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RASSEGNA
22 - 23 marzo 2006
Strasburgo
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Sommario
AGRICOLTURA POLITICA SOCIALE ISTITUZIONI SVILUPPO E COOPERAZIONE GIUSTIZIA E AFFARI INTERNI CONSUMATORI ISTITUZIONI ORDINE DEL GIORNO 3 - 6 APRILE 2006 |
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Il Parlamento chiede una politica energetica europea più ambiziosa e comune, che preveda anche la solidarietà tra gli Stati membri in materia di approvvigionamenti. Allarmati del patriottismo economico nazionale, i deputati chiedono lo sviluppo delle reti transeuropee, delle fonti rinnovabili e della ricerca e il miglioramento dell'efficienza energetica. Sollecitando una più intensa cooperazione internazionale, temono che dall'intesa tra Russia e Algeria emerga un nuovo cartello del gas. Il Parlamento accoglie con favore il nuovo Libro verde della Commissione su una politica energetica sicura, competitiva e sostenibile per l'Europa. Tuttavia, rileva che il Libro verde «non propone nuovi obiettivi e non avanza proposte concrete che rispondano ai recenti appelli in vista di una politica energetica comune». Sollecita quindi la Commissione e il Consiglio ad assicurare un processo politico rapido, al fine di pervenire quanto prima ad una politica energetica europea «più ambiziosa», che comprenda un piano d’azione concreto che veda anche la partecipazione del Parlamento europeo. Per i deputati, d'altra parte, il Libro verde «non tratta di settori fondamentali che dipendono in ampia misura da fonti di energia importate», in particolare i trasporti e l'aviazione e chiede alla Commissione di reagire ai recenti inviti riguardanti una politica energetica comune. Gli Stati membri sono comunque invitati ad elaborare un piano energetico di prospettiva basato su previsioni di medio e lungo termine riguardanti la gestione delle forniture e della domanda. In tale ambito dovrebbero anche dichiarare quali mezzi intendono usare per soddisfare la domanda energetica, in termini sia di produzione nazionale che di importazioni, precisando gli effetti di questo equilibrio per quanto riguarda le emissioni di gas ad effetto serra. Solidarietà nell'Unione Il Parlamento sottolinea che «un elemento essenziale» della politica energetica comune dovrebbe consistere in una «solidarietà rafforzata tra gli Stati membri in caso di difficoltà correlate alla sicurezza fisica delle infrastrutture e alla sicurezza dell’approvvigionamento». Al riguardo chiede inoltre che, nel porre in atto la politica energetica a livello nazionale, si segua un approccio «basato sull'equità e sulla responsabilità condivisa». Occorre pertanto che, al momento dell'adozione delle decisioni strategiche, vengano consultati anche quei partner fra gli Stati membri dell'UE che potrebbero essere interessati dalle decisioni stesse. I deputati si dicono poi favorevoli ad un rafforzamento della politica europea di vicinato, in particolare per quanto riguarda la cooperazione con i paesi vicini nel settore dell'energia, includendo le infrastrutture di trasporto, cui andrebbe accordata una particolare assistenza finanziaria. La cooperazione in materia di politica energetica dovrebbe anche essere integrata nei piani d'azione elaborati nel quadro della politica europea di vicinato. Un mercato interno ben funzionante Il Parlamento si dice «fermamente convinto» che un ruolo essenziale per mantenere la sicurezza degli approvvigionamenti è sostenuto dalla rapida trasposizione delle attuali disposizioni UE da parte di tutti gli Stati membri per giungere ad un mercato interno pienamente funzionante nel settore dell'elettricità e del gas «in modo da promuovere la competitività, la trasparenza e l'efficienza energetica». Esprime quindi profonda preoccupazione per la distorsione del mercato interno causata da misure protezionistiche a sostegno di aziende leader a livello nazionale e sollecita la Commissione ad assicurare la piena attuazione delle disposizioni relative al mercato interno, al fine di assicurare una concorrenza equa e non discriminatoria ed evitare la formazione di mercati dell’energia oligopolistici. Facendo proprio un emendamento proposto dai Verdi, il Parlamento invita inoltre la Commissione «a reagire con forza al dominio del mercato e alle imperfezioni del mercato» sottoponendo anche una serie di azioni e strumenti concreti. Oltre a ciò, chiede una cooperazione più stretta tra le autorità europee e nazionali garanti della concorrenza «al fine di fornire una risposta coordinata e veramente europea all’emergere del patriottismo economico nazionale». Per eludere strozzature, aumentare la sicurezza dell’approvvigionamento e completare il mercato interno, i deputati chiedono al Consiglio di accettare la posizione del Parlamento sulle priorità delle reti transeuropee. Inoltre, sollecitano gli Stati membri a creare un mercato interno dell’energia giungendo ad un equilibrio tra fonti di approvvigionamento interne ed esterne, assicurando l’interoperabilità delle reti energetiche nazionali e creando un ambiente competitivo per l’energia, disaggregando le funzioni di fornitura da quelle di distribuzione e garantendo al contempo la concorrenza tra i distributori. Il Parlamento riconosce poi la crescente importanza del gas, visto l’aumento della sua quota sull'energia totale, e la necessità di ricorrere a strategie differenti per assicurare la sicurezza dell'approvvigionamento di gas, «quali lo sviluppo di terminal e di strutture di immagazzinamento di GNL oltre che di nuovi oleodotti». D'altra parte considera che l'intesa tra Russia e Algeria «potrebbe essere il primo passo verso la costituzione di una OPEC del gas» con importanti conseguenze a medio e lungo termine sia sul prezzo del gas sia sulla sicurezza dell'approvvigionamento. In merito all'energia nucleare, approdata nel dibattito politico europeo sul mix energetico, i deputati ritengono che, se la produzione di energia nucleare continuerà a svolgere un ruolo in taluni Stati membri, «le decisioni a tale proposito potranno essere prese solo a livello degli Stati membri nel quadro della sussidiarietà». Al riguardo, approvando un emendamento proposto dal PPE/DE, il Parlamento riconosce il ruolo che l'energia nucleare svolge attualmente in alcuni Stati membri «per garantire la sicurezza dell'approvvigionamento di elettricità nel quadro del mix energetico e come strumento per evitare le emissioni di CO2». Efficienza energetica Per i deputati, la Commissione dovrebbe proporre «misure concrete» in materia di energia e ad investire «con urgenza e in modo massiccio» in un’economia veramente efficiente dal punto di vista energetico «per diminuire drasticamente la nostra dipendenza dai combustibili fossili e divenire entro il 2020 l'economia più efficiente del mondo dal punto di vista energetico». Sarebbe inoltre opportuno che la Commissione insistesse sempre «sul ruolo chiave svolto dalla conservazione e dall’efficienza energetiche nella riduzione della dipendenza energetica». La prima priorità d’azione, per il Parlamento, dovrebbe essere nel campo delle misure di gestione della domanda al fine di migliorare l’efficienza dell’utilizzo energetico e ridurre il consumo mediante la conservazione. A tale riguardo, però, «deplora profondamente» il ritardo nella presentazione di proposte per il settore dei trasporti. I deputati, rilevano inoltre il potenziale economico rappresentato dal risparmio almeno del 20% dell’energia consumata e segnalano che tale potenziale crescerà con l’aumento dei prezzi dell’energia, i miglioramenti tecnologici e le economie di scala. Osservando poi che il settore edilizio, responsabile di oltre il 40% di tutto il consumo energetico nell’UE-25, costituisce il singolo maggiore consumatore di energia e l'aumento dei prezzi dell'energia colpisce soprattutto le fasce socialmente svantaggiate, i deputati incoraggiano la Commissione e gli Stati membri ad elaborare un'iniziativa europea coordinata per migliorare il parco immobiliare europeo, «che proponga soluzioni finanziarie innovative in stretta collaborazione con la Banca europea per gli investimenti». Fonti di energia sostenibili Sottolineando «l’importanza eccezionale» delle fonti di energia rinnovabile e dell’efficienza energetica, il Parlamento chiede quindi alla Commissione e al Consiglio di proporre nuovi obiettivi e azioni ambiziosi in tale ambito per il periodo successivo al 2010, al fine di garantire uno sviluppo più rapido in ciascuno Stato membro. Nel ribadire poi il suo fermo sostegno alle FER, il Parlamento invita gli Stati membri a raddoppiare gli sforzi intesi a portare la quota delle energie rinnovabili nel consumo globale di energia al 12% e nella produzione di elettricità al 22,1% entro il 2010. Accoglie quindi favorevolmente l'adozione della direttiva sull'elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili, le nuove iniziative avviate dalla Commissione nel suo piano d'azione sulla biomassa e la proposta sui biocarburanti. D'altra parte, i deputati ritengono la Commissione dovrebbe presentare «urgentemente» delle proposte volte ad accelerare il ricorso alle pile a idrogeno e a combustibile e rilevano che la biomassa in genere può contribuire a far fronte al fabbisogno energetico dell'Unione mediante la combustione convenzionale. Visti i vantaggi che il reddito aggiuntivo apporta ai settori agricolo e silvicolo, la Commissione è quindi invitata ad attuare un programma accelerato per organizzare, nel più breve tempo possibile, la produzione, la raccolta di residui agricoli e silvicoli, la pirolisi e l'uso del gas prodotto. E' poi sottolineata la necessità di una direttiva concernente il riscaldamento e il raffreddamento mediante fonti di energia rinnovabile per assicurare una maggiore penetrazione nel mercato delle fonti rinnovabili nel settore del riscaldamento. Ricerca e sviluppo La risoluzione riconosce l'importanza di aumentare gli investimenti nella R&S, di trarre vantaggio dalle tecnologie esistenti e di promuoverne nuove per mantenere ai primi posti la competitività dell'Europa e di creare nuovi posti di lavoro di lungo termine e sostenibili. Per i deputati vi è un considerevole