Il Parlamento valuta il Vertice europeo
Relazione del Consiglio europeo e dichiarazione della Commissione -
Riunione del Consiglio europeo (Bruxelles, 16 e 17 giugno 2005)
&
Dichiarazione del Consiglio - Semestre di attività della Presidenza
lussemburghese
&
Dibattito: 22.6.2005
Dichiarazione del
Consiglio
Jean-Claude
JUNCKER, accolto dai deputati con una standing ovation,
ha sottolineato le decisioni prese dal Consiglio sotto Presidenza
lussemburghese e, in particolare, la riforma del patto di stabilità,
il rinnovo della strategia di Lisbona e la determinazione di nuovi
obiettivi per la politica di aiuto allo sviluppo. Il Presidente del
Consiglio ha poi messo in risalto l'avvenuto miglioramento delle
relazioni dell'Unione europea con gli USA e con la Russia.
Riguardo alle
prospettive finanziarie 2007-2013, il Primo Ministro ha
ricordato che, assumendo la Presidenza dell'Unione, aveva dichiarato
di non aver illusioni circa il buon esito del negoziato, tenuto
conto della chiusura dimostrata da alcuni Stati membri. Egli ha
anche voluto rammentare di aver già dichiarato che l'assenza di un
accordo non avrebbe significato il fallimento della Presidenza, ma
dell'Europa. L'insuccesso dei negoziati, ha quindi affermato, porta
l'Europa in una crisi profonda che «non è solo finanziaria».
Dopo aver
ricordato che i negoziati sono durati complessivamente 65 ore,
comprese le 15 ore del Vertice, il Primo Ministro ha illustrato in
modo dettagliato quale fosse l'ultima proposta di compromesso
avanzata dalla Presidenza. Un compromesso che manteneva il principio
dello «sconto britannico», a condizione che il Regno Unito avesse
contribuito al finanziamento della politica di coesione nei nuovi
Stati membri, eccetto quelli per la politica agricola comune. A
differenza dalla proposta precedente, che prevedeva un congelamento
dello sconto, ha precisato, questo compromesso non avrebbe però
permesso di correggere il contributo dei Paesi Bassi e di ridurre
gli oneri di Germania e Svezia.
Inoltre, l'ultimo
compromesso includeva una dichiarazione con la quale il Consiglio si
impegnava a ripensare «tutti gli aspetti del bilancio
comunitario, inclusa la Politica agricola comune», che avrebbe
potuto portare a un aggiustamento delle prospettive finanziarie nel
2008. A proposito di PAC, il Primo Ministro, ha tenuto a
puntualizzare che il compromesso prevedeva una graduale riduzione
della sua incidenza sul Bilancio (35% nel 2013), diventando l'unica
politica a subire un calo degli stanziamenti.
Il Presidente, ha
inoltre definito «non paragonabili» la Politica agricola
comune (Pac) e la politica di Ricerca. La prima, ha spiegato, è
l'unica politica totalmente finanziata dal Bilancio comunitario, la
seconda è innanzitutto nazionale ed è solo appoggiata dall'Unione.
In ogni caso, se
si volesse fare lo stesso un paragone, ha proseguito, ai 305
miliardi di euro destinati alla Pac nei sette anni, andrebbero
confrontati gli attuali 524 miliardi spesi per la ricerca dai
singoli Stai membri e dell'Unione. Tale cifra, inoltre, se gli Stati
mantengono gli impegni di Lisbona, diventerebbe pari a 785 miliardi.
In ogni caso, ha
concluso il Presidente, si dovrà giungere a un accordo «anche per
non deludere i nuovi Stati membri che hanno dato prova di un
comportamento notevole nel corso dei negoziati». Questo accordo,
comunque, sarà molto vicino a quello della Presidenza
lussemburghese, si tratterà infatti di effettuare dei
«cambiamenti millimetrici». «Si deve andare avanti senza
distruggere la politica di coesione» e il Lussemburgo è disposto
a contribuire al dibattito «senza amarezza».
In merito alla
ratifica del Trattato costituzionale, il Primo Ministro ha
affermato che il processo deve continuare e che alcuni Stati membri
preferiscono prendere un pausa di riflessione rinviando la ratifica
per poter approfondire il dibattito. Questo dibattito, ha precisato,
deve essere europeo e coinvolgere anche gli Stati che hanno
proceduto alla ratifica e quelli che hanno bocciato la Costituzione.
Le Istituzioni
europee dovranno dare il loro contributo e un ruolo speciale spetta
alla Commissione che dovrà garantire un filo conduttore europeo al
dibattito. Per il Presidente, il confronto è tra due visioni
dell'Europa: una che esalta le virtù del mercato, «che non
produce però solidarietà», e l'altra che chiede una maggiore
integrazione politica. Il dibattito dovrà tentare di riconciliare
questi due fronti.
Per concludere,
il Presidente ha quindi affermato che, all'indomani del Vertice, era
molto deluso «per non essere riuscito ad evitare la crisi».
Forse, ha spiegato, «non sono stato abbastanza diplomatico, ma in
questo momento non ho nessuna voglia di esserlo», aggiungendo di
volere lavorare nell'interesse dell'Europa e dei cittadini «senza
recitare».
Egli ha quindi
sottolineato che, sulle prospettive finanziarie, vi era l'accordo di
20 Stati su 25 e si è detto «fiero» per la «lezione»
ricevuta dai nuovi Stati membri e di aver provato vergogna per chi
non ha saputo capire il loro atteggiamento.
La delusione,
tuttavia, dopo qualche giorno ha dato spazio alla determinazione, ha
continuato, perché «la nostra generazione non ha il diritto di
disfare tutto quanto è stato fatto dalle generazioni precedenti».
Quelle future, poi, hanno bisogno di un'Unione politica se si vuole
che l'Europa non vada alla deriva: un'Europa solidale, sociale,
competitiva e forte.
L'Aula gli ha
quindi nuovamente tributato un'ovazione.
Dichiarazione
della Commissione
José Manuel
BARROSO ha affermato che, anche se il pessimismo sarebbe
giustificato, occorre dimostrare determinazione e affrontare i
problemi per trovare le soluzioni. Dopo aver sottolineato alcuni
punti salienti della Presidenza uscente - la definizione degli
obiettivi strategici, la riforma del Patto di stabilità e il rinnovo
della Strategia di Lisbona - ha definito «saggia» la
decisione del Vertice di procedere a una pausa di riflessione sul
futuro dell'Unione. Una riflessione, ha spiegato, che deve
coinvolgere tutte le istituzioni e la società civile.
