio «all'impegno democratico di cui il popolo e le autorità palestinesi hanno dato prova malgrado l'occupazione», la risoluzione coglie l'occasione per sollecitare Israele a rispettare pienamente il diritto di voto di tutti gli abitanti di Gerusalemme Est alle prossime elezioni legislative. Tutti gli attacchi terroristici e gli atti di violenza perpetrati da entrambe le parti sono condannati. Ai gruppi armati palestinesi è quindi chiesto di astenersi dagli attacchi che, oltre a determinare la perdita di vite innocenti, nuocciono «al processo di pace e alle condizioni della popolazione civile». Il Parlamento, d'altra parte, incoraggia vivamente il Presidente Abbas a mettere in atto la sua volontà di porre fine alla violenza, e accoglie favorevolmente il suo impegno volto a «riformare e potenziare il controllo esercitato sui corpi di sicurezza palestinesi, e dialogare pienamente con tutte le parti interessate». L'Autorità palestinese, poi, è invitata a promuovere lo Stato di diritto, l'indipendenza del potere giudiziario, una migliore separazione dei poteri tra i rami legislativo ed esecutivo del governo, una buona governance, compresa la trasparenza dei conti, e la lotta alla corruzione. Allo stesso modo, il governo israeliano dovrebbe astenersi dalle rappresaglie, porre fine alle esecuzioni extragiudiziali, attuare il ritiro da Gaza e dalle altre zone dei Territori occupati, arrestare l'espansione degli insediamenti, interrompere la costruzione del muro e «conformarsi pienamente con la Quarta Convenzione di Ginevra, ponendo così fine alle violazioni del diritto internazionale». Governo israeliano e Autorità palestinese sono poi invitati a rilanciare i negoziati e, in tale contesto, i deputati chiedono all'Unione europea di adottare un'iniziativa d'urgenza nel contesto del Quartetto, in particolare nei confronti degli Stati Uniti, in conformità dei loro ruoli complementari nel processo di pace. Il Parlamento, poi, ribadisce che la soluzione al conflitto mediorientale può essere trovata unicamente negoziando «un accordo di pace fermo e definitivo» come quello previsto nella roadmap, «senza condizioni preliminari, basato sull'esistenza di due Stati democratici, sovrani e sostenibili, che vivano pacificamente l'uno accanto all'altro, con frontiere sicure e riconosciute». La risoluzione, infine, ribadisce il sostegno dell'Unione al processo di pace e propone la definizione di un «piano di sviluppo economico» che dovrebbe essere controllato dall'Unione, «al fine di dare alla regione una solida base per conseguire la prosperità e la stabilità». Dibattito Pasqualina NAPOLETANO (PSE, IT), a nome del gruppo PSE, ha affermato che le elezioni presidenziali palestinesi, «in particolare in considerazione del contesto di occupazione in cui si sono svolte», hanno rappresentato «la speranza di un inizio di cambiamento nel martoriato Medio Oriente». L'Europa, ha poi aggiunto, ha creduto più di altri in questo processo, sostenendolo politicamente ed economicamente e la sua presenza è visibile e importante. Giudicando come lungimirante la scelta della leadership palestinese di affidare la successione del Presidente Arafat a un processo elettorale libero e trasparente, la deputata ha poi sottolineato come ciò abbia raccolto l'adesione della stragrande maggioranza della società palestinese. «I palestinesi vogliono la democrazia ma vogliono anche la libertà» e, secondo l'oratrice, il nuovo leader Mahmud Abbas ha già dimostrato, nella campagna elettorale e negli atti che sta compiendo, «di essere seriamente impegnato sia sul fronte interno, nel frenare la violenza e nell'avviare riforme indispensabili alla società palestinese, sia nel tentativo di rilanciare il processo di pace». Pertanto, spetta al governo israeliano dar prova della stessa volontà costruttiva, riportando in primo luogo gli atti unilaterali annunciati, come il ritiro da Gaza, nel quadro dei negoziati della roadmap e «facendo cessare la colonizzazione e la costruzione del muro illegale nonché ogni inutile atto di intimidazione nei confronti della popolazione palestinese che non ha nulla a che fare con la sicurezza». Secondo la deputata, la maggiore credibilità assunta dall'Europa potrà forse influenzare gli Stati Uniti ma, in ogni caso, è importante «assicurare la continuità dell'impegno, perché dopo le elezioni presidenziali si terranno le elezioni comunali e amministrative». Infine, nella prospettiva della costituzione dei due Stati, andrebbe sostenuta l'operazione politica della leadership palestinese volta a riportare nell'ambito istituzionale l'opposizione di Hamas e della Jihad, «che hanno invece