margine di miglioramento per le fonti di energia rinnovabili e per un mercato mondiale di apparecchiature e sistemi basati su tali fonti, pertanto invitano l'Unione europea a prevedere nel suo settimo programma quadro di ricerca tecnologie di energia rinnovabile dotate di risorse sufficienti, nonché ad assistere le PMI in questo settore. Chiedono inoltre che nel Settimo programma quadro vengano svolte ricerche sulla biomassa, su tutte le fonti energetiche rinnovabili (inclusa l'energia marina e l'immagazzinamento dell'energia) e sulla tecnologia per la gasificazione del carbone, «per ridurre le emissioni inquinanti e creare un mercato globale in tale settore». Dicendosi poi favorevole a promuovere la ricerca e lo sviluppo per quanto concerne l'efficienza delle centrali elettriche convenzionali che continueranno ad incidere fortemente nella produzione di elettricità, i deputati ritengono che la conoscenza della tecnologia in materia di fusione nucleare e la sua applicazione «abbiano valore strategico e debbano pertanto essere sviluppate ulteriormente nell'UE». Infine, rilevano che gli accordi volontari sarebbero altresì utili per potenziare gli sforzi di ricerca e sviluppo da parte delle società operanti nel settore del petrolio e del gas, «come parte delle loro responsabilità sociali d’impresa», ai fini della messa a punto di nuove tecnologie in campo energetico. Garantire gli approvvigionamenti Le recenti controversie fra la Russia e i suoi vicini sui prezzi del gas, nonché il recente aumento del prezzo del petrolio greggio, secondo il Parlamento hanno messo in evidenza la vulnerabilità delle forniture e della distribuzione di energia. In proposito, rileva che la politica energetica in senso stretto va collegata alla politica estera e di sicurezza e invita l'UE a prendere l'iniziativa di avviare un'ampia cooperazione con tutti i paesi grandi consumatori di petrolio e di gas – come Stati Uniti, Giappone India e Cina – al fine di elaborare una strategia globale completa per organizzare la domanda e «combinare gli sforzi intesi a contrastare l'oligopolio della produzione». Il Parlamento, inoltre, insiste sul fatto che questa strategia dovrebbe anche promuovere le migliori tecnologie in vista del risparmio e dell'efficienza energetici, nonché l'uso di fonti di energia alternative. Per i deputati occorre poi integrare nella nuova diplomazia energetica dell'UE un dialogo costruttivo con tutti i principali consumatori di energia sull'efficienza energetica e la conservazione dell'energia. Si tratterebbe di fissare norme minime di efficienza, da armonizzare progressivamente, per prodotti di interesse globale quali le automobili, le apparecchiature, l'elettronica di consumo e le attrezzature per ufficio, e di promuovere a livello mondiale l'integrazione delle considerazioni ambientali nelle decisioni in materia di trasporti e di energia. Accogliendo un emendamento del PSE, il Parlamento ribadisce che andrebbero sviluppate nuove strategie, atte a ridurre la possibilità di utilizzo dell’uranio e delle scorie nucleari per la produzione e la proliferazione di armi nucleari. Sollecita pertanto la Commissione, il Consiglio e gli Stati membri a dare il loro pieno appoggio alle proposte dell’AIEA volte a multilateralizzare la fornitura di materiale fissile per la produzione di energia nucleare. Nel riconoscere, poi, l'importanza di mantenere buone relazioni politiche con i paesi partner che sono i principali fornitori di energia dell'UE, i deputati ritengono che una visione comune su una strategia in materia di sicurezza dell'approvvigionamento dovrebbe rispettare le differenze geografiche, economiche, regionali, climatiche e strutturali degli Stati membri. Ma sottolineano anche che una politica attiva a sostegno di riforme democratiche, lo sviluppo della società civile e il progresso sociale nei paesi produttori di energia e in quelli con strutture di transito «contribuiranno in modo sostanziale alla stabilità politica di lungo termine, necessaria per la sicurezza dell'approvvigionamento e della distribuzione di energia». Commissione e Consiglio sono poi invitati a proporre un sistema di mediazione riconosciuto a livello internazionale per i casi di conflitti e dispute concernenti la fornitura e la distribuzione di energia e a mettere a punto un approccio modello alla gestione internazionale della distribuzione di energia. Background - Alcuni dati essenziali La dipendenza dell'UE a 25 dalle importazioni di energia era, nel 2002, de 48% (2002) e vi sono previsioni che, entro il 2030, raggiungerà il 71% se non verranno prese misure addizionali. Le importazioni soddisfano il 76,6% della domanda di petrolio europeo, il 53% della domanda di gas, il 35,4% della domanda di carbone e quasi il 100% della domanda di uranio e di prodotti dell'uranio. Nella produzione lorda di energia dell'UE a 25 intervengono per il 31% il nucleare, per il 25% i combustibili solidi (prevalentemente carbone), per il 18% il gas, per il 14% le FER e per il 5% il petrolio. Tredici Stati membri producono elettricità nucleare, mentre altri hanno una politica dichiarata di abbandono graduale dell'energia nucleare Nel 2005, il consumo di energia primaria nell'UE a 25 è stato di 1.700 milioni di tonnellate equivalenti petrolio, di cui il 38% petrolio, il 23% gas, il 18% carbone/combustibili solidi, il 15% nucleare e il 6% fonti di energia rinnovabile (FER). L'uso finale di energia nell'UE a 25, nel 2004, è stato del 28% nel settore industriale, del 31% nel settore dei trasporti e del 41% nel settore dell'edilizia. Più in particolare, il 59% del petrolio consumato in Europa nel 2004 è stato utilizzato dal settore dei trasporti, il 17% in quello dell'edilizia, il 16% per usi non energetici e l'8% nel settore industriale. Secondo le stime della Commissione, la domanda di energia nel settore dei trasporti dovrebbe aumentare come minimo del 30% entro il 2030, con un incremento che può raggiungere il 5% annuo per il trasporto aereo. Nel 2004, il 29% del gas consumato nell'UE a 25 è stato utilizzato per produrre elettricità, mentre il restante 71% è stato usato in altri settori (industria, edilizia ecc). L'UE si è fissata l'obiettivo di portare, entro il 2010, dal 6% al 12% la quota delle energie rinnovabili nel consumo energetico, al 22,1% la loro quota nella produzione di elettricità e al 5,75% la quota nel settore dei carburanti. Secondo l'ultimo Eurobarometro relativo all'energia, circa la metà dei cittadini dell'UE (48%) ritiene che il governo nazionale dovrebbe concentrarsi sullo sviluppo dell'uso dell'energia solare, seguito dalla promozione di una ricerca avanzata per nuove tecnologie energetiche (41%) e dallo sviluppo dell'uso dell'energia eolica (31%), mentre si è meno favorevoli ad una regolamentazione che riduca la dipendenza dal petrolio (23%) e allo sviluppo dell'uso dell'energia nucleare (12%). Link utili
Libro verde della Commissione - Una strategia europea per
un’energia sostenibile, competitiva e sicura Riferimenti Risoluzione comune sulla sicurezza
dell'approvvigionamento di energia nell'Unione europea |
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L’agricoltura può fornire materie prime utili alla produzione di carburanti e combustibili, plastiche, lubrificanti, isolanti, fibre, farmaci e cosmetici. Lo sviluppo di queste colture può quindi contribuire a ridurre la dipendenza energetica e l’inquinamento, creando al contempo nuove opportunità per le imprese agricole e le zone rurali. Il Parlamento esorta pertanto l’UE e gli Stati membri a promuovere queste colture per realizzare i propri obiettivi energetici, ambientali e socioeconomici. Adottando la relazione d’iniziativa di Neil PARISH (PPE/DE, UK) con 471 voti favorevoli, 12 contrari e 12 astensioni, il Parlamento chiede lo sviluppo di colture non food e sottolinea la necessità di creare un mercato interno dei prodotti agricoli destinati alla produzione di energia e carburante. Precisa, che la promozione delle colture non alimentari deve essere adeguatamente finanziata senza tuttavia compromettere gli altri obiettivi fissati dal Fondo per lo sviluppo rurale e senza rimettere in causa l'obiettivo strategico dell'autosufficienza alimentare, «uno degli obiettivi della PAC, fin dalle sue origini». Per i deputati è anzitutto importante incrementare il sostegno alla ricerca e allo sviluppo di tecnologie per le colture non alimentari onde aumentare il potenziale, la sostenibilità e l'efficienza, anche economica, del settore. Al riguardo, è ritenuto particolarmente utile, condurre una ricerca per esaminare i parametri economici, ecologici e tecnici di selezione delle specie idonee alla coltivazione in base alle particolarità edafoclimatiche di ogni regione. Biocarburanti: maggiori incentivi, anche fiscali La sostituzione di combustibili fossili, sottolineano i deputati, può creare opportunità economiche e posti di lavoro, in linea con la strategia di Lisbona. Ma riconoscono che i biocarburanti sono, per il momento e fino a quando non si riuscirà a ribassarne i costi di produzione, più onerosi di quelli fossili. Nondimeno, rilevano che, miscelati con gli oli minerali, hanno un impatto positivo sull'ambiente ed è quindi importante aumentare i fondi da destinare alla ricerca, tenendo «seriamente in considerazione» le possibilità offerte da proposte esistenti come, a esempio, la produzione di idrogeno a partire da fonti di energia rinnovabili. La Commissione, dovrebbe quindi elaborare una strategia comunitaria e un piano d'azione per la promozione delle energie rinnovabili e, al contempo, migliorare il coordinamento con le misure già vigenti negli Stati membri. Questi ultimi, inoltre, sono invitati a definire piani nazionali d'azione sulla biomassa che stabiliscano le priorità per l'impiego di taluni tipi di biomassa e precisino misure ambientali specifiche nonché politiche in materia d'informazione dei consumatori. L’Esecutivo, poi, è invitato a prendere iniziative per trovare il più rapidamente possibile un compromesso sui biocarburanti tra l'industria automobilistica e il settore petrolifero, nell'ottica del principio "biocarburanti per le auto e non auto per i biocarburanti". Il Parlamento sottolinea