Dopo l'ampio
dibattito, si potrà essere in grado di presentare una visione
strategica dell'Europa, senza dimenticare gli aspetti sensibili come
il modello sociale, l'equilibrio della legislazione comunitaria, la
burocrazia o i prossimi ampliamenti.
In merito alle
Prospettive finanziarie, il Presidente della Commissione ha
sottolineato il risultato deludente, dovuto alla difesa di «chiari
interessi nazionali», malgrado l'impegno della Presidenza. Egli
ha quindi deplorato che l'insuccesso ha seguito di poco i due No ai
referenda sulla Costituzione, non dimostrando quindi lo spirito di
compromesso e solidarietà che era necessario. Un accordo è urgente
«altrimenti vi è la paralisi», ha detto, che porterà ad
effetti negativi soprattutto nei nuovi Stati membri. I problemi, ha
sottolineato, «non derivano dall'ampliamento» e occorre
costruire un accordo sui successi della Presidenza e il Regno Unito
si è già impegnato a continuare i lavori.
Il Presidente si
è poi detto preoccupato per la riduzione degli stanziamenti per
alcune politiche del futuro. Se il Consiglio vede al ribasso le
ambizioni di Commissione e Parlamento, seguendo il «club dei
sei», saranno infatti sacrificati i settori a favore della
competitività, della ricerca, dell'innovazione e dell'istruzione e,
ha ammonito, i cittadini «non lo perdoneranno».
I negoziati, ha
comunque ricordato, potranno considerarsi conclusi solo se vi sarà
l'accordo di tutte e tre le Istituzioni. Occorre quindi «maggiore
flessibilità e meno retorica nazionalista per trovare una soluzione
europea». Barroso ha quindi concluso riaffermando la volontà
della Commissione di agire e, sostenendo che «i pessimisti e i
cinici non hanno sempre ragione», ha esortato ad avere fiducia.
Interventi a nome
di gruppi politici
Hans-Gert
POETTERING (PPE/DE, DE) ha ringraziato il Presidente del
Consiglio per la convinzione e l'impegno dimostrati. Il momento è di
delusione, ha proseguito, ma l'augurio è che sia il preludio di
altri successi ed ha quindi esortato ad avere fiducia nel futuro.
La crisi politica
non deve portare all'inazione, occorre reagire con decisione e
dimostrare volontà politica. La crisi, ha spiegato, riguarda il
Consiglio ma anche i cittadini, che non hanno più fiducia nei
responsabili politici. L'obiettivo, pertanto, dev'essere di
riconquistare questa fiducia. L'Unione deve essere forte,
democratica e capace di agire, e non solo una zona di libero
scambio, ha sottolineato il deputato.
In merito alle
prospettive finanziarie, il leader dei popolari, si è detto
orgoglioso che il Parlamento sia riuscito ad avanzare delle proposte
ed ha quindi invitato i governi a compiere maggiore sforzi.
Rilevando come siano soprattutto i nuovi Stati membri ad aver
bisogno delle prospettive finanziarie per poter sviluppare le loro
regioni meno avanzate grazie alla solidarietà comune, il deputato ha
concluso auspicando che sia possibile giungere a un accordo sotto
Presidenza britannica.
Martin SCHULZ
(PSE, DE) ha definito «eccezionale» l'intervento del
Presidente del Consiglio, sottolineando anche l'apertura e la
trasparenza e dimostrate nel rendere noti i retroscena dei
negoziati. Ciò, ha detto, consentirà di poter valutare meglio quanto
è accaduto nel corso del Vertice.
L'insuccesso del
Consiglio europeo, ha poi affermato, non è una sconfitta della
Presidenza e Juncker fa parte dei «grandi europei». Le
conclusioni del Vertice, ha quindi proseguito, dimostrano che «è
giunto il momento di parlare a chiare lettere» ed ha
sottolineato il «particolarismo» dei Capi di Stato e di
Governo che non esitano ad attribuirsi i meriti per i successi
europei e a «nascondersi dietro Bruxelles» quando si tratta
di prendere decisioni difficili. Due istituzioni su tre hanno svolto
i loro compiti e, ha rilevato, solo il Consiglio non è riuscito a
trovare un accordo. Per ottenere risultati utili all'Europa, ha
quindi ribadito, i governi non devono accamparsi sulle proprie
posizioni credendo, ognuno, di avere ragione.
Il leader dei
socialdemocratici, evidenziando l'importanza della politica di
Ricerca e il ruolo fondamentale della politica agricola, ha
affermato che «non si farà dell'Unione una zona di libero
scambio» perchè i cittadini si aspettano dall'Europa delle
risposte ai loro timori, come quello che il mercato distrugge la
sicurezza sociale. Il deputato, infine, ha ricordato che il suo
gruppo ha presentato un piano in cinque punti che prevede, tra le
altre cose, l'adozione di una direttiva sui servizi che garantisca
un elevato livello di protezione sociale.
Graham WATSON
(ALDE/ADLE, EN) ha fatto presente che se la Presidenza
lussemburghese non ha portato a termine tutti gli obbiettivi
prefissati, la colpa non è da addurre al Presidente Juncker, che si
è sforzato notevolmente e con passione per la causa europea.
Rivolgendo poi l'attenzione al referendum francese, ha sottolineato
come la vittoria degli oppositori potrebbe portare esattamente ai
cambiamenti che loro stessi temevano.
In ogni modo,
l'insuccesso del voto in Francia e Olanda ha dominato l'ultimo
Consiglio europeo, durante il quale l'ottimismo è stato sostituito
da una «lotta tra dinosauri, Gran Bretagna e Francia». Il
deputato ha quindi ricordato a coloro che vorrebbero sfruttare
questo momento per «rialzare una cortina di ferro», le parole
di Robert Schuman del 1949: «Non è mia intenzione tracciare una
linea di demarcazione tra Europa e non-Europa. I confini possono
essere tracciati in altro modo: la distinzione tra chi ha uno
spirito europeo e chi non lo possiede».
Osservando che
l'asse franco-tedesco su cui poggiava la Presidenza lussemburghese
per l'integrazione europea «si è rotto e deve essere sostituito»,
ha poi raccomandato di non permettere che l'attuale momento di pausa
di riflessione costituisca motivo di paralisi, specialmente perché
si deve rispondere alle necessità di «un mondo in continuo
cambiamento: un mondo che non aspetterà l'Europa».