fatto ricorso al terrorismo». Luisa MORGANTINI (GUE/NGL, IT), a nome del gruppo si è innanzitutto complimentata con L'Alto Rappresentante per la politica estera dell'Unione, Javier SOLANA, per la sua presenza a Ramallah immediatamente dopo le elezioni. «I palestinesi hanno fatto la loro parte», ha continuato, hanno scelto il programma di Abu Mazen, che è un programma «di riforme, di pace e di democrazia». D'altra parte, l'oratrice ha accolto con favore anche la proposta di ritiro unilaterale da Gaza, «se si tratta davvero di un ritiro e, soprattutto, se si inserisce all'interno della roadmap, all'interno di un negoziato». In tale contesto, il Quartetto dovrebbe riprendere l'azione in quanto la presenza internazionale è ritenuta importante dalla deputata. Per l'oratrice, accanto alle elezioni e alla prospettiva di ritiro, vanno considerate come aspetto fondamentale anche «le azioni concrete compiute dal governo Sharon in queste ultime due settimane», ed ha quindi stigmatizzato il fatto che i cittadini di Gerusalemme Est non possano più andare a Ramallah, ma soprattutto l’annessione di un territorio, quello di Gerusalemme Est, «che noi consideriamo occupato». Le proprietà dei palestinesi che vivono a Betlemme, a Bejalla e a Ramallah e le proprietà dei palestinesi a Gerusalemme Est vengono confiscate, ha detto la deputata, e queste «sono cose che mutano l'atteggiamento anche di quei palestinesi che hanno fiducia e hanno ritrovato speranza nella possibilità della pace». Infine, la deputata ha accennato alla questione di Gaza: «Raffa è chiusa da 87 giorni, migliaia di palestinesi innocenti, che non sono neanche presunti terroristi, si trovano bloccati ai confini di Gaza, dormono nelle strade e non hanno più soldi. Inoltre, c'è l'ipotesi di distruggere 3.000 case per impedire il tunnel». Roberta ANGELILLI (UEN, IT), a nome del gruppo, ha esordito affermando che, come osservatori delle elezioni in Palestina, «possiamo dire che lì sta nascendo a tutti gli effetti una giovane ma orgogliosa democrazia». Evidenziando poi la grande voglia di riscatto, di tornare alla normalità e alla pace del popolo palestinese, la deputata ha osservato come le elezioni presidenziali abbiano di fatto aperto un nuovo scenario in Medio Oriente e «sono state un esempio per tutto il mondo arabo». Proprio per questo, ha quindi aggiunto ricordando la Conferenza di pace che si terrà a Londra nel mese di marzo, «l'Unione europea deve ora assumere un ruolo centrale e impegnarsi fino in fondo per sostenere il processo di pace, innanzitutto rilanciando la roadmap che, a tutt'oggi, è il punto di partenza per riprendere le trattative». A tale proposito, inoltre, l'oratrice non si è detta d'accordo con chi sostiene che un intervento del genere è prematuro e che l'Unione europea non sarebbe pronta a sostenerlo. E’ proprio questo il momento in cui, secondo la deputata, l'Unione deve assumere nuovamente la sua centralità politica, «anche con un'azione concreta di sostegno allo sviluppo dell'economia palestinese», con un nuovo Piano Marshall per la Palestina, «che era già stato proposto dall'Italia all'indomani dell'11 settembre». In questo modo, ha concluso, «la Palestina potrà emanciparsi da quella povertà e da quella emarginazione che troppo spesso vanno ad aumentare le file del fondamentalismo». Luca ROMAGNOLI (NI, IT), ha esordito affermando che le elezioni che si svolgeranno non sono libere e che «ancora una volta, l'Unione europea è complice degli interessi statunitensi, anche foraggiando sconsiderate operazioni di ingerenza negli affari di un altro Stato». Allo stesso modo in cui «si vuole imporre una Costituzione europea ai contribuenti senza che essi si siano espressi», ha aggiunto, «si sottraggono risorse per sostenere la vergognosa e inutile occupazione dell'Iraq». La stragrande maggioranza della popolazione irachena, secondo il deputato, non parteciperà «a false elezioni», ed è «vergognoso impegnare risorse e uomini nel sostegno e quindi nella validazione politica delle elezioni in Iraq». Stigmatizzando, infine, la volontà di legittimare «un'amministrazione fantoccio» e i «tanti acclarati episodi di corruzione, sprechi, conti gonfiati e truffe ai danni della stessa amministrazione» che hanno seguito l'occupazione, il deputato ha chiesto al Parlamento europeo di dissociarsi da ogni legittimazione delle elezioni in Iraq, «evitando a noi tutti l'ignominia e la complicità politica e morale in questa colossale truffa politico-mediatica». Lapo PISTELLI (ALDE/ADLE, IT) ha sottolineato come l'Unione europea abbia interessi vitali in Medio Oriente e come tale Regione sia ormai «una