poi che è importante rendere obbligatori gli obiettivi della direttiva 2003/30/CE sui biocarburanti, prevedendo anche un efficace meccanismo di monitoraggio, mirante a soddisfare gli impegni assunti, ricorrendo in primo luogo alla produzione europea locale. La direttiva fissa, come obiettivo da raggiungere entro il 2010, un consumo di biocarburanti pari al 5,75% di tutti i carburanti utilizzati nei trasporti, equivalente a 40 milioni di tonnellate di biossido di carbonio all'anno. Attualmente, invece, il consumo di biocarburanti negli Stati membri è pari solamente all'1,4% del carburante destinato ai trasporti. D’altra parte, i deputati sottolineano che la definizione di obiettivi obbligatori non si deve tradurre nella scomparsa o nella riduzione degli incentivi esistenti per la produzione di biocarburanti nell'UE. La determinazione di tale obbligatorietà, inoltre, «dovrebbe essere subordinata alla revisione della normativa comunitaria in materia di tassazione dei prodotti energetici». Gli Stati membri sono anche invitati a prendere in considerazione misure per promuovere in futuro i biocarburanti, come l'introduzione di ulteriori incentivi fiscali, un quantitativo fisso di biocarburante da mescolare a quelli fossili e requisiti vincolanti. E’ tuttavia sottolineato che l'adozione di misure fiscali - come le esenzioni d'imposta - «deve essere gestita con cautela» in modo da evitare la distorsione del mercato «attraverso una sovracompensazione dei biocarburanti importati e delle forme di energia i cui costi di produzione sono particolarmente bassi». Gli Stati membri dovrebbero prevedere imposte e prelievi per un periodo sufficientemente lungo «al fine di guadagnare la fiducia dell'industria e promuovere gli investimenti». La Commissione è comunque esortata a presentare senza indugio una proposta di revisione della direttiva 98/70/CE relativa alla qualità della benzina e del combustibile diesel, al fine di determinare le misure idonee ad agevolare la realizzazione degli obiettivi stabiliti nella direttiva 2003/30/CE sui biocarburanti. D’altro lato, per evitare che la promozione di colture energetiche porti ad un rincaro della bolletta per le famiglie e le imprese, il Parlamento chiede che siano sostanzialmente aumentate la superficie massima ammissibile e le sovvenzioni per gli aiuti addizionali previsti dalla Politica Agricola Comune (PAC), che siano riviste le disposizioni sul ritiro dei terreni e che si proceda ad un ampliamento delle specie ammissibili al sostegno destinate alla produzione di biocarburanti. La Commissione, inoltre, dovrebbe prendere valutare l'opportunità di introdurre «un accesso qualificato» al mercato per le importazioni di biocarburanti provenienti da paesi terzi, come il Brasile. Così facendo, infatti, sarà possibile salvaguardare la sicurezza delle forniture alimentari, la biodiversità e la capacità di assorbimento di CO2 delle foreste vergini, consentendo al settore dei biocarburanti nell'UE di rimanere competitivo, anche in presenza di elevati standard ambientali. Promuovere la produzione di calore ed elettricità utilizzando le risorse agricole Il Parlamento sottolinea il potenziale offerto dall'utilizzo dei residui e dei rifiuti agricoli per la produzione di calore, raffreddamento ed elettricità, con metodi efficaci dal punto di vista economico ed ecologico, «che consentono una maggiore autonomia al settore agricolo e alle collettività rurali». Per tale ragione, chiede che gli stanziamenti a favore delle ricerca e dello sviluppo rurale siano orientati in misura crescente verso un impiego più efficace e massiccio dei rifiuti organici di origine agricola e forestale per usi individuali e collettivi nell'ambiente rurale. I deputati sottolineano anche l’importanza di definire requisiti vincolanti per la produzione di calore da vettori rinnovabili e da sottoprodotti agricoli nonché per il potenziale di teleriscaldamento, al fine di promuovere l'impiego efficiente della biomassa quale fonte energetica rinnovabile e lo sviluppo di nuovi mercati locali per i prodotti agricoli. Ma occorre anche creare le condizioni ottimali per l'utilizzo della biomassa, definire i principi chiari cui devono ispirarsi i regimi di aiuti e aumentare le risorse finanziarie idonee a sviluppare la produzione di biomassa migliorandone lo sfruttamento. D’altra parte, è chiesto alla Commissione di elaborare una raccomandazione volta a incoraggiare gli Stati membri ad utilizzare incentivi efficaci, come le riduzioni delle imposte, per promuovere l'impiego di energie rinnovabili e la produzione di energia generata da prodotti di base locali, naturali e rinnovabili. Allo scopo di generare calore e di contribuire al contempo alla valorizzazione di taluni rifiuti, il Parlamento sollecita la Commissione a promuovere anche un'efficace valorizzazione della biomassa disponibile sotto forma di rifiuti della silvicoltura e dell'agricoltura, nonché le colture energetiche mediante vegetali ad hoc che rispettino le comunità vegetali indigene di ogni Stato membro. Questi ultimi sono invece invitati a sensibilizzare i cittadini sugli effetti positivi dell'impiego della biomassa e delle fonti rinnovabili di energia per la protezione dell'ambiente. Opportunità offerte da colture e prodotti speciali La relazione invita la Commissione a adottare misure volte a promuovere la produzione di sostanze chimiche speciali, partendo da materie prime agricole, per incrementare il reddito degli agricoltori e «immettere sul mercato prodotti sani e rispettosi dell'ambiente in sostituzione dei prodotti chimici non biodegradabili». Al riguardo, i deputati incoraggiano i recenti sviluppi registrati nel settore della plastica, dei lubrificanti e degli isolanti volti a sostituire i prodotti convenzionali con prodotti derivati dalle piante. Invitano quindi la Commissione a rendere obbligatorio l'uso di questi prodotti derivati dalla piante qualora costituiscono buone alternative ai prodotti convenzionali. Sottolineano anche il potenziale dell'agricoltura per quanto riguarda le colture di tipo farmaceutico destinate alla produzione di vaccini ed altre sostanze intese a mettere a disposizione della medicina strumenti adeguati per l'assistenza sanitaria. Il Parlamento rileva, poi, che la crescente domanda dei consumatori di prodotti ecologici e salubri rappresenta una sfida per l'agricoltura a produrre materie prime per cosmetici naturali e ipoallergenici, tessili naturali ed ecologici e nuovi prodotti alimentari. Nell’appoggiare, inoltre, l'utilizzazione nell'agricoltura di preparati come i concimi, i fitofarmaci e gli insetticidi derivati da prodotti agricoli, invita la Commissione a promuovere l'innovazione e le nuove tecnologie promettenti, come la produzione combinata di carta e bioetanolo dalla paglia. Background Nell’ambito di un seminario di Greenaccord e Coldiretti intitolato “Non Food: agricoltura di frontiera”, tenutosi a Roma a metà marzo, è stata organizzata una esposizione di oggetti di uso comune interamente biodegradabili ottenuti dalle coltivazioni. Si tratta di merci a base di bioplastiche che, ricavate dall’amido di mais, grano e patata (Mater-bi), assicurano caratteristiche e prestazioni dei materiali tradizionali. Erano esposti bicchieri, posate, penne, fazzolettini, ossi per cani, fiori, giocattoli ed altri prodotti messi a disposizione da Novamont. Nella gamma di prodotti ottenuti figurano anche i tradizionali shopper per la spesa, sacchi e fodere per la raccolta differenziata, contenitori alimentari, bastoncini cotonati e pannolini. Ma anche innovativi materiali completamente atossici destinati al divertimento di bambini o di animali come le costruzioni colorate completamente a base di mais da cui si ottengono le forme più svariate od ossi per cani, roditori e altri animali domestici. In quella occasione, la Coldiretti ha anche tenuto a sottolineare che, potenziando le coltivazioni dedicate alla produzione di biocarburanti (biodiesel e bioetanolo), utilizzando residui agricoli, forestali e dell'allevamento ma anche installando pannelli solari nelle aziende agricole, è possibile arrivare a coprire entro il 2010 fino al 13% del fabbisogno energetico nazionale, risparmiare oltre 12 milioni di tonnellate di petrolio equivalenti e ridurre le emissioni di anidride carbonica di origine fossile di 30 milioni di tonnellate. Dalle coltivazioni agricole nazionali come il biodiesel ottenuto dalla colza o dal girasole, inoltre, è possibile ridurre dell'80% le emissioni di idrocarburi e policiclici aromatici e del 50% quelli di particolato e polveri sottili, principali responsabili dello smog in città. Con la recente conversione in legge del “decreto agricoltura”, dal primo luglio 2006, nel diesel o nella benzina venduta in Italia sarà presente almeno l’1% di biocarburanti derivanti dalle coltivazioni agricole. Percentuale che sarà aumentata di un punto per ogni anno, fino al 2010. Ciò, spiega la Coldiretti, porterà le imprese agricole a indirizzare a coltivazioni energetiche 273mila ettari di terreno nazionale nel primo anno, per giungere a circa 400 mila nel 2010. Link utili
Libro Verde della Commissione - Una strategia europea per
un’energia sostenibile, competitiva e sicura Riferimenti Neil PARISH (PPE/DE, UK) |