Il Presidente
Juncker è stato quindi invitato a far in modo che il referendum in
Lussemburgo sia un successo e che serva da esempio per gli altri
Stati. Per concludere, il leader dei liberaldemocratici ha affermato
che, nonostante l'insuccesso dei due referenda, molti sono i passi
avanti fatti durante la Presidenza lussemburghese, come il piano
d'azione per il programma dell'Aia o l'accordo sulla patente
europea.
«Se per far
funzionare l'Unione europea fosse sufficiente avere una Presidenza
del Consiglio efficace e un Presidente in esercizio dotato di una
sicura fede europea, di un certo carisma e di una certa credibilità,
saremmo a cavallo»,
ha esordito Monica FRASSONI (Verdi/ALE, IT). Il Lussemburgo e
il suo Primo ministro hanno guidato bene l'Unione in questi mesi
turbolenti ma questo, ha deplorato la deputata, non è servito a
ridare fiducia agli elettori francesi e olandesi, né a rilanciare la
macchina economica europea, «né a mettere in cantiere iniziative
positive, di quelle che fanno sognare».
Il Consiglio
europeo, ha spiegato, non ha fatto altro che confermare la realtà di
un'Europa dei governi divisa, «forse neanche troppo interessata a
una vera ambizione di fronte ad un'Europa dei popoli incerta e
spaurita». La rappresentante dei verdi ha poi giudicato
«inaccettabile» l'ultima proposta di bilancio della Presidenza,
«perché posta nella stessa perdente logica di una riduzione
insostenibile del bilancio dell'Unione». Essa comportava infatti
dei tagli a politiche positive come quelle dello sviluppo e dello
sviluppo rurale e «persino a quella sacra di Lisbona».
Oggi, ha
proseguito, sembra che sia in vantaggio chi vuole che l'Europa
«sia soltanto un grande supermercato» rispetto a chi vuole
un'Europa politica e, in occasione della presentazione del programma
della Presidenza britannica, ciò sarà ulteriormente confermato da
Tony Blair, il quale «verrà a raccontare, sorridente e patinato,
come rendere l'Europa ancora più intergovernativa e più debole».
Per adesso, ha stigmatizzato, «il solo piano in vista è
sicuramente il piano Blair».
Il gruppo dei
Verdi, ha quindi affermato, reputa positivo il mancato
raggiungimento «di un cattivo accordo sulle prospettive
finanziarie» e ritiene importante che il Consiglio si sia dato
un periodo di riflessione sulla Costituzione, senza però fermare il
processo di ratifica per chi lo vuole continuare. Tuttavia, è
necessario «dare tempo, metodo e obiettivi chiari alla
riflessione», mentre sulle prospettive finanziarie occorre
riaprire i capitoli difficili che sembravano già chiusi. E' su
questi due temi, ha precisato, «che si consumerà il conflitto fra
i supermercatisti e gli unionisti», pertanto «non vale
proprio la pena perdersi in astrusi compromessi, anche se hanno
messo insieme venti ministri».
Bisogna agire
subito e senza ambiguità, «altro che accordo sui millimetri!»
ha esclamato. Occorre quindi rinnegare «la lettera dei Sei»
ed entrare nell'ordine di idee che è sulle priorità politiche che si
deve basare la discussione sull'entità del bilancio, e non
viceversa, nonché riaprire la discussione su tutto: PAC, Life-Natura
e Fondi strutturali.
Rivolgendosi al
Presidente Barroso, la deputata ha poi affermato che occorre
«fare qualcosa di europeo», che sia diverso dalla direttiva
Bolkenstein, dalla brevettabilità dei software, dall'autorizzazione
«arbitraria e a porte chiuse» di nuovi OGM, «o un po' di
aria fritta sullo sviluppo sostenibile». Mentre in realtà, ha
sottolineato, la politica ambientale diventa sempre più marginale.
La riflessione
sul futuro dell'Europa e sulla sua legittimità, per la deputata,
sarà fortemente facilitata se nei prossimi mesi l'Europa avrà
qualcosa da offrire: REACH, un'azione sui cambiamenti climatici, la
ridefinizione concreta dell'Europa sociale, la direttiva sull'orario
di lavoro, un rispetto serio degli impegni sul Millennium Round.
Tutto questo è perfettamente fattibile, ha affermato, e «ci
aiuterà a riportare in auge la Costituzione».
Per Francis
WURTZ (GUE/NGL, FR), dopo i No in Francia e Paesi Bassi, sta
apparendo la verità sulla natura delle esigenze espresse dai
cittadini e sulla portata di questi risultati che, a suo parere, va
ben oltre i due soli paesi che hanno votato contro la Costituzione.
Citando gli esiti di un sondaggio Eurobarometro, il deputato ha
quindi sottolineato come sia la tendenza troppo liberista e la
mancanza di garanzie sociali ad aver motivato il voto, mentre solo
il 6% cita l'opposizione all'adesione della Turchia e solo il 4% si
dichiara antieuropeista.
Per l'oratore, il
Vertice ha offerto «un'immagine caricaturale di quest'Europa
mercantilista», che i cittadini hanno rifiutato. Il temi che si
propone di inserire nel dibattito, ha poi sottolineato, sono gli
stessi segnalati dal suo gruppo in occasioni precedenti. Affinché
tale dibattito abbia successo, ha quindi concluso, occorre che sia
scevro da preconcetti e sia aperto alla società civile e che, alla
fine, porti a un nuovo Trattato in cui i cittadini possano
riconoscersi.
Jens-Peter
BONDE (IND/DEM, DA) ha dichiarato di essersi trovato spesso
d'accordo con le decisioni della Presidenza lussemburghese, ma non
con quella presa all'ultimo Vertice di portare avanti il processo di
ratifica, nonostante il No «degli amici francesi ed olandesi».
In questo modo si cerca di «dar vita ad una creatura ormai morta»,
quando è invece necessario «ricominciare da zero», cambiare
scenario.
Il deputato ha
inoltre affermato che il popolo danese ritiene che, per rispettare i
principi di chiarezza e trasparenza, sia necessario che ogni Stato
possa scegliere il proprio commissario.
