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RASSEGNA
26 - 27 aprile 2006
Bruxelles
Sommario
Codici delle procedure parlamentari, abbreviazioni
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A vent'anni dall'esplosione del reattore nucleare della centrale nucleare di Chernobyl, si è svolto in Aula un dibattito durante il quale è stata espressa la solidarietà dell'Europa alle vittime di allora e alle persone che subiscono tuttora le ricadute della contaminazione. Molti deputati si sono espressi a favore dell'abbandono della produzione energetica nucleare favorendo, invece, fonti alternative e più pulite. Dichiarazione della Commissione Andris PIEBALGS ha anzitutto sottolineato come, ancora oggi, si patiscono le conseguenze dell'incidente di Chernobyl. Ha poi ricordato che l'Europa, in questi venti anni, ha fornito un importante aiuto finanziario (mezzo miliardo di euro) ai paesi colpiti e alla centrale nucleare stessa ed ha promosso l'adozione di strumenti atti a garantire una migliore sicurezza nucleare. Inoltre, ha evidenziato che la catastrofe ha spinto la comunità internazionale a dotarsi di norme comuni volte a ridurre al minimo i rischi e a definire piani di reazione agli incidenti. Diverse convenzioni internazionali - cui l'Unione è parte contraente - sono quindi state firmate in questo senso. A livello comunitario, ha aggiunto, il Trattato Euratom tutela la salute dei cittadini e garantisce lo scambio di informazioni tra gli Stati membri. Sono stati inoltre adottati diversi atti legislativi, come quello relativo alle restrizioni delle importazioni e al controllo dei prodotti alimentari o quello che impone la definizione di piani d'urgenza e l'obbligo di informazione. L'Unione ha poi sostenuto finanziariamente l'ammodernamento delle centrali dell'Est europeo e la chiusura di alcune di esse. Il commissario ha poi accolto con favore la risoluzione del Parlamento del 15 marzo scorso in cui sono riconosciute le competenze europee in materia nucleare ed ha affermato che un gruppo di lavoro del Consiglio renderà noto, entro la fine dell'anno, una relazione sulla sicurezza nucleare. Interventi in nome dei gruppi politici Hans-Gert POETTERING (PPE/DE, DE) ha esordito affermando che l'incidente di Chernobyl è stata la peggiore tragedia continentale e che «è nostra responsabilità far sì che rimanga l'unica». Dopo aver espresso la propria solidarietà nei confronti delle vittime, passate e presenti, dell'incidente e dei soccorritori che si sono sacrificati per salvare altre vite umane, ha voluto sottolineare che l'esplosione del reattore è avvenuta nell'ambito si un esperimento militare. Ciò, a suo parere, rappresenta un ammonimento all'Europa quando si confronta sul nucleare con altri paesi dittatoriali. Per il deputato, inoltre, l'URSS ha agito in quell'occasione in spregio ai cittadini. Tuttavia, ha aggiunto, l'incidente di Chernobyl «non deve essere strumentalizzato politicamente per aprire un dibattito sul nucleare in quanto tale», la questione infatti deve rimanere quella di garantire la sicurezza. Dopo aver ricordato che l'UE fornisce un aiuto concreto, anche alla popolazione colpita, ha affermato che l'allargamento del 2004 ha contribuito a migliorare la sicurezza nucleare in Europa. In proposito, ha sottolineato che le nuove prospettive finanziarie prevedono dei fondi per la chiusura delle vecchie centrali. Il leader popolare ha poi posto l'accento sulla necessità di sforzi ulteriori in materia di ricerca, al fine di rendere ancora più sicure le centrali ed ha concluso esprimendo l'auspicio che l'UE si doti di una politica di approvvigionamento energetico sicura che non rinunci al nucleare. Per Martin SCHULZ (PSE, DE) occorre innanzitutto ricordare le vittime che soffrono in modo incommensurabile. Ha poi sottolineato che devono essere riconosciute le responsabilità storiche dell'URSS, trattandosi di una dittatura che, tacendo sull'incidente, ha consentito una perdita di tempo che avrebbe permesso di agire in modo più efficace. Per il deputato è quindi necessario porsi il problema del ricorso all'energia nucleare. Pur ammettendo che non vi è una visione unanime all'interno del suo gruppo e dicendosi favorevole all'abbandono dell'energia nucleare, ha sostenuto che «ognuno di noi deve decidere come rispondere agli interrogativi posti dall'incidente di Chernobyl». Al riguardo ha affermato che «non tutto ciò che è tecnicamente possibile è anche moralmente lecito», spiegando che se è vero che ci sono pochi incidenti è anche vero che quando accadono hanno effetti immensi. Occorre quindi optare per la soluzione che comporta i minori rischi. Citando i casi dell'Iran e dell'India, ha poi sottolineato che è difficile distinguere tra gli usi civili e militari del nucleare e che pertanto è necessario evitare abusi, anche se l'AIEA non è competente sugli aspetti militari. Il leader socialdemocratico ha poi stigmatizzato la «responsabilità degli Stati Uniti». A suo parere, infatti, sostenendo la politica della non negoziazione con le dittature che si dotano di armi di distruzioni di massa e, su questa base, muovono guerra all'Iraq ma non alla Corea del Nord che possiede armi nucleari, gli USA incoraggiano le dittature a dotarsi di un arsenale nucleare. Secondo Graham WATSON (ALDE/ADLE, UK), l'incidente di Chernobyl è stata la peggior catastrofe nucleare in Europa. Nell'esprimere la propria solidarietà alle vittime, ha esortato a riconoscere l'impatto serio dell'incidente ed ha stigmatizzato la divergenza dei dati sul numero di ammalati che ha prodotto. Per il deputato, Chernobyl, rappresenta il simbolo dei pericoli del nucleare ed è necessario lavorare con i paesi dell'Europa centrale e orientale per garantire la sicurezza dei vecchi impianti fino ad una loro chiusura il più presto possibile. Al riguardo, il deputato ha poi accolto con favore l'iniziativa della Commissione volta a promuovere le energie rinnovabili, sottolineando che l'Europa deve «riesaminare radicalmente» i suoi schemi relativi all'approvvigionamento e al consumo energetico, soprattutto alla luce degli sviluppi geopolitici. A suo parere, i soldi spesi per le energie verdi «non sono sprecati», al contrario, le tecnologie pulite sono in grado di creare nuova occupazione e ravvivare l'economia. Il leader liberaldemocratico ha quindi sottolineato che una maggiore efficienza energetica, combinata con le fonti rinnovabili potrebbe rispondere al 25% della nostra domanda energetica. Mentre maggiori investimenti in progetti come quelli sull'idrogeno potrebbero portare a un risparmio di petrolio del 13%. Ha poi rilevato la necessità di sviluppare le biomasse, di investire maggiormente nella sicurezza nucleare relativa alle centrali ma anche alle scorie, e di approfondire la ricerca sulla fusione nucleare. Claude TURMES (Verdi/ALE, LU) ha affermato che oggi è il giorno del ricordo delle migliaia di persone morte e delle centinaia di migliaia di individui che continuano a soffrire a causa dell'incidente di Chernobyl. Ha poi stigmatizzato che «la lobby nucleare» ha dichiarato che i decessi dovuti all'incidente siano stati solo 50, mentre lo studio dell'AIEA parla di 4.000 e più recenti studi indipendenti delineano una situazione molto più grave. A suo parere, inoltre, alle vittime va «riconosciuta la dignità» ed occorre quindi una trasparenza assoluta sulle conseguenze reali dell'incidente, senza interferenze negli studi d'impatto sulle radiazioni. L'Euratom va inoltre superato, poiché non è possibile che un organismo a favore del nucleare resti indipendente sugli aspetti sanitari. Anche i piani dell'industria nucleare, ai suoi occhi, devono essere più trasparenti. Il deputato ha poi aggiunto che