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RASSEGNA

 

25 - 28 settembre 2006

 

Strasburgo

 

 

 


Sommario

ALLARGAMENTO
LA TURCHIA ACCELERI LE RIFORME IN VISTA DELL'ADESIONE

GIUSTIZIA E AFFARI INTERNI
UNA POLITICA EUROPEA COERENTE PER L'IMMIGRAZIONE
ACCESSO LIMITATO AI DATI PERSONALI E SANZIONI PENALI PER I CONTRAVVENTORI

AFFARI ECONOMICI E MONETARI
CHIARIRE IL QUADRO LEGALE DEI SERVIZI D'INTERESSE GENERALE

AMBIENTE
MIGLIORARE LA QUALITÀ DELL'ARIA CON PIÙ AMBIZIONE E FLESSIBILITÀ
STOP ALL'INQUINAMENTO PER UN'ARIA PIÙ RESPIRABILE IN EUROPA

CONTROLLO DEI BILANCI
DISCARICO 2004: SÌ CRITICO ALL'ACQUISTO DEGLI EDIFICI DI STRASBURGO

RICERCA E INNOVAZIONE
SVILUPPARE LE NANOSCIENZE PER UNA MIGLIORE QUALITÀ DELLA VITA
NON PIÙ RITARDI SU GALILEO

ISTRUZIONE
DIMENSIONE EUROPEA NELL'ISTRUZIONE E QUADRO COMUNE DELLE QUALIFICHE PROFESSIONALI
PIÙ MOBILITÀ PER GLI STUDENTI E SVILUPPO DELLA FORMAZIONE PERMANENTE

POLITICA REGIONALE
VIA LIBERA AGLI ORIENTAMENTI STRATEGICI SULLA COESIONE

AGRICOLTURA
PIÙ GARANZIE SULL'ORIGINE DEI PRODOTTI BIOLOGICI IMPORTATI

PESCA
PIÙ TUTELE PER I PESCATORI COSTIERI
MAGGIORI CONTROLLI SULLO SPINNAMENTO DEGLI SQUALI

RELAZIONI ESTERNE
FORZE ONU E AIUTI UMANITARI IN DARFUR

DIRITTI UMANI
SCELTI I TRE FINALISTI DEL PREMIO SACHAROV 2006

ISTITUZIONI
APERTURA DELLA SESSIONE
ALTRI DOCUMENTI APPROVATI

ORDINE DEL GIORNO 11-12 OTTOBRE 2006

CODICI DELLE PROCEDURE PARLAMENTARI, ABBREVIAZIONI

DEPUTATI AL PARLAMENTO EUROPEO

 

ALLARGAMENTO


La Turchia acceleri le riforme in vista dell'adesione

Il Parlamento critica il rallentamento delle riforme in Turchia e chiede di valutare la capacità di assorbimento dell'Unione. Particolare preoccupazione è destata dalle restrizioni alla libertà di culto e di espressione e dalla negazione dei diritti delle donne. I deputati si augurano che il viaggio del Papa in Turchia contribuisca al dialogo interreligioso e interculturale. Reputano anche indispensabile che la Turchia riconosca il genocidio armeno, anche se non è una condizione per l'adesione.

Adottando con 429 voti favorevoli, 71 contrari e 125 astensioni, la relazione Camiel EURLINGS (PPE, NL), il Parlamento sottolinea anzitutto che il rafforzamento dei legami tra la Turchia e l'Unione europea «è di fondamentale importanza per l'UE, per la Turchia e per tutta la regione». Rammenta, d'altra parte, che la capacità dell'UE di integrare la Turchia mantenendo nel contempo l'impulso dell'integrazione «è un aspetto importante», nell'interesse generale dell'UE e della Turchia.

Pertanto, i deputati giudicano della massima rilevanza che l'Unione europea «fissi i presupposti istituzionali e finanziari a tempo debito per l'adesione della Turchia». E, a tale riguardo, ribadiscono che il Trattato di Nizza «non costituisce una base accettabile per ulteriori decisioni sull'adesione di nuovi Stati membri». Insistono quindi affinché le riforme necessarie «siano attuate nell'ambito del processo costituzionale». Ricordano poi che l'impatto dell'adesione della Turchia sul bilancio può essere pienamente valutato solo nel quadro delle prospettive finanziarie dal 2014 e attendono «con impazienza» che la Commissione europea presenti la relazione sulla capacità di assorbimento dell'Unione, prima del Consiglio europeo del dicembre 2006.

Per i deputati, inoltre, l'apertura di negoziati costituisce il punto di avvio di un processo duraturo, «che per sua stessa natura è aperto e non porta automaticamente e a priori all'adesione». A differenza dei precedenti negoziati, è anche precisato, «sarebbe necessario informare l'opinione pubblica europea continuamente e diffusamente in merito ai negoziati stessi e ai progressi della Turchia». Osservano peraltro che, nonostante l'obiettivo dei negoziati sia l'adesione della Turchia all'UE, «la realizzazione di tale ambizione dipenderà dagli sforzi di entrambe le parti». In proposito, ricordano che, in caso di grave e persistente violazione dei principi della democrazia, del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, dello stato di diritto e dei principi del diritto internazionale, la Commissione potrebbe raccomandare la sospensione dei negoziati al Consiglio. D'altra parte, il Parlamento ritiene che, indipendentemente dall'esito dei negoziati, le relazioni tra UE e Turchia «debbano garantire che la Turchia resti saldamente inserita nell'ambito di strutture europee».

A tale riguardo, i deputati deplorano il rallentamento del processo di riforma in Turchia, evidenziato «da persistenti carenze e progressi insufficienti» soprattutto nell'ambito della libertà di espressione, dei diritti religiosi e delle minoranze, delle relazioni civili/militari, dell'applicazione della legge in concreto, dei diritti delle donne, dei diritti culturali e della rapida e corretta esecuzione delle decisioni in materia giudiziaria da parte dei servizi statali. D'altra parte, accogliendo favorevolmente l'iniziativa del governo di riprendere il processo di modifica legislativa, con la presentazione al parlamento turco del nono pacchetto di riforme legislative, formulano una serie di suggerimenti.

La Turchia è quindi invitata a garantire l'uguaglianza dinanzi alla legge di tutti i cittadini turchi nel corso dell'intero procedimento giudiziario, compresa la fase investigativa, il processo, la sentenza e la detenzione, «senza deroghe per i funzionari del governo, il personale militare o i membri delle forze di sicurezza».

Dovrebbe inoltre abrogare o modificare, in tempi brevi, le disposizioni del codice penale che consentono interpretazioni arbitrarie da parte dei giudici e dei pubblici ministeri e conducono a sentenze contrarie alla libertà di espressione e alla libertà di stampa, «rappresentando pertanto una minaccia per il rispetto dei diritti umani e delle libertà, con ripercussioni negative sul progresso della democrazia».

Nel prendere atto dei miglioramenti apportati alla legislazione grazie agli sforzi compiuti dal governo turco, a partire dal 2002, con la politica di tolleranza zero nei confronti della tortura e della diminuzione dei casi di maltrattamento, i deputati sottolineano che occorrono misure attuative più efficaci, come evidenziato dal perdurare delle segnalazioni di torture e maltrattamenti commessi da funzionari di polizia e dall'impunità di cui spesso tali funzionari godono. Nutrendo «gravi preoccupazioni» in merito alla prosecuzione, «per non dire la rinascita», del ruolo dell'esercito nella società turca, sottolineano poi che la separazione costituzionale, netta e chiara, dei ruoli politici ed istituzionali tra civili e militari in Turchia «è una condizione necessaria per poter parlare in modo serio di adesione turca all'UE».

Il Parlamento rileva anche i progressi realizzati in materia di diritti delle donne, in seguito all'entrata in vigore del nuovo codice penale. Tuttavia, nota che il mancato rispetto dei diritti delle donne in Turchia «resta una questione molto preoccupante» e ribadisce la necessità di sforzi ulteriori «per sradicare le pratiche discriminatorie e la violenza contro le donne». La Turchia è quindi invitata a intensificare gli sforzi per garantire alle donne l'esercizio del diritto all'istruzione e alle opportunità di lavoro. I deputati, inoltre, prendendo atto di alcuni progressi nella lotta contro il crimine di onore, esprimono però la loro preoccupazione sul rapido aumento dei presunti suicidi di donne nel sud-est della Turchia. Nel prendere poi atto del dibattito sul velo in Turchia, e sottolineando che non esistono norme europee in materia, la relazione auspica che si trovi un compromesso sul foulard indossato sui capelli dalle studentesse nelle università.

I deputati deplorano anche l'assenza di progressi in materia di libertà di culto e rinnovavano l'invito rivolto alle autorità turche a compiere passi concreti per eliminare gli ostacoli che le minoranze religiose affrontano, segnatamente per quanto attiene al loro status giuridico, alla formazione del clero e ai diritti di proprietà. Nel condannare poi con forza l'assassinio del sacerdote e missionario italiano don Andrea Santoro, la relazione sollecita la tutela dei diritti fondamentali di tutte le minoranze e comunità cristiane in Turchia (ad esempio i greci di Istanbul, Imvros e Tenedos). D'altra parte, facendo proprio un emendamento proposto dal PPE/DE, il Parlamento esprime l'auspicio che la prossima visita del Papa in Turchia «contribuisca a rafforzare il dialogo interreligioso e interculturale fra il mondo cristiano e quello musulmano». Inoltre chiede che l'educazione religiosa sia volontaria per tutti e che ciò non riguardi soltanto la religione sunnita, e che a coloro i quali non intendono avvalersi dell'educazione religiosa sia offerto un insegnamento alternativo che affronti i valori, le norme e le questioni etiche.

Il Parlamento esprime profonda preoccupazione per le tensioni nel sud-est del paese ritenendole una grave minaccia per la pace e la stabilità della regione. Sottolinea quindi l'importanza di compiere ulteriori progressi al fine di assicurare che le riforme siano sostenibili e credibili. Condanna inoltre con fermezza la recrudescenza degli atti di terrorismo commessi dal PKK, al quale chiede di decretare e rispettare un cessate il fuoco immediato. D'altra parte i deputati, evidenziano l'esistenza di «numerosissimi processi» ancor oggi in corso ai quali sono sottoposti esponenti della società civile, nonché le pratiche quotidiane di intimidazione verso costoro, come ad esempio nei confronti di Mehdi Zana, marito del Premio Sacharov del Parlamento europeo, Leyla Zana.

Il Parlamento ribadisce il convincimento che una Turchia moderna, democratica e secolare, pur allineandosi progressivamente alle politiche degli Stati membri dell'UE, «potrebbe svolgere un ruolo costruttivo e stabilizzatore nel promuovere la comprensione tra civiltà e tra l'Unione europea e i paesi della regione circostante la Turchia», particolarmente il Medio Oriente. E, in tale contesto, si compiace della decisione del governo turco di partecipare ai corpi della pace ONU in Libano.

Accogliendo con 320 voti favorevoli, 283 contrari e 40 astensioni, un emendamento avanzato dal PSE e dall'ALDE/ADLE, il Parlamento ha soppresso il paragrafo in cui era chiesto alla Turchia di riconoscere il genocidio armeno, ergendo tale atto a «condizione preliminare» della sua adesione all'Unione europea. Tuttavia, sottolinea che, sebbene il riconoscimento del genocidio armeno in quanto tale non costituisca uno dei criteri di Copenaghen, «è indispensabile che un paese che si avvia all'adesione accetti e riconosca il proprio passato». Prendendo quindi atto della proposta della Turchia di istituire una commissione di esperti per superare la tragica esperienza, chiedono alle autorità turche di facilitare il lavoro dei ricercatori, degli intellettuali e degli studiosi che lavorano su tale questione, garantendo loro l'accesso agli archivi storici e fornendo tutti i documenti utili.  La Turchia è inoltre sollecitata a compiere, «senza condizioni preliminari», i passi necessari a stabilire relazioni diplomatiche e di buon vicinato con l'Armenia, a ritirare il blocco economico e ad aprire la frontiera terrestre quanto prima.

Esortandola a impegnarsi a favore di buone relazioni di vicinato, la relazione ricorda alla Turchia che deve astenersi da qualsiasi minaccia contro i paesi vicini nonché da attività militari che favoriscono la tensione e «potrebbero influenzare negativamente il processo di adesione». A tale proposito, i deputati citano la minaccia di "casus belli" nei confronti della Grecia in merito al suo diritto di determinare i limiti delle proprie acque territoriali e le continue violazioni dello spazio aereo nazionale greco.

I deputati, infine, ricordano alla Turchia che il riconoscimento di tutti gli Stati membri, compresa la Repubblica di Cipro, «è un elemento necessario del processo di adesione». Pertanto chiedono alla Turchia di prendere misure concrete per normalizzare quanto prima le relazioni bilaterali con Cipro, di dare piena attuazione alle disposizioni contenute nell'accordo di associazione e nel suo protocollo aggiuntivo nonché alle priorità derivanti dal partenariato per l'adesione. Particolare delusione è infatti espressa per il mantenimento dei divieti imposti a navi e aerei ciprioti in Turchia nonché del veto alla partecipazione della Repubblica di Cipro alle organizzazioni internazionali e agli accordi multilaterali. I deputati invitano quindi le autorità turche a mantenere un atteggiamento costruttivo per ricercare una soluzione globale della questione di Cipro nel quadro delle Nazioni Unite, accettabile sia per i greco-ciprioti che per i turco-ciprioti.

Dibattito in Aula

Intervento del relatore

Camiel EURLINGS (PPE, NL) ha sottolineato che il Parlamento, adottando la relazione sui progressi della Turchia, potrà influenzare la posizione della Commissione, anche se quest'ultima ha collaborato in modo costruttivo. Il deputato ha definito «giusta e severa» la propria relazione. Giusta perché «si basa sui fatti», severa poiché critica il rallentamento nel processo di riforma e sottolinea le lacune tuttora presenti nel Paese, in particolare per quanto riguarda le libertà di espressione e di religione.

A quest'ultimo proposito, ha esortato le autorità turche a restituire i beni confiscati a chiese e monasteri o ad offrire delle compensazioni, e le ha invitate a riaprire i seminari. Per il deputato, infatti, è importante che in Turchia sia facile costruire chiese cristiane quanto lo è aprire moschee in Europa.

Pur condannando il terrorismo, il relatore ha sottolineato che occorre sviluppare il dialogo nel sud-est del Paese. Ha poi posto l'accento sulla necessità che la Turchia rispetti il protocollo di Ankara, garantendo la libertà di circolazione ai beni e alle persone di Cipro. Nel ricordare il «disagio» che taluni hanno provato in merito ai paragrafi relativi al riconoscimento del genocidio armeno, ha difeso il testo licenziato dalla commissione parlamentare definendolo «fermo ma realistico».

Dichiarazione del Consiglio

Paula LEHTOMÄKI ha voluto sottolineare la necessità di incoraggiare i cittadini turchi e europei a svolgere un ruolo attivo nel processo di adesione ed ha affermato che la Presidenza terrà certamente conto delle osservazioni del Parlamento. Ha infatti sostenuto di condividere le preoccupazioni dei deputati in merito al rallentamento del processo di riforma e della sua attuazione e, in particolare, per quanto riguarda le libertà d'espressione e religiosa, i diritti delle donne e il problema della tortura.

Il Ministro poi, pur condannando il terrorismo, ha rilevato la necessità di sviluppare il dialogo nel sud-est del Paese ed ha sottolineato che le riforme dovranno garantire l'uguaglianza a tutti i cittadini turchi. La capacità di realizzare progressi, ha aggiunto, sarà valutata anche nell'applicazione del Protocollo di Ankara e la loro mancanza potrebbe avere ricadute negative su tutto il processo negoziale. I requisiti richiesti alla Turchia, ha concluso, sono gli stessi di quelli applicati per l'ultimo ampliamento e l'Unione continuerà ad aiutare il Paese. Ma i progressi dipendono dalla volontà turca.

Dichiarazione della Commissione

Olli REHN ha affermato che l'intenzione della Commissione è di consolidare l'allargamento dell'Unione con tutto il sud-est europeo. Occorre essere cauti in merito a nuovi impegni ma «pacta sunt servanda» e quindi tali paesi potranno aderire una volta che sarà accertato il rispetto dei criteri. Riguardo alla Turchia «l'obiettivo è la piena adesione» ma, ha precisato, «si tratta di un processo aperto, senza automatismi». Il commissario sottolineando quindi la fondatezza del progetto di relazione in esame, ha tuttavia rilevato che non bisogna dimenticare i progressi degli ultimi 10 anni. Una Turchia integrata nell'UE, stabile, democratica e prospera - ha aggiunto - è nell'interesse di tutti ed è quindi importante prendere nuove iniziative e ottenere risultati concreti prima dell'8 novembre, data alla quale la Commissione presenterà la propria relazione annuale.

Il commissario ha quindi stigmatizzato il fatto che è tuttora vigente l'articolo 301 del Codice penale che minaccia fortemente la libertà d'espressione in Turchia. In proposito ha peraltro affermato di non concepire «uno Stato membro dell'UE che non rispetta il principio fondamentale della libertà di espressione». Dopo aver accennato alla necessità di una riconciliazione con l'Armenia e all'importanza di garantire la libertà di religione, il commissario ha quindi sottolineato il clima di violenza nel sud-est del Paese che «mina gli sviluppi positivi degli ultimi anni».

Condannando il terrorismo - «nemico comune dell'UE e della Turchia» - ha affermato che una politica fondata unicamente su considerazioni legate alla sicurezza non è sufficiente e che la Commissione si aspetta l'adozione di una strategia volta ad affrontare i bisogni della regione. Chiamando al rispetto del protocollo di Ankara, ha quindi concluso sostenendo che «è nostro interesse reciproco che il processo di adesione prosegua», affinché la Turchia rappresenti un baluardo della civilizzazione.

Intervento in nome dei gruppi

Elmar BROK (PPE/DE, DE) ha anzitutto voluto sottolineare che il progetto di relazione all'esame dell'Aula «è equilibrato». Dei negoziati sono in corso, ha aggiunto, e devono essere portati avanti in modo costruttivo. Sostenendo poi la prospettiva europea della Turchia, ha tuttavia sottolineato che persistono delle lacune nel processo di riforma. Secondo il deputato, per aderire all'UE è necessario rispettare i criteri e dare seguito agli impegni. Tuttavia, ha concluso, è anche molto importante che l'UE abbia la capacità istituzionale e finanziaria di procedere ad un ulteriore allargamento.

Per Jan WIERSMA (PSE, NL), la Turchia è un partner importante nella regione e dev'essere ancorata all'UE. Per tale ragione occorre sostenere i riformatori. E' necessario negoziare con la Turchia attraverso un dialogo critico ma costruttivo, ha aggiunto, avendo l'adesione come obiettivo finale. Pur riconoscendo che vi sono ritardi nell'attuazione delle riforme ed esprimendo preoccupazione per le lacune persistenti, il deputato ha deplorato l'approccio del progetto di relazione. La questione armena, ha affermato, non deve diventare una precondizione per l'adesione, mentre occorre che la Turchia ratifichi il protocollo di Ankara.

Anche Andrew DUFF (ALDE/ADLE, UK) ha criticato l'approccio del progetto di relazione. A suo parere, infatti, il ruolo del Parlamento nel processo di adesione dovrebbe essere di promuovere la crescita della democrazia parlamentare e, pertanto, le sue critiche devono essere costruttive al fine di incoraggiare la modernizzazione del Paese. Occorre poi essere «coerenti, giusti ed equi» per quanto riguarda le questioni cipriota e armena. Il deputato ha quindi sottolineato l'importanza per l'UE della candidatura turca che, se volge all'insuccesso, «allontanerebbe l'Islam e la Cristianità, per tornare ai secoli bui». Ha poi concluso sostenendo che la Turchia potrebbe dare un contributo fondamentale allo sviluppo della politica estera e di difesa comune.

Pur condividendo la serie di rilievi formulati nei confronti della situazione in Turchia, anche Joost LAGENDIJK (Verdi/ALE, NL) ha lamentato lo squilibrio del progetto di relazione nei pragrafi dedicati alle questioni cipriota e armena. Ha quindi annunciato all'Aula di aver presentato una serie di emendamenti tesi propri a ristabilire questo equilibrio. Una relazione che, a suo parere, deve essere «critica e equa» per far sì che il Parlamento appoggi coloro che lottano per far progredire la Turchia e non, come adesso, gli oppositori alle riforme.

Vittorio AGNOLETTO (GUE/NGL, IT), dopo aver ricordato che il suo gruppo ha votato a favore dell'apertura dei negoziati con la Turchia, ha sottolineato che al centro di questi negoziati «debba esserci l'attenzione al rispetto dei diritti umani e della democrazia» e che questo rispetto «debba essere legato in modo indissolubile alla soluzione politica e diplomatica della questione curda». Facendo riferimento alla sua partecipazione alla missione della sottocommissione per i diritti umani in Turchia, ha affermato di aver trovato nel Kurdistan turco «una situazione drammatica .... in una zona totalmente militarizzata ».

Un conto, ha aggiunto, «è la condanna da parte di tutti noi del terrorismo», altro «è considerare un popolo intero terrorista, incarcerare ragazzini minorenni solo perché hanno salutato con le dita a "V", continuare nella logica delle torture e spostare quei magistrati che indagano su poliziotti ritenuti responsabili di un attentato». Come Parlamento, ha quindi detto «dobbiamo appoggiare la richiesta del DTP per la cessazione del fuoco e invitare il PKK a rispondere positivamente a questo appello». Al governo turco, inoltre, deve essere chiesto di avviare direttamente dei colloqui col DTP per trovare una soluzione politica, in quanto non è possibile alcuna altra alternativa.