componente importante della nostra politica di vicinato». La chiave della stabilità e della crescita economica della regione, ha quindi proseguito, sta nella soluzione del conflitto israelo-palestinese. Egli ha quindi evidenziato che, negli ultimi anni, c'era stato uno stallo che non ha permesso all'Unione di fare valere il proprio peso. Questa impasse, secondo il deputato, «ha avuto un costo elevato in vite umane, in miseria e disperazione» ma ora «si è aperta una finestra di opportunità che è necessario cogliere». Infatti, l'America ha un Presidente che potrà dedicarsi alla questione israelo-palestinese «con libertà di manovra», il nuovo governo israeliano «scommette sul dialogo» e, in Palestina, «abbiamo aiutato e assistito con soddisfazione alla prima elezione del Presidente Mahmud Abbas, che gode ora di una forte legittimità popolare e internazionale». Per l'oratore è quindi giunto il momento per l'Unione «di parlare con una voce forte e chiara», essa deve agire come un elemento di equilibrio, avendo capacità di cui non dispongono altri attori mondiali: «vale a dire l’equilibrio politico e le risorse per sostenere la crescita economica della regione». Se crediamo nella politica estera dell'Unione e nell'Europa come attore globale, ha quindi concluso, «questo è il momento di passare dalla teoria all'azione». «L’odio non è figlio dell’ignoranza, bensì dell’educazione all’odio», ha detto Luciana SBARBATI (ALDE/ADLE, IT) sottolineando come, dal 1948 ad oggi, la guerra israelo-palestinese abbia «causato migliaia di vittime, di cui molte fra la popolazione civile, e tanta povertà». Due terzi dei terroristi palestinesi, ha aggiunto, erano studenti universitari o giovani con maturità liceale ed «è noto che il popolo di Israele ha un alto livello di istruzione». Dopo l'elezione di Abu Mazen, «due popoli, condannati loro malgrado a vivere l'uno accanto all'altro e con complessi problemi da risolvere, si sono trovati in una nuova fase nei loro rapporti, una fase aperta alla speranza». L'oratrice ha quindi proseguito evidenziando come il nuovo leader abbia manifestato l'intenzione di «riprendere i negoziati di pace con Israele, frenare gli estremisti e riformare i vertici corrotti del sistema interno palestinese». La deputata ha poi notato come, monitorando il processo elettorale, l'Unione europea abbia rafforzato la sua posizione di interlocutore privilegiato, dimostrando la volontà e la capacità di parlare a entrambi i popoli. Essa deve quindi farsi garante di un piano risolutivo e definitivo «per fornire nel frattempo a entrambi i popoli una solida base di aiuto al cambiamento». Pertanto l'Europa deve assumersi le sue responsabilità nei confronti del Medio Oriente, anche perché la sua sicurezza è direttamente minacciata dal conflitto, «la cui soluzione può essere trovata solo negoziando un accordo di pace fermo e definitivo come quello previsto nella roadmap». D'altra parte, ha concluso la deputata, la comunità internazionale dovrà aiutare la nascita di uno Stato palestinese, risolvendo al contempo i problemi dei confini, degli insediamenti, dei rifugiati, di Gerusalemme, delle risorse idriche e della sicurezza. Stefano ZAPPALÀ (PPE/DE, IT) ha sottolineato come il popolo israeliano viva in una situazione di forte difficoltà, «dovendo convivere con il continuo rischio di attentanti terroristici» e come, d'altra parte, il popolo palestinese viva «una situazione che non ha nulla di accettabile». Ribadendo poi che le elezioni si sono svolte in maniera ineccepibile «nonostante la realtà locale» - che «ha dell'incredibile se è vista secondo i canoni e gli schemi ordinari» - il deputato ha voluto evidenziare che nel mondo palestinese «si vive senza riferimenti, senza certezze, in uno stato sociale di totale degrado ambientale, lavorativo e organizzativo», mentre in quello israeliano, invece, «si vive alla continua ricerca di un sistema di difesa». Gli aiuti e il sostegno che arrivano da più parti, secondo l'oratore, non hanno prodotto risultati concreti. A tale proposito, egli giudica quindi necessario conoscere l’entità delle risorse che sono state impegnate dall'Unione in quell'area negli ultimi anni, con quali obiettivi e sotto quali responsabilità, mentre i futuri investimenti dovranno essere mirati a migliorare la qualità della vita nei territori palestinesi. «Non basta donare, ma bisogna verificare l'uso che viene fatto del denaro», ha aggiunto ricordando di attendere una risposta ad una sua precisa interrogazione in proposito. Per ulteriori informazioni: Joëlle Fiss (Bruxelles) Tel.(32-2) 28 41075 e-mail : foreign-press@europarl.eu.int |