il nucleare «non è la risposta alla sicurezza degli approvvigionamenti», poiché sarebbero necessario 7.000 centrali e anche perchè l'Europa non dispone del plutonio. Un incidente, ha proseguito, «non può mai essere escluso», mentre incombe anche la minaccia terrorista e la proliferazione delle armi nucleari come in Iran. Ha quindi concluso sostenendo che «una società può sopravvivere unicamente se impara le lezioni della Storia». Jonas SJÖSTEDT (GUE/NGL, SE) ha anzitutto sottolineato che, 20 anni dopo, l'incidente continua a causare malattie, mentre ampi territori sono tuttora inabitabili. Ricordando che la Svezia ha patito le ricadute della nube radioattiva, ha sottolineato che quello di Chernobyl non è stato l'unico incidente. Il nucleare «non è sicuro», ha detto sostenendo che, se in vent'anni sono stati attivati pochi impianti, molti dei vecchi sono ancora attivi e «sono i più pericolosi». Occorre quindi smantellarli. Il deputato ha poi evidenziato il problema delle scorie «che vengono lasciate alle prossime generazioni» e il costo elevato dell'energia nucleare, sia per la produzione che per la gestione, nonché il fatto che il combustibile non è inesauribile. Dicendosi favorevole ad eliminare la dipendenza dal petrolio, il deputato ha però precisato che ciò non deve essere realizzato tramite l'energia nucleare. Occorre invece, cercare alternative «verdi» e sostenibili, ridurre i consumi, investire nella ricerca e revocare il trattato Euratom. Georgios KARATZAFERIS (IND/DEM, EL) ha sottolineato l'incertezza dei dati circa i decessi causati dall'incidente e le conseguenze che esso continua a produrre. Ha poi rilevato l'enormità dei costi necessari a sostituire il sarcofago e il fatto che le sostanze radioattive permarranno in loco per numerosi anni. Il deputato ha poi criticato il fatto che continuano a costruirsi centrali sapendo che sono pericolose. Al riguardo, ha citato un nuovo impianto in Bulgaria, «che si trova a soli 1.000 chilometri da Roma», e tre centrali turche, alla cui realizzazione contribuiscono i tecnici responsabili di Chernobyl. Per il deputato è quindi necessario smantellare le centrali nucleari ed ha sottolineato la mancanza di nuove leve militari in Grecia a causa dei numerosi aborti verificatesi dopo l'incidente nella centrale di Chernobyl. Brian CROWLEY (UEN, IE) ha sottolineato la difficoltà a esprimere l'orrore sulle sofferenze patite dalle vittime ed ha reso onore ai soccorritori, «ormai dimenticati», che hanno sacrificato la loro vita per salvare i propri concittadini. Nonostante i progressi e le misure di sicurezza, ha aggiunto, i rischi sono ancora grandi, mentre è impossibile gestire le scorie. La migliore opzione, ha quindi affermato, «è lasciar perdere il nucleare e pensare a fonti alternative». Link utili Sito internazionale di informazione su
Chernobyl (inglese) Riferimenti Dichiarazione della Commissione - Vent'anni
dopo Chernobyl: insegnamenti per il futuro |
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I tempi di intervento a seguito degli incidenti stradali potrebbero essere dimezzati, mentre i decessi da essi causati potrebbero ridursi dal 5 al 10% se il Parlamento approva l'installazione del sistema eCall sulle vetture. Questo dispositivo, via satellite, indicherà al servizio d'emergenza più vicino il luogo esatto dell'incidente e dovrebbe entrare in funzione in tutta l'UE a vantaggio di 100 milioni di persone che ogni anno si spostano in macchina all'estero. Il programma eCall - che si iscrive nel quadro dell'iniziativa eSafety - consiste nell'attivazione di un servizio paneuropeo armonizzato di chiamata d'emergenza a bordo dei veicoli. In caso di incidente, il dispositivo eCall a bordo dell'automobile esegue una chiamata di emergenza trasmettendo i dati direttamente al servizio di soccorso più vicino. Il sistema può essere attivato manualmente ma, in caso di incidente grave, la chiamata è inoltrata automaticamente. Ha poi la capacità di fornire informazioni accurate circa l'ubicazione del luogo dell'incidente: il più vicino centro di raccolta delle chiamate di emergenza (Public Safety Answering Point, PSAP) è avvisato immediatamente e conosce esattamente la destinazione dei servizi di soccorso. Il sistema eCall sarà basato sul numero unico europeo di emergenza 112, armonizzato recentemente nell'intera UE. Al fine di migliorare l'ubicazione delle chiamate di emergenza, il 112 è integrato dall'E112 che dovrebbe consentire una localizzazione immediata della chiamata. Adottando la relazione d'iniziativa di Gary TITLEY (PSE, UK), il Parlamento rileva anzitutto come, nel 2004, ben 43.000 persone abbiano perso la vita in incidenti stradali nell'UE a 25. Inoltre, nota che il servizio/la funzione di chiamata paneuropea di emergenza a bordo dei veicoli, eCall, potrebbe salvare fino a 2.500 vite ogni anno e comportare una riduzione della gravità delle ferite anche del 15%. Il sistema, infatti, potrebbe consentire di ridurre i tempi di reazione agli incidenti del 40% circa nelle aree urbane e del 50% circa nelle zone rurali. I deputati, poi, si compiacciono del fatto che Grecia, Italia, Lituania e Slovenia abbiano firmato il protocollo d'intesa (PI) su eCall, aggiungendosi ai precedenti firmatari (Finlandia, Svezia e, recentemente, Cipro). Sentendosi poi incoraggiati dall'impegno di altri Stati membri che hanno già avviato la procedura per la firma del PI (Repubblica ceca, Danimarca, Paesi Bassi e Germania), invitano quelli che non l'hanno ancora fatto «a dare prova di volontà politica in tal senso». In proposito, la relazione sottolinea che, se si vuole la piena introduzione di eCall nel 2009, è importante che tutti gli Stati membri firmino il PI quanto prima possibile. Il PI mira, infatti, a garantire il funzionamento di eCall nell'UE e vincola gli operatori ad attuare il servizio congiuntamente sulla base dell'architettura e delle specifiche d'interfaccia comuni approvate. E' già stato firmato dalla Commissione europea, da ACEA per conto dell'industria automobilistica e dal partenariato multisettoriale ERTICO per conto dei suoi membri. Per i deputati, la completa introduzione di eCall dovrebbe essere sincronizzata con la fase pienamente operativa del sistema di posizionamento satellitare Galileo, che avrà inizio nel 2010. Ma sottolineano che, per compiere reali progressi, il PI dovrebbe essere convertito il più rapidamente possibile in una lettera d'intenti firmata da tutti i soggetti interessati. Le autorità degli Stati membri sono quindi sollecitate a conglobare le informazioni sul sistema eCall nei contenuti delle rispettive campagne pubbliche di sicurezza stradale. La relazione, d'altra parte, ricorda che la maggioranza degli Stati membri «ha tardato ad incoraggiare l'uso del 112 come numero unico europeo d'emergenza» e invita pertanto la Commissione a procedere ad una valutazione dell'attuazione, da parte degli Stati membri, della direttiva relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti, in relazione alla risposta e trattamento adeguati delle chiamate al numero di emergenza unico europeo, comprese le informazioni sull'ubicazione del chiamante. Gli Stati membri sono poi sollecitati a completare quanto prima l'attuazione dell'E112, a promuovere l'uso sia del 112 che dell'E112, e ad assumere iniziative per rendere disponibili presso i centri di raccolta delle chiamate d'emergenza (Public Safety Answering Points) le infrastrutture appropriate (formazione linguistica, disponibilità, identificazione dell'ubicazione e gestione delle chiamate) in modo da conformarsi alla normativa sul numero E112, «il che consentirà poi l'aggiornamento graduale per la gestione delle chiamate eCall». Prendendo atto