Guntars KRASTS
(UEN, LV) ha sostenuto che l'allargamento, le potenziali minacce
economiche e sociali abbiano influito sull'atteggiamento negativo
dei cittadini nei confronti dell'Unione europea. Secondo il deputato
la colpa deve essere attribuita ai politici, «che vogliono
troppo, ma fanno poco per l'Unione», prendendosi i meriti dei
successi, accusando le Istituzioni per i fallimenti e attribuendo ad
esse la responsabilità delle decisioni difficili.
Oggi l'Unione
europea può essere osservata da due punti di vista: quello politico
e quello «dell'alto livello di cooperazione economica e sociale»,
senza il quale non è possibile ottenere una struttura salda e
duratura. Per il deputato, occorre pertanto maggiore collaborazione
che crei le condizioni per richiamare il favore dei cittadini e che
faccia loro comprendere il concetto d'integrazione.
Interventi dei
deputati italiani
Lapo
PISTELLI (ALDE, IT) ha ringraziato il Presidente Juncker,
ricordando che «sono pochi i politici che riescono a presentare
l'integrazione europea, sacrifici inclusi, fra gli obiettivi
positivi della politica, a fondare il proprio consenso sulle
speranze e non sulle paure». Esprimendo quindi l'auspicio che
anche gli altri vertici delle istituzioni comunitarie dimostrino in
futuro «lo stesso coraggio e la stessa leadership», ha
sottolineato la necessità di tener presente che «una sconfitta è
una sconfitta solo quando la si accetta e noi non dobbiamo
accettarla».
La crisi
attuale, per il deputato, «ha messo a nudo visioni diverse
dell'Europa». Se non si troverà una soluzione al più presto, si
parlerà quindi «dei costi della non Europa» che, a suo
parere, «sono più alti dei costi dell'Europa».
Occorre
pertanto che l'euro-gruppo affronti il tema della politica economica
comune accanto a quello della politica monetaria per poter ottenere
«più sviluppo o più modello sociale». Egli ha poi affermato
che «non ci sarà più Europa nel disordine mondiale se questo
Parlamento e i paesi che sono pronti non aprono un dibattito»,
in particolare sulle cooperazioni rafforzate in materia di politica
estera e di sicurezza comune.
Il deputato ha
poi incoraggiato i colleghi affinché, «dopo anni in cui si è
discusso di Europa per i cittadini», imparino a parlare con
loro. Infine, sostenendo che «nei momenti difficili questo
Parlamento è stato capace di lanciare idee e di raccogliere lo
spirito europeo», ha concluso che anche ora è necesario
dimostrare che «abbiamo capito il disagio dei cittadini, che
abbiamo capito anche le cattive risposte dei molti governi, che la
Commissione sarà sì guardiana dei trattati, ma noi siamo i
rappresentanti del popolo europeo».
Mario
BORGHEZIO (IND/DEM) ha affermato che il Consiglio europeo si è
risolto «in un chiacchiericcio inconcludente, in fondo un
sinistro concerto di campane a morto per questa Europa, l'Europa dei
banchieri, così lontana dal sogno dei patrioti, dei sognatori, dei
padri dell'idea europea».
Il deputato
ha poi ricordato che in questi giorni cade il secondo anniversario
di Giuseppe Mazzini, da lui definito «un vate per l'Europa dei
popoli e fondatore della Giovine Italia». Quanto emerge dalle
discussioni del Vertice, ha quindi aggiunto, «ricorda piuttosto
il Congresso di Vienna che la visione solidaristica di quel grande
patriota.»
Il deputato
ha pertanto incoraggiato ad ascoltare le necessità dei cittadini, «i
popoli che soffrono insieme all'economia reale per lo scempio e i
guasti dell'euro». Per tale motivo si è dichiarato deluso delle
conclusioni del Vertice che sostengono che «i recenti sviluppi
non rimettono in questione la validità della prosecuzione dei
processi di ratifica».
«Per
fortuna non sono sparite» le nazioni, ha affermato, «resta
ancora qualche cosa della sovranità nazionale». Dopo «l'esproprio»
della sovranità monetaria, «noi vogliamo restituire ai popoli la
decisione sull'euro». Sono gli Stati ad essere depositari della
volontà democratica dei cittadini, ha aggiunto, «non la vostra
tecnoburocrazia che non risponde a nessuno». Questa Europa, ha
concluso, «è la conseguenza del vostro metodo nell'allargamento».
Alessandro
BATTILOCCHIO (NI, IT), a nome del Nuovo PSI, ha sottolineato
la necessità di «decisioni chiare ed improcrastinabili sulla
strategia dei prossimi anni». Occorre una scelta tra la
prospettiva baltica, quella mediterranea o «una composizione
equilibrata delle due», nonché decidere se perseguire «con
misure concrete e conseguenti gli obiettivi di Lisbona».
Bisogna,
inoltre, ridefinire «capisaldi attorno a cui edificare
l'integrazione politica», ed avere «il coraggio di puntare in
modo netto sul sistema economico e di organizzazione sociale libero
e competitivo all'altezza dei processi di globalizzazione in corso».
Il deputato ha quindi concluso che la creazione di un comune spirito
europeo potrà avvenire solo «attraverso una graduale e
progressiva armonizzazione delle politiche e attraverso un dibattito
mobilitante che veda coinvolti i cittadini, la società civile e le
parti sociali».
Paolo COSTA
(ALDE/ADLE, IT) ha affermato che la presidenza lussemburghese
sarà ricordata per la coincidenza con eventi esterni che, malgrado
la crisi, «consentiranno all'Unione europea di ridefinire la
propria missione e di proporzionare ad essa intelligenza,
istituzioni, organizzazione e risorse».
Il raggiungimento
della pace e della stabilità, la prosperità garantita dalla
costruzione del mercato per successivi allargamenti, la
valorizzazione delle tante culture, «tutte riconducibili alle
comuni radici giudaico-greco-cristiane», per il deputato rendono
il progetto originario dei padri fondatori sostanzialmente concluso.
A suo parere, si
apre ora una nova fase, conseguentemente alla «turbo
globalizzazione odierna di ogni problema». Oggi, infatti, i
problemi relativi alla pace, alla prosperità e all'identità, si
risolvono solo su scala planetaria con interlocutori globali «che
esigono un interlocutore europeo all'altezza, più coeso, più
integrato, più direttamente responsabile nei confronti dei cittadini
europei» e perciò capace «di assicurare gli obiettivi che il
popolo europeo non vede più raggiungibili con l'Unione di oggi».