Il deputato ha quindi accennato ai problemi legati alla libertà d'espressione, sostenendo che, pur avendo gioito per la soluzione del caso di Elif Shafak, come in precedenza per Pamuk, «questo rischia di essere uno specchietto delle allodole unicamente per l'occidente» visto che «vi sono almeno altri ottanta tra scrittori e giornalisti che sono sotto processo». Ha poi stigmatizzato il fatto che il parlamento turco abbia approvato nella sua formulazione originale la legge antiterrorismo, «nonostante il parere in direzione opposta espresso non solo dall'Europa, ma anche dalle Nazioni Unite», come pure la permanenza di settemila guardiani del villaggio nella regione di Hakkari in Kurdistan, che rispondono direttamente al governo.

Ha quindi concluso chiedendo l'impegno a proseguire i negoziati con la Turchia, ponendo però al centro i diritti umani «e non unicamente, dibattiti ideologici o interessi economici». Il futuro può prevedere un'Europa «multietnica e multireligiosa» ma, ha ribadito, «sempre nel rispetto dei diritti umani».

Per Konrad SZYMAŃSKI (UEN, PL) il progetto di relazione è sì «freddo in molti punti», ma rappresenta anche la realtà. Dopo quaranta anni, ha aggiunto, la Turchia è ancora in conflitto con i paesi confinanti, tra i quali figurano alcuni Stati membri. Sottolineando poi la «tragica situazione delle minoranze cristiane» in Turchia, ha sostenuto il diritto dell'UE di chiedere alla Turchia miglioramenti nel loro trattamento. Il deputato ha quindi definito «scandalose» le reazioni di alcuni membri del governo turco alla lettura del Papa di Ratisbona. «Per compiacere le frazioni islamiche estreme», ha affermato, «la Turchia ha fatto due passi indietro». Ha poi aggiunto che la cooperazione con la Turchia può anche realizzarsi senza giungere all'adesione e, in proposito, ha lamentato il fatto che l'UE acceleri i negoziati con la Turchia mentre frena le discussioni con l'Ucraina.

Bastiaan BELDER (IND/DEM, NL) ha sottolineato la «flagrante mancanza di libertà di religione» in Turchia e il fatto che gli appartenenti alle minoranze religiose siano trattati come stranieri in Patria. Ha anche accennato all'assassinio di padre Santoro.

Interventi dei deputati italiani

Antonio TAJANI (PPE/DE, IT) ha voluto soffermarsi sul tema del dialogo interreligioso che, in questi giorni, «si trova sotto i riflettori di tutto il mondo per quello che è accaduto, per le polemiche che ci sono state, per l'attenzione che è stata rivolta alle parole pronunciate da Benedetto XVI in Germania e per le reazioni del mondo islamico». Ha quindi ricordato che la vigilia si è tenuto un incontro a Castel Gandolfo «che ha dimostrato quanto sia importante per tutti noi il dialogo costruttivo e positivo tra i rappresentanti di religioni diverse, ovvero tra cristiani e musulmani».

L'incontro, ha spiegato, si è basato sul principio di reciprocità, secondo cui è diritto di ogni parte sostenere la propria tesi, difendere i propri valori, poter manifestare il proprio credo, «per i musulmani dove sono in maggioranza i cristiani, e per i cristiani dove sono in maggioranza i musulmani». All'incontro con il Papa, ha aggiunto, era presente anche l'Ambasciatore turco e si è parlato a lungo di questi temi e, per tale ragione, è «di fondamentale importanza il viaggio che Benedetto XVI svolgerà in Turchia» perché «favorirà il dialogo tra cristiani e musulmani, tra una maggioranza musulmana e una minoranza cristiana, sia essa cattolica, protestante od ortodossa, che vive in Turchia».

Il deputato ha poi informato di aver presentato un emendamento - sostenuto anche dal relatore a da altri colleghi- che intende «incentivare il dialogo tra cristiani e musulmani, tra cristianesimo e islam». «Lasciamo fuori l'estremismo, isoliamo i fondamentalisti», ha esclamato, «e dialoghiamo tra chi veramente vuole costruire la pace in Medio Oriente e in Africa». Ha quindi concluso sottolineando che «è interesse della stessa Turchia» sostenere le riforme e favorire il dialogo tra cristiani e musulmani. I progressi di questo paese nel cammino verso l'Unione europea, infatti, «si misurano soprattutto dai risultati ottenuti nel dialogo interreligioso, nel rispetto dei diritti delle minoranze e nel rispetto dei diritti civili di tutti coloro che vivono in Turchia».

Francesco SPERONI (NI, IT), ricrodando che il Primo Ministro turco ha «pesantemente criticato la lezione tenuta dal Pontefice all'Università di Ratisbona», ha sottolineato che si trattava di una lezione «basata sulla religione con fondamenti di teologia e non di politica» e il fatto che sia stato il Primo Ministro e non un esponente religioso turco a criticare il Papa, «denota come in quel paese ci sia ancora una commistione inaccettabile fra sacro e profano, fra politica e religione». Non c'è, insomma, «quella separazione cui siamo abituati nella nostra Unione europea». Questa confusione, per il deputato, fa sì che, anche per questo motivo, «la Turchia non debba entrare nell'Unione europea». Ma il motivo principale che non sarà mai eliminabile, ha concluso, è che «la Turchia non deve entrare nell'Unione in quanto la Turchia non è geograficamente in Europa».

Per Pasqualina NAPOLETANO (PSE, IT), la valutazione dei progressi della Turchia nel processo di adesione all'Unione dovrebbe concentrarsi maggiormente sul merito delle valutazioni proprie ai criteri stabiliti a Copenaghen e dei dossier legati all'acquis comunitario. Occorre quindi evitare «di introdurre diversivi, nuovi criteri che non aiutano un processo già di per sé difficile, che richiede da parte nostra trasparenza, coerenza ed obiettività». Per tale motivo, ha affermato di condividere il paragrafo sulla questione del genocidio armeno, così come proposto dal relatore.

La deputata, sottolineando quindi il ruolo cruciale della Turchia in quell'area, ha sostenuto la necessità di «incoraggiare gli sforzi di quanti lavorano per una Turchia democratica e pacifica». A suo parere, occorre quindi «essere puntuali nei giudizi» e «richiedere al governo turco, all'insieme degli apparati e delle istituzioni, alla società turca, di impegnarsi a fondo su temi rispetto ai quali i progressi devono essere più significativi e costanti». In particolare, sui diritti civili, politici e sociali, le libertà di espressione, i diritti delle minoranze e delle donne.

Nell'auspicare poi una ferma condanna per il terrorismo e l'applicazione del protocollo di Ankara nei tempi stabiliti, ha quindi concluso rivolgendo l'invito ad attenersi al merito nonché ad essere «credibili ed efficaci» per continuare ad influenzare positivamente gli sviluppi interni della Turchia e il suo ruolo esterno di stabilizzazione pacifica «in un'area esplosiva dove sono concentrate le più gravi minacce alla pace».

Lapo PISTELLI (ALDE/ADLE, IT), non volendo soffermarsi ulteriormente sulle «buone ragioni» che hanno spinto a votare a favore dell'avvio dei negoziati con la Turchia per arrivare un domani all'adesione, ha sottolineato che, oltre ai ritardi nella realizzazione delle riforme, è aumentata la freddezza delle opinioni pubbliche nei confronti dell'adesione. Dicendosi quindi contrario «ai matrimoni combinati», ha posto l'accento sul fatto che «il governo turco deve compiere sforzi maggiori nelle proprie riforme e anche nella diffusione presso la propria società».

Osservando poi come la relazione sia «molto dura» in questo senso, ha comunque sottolineato che «è giusto che il negoziato sia duro e leale». Tuttavia anche in Europa cresce lo scetticismo sull'ulteriore allargamento dopo Bulgaria e Romania «se le regole non cambieranno». E si tratta di uno scetticismo, ha ammonito, «che rischia di travolgere anche i Balcani occidentali». Per questo motivo, ha concluso, «non dobbiamo bloccare l'allargamento ma rilanciare piuttosto la riforma delle regole». La domanda sulla Turchia è, infatti, «anche una domanda su ciò che vogliamo essere».

Per Marco CAPPATO (ALDE/ADLE, IT), la relazione e il dibattito sono «il segno di un'Europa che si chiude» ed ha esortato alcuni dei colleghi ad avere il coraggio di dire più apertamente che ritengono l'Europa «un fatto e uno spazio religioso» e, quindi, «la morte dell'Europa politica». Ha invece affermato che, al contrario, ha sempre creduto che le ragioni di ispirazione e della nascita e il sogno federalista europeo, «fossero proprio di allargare lo spazio di Stato di diritto e di democrazia». «E' questa la grande offerta che dovremmo fare alla Turchia», ha detto, «proprio in un momento in cui il fondamentalismo islamico cresce nel mondo».

E questa dovrebbe essere concretizzata in una relazione per accelerare il processo di adesione. Solo in questo caso, ha spiegato, «le critiche, anche le più dure, potrebbero avere un senso». Ha invece sottolineato che non si sta configurando la piena adesione della Turchia, ma piuttosto accordi di cooperazione rafforzata, «tutte cose che non hanno dalla loro parte la forza del messaggio politico e della piena adesione». Il deputato ha quindi ammonito che, se si seguirà questa strada, «indicata purtroppo anche dal Presidente Barroso nelle sue dichiarazioni», «non avremo solo la responsabilità di allontanare la Turchia, ma anche di allontanare l'Europa politica».

Replica del Consiglio

Paula LEHTOMÄKI ha ribadito che il Consiglio ha più volte sottolineato la necessità per la Turchia di rispettare i criteri d'adesione ed ha affermato che la Turchia è ben cosciente della sfida. Ha quindi nuovamente sostenuto che la Turchia deve ratificare il Protocollo di Ankara e che è importante trovare una soluzione globale alla questione cipriota, anche nel quadro dell'azione dell'ONU.

Replica della Commissione

Louis MICHEL ha affermato che la relazione che la Commissione presenterà l'8 novembre «sarà rigorosa, obiettiva e senza accondiscendenza» e terrà conto dei dati forniti dalle autorità turche, dalle ONG e dagli organismi internazionali. Per il commissario, «l'UE ha bisogno della Turchia come polo di pace, democrazia e prosperità» e l'attualità dimostra ogni giorno l'importanza strategica del Paese.

La Turchia deve accettare il pacchetto di riforme concordate, bisogna dargliene l'opportunità senza cambiare le regole in corso d'opera. In proposito ha quindi voluto ricordare che il processo durerà ancora diversi anni e, pertanto, «è ingiusto fare un fermo immagine sulla situazione attuale». D'altra parte, pur sottolineando il dovere della memoria, il commissario ha sottolineato che la questione armena non è mai stata posta come condizione per l'adesione e, sollevarla ora, sarebbe vista come un pretesto per bloccarla. La riconciliazione, ha concluso, è un processo interno che non può essere imposto dall'esterno.

Link utili

Risoluzione del Parlamento europeo del 28 settembre 2005 sull'apertura dei negoziati con la Turchia

Riferimenti

Camiel EURLINGS (PPE, NL)
Relazione sui progressi compiuti dalla Turchia in vista dell'adesione
Procedura: Iniziativa
Dibattito: 26.9.2006
Votazione: 27.9.2006

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GIUSTIZIA E AFFARI INTERNI


Una politica europea coerente per l'immigrazione

Il Parlamento chiede che l'UE si doti di una politica trasversale che, garantendo la sicurezza delle frontiere, contempli anche l'apertura di canali di immigrazione legale, l'integrazione dei migranti e l'aiuto ai paesi d'origine. Scettico sull'utilità a lungo termine delle regolarizzazioni di massa, sollecita maggiore assistenza per gli Stati confrontati ai flussi migratori e l'adozione della direttiva sui rimpatri. Vanno modificati i principi sullo Stato responsabile delle domande d'asilo.

Con 295 voti favorevoli, 271 contrari e 14 astensioni, il Parlamento ha adottato una risoluzione comune - sostenuta da PSE, ALDE/ADLE, Verdi/ALE e GUE/NGL - che nota anzitutto la mancanza di una politica europea coerente in materia di immigrazione. Ritiene quindi che l'Unione europea debba adottare un approccio trasversale per una politica dell'immigrazione che comprenda il partenariato con i paesi terzi, la sicurezza delle frontiere esterne per lottare contro il traffico degli esseri umani e una politica equa in materia di rimpatri. Tale politica, inoltre, deve anche contemplare l'apertura di canali di immigrazione legale, incoraggiare l'integrazione dei migranti nella società di accoglienza e consentire il co-sviluppo dei paesi d'origine al fine di rispondere alle cause profonde dell'migrazione.

Facendo proprio un emendamento proposto dai Verdi, il Parlamento afferma che ritiene che la massiccia immigrazione «sia la conseguenza di economie mal funzionanti, impoverimento della popolazione, violazione dei diritti umani, degrado ambientale, divario crescente fra paesi ricchi e paesi poveri, guerre civili, guerre per il controllo delle risorse naturali, persecuzioni politiche, instabilità politica, corruzione e dittatura in molti dei paesi d'origine».

Visti l'emergenza umanitaria in vari Stati membri situati alle frontiere meridionali dell'Unione europea, «dove migliaia di migranti sono morti nelle acque del Mediterraneo», e il massiccio afflusso di immigrati, il Parlamento riconosce i drammi umani e le difficoltà che alcuni Stati membri si sono trovati ad affrontare nella gestione dei massicci flussi migratori degli ultimi anni e deplora «gli elevatissimi costi umanitari». Ritiene quindi che la ripartizione delle responsabilità e degli oneri finanziari tra gli Stati membri debba costituire «parte integrante» della politica dell'Unione europea in materia di immigrazione e del regime comune europeo in materia di asilo.

L'Unione europea dovrebbe quindi assumersi un ruolo più ampio nella gestione delle emergenze umanitarie connesse ai flussi migratori e ai richiedenti asilo. Pertanto i paesi interessati devono usufruire dell'accesso all'assistenza tecnica e ai finanziamenti previsti dai fondi e dai programmi comunitari (come ARGO, il Fondo europeo per i rifugiati, il Fondo europeo per le frontiere esterne, il Fondo europeo per l'integrazione e il Fondo europeo per i rimpatri per il periodo 2007-2013).

La Commissione, inoltre, deve proporre al più presto la creazione di un fondo d'emergenza per finanziare "team di esperti di sostegno" che forniscano un'assistenza concreta al momento dell'accoglienza alle frontiere e nell'affrontare le crisi umanitarie negli Stati membri. Dovrebbe poi integrare nei nuovi fondi per il periodo 2007-2013 un meccanismo d'emergenza che consenta di fornire assistenza finanziaria nelle situazioni d'urgenza. Per i deputati, d'altra parte, occorre poi mettere a disposizione maggiori risorse per le ONG che operano sul campo,

Il Parlamento sottolinea, inoltre, che qualsiasi approccio globale all'immigrazione deve offrire possibilità concrete di immigrazione legale nell'Unione europea e predisporre piani precisi per lo sviluppo e gli investimenti nei paesi di origine e transito, compresa l'elaborazione di politiche commerciali e agricole che promuovano opportunità economiche, anche per evitare «una massiccia fuga di cervelli».

Ricorda, in proposito, che la politica europea deve anche essere accompagnata da una politica di integrazione che preveda, fra l'altro, un'integrazione regolare nel mercato del lavoro, il diritto all'istruzione e alla formazione, l'accesso ai servizi sociali e sanitari nonché la partecipazione degli immigrati alla vita sociale, culturale e politica. E, al riguardo, ritiene che nell'Unione europea sia inammissibile che delle persone vengano sfruttate in un contesto di lavoro forzato e che, pertanto, gli Stati membri debbano garantire che pratiche del genere non possano esistere.

D'altra parte, pur rendendosi conto che, in assenza di una politica comune dell'Unione europea in materia di immigrazione, gli Stati membri possono adottare approcci differenti «al problema della presenza di centinaia di migliaia di immigrati clandestini che lavorano illegalmente e senza alcuna protezione sociale», ritiene tuttavia «che la regolarizzazione in massa degli immigrati illegali non costituisca una soluzione nel lungo termine, dal momento che tali misure non risolvono i veri problemi di fondo». Facendo proprio un emendamento avanzato dal PPE/DE, inoltre, il Parlamento ribadisce che qualsiasi decisione di allentare le norme in materia di immigrazione presa in uno Stato membro «esercita ripercussioni sulla situazione negli altri Stati membri». Pertanto, gli Stati membri «hanno l'obbligo di consultare e informare, in uno spirito di cooperazione leale, gli altri Stati membri in merito a misure che potrebbero avere un impatto sulla situazione dell'immigrazione».

Invitando poi gli Stati membri ad intensificare la cooperazione nel quadro di Frontex e a definire meglio la missione di tale agenzia, il Parlamento ritiene tuttavia che i controlli alle frontiere e le azioni volte a combattere l'immigrazione illegale rappresentano solamente un aspetto della politica dell'Unione europea verso i paesi terzi. Chiede quindi l'adozione di un approccio improntato al partenariato con i paesi di origine e transito al fine di assicurarsi il loro attivo contributo nella gestione dei flussi migratori, nel contenimento dell'immigrazione illegale e nell'organizzazione di campagne d'informazione efficaci sulle condizioni nei paesi di accoglienza dell'UE, inclusi i criteri per l'ottenimento dell'asilo.

D'altra parte, i deputati sottolineano che tutte le misure volte a combattere l'immigrazione illegale e a intensificare i controlli alle frontiere esterne, anche se in cooperazione con paesi terzi, «devono essere compatibili con le garanzie e con i diritti fondamentali dell'individuo». Mettono quindi in guardia contro i pericoli dell'esternalizzazione della gestione delle frontiere esterne dell'Unione europea. Il Parlamento, peraltro, riconosce la necessità di adottare una direttiva sui rimpatri «improntata all'equità» e invita il Consiglio a intensificare gli sforzi per assicurarne l'adozione.

Si dice inoltre consapevole del fatto che, in assenza di canali di migrazione legale, i sistemi di asilo sono sottoposti a una sempre maggiore pressione in quanto modalità di insediamento legale. Nel chiedere quindi agli Stati membri di rispettare gli obblighi loro incombenti in tale materia, affinché garantiscano l'accesso alla procedura di asilo e applichino le disposizioni della direttiva sull'accoglienza «in modo armonizzato e coerente» e affinché le domande di asilo «siano trattate in modo rapido ed efficace». Sollecita poi la Commissione a rimettere in causa, nel pertinente regolamento, il principio secondo il quale lo Stato membro responsabile dell'esame di una richiesta d'asilo è il primo paese d'accesso. Per i deputati, infatti, ciò «rappresenta un onere insopportabile per i paesi del Sud e dell'Est dell'Unione europea»,

Infine, il Parlamento osserva che, a sette anni dal Vertice europeo di Tampere e malgrado le reiterate richieste del Parlamento, oltre a non aver definito una politica comune in materia di immigrazione, il Consiglio ha invece mantenuto il voto all'unanimità e la procedura di consultazione per tutte le questioni attinenti all'immigrazione legale. Ma - con 249 voti favorevoli, 302 contrari e 3 astensioi - è stato soppresso il paragrafo che lo esortava a mettere in atto con urgenza le disposizioni, come le clausole passerella, che autorizzano il passaggio alla procedura di codecisione e al voto a maggioranza qualificata.

Si noti che prima di adottare questa risoluzione - con 234 voti favorevoli, 316 contrari e 26 astensioni - l'Aula aveva respinto quella avanzata dal PPE/DE.

Dibattito in Aula

Dichiarazione del Presidente della commissione per le libertà civili, giustizia e affari interni

Jean-Marie CAVADA (ALDE/ADLE, FR) ha ribadito il sostegno del Parlamento all'attivazione della "clausola passerella" poiché i tempi sono maturi per ridurre il deficit democratico coinvolgendo il Parlamento europeo, rafforzare lo Stato di diritto e migliorare l'efficienza del processo decisionale rinunciando all'unanimità. Ha quindi affermato che questa tematica sarebbe meglio affrontarla nel quadro del Trattato Costituzionale, tuttavia la situazione è tale che non è più possibile attendere.

Dichiarazione del Consiglio

Kari RAJAMÄKI ha illustrato all'Aula i principali esiti del Consiglio informale di Tampere, sottolineando l'importanza della cooperazione tra gli Stati membri su queste materie e insistendo sul fatto che l'efficienza del processo decisionale necessita di un cambiamento di rotta. Dopo aver accennato agli orientamenti decisi a Tampere in merito all'agenzia dei diritti fondamentali e alle misure per il controllo delle frontiere, il Ministro ha insistito sull'importanza di definire strumenti volti a garantire la sicurezza, assicurando sempre il rispetto dei diritti fondamentali.

Sul tema dell'immigrazione, ha sottolineato che si tratta di una responsabilità condivisa che contempla la fiducia reciproca e la ripartizione degli oneri. Occorre quindi offrire la solidarietà dell'UE agli Stati membri che devono affrontare i flussi migratori e, in proposito, ha ricordato l'iniziativa Frontex e la proposta di istituire una squadra di intervento rapido alle frontiere. Ma il problema dell'immigrazione, per il Ministro, va anche trattato aiutando i paesi di provenienza attraverso una politica di sviluppo a tutto campo. In merito alla lotta al terrorismo, ha affermato che il Consiglio segue da vicino gli sviluppi riguardo alle prigioni segrete della CIA e ha ribadito la necessità di fronteggiare la questione garantendo sempre il rispetto dei diritti fondamentali.

Dichiarazione della Commissione

Franco FRATTINI ha sostenuto che l'obiettivo politico strategico è di raggiungere un equilibrio tra l'esigenza di una maggiore sicurezza e la difesa dei diritti individuali. Le priorità per l'Unione, ha aggiunto, sono la lotta al terrorismo e l'immigrazione. Riguardo al primo, ha spiegato, occorre contrastare il reclutamento e il ricorso a Internet, garantire la sicurezza delle infrastrutture e predisporre un piano di reazione. E' poi necessario che le misure per garantire la sicurezza aerea siano proporzionate, «altrimenti sarebbe una vittoria per i terroristi».