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Strategia della Commissione per il 2010: un partenariato per la prosperità, la solidarietà e la sicurezza |
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Dichiarazione della Commissione - Orientamenti strategici/Programma legislativo e di lavoro per il 2005 Dibattito: 26.1.2005Votazione: 23.2.2005Dichiarazione della Commissione Il punto di partenza della strategia presentata oggi da José Manuel BARROSO «è rispondere alle aspettative dei cittadini europei». Il suo obiettivo, ha precisato il Presidente della Commissione, è garantire che nel 2010 l'Europa «sarà effettivamente sul cammino del rinnovamento». Ricordando che la Costituzione prevede un programma d'azione comune condiviso dal Parlamento, dal Consiglio e dalla Commissione, ha quindi proposto che la strategia definita oggi dall'Esecutivo serva da base all'azione comune delle tre Istituzioni nei prossimi cinque anni. Barroso ha poi sottolineato la necessità di «ricollegarsi ai cittadini», attraverso l'entrata in vigore della Costituzione, la semplificazione della legislazione europea, l'adattamento del bilancio agli impegni assunti e la più ampia partecipazione civica al progetto europeo. Le azioni chiave del programma riguardano la revisione della Strategia d Lisbona, il completamento del pacchetto sulle prospettive finanziarie, l'attuazione del Programma dell'Aia per far progredire lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, il rinnovo dell'Agenda sociale. Il Presidente della Commissione ha quindi annunciato che, per migliorare il flusso d'informazione con il Parlamento e la dinamica legislativa, ogni mese sarà presentato uno stato previsionale delle proposte legislative in preparazione. Inoltre sarà instaurato un dialogo permanente tra l'Esecutivo e il Parlamento. Le priorità illustrate dal Presidente della Commissione sono la prosperità, la solidarietà e la sicurezza. Si tratta quindi di garantire una crescita durevole e migliorare la situazione dell'occupazione creando un ambiente favorevole alle imprese, investendo nella ricerca e nell'istruzione e incoraggiando la creazione di posti lavoro. Inoltre, andrà rafforzata la coesione dell'Unione e la protezione dell'ambiente, tenendo presente le generazioni future, e bisognerà garantire la protezione dei diritti fondamentali e la lotta contro le discriminazioni. Riguardo alla sicurezza, infine, sarà data priorità assoluta all'attuazione del programma dell'Aia. Questi obiettivi, ha spiegato Barroso, non possono essere raggiunti senza tenere conto che l'Unione europea è un partner globale. Le sfide internazionali sono individuate, principalmente, nei futuri ampliamenti, nella possibilità di esprimersi con una sola voce nelle sedi multilaterali e nel rafforzamento delle relazioni con i partner (in primo luogo gli USA). Dichiarazione del Consiglio Jean-Claude JUNCKER ha notato con soddisfazione l'ampia convergenza di opinioni tra la Commissione e il Consiglio ed ha osservato che «la Presidenza lussemburghese e tutte le altre Presidenze che seguiranno fino al 2006» giudicano allo stesso modo le proposte di Barroso. Si tratta di un partenariato per il rinnovamento dell'Europa sul quale non ci dovranno essere diatribe interistituzionali, ha affermato il Presidente del Consiglio, sottolineando come i cittadini non si chiedano quali siano le convinzioni della Commissione, del Consiglio o del Parlamento, perché «l'Europa è una cosa sola». L'oratore ha quindi suggerito di cercare gli strumenti per esprimere anche verso l'esterno questa identità di opinione tra le tre Istituzioni, osservando che, anche se la nuova Costituzione ancora non è entrata in vigore, «troveremo senz'altro uno strumento, un'espressione che ci permetterà di avere eco presso l'opinione pubblica». Interventi a nome dei gruppi politici Hans-Gert POETTERING (PPE/DE, DE) ha esordito affermando che la presenza in Aula del Presidente del Consiglio europeo - per la prima volta nella storia dell'Unione - «è un simbolo molto incoraggiante». Come Parlamento, ha quindi proseguito, «dovremmo riflettere insieme sul futuro del nostro Continente». L'Unione europea ha garantito la pace nell'ultimo secolo e occorre «lavorare ancora per questa pace». Se da un lato vi è la condivisione di valori e di obiettivi, questi vanno realizzati con azioni concrete per garantire un futuro migliore «per noi e per i nostri figli». La dignità dell'essere umano, la democrazia, un'economia di mercato assieme ad un ordine sociale, debbono essere alla base di questa azione, secondo il rappresentante dei popolari. Noi, ha aggiunto, «abbiamo fiducia nell'essere