Il deputato si è
poi congratulato con la Presidenza, che «ha fatto del suo meglio
nell'attutire gli shock esterni, nonostante lo scenario economico
depresso in un gran numero di importanti Stati membri». Inoltre,
tra i suoi merito ha annoverato la tutela «della sostanziale
integrità del patto di stabilità e di crescita, lo sprone alla
ratifica del trattato costituzionale, la ricerca generosa e ostinata
dell'accordo sul bilancio, l'impulso dato dalla strategia di Lisbona».
Ma il più grande
insegnamento ottenuto nell'ultimo semestre, ha concluso, è che
l'Unione, in attesa di meccanismi costituzionali più confacenti,
«deve usare ogni risorsa politica per tenere in equilibrio il
processo», dandosi contemporaneamente il tempo «di
rifocalizzare dalle fondamenta obiettivi e metodi del proprio lavoro
e senza cedere al panico, senza impedirsi di continuare ad usare i
trattati esistenti per difendere e incrementare il patrimonio
europeo di decisioni comuni».
Alfonso ANDRIA
(ALDE/ADLE, IT) ha ricordato le «importanti sfide»
affrontate dalla Presidenza: la riforma del patto di stabilità, il
rilancio dell'agenda di Lisbona, la ratifica della Costituzione e le
prospettive finanziarie. Questi obiettivi, per il deputato, hanno
confermato lo «spessore politico e la propria determinata
adesione al progetto comunitario» della Presidenza. E questo,
malgrado la «spiacevole battuta d'arresto» subita nel
Consiglio europeo, che «non aiuta l'Europa ad intessere un
rapporto efficace con i cittadini, un rapporto che sia realmente
basato sull'elemento fiduciario».
Il deputato ha
tuttavia criticato la posizione assunta dalla Presidenza in merito
alle risorse per la politica di coesione nel prossimo periodo di
programmazione. Rispetto alla proposta originaria si era registrato
un passo in avanti, ma «se si fosse tradotto in un accordo, non
avrebbe dato una risposta adeguata alle esigenze di riequilibrio di
sviluppo delle regioni in ritardo». In conclusione, il deputato
ha espresso l'auspicio che si giunga ad un accordo equilibrato,
«rispettoso degli orientamenti diffusi», e che ciò avvenga al
più presto, «senza cullarsi nei tempi più lunghi ancora a
disposizione».
Replica del
Consiglio
Nicolas SCHMIT
ha sottolineato la decisione coraggiosa di mantenere la data del
referendum sulla Costituzione in Lussemburgo, auspicando che
dall'esito della consultazione emerga un messaggio di continuità per
la Costituzione. Esortando poi il Parlamento a continuare a lavorare
sulla Costituzione affinché questa «non finisca nel congelatore»,
ha esclamato che l'Europa ha bisogno di azione e non di
«ibernazione».
Sulle prospettive
finanziarie, il Ministro ha rilevato che il Vertice è stato molto
vicino all'accordo ma che le dinamiche non hanno permesso di
chiudere il negoziato. Inoltre, ha affermato di nutrire il dubbio
che le motivazioni del rifiuto dell'accordo fossero piuttosto dei
«pretesti». Egli ha quindi sottolineato l'impegno per una
riforma che sia nel segno della solidarietà e ha posto l'accento sul
ruolo svolto dalla Pac a favore del mondo rurale. Nell'augurare alla
prossima Presidenza di trovare un accordo «accettabile e
equilibrato», l'oratore ha poi precisato che questo andrà
successivamente negoziato con il Parlamento e la Commissione. Egli
ha anche definito come «un virus che mina l'Europa» la
nozione di «giusto ritorno» menzionata da alcuni.
Infine, il
Ministro ha affermato che, nonostante il fallimento delle
prospettive finanziarie, la Presidenza, assieme al Parlamento, ha
ottenuto anche molti successi importanti per i cittadini. A tale
proposito, ha citato l'accordo in merito al codice sulle frontiere
esterne, la dozzina di accordi cui si è giunti in prima lettura,
come sulle fusioni transfrontaliere, e in seconda lettura, come
sulla sicurezza delle automobili.
Replica della
Commissione
Margot
WALLSTRÖM si è associata all'ammirazione e alla gratitudine
espressa nei confronti del Primo Ministro lussemburghese,
evidenziando anche l'impegno, la passione e il suo «senso
dell'Europa» dimostrati, nonché la trasparenza con cui ha svolto
il suo compito. In merito alle prospettive finanziarie, la
commissaria ha quindi sottolineato «tre punti cruciali»:
occorre avere le risorse per le politiche che chiedono i cittadini,
è necessario avere l'accordo del Parlamento europeo e bisogna
rispondere alle esigenze «legittime» dei nuovi Stati membri.
La prossima
sfida, ha proseguito, è l'avvio di un dibattito sul futuro
dell'Europa e, in questo contesto, la Commissione seguirà il
«Piano D - dialogo e democrazia», lavorando su una «road map
strategica» che dovrà rispondere alle domande dei cittadini.
Votazione
Su richiesta di
Johannes SWOBODA (PSE, AT) il Parlamento ha deciso di
rinviare la votazione sul progetto di risoluzione comune relativa
all'esito del Consiglio europeo.
Un'Europa
che si adegui al mondo che cambia
Dichiarazione del Consiglio - Programma di attività della Presidenza
britannica
Dibattito: 23.6.2005
Dichiarazione del
Primo Ministro britannico
Tony BLAIR
ha esordito dicendosi onorato di essere presente al Parlamento e ha
preso l'impegno a tornarvi dopo ogni Vertice per informare i
deputati dei risultati nonché a consultarlo prima delle delibere del
Consiglio.
Il momento, ha
proseguito, è importante, in ogni crisi vi è un'opportunità che
occorre cogliere. Si è nel mezzo di un dibattito che non deve essere
uno «scambio di insulti» e caratterizzato da personalismi,
bensì un franco scambio di idee. Non si tratta di scegliere tra il
libero mercato e l'Europa sociale, questa interpretazione, ha
spiegato, è un modo per intimidire chi vuole cambiare l'Europa,
rappresentandolo come un «traditore» e tacciandolo di
antieuropeismo. Gli ideali, invece, «sopravvivono grazie ai
cambiamenti e muoiono per l'inerzia di fronte alle sfide».
Il Primo Ministro
britannico ha quindi pronunciato un atto di fede europeista e
descritto le posizioni da egli assunte in passato sulle questioni
europee, ed ha precisato che dal suo punto di vista l'Unione non può
essere solo un mercato comune ma anche uno spazio politico che abbia
pure una dimensione sociale.