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Il Parlamento ha adottato una relazione sui cambiamenti demografici e sulle sfide che essi comportano. I deputati chiedono che siano soppressi gli ostacoli alla protezione della famiglia, anche per favorire un aumento della natalità. Occorre poi prolungare la vita lavorativa, sviluppando al contempo adeguati regimi pensionistici integrativi e promuovendo orari di lavoro flessibili e part-time. E’ infine necessario attuare una politica dell’immigrazione equilibrata. A fronte dei cambiamenti demografici e dell'invecchiamento della popolazione europea, il Parlamento ha adottato - con 448 voti favorevoli, 70 contrari e 22 astensioni - la relazione di Philip BUSHILL-MATTHEWS (PPE/DE, UK) che sottolinea come il cambiamento demografico e le sue conseguenze sulla società rivestano un'importanza fondamentale per il futuro degli Stati membri e dell'Unione. La Commissione è quindi invitata a tenerne adeguatamente conto in tutte le attività dell'Unione, anche perché i mutamenti demografici in corso, associati a una ridotta crescita economica e al persistere di un alto tasso di disoccupazione, aumenteranno la portata di tali sfide «in modo esponenziale». La crescita deve pertanto essere incrementata e l'elevato tasso di disoccupazione ridotto, così da contrastare le conseguenze negative del mutamento demografico. Per i deputati, in presenza di un diffuso calo della natalità, la crescita economica può essere garantita attraverso misure finalizzate all'innalzamento del tasso di occupazione, all'innovazione e al miglioramento della produttività, nonché attraverso la modernizzazione dei sistemi di protezione sociale. Inoltre, date le differenze fra i vari Stati membri, il Parlamento propone al riguardo un approccio diversificato a seconda delle regioni e subregioni di ciascun paese. Il Parlamento, peraltro, deplora che il Libro Verde «non ponga in risalto l'importanza della salute riproduttiva e sessuale contestualmente ai cambiamenti demografici» e sottolinea che l'infertilità crescente, soprattutto nelle zone fortemente industrializzate, interessa fino al 15% delle coppie in alcuni paesi europei. Esprime poi disappunto sul fatto che il Libro verde non abbia tenuto conto del numero crescente di famiglie monoparentali, dirette per l'85% da donne e soggette a un più elevato rischio di povertà e, quindi, bisognose di sostegno specifico. E' inoltre sottolineato che, tenuto conto delle sfide sociali ed economiche derivanti dal decremento del tasso di natalità, è «nell'interesse di tutta la società» creare le condizioni favorevoli affinché le coppie abbiano il numero di bambini che desiderano, così come la necessità di agire per sostenere la maternità e la paternità. Il Parlamento ritiene, infatti, che la decisione di limitare il numero di figli o di rinviarne la nascita non corrisponde ad una scelta bensì ad una preferenza forzata, «imposta dalla difficoltà di conciliare lavoro e vita privata familiare». Il Parlamento richiede quindi agli Stati membri di impegnarsi per sopprimere gli ostacoli alla protezione delle famiglie, in particolare migliorando la compatibilità degli orari lavorativi con quelli scolastici, promuovendo al tempo stesso la flessibilità dell'orario di lavoro e «combattendo la cultura dell'orario prolungato». Dovrebbero inoltre promuovere provvedimenti fiscali atti a incentivare l'aumento della natalità e altre politiche fiscali più favorevoli alla famiglia nonché incoraggiare la creazione e l'attivazione di scuole locali più prospere e di strutture di assistenza di elevata qualità e prezzi accessibili per bambini e altre persone dipendenti. E' anche richiamata l'attenzione sulla necessità di garantire alle donne, dopo il parto, tutela e sostegno specifici, «specie alle madri nubili». Gli Stati membri dovrebbero inoltre continuare a promuovere l'uguaglianza sul posto di lavoro e rinnovare gli sforzi per promuovere l'uguaglianza nell'ambiente domestico. E' infine necessario migliorare l'accesso al mercato degli alloggi, ad esempio agevolando l'accesso ai prestiti ipotecari, e accrescere la disponibilità di abitazioni dignitose, in collegamento con lo sviluppo e la pianificazione urbani e rurali. In tale contesto, osservano tuttavia i deputati, emerge il forte rischio che gli impegni finanziari dei governi si rivelino insostenibili a lungo termine. A loro parere è dunque necessario attuare una riforma nel campo della sicurezza sociale ed andare oltre il concetto di Stato sociale, orientandosi piuttosto verso una "società del welfare", «in cui tutte le parti sociali riconoscano la necessità di sostenersi l'un l'altra al fine di un reciproco rafforzamento». Il Parlamento ritiene inoltre che le imprese private europee abbiano un ruolo cruciale da svolgere per la promozione e l'attuazione attiva delle pari opportunità. Dovrebbero pertanto farsi carico della loro responsabilità sociale ed affrontare le sfide poste dall'invecchiamento della popolazione con iniziative quali la promozione di orari di lavoro flessibili, lavoro a tempo parziale, in particolare per quanto riguarda i genitori, i futuri genitori ed i lavoratori più anziani. Gli Stati membri dovrebbero inoltre incoraggiare le imprese a sviluppare il telelavoro ed è necessario poi che le parti sociali garantiscano un mercato del lavoro «accogliente», dove si possano creare più posti di lavoro flessibili. Per quanto riguarda i lavoratori più anziani, i deputati incoraggiano gli Stati membri ad abolire qualsiasi disincentivo a prolungare la vita lavorativa, e ad esaminare diverse possibilità di convincere i lavoratori in età pensionabile a rinunciare ad una quota della pensione, continuando nel frattempo a fruire di una retribuzione lavorativa. In proposito, gli Stati membri e le aziende private sono incoraggiate ad «abolire il sistema automatico in base al quale ad una maggiore età corrisponde un livello più elevato di retribuzione». Il Parlamento ritiene infatti che alcuni lavoratori vicini al pensionamento, pur apprezzando una certa retribuzione, «potrebbero non avere bisogno della medesima retribuzione o dello stesso orario dei primi anni». E' quindi sottolineata l'importanza di «configurazioni lavorative più flessibili», come ad esempio il lavoro part-time, quale potenziale soluzione per gli ultimi anni di lavoro. Pur nella consapevolezza che i sistemi pensionistici rientrano nelle competenze degli Stati membri, i deputati ritengono che, in merito all'ammissibilità delle pensioni, i lavoratori del settore pubblico e privato dovrebbero essere trattati nello stesso modo ed i paesi europei dovrebbero attribuire maggiore importanza ed investire più energie nello sviluppo di adeguati regimi pensionistici integrativi e nell'incentivare il risparmio privato. A loro parere, inoltre, tenuto conto dell'aumento della vita media e del miglioramento generale delle condizioni di salute, è dunque possibile, «dal momento che si vive più a lungo, lavorare anche più a lungo». I governi dovrebbero quindi prendere in considerazione l'eventualità di adottare incentivi finanziari per incoraggiare le persone in questo senso. Nell'attuale situazione di calo demografico e contemporaneo invecchiamento della popolazione, le politiche dell’immigrazione intese a promuovere l’integrazione economica, sociale e giuridica degli immigrati rivestono un’importanza vitale per realizzare un equilibrio fra i diritti e le responsabilità rispettive di immigrati e società di accoglienza. Condizioni essenziali di tale processo di integrazione sono quindi il trattamento paritario attraverso l’eliminazione di tutte le discriminazioni contro gli immigrati e i loro figli ed uno stretto allineamento con le politiche in materia di occupazione e di affari sociali. Inoltre, nelle regioni dell'Europa orientale esiste un massiccio movimento migratorio di giovani donne, pertanto tali regioni richiedono una politica economica ed occupazionale responsabile, grazie anche ad un impiego mirato dei Fondi strutturali. Pur riconoscendo che la gestione dell'immigrazione rientra nelle competenze degli Stati membri, i deputati ritengono che vadano compiuti maggiori sforzi in materia di istruzione e sviluppo di competenze per gli immigrati e le comunità etniche. Infine, il Parlamento sottolinea che le politiche volte a privilegiare l'immigrazione di manodopera specializzata onde rafforzare le economie dell'UE sono anche responsabili dell'effetto diametralmente opposto di indebolire le economie dei paesi d'origine. E' quindi necessario che gli Stati membri riconoscano le proprie responsabilità al riguardo. Link utili
Libro Verde “Una nuova solidarietà tra le generazioni di fronte
ai cambiamenti demografici” Riferimenti Philip BUSHILL-MATTHEWS (PPE/DE, UK) |
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Il Parlamento chiede la definizione di un vero e proprio statuto dei partiti politici europei e invita la sua commissione per gli affari costituzionali ad elaborare delle proposte concrete. I deputati, inoltre, nel ritenere opportuno aumentare il finanziamento ai partiti europei, sollecitano un nuovo sistema di sovvenzioni che dia una maggiore certezza finanziaria a lungo termine e che sia sufficientemente flessibile per adeguarsi al mutare delle priorità. Con 498 voti favorevoli, 95 contrari e 7 astensioni, il Parlamento ha adottato la relazione di Jo LEINEN (PSE, DE) sui partiti politici europei che sottolinea anzitutto il loro importante ruolo nel promuovere valori democratici quali la libertà, la tolleranza, la solidarietà e l'uguaglianza di genere. A suo parere, inoltre, essi rappresentano un elemento fondamentale nella costruzione dello spazio politico europeo e possono avere un ruolo chiave nel dialogo con i cittadini, resosi necessario nell’ambito della riflessione sul futuro dell'Europa. Per tali motivi, ma anche sulla base degli attuali problemi e vincoli previsti dalla normativa sul loro finanziamento, il Parlamento chiede un vero e proprio statuto dei partiti politici europei che definisca i loro diritti e doveri e dia loro la possibilità di ottenere una personalità giuridica basata sul diritto comunitario e valida anche negli Stati membri. In effetti, allo stato attuale, i partiti politici europei possono solamente avere uno statuto legale basato sulla loro personalità giuridica nel paese in cui hanno la propria sede. Alcuni di essi hanno scelto la forma giuridica dell'associazione belga senza scopo di lucro mentre altri hanno optato per la forma giuridica di un'associazione internazionale senza scopo di lucro. Al riguardo è peraltro sottolineato che sussistono molte differenze nel regime fiscale applicato ai partiti politici europei e agli organi europei. I deputati, pertanto, chiedono alla commissione per gli affari costituzionali del Parlamento europeo di esaminare la questione dello statuto europeo dei partiti politici a livello europeo da un punto di vista giuridico e fiscale e di elaborare proposte concrete a tal fine. Insistono poi sulla necessità che detto statuto contempli regole concernenti l'appartenenza individuale ai partiti politici a livello europeo, la loro