In merito alla questione dell'immigrazione, il Vicepresidente ha ricordato che è stato istituito un gruppo di commissari che tratterà questo tema in modo orizzontale nell'ambito di tutte le pertinenti politiche comunitarie. L'approccio dovrà essere omnicomprensivo e trattare l'immigrazione illegale come quella legale e garantire la solidarietà agli Stati membri che devono fronteggiare i flussi migratori. Occorrerà anche rivolgere l'attenzione all'immigrazione proveniente dall'Est e non solo a quella africana.

Lamentando poi la dotazione finanziaria esigua di Frontex, ha illustrato una serie di raccomandazioni che dovranno presto essere approvate e che sono volte a rafforzare la capacità dell'UE di gestire e prevenire gli eventi, dare una risposta immediata che preveda la condivisione delle responsabilità e degli oneri, dimostrando così «una solidarietà europea tangibile». Il commissario ha quindi sostenuto la necessità di proteggere i rifugiati e garantire il rimpatrio nei paesi d'origine degli immigrati illegali, nel rispetto della dignità delle persone.

Ma, a suo parere, occorre anche lottare contro il lavoro nero che rappresenta una delle principali cause dell'immigrazione illegale. Dovrà quindi essere valutata l'opportunità di armonizzare a livello europeo le sanzioni penali da infliggere ai datori di lavoro che ricorrono a questo tipo di manodopera. Per la Commissione, ha aggiunto, una delle priorità è l'attuazione del piano d'azione per l'immigrazione legale. A tale proposito, ha sottolineato la necessità di prevedere misure d'ingresso volte a favorire un circolo virtuoso che permetta di sviluppare l'economia europea e contrastare l'invecchiamento della popolazione. Occorre inoltre che, contrariamente a quanto avviene adesso, l'Europa diventi un polo d'attrazione per migranti dotati di qualifiche professionali e, per questo, andrebbe introdotta una sorta di "carta verde".

In merito alla "passerella", il Vicepresidente ha sottolineato che la posizione della Commissione è molto vicina a quella del Parlamento: si tratta di uno strumento appropriato per garantire maggiore responsabilità e legittimità democratica. Rilevando che alcuni Stati membri temono che tale questione rilanci il dibattito costituzionale, ha quindi affermato che, in mancanza della Costituzione, la "passerella" potrebbe rappresentare l'unico strumento atto a fronteggiare le emergenze. Certamente, ha aggiunto, la Costituzione sarebbe la soluzione migliore, ma attendere la sua adozione rischia di provocare la paralisi.

Intervento in nome dei gruppi

Per Ewa KLAMT (PPE/DE, DE), la gestione dei flussi migratori è uno dei problemi principali dell'UE. La soluzione, ha quindi sottolineato, va aldilà dei confini nazionali e non bisogna limitarsi ad un approccio unicamente europeo. A suo parere, inoltre, il sostegno ai paesi d'origine fornisce solo una risposta parziale al problema.  La deputata ha quindi insistito sulla necessità di una politica solidale degli Stati membri e, a tale proposito, ha criticato la pratica di legalizzare in massa immigrati clandestini senza informare preventivamente i partner dell'UE per poi chiedere un aiuto comunitario al fine di fronteggiare le conseguenze di queste scelte.

Martin SCHULZ (PSE, DE) ha anzitutto ricordato che l'ultima volta che è intervenuto sul tema degli affari interni è stato in occasione della Presidenza italiana. Ha poi sottolineato che, già sei anni addietro, la Commissione aveva presentato una tabella di marcia che, di fatto, è rimasta lettera morta, visto che ora si parla degli stessi argomenti. Ha quindi auspicato che si ricorra alla "passerella" e precisato che, pur non volendo intervenire in procedimenti nazionali, non è possibile progredire senza regole comuni. Ponendo poi l'accento sul fatto che l'intervento dell'UE non deve riguardare solo misure restrittive ma anche azioni positive in materia di sicurezza e immigrazione, il deputato ha spiegato che gli Stati membri non vogliono progressi in queste materie per non rinunciare alla loro sovranità. E, in proposito, ha concluso sostenendo che, vista la gravità dei problemi, la rinuncia alla sovranità sarebbe il male minore.

Graham WATSON (ALDE/ADLE, UK) ha sottolineato che, a tanti anni dal primo Consiglio di Tampere, non vi sono stati progressi, poiché gli Stati membri frenano ogni miglioramento della situazione.  A suo parere, invece, se non si attiva la passerella l'Europa non può avere una politica credibile in materia di giustizia e affari interni. «Seduti sui loro fasti medioevali» gli Stati membri «hanno i ponti levatoi saldamente alzati» e «in nome della sovranità nazionale stanno promuovendo l'anarchia globale», mentre i cittadini «chiedono di meglio». Ha infatti sottolineato che i cittadini si chiedono perché non esiste una politica di immigrazione che prevenga questa «tragedia umana» che si consuma sulle coste meridionali, perché non si condividono le informazioni in materia di terrorismo, traffico di droga e traffico di esseri umani e perchè non vi sia accesso alla giustizia per le vittime del crimine transnazionale. Il deputato, citando il caso CIA, ha poi concluso ponendo l'accento sull'importanza dei valori europei e del rispetto dei diritti fondamentali.

Monica FRASSONI (Verdi/ALE, IT) ha esordito ricordando che il suo gruppo è sempre stato a favore del passaggio di questi temi alla procedura comunitaria, fin da quando il trattato di Maastricht «inventò» la procedura dei pilastri «che in teoria doveva essere provvisoria ma in realtà si è rivelata abbastanza definitiva». Ha quindi aggiunto che, oggi, la priorità sembra essere «quella di ridurre, respingere, costringere ed eliminare» ed ha ritenuto indicativo che il dibattito sia stato avviato dal Commissario «parlando di terrorismo e affermando che la sicurezza deve essere la priorità assoluta». «Nonostante le frontiere, gli orribili rischi, la tolleranza sempre maggiore per le violazioni del diritto internazionale», ha proseguito, «non riusciremo a fermare l'immigrazione».

E, in proposito, ha affermato di non gradire il fatto che il commissario abbia parlato «troppo spesso» di solidarietà per riferirsi soprattutto alla necessità di «aiutare gli Stati membri a respingere alle frontiere gente che arriva disperata e senza diritti». In questo modo, secondo la deputata, non si elimina il rischio che il respingimento alle frontiere di gente in arrivo su imbarcazioni «non violi gravemente il diritto di molti di chiedere l'asilo». Le regolarizzazioni, sono un risultato diretto di una politica che ritiene possibile "l'immigrazione zero" ma, ha aggiunto, che nasconde il fatto che l'Europa ha bisogno di immigrati. Esprimendo quindi dubbi sul fatto che la maggior parte degli immigrati che giungono nell'UE siano privi di qualifiche, ha poi criticato l'intenzione di favorire l'immigrazione di persone che, invece, possono aiutare paesi loro paesi d'origine a uscire da una situazione di sottosviluppo.

La deputata ha quindi chiesto alla Presidenza e al commissario di pronunciarsi sul tema degli accordi con i paesi terzi. Ha quindi espresso preoccupazione riguardo al fatto che alcuni Stati membri - come Francia, Spagna e Italia -  stanno negoziando, «in modo segreto e solamente attraverso intese di polizia», accordi con paesi terzi - come la Libia - «che non danno nessuna garanzia di rispetto dei diritti» dei loro cittadini, ma anche dei migranti.

Giusto CATANIA (GUE/NGL, IT) ha sostenuto che, «dopo il fallimento del Vertice informale di Tampere», si mescolano lotta al terrorismo, i voli della CIA, il PNR, la cooperazione di polizia con l'immigrazione. In proposito ha quindi affermato che «solo quando si capirà che il tema dell'immigrazione deve essere slegato dalle politiche repressive, dalle azioni di criminalizzazione dei migranti e dalle pratiche di lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata, sarà possibile discutere seriamente di una politica comune dell'Unione europea in materia di immigrazione». A suo parere, occorre anche bandire dal dibattito «il tema dell'invasione», poiché si tratta di un concetto falso e infondato. Al riguardo ha spiegato che solo il 15% dell'immigrazione irregolare arriva via mare dall'Africa mentre il resto arriva via terra o in aereo, compreso in Spagna e in Italia.

E' poi necessario «ripartire dai canali legali» e, ricordando che il Libro verde della Commissione secondo cui vi è il bisogno di 20 milioni di lavoratori immigrati entro il 2030, ha chiesto di agire per permettere loro l'ingresso nell'UE, invece di farli morire in mare. L'Europa, ha esclamato, «non può essere quella dei respingimenti di massa né si può tollerare che l'Atlantico e il Mediterraneo siano un cimitero a cielo aperto». In conclusione, ha proposto al commissario di erigere un monumento, «monito perenne alle stragi di migranti in mare» e «simbolica tomba collettiva per uomini e donne senza nome morti in mare perché cercavamo un futuro migliore», in occasione del 10° anniversario dell'affondamento di una nave con quasi 400 emigranti al largo di Porto Palo tra Malta e la Sicilia.

Romano LA RUSSA (UEN, IT) ha anzitutto ribadito «l'urgente necessità» di una politica comune sull'immigrazione ed ha preso atto «con soddisfazione» delle recenti iniziative intraprese a livello comunitario e del recente sblocco di fondi destinati agli Stati colpiti da emergenze. Ha quindi sottolineato che molti Stati membri hanno realizzato solo tardivamente che i fenomeni migratori non riguardano più esclusivamente gli Stati periferici dell'UE e che gli obiettivi generali di crescita economica «possono essere ottenuti soltanto in un clima di sicurezza generale». Questa consapevolezza, ha aggiunto, «potrà finalmente convincerli a ripartire equamente responsabilità ed oneri finanziari per la gestione delle frontiere». Si tratterà di impegno reale, ha spiegato, «testimoniato anche dalle maggiori risorse finanziarie che l'UE metterà a disposizione per i prossimi sette anni nel quadro del consolidamento di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia».

Per il deputato, un altro elemento da considerare positivamente è la creazione di un programma specifico volto a regolare i flussi migratori con fondi ad hoc destinati ai rimpatri, ai rifugiati e all'integrazione. Altrettanto importante è la creazione di un'agenzia delle frontiere esterne che «purtroppo non dispone ancora di un organico adeguato». Si è anche augurato che, di questo passo, si possa arrivare alla creazione di norme minime comuni per combattere l'immigrazione illegale e regolamentare l'immigrazione legale e che si possa realizzare una politica rispettosa dei diritti del singolo credibile.

Ma una politica credibile, ha spiegato, «non può che essere rigorosa» e, in proposito, ha affermato che «non può esistere una politica europea che favorisce regolarizzazioni di massa e che elargisce i diritti di cittadinanza in modo indiscriminato». E' ormai risaputo, ha aggiunto, che le sanatorie «non solo non consentono di risolvere i problemi senza migliorare le condizioni degli immigrati, ma che invece quasi sempre le peggiorano, alimentano solo emarginazione e fenomeni diffusi di delinquenza che spesso sfociano in terrorismo». In conclusione, ha affermato che "essere credibili" significa «riaffermare gli ideali di solidarietà e di tutela delle libertà proprie dell'UE, vincolando al rispetto della legalità». L'UE, quindi, non negherà mai l'aiuto ai bisognosi e a chi vorrà veramente integrarsi, tuttavia «per chi pretende di esportare la violenza, la cultura, i valori e le religioni dovrà valere il principio della "tolleranza zero", non è auspicabile, ma talvolta risulta indispensabile».

Per Hans BLOKLAND (IND/DEM, NL), il Vertice di Tampere ha chiarito che gli Stati membri non sono d'accordo su come affrontare l'immigrazione che, a suo parere, è un problema che necessita una soluzione europea. Favorevole a una politica di lotta all'immigrazione clandestina, ha criticato la legalizzazione di massa avvenuta in Spagna. Infine, ha chiesto di essere informato in quali Stati membri si sono realizzate carceri segrete della CIA.

Interventi dei deputati italiani

Secondo Mario BORGHEZIO (NI, IT), in una situazione in cui, in Italia, la prima decisione del nuovo governo Prodi è stata regolarizzare cinquecentomila clandestini - che «diventeranno facilmente almeno un milione con le politiche sul ricongiungimento familiare», mentre, in Spagna, la stessa operazione porta alla regolarizzazione di settecentomila clandestini, «gli altri paesi dell'Unione europea hanno un buon diritto a domandarsi a che cosa siano finalizzati simili provvedimenti se non alla demagogia politica». C'è da domandarsi, ha aggiunto, «come mai le Istituzioni europee non hanno il coraggio di chiamare alle loro responsabilità questi governi».

Il deputato ha poi stigmatizzato il fatto che il governo italiano abbia modificato la legge comunitaria collegando per dare la possibilità di richiedere l'asilo politico «anche in situazioni che prescindono dalle motivazioni serie» e, quindi, concedendo i privilegi legati all'asilo politico «anche per l'immigrato che non provenga da paesi a rischio, dove non sono rispettati i diritti umani, o dalle zone di guerra». Queste politiche, ha affermato, sono contrarie a quello che oggi viene delineato dalle Istituzioni europee e, «mai si può sostenere che ciò possa diventare un grimaldello per oltrepassare le norme, mirate appunto a regolare il fenomeno» dell'immigrazione. Il deputato, inneggiando alla Svizzera, ha quindi concluso esclamando: «Basta con la demagogia in Europa sull'immigrazione!»

Nicola ZINGARETTI (PSE, IT) ha sottolineato l'importanza «di evitare un dialogo tra sordi su un tema così delicato», ritenendo invece utile iniziare a stabilire alcuni punti fermi. Rammentando gli eventi di questa estate a Lampedusa e nelle isole Canarie, ha quindi affermato che il tema dell'immigrazione «rappresenta un impegno di tutti per tutti». Ecco perché «non si tratta di un'emergenza solo umanitaria o di un evento eccezionale », poiché è soprattutto «un fenomeno strutturale che interroga tutta l'Unione europea e la sua capacità di mettere finalmente in campo una politica europea di immigrazione, non per fare un favore a qualche paese membro, ma perché tutta l'Unione ne è coinvolta».

Per il deputato, inoltre, occorre evitare l'errore di creare confusione tra immigrazione e terrorismo, «perché è questo che innanzitutto genera nel popolo europeo paure e timidezze». Andrebbe, invece, introdotta la relazione tra immigrazione e schiavismo, «cui molti di questi immigrati cominciano a essere associati in alcuni paesi membri». L'Unione deve quindi compiere un salto culturale e sul tema dell'immigrazione: «non si tratta di un problema di alcuni o di un problema marginale, è un impegno nuovo che l'Unione deve assumere come uno dei nuovi compiti del millennio». E il Parlamento, ha concluso, può avere un ruolo importante ne vincere le resistenze di molti governi, ricostruendo la fiducia tra l'Unione e i cittadini, ovvero dimostrando che «l'Unione esiste ed è presente».

Per Sepp KUSSTATSCHER (Verdi/ALE, IT) l'immigrazione «avviene che lo si voglia o meno». E' quindi inutile chiudersi in una fortezza, anche perché l'Europa ha bisogno degli immigrati. A suo parere, inoltre, la pratica di respingere gli immigrati è «inumana e eticamente irresponsabile». Ha quindi concluso sostenendo che sembra che l'Europa abbia dimenticato il significato delle parole "uguaglianza" e "fratellanza".

Secondo Lapo PISTELLI (ALDE/ADLE, IT) si è di fronte a politiche in cui appare chiaro ciò che l'Europa potrebbe fare e dovrebbe fare: «un sistema comune d'asilo, regole comuni sull'immigrazione legale, la gestione comune delle frontiere esterne». E' chiaro, ha aggiunto, «che gli sforzi nazionali non bastano più, perché semplicemente non funzionano». A suo parere, è anche chiaro «che l'opinione pubblica sosterrebbe questa diversa idea di una sovranità efficace, in quanto europea», e ciò nonostante il fatto che i «troppi interventi» di deputati italiani lascino sembrare che il problema dell'immigrazione sia esclusivamente mediterraneo.

Ha poi ironizzato sul titolo del comunicato stampa finale del Vertice di Tampere secondo il quale "I ministri chiedono maggiore solidarietà e cooperazione". Ha allora chiesto alla Presidenza a chi dovrebbero chiederle «se non a sé stessi». Sostenendo l'idea della Costituzione europea, si è poi chiesto se «c'è qualcuno nel Consiglio ha un'idea diversa dall'applicazione rapida della passerella e a chi giova invece questo surplace istituzionale».

Jas GAWRONSKI (PPE/DE, IT) ha sottolineato che «molti avvenimenti nuovi minacciano la nostra sicurezza e la nostra libertà e l'immigrazione incontrollata è certamente uno di questi». Ma il pericolo maggiore e più recente, ha spiegato, viene dal terrorismo. In proposito ha affermato che, come coordinatore del suo gruppo nella commissione temporanea sulla CIA, ha affrontato il problema ed è giunto alla conclusione «che possiamo fare molto poco e purtroppo abbiamo fatto molto poco per scoprire nuove verità, nuove responsabilità, nuovi colpevoli». A suo parere è quindi necessario concentrarsi sul futuro, sui mezzi e sugli strumenti «per evitare che si ripetano situazioni di illegalità che espongono a maggiori rischi la nostra libertà e la nostra sicurezza».

Per il deputato è «essenziale» avviare iniziative per rimediare alla mancanza di fiducia fra Stati membri. Ci vuole quindi un maggiore scambio di informazioni per combattere il terrorismo all'interno dell'Unione, «anche con i nostri principali alleati, primi fra questi gli Stati Uniti con i quali di recente abbiamo avuto qualche problema». Uno scambio, ha precisato, «su un piano di parità e di reciproca fiducia».  Occorre anche un maggiore controllo sulle attività dei servizi segreti di un paese nel territorio di un altro. E, al riguardo, ha sostenuto che «i servizi segreti debbono rimanere segreti per operare con efficacia, ma entro un certo limite». Notando che la commissione CIA del Parlamento europeo non ha poteri d'inchiesta, ha affermato che occorre allora insistere affinché siano i parlamenti nazionali a investigare su eventuali violazioni dei diritti umani e sulle minacce alla nostra sicurezza e libertà. Spetterà poi al Parlamento europeo il compito di coordinare le ricerche per giungere a soluzioni compatibili sul piano europeo.

Per Marco CAPPATO (ALDE/ADLE, IT) i progressi dello spazio di sicurezza e di libertà «sono finora scarsi e insufficienti per un problema di fondo». Sul tema della libertà, ha spiegato, da anni il Consiglio ha deciso di fondare la propria azione sul mutuo riconoscimento, «come se i sistemi di giustizia, i sistemi di polizia, i sistemi dei servizi segreti dei singoli paesi europei potessero necessariamente cooperare sulla base del mutuo riconoscimento». A suo parere, invece, i fatti dimostrano che questo principio «non basta» e che occorre «il coraggio di armonizzare alcune politiche affinché divengano politiche europee, in particolare in materia di libertà».

Il deputato ha quindi sottolineato lo stallo sulla direttiva antidiscriminazione, sull'osservatorio sul razzismo, sulla decisione quadro sui diritti processuali e sulle garanzie in termini di rispetto della privacy nel trasferimento dei dati dei passeggeri aerei. Ha quindi concluso sostenendo che «è sul tema delle libertà che manchiamo di garanzie comuni in quanto Unione europea e su questo tema non basta la cooperazione tra gli Stati nazionali». 

Stefano ZAPPALÀ (PPE/DE, IT) ha osservato che anche quest'estate si è assistito ogni giorno a sbarchi e naufragi che hanno causato centinaia di morti nelle acque europee. Il flusso di imbarcazioni che tentano di raggiungere le coste dell'Unione, ha aggiunto, «non accenna a diminuire, anzi aumenta e «la situazione è ormai di obiettiva e vera emergenza». Ancora oggi, ha spiegato, sono tre o quattro i paesi membri «che si trovano a dover fronteggiare da soli questi sbarchi», mentre Malta, Italia e Spagna «mettono a disposizione di tutta l'Unione le proprie forze soffrendo in totale solitudine». Secondo i deputato, vanno abbandonati gli egoismi nazionali ed è ora di iniziare a considerare l'emergenza immigrazione come un problema dei 25 Stati membri e non solo di quelli che per la loro posizione geografica «si trovano quotidianamente a dover recuperare cadaveri in mare».

Plaudendo alla Commissione che sta predisponendo proposte concrete d'azione e sta cercando di implementare i programmi già in essere, ha sottolineato che spetta al Consiglio la decisione di affrontare «quella che già da tempo è diventata una tragedia umana». Ha quindi deplorato il fatto che «il Consiglio continua a prendere in giro l'Europa», non assumendosi «la responsabilità di dare un segnale forte ed efficace per rendere comunitario il problema». A tal proposito, ha quindi rinnovato l'invito a svolgere un Consiglio straordinario "Affari interni" sull'isola di Malta e ha concluso esclamando «bando alle chiacchiere, l'Unione europea, attraverso il Consiglio, deve dimostrare di esistere concretamente».

Per Lilli GRUBER (PSE, IT), insieme alla lotta al lavoro nero, la priorità è quella di aprire canali legali d'ingresso, tenendo conto della domanda di mercato dei singoli Stati membri. Si potrà così affrontare con pragmatismo il complesso fenomeno dell'immigrazione, «con un'azione europea comune, un impegno corale, uno sforzo collettivo». Ha pero precisato che occorre «uscire dall'ipocrisia delle grandi, quanto teoriche, dichiarazioni di principio nei vertici del Consiglio» e rinunciare alla strumentalizzazione dell'immigrazione «ai fini di politica interna». Una pratica che, a suo parere è inaccettabile e irresponsabile. In questa ottica, è «cruciale» applicare finalmente la clausola passerella, poiché solo così «saremo in grado di agire con efficacia laddove abbiamo già accumulato troppi ritardi».