Non è il momento
della divisione, ha affermato, occorre anche parlare del successo
politico degli ultimi cinquant'anni di cui bisogna essere fieri:
pace, progresso e prosperità. La cooperazione aumenta la forza
individuale e i tempi sono cambiati. Gli USA sono l'unica
superpotenza mondiale mentre Cina e India saranno sempre più forti
economicamente.
Per il Primo
Ministro, occorre quindi che l'Europa si rinnovi perché se non si fa
fronte alla sfida, se ci si rifugia nelle attuali politiche,
l'Europa è destinata a fallire. Questo rinnovamento, ha spiegato,
può essere attuato «solo se riusciamo a trovare un connubio tra
gli ideali europei e il mondo moderno in cui viviamo».
E' necessario,
inoltre, trovare forza e idealismo per ottenere il sostegno della
gente che, spesso, «si trova un passo avanti rispetto ai
politici» perché non è ossessionata dal quotidiano della
politica. Il dibattito deve quindi incentrarsi su come far fare
all'Europa quello per cui era stata creata: migliorare la vita
della gente. Nonostante fosse stata approvata da tutti i governi e
sostenuta da tutti i leader politici, i popoli di due Stati membri
fondatori hanno respinto la Costituzione. Ciò, ha spiegato, non è
accaduto perché hanno letto il testo e si sono trovati in
disaccordo, ma piuttosto perchè hanno voluto esprimere il loro
scontento sull'Europa votando contro la sua Costituzione.
Non si tratta,
però, di una crisi delle Istituzioni, si è di fronte a una crisi di
leadership politica. Di fronte ad un mondo irriconoscibile
rispetto a 20 o 30 anni fa, ha ammonito il Primo Ministro, occorre
che siano i moderati a rispondere alle attese dei cittadini e non
gli estremisti. Siamo riusciti a raggiungere gli obiettivi fissati a
Laeken o a Lisbona? si è poi chiesto Tony Blair. E' il momento della
verifica, ha affermato, la gente ha lanciato un allarme e occorre
ascoltarla, «la nostra leadership è parte della soluzione, non
del problema».
L'adozione del
Bilancio doveva ridare credibilità all'Unione, ma i suoi contenuti
dovevano anche essere giusti, ha esclamato il futuro Presidente del
Consiglio UE. Egli ha quindi negato quanto affermato da alcuni circa
il rifiuto britannico di accettare il compromesso sullo «sconto»,
mettendo la questione della Pac sul tavolo negoziale all'ultimo
minuto. Non è neanche vero che è stato chiesto lo smantellamento
della politica agricola.
Le prospettive
finanziare, ha spiegato, sono un processo che deve portare a un
bilancio più razionale e permettere le riforme necessarie prima del
2013. Il Regno Unito, ha aggiunto, resterà comunque il secondo
contributore netto al bilancio.
Il Primo Ministro
ha anche negato l'intenzione di smantellare il modellare sociale
europeo. Tuttavia, si è chiesto, che modello sociale è quello che
vede 20 milioni di disoccupati, tassi di produttività nettamente
inferiori agli USA, un numero di diplomati in diminuzione e una
riduzione degli sforzi sulla ricerca e l'innovazione. Lo scopo del
modello sociale, ha spiegato, dev'essere di aumentare la capacità
concorrenziale per far fronte alla globalizzazione, al fine di avere
un'Europa sociale che funzioni.
In proposito,
Blair ha citato la relazione di Wim Kok che pone l'accento su
ricerca, innovazione, aiuti alle PMI e, parallelamente, ha criticato
quel tipo di regolamentazione europea che, per salvare alcuni posti
di lavoro oggi, pregiudica quelli più numerosi del futuro. Il Primo
Ministro ha poi voluto respingere il luogo comune secondo cui il
Regno Unito è chiuso in una filosofia antisociale descrivendo una
serie di misure prese dal suo governo a favore dell'occupazione e
dei meno abbienti. Egli ha poi indicato nei contenuti della
relazione Sapir «quello che sarebbe un bilancio moderno»,
affermando che tra dieci anni non sarà più possibile destinare il
40% delle risorse alla Pac.
Il Primo Ministro
ha quindi accennato alle priorità della Presidenza: Agenda di
Lisbona, quadro macroeconomico disciplinato e flessibile, lotta alla
criminalità e al traffico di droga, immigrazione e traffico di
esseri umani, lotta al terrorismo. In merito alla politica estera e
di difesa ha sottolineato la necessità di adottare misure volte a
aumentare le capacità di difesa dell'Unione per condurre, assieme
alla NATO, le missioni di pace. La spesa per questo settore,
inoltre, è ritenuta insufficiente per far fronte alle necessità.
L'Unione, poi,
deve contare di più nel mondo e gli sforzi supplementari che ha
fatto per l'Africa vanno nella giusta direzione. Occorre infine
concludere i negoziati in seno all'Organizzazione Mondiale del
Commercio, dare impulso alla politica sui cambiamenti climatici,
intervenire nel processo di pace nei Balcani e rafforzare i
partenariato con gli USA.
Un'Unione con
un'economia moderna, che garantisce la sicurezza interna ed esterna,
ha quindi affermato, è un'Unione fiduciosa che non vede
l'allargamento come una minaccia ma come un'opportunità storica per
costruire un'Europa più grande e più potente. Un'Europa chiusa,
invece, darebbe adito ai nazionalismi e alla xenofobia. Combinare
l'apertura, anche economica, con la riduzione della legislazione e
della burocrazia, per avvicinare l'Unione ai cittadini. La gente
vuole leadership, ha concluso, ed «è giunto il momento di
dargliela».
L'Aula gli ha
quindi tributato un lungo applauso.
Dichiarazione
della Commissione
Per José Manuel
BARROSO si vive un momento di turbolenza in Europa e il
vertice ha mostrato la necessità di «un nuovo consenso politico»,
che è essenziale per evitare la paralisi e il confronto ideologico e
per realizzare il programma di prosperità, solidarietà e sicurezza
che colleghi nuovamente l'Europa ai cittadini, trovando delle
soluzioni alle sfide che si presentano.
Il Regno Unito
assume la Presidenza in un momento cruciale per l'Europa e Tony
Blair, «uomo di Stato esperto e capace», ha confermato
l'impegno per un'Europa come progetto politico, ha affermato Barroso,
dicendosi peraltro fiducioso che si potrà tenere un dibattito
costruttivo e aperto alla società civile «su cosa l'Europa può
fare per i suoi cittadini» e creare il consenso indispensabile
per rispondere alle urgenti necessità dell'Europa.