direzione, la candidatura e le elezioni nonché le modalità e il sostegno per i congressi e le riunioni di tali partiti. Rivedere il sistema di finanziamento dei partiti Il Parlamento, anzitutto, si compiace del fatto che, dall'inizio della legislatura (luglio 2004), otto raggruppamenti di partiti politici degli Stati membri hanno fondato partiti politici a livello europeo e che è stato possibile promuoverli finanziariamente in base alle disposizioni del regolamento. Rileva poi che il bilancio dell'Unione europea per l'esercizio 2005 prevedeva fondi pari a 8,4 milioni di euro per il finanziamento dei partiti che sono stati suddivisi dall'Ufficio di presidenza del Parlamento tra gli otto partiti che hanno presentato domanda al riguardo. Tuttavia, sulla base delle esperienze pratiche finora realizzate e tenendo conto delle indicazioni di bilancio, i deputati propongono una serie di modifiche all’attuale sistema di finanziamento. In primo luogo, al fine di evitare oneri superflui per i richiedenti, andrebbe definita meglio la procedura relativa alle domande cosicché, in una prima fase, si decida in merito all'eventualità che un partito risponda alle premesse necessarie per un finanziamento e, nella seconda, si stabilisca quindi l'importo dei fondi da assegnare. Occorre poi armonizzare in modo ottimale il ritmo del pagamento dei fondi con le modalità di lavoro dei beneficiari. Pertanto, l'80% dell'aiuto finanziario dovrebbe essere versato dopo la firma dell'accordo di finanziamento, mentre il pagamento del saldo andrebbe effettuato a conclusione dell'esercizio finanziario sulla base dei rendiconti dei beneficiari. Inoltre, per fornire ai beneficiari una maggiore sicurezza a livello di pianificazione finanziaria, gli organi che partecipano all'elaborazione degli stati di previsione annuali, cioè l'Ufficio di presidenza e la commissione per i bilanci, dovrebbero accordarsi all'inizio di ogni legislatura per una pianificazione finanziaria pluriennale. Ciò riguarderebbe sia l'importo base per partito (15% degli stanziamenti complessivi) sia l'importo addizionale proporzionale al numero dei deputati al Parlamento europeo di ciascun partito (85% degli stanziamenti complessivi), e deve consentire sufficiente flessibilità nel caso della fondazione di nuovi partiti. In base alla regolamentazione attuale, infatti, i partiti politici europei non ricevono alcuna garanzia finanziaria che si estenda su un periodo superiore ad un anno e le sovvenzioni loro assegnate sono determinate annualmente. Queste dipendono totalmente dal numero di partiti che chiedono il riconoscimento e dal numero di deputati al PE di cui dispongono e, pertanto, gli importi delle sovvenzioni in questione possono cambiare radicalmente da un esercizio all'altro se, ad esempio, appaiono nuovi partiti politici o se cambia il numero dei deputati dei vari partiti al Parlamento europeo. Tant’è, nota il Parlamento, che recentemente due nuovi partiti hanno chiesto il riconoscimento e hanno presentato domanda di sovvenzione al Parlamento europeo, facendo così aumentare da 8 a 10 il numero dei partiti politici europei. D’altra parte, i partiti politici europei devono essere messi nelle condizioni di realizzare una pianificazione finanziaria a lungo termine. Pertanto le risorse proprie - in particolare quelle derivanti da donazioni e quote versate dagli iscritti - che superano la prescritta quota minima del 25% di finanziamento in proprio delle spese dovrebbero poter essere impiegate per la costituzione di riserve. Il finanziamento pubblico dei partiti a norma dell’attuale regolamento non intende rendere più difficile o del tutto impossibile costituire riserve mediante risorse proprie, ma è loro vietato unicamente di conseguire un'eccedenza alla fine dell'esercizio finanziario con le risorse provenienti da tale sovvenzione. Occorre, inoltre, prevedere una deroga limitata che consenta di utilizzare il 25% dei fondi concessi per un esercizio finanziario anche nel primo trimestre dell'esercizio successivo. Per riorientare le priorità politiche dei partiti, poi, si dovrebbe consentire il trasferimento di una quota dei fondi maggiore del 20% da una rubrica all'altra (tra le cinque attualmente prescritte), a condizione che l'onere amministrativo di tale procedura resti minimo. Andrebbe inoltre prevista un’adeguata flessibilità del programma di lavoro annuale per consentire ai politici di reagire ad eventi imprevisti. Infine, nel chiedere l’anticipazione del termine di presentazione delle relazioni conclusive al 15 maggio dell’anno successivo, i deputati ritengono opportuno potenziare ulteriormente l’assistenza finanziaria ai partiti politici. Infine, è chiesto alla Commissione di esaminare la possibilità di introdurre, in occasione della revisione dello statuto, norme sul finanziamento a carico del bilancio comunitario che non siano basate sul concetto di sovvenzione previsto dal regolamento finanziario, tenendo presente che tale concetto «non è adeguato alla peculiari caratteristiche dei partiti politici». Pari opportunità uomo- donna Facendo proprio un emendamento proposto dal PSE, il Parlamento constata con soddisfazione che tutti i partiti politici a livello europeo hanno rispettato in misura elevata il principio delle pari opportunità per donne e uomini nella copertura dei posti di lavoro presso i loro uffici di partito. D'altra parte, li incoraggia a garantire una migliore rappresentazione di donne e uomini sulle loro liste nonché fra i membri eletti. Sviluppare un’opinione pubblica europea Il Parlamento nota che, in questa fase di riflessione sul futuro dell'Unione europea, è anche opportuno discutere della forma che devono assumere le fondazioni politiche europee per integrare l'attività politica di informazione e formazione svolta dai partiti politici europei. Invita quindi la Commissione a presentare proposte in merito. Inoltre, chiede che sia esaminato «in che modo possono essere presentate liste europee dei partiti politici europei alle elezioni europee al fine di promuovere la formazione di una opinione pubblica politica europea». D’altra parte, occorre anche riflettere sull’influenza che possono esercitare i partiti politici nei referendum relativi a temi di interesse europeo, nelle elezioni al Parlamento europeo e nella nomina del Presidente della Commissione. Infine, i deputati ritengono necessario studiare in che modo può essere valorizzato e promosso il ruolo delle organizzazioni e dei movimenti giovanili europei, che considerano un «indispensabile strumento di crescita e di formazione per la coscienza e l'identità europea delle giovani generazioni». Al riguardo, è chiesto che un apposito gruppo di lavoro presenti entro un anno all'Ufficio di presidenza una relazione sul loro ruolo e sul modo migliore di sostenerle in futuro. Background Sebbene abbiamo spesso lo stesso nome, non si devono confondere i partiti politici europei con i gruppi politici del Parlamento europeo. In forza all’attuale regolamento, “un partito politico” è un’associazione di cittadini che persegue obiettivi politici e che è riconosciuta o istituita in conformità all’ordinamento giuridico di almeno uno Stato membro. Un partito politico a livello europeo, inoltre, deve avere personalità giuridica nello Stato membro in cui ha sede, essere rappresentato, in almeno un quarto degli Stati membri, da membri del Parlamento europeo o nei parlamenti nazionali o regionali o nelle assemblee regionali, oppure aver ricevuto, in almeno un quarto degli Stati membri, almeno il 3% dei voti espressi in ognuno di tali Stati membri in occasione delle ultime elezioni del Parlamento europeo. Deve poi rispettare, in particolare nel suo programma e nella sua azione, i principi sui quali è fondata l'Unione europea, vale a dire i principi di libertà, di democrazia, di rispetto dei diritti dell'uomo, delle libertà fondamentali e dello stato di diritto ed aver partecipato alle elezioni al Parlamento europeo o averne espresso l'intenzione. Attualmente sono stati costituiti dieci partiti politici a livello europeo - Partito Popolare Europeo (PPE): Forza Italia, UDC, UDEUR, Partito Pensionati e SVP - Partito Socialista Europeo (PSE): DS, SDI, Indipendenti nell’Ulivo - Partito Democratico Europeo (PDE): Margherita - Partito Europeo dei Liberali, Democratici e Riformatori (ELDR): Radicali, Italia dei Valori - Lista Di Pietro, Movimento Repubblicani Europei, Partito Repubblicano Italiano - Partito Verde Europeo: Federazione dei Verdi - Partito Democratico dei Popoli d'Europa - Alleanza Libera Europea (ALE): Libertà Emiliana-Alleanza Libera Emiliana, Liga Fronte Veneto, Partito Sardo d'Azione, Slovenska Skupnost, Union für Südtirol, Union Valdôtaine - Partito della Sinistra Europea: Rifondazione comunista (i Comunisti italiani sono osservatori) - Alleanza per l’Europa delle Nazioni: Alleanza Nazionale - EU Democrats (EUD): euroscettici e riformisti di centrodestra e centrosinistra - Alleanza dei Democratici Indipendenti in Europa: euroscettici Altra cosa è un gruppo politico del Parlamento europeo in cui i deputati possono organizzarsi «secondo le affinità politiche». Un gruppo politico è composto da almeno 19 deputati eletti in almeno un quinto degli Stati membri. Ogni deputato può appartenere a un solo gruppo politico. La costituzione di un gruppo politico deve essere dichiarata al Presidente. Tale dichiarazione deve indicare la denominazione del gruppo, il nome dei suoi membri e la composizione del suo ufficio di presidenza. Attualmente sono presenti sette gruppi politici al Parlamento europeo: - Gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei (PPE/DE): Forza Italia, UDC, UDEUR, Partito Pensionati e SVP; - Gruppo socialista al Parlamento europeo (PSE): Democratici di Sinistra, SDI e un’indipendente; - Gruppo dell'Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l'Europa (ALDE/ADLE): Margherita, Radicali (Lista Bonino), l’Italia dei Valori (Lista Di Pietro) e Repubblicani europei; - Gruppo Verde/Alleanza libera europea (Verdi/ALE): Federazione dei Verdi; - Gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica (GUE/NGL): Rifondazione comunista e Comunisti italiani; - Gruppo Indipendenza/Democrazia (IND/DEM): cui apparteneva la Lega Nord; - Gruppo "Unione per l'Europa delle nazioni" (UEN): Alleanza Nazionale. Vi è poi il gruppo sui generis dei Non Iscritti (NI) - equivalente al Gruppo Misto del Parlamento italiano - in cui figurano i deputati del Nuovo PSI, della Fiamma Tricolore, di Alternativa Sociale nonché un deputato eletto nelle liste dell’Ulivo e, dal 16 marzo scorso, i deputati della Lega Nord. Link utili