del divario tra le stime della Commissione e quelle dell'industria sul costo del sistema eCall montato a bordo dei veicoli, la relazione sollecita un'analisi più approfondita dell'efficienza in termini di costi per ogni azione da intraprendere ai fini della realizzazione di eCall. Occorre poi studiare la possibilità di un'introduzione graduale e su larga scala del dispositivo attraverso la combinazione di sistemi montati sui veicoli e sistemi alternativi quali l'uso del telefono mobile del guidatore e della tecnologia Bluetooth, «prestando nel contempo un'attenzione particolare al diritto alla privacy di conducenti e passeggeri». Tutti i soggetti interessati sono inoltre invitati a collaborare alla definizione di incentivi volti ad accelerare l'introduzione del sistema eCall. I deputati, infatti, ritengono che l'elevato costo potenziale di eCall potrebbe escludere gli acquirenti di auto nuove (specialmente nel segmento più economico del mercato) che non sempre sono disposti o sono in grado di pagare l'intero costo del dispositivo. In particolare temono che il costo di eCall possa essere proibitivo per coloro che ne hanno maggiormente bisogno, ad esempio le persone che vivono in zone rurali o isolate. Infine, accogliendo un emendamento avanzato dal PSE, il Parlamento ritiene che, a termine, il dispositivo eCall dovrà applicarsi a tutti i veicoli, «compresi gli automezzi pesanti». Background Il numero di emergenza 112 è disponibile in tutti gli Stati membri. Tuttavia, il sistema di risposta e di gestione delle chiamate (PSAP) è operativo in soli 15 Stati membri, mentre negli altri 10 sono presenti carenze in ambito linguistico e/o organizzativo. Inoltre, sono 10 gli Stati membri che hanno completato il processo di ubicazione del chiamante (E112) e che hanno attivato in modo adeguato l'informazione e la promozione del 112. L'Italia ha firmato il protocollo d'intesa eCall, sta potenziando i servizi di soccorso ed è candidata per la sperimentazione. Link utili Comunicazione della Commissione su eSafety - "Mettere eCall a disposizione dei cittadini Riferimenti Gary TITLEY (PSE, UK) |
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Il ricorso agli aiuti di Stato deve essere un'eccezione, non la norma. E' quanto afferma il Parlamento evidenziando come gli aiuti all'innovazione debbano essere concessi solo a titolo temporaneo, in base a criteri razionali, allo scopo di supplire alle inefficienze del mercato e aiutare le regioni meno sviluppate. Tuttavia, alle PMI deve essere riservata una quota di aiuti maggiore e occorre sostenere la cooperazione tra università e imprese. Adottando la relazione di Sophia IN'T VELD (ALDE/ADLE, NL), che rappresenta la risposta al "Documento di consultazione sugli aiuti di Stato all'innovazione" presentato dalla Commissione nel settembre 2005, il Parlamento rammenta anzitutto che gli aiuti di Stato «dovrebbero rappresentare un'eccezione», ossia uno strumento volto a correggere gli squilibri che non possono essere affrontati con gli strumenti di politica abituali. Queste misure, inoltre, devono essere coerenti con quelle intese a ridurre le norme inutili, ad investire nell'istruzione e nella formazione, a fornire infrastrutture adeguate e a garantire una concorrenza leale. Ma anche con quelle volte ad agevolare l'accesso al capitale di rischio, a promuovere uno spirito imprenditoriale, a rimuovere gli ostacoli alla libera circolazione dei lavoratori e dei ricercatori all'interno dell'UE. Gli aiuti di Stato all'innovazione, per i deputati, devono essere complementari alle corrispondenti politiche comunitarie uniformi ed offrire un valore aggiunto «chiaro e misurabile» per i beneficiari diretti, nonché avere un impatto secondario sull'economia locale, regionale o nazionale intesa in senso ampio. I deputati propongono poi che siano ammessi a beneficiare degli aiuti di Stato i progetti che «forniscono benefici aggiuntivi o nuovi per i clienti, comportano rischi, sono intenzionali, offrono benefici trasmissibili e generano esternalità positive». Il Parlamento insiste inoltre affinché gli aiuti di Stato all'innovazione siano temporanei, concessi sulla base di criteri trasparenti e razionali, proporzionati, sottoposti a controlli rigorosi ed efficaci e a valutazioni d'impatto periodiche mediante analisi ex-post effettuate dagli Stati membri e dalla Commissione. I criteri per la concessione di sovvenzioni a favore dell'innovazione, poi, dovrebbero essere subordinati a vari fattori, quali le caratteristiche del settore economico, la struttura del mercato e il potere di mercato dell'impresa. Per il Parlamento occorre anche tenere conto della "lontananza dal mercato", ossia della fase "non commerciale" del processo di innovazione. In proposito, sottolinea che la crescente importanza dell'innovazione «non deve costituire un pretesto per accordare aiuti di Stato alle imprese». L'innovazione, infatti, essendo parte integrante di tutte le attività imprenditoriali, non merita di per sé aiuti di Stato che, al contrario, dovrebbero essere concessi unicamente «alle innovazioni che non possono essere finanziate con mezzi commerciali normali e che contribuiscono agli obiettivi globali della vita delle imprese e della società». Insistendo sulla necessità di trarre insegnamenti dalle esperienze negative e positive del passato, i deputati ritengono opportuno evitare concetti e regolamentazioni molto restrittivi e vedono con favore l'introduzione di norme ex-ante, «qualora fossero trasparenti, non discriminatorie e funzionali, e garantissero la certezza giuridica». Si compiacciono, inoltre, dell'approccio economico in materia di aiuti di Stato all'innovazione. D'altra parte, raccomandano di prevedere una data intermedia per la revisione del quadro nel caso in cui esso necessiti di miglioramenti ed insistono affinché ciò sia realizzato in stretta cooperazione con il Parlamento. Inoltre, è chiesto alla Commissione di fornire informazioni più dettagliate sui possibili effetti di distorsione degli aiuti di Stato e di prendere in considerazione quelli concessi dai concorrenti internazionali dell'UE, a livello sia settoriale che orizzontale, e dei loro possibili effetti di distorsione e di incentivo a livello globale. Particolare attenzione alle PMI Il Parlamento riconosce che le PMI e le start-up sono le più colpite dalle inefficienze del mercato e, al contempo, rileva che gli aiuti di Stato esercitano un effetto meno distorsivo quando sono concessi per attività lontane dal mercato o a favore di PMI e start-up. Inoltre, sottolinea l'esigenza di creare un ambiente propizio all'innovazione per le PMI, in modo da stimolare il loro potenziale di innovazione inutilizzato. In proposito, ritiene necessario accordare alle PMI «una quota di aiuti più significativa», vista la loro rilevanza e, allo stesso tempo, le limitate risorse finanziarie di cui dispongono. Occorre poi destinare con urgenza aiuti di Stato ad azioni di sostegno che motivino le PMI e riducano i rischi associati ai processi di innovazione tecnologica. Consapevoli che l'accesso delle PMI innovative al capitale di rischio è allo stato attuale considerevolmente limitato, principalmente nelle prime fasi del loro sviluppo, i deputati sostengono pertanto l'idea di utilizzare gli aiuti di Stato per attrarre gli investimenti di capitali privati verso i fondi regionali di capitale di rischio che operano come partenariati pubblico-privato. D'altra parte, sollevano dubbi quanto all'opportunità di concedere aiuti di Stato alle PMI per l'assunzione di personale altamente qualificato, «dal momento che tali imprese possono avere accesso a conoscenze e competenze specialistiche tramite i servizi di intermediari