umano, nelle sue capacità, nella sua disponibilità a lavorare, ad investirsi». Pertanto «l'intervento dello Stato non deve essere il principio dominante» ma, al contrario, il futuro deve essere fondato sull'iniziativa di ogni singolo cittadino e sulla possibilità che, attraverso la sua iniziativa, possa dare il suo contributo alla società di solidarietà e di pace. A parere del deputato, la competitività dell'Europa nel mondo «è un presupposto essenziale affinché si possa dare un futuro al modello sociale europeo». Osservando quindi che la «grande sfida» è rappresentata dalla trasformazione demografica, l'oratore ha quindi sottolineato la necessità di creare anche le condizioni quadro per un'adeguata politica familiare. Incentivando la competitività non si favoriscono solo le nascite ma anche la qualità e la quantità dei posti di lavoro. Ricordando poi che il suo gruppo «si batte per la stabilità della moneta europea», l'oratore ha sottolineato il ruolo importante tenuto dalla Commissione per evitare che gli Stati membri vadano «alla deriva» con una politica finanziaria che li porta all'indebitamento. In materia di sicurezza interna, ha poi osservato l'oratore, i cittadini si aspettano che le frontiere terrestri e marittime dell'Unione siano garantite. Tuttavia, ha sottolineato la necessità di sforzi comuni nel Mediterraneo perché «la gente non deve più morire per mare» cercando di sfuggire alla povertà e alla miseria. Dopo aver accennato alla necessità di sviluppare una politica di buon vicinato con l'Ucraina, l'oratore ha quindi evidenziato come nella la politica di sicurezza europea si debba ricorrere solo in ultima istanza alle forze militari, mentre la precedenza va attribuita alle azioni preventive. Il deputato ha quindi concluso invitando il Presidente della Commissione a fare tutti gli sforzi possibili per arrivare presto ad una pace in Medio Oriente, «affinché sia Israele che i palestinesi possano vivere in pace». Martin SCHULZ (PSE, DE) si è detto sostanzialmente favorevole alle proposte presentate dal Presidente della Commissione, anche se alcuni punti sono stati trascurati. Solidarietà, benessere e sicurezza sono tre punti strettamente collegati, ha osservato, e «ora nell'ambito europeo ciascuno ha la sua responsabilità». Occorre rafforzare la competitività e la politica sociale, tuttavia è necessario «che ci sia un equilibrio tra questi due elementi». Il gruppo socialista, ha continuato, appoggerà chi vuole migliorare la competitività dell'Europa per favorire la coesione sociale, al contrario si opporrà a un approccio che prevede una deregulation o mette in pericolo quanto conquistato a livello sociale. Ribadendo il suo apprezzamento sul programma della Commissione, l'oratore ha quindi ammonito che il banco di prova sarà la procedura legislativa, con la quale le tre Istituzioni dovranno trovare degli accordi, anche arrivando a dei compromessi che rispecchino gli impegni presi. In materia di relazioni internazionali, il rappresentante dei socialisti ha sottolineato come l'Unione europea debba svolgere il suo ruolo di attore globale «in quanto potere civile» e non militare, per evitare «un altro disastro come quello dell'Iraq». Per quanto riguarda il Patto di stabilità, l'oratore ha affermato che esso debba essere garantito e i suoi criteri non dovrebbero essere cambiati, però deve anche essere gestibile e applicabile, tenendo conto delle esigenze attuali e interpretandolo in modo che possa produrre crescita. Egli ha quindi espresso il suo sostegno alle proposte del commissario Almunia. In conclusione, il deputato ha voluto sottolineare la necessità che le Istituzioni europee cooperino «per realizzare il benessere e la solidarietà». Graham WATSON (ALDE/ADLE, UK) ha esordito affermando che a suo parere le priorità illustrate riflettono quelle della maggioranza del Parlamento, tuttavia, ha subito aggiunto, «non possiamo costruire una casa su fondamenta instabili». Se vogliamo un'Europa prospera con uno sviluppo sostenibile che può lottare contro la povertà a casa e all'estero, che possa proiettare i suoi valori in tutto il mondo, ha quindi spiegato, «dobbiamo cominciare garantendo un'economia forte e sostenibile in cui l'innovazione e le imprese possano fiorire». Per il deputato occorre pertanto fissare delle priorità chiare e tangibili, soffermandosi quindi su quattro obiettivi. In primo luogo la prosperità, per la quale il processo di Lisbona ha un ruolo cruciale al fine di giungere al successo. A tale proposito, i liberaldemocratici «attendono con ansia miglioramenti e un'applicazione più intelligente del Patto di stabilità e di