Regolamento (CE) n. 2004/2003 relativo allo statuto e al
finanziamento dei partiti politici a livello europeo Riferimenti Jo LEINEN (PSE, DE) |
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Il Parlamento ha adottato una risoluzione comune con la quale deplora la riduzione del 10° FES decisa dal Consiglio europeo. Secondo i deputati, ciò viola gli impegni presi dall'Unione e rischia di portare a una rinazionalizzazione della politica di sviluppo. Sollecitando un sostanziale aumento della dotazione del FES, ritengono legittimo interrogarsi sulla necessità di procedere a una riforma del Fondo. Facendo seguito al dibattito in Aula scaturito da un'interrogazione orale della commissione per lo sviluppo, il Parlamento ha adottato una risoluzione comune - sostenuta da PPE/DE, PSE, ALDE/ADLE, Verdi/ALE, GUE/NGL e UEN - con la quale deplora la riduzione della dotazione del 10° FES decisa dal Consiglio europeo rispetto alle stime iniziali della Commissione (22.682 milioni di euro contro 24.948 milioni, per il periodo 2008-2013). Tale riduzione di due miliardi, per i deputati, «viola gli impegni dell'Unione ai sensi dell'Allegato I bis dell'Accordo di Cotonou rivisto e non rispecchia le numerose promesse politiche formulate nel 2005 quanto a un aumento sostanziale dell'aiuto pubblico allo sviluppo (APS)». Sottolineando poi che l'importo proposto per il 10° FES ammonterebbe soltanto allo 0,028% del PIL degli Stati membri, deplorano quindi che il gran numero di impegni politici formulati nel 2005 a favore di sostanziali aumenti dell'aiuto pubblico allo sviluppo (APS) «non abbiano portato ad un aumento sostanziale dei contributi degli Stati membri al FES». In proposito, il Parlamento nota inoltre che, se il livello del 10° FES resterà quello fissato dal Consiglio europeo, i livelli globali dell'APS gestito dalla Commissione passeranno dal 19% ad appena il 14% entro il 2015, il che «comporterà una rinazionalizzazione de facto della politica dello sviluppo». Per tali motivi, invita gli Stati membri a prendere in esame un significativo aumento dei loro contributi al 10° FES, esorta il Consiglio a fornire nuovi stanziamenti per i programmi di aiuto al commercio e insiste sul fatto che tali programmi non dovrebbero trasferire risorse già assegnate ad altre iniziative per lo sviluppo, quali gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. Consiglio e Commissione sono poi sollecitati a chiarire in che modo sarà finanziata la dimensione dello sviluppo negli accordi di partenariato economico, attualmente in fase di negoziato. Invitando il Consiglio a garantire che i contributi della Romania e della Bulgaria al 10° FES siano supplementari, una volta che questi paesi abbiano aderito all'Unione europea, lo esortano anche a tenere in considerazione l'adesione di Timor Est all'accordo di partenariato e chiede altresì che l'aiuto destinato a questo nuovo paese sia chiaramente supplementare rispetto a quanto previsto dall'accordo di Cotonou rivisto. Consiglio e Commissione dovrebbero anche chiarire al più presto la questione del futuro finanziamento della cooperazione con i PTOM e il futuro finanziamento dell'Unione africana, indicando il livello di finanziamento a titolo del programma MEDA. Più in generale, il Parlamento afferma che «è legittimo interrogarsi su una riforma del FES», 40 anni dopo la sua creazione, visto che «il sistema attuale non è stato in grado di risolvere i problemi legati sia alla rapidità d'esborso sia all'accumulo degli stanziamenti non utilizzati (11 miliardi di euro)». Background Nel 2005, l'UE e i suoi Stati membri si sono impegnati a raggiungere l'obiettivo fissato dalle Nazioni Unite dello 0,70% dell'RNL dell'UE entro il 2015, il che farebbe passare il contributo comunitario agli Obiettivi di Sviluppo del Millennio da 33 miliardi di euro nel 2003 a più di 84 miliardi nel 2015 (Consiglio europeo, giugno 2005). E' stato, inoltre, definito un obiettivo intermedio dell'UE dello 0,56% da raggiungere entro il 2010 per portare i flussi dell'APS a 67 miliardi di euro (Vertice del Consiglio UE, giugno 2005). L'UE e gli altri donatori, infine, si sono impegnati a raddoppiare gli aiuti concessi all'Africa, fornendo così all'Africa USD 25 miliardi a titolo dell'APS entro il 2010 (Vertice G8, luglio 2005). L'allegato I bis dell'Accordo di Cotonou rivisto, prevede che «durante questo nuovo periodo, l'Unione europea mantiene il suo aiuto agli Stati ACP a un livello perlomeno equivalente a quello del 9° FES, escluse le rimanenze; a ciò vanno aggiunti, in base alle stime della Comunità, l'incidenza dell'inflazione, la crescita nell'Unione europea e l'ingresso di 10 nuovi Stati membri nel 2004». Riferimenti Risoluzione comune sulla revisione dell'Accordo
di Cotonou e la fissazione della dotazione del 10° FES |
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Lo sviluppo resti l'obiettivo primo degli accordi ACP/UE Gli Accordi di partenariato economico rappresentano un'opportunità per rilanciare le relazioni commerciali ACP-UE, promuovere la diversificazione economica e l'integrazione regionale degli ACP nonché ridurre la povertà in tali paesi. E’ quanto afferma il Parlamento, sottolineando che occorre anche difendere tali paesi dai rischi di una liberalizzazione troppo rapida. Vanno inoltre garantiti il buon governo e la partecipazione democratica e tutelati i servizi pubblici. La relazione di Luisa MORGANTINI (GUE/NGL, IT) sottolinea che, «adeguatamente strutturati», gli Accordi di partenariato economico (APE) rappresentano «un'opportunità per rilanciare le relazioni commerciali ACP-UE, promuovere la diversificazione economica e l'integrazione regionale degli ACP nonché ridurre la povertà in tali paesi». D’altra parte, pur essendo consapevoli che i negoziati per gli APE hanno origine dalla necessità di rendere compatibili le relazioni commerciali ACP-UE con le norme OMC, i deputati invitano la Commissione «ad adoperarsi affinché la questione della compatibilità non prevalga sull'obiettivo globale dello sviluppo». Per tale ragione, accolgono con favore l'enfasi ripetutamente posta dalla Commissione secondo cui lo sviluppo «rimane l'obiettivo e lo scopo principale di qualsiasi APE». Il Parlamento, inoltre, esorta la Commissione a operare in linea con l'obiettivo di Cotonou di eradicazione della povertà e a sostenere lo sviluppo sociale ed economico di tutti i raggruppamenti regionali, in particolare i paesi economicamente più deboli di ognuno di essi, che potrebbero altrimenti essere emarginati. Ritiene poi che, se si vuole che lo sviluppo sostenibile a lungo termine rappresenti il risultato globale degli APE, è necessaria una maggiore flessibilità in termini di calendario per i negoziati, la durata del periodo di transizione ed il grado di copertura dei prodotti. Democrazia e buon governo Il Parlamento esprime preoccupazione in merito al fatto che i negoziati APE/accordi di libero scambio si stiano svolgendo «in mancanza di un'autentica discussione democratica nella maggior parte dei paesi ACP». Perciò auspica un effettivo dibattito pubblico che coinvolga la società civile, i legislatori e le istituzioni governative, al fine di invertire tale tendenza e consentire una partecipazione democratica. Per realizzare tali obiettivi di sviluppo, ritiene che gli APE dovrebbero mirare segnatamente a favorire il buon governo economico, promuovere l'integrazione regionale delle economie ACP nonché attirare e mantenere livelli più elevati di investimenti in seno ai paesi ACP. A tale riguardo, chiede che i leader dei paesi ACP utilizzino le risorse «in modo più efficace in un quadro di maggiore responsabilità, buon governo e democrazia». Proteggere i servizi pubblici dalla liberalizzazione I deputati temono che una liberalizzazione reciproca troppo rapida degli scambi commerciali tra l'UE e gli ACP possa avere un impatto negativo sulle economie vulnerabili di questi ultimi. Occorre quindi che sia garantito loro un trattamento speciale e differenziato. Inoltre, nel sottolineare l'importanza dei servizi pubblici per lo sviluppo e la democrazia, chiedono alla Commissione di dare sempre la priorità alla possibilità di accesso per tutti al momento di prendere in esame la possibilità di promuovere la liberalizzazione o opzioni di altro tipo in settori quali le reti idriche e fognarie la salute, l'istruzione, i trasporti e l'energia. Per il Parlamento, l'esito dei negoziati APE dovrebbe assicurare un periodo di aggiustamento sufficiente ai mercati interni e regionali dei produttori ACP e «lasciare ai paesi ACP il margine di manovra necessario per attuare le proprie strategie di sviluppo». Chiede quindi alla Commissione di introdurre negli APE un meccanismo di salvaguardia che lasci agli ACP uno spazio di manovra sufficiente e, se necessario, la possibilità di adottare misure in caso di difficoltà nella bilancia dei pagamenti o di choc macroeconomici. Inoltre, sottolinea che qualsiasi apertura di mercato da attuare nell'ambito degli APE deve essere subordinata «al conseguimento di specifici obiettivi di sviluppo e alla fornitura di risorse adeguate per far fronte a tutti i relativi costi supplementari». Il Parlamento evidenzia anche l'importanza delle iniziative della Commissione volte a stimolare la diversificazione dei prodotti e produzioni a valore aggiunto e chiede all'UE di promuovere il commercio equo «quale meccanismo per migliorare le condizioni dei produttori piccoli e marginalizzati e dei lavoratori poveri». Salvaguardare le entrate tariffarie D'altro lato, è ricordato che l'Accordo di Cotonou prevede che un paese o una regione che non desideri aderire ad un APE/accordo di libero scambio non dovrebbe trovarsi in una posizione svantaggiata per quanto riguarda l'accesso al mercato. I deputati chiedono pertanto