Riferimenti

Risoluzione comune sulla politica comune dell'Unione europea in materia di immigrazione
Procedura: Risoluzione comune
Dibattito: 27.9.2006
Votazione: 28.9.2006

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Accesso limitato ai dati personali e sanzioni penali per i contravventori

Il Parlamento ha adottato una relazione sulla protezione dei dati personali nel quadro della cooperazione giudiziaria e di polizia. Per tutelare i diritti fondamentali dei cittadini, chiede di limitare il ricorso e l'accesso ai dati ai soli casi in cui ciò è strettamente necessario e quando vi è un reale pericolo per la sicurezza pubblica.  I deputati sollecitano anche sanzioni penali per le infrazioni commesse da privati nella raccolta e nell'elaborazione di dati a carattere personale.

Nel corso della sessione di giugno, con la speranza che la Presidenza finlandese fosse più ricettiva alle richieste del Parlamento, i deputati avevano deciso di rinviare il voto finale sulla proposta della Commissione in merito a una decisione volta ad estendere le norme sulla protezione dei dati e sul trasferimento delle informazioni nel quadro della cooperazione giudiziaria e di polizia. Ciò nonostante, avevano dimostrato il loro sostegno alla posizione di Martine ROURE (PSE, FR) e ai membri della commissione per le libertà civili adottando tutti i 60 emendamenti proposti alla Plenaria.

Durante la sessione di settembre, il Parlamento aveva nuovamente rinviato il voto in quanto la Presidenza aveva chiesto di disporre di maggiore tempo per definire un impegno politico formale su tale sensibile materia. Ottenuto finalmente l'impegno della Presidenza, il Parlamento ha definitivamente adottato la sua posizione, i cui termini saranno quindi presi in considerazione dal Consiglio al momento di definire un proprio testo, atteso per il prossimo semestre.

Per il Parlamento, la raccolta dei dati e il loro trattamento possono essere effettuati soltanto per il fine specifico assegnato preventivamente a queste operazioni, «se strettamente necessario» ai fini della prevenzione, delle indagini, dell’accertamento o del perseguimento di reati penali, oppure ai fini della prevenzione di minacce alla sicurezza pubblica o a una persona, ma tranne che nei casi in cui su tali considerazioni «prevalga la necessità di tutelare gli interessi o i diritti fondamentali del soggetto a cui i dati si riferiscono».

Inoltre, gli Stati membri devono garantire che il trattamento dei dati personali è necessario unicamente qualora le autorità competenti possono dimostrare che «non esiste altro modo che abbia un impatto minore sulla persona interessata» e il trattamento dei dati «non è sproporzionato rispetto al reato in questione». I dati personali forniti a un altro Stato membro, poi, possono essere trattati ulteriormente «solo previo consenso dell’autorità che li ha trasmessi o resi disponibili».

D’altra parte, il Parlamento chiede di introdurre un nuovo paragrafo che impone agli Stati membri di prevedere «specifiche garanzie supplementari» per i dati biometrici e i profili DNA, al fine di garantire che vengano utilizzati «solo sulla base di norme tecniche ben definite e interoperabili», che il loro livello di precisione sia preso attentamente in considerazione e possa essere facilmente contestato dalla persona interessata e, infine, che sia assicurato «il rispetto della dignità e dell’integrità delle persone».

E’ stato anche adottato un emendamento che tende a distinguere il trattamento dei dati in funzione delle condizioni delle persone interessate: se si tratta di persone «non sospette» i dati dovrebbero quindi essere trattati unicamente per le finalità per le quali sono stati raccolti, «per un periodo di tempo limitato» e con «opportune limitazioni per quanto riguarda il loro accesso e la loro trasmissione».

Riguardo alle relazioni con i paesi terzi, una delle principali preoccupazioni dei deputati riguarda la possibilità che le autorità possano chiedere accesso a dati personali di cittadini comunitari in nome della lotta al terrorismo o alla criminalità organizzata. Pertanto, un emendamento chiede di vietare questo tipo di operazioni, fatti salvi i casi in cui la trasmissione è «prevista da una legge che chiaramente la rende obbligatoria» ed è necessaria allo scopo per cui tali dati sono stati raccolti. Inoltre, il paese terzo o l’organismo internazionale dovrebbe assicurare «un adeguato livello di protezione dei dati». La valutazione di questo livello, specifica il Parlamento, andrebbe realizzata esaminando il tipo di dati, gli scopi e la durata del trattamento per cui sono stati trasmessi, il paese d’origine e quello di destinazione finale, le norme generali e settoriali del diritto in vigore nel paese terzo, le norme professionali e di sicurezza applicabili in tali ambiti, nonché l’esistenza di sufficienti salvaguardie da parte del destinatario della trasmissione. In via eccezionale, tuttavia, dovrebbe essere possibile trasferire dei dati verso paesi che non garantiscono un adeguato livello di protezione «soltanto se assolutamente necessario per salvaguardare gli interessi essenziali di uno Stato membro» o per «prevenire una grave e imminente minaccia a una persona specifica o a più persone».

I deputati suggeriscono anche un emendamento volto ad attribuire ai cittadini il diritto di contrassegnare quei dati che li riguardano ritenuti non precisi. Propongono poi che delle sanzioni penali possano essere inflitte a coloro che commettono reati che comportano violazioni gravi delle disposizioni adottate in base alla decisione in esame, non solo se tali reati sono commessi intenzionalmente, come proposto dalla Commissione, ma anche se sono frutto di una «negligenza grave». Infine, chiedono che sia inserito un nuovo paragrafo che impone agli Stati membri di prevedere sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive per le infrazioni commesse da privati che raccolgono o elaborano dati di carattere personale nel contesto di un funzione pubblica, in particolare se tali violazioni riguardano disposizioni sulla confidenzialità e sulla sicurezza del trattamento dei dati.

Background - Disposizioni vigenti

Attualmente, a livello comunitario, vige una direttiva del 1995 che fissa una serie di disposizioni relative alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati. Tale direttiva, tuttavia, non comprende nel suo campo d’applicazione le questioni relative al cosiddetto terzo pilastro, ossia alle politiche in materia di sicurezza, alla lotta contro la criminalità organizzata e alla cooperazione giudiziaria e di polizia. Pertanto, in questi campi, non esistono norme europee a tutela dei dati personali e la Commissione, nel proporre la decisione, ha tentato di colmare tale lacuna.

La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea riconosce esplicitamente il diritto alla privacy (articolo 7) e il diritto alla protezione dei dati personali (articolo 8). Tali dati devono essere trattati in modo corretto, per specifiche finalità e sulla base del consenso della persona interessata o su un’altra base legittima prevista dalla legge. Ognuno ha il diritto di accedere ai dati raccolti che lo riguardano e di ottenerne la rettifica. Il rispetto di tali regole è soggetto al controllo di un'autorità indipendente.

La direttiva 95/46/CE relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati contiene norme fondamentali sulla legittimità del trattamento dei dati personali e sui diritti della persona cui tali dati si riferiscono. Essa prevede disposizioni concernenti i ricorsi giurisdizionali, la responsabilità e le sanzioni, il trasferimento dei dati personali a paesi terzi, i codici di condotta, le specifiche autorità di controllo e il gruppo di lavoro e infine le norme comunitarie d'esecuzione.

Tuttavia, la direttiva non si applica alle attività che non rientrano nel campo di applicazione della Comunità come quelle previste dal titolo VI del trattato sull’Unione europea (cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale). Pertanto, gli Stati membri sono autorizzati a decidere essi stessi quali siano le norme più adeguate per il trattamento e la protezione dei dati.

In questo ambito, invece, la protezione dei dati personali è disciplinata da diversi strumenti specifici e, in particolare, da strumenti che istituiscono sistemi comuni di informazioni a livello europeo come la convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen, la convenzione Europol, quella sull'uso dell'informatica nel settore doganale e quella sull’assistenza reciproca in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea, così come le norme procedurali sul trattamento e la protezione dei dati personali di Eurojust. Va ricordato, poi, che la Commissione ha già presentato una proposta di decisione e due regolamenti in merito alla creazione, messa in opera e utilizzazione del sistema d’informazione Schengen di seconda generazione (SIS II).

Inoltre, occorre tener conto dell’articolo 8 della convenzione sulla protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali e della convenzione del Consiglio d’Europa sulla protezione delle persone rispetto al trattamento automatizzato di dati di carattere personale, compreso il suo protocollo aggiuntivo relativo alle autorità di controllo e i flussi transfrontalieri. Tutti gli Stati membri partecipano alla convenzione ma non tutti hanno firmato il protocollo aggiuntivo.

Link utili

Proposta della Commissione
Direttiva 95/46 relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (testo consolidato)

Riferimenti

Martine ROURE (PSE, FR)
Relazione sulla proposta di decisione quadro del Consiglio sulla protezione dei dati personali trattati nell’ambito della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale
Procedura: Consultazione legislativa
Relazione senza dibattito ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento del Parlamento
Votazione: 27.9.2006

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AFFARI ECONOMICI E MONETARI


Chiarire il quadro legale dei servizi d'interesse generale

I servizi d'interesse generale sono importanti per la coesione socio-economica e contribuiscono alla competitività dell'UE. Il Parlamento sollecita però una chiara distinzione tra i servizi di natura economica e gli altri e più certezza giuridica per quelli sanitari. Chiedendo di evitare armonizzazioni incompatibili con le diverse situazioni degli Stati membri, ritiene che la tutela dell'interesse generale non dev'essere un pretesto per chiudere i mercati dei servizi ai fornitori internazionali.

Per ottimizzare le opportunità offerte dal mercato interno, è particolarmente importante che le condizioni e le disposizioni che disciplinano l'ammodernamento dei mercati garantiscano una concorrenza giusta, trasparente ed efficace, mantenendo nel contempo la coesione sociale e l'accessibilità universale dei servizi. Occorre anche che evitino gli abusi di posizione dominante e la formazione di nuovi monopoli che ostacolano l'ingresso sul mercato di nuovi partecipanti. E' quanto sostiene il Parlamento con la relazione di Bernhard RAPKAY (PSE, DE) sui servizi d'interesse generale - adottata con 491 voti favorevoli, 128 contrari e 31 astensioni - chiedendo anche alla Commissione di presentare un'ampia analisi degli effetti della liberalizzazione finora avvenuta, «in particolare sulla situazione dei consumatori e degli occupati interessati».

I deputati sottolineano poi che i servizi d'interesse generale (SIG) dovrebbero essere di alta qualità, avere un'adeguata copertura territoriale, essere forniti ad un prezzo ottimale, rispettare l'equilibrio sociale e garantire una sicurezza duratura degli approvvigionamenti. Rilevano inoltre che la maggior parte dei SIG possono essere prestati in un regime di concorrenza leale in cui le imprese private e pubbliche «devono ricevere un trattamento sostanzialmente uguale». Con 355 voti favorevoli, 284 contrari e 9 astensioni, il Parlamento ha fatto proprio un emendamento proposto dal gruppo ALDE/ADLE con il quale precisa che «i requisiti legittimi» dell'interesse generale non devono essere utilizzati «come pretesto per una chiusura impropria dei mercati dei servizi a fornitori internazionali» che rispettano tali requisiti e sono in grado di farlo. 

D'altra parte, i deputati chiedono alla Commissione di chiarire la distinzione tra SIG e SIEG, mettendo a punto criteri operativi che tengano conto delle tradizioni nazionali degli Stati membri, in base alla natura dei beni collettivi e del finanziamento pubblico o mediante meccanismi di solidarietà dei SIG. In proposito, peraltro, sottolineano che, per molti SIG, la distinzione tra aspetti economici e non economici «è estremamente difficile a causa del carattere dinamico di tali servizi e del loro rapido sviluppo».  Riconoscendo poi che non è il caso di escludere ampi settori dei SIG dalla portata delle norme sul mercato interno e la concorrenza nel tentativo di definire i SIG stessi, rilevano che «una precisa definizione dei SIEG e dei SIG sarebbe contraria alla libertà degli Stati membri di definire i loro SIG».

Alla Commissione sono poi chiesti chiarimenti in merito alle conseguenze della giurisprudenza della Corte di giustizia basata su un approccio settoriale nonché l'applicazione a SIG e SIEG del diritto della concorrenza, soprattutto per quanto riguarda il finanziamento di tali servizi.  Rilevando poi che «il livello europeo deve contribuire a non compromettere la capacità del livello comunale e regionale di offrire tali servizi», il Parlamento ritiene che - nell'interesse delle autorità locali, regionali e nazionali, delle imprese pubbliche e degli utenti di tali servizi - la Commissione dovrebbe fornire chiarimenti giuridici, orientamenti e principi su alcuni temi problematici, includendo in particolare l'applicazione delle norme in materia di mercato interno e concorrenza nel settore dei SIG e dei SIEG.

Nel contempo, agli Stati membri e alle autorità regionali e locali, dovrà essere garantita la responsabilità democratica quanto all'applicazione di norme a SIG e SIEG. Inoltre, rilevando la necessità di chiarire in quale modo siano condivise le responsabilità tra l'UE e gli Stati membri, i deputati sottolineano che, dopo una debita valutazione del trattato e della giurisprudenza della Corte di giustizia, «i SIG debbano essere definiti dagli Stati membri». Anche perché notano l'«impossibilità di definire in modo uniforme i SIG, in un contesto sociale ed economico tanto diverso come quello dell'UE».

Nel sottolineare poi che la necessità di normative settoriali in vigore o future, basate sulle norme del mercato interno e il rispetto della sussidiarietà «non andrebbe messa in discussione», il Parlamento rammenta il successo di tali normative e raccomanda che tale approccio venga esteso anche ad altri settori. Invita quindi la Commissione a fornire una maggiore certezza giuridica per il settore dei SIG sanitari e sociali e a presentare una proposta di direttiva settoriale del Consiglio e del Parlamento a tale riguardo. Il Consiglio, invece, è sollecitato ad adottare quanto prima possibile una posizione comune sulla revisione del regolamento relativo all'azione degli Stati membri in materia di obblighi inerenti alla nozione di servizio pubblico nel settore dei trasporti per ferrovia, su strada e per via navigabile.

Per i deputati rientra nella discrezionalità dell'autorità competente decidere se gestire direttamente un servizio di interesse generale attraverso una sua unità o se affidarlo a fornitori esterni, con o senza scopo di lucro. In caso di esternalizzazione, precisano tuttavia che debba essere indetta una gara d'appalto. Il principio di assegnazione di un contratto di servizio pubblico dovrebbe però lasciare all'autorità competente, in casi urgenti, la facoltà di trasferire un contratto pubblico di servizi. Al riguardo, la relazione chiede un chiarimento dei relativi criteri nelle direttive sugli appalti o per il tramite di un regolamento.

Il Parlamento raccomanda che, quando un'autorità competente intende concedere una compensazione per la prestazione di servizi pubblici, al fine di garantire il finanziamento di un servizio di interesse generale, tale compensazione non sia considerata aiuto di Stato se sono rispettati alcuni criteri. Secondo i deputati, inoltre, le autorità locali dovrebbero poter assegnare compiti di servizio direttamente a società intercomunali o a forme analoghe di organizzazioni comuni e, pertanto, chiedono una maggiore certezza giuridica per le diverse forme di organizzazione inter-autorità (cooperazione tra autorità locali, partenariato pubblico/privato, concessioni), un chiarimento del campo di applicazione del diritto europeo in materia di concorrenza, assegnazione di contratti e aiuti di Stato, nonché dei criteri generali validi a livello europeo.

Il Parlamento ritiene poi che siano necessari orientamenti a livello nazionale e locale nei campi, ad esempio, della fissazione delle procedure di accesso alle reti esistenti (nella misura in cui l'accesso sia necessario per la fornitura dei servizi), della fissazione di condizioni di prezzo e/o tariffe per la fornitura del servizio e della garanzia di concorrenza e opportunità per i nuovi imprenditori. Raccomanda, inoltre, di incoraggiare l'uso su base volontaria e regolare di parametri e di sistemi di misurazione della qualità a livello nazionale ed europeo. Infine, chiede alla Commissione di presentare iniziative giuridiche adeguate e ricorda che i diritti di codecisione, ove previsti dal trattato, andrebbero pienamente esercitati da tutte le parti interessate al settore dei SIG e dei SIEG.

Link utili

Comunicazione della Commissione - "Libro Bianco sui servizi di interesse generale"
Comunicazione della Commissione - "Attuazione del programma comunitario di Lisbona: i servizi sociali d'interesse generale nell'Unione europea"

Riferimenti

Bernhard RAPKAY (PSE, DE)
Relazione sul Libro bianco della Commissione sui servizi di interesse generale
Procedura: Iniziativa
Dibattito: 26.9.2006
Votazione: 27.9.2006

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AMBIENTE


Migliorare la qualità dell'aria con più ambizione e flessibilità

Il Parlamento ha adottato a larghissima maggioranza una relazione sulla proposta di direttiva relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa. I deputati chiedono obiettivi generalmente più ambiziosi nella lotta contro l'inquinamento atmosferico ma, d'altra parte, auspicano concedere un margine di manovra più ampio agli Stati membri che incontrano difficoltà a rispettare una legislazione più rigorosa.

Nell'ambito del Sesto programma d'azione per l'ambiente, la Commissione europea ha presentato una Strategia tesa a ridurre del 40%, entro il 2020, il numero di decessi causati dall'inquinamento atmosferico. Allo stesso tempo ha proposto una nuova direttiva sulla qualità dell'aria che prevede la fusione degli attuali cinque strumenti giuridici in un'unica direttiva e l'introduzione di nuove norme sulla qualità dell'aria per le polveri sottili. In attesa del parere del Parlamento europeo sul progetto di direttiva in prima lettura, il Consiglio ha concordato un orientamento generale in base ad un pacchetto di compromesso della Presidenza.

Adottata con 571 voti favorevoli, 43 contrari e 18 astensioni, la relazione di Holger KRAHMER (ALDE/ADLE, DE) sulla proposta di direttiva suggerisce in generale obiettivi più ambiziosi rispetto alla Commissione in materia di riduzione dei limiti di concentrazione degli inquinanti, in particolare per le particelle sottili. D'altra parte, i deputati chiedono maggiore flessibilità nella realizzazione degli obiettivi, al fine di permettere di rispettare tali criteri nell'arco di un periodo più lungo agli Stati membri che incontrano difficoltà. Allo stesso tempo, prevedono una serie di disposizioni volte a garantire che tali paesi adottino le misure necessarie per ridurre l'inquinamento. Ad esempio, concedono delle proroghe alle zone o agli agglomerati che non saranno in grado di adeguarsi ai vincoli nei tempi richiesti, ma solo se gli Stati membri in questione sottopongono dei piani nazionali che spieghino i motivi per i quali non è possibile rispettare le limitazioni e illustrino le misure previste per adeguarvisi in futuro.

Un emendamento adottato di misura (299 a favore, 284 contrari e 17 astensioni) precisa poi che, per quanto riguarda gli impianti industriali, la direttiva «non comporta l'adozione di misure che vadano al di là dell'applicazione delle migliori tecniche disponibili» (BAT), come stabilito nella direttiva sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento e, in particolare, «non comporta la chiusura di nessun impianto». D'altra parte, sottolinea la necessità di esigere che tutti gli Stati membri adottino tutte le misure di abbattimento economicamente razionali nei settori interessati.

Dettagli tecnici

I deputati suggeriscono di ridurre i tetti di concentrazione delle particelle più grosse, le PM10 (ossia inferiori a 10 micron; è una polvere inalabile, ovvero in grado di penetrare nel tratto respiratorio superiore - naso e laringe), da una media di 40 microgrammi/m3 proposta dalla Commissione a 33 microgrammi, a partire dal 2010. D'altra parte, riguardo ai limiti giornalieri relativi a queste stesse particelle, i deputati raccomandano una maggiore flessibilità per gli Stati membri che non sono in grado di rispettare i criteri a causa di condizioni geografiche o climatiche particolari o in ragione di inquinamento transfrontaliero significativo. Questi potranno quindi superare il limite giornaliero di 50 microgrammi/m3 fino a un massimo di 55 giorni all'anno, invece che 35 volte all'anno.

Per le particelle più nocive, le PM2,5 (ossia quelle che hanno un diametro inferiore a 2,5 micron, è una polvere toracica in grado di penetrare nei polmoni), i deputati ritengono invece che non sia opportuno fissare ora dei valori limiti in quanto i dati scientifici disponibili non sono ancora sufficienti. Propongono quindi di stabilire, in un primo tempo, un valore obiettivo meno vincolante. Questo è comunque inferiore a quello proposto dalla Commissione (20 microgrammi/ m3 a partire dal 2010, al posto di 25 microgrammi ) e diventerebbe vincolante a partire dal 2015.

E' richiesta maggiore flessibilità anche per quanto riguarda la possibilità prevista dalla Commissione di ottenere una deroga temporanea di cinque anni nelle zone o negli agglomerati che non sono in grado di rispettare i criteri sulle PM2,5 e sulle PM10. Il Parlamento, infatti, dà la facoltà agli Stati membri di beneficiare di una deroga di quattro anni con la possibilità di prorogarla per altri due, a condizione che lo Stato membro dimostri che sono state adottate «tutte le opportune misure a livello nazionale, regionale e locale per rispettare i termini». Inoltre, dovrà presentare un piano per la qualità dell'aria che precisi le cause del superamento delle scadenze e che presenti le misure che verranno adottate per conseguire i valori limite entro il nuovo periodo.

Un altro emendamento prevede una maggiore flessibilità per quanto riguarda l'obiettivo della riduzione dell'esposizione della popolazione alle particelle inquinanti, del 20% di riduzione entro il 2020, stabilendo delle percentuali di riduzioni differenziate in funzione dei tassi di concentrazione registrati.

D'altra parte, il Parlamento introduce un emendamento che menziona le misura da adottare alla fonte per permettere agli Stati membri di conseguire i valori limite di qualità dell'aria entro i termini prestabiliti. Si tratta più in particolare di includere gli impianti di combustione da 20 a 50 MW nella direttiva sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento (direttiva IPPC), di applicare la norma Euro VI ai mezzi pesanti, di definire nuove norme per gli impianti di riscaldamento e di adottare misure coordinate a livello UE per ridurre le emissioni nel settore marittimo (nuove norme di emissioni per i motori).