Questo dibattito
rappresenta senz'altro una priorità per la prossima Presidenza. Sarà
poi stilato un documento strategico sui risultati della riflessione
e la situazione sarà riesaminata sotto Presidenza austriaca.
Ovviamente, ha aggiunto, il Parlamento europeo dovrà giocare un
ruolo essenziale. Cinquant'anni di storia ce lo hanno insegnato, ha
proseguito, il lavoro quotidiano dell'Unione continua «anche
durante i periodi di crisi» ed è cruciale affrontare le
questioni essenziali che stanno a cuore ai cittadini per
conquistarne la fiducia, con le azioni e non con le parole.
Il Presidente
della Commissione ha quindi sottolineato che le priorità della
Presidenza sono le stesse dell'Esecutivo: rinnovamento economico,
adozione del bilancio, miglioramento della legislazione, gli aiuti
all'Africa, i cambiamenti climatici e il rispetto degli impegni di
Kyoto e, infine, i negoziati sul commercio internazionale. In merito
al bilancio ha sostenuto l'idea di inserire una clausola di
revisione che consenta di adeguare gli stanziamenti ai bisogni che
emergeranno in futuro.
La Presidenza
britannica, ha concluso, vedrà il lancio di un periodo di
riflessione e, in tale contesto, occorre cercare un nuovo consenso e
riguadagnare la fiducia dei cittadini. Ma è necessario anche
guardare avanti, verso le nostre responsabilità globali e le
opportunità, «dobbiamo quindi essere un'Europa generosa e
solidale».
Interventi a nome
dei gruppi politici
Hans-Gert
POETTERING (PPE/DE, DE) ha sottolineato l'importanza dei due
dibattiti tenutisi in Aula con Juncker e Blair notando come mai,
dal 1979, vi sia stata una discussione così intensa sul futuro
dell'Europa. Ciò, a suo parere, rappresenta una vittoria della
democrazia e un punto di partenza. Il fallimento del Vertice e i
risultati dei referenda in Francia e nei Paesi Bassi hanno aperto
una crisi profonda e, per tale ragione, il dibattito deve aver luogo
al Parlamento con i rappresentanti di tutti i popoli europei.
Alla Presidenza
attendono dei compiti pressanti, ha aggiunto. E' necessario che
tutti siano rispettati, Stati grandi e piccoli e, in proposito, il
deputato si è detto contrari agli «assi» tra grandi paesi perchè
occorre rendere più forte l'Europa e farla sentire come qualcosa di
comune. Se alle parole seguono i fatti, ha quindi dichiarato, il
gruppo popolare sosterrà la Presidenza. Vi è una crisi di fiducia e
nella Costituzione sono iscritti i valori che bisogna difendere. La
pausa di riflessione, ha quindi affermato, non deve portare a uno
stallo ma piuttosto a soluzioni che consentano all'Unione di agire.
In merito al
Bilancio, il deputato ha ricordato che nel 1992 era stato proprio il
Primo Ministro britannico John Major a varare le prospettive
finanziarie e ha quindi rivolto a Blair l'augurio di avere lo stesso
successo. Ricordando che il Parlamento ha adottato dei suggerimenti
in materia, il leader dei popolari ha pertanto esortato la
Presidenza a seguirne gli orientamenti. Per concludere, il deputato
a posto l'accento sulla necessità di definire i confini dell'Unione
per evitare che l'Europa perda la sua identità.
Martin SCHULZ
(PSE, DE) ha ringraziato Blair per il discorso sincero e
aperto. Con la Presidenza britannica, ha aggiunto, comincia il
Tour de France e gli inglesi, questa volta, devono stare in
testa, anche se ci troviamo in una tappa di montagna. E' vero, ha
poi ammesso, è il momento delle riforme e del cambiamento tuttavia,
ha subito precisato, occorre difendere il modello sociale europeo.
L'Europa ha bisogno di maggiore flessibilità e deve essere
competitiva, occorre creare crescita per aumentare i posti di lavoro
sicuri, degni e con un salario adeguato. Questo deve essere
l'obiettivo.
In merito al
bilancio, il deputato ha poi precisato che la spesa agricola
rappresenta solo lo 0,48% del PIL dell'Unione, mentre per la
ricerca, che comunque necessita di un aumento, si spende lo 0,86%.
Rivolgendosi poi al Primo ministro britannico, l'oratore ha
affermato che occorre sostenere la Costituzione, sia nelle
discussioni pubbliche che private.
Il Regno Unito,
ha aggiunto, non deve bloccare il motore europeo e, pertanto, ha
definito «degno di lode» il sostegno di Blair alla
Costituzione. Se il Primo Ministro sarà pronto ad accogliere i
compromessi e, di più, se ne sarà promotore, ha concluso il
deputato, il gruppo socialista sarà al suo fianco.
Graham WATSON
(ALDE, UK) si è congratulato con Tony Blair per il discorso
tenuto, ma ha anche sottolineato che questo non è sufficiente a «cancellare
anni di sospetti». Tale obiettivo può essere raggiunto
dimostrando che il Regno Unito è parte dell'Europa, non solo con
essa. La Presidenza dovrà basarsi sulle Istituzioni dell'Unione,
senza minarle e facendo il possibile affinché la strada per le
riforme porti al consenso, non alla presa di decisioni individuali.
Il deputato ha
poi accennato alla globalizzazione, fenomeno che «sta dando una
nuova forma al mondo» e che comporta nuove sfide ed opportunità.
Ha inoltre delineato tre grandi minacce, quali la povertà nei paesi
in via di sviluppo e la conseguente migrazione, i cambiamenti
climatici e la criminalità organizzata internazionale, sostenendo
che il Premier inglese, giustamente, vuol trovare una soluzione
secondo le priorità dell'Unione, ma dovrebbe anche spiegare come lo
ritiene possibile solo con l'1% del PIL.
E' poi stata
sottolineata la necessità di trasparenza e comunicazione, in
particolare per quel che concerne il Consiglio, che non deve essere
un Vertice «a porte chiuse», bensì comunicare a tutti i
cittadini quali sono le decisioni che vengono prese in loro nome, da
chi e come procedono i lavori, perchè questa «è la natura della
democrazia».