alla Commissione di esaminare tutte le alternative possibili, compresa la conclusione di accordi non reciproci. Il Parlamento pone poi l'accento sull'importanza finanziaria delle entrate tariffarie in molti paesi ACP, che saranno in ampia misura ridotte da qualsiasi accordo di reciprocità con l'UE, e esorta la Commissione a tener conto di questo aspetto. Dovrebbe quindi proporre e finanziare ampi programmi di riforma fiscale prima dell'apertura del mercato, sulla base della piena reciprocità. Oltre a ciò, auspica l'introduzione di meccanismi di salvaguardia compatibili con le disposizioni dell'OMC che consentano di introdurre restrizioni temporanee alle importazioni nel caso in cui un'industria nazionale sia danneggiata o minacciata da un aumento delle importazioni. Integrazione regionale Pur compiacendosi del ruolo svolto dai processi d'integrazione regionale nell'aiutare i paesi a sviluppare i mercati interni, attirare gli investitori e far fronte alle restrizioni dell'offerta, la relazione sollecita la Commissione a tener conto della necessità di prevedere periodi di transizione per tutelare prodotti e industrie strategici e di introdurre meccanismi di salvaguardia compatibili con le regole dell'OMC. Inoltre, è sottolineata l'importanza di realizzare una sostanziale integrazione intra-regionale «prima di avviare un programma di integrazione interregionale». Background Come convenuto nell’Accordo di Cotonou, nel settembre 2002 la UE e i paesi ACP hanno avviato i negoziati per gli Accordi di partenariato economico (APE), ossia degli accordi regionali di libero scambio compatibili con le norme dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC). Nel contesto degli Accordi di partenariato economico, ai paesi ACP viene chiesto di liberalizzare i propri mercati e di adottare nuovi regimi regionali di scambi reciproci con la UE. Una delle ragioni alla base dei negoziati per gli Accordi di partenariato economico è che le relazioni commerciali non reciproche della UE con gli Stati ACP, accordate in base alle convenzioni di Lomé e, nel periodo interinale, nell’ambito dell’Accordo di Cotonou, sono in contraddizione con la “clausola di abilitazione” dell’OMC. Nel 1995, al momento dell’istituzione dell’OMC, la UE e gli Stati ACP sono riusciti ad assicurarsi una deroga a copertura delle convenzioni di Lomé, successivamente prolungata a Doha nel 2001 per includere il periodo transitorio dell’Accordo di Cotonou. Tuttavia, per fare in modo che le relazioni commerciali fra UE e paesi ACP siano compatibili a lungo termine con le norme dell’OMC, si è cercata una soluzione negli Accordi di partenariato economico. In base alla proposta relativa agli APE, le relazioni commerciali fra la UE e i diversi gruppi regionali ACP saranno reciproche; gli Accordi di partenariato economico saranno pertanto disciplinati dall’articolo XXIV del GATT piuttosto che dalla sua “clausola di abilitazione”. In virtù dell’articolo XXIV, paesi a diversi livelli di sviluppo possono concludere un accordo di libero scambio reciproco a patto che la liberalizzazione di sostanzialmente tutti gli scambi commerciali avvenga in un ragionevole intervallo di tempo. Riferimenti Luisa MORGANTINI (GUE/NGL, IT) |
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Il Parlamento ha adottato una risoluzione sulle professioni legali e l'interesse generale nel funzionamento dei sistemi giuridici. Sottolineando il ruolo cruciale di tali professioni, i deputati ritengono che le riforme in questo campo vadano realizzate a livello nazionale e che l'UE non debba applicare le norme della concorrenza in materia di onorari. Gli organismi professionali sono poi invitati a definire un codice di condotta europeo. Adottando la risoluzione presentata da PPE/DE, PSE, ALDE/ADLE, Verdi/ALE e UEN, il Parlamento riconosce pienamente «la funzione cruciale esercitata dalle professioni legali in una società democratica», al fine di garantire il rispetto dei diritti fondamentali, lo Stato di diritto e la sicurezza nell'applicazione della legge. Nell'evidenziare poi le alte qualificazioni richieste per accedere alla professione legale e il bisogno di proteggere tali qualificazioni, ribadisce quindi l'importanza delle norme necessarie ad assicurare l'indipendenza, la competenza, l'integrità e la responsabilità degli operatori membri delle professioni legali, «con lo scopo di garantire la qualità dei loro servizi, a beneficio dei loro clienti e della società in generale, e per salvaguardare l'interesse pubblico». Il Parlamento, accogliendo un emendamento proposto dai Verdi, ricorda poi che la Corte di giustizia ha riconosciuto che lo scopo del principio della libera prestazione di servizi applicato alle professioni giuridiche è quello di promuovere l'apertura dei mercati nazionali mediante la possibilità offerta ai prestatari di servizi e, ai loro clienti, di beneficiare pienamente del mercato interno della Comunità. E' quindi accolto con favore il fatto che la Commissione riconosca che «le riforme sono eseguite in maniera più efficace a livello nazionale» e che le autorità degli Stati membri, specialmente gli organismi legislativi, «sono nella posizione migliore per definire le norme che si applicano alle professioni legali». A questo proposito è inoltre sottolineato che la Corte di giustizia ha concesso ai legislatori nazionali, alle associazioni ed agli organismi professionali un margine di discrezionalità nella decisione delle misure appropriate e necessarie a protezione dell'esercizio congruo delle professioni legali negli Stati membri. Il Parlamento nota quindi che qualunque tipo di attività di un organismo professionale «deve essere considerata separatamente», in maniera che le norme sulla concorrenza si applichino all'associazione «soltanto quando agisce esclusivamente nell'interesse dei suoi membri e non quando agisce nell'interesse generale». Ricorda poi che le finalità della regolamentazione dei servizi legali sono la protezione dell'interesse pubblico, la garanzia del diritto di difesa e l'accesso alla giustizia nonché la sicurezza nell'applicazione della legge e che, per queste ragioni, «non può essere conforme ai desideri del cliente». E' peraltro ricordato che i principi di base delle Nazioni Unite sul ruolo degli avvocati stabiliscono che essi hanno diritto a costituire e ad essere membri di associazioni professionali in rappresentanza dei loro interessi, a promuovere l'educazione continua e la formazione professionale e a proteggere la loro integrità professionale. I principi ONU, inoltre, attribuiscono alle associazioni professionali di avvocati un ruolo vitale nel promuovere il rispetto dell'etica e delle norme professionali, nel proteggere i loro membri da procedimenti e interferenze e limitazioni ingiuste. Gli organismi professionali, le organizzazioni e le associazioni delle professioni legali sono quindi incoraggiati a istituire un codice di condotta a livello europeo, con norme relative all'organizzazione, alle qualificazioni, alle etiche professionali, al controllo, alla trasparenza e alla comunicazione, «per garantire che il consumatore finale dei servizi legali disponga delle garanzie necessarie in relazione all'integrità e all'esperienza e per garantire la sana amministrazione della giustizia». D'altra parte, accogliendo un emendamento proposto dal PSE, il Parlamento incoraggia le organizzazioni professionali a continuare a sviluppare le proprie attività nel settore del patrocinio giuridico, «al fine di garantire che ognuno abbia il diritto ad ottenere consulenza e assistenza legali». La Commissione dovrebbe poi applicare le norme sulla concorrenza, ove opportuno, nel rispetto della giurisprudenza della Corte di giustizia. Al riguardo, il Parlamento considera che gli interessi pubblici che prevalgono sui principi della concorrenza dell'Unione europea «si trovano nel sistema legale dello Stato membro in cui il regolamento è adottato o produce i suoi effetti». Non esiste, invece, un criterio d'interesse pubblico della UE, comunque lo si voglia definire. Pertanto, invita la Commissione a non applicare le norme sulla concorrenza dell'Unione europea in materie che, nel quadro costituzionale europeo, sono lasciate alla giurisdizione degli Stati membri, quali l'accesso alla giustizia, «che include questioni quali le tabelle degli onorari che applicano i tribunali per retribuire gli avvocati». Facendo proprio un emendamento proposto dal PPE/DE, il Parlamento ritiene che le tabelle degli onorari o altre tariffe obbligatorie per avvocati e professionisti legali, anche per prestazioni stragiudiziali, non violino gli articoli 10 e 81 del trattato CE, «purché la loro adozione sia giustificata dal perseguimento di un legittimo interesse pubblico e gli Stati membri controllino attivamente l’intervento di operatori privati nel processo decisionale». Nota poi che la concorrenza dei prezzi non regolamentata tra i professionisti legali conduce ad una «riduzione della qualità del servizio prestato e va a detrimento dei consumatori. D'altra parte, è sottolineata «l'asimmetria dell'informazione» tra avvocati e consumatori (comprese le PMI) dovuta al fatto che questi ultimi «non dispongono dei criteri necessari per valutare la qualità dei servizi prestati». I deputati, infine, sottolineano che i preesistenti ostacoli alla libertà di stabilimento e alla libertà di fornire servizi per le professioni legali sono stati «in teoria» efficacemente rimossi dalle direttive 1977/249/CEE, 98/5/CE e 2005/36/CE e considerano che l'articolo 49 del trattato CEE, la direttiva 2005/36/CE e la direttiva 77/249/CEE regolano l'applicazione del principio del paese di destinazione per le tabelle degli onorari e le tabelle obbligatorie per gli avvocati e altri operatori delle professioni legali. Link utili Riferimenti Risoluzione sulle professioni legali e
l'interesse generale nel funzionamento dei sistemi giuridici |