ed esperti». Ma, per i deputati, anche le grandi imprese sono «un elemento essenziale» del sistema di innovazione e, pertanto, pure ad esse vanno concessi aiuti di Stato tesi a aincoraggiare la cooperazione nei cluster d'innovazione e nei poli d'eccellenza (grandi imprese, piccole imprese, istituti di conoscenza), «a condizione che rispettino i criteri stabiliti dalle norme ex-ante». Rafforzare la cooperazione tra università e imprese Il Parlamento raccomanda che le università e i centri di ricerca prendano parte ai partenariati regionali pubblico-privato in qualità di "intermediari dell'innovazione", o cooperino strettamente con gli stessi. Ritiene, infatti, che ciò creerebbe un notevole effetto sinergico in grado di migliorare l'interconnessione tra le attività di ricerca e innovazione delle università e le necessità delle singole PMI innovative e dei gruppi imprenditoriali innovativi. Si dice poi convinto della necessità di rafforzare i legami fra imprese ed università intensificando, tra l'altro, la mobilità del personale di alto livello di tutte le specializzazioni tra le università e le imprese, in particolare le PMI, e reputa che gli aiuti, segnatamente tramite piani di accompagnamento, debbano incentivare tali legami. D'altra parte, è chiesto un ulteriore chiarimento delle modalità di applicazione delle norme sugli aiuti di Stato alle università e agli istituti di ricerca, quando sono impegnati in attività economiche. Aiuti di Stato, regionali e strutturali Il Parlamento ritiene che gli aiuti pubblici a carattere regionale e gli aiuti pubblici all'innovazione «siano complementari» e che dovrebbero concentrarsi nelle regioni meno sviluppate così da favorire la coesione economica e sociale. Sostiene, infatti, che in caso contrario «non si farebbe che incoraggiare la crescita delle regioni e dei paesi più sviluppati». Secondo i deputati, le maggiorazioni regionali sono inopportune se viene consentito il cumulo degli aiuti di Stato. Inoltre, sottolineano che i regimi di aiuto regionali, ogniqualvolta vanno ad aggiungersi agli aiuti di Stato a favore dell'innovazione, dovrebbero essere compatibili con le regole in materia di mercato interno e di concorrenza. Ai loro occhi, va poi attribuita un'importanza particolare alla definizione e all'ammissibilità degli aiuti di Stato a favore dell'innovazione per quanto riguarda le PMI regionali, «per le quali l'accesso all'innovazione riveste un'importanza vitale». La Commissione, inoltre è invitata a far sì che i regimi di aiuto regionali «siano più orientati al futuro», per consentire, in particolare, un sostegno agli investimenti immateriali. Dovrebbe poi garantire che i finanziamenti strutturali dell'UE non siano considerati aiuti di Stato illegali quando sono associati ai cofinanziamenti provenienti da altre fonti. Link utili Comunicazione della Commissione - "Documento di consultazione sugli aiuti di Stato all'innovazione" Riferimenti Sophia Helena IN'T VELD (ALDE/ADLE, NL) Fondi d'investimento: prospetto UE semplificato a tutela degli investitori Le norme sugli investimenti finanziari devono essere chiarite, consolidate e rese coerenti per evitare la discriminazione dei fondi comuni rispetto ad altri prodotti. E' quanto chiede il Parlamento sollecitando anche la definizione di un prospetto semplificato comune a tutta l'UE per garantire una corretta informazione agli investitori. I deputati auspicano un "passaporto" europeo dei prodotti finanziari e l'eliminazione degli ostacoli, anche fiscali, alle operazioni di pooling transfrontaliero. Gli OICVM (organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari) sono portafogli d’investimento collettivo costituiti appositamente al fine esclusivo di investire gli attivi raccolti dai risparmiatori. In applicazione della direttiva 85/611/CEE, la politica d’investimento e il gestore dell’OICVM vengono autorizzati solo se rispettano requisiti specifici. La legislazione che disciplina gli OICVM mira ad assicurare un determinato livello di protezione degli investitori tramite limiti rigorosi agli investimenti, requisiti in materia di capitale e di informativa, nonché l’affidamento di funzioni di custodia degli attivi e di sorveglianza sui fondi ad un depositario indipendente. Gli OICVM autorizzati in uno Stato membro possono avvalersi del cosiddetto “passaporto”, che li autorizza, previa notifica, ad offrire le loro quote ad investitori al dettaglio in qualsiasi altro Stato membro dell’UE. Adottando la lunga relazione d'iniziativa di Wolf KLINZ (ALDE/ADLE, DE), il Parlamento rileva anzitutto che la compresenza della direttiva sugli organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari, di quella sui mercati degli strumenti finanziari (cosiddetta MiFid), di quella sull'e-commerce e di altri strumenti normativi, «lasci eccessivi margini di interpretazione e richieda interventi chiarificatori e di consolidamento». Nel notare poi le differenze tra il grado di regolamentazione applicabile ai diversi prodotti d'investimento, chiede di garantire un elevato livello di trasparenza e di gestione dei conflitti di interesse, di imporre obblighi di notifica e di assicurare così un trattamento equivalente tra gli OICVM e i prodotti concorrenti. Inoltre, i deputati rilevano che non tutti gli obiettivi delle direttive OICVM sono stati ancora conseguiti in modo soddisfacente. In particolare quelli relativi alla garanzia della tutela dell'investitore e all'ampia diversificazione dei prodotti, alle eque condizioni di concorrenza ed all'aumento dell'efficienza e della competitività sul piano globale. Le diverse modifiche succedutosi, poi, non sono ancora state interamente recepite ed è quindi necessario seguire da vicino la trasposizione e l'interpretazione di tali direttive. Pur invitando la Commissione ad agire «con rapidità e vigore» per rimediare alle carenze constatate nei vari Stati membri, i deputati ritengono che, per conseguire gli obiettivi, sussista la necessità di modificare per alcuni aspetti la direttiva 1985/611/CE. Più in particolare, le modifiche dovrebbero riguardare il prospetto semplificato, la procedura di notifica, l'abolizione delle barriere fiscali alle fusioni e ai pooling transfrontalieri e, eventualmente, l'adattamento degli eligible assets (attività idonee) agli sviluppi di mercato. Un prospetto semplificato per tutta l'UE Il Parlamento constata che, nell'ambito della legislazione attuale, l'introduzione nei vari Stati membri del prospetto semplificato è avvenuta con modalità diverse e che in alcuni casi sono stati imposti rigorosi criteri supplementari a livello nazionale. I deputati, invece, propongono che il prospetto semplificato assuma la forma di un fact sheet, in modo da garantire trasparenza all'investitore, rispetti un formato europeo unico e sia consegnato all'investitore prima della conclusione del contratto. Il prospetto, deve contenere informazioni circa la natura e i rischi degli strumenti finanziari utilizzati che siano brevi, standardizzate, comprensibili e comparabili, della lunghezza di due o tre pagine redatte nella lingua nazionale. Vanno poi indicati il TER ("total expense ratio"), calcolato con criteri uniformi, e le commissioni di sottoscrizione. Dovrà inoltre presentare una descrizione chiara della strategia di gestione degli attivi (strategia di investimento) e i rinvii alle pertinenti sezioni del prospetto completo per le informazioni più dettagliate. La Commissione è invitata a tenere conto di queste proposte in sede di valutazione dell'attuazione della direttiva OICVM III e ad elaborare una modifica della direttiva 85/611/CE per quanto concerne gli elementi che devono figurare nel prospetto semplificato, «al fine di