crescita», tuttavia anche gli Stati membri debbono avviare le riforme strutturali fondamentali. Viene poi la solidarietà e, in tale ambito va migliorata la responsabilità e l'efficacia dei Fondi strutturali: «ci sono ragioni per cui non ci possiamo permettere di essere parsimoniosi». In materia di sicurezza, secondo il deputato, occorre trovare una risposta alle minacce del terrorismo, garantendo al contempo le libertà civili. Le proposte della Commissione sull'immigrazione e sulla politica di asilo, peraltro, sono giudicate positivamente dall'oratore. Sul ruolo internazionale dell'Unione, infine, egli ha sostenuto la necessità di ricorrere al dialogo economico, utilizzando le sanzioni economiche oppure accordi di libero scambio, piuttosto che alla forza militare. Pierre JONCKHEER (Verdi/ALE, BE) ha affermato che è molto difficile non essere d'accordo con le parole pronunciate dal Presidente della Commissione e, pertanto, la risposta del suo gruppo è: «passiamo dalle parole agli atti». Il deputato ha quindi enunciato quelle che ritiene essere le principali scadenze politiche. In materia di bilancio, quanto proposto dalla Commissione Prodi è giudicato il minimo indispensabile, pertanto risulta necessario riorientare le spese dell'Unione a favore di progetti ambientali o della cultura e dell'istruzione. Sulla legislazione REACH il deputato auspica che la Commissione conservi la propria proposta affinché il Parlamento possa esprimersi in prima lettura. Per il rappresentante dei Verdi, poi, la proposta di legge sul mercato interno dei servizi apre la porta al dumping sociale nell'Unione europea, mentre il principio del Paese d'origine non può essere stabilito come principio ordinante della direttiva. L'oratore ha quindi posto l'accento sulla necessità di attribuire la debita considerazione alla valutazione delle politiche dell'Unione in relazione ai criteri dello sviluppo sostenibile e alla coerenza delle stesse con gli impegni internazionali. Infine, il deputato ha concluso affermando che l'Unione europea deve continuare ad assumersi il ruolo di avanguardia nei negoziati internazionali. Francis WURTZ (GUE/NGL, FR) ha esordito affermando che l'Unione europea ha impiegato molto tempo per riconoscere il fallimento della strategia di Lisbona rispetto agli obiettivi indicati nel 2000. Egli ha quindi sottolineato come la relazione della Commissione del gennaio scorso indicava che, per la prima volta da dieci anni, si erano persi più posti di lavoro di quanto ne fossero stati creati, mentre gli investimenti a favore dell'istruzione e della formazione fossero in declino. La soluzione proposta di accelerare l'approccio liberale, tuttavia, è stata giudicata dall'oratore erronea e pericolosa. In Europa, ha quindi stigmatizzato, la competitività si basa sulle riduzioni salariali, la maggiore flessibilità del mercato del lavoro e l'allungamento della vita lavorativa, spinge alla riduzione della spesa pubblica e dà un'interpretazione molto restrittiva dei servizi d'interesse generale. A parere del deputato, inoltre, anche le esigenze in materia di salute e di ambiente rischiano di essere riviste verso il basso. Osservando come l'orientamento liberale del Presidente Barroso contraddica gli obiettivi ufficiali dell'Agenda di Lisbona, l'oratore ha quindi affermato che occorre escludere dalla valutazione dei deficit pubblici le spese per la ricerca, per l'istruzione, per la salute, per determinate infrastrutture e le spese che riguardano la disoccupazione. Bisognerebbe, inoltre, instaurare un controllo democratico dei fondi pubblici versati alle imprese per verificarne l'efficacia dal punto di vista dell'occupazione e, in caso contrario, «esigere dei rimborsi». Occorre poi effettuare una valutazione seria degli effetti della liberalizzazione prima di avviare qualsiasi altro passo e va ritirata la direttiva Bolkenstein. Infine, ha concluso il deputato, sono necessari cambiamenti strutturali «che portino verso una gestione comune dei mercati e verso un ritorno del primato della scelta politica». Jens-Peter BONDE (IND/DEM, DK) ha sottolineato che la Commissione ha cinque anni a disposizione per rendere l'Unione europea una delle economie più dinamiche del mondo. Tuttavia, ha osservato, se questo può essere considerato positivo da taluni operatori economici, in molti Paesi in Via di Sviluppo potrebbero sorgere problemi legati ai «troppi soldi che spendiamo nei sussidi» e ai dazi doganali europei. Analoghi problemi potrebbero venirsi a creare nei nuovi Paesi membri «perché creiamo dei settori industriali basati solo sui sussidi». L'oratore ha quindi sottolineato