Link utili

Proposta della Commissione

Riferimenti

Holger KRAHMER (ALDE/ADLE, DE)
Relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa
Procedura: Codecisione, prima lettura
Dibattito: 25.9.2006
Votazione: 26.9.2006 

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Stop all'inquinamento per un'aria più respirabile in Europa

Adottando due relazioni d'iniziativa, il Parlamento chiede obiettivi più ambiziosi e la definizione urgente di misure per ridurre l'inquinamento atmosferico. Sollecitando la promozione di trasporti pubblici e mezzi più ecologici, i deputati vedono con favore una tassa sulla congestione del traffico e incentivi alla rottamazione. E' poi chiesto di recuperare i centri storici e di aumentare gli spazi verdi ma anche di subordinare gli aiuti agricoli alla riduzione delle emissioni di ammoniaca.

Il 55% degli ecosistemi europei è danneggiato dall'inquinamento atmosferico. Questo è una delle principali cause di morte e di malattia in Europa, con una riduzione media dell'aspettativa di vita di ciascun individuo pari a oltre otto mesi. I bambini, gli anziani, le persone affette da malattie respiratorie e cardiovascolari e le persone che vivono in regioni ad elevata esposizione, come le aree urbane (città) e nei pressi dei principali assi stradali, sono soggette a particolari rischi sanitari.

In base a questa constatazione e, facendo riferimento alla relazione più "tecnica" sulla riduzione delle polveri sottili, il Palamento ha approvato le relazioni di Dorette CORBEY (PSE, NL) e di Gyula HEGYI (PSE, HU) sulla riduzione dell'inquinamento atmosferico. Se la prima di esse (adottata con 563 voti favorevoli, 19 contrari e 42 astensioni) ha un carattere più generale, la seconda (approvata con 448 voti favorevoli, 49 contari e 110 astensioni) si concentra sui problemi - e le possibili soluzioni - che si presentano nelle città.

Il Parlamento, anzitutto, nota che molti Stati membri non rispettano i valori limite previsti dalla legislazione in vigore sulla qualità dell'aria. La maggior parte dei problemi riguardano i Paesi Bassi, il Belgio, la Germania, l'Italia settentrionale, la Polonia e i grandi centri urbani, ma i deputati precisano che il mancato rispetto dei valori limite non è sempre imputabile alla mancata adozione di misure da parte degli Stati membri, bensì dipende talvolta dall'assenza di adeguate misure a livello comunitario.

D'altra parte, ritengono che l'inquinamento atmosferico può essere contrastato soltanto grazie a un dispositivo coerente «comprendente misure a livello europeo, nazionale e locale, e avente quale obiettivo principale quello di combattere le emissioni di inquinanti alla fonte». Per tale motivo accolgono con favore la strategia tematica della Commissione sull'inquinamento atmosferico, ma osservano con rammarico che non prevede alcun obbligo giuridico di ridurre le emissioni di particolato, limitandosi semplicemente ad indicare gli obiettivi di massima.

Rilevano inoltre con preoccupazione che la strategia tematica non indica in che modo possono essere conseguiti gli obiettivi del Sesto programma d'azione comunitario per l'ambiente e, pertanto, chiedono alla Commissione di prevedere obiettivi di riduzione dell'inquinamento atmosferico nettamente più ambiziosi per il 2020 e di rafforzare la legislazione sulle emissioni.

Al riguardo, il Parlamento invita la Commissione e gli Stati membri a adottare quanto prima misure volte a ridurre le emissioni nei vari settori che contribuiscono all'inquinamento atmosferico, dando la priorità ai settori non ancora regolamentati e in cui è possibile conseguire ulteriori riduzioni delle emissioni a costi più bassi. L'Esecutivo, inoltre, dovrebbe formulare senza indugio una proposta di revisione della direttiva sui limiti nazionali di emissione. I deputati, al riguardo, sollecitano l'approvazione di misure volte a ridurre le emissioni del settore dei trasporti marittimi oppure quelle provenienti da fonti industriali e domestiche (impianti di riscaldamento).

Ma insistono anche sulla necessità di azioni nel campo dell'agricoltura che, a loro parere, rappresenta «una delle principali fonti di inquinamento atmosferico». Le attività agricole, infatti, «contribuiscono notevolmente alle emissioni di ammoniaca» e, notando come il settore sia sottoposto a scarsi obblighi in materia di riduzione delle emissioni, invitano la Commissione a formulare con urgenza delle proposte in questa direzione. In proposito, chiedono all'Esecutivo di subordinare le sovvenzioni della PAC «al rispetto di criteri rigorosi per le azioni di lotta alle emissioni di ammoniaca». D'altra parte, accogliendo un emendamento avanzato dal PPE/DE, il Parlamento si dice consapevole del fatto che il livello perseguito dalla strategia per l'ammoniaca nel settore agricolo sia «relativamente ambizioso». Pertanto, chiede alla Commissione di tenere pienamente conto, nella revisione della PAC, dei problemi di acidificazione causati dall'ammoniaca e, quindi, di perseguire un livello più esigente.

Gli Stati membri sono poi sollecitati a contrastare l'inquinamento atmosferico causato dall'agricoltura intensiva, dall'uso di fertilizzanti e dagli impianti per il riscaldamento delle serre, e a utilizzare le sovvenzioni agricole per risolvere il problema dell'ammoniaca. Mentre la Commissione dovrebbe includere l'agricoltura intensiva nella direttiva sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento (direttiva IPPC), andrebbero anche rafforzate le misure destinate a favorire lo sviluppo dell'agricoltura biologica e dell'agricoltura integrata nel contesto della politica di sviluppo agricolo.

Pur appoggiando la Strategia Tematica per l'Ambiente Urbano (STAU) proposta dalla Commissione il Parlamento la ritiene insufficiente a realizzare gli obiettivi stabiliti dal Sesto programma d'azione comunitario per l'ambiente (6° PAA).  Deplora, inoltre, che la Commissione non proponga misure vincolanti che consentano di raggiungere gli obiettivi fissati dal Programma d'azione e che non cerchi di rendere la politica europea più equilibrata tra le zone rurali e le zone urbane, nonché tra le città principali e quelle periferiche. D'altra parte, chiede alla Commissione di definire linee direttrici sull'applicazione della futura direttiva sulla qualità dell'aria e di garantire la corretta applicazione di tale legislazione.

In proposito, insiste sul fatto che la Commissione - d'intesa con le autorità nazionali - debba incitare tutti gli agglomerati superiori ai 100.000 abitanti, ad elaborare un piano di gestione urbana sostenibile (PGUS) e un piano di trasporti urbani sostenibili (PTUS). Assieme agli orientamenti della Commissione dovrebbero figurare degli indicatori comuni di base in linea con gli obblighi derivanti dall'attuale politica ambientale dell'UE (direttive sull'aria, il rumore, le acque e i rifiuti, politica di efficienza energetica e politica climatica), in modo da rendere possibili raffronti e operazioni di "benchmarking" tra le città europee.

Per il Parlamento, occorre poi incentivare l'uso dei trasporti pubblici e lo sviluppo di infrastrutture di trasporto pubblico. Sottolineando poi che l'inquinamento atmosferico è una delle principali cause dei problemi di salute nell'UE, i deputati ritengono che le autorità nazionali, regionali e locali dovrebbero rivedere i sistemi di trasporto locali e cercare soluzioni innovative per ridurre al minimo l'uso di autovetture nei centri delle città. In proposito, si dicono convinti che le tasse sulla congestione del traffico comportino benefici economici e ambientali e che la suddivisione in zone a fini ambientali, che scoraggia l'accesso delle autovetture più inquinanti ai centri cittadini, costituisca un forte incentivo per l'ammodernamento del parco autovetture.

Caldeggiando anche l'utilizzazione di modi di trasporto e di tecnologie ecologici, il Parlamento rileva l'importanza del ricorso ai biocarburanti, alle tecnologie di automobili ibride, alle biciclette, nonché ad autotreni e autobus che soddisfino le norme per autoveicoli più ecologici dell'Unione europea.  Nel sollecitare inoltre la creazione di un equilibrio migliore tra trasporti individuali e collettivi nelle aree urbane, chiede agli Stati membri di compiere sforzi, d'intesa con le amministrazioni locali, per far passare almeno il 5% di passeggeri/km dall'automobile privata a metodi di trasporto interurbano sostenibili, come il trasporto pubblico e la bicicletta, entro il periodo 2002-2012. I Piani per il trasporto urbano sostenibile, inoltre, dovrebbero comprendere strumenti attraverso i quali le autorità locali possano promuovere i tipi di trasporto non motorizzati, costruendo una vasta rete di piste ciclabili e prevedendo percorsi e incroci sicuri per i pedoni.

Il Parlamento rileva poi che le autorità locali possono stimolare notevolmente l'innovazione acquisendo veicoli puliti (EEV, Euro 6 e VI) per il parco mezzi pubblici e semipubblici. Al riguardo, il Parlamento esorta la Commissione a proporre nel 2006 le future norme Euro VI per le autovetture private, unitamente a un'ulteriore riduzione della norma per l'NOx per le automobili e i furgoni a diesel a decorrere dal 2011 e a indicare pure in che modo evolveranno le norme Euro VII per i mezzi pesanti. Dovrebbe anche introdurre le norme Euro VI per i mezzi pesanti entro e non oltre il 2012, unitamente a norme analoghe a quelle in vigore negli Stati Uniti. I governi, invece, sono invitati a adottare le misure necessarie per eliminare progressivamente i vecchi veicoli inquinanti - fatta eccezione per i veicoli storici d'epoca - o, se del caso, a fornire incentivi per il loro ammodernamento.

I deputati chiedono poi alla Commissione di proporre un obiettivo relativo alla superficie di spazio verde per abitante per i nuovi agglomerati urbani e, al riguardo, ritengono che tale obiettivo dovrebbe essere inserito nei PGUS «al fine di impedire qualsiasi riduzione dello spazio verde nelle zone urbane che non rispondono a tale criterio». Gli Stati membri sono inoltre invitati a dare la priorità al finanziamento di progetti che limitino l'espansione su terreni non edificati e che promuovano la costruzione su terreni industriali abbandonati. Deve anche essere promosso l'impianto di alberi lungo le strade e la creazione di nuove aeree verdi. In sede di progettazione ed espansione urbanistica occorre poi destinare ampi spazi naturali liberi dal cemento.

Come misura cautelare per salvaguardare i centri storici e gli spazi naturali, inoltre, il Parlamento chiede che si creino anelli di protezione a basso indice di edificabilità per evitare le pressioni immobiliari. Sottolinea poi che alcuni centri storici - «pregevoli elementi del nostro patrimonio comune» - sono da anni abbandonati nelle città e, pertanto, raccomanda di disporre, a livello nazionale, regionale o locale, programmi di aiuto per promuovere un adeguato restauro di queste zone.

I deputati sollecitano la promozione di progetti cofinanziati dall'UE connessi con lo sviluppo e la modernizzazione di reti di riscaldamento urbano. Sottolineano poi la necessità di sviluppare nuovi metodi di gestione idrica nelle città, al fine di prevenire le improvvise inondazioni o fare fronte ai periodi di siccità. Al riguardo, chiedono la promozione di orientamenti comunitari relativi all'efficienza idrica nei nuovi edifici e alla conservazione dell'acqua nei periodi di, al fine di ridurre le perdite d'acqua e i rischi di inondazione nonché l'impermeabilità del suolo, e accrescere le riserve d'acqua. E' inoltre sottolineata l'importanza di un risanamento delle condutture d'acqua e dei sistemi di canalizzazione antiquati delle città.

Il Parlamento, infine, rileva anche l'importanza di aumentare il rendimento ambientale degli edifici con un design di alloggi efficienti in termini di energia (isolamento, uso di energia rinnovabile, giardini pensili, design solare passivo/attivo, alloggi a basso consumo di energia ecc.). Sostiene inoltre l'uso di fonti di energia rinnovabile ed eventualmente disponibili a livello locale nell'ambiente urbano e una progettazione di case con impianti idrici efficienti (conservazione e reimpiego dell'acqua piovana, sciacquoni razionali, lavatrici e lavastoviglie che facciano un uso efficace dell'acqua). Accogliendo un emendamento avanzato dal PSE, inoltre, propone che i fondi dell'UE siano assegnati e utilizzati dagli Stati membri «al fine di riattare edifici e quartieri».

Link utili

Comunicazione della Commissione sulla strategia tematica sull’inquinamento atmosferico
Comunicazione della Commissione sulla strategia tematica sull'ambiente urbano
Decisione che istituisce il Sesto programma d'azione comunitario per l'ambiente (6° PAA)

Riferimenti

Gyula HEGYI (PSE, HU)
Relazione sulla strategia tematica sull’ambiente urbano
Procedura: Iniziativa
&
Dorette CORBEY (PSE, NL)
Relazione sulla strategia tematica sull’inquinamento atmosferico
Dibattito: 25.9.2006
Votazione: 26.9.2006

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CONTROLLO DEI BILANCI


Discarico 2004: sì critico all'acquisto degli edifici di Strasburgo

L'Aula ha adottato una relazione che, nel sostenere il discarico del bilancio 2004, riserva un'attenzione particolare alla politica immobiliare del Parlamento, affronta anche il tema del fondo pensionistico integrativo dei deputati e chiede la definizione di uno statuto degli assistenti parlamentari. Sul caso dei canoni d'affitto, la relazione non rileva atti illeciti e, sottolineando il comportamento «inelegante» della Città di Strasburgo, approva l'acquisto degli edifici nella capitale alsaziana.

Approvando con 535 voti favorevoli, 45 contrari e 5 astensioni la relazione di Markus FERBER (PPE/DE, DE), l'Aula concede il discarico per l'esecuzione del bilancio 2004 del Parlamento europeo, ma coglie l'occasione per commentare alcuni aspetti della gestione finanziaria. Per le altre istituzioni, il discarico era già stato concesso lo scorso mese di aprile, ma il caso sollevato degli affitti pagati alla Città di Strasburgo aveva spinto i deputati a rinviare quello relativo al Parlamento in attesa di esaminare meglio la situazione.

Una parte rilevante della relazione è infatti dedicata alla politica immobiliare del Parlamento europeo e, più in particolare, ai casi degli edifici "Winston Churchill" (WIC) e "Salvador de Madariaga" (SDM). Questi due immobili, subaffittati al Parlamento dalla Città di Strasburgo, sono stati oggetti di una polemica sorta nello scorso mese di marzo, quando è emerso che la Città di Strasburgo avrebbe percepito una compensazione da parte del proprietario, SCI Erasme, nel quadro della vendita degli edifici. Sospeso l'acquisto del WIC e dell'SDM, la commissione per il controllo dei bilanci ha quindi costituito un gruppo di lavoro informale incaricato di consigliare il relatore in merito alle asserzioni sui contratti di affitto esistenti e l'acquisto eventuale dei due edifici da parte del Parlamento.

Al riguardo, il Parlamento «deplora profondamente» il fatto che la commissione per il controllo dei bilanci sia venuta a conoscenza delle illazioni relative alle suddette clausole grazie alle notizie riportate dalla stampa piuttosto che, «come ci si sarebbe aspettati», dall'amministrazione o dall'Ufficio di presidenza del Parlamento europeo, «entrambi pienamente consapevoli delle affermazioni già da settimane».

Nessuna irregolarità, ma «inelegante» la condotta della Città di Strasburgo

Per i deputati, «nessun elemento sembra indicare che siano stati commessi illeciti» nel concludere e nell'applicare i contratti di affitto e i relativi accordi integrativi, «sebbene esistano dubbi in merito alla piena osservanza del principio di «sana gestione finanziaria». Nel sottolineare poi che «solo la Città di Strasburgo era a conoscenza dell'esistenza di due contratti differenti tra le tre parti interessate» in forza ai quali i canoni pagati alla Città di Strasburgo superavano i rimborsi all'investitore privato, osservano che i pagamenti eccedentari effettuati nel periodo contrattuale di 25 anni sono stati pari ad almeno 32 milioni di euro, al netto dei costi di investimento e dei lavori eseguiti.

Pur sostenendo che non esiste alcuna disposizione giuridica che vieti ad uno Stato o ad un ente territoriale di realizzare profitti, il Parlamento, tuttavia, ritiene che «la condotta della Città di Strasburgo sia stata quantomeno inelegante», poiché «contraria alle regolari norme di ospitalità nei confronti delle istituzioni internazionali». Inoltre, «deplora profondamente la mancanza di buona fede dimostrata sia dalla Città di Strasburgo che dall'investitore privato SCI- Erasme nelle loro relazioni con il Parlamento». Anche per non aver dato seguito alle sue richieste di ricevere tutta la documentazione pertinente di SCI-Erasme.

Rivedere la politica immobiliare

Osservando che non esiste una base assolutamente affidabile per fissare un congruo canone d'affitto per i due edifici, la relazione afferma che ciò ha reso difficile definire un prezzo equo per l'affitto e valutare quindi se il Parlamento ha pagato, nel corso degli anni, un canone effettivamente equo. Ciò nonostante i deputati chiedono alla commissione per il controllo dei bilanci di riesaminare la politica immobiliare del Parlamento durante la procedura di discarico per l'esercizio 2005 e di fare altrettanto in seguito, su base regolare.

Sollecitano inoltre l'amministrazione del Parlamento a adottare le misure necessarie per esaminare regolarmente, almeno ogni cinque anni, gli obblighi contrattuali di lunga durata nei confronti di terzi, ad esempio i contratti di affitto o di fornitura di servizi. Più in generale la relazione chiede all'amministrazione del Parlamento, d'intesa con le altre istituzioni dell'Unione, di elaborare - entro il 1° ottobre 2007 - una relazione in cui si valuti la possibilità di istituire un'Autorità europea per l'attività immobiliare cui conferire i compiti connessi con la costruzione e la manutenzione degli edifici delle istituzioni e degli organi dell'UE.

Indennità e regime pensionistico integrativo dei deputati

La relazione accoglie favorevolmente il fatto che lo statuto dei deputati del Parlamento europeo, adottato dal Consiglio il 19 luglio 2005, entrerà in vigore il primo giorno della legislatura che inizierà nel 2009. Ricorda inoltre che, nel maggio 2004, le disposizioni relative all'indennità e al rimborso delle spese dei deputati sono state adeguate al regolamento finanziario e, in proposito, chiede che la commissione per il controllo dei bilanci sia informata delle misure finora adottate. Invita poi l'Ufficio di presidenza a realizzare il progetto, già previsto dallo statuto dei deputati approvato dal Parlamento, di creare per i deputati che lo desiderino, un sistema di rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute.

I deputati constatano che, nel novembre 2005, il Fondo pensionistico integrativo contava 475 affiliati: questi hanno pagato un contributo mensile di 948 EUR (1/3) attingendo all'indennità per spese generali, mentre il restante è stato versato mensilmente dal Parlamento. Nel prendere poi atto del fatto che dai 60 anni in poi e dopo soltanto 5 anni di contribuzione, un affiliato può, a partire dal gennaio 2005, ricevere una pensione mensile di 1.276 EUR, la relazione osserva che il 30 novembre 2005 l'Ufficio di Presidenza ha deciso un incremento delle quote contributive mensili a partire dal 2006 (1.094 EUR per gli aderenti e 2.088 EUR per il Parlamento) e l'elaborazione di una relazione sulla situazione finanziaria del Fondo pensionistico da parte di un gruppo di lavoro.

A loro parere, inoltre, entro quest'anno si deve porre la base contrattuale per i rapporti tra il Parlamento e il Fondo pensionistico e chiedono quindi al Segretario generale di presentare alla commissione per il controllo dei bilanci, nel dicembre 2006, una relazione sui progressi conseguiti. Per i deputati, infine, i contributi degli affiliati al Fondo pensionistico volontario devono «provenire direttamente da una fonte personale di reddito e non attraverso il sistema delle indennità parlamentari» anche se, come ha concluso la Corte dei conti, dal punto di vista del Fondo e degli affiliati, «l'attuale sistema contributivo aveva operato in modo efficace».

Uno statuto per gli assistenti parlamentari

Prendendo atto che il 13 dicembre 2004 l'Ufficio di presidenza ha approvato alcuni emendamenti alle regole che disciplinano le indennità di segreteria, la relazione si rammarica del fatto che, al 20 febbraio 2006, «l'87,2% dei deputati non aveva ancora fornito al Parlamento le dichiarazioni relative all'utilizzo dell'indennità di assistenza parlamentare». Queste, è ricordato, avrebbero dovuto essere presentate entro il 1° novembre 2005, come stabilito dalla regolamentazione riguardante le spese e le indennità dei deputati, «che prevede una dichiarazione dell'affiliazione degli assistenti a un regime di sicurezza sociale nel caso in cui l'assistente è coperto da un contratto di fornitura di servizi».

E' poi espresso il rammarico riguardo al fatto che il Parlamento non abbia ancora concluso contratti quadro con società specializzate in materia di gestione, in conformità del diritto nazionale applicabile, di questioni fiscali e previdenziali connesse con i contratti di lavoro, come disposto dalla Regolamentazione riguardante le spese e le indennità dei deputati al Parlamento europeo. Infine, la relazione chiede all'Ufficio di Presidenza di istituire uno statuto per gli assistenti dei deputati che disciplini, tra l'altro, le condizioni di assunzione e di lavoro, nonché la sicurezza sociale e la fiscalità e insiste affinché entri in vigore quanto prima possibile.

Riferimenti

Markus FERBER (PPE/DE, DE)
Seconda relazione sul discarico per l'esecuzione del bilancio generale dell'Unione europea per l'esercizio 2004
Procedura: Discarico
Dibattito: 25.9.2006
Votazione: 26.9.2006 

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RICERCA E INNOVAZIONE


Sviluppare le nanoscienze per una migliore qualità della vita

Il Parlamento sottoscrive il piano d'azione volto a promuovere le nanoscienze e le nanotecnologie in Europa. Notando i vantaggi della loro applicazione, chiede finanziamenti e infrastrutture adeguati e un rafforzamento della formazione scientifica. Ma sollecita anche la protezione della proprietà intellettuale e nuove norme sui brevetti. Sottolineando poi l'importanza di uno sviluppo etico di queste tecnologie, chiede di sensibilizzare il pubblico sulle «grandissime opportunità» che offrono.