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Verso un codice civile europeo? Il Parlamento ha adottato una relazione d'iniziativa sul diritto contrattuale europeo e la revisione dell'acquis. Sottolineando l'importanza dell'iniziativa, i deputati auspicano che il futuro quadro normativo sia applicabile ai contratti tra le imprese ma anche alle operazioni tra queste ultime e i consumatori. Chiedono poi che siano rispettati le tradizioni e gli ordinamenti giuridici diversi e lanciano un monito sui rischi che comportano disposizioni giuridiche troppo dettagliate. La comunicazione della Commissione sulla revisione del diritto contrattuale europeo presenta il seguito che intende dare al piano d'azione del 2003 alla luce delle reazioni espresse dalle istituzioni dell'UE, dagli Stati membri e dalle parti interessate. Essa delinea come verrà sviluppato il "quadro comune di riferimento" (QCR) per migliorare la coerenza dell'acquis attuale e futuro e definisce programmi specifici per quelle parti dell'acquis che attengono alla tutela dei consumatori. La comunicazione descrive inoltre le iniziative in programma per la promozione di condizioni contrattuali standard applicabili in tutta l'Unione europea e si propone di proseguire la riflessione sull'opportunità di uno strumento opzionale. Nel ribadire che un mercato interno omogeneo non può essere pienamente funzionale «se non si compiono ulteriori passi verso l'armonizzazione del diritto civile», la relazione di Klaus-Heiner LEHNE (PPE/DE, DE) afferma, tuttavia, che «non è assolutamente chiaro» dove l'iniziativa della Commissione «porterà in termini di risultati pratici e se darà luogo a uno o più strumenti vincolanti e su quale base giuridica». In proposito, il Parlamento sottolinea anche l'opinione diffusa che, probabilmente, il risultato a lungo termine sarà la redazione di un codice di doveri «o perfino di un vero e proprio codice civile europeo» e che, in ogni caso, «il progetto è di gran lunga la più importante iniziativa intrapresa nel campo del diritto civile». Invita quindii la Commissione ad avvalersi «senza indugio» dell'attività dei gruppi di ricerca in materia di definizione del diritto contrattuale europeo e della rete per un quadro comune di riferimento, al fine di utilizzarne i risultati per la revisione dell'acquis nel settore del diritto civile e, successivamente, «per lo sviluppo di un diritto civile comune». Per quanto riguarda le questioni giuridiche sostanziali, il Parlamento chiede che il quadro comune di riferimento proposto e il futuro diritto contrattuale «non siano destinati a favorire unilateralmente un gruppo ristretto di partecipanti agli atti giuridici» e rileva che il diritto in fase di elaborazione deve essere applicabile non solo alle operazioni contrattuali tra imprese (business-to-business) ma anche a quelle tra imprese e consumatori. Le disposizioni giuridiche applicabili a queste due tipologie, peraltro, vanno tenute ben distinte. Occorre poi tenere conto del principio fondamentale della libertà di concludere un contratto e prendere in considerazione il modello sociale europeo nell'armonizzazione del diritto contrattuale. Chiedendo, poi, che siano rispettati le tradizioni e gli ordinamenti giuridici diversi, i deputati invitano la Commissione a definire, in modo adeguato e preciso nelle sue future proposte, le modalità di interazione delle stesse con le norme comunitarie in materia di conflitti di legislazioni e con gli ordinamenti giuridici nazionali. In proposito, rilevano che disposizioni giuridiche troppo dettagliate su singoli aspetti del diritto contrattuale «comportano il rischio di non saper reagire in modo flessibile alle mutate circostanze giuridiche». Si dicono quindi favorevoli all'adozione di norme generali, compresi i concetti giuridici che non sono definiti con precisione, «assicurando ai tribunali la necessaria discrezionalità nei giudizi». Riguardo alle questioni procedurali, il Parlamento accoglie con favore la prima relazione annuale della Commissione sullo stato di avanzamento e ne approva l'approccio «riflettuto e moderato» alla revisione dell'acquis in materia di protezione dei consumatori. La Commissione è poi invitata a presentare senza indugio un piano legislativo chiaro contenente i futuri strumenti giuridici mediante i quali intende utilizzare negli atti giuridici i risultati dell'attività dei gruppi di ricerca e della rete QCR. Alla luce della relazione finale dei ricercatori, la Commissione dovrebbe poi presentare le diverse opzioni giuridiche possibili. In proposito, è ricordato che il QCR potrà essere approvato definitivamente «solo dopo la convalida politica da parte del Parlamento europeo e del Consiglio». Link utili
Comunicazione della Commissione - Diritto contrattuale europeo e
revisione dell'acquis: prospettive per il futuro Riferimenti Klaus-Heiner LEHNE (PPE/DE,
DE) |
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L'Aula ha adottato, in prima lettura della procedura di codecisione, una relazione sulla proposta di decisione che istituisce un programma d'azione in materia di salute e tutela dei consumatori. I deputati propongono di scindere il programma, attribuendo 233 milioni di euro al programma sui consumatori. Suggeriscono inoltre di potenziare il sostegno alle associazioni di consumatori e introducono nuove azioni che possono beneficiare del finanziamento comunitario. Gli obiettivi del programma suggeriti dal Parlamento, che dovranno essere raggiunti attraverso il concorso finanziario della Comunità, sono di approfondire la conoscenza delle problematiche attinenti al consumo e ai mercati, regolamentare meglio la protezione dei consumatori attraverso una loro più intensa partecipazione, migliorare l'esecuzione della legislazione, il monitoraggio e i mezzi giudiziari ed extragiudiziari di ricorso individuali e collettivi e, infine, migliorare l'informazione e l'educazione dei consumatori e responsabilizzarli. Inizialmente la Commissione aveva proposto un programma d'azione unico che trattava sia della protezione dei consumatori sia degli aspetti prettamente sanitari, auspicando così di permettere una maggiore sinergia tra questi due campi. Questo approccio, tuttavia, è stato respinto dai deputati che, al contrario, non credono che questa unificazione possa portare i vantaggi sperati dalla Commissione. Per tale motivo, lo scorso anno, il Parlamento ha deciso di scindere in due parti il programma integrato, tenuto anche conto delle considerazioni di bilancio e rilevando che i due campi sono sottoposti a basi giuridiche diverse. La commissione per il mercato interno si è quindi interessata unicamente della protezione dei consumatori, lasciando alla commissione per l'ambiente e la sanità pubblica il capitolo sanitario sul quale il Parlamento si è pronunciato la scorsa sessione. Anche la dotazione finanziaria è stata suddivisa tra i due programmi, assegnando 233 milioni di euro, su uno stanziamento totale di 1,203 miliardi, alla protezione dei consumatori. Tuttavia, nel contesto dei negoziati tra Parlamento e Consiglio sulle prospettive finanziarie 2007-2013, non è stato presentato nessun altro emendamento riguardante il finanziamento del programma. Ciò nonostante, il Parlamento ha votato a favore di una riduzione di alcune soglie di finanziamento comunitario, dal 60 al 50%, per le «azioni destinate a favorire la realizzazione di un obiettivo proprio di una politica comunitaria». Inoltre, ha approvato un emendamento che fissa i criteri di ammissibilità degli organismi e delle persone giuridiche che intendono partecipare al programma allungando, al contempo, l'elenco delle azioni finanziabili con il contributo comunitario. Per esempio, è stata introdotta un'azione volta a migliorare la comunicazione con i cittadini per quanto riguarda le questioni attinenti la tutela dei consumatori. In tale ambito, pertanto, potranno essere organizzati conferenze, seminari e riunioni di esperti, ma saranno sostenute anche le comunicazioni di informazioni on line e le pubblicazioni sul tema della tutela dei consumatori. Altre azioni riguardano la promozione della cooperazione internazionale e lo scambio di migliori pratiche tra gli Stati membri. Infine, il Parlamento propone diversi emendamenti tesi a rafforzare il sostegno delle organizzazioni di consumatori e a introdurre misure per favorirne la promozione e il potenziamento. Link utili Riferimenti Marianne THYSSEN (PPE/DE, BE) |
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Mario BORGHEZIO (NI, IT) ha ricordato che, in occasione della precedente sessione, aveva richiesto delle delucidazioni in ordine a quanto comunicato dalla Presidenza circa la composizione del gruppo IND/DEM. Il deputato, ha infatti voluto informare la Presidenza che la sua delegazione, assieme a quella polacca, hanno ricevuto una convocazione per una riunione del gruppo IND/DEM. In proposito, ha affermato di voler sapere a che titolo è stata fatta questa convocazione, dopo che le delegazioni erano state escluse dal gruppo «secondo una procedura incomprensibile e assolutamente irregolare». Ha quindi dichiarato che «questa riunione non sana minimamente l'irregolarità compiuta dalla dirigenza del gruppo IND/DEM nei confronti di 11 deputati della cosiddetta minoranza interna del gruppo» che, «forse non casualmente», dichiarano anche «di essere totalmente estranei alle vicende oscure che hanno posto la dirigenza all'attenzione della Corte dei conti europea». Altri documenti approvati I risultati delle votazioni sono consultabili sul sito del Servizio Stampa del Parlamento europeo. I testi di tutti i documenti approvati sono reperibili sul sito del Parlamento europeo. |
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Ordine del giorno 3 - 6 aprile 2006 Lunedì 3 aprile 2006 (17:00 - 22:00)
Martedì 4 aprile 2006 (9:00 - 11:50, 15:00 - 17:30 - 21:00 - 24:00)
(12:00 - 13:00 ) Votazione
(15:00 - 17:30)
(17:30 - 19:00)
Mercoledì 5 aprile 2006 (9:00 - 11:20) Discussione prioritaria
(11:30 - 12:00) Votazione
(12:00 - 12:30)
(12:30 - 13:00) Votazione
(15:00 - 17:30)
(17:30 - 19:00)
(21:00 - 24:00)
Giovedì 6 aprile 2006 (10:00 - 11:50, 15:00 - 16:00)
(12:00 - 13:00) Votazione
(16:00 - 17:00)
(17:00 - 18:00) Votazione
L'ordine del giorno può subire modifiche. |
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Codici delle procedure parlamentari
Abbreviazioni - Gruppi politici: vedere di seguito
Gruppi politici
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