che, contrariamente alla Commissione che «vuole più soldi per più piani e vuole avere un'opportunità per inventare nuovi tipi di tasse», è necessario «cercare di gestire l'Europa con tasse più basse, con meno soldi, meno sussidi e maggiore libertà per gli Stati membri per aiutare tutti quanti ad aver accesso all'economia di mercato». Occorre inoltre essere pionieri dal punto di vista ambientale, invitare i paesi più poveri ad aumentare la domanda e indirizzare i Fondi strutturali ai Paesi membri più poveri. Il mercato del lavoro, d'altra parte, non è disponibile per milioni di persone «perché la Banca centrale europea gestisce la nave in modo poco favorevole alle famiglie». Il coordinamento economico «ci darà meno crescita e meno posti di lavoro» pertanto, ha concluso l'oratore, «lasciamo libertà ai Paesi membri». Brian CROWLEY (UEN, IE) ha accolto con favore le dichiarazioni del Presidente della Commissione e del Consiglio: «non succede spesso che le persone in quest'Aula parlino di una visione, di portare avanti un ideale che non venga inghiottito in dettagli burocratici». oppure nel rinfrescare delle vecchie idee. La Commissione, ha osservato, deve rispondere alle esigenze dei cittadini dell'Unione europea e, pertanto, occorre che essi sentano che «le loro vite migliorano con le decisioni che vengono prese» dall'Unione. Quando si parla di solidarietà, ha aggiunto, raramente è menzionata «la garanzia di un'uguaglianza di investimenti, di opportunità, di istruzione e di formazione» a tutti i cittadini. L'oratore ha quindi concluso sottolineando l'esigenza di trovare della soluzioni globali per i problemi che incontra il Continente africano, come la fame, i conflitti e l'AIDS. Hans-Peter MARTIN (NI, AT) ha consigliato al Presidente della Commissione di fare molta attenzione a come saranno spesi i soldi pubblici: «qualche volta 7 miliardi di euro possono valere di più di spese fatte male e senza attenzione». L'oratore ha quindi esortato Barroso a non «cedere alla tentazione di andare al riarmo delle misure finanziarie» perché, se «magari crea dei posti di lavoro subito», una spesa non attenta «potrebbe essere devastante per il più lungo periodo dell'Europa». Dibattito Roberta ANGELILLI (UEN, IT) ha osservato come dalla relazione della Commissione emerge «un quadro di difficoltà complessiva del sistema economico europeo». Sottolineando come nessuno Stato possa da solo invertire questo trend negativo, la deputata ha quindi sostenuto che «spetta alle Istituzioni europee, in particolare alla Commissione, l'onere di rilanciare l'economia europea, concentrandosi su una strategia che punti ad obiettivi di occupazione, crescita e sviluppo solidale». Occorre quindi rilanciare la strategia di Lisbona «in modo da renderla finalmente efficace», individuando anche un responsabile nazionale per il raggiungimento degli obiettivi. Va poi effettuata «una revisione intelligente» del Patto di stabilità, che induca a realizzare riforme strutturali e che faciliti il perseguimento degli obiettivi di Lisbona, dando un impulso agli investimenti in infrastrutture e ricerca per aumentare la competitività. A tale proposito, la deputata ha rilevato la necessità di tenere una discussione al Parlamento europeo sulla riforma del Patto di stabilità prima del Consiglio europeo di marzo. Infine, ricordano una proposta fatta a suo tempo da Delors, la deputata ha suggerito di riflettere all'idea di finanziare investimenti pubblici europei per sostenere la crescita e la competitività attraverso il ricorso a bond comunitari. Paolo COSTA (ALDE/ADLE, IT) si è detto convinto che la costruzione e la messa in esercizio della rete transeuropea dei trasporti possa dare un vero contributo alla prosperità europea, «caratterizzandola anche nel senso della solidarietà e dello sviluppo sostenibile». Non facendo riferimento tanto agli effetti di domanda della grande massa di investimenti necessari per realizzare le TEN «che dovrebbero contribuire a un balzo in su della crescita economica», egli ha voluto sottolineare la necessità tradurre gli investimenti in spesa, anche se ha sostenuto che «realisticamente, ciò non accadrà». Ciononostante, secondo il deputato, occorre definire fermi impegni di cofinanziamento europeo per le TEN prima dell'approvazione delle Prospettive finanziarie 2006-2013 e, possibilmente, con un orizzonte temporale comprendente anche il periodo successivo al 2013, fino al 2020. Pur non aspettandosi rapidi effetti di domanda dalla realizzazione delle TEN, l'oratore auspica che ciò contribuisca ad un serio e progressivo contributo all’effettiva creazione del mercato interno dell'Unione