Con l'adozione della relazione di Miloslav RANSDORF (GUE/NGL, CZ), il Parlamento plaude al piano d'azione su nanoscienze e nanotecnologie proposto dalla Commissione e appoggia gli obiettivi e le iniziative che vi sono esposti. I deputati, infatti, riconoscono che le nanoscienze e le nanotecnologie «hanno la potenzialità di arrecare enormi vantaggi alla società» poiché possono contribuire allo sviluppo di nuovi prodotti, materiali, applicazioni e servizi e al conseguente miglioramento della produttività e della qualità della vita nell'insieme dell'UE.

Il Parlamento, d'altra parte, raccomanda che alle ambizioni presentate nel piano d'azione «corrispondano finanziamenti adeguati» e appoggia la volontà della Commissione di potenziare notevolmente le risorse destinate alla ricerca in questo settore, «essenziale per il futuro sviluppo dell'Europa». Inoltre, i deputati ritengono che l'Europa abbia bisogno di un sistema coerente di infrastrutture di ricerca e sviluppo all'avanguardia mondiale e richiamano l'attenzione sul fatto che tali infrastrutture richiedono una massa critica di risorse «che esulano dalle possibilità dei governi e delle imprese a livello locale».

Riconoscendo, d'altro canto, che le politiche nazionali di ricerca e sviluppo condotte su scala più ridotta possono spesso rivelarsi più adatte a reagire in modo adeguato al mutare delle opportunità e agli sviluppi del mercato, invitano la Commissione e gli Stati membri a rafforzare e a coordinare i loro sforzi di ricerca e sviluppo in questo campo. A tale scopo, raccomandano la creazione in ogni Stato membro di una massa critica minima di scienziati e infrastrutture specializzati nelle nanoscienze e nelle nanotecnologie in modo da creare centri di eccellenza specializzati in taluni paesi e coordinati a livello dell'Unione.

Sinergie tra ricerca, istruzione e innovazione

Al fine di conseguire le necessarie sinergie tra ricerca, istruzione e innovazione, i deputati chiedono agli Stati membri di sviluppare strategie volte a migliorare gli scambi di conoscenze e ad affrontare la carenza di personale qualificato, accordando maggiore importanza alla formazione in scienze naturali e attirando un maggior numero di studenti verso le nanoscienze e le materie scientifiche multidisciplinari.

Compiacendosi quindi dell'impegno della Commissione per sostenere le Reti di formazione nel campo della ricerca sulle nanotecnologie, invitano gli Stati membri a creare, sia singolarmente sia in stretta cooperazione fra loro, reti multisettoriali che colleghino le nanotecnologie con un'ampia gamma di settori della ricerca al fine di sviluppare nuove tecnologie ibride.

Favorire l'innovazione industriale

Per il Parlamento, le azioni volte ad accelerare lo sviluppo tecnologico devono essere completate da misure politiche atte a garantire la penetrazione sul mercato delle tecnologie esistenti. Inoltre, al fine di garantire condizioni omogenee per i mercati e gli scambi internazionali, sollecitano la rimozione di qualsiasi ostacolo dovuto all'assenza di norme e a legislazioni poco chiare «che ritardano inutilmente l'adozione delle nanotecnologie e delle nanoscienze in Europa».

Ma, secondo i deputati, anche l'industria, gli istituti di ricerca e gli istituti finanziari dovrebbero collaborare affinché la ricerca e lo sviluppo di eccellenza nelle nanoscienze si traduca in nuovi prodotti e processi. Osservano, quindi, che gli Stati membri dovrebbero accelerare e stimolare questo processo concentrandosi sul miglioramento del clima imprenditoriale, in particolare per le nuove imprese, le PMI e le imprese innovative. In proposito, sottolineano come la protezione dei diritti di proprietà intellettuale sia essenziale per l'innovazione, al fine di attrarre gli investimenti iniziali e per garantire introiti futuri. La Commissione è quindi invitata a sviluppare norme per la protezione dei diritti di proprietà intellettuale e modelli per accordi di licenza.

Esprimendo poi rammarico per il fatto che la brevettazione delle invenzioni delle nanoscienze e delle nanotecnologie in Europa progredisce con lentezza, il Parlamento sollecita l'UE a istituire un sistema di monitoraggio dei brevetti in questi campi. Incoraggia, inoltre, riforme generali nel campo del sistema europeo dei brevetti «al fine di ridurre i costi del brevetto e migliorare l'accessibilità dei brevetti per le PMI». Sottolinea poi la necessità di maggiore trasparenza e di chiari limiti all'estensione della protezione brevettuale. Dicendosi convinti che le possibilità per l'Europa di restare all'avanguardia in questo campo «dipendono dalla sua capacità di coordinamento», i deputati sottolineano infine la necessità di un polo unico comune di coordinamento e l'importanza che l'UE parli con una voce sola sulla scena internazionale, «proprio in vista delle sfide rappresentate dalla tutela dei brevetti in Cina».  

Uno sviluppo tecnologico responsabile ed etico

Il Parlamento riconosce che un elemento essenziale di una strategia responsabile è l'integrazione di aspetti sociali, sanitari e di sicurezza nello sviluppo tecnologico delle nanoscienze e delle nanotecnologie. La Commissione, gli Stati membri e l'industria europea sono quindi sollecitati a instaurare un dialogo efficace con tutti i soggetti interessati, in modo da orientare gli sviluppi verso una strada sostenibile.

Sottolinea anche la necessità di rispettare alti principi etici e si dice favorevoli agli esami etici previsti per materie quali gli interventi non terapeutici sugli esseri umani e la connessione tra nanoscienze e nanotecnologie e la privacy delle persone. In proposito, esprimono l'auspicio che tali esami siano pubblici ed includano un'analisi approfondita della nanomedicina. I deputati sostengono poi l'insediamento di comitati etici atti a contribuire, tramite pareri scientifici indipendenti, ad una corretta informazione del pubblico promuovendo un clima di fiducia sugli eventuali rischi e vantaggi connessi con lo sfruttamento delle scoperte nel settore delle nanotecnologie.

Il Parlamento, inoltre, insiste affinché la valutazione dei rischi tecnologici (dalla progettazione fino allo smaltimento o riciclaggio) per la salute umana, i consumatori, i lavoratori e l'ambiente sia contestuale all'intero ciclo di vita dei prodotti delle nanoscienze e delle nanotecnologie. Raccomanda poi che gli elenchi degli ingredienti dei prodotti di consumo specifichino l'aggiunta di materiale a base di nanoparticelle manufatte. L'industria, da parte sua, «deve unirsi agli sforzi comuni» e, al riguardo, i deputati la esortano a partecipare allo sviluppo delle nanotecnologie, «operando nel rispetto dei principi della responsabilità sociale delle imprese».

E' poi ricordato che tutte le applicazioni e gli impieghi delle nanoscienze e delle nanotecnologie «devono rispettare l'elevato livello di tutela della salute umana, dei consumatori, dei lavoratori e dell'ambiente». E vi è la necessità di una codifica dei nanomateriali volta a predisporre norme che contribuiranno agli sforzi tesi a individuare eventuali rischi. Osservando la scarsità delle conoscenze sull'eventuale nocività per la salute e l'ambiente delle nuove nanoparticelle sintetiche, il Parlamento chiede che, in conformità del principio di precauzione ed anteriormente alla loro produzione e commercializzazione, siano esaminati gli effetti delle nanoparticelle poco solubili e difficilmente degradabili.

Una strategia d'informazione per i cittadini

Il Parlamento esorta vivamente la Commissione a mettere a punto una strategia di comunicazione per sensibilizzare il pubblico «sulle grandissime opportunità offerte dalla nanotecnologia e tranquillizzarlo». I deputati, inoltre, reputano che, nell'ambito di tale strategia, la Commissione debba contemplare anche l'ipotesi di una campagna itinerante con un "Camion delle nanoscienze" o l'assegnazione di un "Premio di nanotecnologia". A loro parere, anche le imprese devono contribuire alla divulgazione di informazioni obiettive sulle scoperte nel campo delle nanoscienze e delle nanotecnologie, sui loro impieghi previsti e sui loro rischi e vantaggi per la società.

Background

Il termine "nanotecnologia" indica la manipolazione o l'auto-aggregazione di singoli atomi, molecole o cluster molecolari a formare strutture e quindi a creare materiali e sistemi aventi proprietà nuove o completamente diverse sotto il profilo fisico, chimico e biologico rispetto ai componenti di origine. Tra i nuovi prodotti della nanotecnologia, di dimensioni ridottissime, vanno citate le nanoparticelle d'argento presenti sulla superficie di frigoriferi, condizionatori d'aria e lavatrici che hanno proprietà antibatteriche e antimicotiche, mentre nel settore biomedicale vengono realizzati composti per protesi ossee più resistenti dell'acciaio inossidabile. Le nanoscienze hanno anche reso possibile la realizzazione di vernici anti-graffiti, batterie a lunga durata, tessuti auto-pulenti, rivestimenti avanzati e schermi flessibili.

Le nanotecnologie riuniscono varie specializzazioni tecnologiche (microelettronica, tecnologia dei microsistemi, chimica, fisica, biotecnologia) in un'unica branca multidisciplinare. Si prevede che le nanoscienze e le nanotecnologie avranno ripercussioni virtualmente in ogni campo e perciò sono considerate tra le tecnologie più importanti per il XXI secolo. La National Science Foundation statunitense arriva a stimare a mille miliardi di dollari il mercato globale delle nanotecnologie entro 10-15 anni. Il piano d'azione sulle nanoscienze e le nanotecnologie presentato dalla Commissione per il periodo 2005-2009, definisce una serie di azioni tra loro interconnesse per l'immediata attuazione della strategia europea precedentemente proposta in questi campi.

Link utili

Comunicazione della Commissione
Verso una strategia europea a favore delle nanotecnologie

Riferimenti

Miloslav RANSDORF (GUE/NGL, CZ)
Relazione su nanoscienze e nanotecnologie: un piano d'azione per l'Europa 2005-2009
Procedura: Iniziativa
Dibattito: 28.9.2006
Votazione: 28.9.2006

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Non più ritardi su Galileo

Il Parlamento considera strategico il programma Galileo pertanto, in una risoluzione comune approvata dalla Plenaria, chiede di garantirne il progresso anche attraverso nuovi strumenti giuridici e procedurali. Sollecita anche il rispetto delle scadenze e chiede quindi di garantire che non si registrino ulteriori ritardi nella sua realizzazione.

Il Parlamento europeo «sostiene pienamente» il programma Galileo, ritenendolo un «progetto strategico» che costituisce uno dei pilastri più importanti della strategia di Lisbona e che offre grandi opportunità alle PMI. Ha quindi adottato una risoluzione comune che, anzitutto, invita la Commissione europea a valutare quali modifiche potrebbero essere apportate ai regolamenti giuridici e procedurali «al fine di garantire il costante progresso del progetto». In proposito, i deputati sottolineano che ciò, senza implicare una riduzione delle competenze e delle responsabilità delle istituzioni, «può comportare l'applicazione di soluzioni più creative e più adeguate agli obiettivi del programma».

Nel prendere atto del nuovo calendario aggiornato, il Parlamento invita la Commissione «a rispettarlo e ad esigerne il rispetto». Nel quadro dell'approvazione del contratto di concessione, chiede inoltre di essere informato sui costi addizionali derivanti dai ritardi e su qualsiasi futuro cambiamento significativo. Invitando la Commissione a completare i regolamenti mancanti, necessari affinché le PMI dispongano di tempo sufficiente per prepararsi a partecipare al progetto, il Parlamento sollecita il Consiglio «a garantire che non si registrino ulteriori ritardi in questo progetto».

Link utili

Sito della Commissione su Galileo

Riferimenti

Risoluzione comune sullo stato di avanzamento del programma Galileo
Procedura: Risoluzione comune
Dibattito: 26.9.2006
Votazione: 28.9.2006

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ISTRUZIONE

Dimensione europea nell'istruzione e Quadro comune delle qualifiche professionali

Il Parlamento chiede di promuovere l'accesso alle informazioni sulle istituzioni e sulle iniziative dell'UE nonché la conoscenza della storia e della cultura europei ed insiste sull'insegnamento precoce di due lingue straniere. Inoltre saluta con favore la definizione di un Quadro europeo delle qualifiche professionali, ritenendolo di «importanza cruciale» per la mobilità dei lavoratori. Ma chiede lo sviluppo di principi europei per la convalida dei processi di apprendimento informali. 

Adottata con 470 voti favorevoli, 55 contrari e 24 astensioni, la relazione di Christopher BEAZLEY (PPE/DE, UK) sottolinea anzitutto l'esigenza che tutti i sistemi di istruzione garantiscano che, al termine del ciclo di studi secondari, gli allievi possiedano le conoscenze e le competenze necessarie ad «assumere il ruolo di cittadini e membri dell'Unione europea». Osservando quindi che le informazioni sull'Europa fornite agli alunni, agli insegnanti e agli studenti variano notevolmente da paese a paese, i deputati ritengono che occorre fare il possibile per accordarsi «su una visione comune della storia e su una comune definizione dei valori europei».

Nel sottolineare pertanto l'importanza che i vari Stati membri elaborino una definizione più chiara e uniforme del significato, dell'essenza e dell'ambito della "dimensione europea", il Parlamento sollecita il Consiglio europeo e i ministri dell'Istruzione a promuovere la dimensione europea nell'istruzione. A tale proposito, peraltro, precisa che essa «è un complemento del contenuto nazionale ma non lo sostituisce né lo surroga». Al Consiglio, inoltre, è chiesto di riconoscere i due diversi aspetti della dimensione europea. In primo luogo, l'accesso alle informazioni che riguardano l'UE, ossia le istituzioni, i metodi, le prassi e le iniziative. In secondo luogo, la conoscenza della storia comune e del patrimonio culturale dell'Europa, lo sviluppo delle competenze linguistiche e la comprensione degli eventi di attualità a livello europeo, ossia «tutti aspetti che possono integrare i programmi scolastici nazionali».

I deputati, d'altra parte, considerano che l'aspetto linguistico appaia essenziale per il rafforzamento della dimensione europea, «poiché la conoscenza delle lingue straniere è parte integrante dell'insieme delle competenze di base di un cittadino europeo tipo, che vive, studia, lavora e si sposta nell'Unione europea». Insistono quindi sulla necessità di un miglioramento continuo nell'insegnamento linguistico impartito, ad esempio, nell'ambito della sezione del programma COMENIUS relativo all'apprendimento permanente. Il Parlamento, pertanto, sollecita gli Stati membri a promuovere la diffusione del multilinguismo mediante una politica che preveda l'insegnamento di un maggior numero di lingue rispetto ai programmi attuali e «l'insegnamento in età precoce di almeno due lingue straniere nei loro programmi scolastici».

A tale proposito, peraltro, rilevano la difficoltà in alcuni Stati membri, in particolare delle persone di madrelingua inglese «a mantenere un interesse e una motivazione sufficienti per apprendere altre lingue europee e rafforzare in tal modo la comprensione reciproca e l'empatia in tutta Europea». Nel raccomandare poi lo scambio delle migliori prassi tra tutti gli Stati membri in materia di insegnamento delle lingue e l'inclusione di contenuti europei nei programmi scolastici, i deputati invitano il Consiglio a valutare se risorse utili e pertinenti come la "rete delle scuole europee", la cooperazione e l'innovazione nell'ambito dell'apprendimento e strumenti quali "L'Europa a scuola" abbiano bisogno del sostegno di risorse aggiuntive.

Occorre anche valutare se gli insegnanti abbiano ricevuto idonee direttive su come accedere alle informazioni pertinenti al fine di ampliare la dimensione europea nel contesto dell'insegnamento. E, a tale proposito, i deputati suggeriscono la promozione di corsi di formazione per insegnanti «atti ad assicurare ai tirocinanti la necessaria comprensione delle questioni europee e a porli in grado di integrare la dimensione europea nell'attività didattica volta a impartire la conoscenza della realtà nazionale e locale».

Adottando con 535 voti favorevoli, 18 contrari e 10 astensioni, la relazione di Thomas MANN (PPE/DE, DE), il Parlamento sottolinea la necessità di costruire un sistema europeo di riconoscimento delle qualifiche e delle competenze, nel rispetto delle ricchezze e delle specificità territoriali. Nel salutare con favore la creazione del Quadro europeo delle qualifiche (EQF), i deputati sostengono che il suo sviluppo «riveste un’importanza cruciale» per favorire l’occupabilità e la mobilità geografica della forza lavoro dell’UE, ma anche per promuovere la competitività e la coesione sociale. Sono poi del parere che l'EQF deve contribuire ad una maggiore trasparenza nel campo del riconoscimento delle qualifiche acquisite e dell'equivalenza di quelle da acquisire, e promuovere il miglioramento dei sistemi di istruzione generali e professionali onde accrescere anche in tal modo le opportunità occupazionali.

Il Quadro europeo delle qualifiche (EQF) mira a collegare i quadri di riferimento a livello nazionale e settoriale, ad assicurare il riconoscimento, la comparabilità e il trasferimento delle qualifiche relative all’istruzione e alla formazione professionale e ad incrementare la trasparenza, la permeabilità e la mobilità. L’EQF è costituito da otto livelli verticali (livelli di riferimento) connessi a tre ambiti orizzontali (conoscenze, abilità e competenze conseguite sul piano personale e professionale), in modo da poter meglio classificare gli individui in base ai risultati d’apprendimento. 

Il Parlamento osserva che, in linea di principio, l'EQF sarà inizialmente attuato su base volontaria e senza comportare obblighi giuridici. Inoltre, ritiene che l'organizzazione e la convalida della formazione lungo tutto l'arco della vita sia di competenza degli Stati membri, e che «l'EQF può difficilmente intervenire sulla questione». Tuttavia, a suo parere, esso rappresenta uno «stimolo al cambiamento» e «uno strumento di supporto per le riforme ai pertinenti livelli» nonché «un fattore atto a favorire la trasparenza e la corrispondenza fra le certificazioni rilasciate a livello nazionale e settoriale».

Per i deputati, inoltre, l’EQF costituisce uno strumento utile per migliorare e consolidare la fiducia reciproca tra i diversi sistemi e, pertanto, ne sostengono pienamente gli obiettivi. D’altra parte, pur condividendo, l’impianto del sistema, invitano la Commissione a precisare meglio il rapporto tra i livelli di qualificazione, la direttiva sul riconoscimento delle qualifiche professionali e i dispositivi di validazione dell’apprendimento non formale e informale già esistenti o in fase di attuazione a livello nazionale e regionale. Ritengono inoltre che gli otto livelli di riferimento EQF proposti debbano essere «riveduti e migliorati», mentre i descrittori devono essere formulati in modo più conciso e più facilmente comprensibile. E’ anche necessario porre l'accento sulla chiara distinguibilità dei vari livelli di riferimento, per consentire un chiaro inquadramento delle qualifiche.

E’ poi rilevato che uno dei compiti principali dell'EQF deve consistere nell'agevolare e nel promuovere il trasferimento delle qualifiche tra i vari sistemi di istruzione e formazione, per rendere possibile la mobilità professionale da uno Stato all'altro e rispondere più efficacemente alle caratteristiche della domanda/offerta del mercato del lavoro europeo. Facendo proprio un emendamento proposto dai Verdi, i deputati si compiacciono inoltre del fatto che, attraverso la Strategia di Lisbona, si ponga un forte accento sulla formazione permanente sul luogo del lavoro e, pertanto, anche sul riconoscimento di qualifiche che si acquisiscono nel luogo di lavoro.

Il Parlamento chiede poi che siano maggiormente promossi e sostenuti i principi comuni europei per l'identificazione e la convalida dei processi di apprendimento non formali ed informali nel quadro dell'apprendimento lungo tutto l'arco della vita (principalmente per le materie tecnologico-scientifiche), «tenendo conto delle peculiarità dei vari settori professionali, delle regioni e degli Stati». I deputati sono infatti dell’avviso che l’obbligo di rispettare una serie di principi comuni «sia un importante elemento» affinché la cooperazione fra gli attori operanti a diversi livelli «abbia successo».

Link utili

Sito della Commissione sull'istruzione e sulla formazione
Proposta di raccomandazione che istituisce un quadro europeo delle certificazioni per l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita (versione inglese)
Documento di lavoro della Commissione - "Verso un quadro europeo delle qualifiche per l'apprendimento permanente" (versione inglese)
Comunicazione della Commissione - "Modernizzare l’istruzione e la formazione"
Direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali

Riferimenti

Christopher BEAZLEY (PPE/DE, UK)
Relazione sulle iniziative destinate ad integrare i programmi scolastici nazionali con misure di sostegno idonee ad includere la dimensione europea
&
Thomas MANN (PPE/DE, DE)
Relazione sulla creazione di un Quadro europeo delle qualifiche
Procedura: Iniziativa
Dibattito: 25.9.2006
Votazione: 26.9.2006

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Più mobilità per gli studenti e sviluppo della formazione permanente

Il Parlamento sostiene la "Carta europea di qualità per la mobilità", ma insiste sulla necessità di migliorare l'informazione dei cittadini in merito alle opportunità offerte e sottolinea l'importanza delle competenze linguistiche. L'Aula raccomanda di collegare i sistemi di istruzione e formazione alle politiche occupazionali e sociali e chiede che sia attribuita particolare attenzione ai gruppi che - per motivi personali, sociali, culturali e economici - patiscono un deficit di competenze.