farne un testo legislativo europeo vincolante che preveda un prospetto semplificato totalmente armonizzato». Il Parlamento fa poi riferimento al principio sancito nella MiFid di un'opportuna e appropriata consulenza relativamente alla situazione finanziaria dell'investitore, che comprenda una valutazione dei rischi operativi. Rimarca inoltre l'importanza di un rafforzamento delle conoscenze degli investitori relativamente ai prodotti d’investimento, soprattutto quelli di nuovo tipo, e sollecita le autorità a livello statale, regionale e locale «a garantire l'insegnamento nelle scuole di nozioni basilari in materia di servizi finanziari e di investimenti». A loro parere, inoltre, i piccoli investitori, soprattutto coloro che investono per la prima volta, debbono essere informati in merito alle possibilità di reclamo e connesse responsabilità e, se previsto dal diritto nazionale, in merito alla possibilità di adire un ombudsman. Passaporti europei e pubblicità Il Parlamento sottolinea che l'armonizzazione del prospetto semplificato sia una condizione preliminare per l'introduzione di un efficace passaporto per i prodotti. Invita poi la Commissione a proporre una procedura nuova e semplificata di notifica, basata sul riconoscimento dell'autorizzazione concessa dalle competenti autorità dello Stato membro d'origine, sul riconoscimento reciproco del "passaporto prodotto" e sulla notifica da autorità ad autorità. Nel rilevare che attualmente le disposizioni in materia di pubblicità e di protezione del consumatore non sono uniformi, i deputati chiedono pertanto agli Stati membri e alle autorità di vigilanza di intensificare gli sforzi per sormontare tali problemi con soluzioni pratiche. A loro parere, inoltre, la pubblicità non deve essere fuorviante ed esortano quindi l'industria dei servizi finanziari e il settore della distribuzione a sviluppare ed implementare di propria iniziativa un codice di condotta volontario. La Commissione è poi invitata a adoperarsi per mettere a punto un vero passaporto per le società di gestione e, tal fine, andranno rafforzate le norme armonizzate applicabili alle società di gestione. In proposito, il Parlamento rileva che l'uso del passaporto società di gestione è già legalmente possibile in Italia e nel Regno Unito. D'altra parte, i deputati non ritengono che il "passaporto depositario" sia un'iniziativa praticabile nel breve periodo «finché non siano realizzati i presupposti per la sua introduzione, e segnatamente l'armonizzazione dei compiti e delle competenze del depositario». Standardizzazione del trattamento dei fondi e consolidamento transfrontaliero La relazione invita il settore a continuare a adoperarsi per la messa a punto di un modello europeo operativo, standardizzato e coerente per il trattamento dei fondi in un contesto sicuro, e a rendere così possibile un abbassamento dei costi. Tale iniziativa, per i deputati, «contribuirebbe allo sviluppo di standard comuni e uniformi». Il Parlamento rileva che le dimensioni e il numero dei fondi europei «non sono ottimali» e che un maggior grado di consolidamento «abbasserebbe i costi e/o incrementerebbe gli utili netti degli investitori». Sottolinea anche i benefici di una maggiore flessibilità e di una migliore qualità dei prodotti, soprattutto finalizzata a una maggiore competitività oltre frontiera, nel rispetto del diritto europeo della concorrenza. La Commissione è quindi invitata a proseguire la sua opera di identificazione ed eliminazione degli ostacoli che si frappongono alla realizzazione di un autentico mercato interno, in particolare per quanto concerne il trattamento delle fusioni transfrontaliere e delle diverse forme di pooling transfrontaliero. I deputati, in proposito, pongono l'accento sugli ostacoli fiscali, sulla limitata possibilità di sfruttare i vantaggi fiscali per i fondi esteri, sulla doppia imposizione «che di fatto grava su tali fondi» e sull'interpretazione delle fusioni e dei pooling transfrontalieri e nazionali come fatto fiscalmente rilevante. Giudicano quindi necessaria una nuova base giuridica e ritengono che la Commissione debba a tal fine ispirarsi ai principi della Decima direttiva sul diritto societario e alla direttiva sulla tassazione delle fusioni. Nel costatare, poi, che il settore desidera sviluppare il pooling transfrontaliero procedendo dalle attuali esperienze nazionali, quali le strutture master-feeder di Francia, Spagna e Lussemburgo, i deputati ritengono che occorra rendere chiari per l'investitore i costi totali (incluse le commissioni di sottoscrizione) che tali formule possono comportare. Occorre quindi operare per una maggiore convergenza normativa ed è necessaria una cooperazione tra i comitati in campo pensionistico. Rilevano, inoltre, la necessità di una modifica della direttiva 85/611/CE che autorizzi la struttura master-feeder. Il Parlamento, d'altra parte, sottolinea che, oltre ad un'armonizzazione fiscale, occorrerà anche garantire a monte una convergenza del quadro normativo e di vigilanza e che le misure di consolidamento transfrontaliero non devono tradursi in una posizione dominante di poche (grandi) società di gestione, con effetti distorsivi della concorrenza. Struttura della distribuzione Il Parlamento saluta in linea di principio con favore la creazione di una "architettura aperta" con canali di distribuzione concorrenti ed esorta il settore a sviluppare ulteriormente la distribuzione diretta via Internet «ma con adeguate salvaguardie per gli investitori». Tuttavia, si rammarica che in vari Stati membri la distribuzione e la vendita siano sovente a base locale, senza una vera concorrenza. Inoltre, esprime riserve circa la formazione dei prezzi, la trasparenza dei costi di distribuzione e le commissioni applicate dai distributori di fondi di terzi, ed invita quindi la Commissione ad esaminare tale problematica sotto il profilo del diritto della concorrenza. Si dice poi favorevole all'introduzione di norme comuni in materia di distribuzione e di consulenza per tutti i prodotti venduti agli investitori al dettaglio e, al riguardo, ritiene che gli operatori debbano dare alla clientela informazioni chiare sui costi generati dalla catena di valore. In seguito, nel sottolineare che gli obblighi di trasparenza devono applicarsi a tutti i prodotti concorrenti e non solo agli OICVM, il Parlamento reputa necessario definire chiaramente e portare a conoscenza del cliente le funzioni di gestione degli attivi, di pooling e di distribuzione, «nonché tutti i relativi costi e oneri». Politica d’investimento I deputati ritengono necessario estendere le tipologie di investimenti che rientrano nel settore OICVM, adattandole in funzione dei mutamenti e delle innovazioni intervenuti sul mercato e definendole in modo uniforme sul piano europeo. Giudicano poi necessario informare l'investitore di eventuali modifiche alla struttura degli investimenti che non rispettino l'allocazione strategica degli attivi del fondo precedentemente stabilita. Inoltre, appoggiano l’inclusione fra le attività idonee per investimenti dei fondi immobiliari (REIT) quotati, dei fondi di private equity e dei certificati ma invitano la Commissione a esaminare l’opportunità di includere una disposizione che comprenda anche i fondi di fondi speculativi nella direttiva 1985/116/CE. Investimenti in fondi non OICVM Il Parlamento rileva che fondi immobiliari, fondi speculativi (hedge funds) e fondi di copertura, fondi di private equity, certificati e fondi pensione non rientrano nell'ambito della direttiva OICVM e fa notare che gli investimenti in questa tipologia di prodotti sono sempre più diffusi. Invita quindi la Commissione a continuare il monitoraggio della