allargata. Tale obiettivo, tuttavia, è raggiungibile solo se la strategia di implementazione delle TEN non viene lasciata unicamente alle decisioni sussidiarie degli Stati membri e alla loro capacità o meno di cofinanziare le diverse tratte e i diversi progetti. Infatti, secondo l'oratore, «è solo a Bruxelles che si possono identificare le tratte della rete, la cui realizzazione ha l’effetto di costruire veramente un mercato unico superiore agli altri». Ciò, ha aggiunto, è possibile solo se il cofinanziamento europeo sarà elevato, «in qualche caso preponderante» e solo se gli Stati membri consentiranno, un pooling di risorse eccezionale, «sicuramente incompatibile con la riduzione delle risorse trasferite all'Unione». Questa eventuale maggiore responsabilità finanziaria dell'Unione europea, ha quindi concluso il presidente della commissione trasporti del Parlamento, «potrebbe avere anche l'effetto virtuoso di consentire un’utile revisione del Patto di stabilità». Il superamento del tetto del 3%, ha infatti spiegato, «potrebbe essere consentito solo se oggettivamente riferito alla realizzazione delle infrastrutture summenzionate, come pure alle spese di ricerca, e soggettivamente garantito dalla Commissione», che avrebbe il compito di usare le maggiori risorse con criteri di priorità europea. Guido SACCONI (PSE, IT), rispondendo a un oratore precedente che aveva definito il dossier REACH come la più grande minaccia alla competitività del sistema industriale europeo, ha affermato che è «sempre sbagliato far diventare un concreto provvedimento legislativo un simbolo del bene o del male». Tuttavia, se proprio si intende attribuire un simbolo a REACH, egli lo vedrebbe come «l'indicazione della strada per trovare una nuova prospettiva competitiva per il sistema europeo». Nell'osservare poi come si stia assistendo a «una grande ridistribuzione internazionale del lavoro», il deputato ha evidenziato che l'Europa «non è ancora riuscita a trovare il suo spazio, le sue carte vincenti», mentre la Strategia di Lisbona ha fornito un contributo minimo. Condividendo la lista delle priorità della Commissione, l'oratore ha quindi concluso affermando che la «carta competitiva» dell'Unione «è la conoscenza e l'ambiente», ed è pertanto in questo campo che l'Europa conquisterà la leadership nel mondo. Lia SARTORI (PPE/DE, IT) ha voluto sottolineare alcuni punti chiave del discorso del Presidente della Commissione sui quali ritiene occorra puntare l'attenzione e l'impegno. In primo luogo, ha evidenziato come le sfide che l'Europa si pone e che si intende cogliere, seppur contenute in gran parte nel progetto di Lisbona, siano anche sottoposte all'esito dei dibattiti sulle prospettive finanziarie 2007-2013. «Non si può realizzare Lisbona senza soldi», come anche «non si può portare avanti una politica di coesione senza avere risorse», ha affermato. L'accordo sulle prospettive finanziarie, ha aggiunto, «non può essere raggiunto ad ogni costo». Per realizzare questi obiettivi dovranno quindi essere fatte scelte coraggiose. Esortando la Commissione a fare queste scelte, la deputata ha quindi concluso: «riaffrontiamo il discorso sui finanziamenti in agricoltura, riaffrontiamo il discorso di portare avanti con forza la politica sui servizi, riprendiamo in mano Reach». |
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Accordi di associazione con Croazia e Macedonia |
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eContentplus: contenuti digitali europei più accessibili |
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Paul RÜBIG (PPE/DE, AT) Raccomandazione per la seconda lettura relativa alla posizione comune del Consiglio in vista dell'adozione della decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che adotta un programma comunitario pluriennale inteso a rendere i contenuti digitali europei più accessibili, utilizzabili e sfruttabiliDoc.: A6-0002/2005Procedura: Codecisione, seconda letturaDibattito: 27.1.2005Votazione: 27.1.2005La raccomandazione per la seconda lettura è stata adottata. |
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Ordine del giorno 21-24 febbraio 2005 Lunedì 21 febbraio 2005 (17:00 - 21:00)
Martedì 22 febbraio 2005 (9:00 - 12:00, 15:00 - 17:00, 21:00 - 24:00)
(12:00 - 13:00 ) Votazione
(17:00 - 17:30)
(17:30 - 19:00)
Mercoledì 23 febbraio 2005 (9:00 - 12:00, 15:00 - 17:30, 21:00 - 24:00)
(12:00 - 13:00) Votazione
(17:30 - 19:00)
Giovedì 24 febbraio 2005 (10:00 - 12:00)
(12:00 - 13:00) Votazione
(15:00 - 16:00)
(16:00) Votazione
L'ordine del giorno può subire modifiche.
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