La "Carta europea di qualità per la mobilità", da attuare su base volontaria, è costituita da dieci orientamenti indirizzati principalmente alle organizzazioni d’invio e di accoglienza responsabili della mobilità e copre tutti i possibili tipi di mobilità in campo didattico e formativo. La proposta della Commissione mira a soddisfare la necessità di una maggiore qualità nel campo della mobilità a fini di istruzione e formazione ed integra una precedente raccomandazione, ampliandone la portata. Formula dei principi comuni tesi a rafforzare l’efficienza e l’efficacia di tutti i tipi di mobilità organizzata a fini di apprendimento e vuole fornire un punto di riferimento a tutte le parti interessate attrici della mobilità, nel contesto del programma integrato sull’apprendimento permanente per il periodo 2007-2013.

La relazione di Christa PRETS (PSE, AT) - adottata nel quadro della procedura di codecisione - ha accolto una serie di emendamenti di compromesso concordati con il Consiglio e la Commissione e che permettono quindi di chiudere la procedura in prima lettura. Per i deputati, la mobilità «avvicina i cittadini e migliora la comprensione reciproca». ma promuove anche «la solidarietà, lo scambio di idee e una migliore conoscenza delle diverse culture che compongono l'Europa, favorendo quindi la coesione economica, sociale e regionale». Inoltre, un miglior contesto per la mobilità a fini di istruzione e di formazione all'interno dell'UE contribuirà alla realizzazione di un'economia basata sulla conoscenza che, a loro parere, «è fondamentale per la creazione di posti di lavoro, lo sviluppo sostenibile, la ricerca e l'innovazione negli Stati membri».

Per tale ragione, il Parlamento invita gli Stati membri a adottare e a promuovere l'uso della "Carta europea di qualità per la mobilità", che indica una serie di linee direttrici relative, tra l'altro, al piano di apprendimento, alla preparazione generale, agli aspetti linguistici, al sostegno logistico, al tutoraggio e al riconoscimento dei titoli. In tale contesto, la Carta contribuirà ad aumentare gli scambi, ad agevolare il riconoscimento dei periodi dedicati allo studio e/o alla formazione, dei titoli e delle qualifiche, nonché a instaurare una reciproca fiducia in modo da migliorare e rafforzare la cooperazione tra le autorità, le organizzazioni e tutte le parti interessate alla mobilità.

Il Parlamento ritiene che, per migliorare la qualità e l'efficacia dei sistemi di istruzioni e di formazione in Europa, «è necessario un maggiore sostegno da parte di tutti i soggetti interessati, comprese le autorità pubbliche. Gli Stati membri dovrebbero quindi fornire un sostegno adeguato e infrastrutture appropriate alla mobilità a fini di istruzione e formazione con lo scopo di potenziarne i livelli dei propri cittadini. Per i deputati, inoltre, occorre dedicare attenzione alla questione della portabilità dei prestiti, delle borse di studio e delle prestazioni previdenziali.

Un emendamento di compromesso precisa che la Carta deve essere messa prontamente a disposizione, «nella rispettiva lingua», di tutti gli studenti e le persone che seguono una formazione e «deve rappresentare un quadro di riferimento fondamentale». I governi dovrebbero inoltre adottare i provvedimenti necessari per promuovere la mobilità, garantire che tutta la relativa informazione «sia facilmente comprensibile e accessibile a tutti», ad esempio mediante una guida introduttiva alla mobilità o un elenco delle organizzazioni sostenitrici e, infine, migliorare le condizioni per la mobilità. Più in particolare, dovrebbe essere disponibile un'informazione chiara in merito a ciascuno dei punti contenuti nella Carta, rispetto al ruolo e ai compiti delle organizzazioni di invio e di accoglienza e ai vari sistemi d'istruzione e di formazione.

Secondo i deputati, prima di avviare la mobilità, il piano di apprendimento andrebbe redatto tenendo conto della preparazione linguistica. Reputano, infatti, che le competenze linguistiche sono importanti «per un apprendimento efficace, una comunicazione interculturale e una migliore comprensione della cultura del paese d'accoglienza». Pertanto, prima della partenza, occorrerà valutare le competenze linguistiche e la possibilità di seguire corsi relativi alla lingua del paese ospitante e/o alla lingua delle lezioni, se diversa.

Nell'elaborazione del piano, inoltre, si dovrebbe tenere conto delle questioni relative alla reintegrazione nel paese d'origine e alla valutazione. Un emendamento precisa quindi che, nel piano d'apprendimento, l'organizzazione d'invio «dovrebbe impegnarsi a riconoscere i periodi di mobilità portati a termine con successo e incoraggia la promozione di Europass. La relazione, infine, sottolinea che la Carta dovrebbe tener conto delle necessità specifiche delle persone disabili e delle categorie svantaggiate.

Il Parlamento ha anche adottato la relazione di Helga TRÜPEL (Verdi/ALE, DE) sulla proposta di raccomandazione relativa a competenze chiave per l'apprendimento permanente. Anche in questo caso i deputati hanno sottoscritto un pacchetto di emendamenti di compromesso concordati con il Consiglio e la Commissione per permettere la chiusura della procedura in prima lettura.

La proposta di raccomandazione mira a realizzare uno strumento di riferimento europeo che definisca le competenze di base (competenze chiave) da fornire a tutti i cittadini mediante l'apprendimento permanente per contribuire alla realizzazione personale, alla partecipazione attiva e al miglioramento dell’occupabilità della persona in economie e società basate sulla conoscenza. La proposta, che individua 8 competenze chiave, formula una serie di raccomandazioni e stabilisce come accedere alle competenze chiave mediante l'apprendimento permanente.

Un primo emendamento è teso a ricordare che gli orientamenti integrati per la crescita e l'occupazione 2005-2008 sollecitano l'integrazione della dimensione uomo-donna e della parità di genere in tutte le azioni nonché il raggiungimento di una media occupazionale generale nell'Unione europea pari al 70% e, per le donne, ad almeno il 60%. Per tale ragione, si raccomanda agli Stati membri di garantire la coerenza dell'offerta di istruzione e formazione per gli adulti rivolta ai singoli cittadini «mediante vigorosi nessi con la politica dell'occupazione e la politica sociale, la politica culturale, la politica dell'innovazione» e con altre politiche che interessano i giovani.

Inoltre, è precisato che, muovendo dalle diverse competenze individuali, occorre rispondere alle diverse esigenze dei discenti assicurando la parità di accesso a quei gruppi che - a causa di svantaggi educativi determinati da circostanze personali, sociali, culturali e economiche - hanno bisogno di un sostegno particolare per realizzare le loro potenzialità educative. Al riguardo sono citati gli individui con scarse competenze di base, in particolare alfabetico, i giovani che abbandonano la scuola prematuramente, i disoccupati di lunga durata e coloro che tornano al lavoro dopo un lungo periodo di assenza, gli anziani, i migranti e i disabili.

Le competenze chiave, così come definite dagli emendamenti di compromesso, sono le seguenti: comunicazione nella madrelingua, comunicazione nelle lingue straniere, competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia, competenza digitale, imparare a imparare, competenze sociali e civiche, spirito di iniziativa e imprenditorialità e, infine, consapevolezza ed espressione culturale. E' anche precisato che tutte queste competenze sono «ugualmente importanti», poiché «ciascuna di esse può contribuire a una vita positiva nella società della conoscenza».

Al riguardo, la relazione introduce una serie di emendamenti chiarificatori. Ad esempio, in merito alle "competenze digitali" è precisato che la competenza deve presupporre la consapevolezza delle opportunità ma anche «dei potenziali rischi» di Internet. Per quanto concerne le "competenze sociali e civiche", diversi emendamenti pongono l'accento sull'importanza dei principi democratici, della non discriminazione e della tolleranza. Inoltre, è definita «essenziale» la conoscenza dell'integrazione europea, nonché delle strutture, dei principali obiettivi e dei valori dell'UE, come pure «una consapevolezza della diversità e dell'identità culturale europee».  La conoscenza culturale, infine, presuppone anche «una consapevolezza del retaggio culturale locale, nazionale ed europeo e della loro collocazione nel mondo».

Link utili

Proposta della Commissione sulla Carta europea di qualità per la mobilità
Anno europeo della mobilità dei lavoratori - Sito della Commissione europea
Studiare all'estero - Sito della Commissione europea
PLOTEUS - Portale sulle Opportunità di Apprendimento nello Spazio Europeo
Proposta della Commissione relativa a competenze chiave per l'apprendimento permanente

Riferimenti

Christa PRETS (PSE, AT)
Relazione sulla proposta di raccomandazione relativa alla mobilità transnazionale nella Comunità a fini di istruzione e formazione: La Carta europea di qualità per la mobilità
Procedura: Codecisione, prima lettura
&
Helga TRÜPEL (Verdi/ALE, DE)
Relazione sulla proposta di raccomandazione relativa a competenze chiave per l'apprendimento permanente
Procedura: Codecisione, prima lettura
Dibattito: 25.9.2006
Votazione: 26.9.2006

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POLITICA REGIONALE


Via libera agli orientamenti strategici sulla coesione

A larga maggioranza, il Parlamento ha concesso il proprio parere conforme sulla proposta di decisione del Consiglio che stabilisce gli orientamenti strategici per la coesione economica, sociale e territoriale.

Lo scopo di questi orientamenti è di definire un contesto indicativo per l’intervento del Fondo europeo di sviluppo regionale, del Fondo sociale europeo e del Fondo di coesione, tenendo conto delle altre politiche comunitarie pertinenti, al fine di promuovere uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile della Comunità. Adottando con 575 voti favorevoli, 40 contrari e 37 astensioni la raccomandazione di Constanze KREHL (PSE, DE), il Parlamento ha concesso il parere conforme.

Un primo orientamento mira a rendere l'Europa e le sue regioni più attraenti per gli investimenti e l'occupazione. Si tratterà quindi di potenziare le infrastrutture di trasporto, rafforzare le sinergie tra tutela dell'ambiente e crescita e affrontare l'uso intensivo delle fonti energetiche tradizionali.

Riguardo all'obiettivo di promuovere la conoscenza e l'innovazione a favore della crescita, l'accento è posto sull'aumento e sul miglior utilizzo degli investimenti nella ricerca, sulla promozione dell'imprenditorialità, sull'accesso alla società dell'informazione per tutti e sul miglioramento dell'accesso al credito.

L'orientamento relativo a posti di lavoro migliori e più numerosi, insiste sulla necessità che un maggior numero di persone arrivi e rimanga sul mercato del lavoro e sulla modernizzazione dei sistemi sociali. Ma anche sul miglioramento dell'adattabilità dei lavoratori e delle imprese e sulla flessibilità del lavoro nonché sull'aumento degli investimenti nel capitale umano, migliorando l'istruzione e le competenze. Inoltre occorre migliorare la capacità amministrativa e contribuire a mantenere in buona salute la popolazione attiva.

Link utili

Decisione del Consiglio sugli orientamenti strategici comunitari in materia di coesione

Riferimenti

Constanze KREHL (PSE, DE)
Raccomandazione sulla proposta di decisione del Consiglio sugli orientamenti strategici comunitari in materia di coesione
Procedura: Parere conforme
Dibattito: 26.9.2006
Votazione: 27.9.2006

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AGRICOLTURA


Più garanzie sull'origine dei prodotti biologici importati

Il Parlamento chiede un rafforzamento delle disposizioni transitorie sulle importazioni di prodotti biologici, soprattutto sul fronte dei controlli, per tutelare i produttori europei dalla concorrenza sleale e proteggere i consumatori.

Adottando la relazione di Friedrich-Wilhelm GRAEFE zu BARINGDORF (Verdi/ALE, DE), il Parlamento propone una serie di emendamenti alla proposta di regolamento che, in attesa dell'entrata in vigore di un provvedimento legislativo completamente nuovo in materia di produzioni biologiche (prevista per l'inizio del 2009), mira a definire delle disposizioni transitorie in materia di importazioni, visto che parte di esse scadono il 31 dicembre 2006.

Più in particolare, un emendamento intende precisare che, per essere venduto nell'UE come biologico, un prodotto originario da un paese terzo deve essere conforme alle norme di produzione del regolamento comunitario, mentre gli importatori e i consumatori devono poter identificare facilmente il paese d'origine e controllare il rispetto delle condizioni UE. Gli operatori economici di paesi terzi che intervengono in tutte le fasi di produzione, trasformazione e distribuzione del prodotto in questione, inoltre, devono aver notificato le loro attività all'autorità competente o all'organismo di controllo previste dallo stesso regolamento, se tale autorità od organismo effettua controlli nel paese terzo di produzione, oppure ad un organismo di controllo riconosciuto.

Il Parlamento, inoltre, propone di eliminare la possibilità di vendere come biologico un prodotto che risulta essere conforme unicamente alle pertinenti linee guida del Codex Alimentarius. Ritiene infatti che tali orientamenti internazionali siano meno rigidi delle norme comunitarie cui sono sottoposti i produttori europei. Questi ultimi, pertanto, subirebbero condizioni ben più sfavorevoli nel processo di produzione. Il prodotto dovrà essere accompagnato da un certificato delle autorità o degli organismi di controllo che attesti il rispetto delle condizioni previste dal regolamento comunitario. In proposito i deputati precisano che tale certificato dovrà essere rilasciato esclusivamente per il carico specifico che accompagna e al quale dovrà far riferimento.

In merito all'elenco dei paesi terzi le cui norme di produzione e i cui regimi di controllo sono equivalenti a quelli europei, i deputati chiedono che esso sia pubblicato e periodicamente sottoposto a revisione. A loro parere, poi, i dati in esso contenuti dovrebbero essere verificati attraverso ispezioni periodiche in loco delle strutture di produzione e controlli delle norme di produzione e dei documenti pertinenti. Il riconoscimento da parte delle Commissione, inoltre, «deve essere reciproco», per cui al paese terzo spetta a sua volta permettere l'accesso al proprio mercato dei prodotti biologici europei. Un altro emendamento, inoltre, precisa che gli organismi di controllo dei paesi terzi "riconosciuti" dovranno soddisfare la norma europea EN 45011 ed essere stati accreditati prima del gennaio 2009. Tale norma, sostanzialmente, è volta a garantire l'indipendenza e la competenza degli organismi preposti ai controlli.

Il Parlamento chiede poi alla Commissione di presentare, entro il 1° gennaio 2009, una proposta relativa a misure di assistenza tecnica dell'UE per l'introduzione «di condizioni quadro e di sistemi di controllo vincolanti applicabili all'agricoltura biologica nei paesi terzi». Alla stessa data, inoltre, dovrebbe presentare una relazione sulle specifiche fonti di rischio delle importazioni da paesi terzi, «per le quali è necessario prestare una particolare attenzione ed eseguire controlli», al fine di «prevenire irregolarità». La Commissione dovrà anche introdurre una proposta relativa alla formazione e/o alla promozione di certificatori e di ispettori locali nei paesi terzi.

Infine, un emendamento chiede agli Stati membri di gestire una banca dati pubblica della Comunità sulle importazioni verso il territorio europeo che dev'essere coordinata dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare.

L'attuale normativa

La normativa vigente sulle produzioni biologiche prevede un elenco di paesi terzi la cui legislazione in materia di coltivazione, certificazione e commercializzazione dei prodotti biologici è stata riconosciuta equivalente al regolamento dell'Unione europea. Tra questi, figurano l'Argentina, l'India, l'Australia, la Svizzera e Israele. Tuttavia, il 70% delle importazioni di prodotti biologici avviene ancora in base alle cosiddette "autorizzazioni d'importazione", rilasciate dalle autorità competenti degli Stati membri seguendo procedure in parte diverse.

Attualmente le autorizzazioni d'importazione hanno validità annuale e si riferiscono a un determinato volume di un prodotto specifico. Le autorità verificano il rispetto delle norme di produzione e dei volumi basandosi esclusivamente sulla documentazione, senza effettuare controlli a campione in loco. La procedura delle autorizzazioni d'importazione viene pertanto accusata di essere, da un lato, troppo burocratica e, dall'altro, assolutamente inefficace. Malgrado la densità relativamente alta dei controlli sulle merci importate, in passato si sono continuamente verificati casi di frode.

Il biologico in Europa e in Italia

Dall’entrata in vigore del regolamento, nel 1991, l’agricoltura biologica ha registrato una crescita straordinaria e, nella maggior parte degli Stati membri, la quota di mercato del comparto agroalimentare biologico è tuttora in aumento. Secondo le più recenti statistiche, 149 000 aziende sono certificate biologiche o in via di conversione all’agricoltura biologica. Nel 2003, queste aziende rappresentavano l’1,4% di tutte le aziende agricole dei 25 Stati membri. La superficie certificata biologica o in via di conversione occupava un’area di 5,7 milioni di ettari, pari al 3,6% della superficie agricola utilizzata nel 2003.

Con circa 44.000 aziende e più di un milione di ettari - ossia il 21% del totale comunitario - l'Italia è il Paese con la maggiore estensione di produzioni biologiche dell'UE, seguito da Germania, Spagna, Regno Unito e Francia. Secondo stime della Coldiretti, il settore rappresenta il 2% del mercato dei prodotti alimentari, con un fatturato nazionale complessivo di 1,5 miliardi di euro. I principali orientamenti produttivi interessano foraggi, prati e pascoli, e cereali, che nel loro insieme rappresentano oltre il 70% circa della superficie ad agricoltura biologica, mentre seguono, in ordine di importanza, le coltivazioni arboree (olivo, vite, agrumi, frutta) e le colture industriali. Per le produzioni animali, risultano allevati con metodo biologico 222.516 bovini da latte e carne, 825.274 ovi-caprini, 977.537 polli, 31.338 suini, 1.293, conigli e sono presenti 72.241 alveari di api.

Link utili

Proposta di Regolamento del Consiglio relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici
Regolamento sul metodo di produzione biologico (testo consolidato)

Riferimenti

Friedrich-Wilhelm GRAEFE zu BARINGDORF (Verdi/ALE, DE)
Relazione sulla proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CEE) n. 2092/91 relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e all’indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari
Procedura: Consultazione legislativa
Dibattito: 27.9.2006
Votazione: 28.9.2006

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PESCA


Più tutele per i pescatori costieri

Il Parlamento critica duramente la comunicazione della Commissione relativa al miglioramento della situazione economica nell'industria della pesca. Chiede quindi misure di sostegno per far fronte all'aumento del prezzo dei carburanti e l'aumento del massimale degli aiuti "de minimis". Sollecita poi un programma UE di sostegno alla piccola pesca costiera e artigianale, aiuti alla commercializzazione dei prodotti e il rafforzamento della lotta alla pesca di frodo.

Con 497 voti favorevoli, 55 contrari e 19 astensioni, il Parlamento ha adottato la relazione d'iniziativa di Pedro GUERREIRO (GUE/NGL, PT) che anzitutto lamenta la presentazione tardiva della comunicazione della Commissione sulle strategie volte a migliorare la situazione economica dell’industria della pesca. Sottolinea inoltre «la mancanza di ambizione dimostrata», visto che le proposte avanzate «sono insufficienti e alcune addirittura inadeguate di fronte alle dimensioni e alla gravità della crisi che il settore sta attraversando». I deputati deplorano anche l'esistenza di una politica che, «approfittando del deterioramento socioeconomico del settore dovuto all'aumento vertiginoso del prezzo del carburante», è volta «a promuovere lo smantellamento e la cessazione definitiva d'attività delle imbarcazioni». Ritengono poi che le misure presentate «non contemplino un'effettiva dimensione socioeconomica» e siano invece misure «che non tengono conto delle conseguenze della loro attuazione sugli equipaggi dei pescherecci».

Il Parlamento, inoltre, deplora che, nell'ambito degli aiuti al salvataggio e alla ristrutturazione, la Commissione continui ad ostacolare l'eventuale concessione di indennità compensative e di aiuti di funzionamento. Insiste quindi sulla necessità di adottare misure immediate e concrete per ridurre l'elevata instabilità dei prezzi del carburante per il settore, segnatamente attraverso l'istituzione di misure di sostegno ai relativi costi. Chiede pertanto la creazione di un fondo di garanzia a compartecipazione comunitaria, che garantisca la stabilità del prezzo del carburante nonché la concessione di un'indennità transitoria alle imprese interessate del settore. I deputati chiedono poi alla Commissione di valutare le proposte del settore riguardo alla creazione di un quadro per la concessione di agevolazioni fiscali, al fine di garantire la competitività della flotta dell'UE che opera al di fuori delle acque comunitarie e che deve competere sugli stessi mercati con le flotte di paesi terzi i cui costi possono essere più del 300% inferiori a quelli delle navi comunitarie

Esprimendo poi la sua delusione per la normativa recentemente annunciata dalla Commissione, che porta a soli 30.000 euro in tre anni il massimale degli aiuti "de minimis" per il settore della pesca, il Parlamento ricorda le insistenti richieste del settore e delle amministrazioni di numerosi Stati membri, intese ad aumentare tali aiuti portandoli a 100.000 euro. Inoltre, deplora «la mancanza di lungimiranza» con cui il FEP gestisce gli aiuti destinati alla sostituzione dei motori che renderà «praticamente impossibili» alcune prassi di pesca, potrà incidere sulla sicurezza e favorire nel contempo un aumento delle frodi attraverso notifiche in difetto della potenza. Ribadisce quindi la necessità che il FEP continui a concedere aiuti per il rinnovo e l'ammodernamento dei pescherecci soprattutto per la piccola pesca costiera e artigianale, nonché per la sostituzione di imbarcazioni aventi più di 20 anni che non operano più in condizioni di sicurezza.

In proposito, peraltro, il Parlamento sollecita la Commissione «a riconoscere la specificità della piccola pesca costiera e della pesca artigianale» nell'ambito della PCP e ad analizzare in che misura gli attuali strumenti siano adeguati per rispondere alle esigenze del settore, adattandoli di conseguenza. L'Esecutivo dovrebbe quindi presentare una proposta volta a istituire un programma comunitario di sostegno alla piccola pesca costiera e alla pesca artigianale, «che aiuti a coordinare le azioni e canalizzi i finanziamenti di altri strumenti esistenti per rispondere ai problemi specifici di questo segmento del settore».