situazione per quanto riguarda gli investimenti in fondi non OICVM e ad informarlo in tempi ravvicinati circa i vantaggi ed altre eventuali conseguenze di una regolamentazione per gli idonei investitori su questi strumenti. In questo esercizio, peraltro, dovrà considerare l'adozione l'introduzione di un regime unico europeo per il collocamento privato e uno studio su un meccanismo atto a rendere tali prodotti ammissibili per l’investimento al dettaglio nonché un quadro paneuropeo per gli investimenti indiretti in beni immobiliari. Gli Stati membri sono invece invitati a consentire il trasferimento totale o parziale della funzione di gestione degli attivi del fondo pensione ad altre imprese. Vigilanza Il Parlamento invita le autorità di vigilanza nazionali a una più stretta cooperazione, in particolare consentendo l'accesso alle informazioni alle omologhe autorità degli altri Stati membri, e rileva l'importanza della scelta strategica del sistema di vigilanza (arbitraggio di vigilanza). Al riguardo, nota che ciò riveste particolare importanza a causa della prevista crescita della vendita transfrontaliera di fondi a investitori non professionali, dell'espansione dei canali (elettronici) di distribuzione e di consulenza nonché dell'interesse manifestato dall'industria dei fondi e dai suoi partner finanziari nei settori bancario e assicurativo per un passaporto di società di gestione valido a livello europeo. La Commissione, infine, è invitata ad intrattenere contatti con le autorità di vigilanza di Paesi terzi, anche al fine di aggiornarli sui cambiamenti della legislazione europea e di assicurarli circa la qualità dei prodotti OICVM. Link utili Libro verde sul rafforzamento del quadro normativo relativo ai fondi d’investimento nell’UE Riferimenti Wolf KLINZ (ALDE/ADLE, DE) |
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L'Aula ha concesso il discarico del bilancio 2004 ma ha rinviato quello relativo al Parlamento al fine di chiarire la vicenda dell'affitto di due immobili a Strasburgo. I deputati criticano la gestione dei finanziamenti da parte degli Stati membri ma plaudono alle iniziative del Consiglio per migliorarla. E' anche chiesto di rivedere il sistema di controllo interno della Commissione e di migliorare il funzionamento delle agenzie. Rinviato il discarico del bilancio del Parlamento L'Aula ha concesso il discarico di bilancio 2004 delle Istituzioni e degli organismi UE, ma rinvia il proprio. Su richiesta del relatore Markus FERBER (PPE/DE, DE) e con l'accordo di tutti i gruppi politici, il Parlamento ha ritenuto opportuno disporre di ulteriori sei mesi per chiarire la situazione relativa agli importi versati per l'affitto di due immobili a Strasburgo. Relatore e rappresentanti dei gruppi hanno però precisato che, con questa iniziativa, non si rimette in causa la sede del Parlamento sancita dai trattati. Il discarico è stato quindi negato da 591 deputati, mentre 13 si sono astenuti e solo 3 hanno votato a favore. A norma del regolamento del Parlamento, se una proposta di concessione del discarico non ottiene la maggioranza, il discarico si ritiene rinviato e la commissione per i controlli dei bilanci dovrà presentare, entro il termine di sei mesi, una nuova relazione contenente una proposta di concessione o di rifiuto del discarico. Bilancio della Commissione Per il relatore Jan MULDER (ALDE/ADLE, NL) non è sufficiente affermare che un'azione è stata compiuta, «occorre poter dimostrare come è stata realizzata e chi è responsabile di dell'esecuzione». A tal fine, il Parlamento propone l'introduzione di "dichiarazioni nazionali di gestione", che dovrebbero essere firmate dalle autorità degli Stati membri incaricate di cogestire il bilancio comunitario assieme alla Commissione europea, assumendosi così la loro parte di responsabilità in caso di errori. Per il relatore, infatti, non spetta alla Commissione assumersi le conseguenze dei problemi che riguardano soprattutto gli Stati membri. Il Parlamento, d'altra parte, plaude alle iniziative adottate dal Consiglio per rafforzare la responsabilità degli Stati membri nel migliorare il controllo delle azioni condotte in gestione comune, allo scopo di conseguire una dichiarazione di affidabilità positiva. In proposito, apprezza in modo particolare l'impegno del Consiglio a redigere una sintesi annuale, al livello nazionale opportuno, degli audit e delle dichiarazioni disponibili. Si compiace che il Consiglio e la Commissione convengano sull'importanza di rafforzare i controlli interni. Ritiene, tuttavia, che tale obiettivo vada conseguito «senza accrescere l'onere amministrativo» e che la semplificazione della legislazione vigente ne sia pertanto una premessa. Per conseguire una dichiarazione di affidabilità positiva, inoltre, i deputati reputano che vada privilegiata una sana gestione finanziaria dei fondi gestiti in comune. A tal fine, ritengono che le disposizioni possano essere enunciate, se del caso, negli atti legislativi fondamentali interessati. Nell'ambito delle loro accresciute responsabilità per i Fondi strutturali e nel rispetto dei requisiti costituzionali nazionali, i deputati constatano che le autorità di revisione contabile competenti degli Stati membri procederanno a una valutazione circa la conformità dei sistemi di gestione e di controllo con la normativa comunitaria. Accolgono poi con soddisfazione il fatto che gli Stati membri si siano impegnati a redigere una sintesi annuale, al livello nazionale opportuno, degli audit e delle dichiarazioni disponibili. Con la riforma dell'amministrazione realizzata dall'ex commissario Neil Kinnock, i Direttori generali della Commissione europea devono stilare una relazione d'attività dei loro servizi. Secondo il Parlamento, questo sistema presenta delle lacune, visto che la qualità delle informazioni contenute nei rapporti non è verificata e nessuno ne assume la responsabilità. Di conseguenza, propone che siano il Segretario Generale della Commissione, il Direttore Generale al Bilancio e il revisore interno ad essere responsabili. Il Parlamento, infine, auspica che gli esiti delle verifiche sui conti sconosciuti relativi alle attività dalla Commissione saranno resi totalmente noti ai deputati e avranno un seguito. I conti dovranno essere inoltre sottoposti a revisione e i fondi accreditati sui conti dovranno essere assorbiti dal bilancio generale. Discarico delle altre Istituzioni e agenzie Il parlamento ha concesso il discarico anche a tutte le altre Istituzioni e organismi comunitari. Per quanto riguarda le agenzie, trattate dalle relazioni di Umberto GUIDONI (GUE/NGL, IT), fatte salve le riserve formulate dalla Corte dei conti per l'esercizio 2004 riguardo all'Agenzia europea per la ricostruzione, è constatato che, a seguito dell'ampliamento dell'UE, le strutture e le modalità di funzionamento sono state colpite. Il Parlamento auspica che la Commissione analizzi le difficoltà riscontrate o supposte e valuti gli adattamenti normativi necessari. Oltre a utilizzare bene e diligentemente le proprie risorse, le agenzie sono invitate ad «evitare per quanto possibile la duplicazione dei compiti delle varie agenzie e precisare le misure destinate a migliorare l'applicazione del principio di trasparenza nella comunicazione con il pubblico nonché le misure comunitarie di azione positiva in materia di genere a tutti i livelli di assunzione, formazione e assegnazione di responsabilità». Riferimenti Discussione congiunta - Discarichi relativi
all'esecuzione del bilancio generale dell'Unione europea per
l'esercizio 2004 |
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Il Parlamento ha adottato una relazione che pone anzitutto l'accento sulla necessità di garantire a tutti la possibilità di beneficiare dei nuovi servizi offerti dalla tecnologia digitale. A livello UE, inoltre, dovranno essere garantiti il pluralismo dell'informazione e la separazione fra il potere politico e gli interessi dei gruppi di mass media. L'intervento pubblico è il benvenuto, ma non deve falsare la concorrenza. Occorre anche garantire una televisione pubblica forte e indipendente. La relazione di Henri WEBER (PSE, FR) adottata dall'Aula sostiene che le nuove tecnologie audiovisive dovrebbero innanzitutto «permettere la diffusione di un'informazione plurale e di programmi di qualità», accessibili a un numero costantemente in crescita di cittadini. E' quindi essenziale che la società dell'informazione nel suo complesso, inclusi i servizi audiovisivi, «segua uno sviluppo sociale, regionale, culturale e linguistico equilibrato» e che, per evitare nuove forme di esclusione (la "frattura digitale"), «si garantisca a tutti i cittadini di poter beneficiare delle sue ripercussioni positive». Tenuto presente il ruolo della televisione, inoltre, le scelte tecniche e legislative della transizione non devono essere soltanto di natura economica ma anche di natura sociale, culturale e politica «per tutelare, tra l'altro, il servizio pubblico audiovisivo europeo». Per prevenire incidenze sociali negative, l'accompagnamento della transizione dovrà perciò essere incentrato principalmente sull'interoperabilità delle piattaforme e degli standard e, quindi, sugli interessi dei cittadini e dei consumatori. Piani di azione e misure specifiche nazionali Nel quadro delle misure specifiche da adottare a livello nazionale, il Parlamento raccomanda agli Stati membri di garantire maggiori informazioni ai consumatori sulle possibilità offerte dalle piattaforme digitali e sulle attrezzature necessarie nonché di assicurare che la transizione non implichi maggiori costi per il consumatore e venga effettuata senza perdita di servizio. Inoltre, all'aumento e alla diversificazione dell'offerta di servizi dovrà corrispondere la possibilità «per tutti» di utilizzarli e occorrerà compiere i dovuti sforzi in termini di educazione digitale ("alfabetizzazione digitale"). I poteri pubblici dovranno poi incoraggiare un'offerta di contenuti di qualità sulle reti televisive e garantire la diffusione dell'informazione pubblica. Inoltre, andrà sostenuto il ruolo che possono svolgere le collettività locali e regionali nello sviluppo delle televisioni locali nei settori dell'istruzione, della formazione professionale, della sanità e della promozione di contenuti culturali e turistici, come pure in materia di offerte sul mercato del lavoro a livello locale e regionale. Sarà anche necessario facilitare la diffusione, garantendo un accesso omogeneo di tutti i livelli territoriali alle infrastrutture destinate dei servizi audiovisivi. Particolare attenzione, infine, dovrà essere attribuita alle persone disabili. A livello UE: lotta alla pirateria, garanzia del pluralismo e interventi pubblici Il Parlamento suggerisce che, per lottare contro la pirateria, facilitata dal digitale, la Commissione prosegua i suoi lavori sull'armonizzazione del diritto d'autore. Dovrà quindi proseguire la sua attività di armonizzazione del diritto d'autore al più tardi entro la fine della fase transitoria, «al fine di facilitare la creazione di mercati legali on line con un'offerta europea specifica e combattere la pirateria». Per i deputati, il rispetto del pluralismo dell'informazione e della diversità di contenuti non sarà automaticamente garantito dall'aumento del numero di canali televisivi e radiofonici ma deve attuarsi attraverso una politica attiva e costante dei poteri pubblici. Tenendo presente l'impatto sociopolitico del contenuto dei programmi, il Parlamento chiede che sia garantito il pluralismo dell'informazione attraverso regolamentazioni comunitarie e nazionali che assicurino il rispetto della libertà di informazione e di espressione nonché «il rispetto dell'indipendenza e della libertà editoriale dei mezzi di comunicazione rispetto ai poteri politico ed economico». A tale proposito, i deputati ritengono necessario garantire un livello adeguato di concorrenza e di diversificazione della proprietà dei mezzi di comunicazione come pure «una stretta separazione fra il potere politico e gli interessi dei gruppi di mass media e di comunicazioni elettroniche». E' poi ribadita la richiesta del Parlamento alla Commissione di lanciare una discussione a livello europeo sul pluralismo e la concentrazione della proprietà dei mass media, in particolare mediante la pubblicazione di un Libro Verde su tale tema. I deputati, inoltre, plaudono al fatto che la Commissione abbia riconosciuto che la transizione potrebbe accumulare un certo ritardo se venisse lasciata interamente al gioco della concorrenza e che l'intervento pubblico presenti vantaggi quando prende la forma di regolamentazioni, di un sostegno finanziario ai consumatori, di campagne informative o di sovvenzioni destinate a superare una debolezza specifica del mercato o a garantire la coesione sociale o regionale. E' poi ricordato che è compito della Commissione sostenere gli Stati membri offrendo tempestivi chiarimenti sulle condizioni alle quali gli interventi pubblici sono compatibili con il diritto comunitario della concorrenza e, quindi, senza imporre l'obbligo di introdurre uno standard specifico. Gli eventuali interventi pubblici, sottolinea il Parlamento, «non devono falsare il gioco della concorrenza né essere discriminatori o privilegiare questo o quell'attore del mercato». Ritenendo poi necessario riunire le condizioni più favorevoli allo sviluppo dei nuovi servizi audiovisivi e di telecomunicazioni (TVAD, televisione mobile nonché servizi fissi e mobili a banda larga), i deputati insistono affinché la redistribuzione delle risorse dello spettro non venga lasciata esclusivamente alla legge della concorrenza e affinché vengano previste misure appropriate «in modo che le frequenze liberate si utilizzino principalmente per servizi innovatori, che presentino un'offerta di qualità e una diversità di contenuto». Servizi audiovisivi pubblici forti e indipendenti Per il Parlamento è nella complementarità dei supporti di diffusione che gli europei devono impegnarsi ad assicurare la permanenza e la neutralità tecnologica della missione di interesse generale del servizio pubblico televisivo. E' inoltre ricordato che il servizio pubblico di radiodiffusione ha l'obbligo di garantire l'accesso a tutti. Pertanto, ritiene che le disposizioni sull'accesso preferenziale alle reti di distribuzione per i servizi che hanno un obbligo di accesso universale, e in particolare le regole del "must carry" (obbligo di diffusione), debbano continuare a svolgere un ruolo importante dopo la transizione, contribuendo al pluralismo dei mezzi di informazione. In assenza di finanziamenti adeguati, i deputati ritengono che la radiodiffusione di servizio pubblico, messa in concorrenza con i grandi gruppi che arrivano sul mercato dell'audiovisivo, in particolare quelli della telecomunicazione, «non potrà continuare ad essere forte ed indipendente» né ad attirare un vasto pubblico e a generare risorse sufficienti per eseguire le missioni ad essa affidate. Attirano quindi l'attenzione sul fatto che la rimessa in causa di un sistema di radiodiffusione pubblico forte e indipendente «farebbe incombere una minaccia sul pluralismo, la libertà di espressione, la diversità culturale, l'accesso ai servizi audiovisivi e la democrazia». Background Il Consiglio dei Ministri UE delle Telecomunicazioni, nell'incontro svoltosi a Bruxelles il 1 dicembre, ha adottato la nuova strategia per accelerare la transizione dal sistema di trasmissione televisivo analogico a quello digitale terrestre. L'avvio del passaggio per tutti i Paesi membri è stato anticipato al 2008, ed è stata stabilita come data ultima per la fase di transizione il 2012. L'Italia per allinearsi alle decisioni dell'Unione europea, sposterà la data dello switch off dalla fine del 2006 al 31 dicembre 2008. Link utili