Nel sottolineare la necessità di una revisione ambiziosa della OCM per migliorare la commercializzazione del pesce e dei prodotti della pesca e aumentarne il valore aggiunto, i deputati considerano essenziale che i pescatori siano coinvolti più direttamente nella trasformazione e commercializzazione, al fine di potenziare la loro base di guadagno e migliorare i livelli di vita. La Commissione è quindi sollecitata a presentare proposte di revisione della OCM dei prodotti della pesca in questa direzione, segnatamente introducendo meccanismi che migliorino il prezzo della prima vendita e promuovano una distribuzione giusta e adeguata del valore aggiunto sulla catena di valori. Il Parlamento, inoltre, ritiene importante valutare l'adozione di altre forme d'intervento analoghe ai prezzi di garanzia o alle aliquote massime sui profitti, al fine di assicurare una migliore distribuzione del valore aggiunto e ridurre i margini degli intermediari.

Nel sottolineare poi la necessità che i Fondi strutturali contribuiscano all'ammodernamento e alla creazione delle infrastrutture di commercializzazione per il settore della pesca, il Parlamento sollecita la Commissione a studiare meccanismi, come gli aiuti al consumo, per promuovere la commercializzazione di prodotti trasformati della pesca, aventi un maggiore valore aggiunto, in particolare le conserve, e la esorta ad assicurare la promozione esterna dei prodotti comunitari della pesca, come le conserve, in particolare finanziandone la diffusione nell'ambito di esposizioni e fiere internazionali. La Commissione dovrebbe anche prendere misure affinché ai prodotti della pesca importati, commercializzati sul mercato interno, siano applicati gli stessi requisiti previsti per i prodotti della pesca comunitari.

Ribadendo la richiesta alla Commissione di adottare un approccio integrato per le misure di protezione dell'ambiente marino e la ricostituzione degli stock ittici, i deputati mettono in evidenza la necessità di istituire un quadro regolamentare per azioni intese ad adeguare lo sforzo di pesca alle risorse disponibili, con particolare riferimento al problema delle navi di grandi dimensioni, dotate di attrezzi imponenti che pescano in piccoli bacini. A loro parere, inoltre, tutte le misure di ricostituzione delle risorse alieutiche debbono essere prese con il coinvolgimento dei pescatori e basate sulla ricerca scientifica nel settore della pesca. Alla Commissione è poi chiesto di operare una distinzione tra tecniche di pesca e uso delle stesse. Infatti, la pratica di determinate tecniche di pesca, ritenute nocive su scala industriale, «può inserirsi nel quadro di una pesca sostenibile per le attività artigianali e permettere quindi la conservazione di comunità di pescatori attualmente destinate a scomparire».

La relazione, infine, ritiene indispensabile che siano prese misure per rafforzare la lotta contro la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata e chiede agli Stati membri di rafforzare i loro meccanismi di controllo. Sono necessari maggiori controlli alle frontiere dell'Unione europea per impedire l'importazione di pesce catturato illegalmente.

Link utili

Comunicazione della Commissione relativa al miglioramento della situazione economica nell'industria della pesca

Riferimenti

Pedro GUERREIRO (GUE/NGL, PT)
Relazione sul miglioramento della situazione economica nell'industria della pesca
Procedura: Iniziativa
Dibattito: 27.9.2006
Votazione: 28.9.2006

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Maggiori controlli sullo spinnamento degli squali

Il Parlamento sollecita la Commissione a vigilare affinché gli Stati membri rispettino l'obbligo di effettuare i dovuti controlli sui pescherecci che usano asportare le pinne dagli squali catturati. Inoltre, raccomandando alla Commissione di non proporre alcun aumento del rapporto pinne/carcassa, chiede una modifica della normativa che affronti le difficoltà di applicazione originate dalla disposizione sullo sbarco di pinne e carcasse in porti separati.

In alcuni paesi asiatici, la zuppa di pinne di pescecane è considerata una prelibatezza. Tuttavia, ciò comporta che molti pescherecci, una volta catturato uno squalo, ne asportano la pinna e gettano a mare l'ingombrante carcassa. Questa pratica, nota come "finning" (o spinnamento), desta crescente preoccupazione a livello internazionale e comunitario in quanto provoca un’elevata mortalità di squali, con effetti devastanti e insostenibili sulle popolazioni di tali animali. Lo spinnamento è, di norma, vietato a bordo dei pescherecci comunitari, sia nelle acque marittime soggette alla sovranità o alla giurisdizione degli Stati membri sia nelle acque internazionali e in quelle dei paesi terzi.

Ciononostante, poiché tali specie rientrano nelle catture accessorie delle attività di pesca comunitarie rivolte ad altre specie più pregiate, l'Unione europea ha approvato un regolamento che autorizza lo spinnamento, a condizione tuttavia che tale operazione consenta un utilizzo più razionale di tutte le parti dell'animale, con lo stoccaggio separato delle pinne e del resto dell'animale. Più in particolare, è previsto l'obbligo che lo Stato membro di bandiera rilasci un permesso di pesca speciale solo ai pescherecci che abbiano dato prova della loro capacità di sfruttare tutte le parti dell'animale e che abbiano giustificato la necessità di una lavorazione a bordo. Tra le condizioni previste dal regolamento figura anche l'obbligo di rispettare una corrispondenza teorica tra il peso totale dell'animale e quello delle pinne, le quali in nessun caso superano il 5% del peso vivo degli squali catturati.

Approvando con 483 voti favorevoli, 58 contrari e 21 astensioni la relazione di Rosa MIGUÉLEZ RAMOS (PSE, ES), il Parlamento si congratula con la Commissione per la chiarezza del rapporto annuale sull'applicazione del regolamento e sottolinea che gli obiettivi posti stanno per essere raggiunti. Tuttavia, i deputati deplorano il fatto che non tutti gli Stati membri rispettino rigorosamente gli obblighi in materia di controllo dei rispettivi pescherecci e di trasmissione delle relazioni obbligatorie. Chiedono quindi alla Commissione di vigilare affinché tali obblighi siano rispettati «senza eccezioni».

L'Esecutivo, inoltre, è invitato a presentare - entro un termine di sei mesi - una proposta di modifica del regolamento in linea con la maggioranza delle analisi scientifiche del rapporto ponderale tra pinne e carcassa negli squali dell'Atlantico, compresa la verdesca (Prionace glauca). Questa analisi, è precisato, conclude che un limite superiore appropriato per la pesca mista degli squali è rappresentato da una proporzione del 5% di peso delle pinne rispetto al peso della carcassa trattata (circa il 2% rispetto al peso vivo).

Il Parlamento, nel raccomandare quindi di non proporre alcun aumento del rapporto pinne/carcassa, chiede che la modifica del regolamento affronti le difficoltà di applicazione originate dalla disposizione relativa allo sbarco di pinne e carcasse in porti separati. La Commissione, infine, è sollecitata a presentare, entro il 30 giugno 2007, un Piano d'azione comunitario per la conservazione degli squali e degli uccelli marini.

Link utili

Relazione della Commissione sul funzionamento del regolamento (CE) n. 1185/2003 relativo all’asportazione di pinne di squalo a bordo dei pescherecci
Regolamento (CE) n. 1185/2003 relativo all’asportazione di pinne di squalo a bordo dei pescherecci

Riferimenti

Rosa MIGUÉLEZ RAMOS (PSE, ES)
Relazione sull'applicazione del regolamento (CE) n. 1185/2003 del Consiglio relativo all'asportazione di pinne di squalo a bordo dei pescherecci
Procedura: Iniziativa
Dibattito: 27.9.2006
Votazione: 28.9.2006

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RELAZIONI ESTERNE


Forze ONU e aiuti umanitari in Darfur

L'Aula ha adottato una risoluzione comune che chiede al governo sudanese di accettare la presenza di forze di pace dell'ONU sul proprio territorio per garantire la sicurezza della popolazione. Il Parlamento condanna inoltre le violazioni del cessate il fuoco e, chiedendo all'UE di adoperarsi per porre fine all'impunità, minaccia sanzioni in caso di inadempienza. I deputati chiedono anche l'aumento degli aiuti umanitari.

Il Parlamento, anzitutto sollecita il governo sudanese ad accettare la presenza di una forza di pace delle Nazioni Unite nel Darfur poiché il Sudan «è venuto meno alla "responsabilità di proteggere" il proprio popolo». Inoltre esige dalle autorità sudanesi che non soltanto si astengano dal porre ostacoli allo spiegamento e alle attività della missione delle Nazioni Unite nel Darfur, ma che creino le condizioni necessarie all'efficace intervento di tale missione. E, in proposito, ammonisce «che qualsiasi inadempienza da parte delle autorità sudanesi darà luogo a sanzioni». I deputati chiedono poi alla Cina e alla Russia di contribuire positivamente agli sforzi dell'ONU per rendere possibile il dispiegamento della forza di pace e di «fare buon uso del loro ruolo nella regione per facilitare il dispiegamento di tale contingente e prevenire scontri sanguinosi». Ma il Parlamento invita anche la Lega araba «a desistere dal proprio atteggiamento connivente verso la persistente intransigenza del Sudan circa la presenza di una forza di pace dell'ONU».

Per il Parlamento, l'UE dovrebbe chiedere l'urgente applicazione sul territorio del Darfur della zona di esclusione aerea deliberata dal Consiglio di sicurezza dell'ONU con la risoluzione 1591. Inoltre, condanna il perdurare delle violazioni del cessate il fuoco da parte di tutti i belligeranti e, in particolare, «le violenze ai danni della popolazione civile e gli attacchi contro l'assistenza umanitaria». D'altra parte, prendendo atto del mandato della Missione dell'Unione africana nel Sudan (AMIS) sino alla fine dell'anno, i deputati sottolineano l'urgente necessità di rafforzare il mandato e i compiti di tale forza e di garantirne un finanziamento e un supporto logistico e materiale sufficienti.

Chiede poi all'UE e agli altri attori internazionali di lavorare concretamente con le Nazioni Unite e l'Unione africana per far sì che le forze di pace nel Darfur «abbiano la capacità di reagire prontamente alle violazioni del cessate il fuoco o alle provocazioni, da qualsiasi parte esse provengano». L'UE, gli Stati Uniti e gli altri attori internazionali sono inoltre sollecitati a imporre sanzioni a qualsiasi parte, compreso il governo, che violi il cessate il fuoco o attacchi la popolazione civile, le forze di pace o gli operatori umanitari. Occorre anche che si adoperino «con ogni mezzo» per contribuire a porre fine allo stato di impunità, dando esecuzione al regime sanzionatorio del Consiglio di sicurezza.

Infine, il Parlamento chiede a tutte le parti, in particolare al governo del Sudan, di garantire «l'accesso pieno, sicuro e incondizionato» del personale umanitario a tutte le persone in difficoltà nel Darfur e di assicurare la fornitura di assistenza umanitaria, in particolare agli sfollati interni e ai rifugiati. L'aiuto umanitario della comunità internazionale dovrebbe inoltre aumentare «in misura significativa» per i quasi 3 milioni di persone «che sono totalmente dipendenti dagli aiuti internazionali per la fornitura di cibo, rifugio e cure mediche».

Riferimenti

Risoluzione comune sulla situazione nel Darfur
Procedura: Risoluzione comune
Dibattito: 27.9.2006
Votazione: 28.9.2006

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DIRITTI UMANI


Scelti i tre finalisti del Premio Sacharov 2006

A margine della sessione plenaria, la riunione congiunta della commissione per gli affari esteri e della commissione per lo sviluppo ha scelto i tre finalisti del Premio Sacharov per la libertà di pensiero: "tutti coloro che lottano contro i rapimenti in Colombia", Alexander Milinkevich e Ghassan Tueni.

Il Premio Sacharov  rappresenta un riconoscimento che, ogni anno, dal 1988, il Parlamento europeo attribuisce a personalità o organizzazioni che si sono distinti nella difesa dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. A margine di questa sessione, la commissione degli affari esteri e la commissione dello sviluppo, da un elenco comprendente 10 candidature,  hanno deciso la lista dei tre finalisti.

L'elenco sarà ora trasmesso alla Conferenza dei presidenti dei gruppi politici che, il prossimo mese di ottobre, sceglierà il vincitore. Il Premio - che comporta anche un assegno di 50.000 euro - verrà poi consegnato nel corso di una seduta solenne che si terrà nel mese di dicembre. Ogni candidato è stato proposto da almeno 37 deputati o da un gruppo politico.

I nominati 2006

Colombia: per tutti quelli che si ribellano ai rapimenti

Circa l'80% dei rapimenti nel mondo avviene in Colombia, più di 3.000. Tutti i soggetti, individui o associazioni, che lottano contro i rapimenti e offrono sostegno alle vittime e alle loro famiglie in Colombia sono stati nominati, in nome del gruppo dei Verdi, dai copresidenti Monica FRASSONI (Verdi/ALE, IT) e Daniel Marc COHN-BENDIT (Verdi/ALE, DE). Tale candidatura era però sostenuta anche da deputati appartenenti ad altri gruppi politici.

Alexander Milinkevich

Leader dell'opposizione in Bielorussia, candidato ex-presidente contro l'attuale Presidente Alexander Lukashenko, si batte per un futuro democratico nel suo Paese. Lo scorso aprile è stato condannato alla prigione per 15 giorni per aver preso parte a una manifestazione non autorizzata a Minsk. La candidatura è sostenuta da Jacek SARYUSZ-WOLSKI (PPE/DE, PL) in nome del gruppo del partito popolare europeo e da Brian CROWLEY (UEN, IE) in nome del gruppo UEN.

Ghassan Tueni

Diplomatico libanese e giornalista, è un acceso sostenitore della riconciliazione nazionale e del dialogo in Medio Oriente. È inoltre il padre di Gebrane Tueni, direttore del giornale libanese assassinato lo scorso anno. Ghassan Tueni è stato ambasciatore presso le Nazioni Unite. La nomina al premio Sacharov è in memoria anche delle altre personalità libanesi assassinate: Rafiq Hariri, Basil Fuleihane, Samir Kassir, George Haouni e Gebrane Tueni. La candidatura è sostenuta da Béatrice PATRIE (PSE, FR) in nome del gruppo del partito socialista (PSE) e da Francis WURTZ (GUE/NGL, FR) in nome del gruppo della sinistra europea (GUE/NGL).

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ISTITUZIONI


Apertura della sessione

Il Presidente Josep BORRELL ha informato l'Aula che, il 18 dicembre, a Bruxelles, si terrà una sessione plenaria straordinaria in occasione della quale la Presidenza informerà i deputati dell'esito della riunione del Consiglio europeo.

Altri documenti approvati

I risultati delle votazioni sono consultabili sul sito del Servizio Stampa del Parlamento europeo.

I testi di tutti i documenti approvati sono reperibili sul sito del Parlamento europeo.

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Ordine del giorno 11-12 ottobre 2006

Bruxelles

Mercoledì 11 ottobre 2006

 (15:00 - 20:00, 21:00 - 24:00)

 

Dichiarazioni del Consiglio e della Commissione - Preparazione del Vertice informale dei capi di Stato e di governo (Lahti, 20 ottobre 2006)

 

Dichiarazioni del Consiglio e della Commissione - Transnistria e Ossezia meridionale

 

Interrogazioni orali - Calzature provenienti dalla Cina e dal Vietnam

 

Interventi di un minuto

 

Relazione Muscardini - Misure antidumping, antisovvenzioni e di salvaguardia adottate dai paesi terzi nei confronti della Comunità (Relazione annuale della Commissione - 2004)

*

Relazione Kacin - Agenzia europea per la ricostruzione

 

***I

 *

Discussione congiunta - Attuazione del settimo programma quadro della CE e della CEEA
Relazione Busquin - Regole per la partecipazione al settimo programma quadro della CE (2007-2013), per la diffusione dei risultati della ricerca
Relazione Laperrouze - Regole per la partecipazione al settimo programma quadro della CEEA (2007-2011), diffusione dei risultati della ricerca

*

Relazione Chichester - Gestione dei programmi europei di radionavigazione satellitare

 

Relazione Jeggle - La protezione e il benessere degli animali (2006-2010)

 

Relazione Ehler - Seguito della relazione sulla concorrenza nel settore delle libere professioni

 

Relazione Varela Suanzes-Carpegna - Relazioni economiche e commerciali tra l'UE e il Mercosur nella prospettiva della conclusione di un accordo interregionale di associazione

 Giovedì 12 ottobre 2006

 (9:00 - 10:50)

 *

 

*

Discussione congiunta - Agenzia dei diritti fondamentali
Relazione Gál - Istituzione di un'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali
Relazione Kovács - Agenzia per i diritti fondamentali, attività relative al titolo VI del trattato sull'Unione europea

(11:00 - 13:00) Votazione

*

Relazione Cavada - Accordo CE-Bulgaria: partecipazione alle attività dell'Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze

*

Relazione Cavada - Accordo CE- Romania: partecipazione alle attività dell'Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze

*

Relazione Cavada - Accordo CE-Turchia: partecipazione alle attività dell'Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze

*

Relazione Costa - Accordo CE/Singapore concernente taluni aspetti dei servizi aerei

*

Relazione Costa - Accordo CE/Australia su alcuni aspetti dei servizi aerei

*

Relazione Costa - Accordo CE/Nuova Zelanda su alcuni aspetti dei servizi aerei

*

Relazione Costa - Accordo CE/Uruguay su alcuni aspetti dei servizi aerei

*

Relazione Costa - Accordo CE/Repubblica delle Maldive su alcuni aspetti dei servizi aerei

 

Relazione Pahor - Modifica degli articoli 3 e 4 del regolamento del Parlamento europeo

***I

Relazione Wallis - Qualità delle acque destinate alla molluschicoltura (versione codificata)

***I

Relazione Wallis - Pubblicità ingannevole e comparativa (versione codificata)

***i

Relazione Wallis - Durata di protezione del diritto d'autore e di alcuni diritti connessi (versione codificata)

***I

Relazione Wallis - Diritto di noleggio e di prestito e taluni diritti connessi al diritto d'autore in materia di proprietà intellettuale (versione codificata)

*

Relazione Wallis - Lotta alla cocciniglia di San José (versione codificata)

*

Relazione Wallis - Glucosio e lattosio (versione codificata)

*

Relazione Moraes- Stipendi base e indennità applicabili al personale di Europol

*

Relazione Moraes - Statuto del personale di Europol

***I

Relazione Krats - Classificazione statistica delle attività economiche NACE Riv. 2 e altre statistiche specifiche

*

Relazione Mann - Assistenza finanziaria eccezionale al Kosovo

 

Testi di cui sarà stata chiusa la discussione

L'ordine del giorno può subire modifiche.

 

Codici delle procedure parlamentari

Serie A

Relazioni e raccomandazioni

Serie B

Risoluzioni e interrogazioni orali

Serie C

Documenti di altre Istituzioni

*

Procedura di consultazione

**I

Procedura di cooperazione, prima lettura

**II

Procedura di cooperazione, seconda lettura

***

Parere conforme

***I

Procedura di codecisione, prima lettura

***II

Procedura di codecisione, seconda lettura

***III

Procedura di codecisione, terza lettura

Abbreviazioni

- Gruppi politici: vedere di seguito

BE

Belgio

IT

Italia

PL

Polonia

CZ

Repubblica ceca

CY

Cipro

PT

Portogallo

DK

Danimarca

LV

Lettonia

SI

Slovenia

DE

Germania

LT

Lituania

SK

Slovacchia

EE

Estonia

LU

Lussemburgo

FI

Finlandia

EL

Grecia

HU

Ungheria

SE

Svezia

ES

Spagna

MT

Malta

UK

Regno Unito

FR

Francia

NL

Olanda

 

 

IE

Irlanda

AT

Austria

 

 

Gruppi politici

PPE/DE

Gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei

PSE

Gruppo socialista al Parlamento europeo

ALDE/ADLE

Gruppo dell'Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l'Europa

Verdi/ALE

Gruppo Verde/Alleanza libera europea

GUE/NGL

Gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica

IND/DEM

Gruppo Indipendenza/Democrazia

UEN

Gruppo "Unione per l'Europa delle nazioni"

NI

Non iscritti

top

Deputati al Parlamento europeo

 Situazione al 28.9.2006
 

 

PPE/DE

PSE

ALDE/ADLE

Verdi/ALE

GUE/NGL

UEN

IND/DEM

NI

Totale

BE

6

7

6

2

 

 

 

3

24

CZ

14

2

 

 

6

 

1

1

24

DK

1

5

4

1

1

1

1

 

14

DE

49

23

7

13

7

 

 

 

99

EE

1

3

2

 

 

 

 

 

6

EL

11

8

 

 

4

 

1

 

24

ES

24

24

2

3

1

 

 

 

54

FR

17

31

11

6

3

 

3

7

78

IE

5

1

1

 

1

4

1

 

13

IT

24

15

12

2

7

9

 

9

78

CY

3

 

1

 

2

 

 

 

6

LV

3

 

1

1

 

4

 

 

9

LT

2

2

7

 

 

2

 

 

13

LU

3

1

1

1

 

 

 

 

6

HU

13

9

2

 

 

 

 

 

24

MT

2

3

 

 

 

 

 

 

5

NL

7

7

5

4

2

 

2

 

27

AT

6

7

1

2

 

 

 

2

18

PL

15

10

4

 

 

10

7

8

54

PT

9

12

 

 

3

 

 

 

24

SI

4

1

2

 

 

 

 

 

7

SK

8

3

 

 

 

 

 

3

14

FI

4

3

5

1

1

 

 

 

14

SE

6

5

3

1

2

 

2

 

19

UK

27

19

12

5

1

 

10

4

78

Totale

264

201

89

42

41

30

28

37

732

Deputati uscenti

Jonas SJÖSTEDT (GUE/NGL, SE)) con effetto dal 27 settembre 2006

Deputati entranti 

Jens HOLM (GUE/NGL, SE) con effetto dal 27 settembre 2006

In data 26 settembre Lars WOHLIN (IND/DEM, SE) ha aderito al gruppo del Partito popolare europeo.

 

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