Comunicazione della Commissione sul riesame della situazione
relativa all'interoperabilità dei servizi di televisione digitale
interattiva Riferimenti Henri WEBER (PSE, FR) |
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Le lingue straniere dovrebbero essere studiate sin dalla più giovane età. E' quanto afferma la relazione adottata dal Parlamento sulla promozione del multilinguismo e dell'apprendimento delle lingue. La loro conoscenza, infatti, permette un miglior utilizzo del potenziale umano e favorisce la mobilità all'interno dell'UE. E' anche sostenuta l'introduzione di un indicatore europeo di competenza linguistica. L'italiano è la quinta lingua straniera più studiata in Europa. Ritenendo decisivo per realizzare l'Europa dei cittadini e la società della conoscenza che ogni cittadino disponga di capacità pratiche in almeno due lingue oltre alla lingua materna, il Parlamento invita gli Stati membri a promuovere la diffusione del multilinguismo. L'apprendimento di una sola lingua franca, infatti, è reputata insufficiente dai deputati. Occorre quindi incoraggiare politiche di apprendimento di una gamma di lingue più estesa di quella odierna e dare nuovo impulso all'insegnamento delle lingue, «anche mediante programmi di immersione linguistica». La Commissione dovrebbe poi promuovere campagne di informazione sui vantaggi derivanti dall’apprendimento delle lingue fin dalla giovane età. I deputati ricordano, infatti, che la capacità di comprensione e comunicazione in altre lingue oltre a quella materna ed il perfezionamento delle competenze linguistiche sono fattori importanti per il raggiungimento dell’obiettivo di un migliore utilizzo del potenziale umano in Europa. Tale capacità, inoltre, è ritenuta indispensabile per tutti i cittadini europei per favorire il pieno esercizio dei diritti e delle libertà derivanti dalla mobilità all’interno dell’Unione e per poter dar vita ad un mercato del lavoro realmente europeo. D'altra parte ritengono che l’indicatore di competenza linguistica è da considerarsi un utile strumento per raffrontare le capacità linguistiche dei cittadini dei vari Stati membri e per superare la grande diversità esistente nell’Unione in merito all’attestazione delle competenze linguistiche. Verso un indicatore delle competenze linguistiche Adottata dal Parlamento con 435 voti favorevoli, 22 contrari e 23 astensioni, la relazione di Manolis MAVROMMATIS (PPE/DE, EL) appoggia la Comunicazione della Commissione che propone di introdurre un indicatore europeo di competenza linguistica comune a tutti gli Stati membri. Tale indicatore mira a fornire un parametro preciso, affidabile e completo per la valutazione della padronanza delle lingue straniere, sulla base di appositi test obiettivi condotti su un campione di popolazione per valutare quattro competenze linguistiche (lettura, ascolto, produzione orale e scritta). Il Parlamento conviene con la Commissione che, in una prima fase, l’indicatore misuri le conoscenze linguistiche nelle cinque lingue più insegnate nei sistemi di istruzione e formazione dell’Unione, vale a dire inglese, francese, tedesco, spagnolo ed italiano. Consiglio e Commissione sono poi invitati a adottare le misure necessarie per estendere quanto prima possibile la prova ad un maggior numero di lingue ufficiali dell’UE, senza pregiudicare, comunque, l’insegnamento e lo sviluppo delle altre lingue non valutate nell’indicatore. Per quanto riguarda il contributo dato dagli Stati membri e dalle autorità regionali con competenza per la politica nel settore linguistico al pieno utilizzo dell'indicatore, inoltre, l'Aula condivide la proposta della Commissione di istituire un organismo costituito da rappresentanti degli Stati membri. Tale organismo dovrà fornire alla Commissione consulenza su tematiche politiche e a carattere tecnico, oltre a ogni tipo di sostegno tecnico, e provvederà al monitoraggio dei progressi che si registrano nell'applicazione dell'indicatore negli Stati membri e in quelle regioni che hanno competenza per la politica nel settore linguistico. E' infine ricordato che l’indicatore proposto non implica spese operative aggiuntive per il bilancio dell’UE, poiché la spesa prevista si iscrive nel quadro degli attuali programmi Socrates e Leonardo da Vinci e del nuovo programma integrato relativo all’apprendimento durante tutto l’arco della vita. Pertanto, i deputati invitano Commissione e Consiglio a dotare questo nuovo programma degli strumenti necessari per promuovere l'apprendimento delle lingue. Background - La conoscenza delle lingue straniere nell'UE La proposta contenuta nella comunicazione della Commissione rientra negli ordinamenti concordati dal Consiglio europeo di Barcellona nel marzo 2002, in occasione del quale i capi di Stato e di Governo hanno auspicato l'evoluzione dell'insegnamento delle competenze di base, tra cui almeno due lingue straniere, sin dall'infanzia, nonché l'introduzione di un indicatore di competenza linguistica. Da quanto emerge dai sondaggi di Eurobarometro (EB Special 237, 2005), mediamente il 50% dei cittadini europei dichiarano di essere in grado di partecipare ad una conversazione in una lingua diversa da quella materna. Tuttavia vi sono notevoli diversità fra i diversi Stai membri. L’Italia si colloca nelle ultime posizioni, dal momento che solo il 36% degli intervistati si dichiara capace di interagire in una lingua diversa dalla propria. Le lingue straniere più parlate in Italia sono l’inglese (29%), il francese (11%), il tedesco e lo spagnolo (4%). Con il 3%, l’italiano resta comunque fra i cinque idiomi più parlati come lingua straniera nell’Unione europea, dopo l’inglese (38%), il francese e il tedesco (14%) e lo spagnolo (6%). A Malta l’italiano è la seconda lingua straniera più parlata (60%), dopo l’inglese. E' la terza lingua più parlata in Croazia (12%), a Cipro (3%) e in Austria (8%), mentre è quarta in Grecia (3%). Link utili
Comunicazione della Commissione “L’indicatore europeo di
competenza linguistica” Riferimenti Manolis MAVROMMATIS (PPE/DE, EL) |
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Al termine del turno di votazione il Presidente ha annunciato che 6 eurodeputati italiani hanno rassegnato le dimissioni con effetto dal 28 aprile 2006 per accettare l'incarico di parlamentari nazionali a seguito delle elezioni politiche del 9 e 10 aprile scorsi: BERTINOTTI Fausto (GUE/NGL) Altri documenti approvati I risultati delle votazioni sono consultabili
sul
sito del Servizio Stampa del Parlamento europeo. |
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Lunedì 15 maggio 2006 (17:00 - 22:00)
Martedì 16 maggio 2006 (9:00 - 11:50, 15:00 - 17:30)
(12:00 - 13:00 ) Votazione
(15:00 - 17:30)
(17:30 - 19:00)
Mercoledì 17 maggio 2006 (9:00 - 11:20) Discussione prioritaria
(11:30 - 12:00) Votazione
(12:00 - 12:30)
(12:30 - 13:00) Votazione
(15:00 - 17:30)
(17:30 - 19:00)
(21:00 - 24:00)
Giovedì 18 maggio 2006 (10:00 - 11:50, 15:00 - 16:00)
(12:00 - 13:00) Votazione
(16:00 - 17:00)
(17:00 - 18:00) Votazione
L'ordine del giorno può subire modifiche. |
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Codici delle procedure parlamentari
Abbreviazioni - Gruppi politici: vedere di seguito
Gruppi politici
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