Il deputato,
inoltre, ha invitato il Primo Ministro inglese ad essere «l'uomo
forte per l'Europa», così come il quotidiano Le Monde lo
ha recentemente descritto, e ad assumersi anche le responsabilità
degli insuccessi dell'Unione, non solo i meriti. Ha infine
dichiarato che anche i democratici ed i liberali sosterranno Blair
per quel che concerne, tra le altre cose, la riforma finanziaria ed
il suo piano d'azione, le soluzioni riguardo al mercato interno, una
nuova struttura per il bilancio e la lotta al terrorismo.
Daniel COHN-BENDIT (V/ALE, DE) ha dato il benvenuto al Primo
Ministro britannico nel club di coloro che vogliono cambiare
l'Europa. Si rammarica tuttavia delle azioni poco europee a livello
nazionale, aggiungendo che se si vuole modernizzare l'Unione occorre
intraprendere un cammino «ecologicamente sostenible e socialmente
durevole».
Ha poi suggerito che, se secondo Blair i politici europei devono
affrontare i cittadini e le loro decisioni riguardo ai referenda
sulla Costituzione, egli stesso deve rivolgersi direttamente agli
europei che hanno detto "no" alla guerra in Iraq. Il futuro
Presidente in carica è stato poi invitato ad essere «un
Presidente europeo e con un punto di vista europeo», perchè «l'Europa
non può funzionare secondo il modello francese, tedesco o inglese
... ma l'intelligenza europea sta nel trovare il migliore possibile
dei modelli in comune».
L'auspicio finale è che la prossima Presidenza europea abbandoni
gli accordi di Dayton, conseguentemente a quello che sta accadendo
in Bosnia e nei Balcani, oltre a sottolineare l'importanza di Kyoto
e degli aiuti allo sviluppo.
Francis WURTZ (GUE/NGL, FR), ha esordito chiedendosi dove
fossero dirette le proposte della Presidenza britannica di
modernizzare la Pac ed il bilancio comunitario. A suo parere,
l'assegno britannico prima o poi dovrà essere restituito dato che il
suo importo, nel 2005, supera la quota destinata a ricerca e
sviluppo nell'Unione europea o agli aiuti agricoli e strutturali
dei dieci nuovi Stati membri.Ha inoltre sottolineato che la
realizzazione del mercato interno è uno dei più grandi successi
della storia recente, ma non è sufficiente, ed ha aggiunto che è
necessario riflettere maggiormente sul modello sociale.
Nigel FARAGE
(IND/DEM, UK) si è chiesto, innanzitutto, se la terza via
indicata dal futuro Presidente in carica, la stessa introdotta nella
politica inglese e ora indirizzata a guidare l'Unione europea verso
la modernizzazione del ventunesimo secolo, darà dei risultati. Il
deputato ha poi affermato di appartenere all'unico gruppo dell'Aula
contro la Costituzione, e che a tale proposito Blair è il solo
leader ad aver capito che quello di Francia ed Olanda è un No contro
la direzione che sta prendendo l'Europa. Pertanto ha invitato la
Presidenza a far in modo che questi due paesi non siano emarginati e
che le parti nel testo costituzionale riguardanti il programma
spaziale europeo o l'istituzione di ambasciate estere dell'Unione
vengano cancellate, in quanto non fanno altro che «rendere
legittimo un qualcosa di ormai sorpassato».
Il deputato si è
quindi detto orgoglioso del fatto che gli aiuti all'Africa
continuino ad essere devoluti, ma ha chiesto maggiore attenzione per
quel che riguarda gli accordi sulla pesca tra Unione e Africa, che
stanno distruggendo i piccoli pescatori. Ha infine auspicato la
realizzazione di un mercato comune, di un accordo per il commercio
libero in Europa, anche se, teme, ciò non sarà possibile nei sei
mesi a venire.
Brian CROWLEY
(UEN, UK), ha espresso la propria preoccupazione riguardo al
discorso di Gordon Brown sull'abbandono della Pac e la revisione dei
bilanci, nonostante gli Stati Membri avessero fissato il bilancio
fino al 2013. In merito alle insufficienze dell'Unione, il deputato
ha tenuto a sottolineare che «l'Europa è incapace di creare posti
di lavoro, proprio come il governo inglese».
Spetta ai
legislatori, ai deputati, creare le condizioni e l'ambiente
favorevoli alla crescita e alla prosperità. Pertanto è
imprescindibile l'aumento del bilancio necessario ad intraprendere
tali azioni. «Il dibattito e l'impegno», ha concluso, «devono
basarsi su fatti, certezze, non su continue idee sbagliate e miti»,
perchè l'Europa è ora «sull'orlo di un nuovo futuro».
Interventi dei
deputati italiani
Roberto
MUSACCHIO (GUE/NGL, IT) ha affermato che Blair non rappresenta
la soluzione ai problemi dell''Europa, «ma in realtà è uno dei
problemi». Infatti, «spacciando per nuove idee vecchie»
non si risolvono i problemi dell'Europa, segnatamente l'incapacità
di operare la pace, la crisi democratica, politica, economica e
sociale.
Parlando di
Europa politica in realtà «si affida tutto al mercato», in
quanto per il Primo ministro britannico «politica, economia e
mercato sono la stessa cosa». Al contrario, pur decretando la
morte del Trattato costituzionale, la ricetta proposta non va nella
giusta direzione in quanto la liberazione dei servizi e del mercato
del lavoro anche in Inghilterra non gode di buona salute.
La soluzione ai
problemi dell'Europa sta proprio « in quell'europeismo di
sinistra e i di massa».
I cittadini in Francia e in Olanda non hanno votato contro la
Turchia o l'allargamento ma piuttosto contro il liberalismo,
chiedendo una Costituzione per «una nuova Europa di pace,
democratica e sociale».
Concludendo, ha
ribadito che il Parlamento «ha una grande responsabilità cui non
può e non deve sfuggire» perché non si tratta di una crisi di
conti e di egoismi, piuttosto di una crisi di un'idea liberista e,
quindi, «non produrre un'altra idea di Europa sarebbe veramente
imperdonabile».
Pasqualina
NAPOLETANO, (PSE, IT) ha sostenuto che «il mancato accordo
sulle prospettive finanziarie è tanto più grave perché è stato il
primo atto del Consiglio dopo le difficoltà incontrate dalla
ratifica del trattato». E' inutile, secondo la deputata,
richiedere nuove politiche per l'Europa o «indicare riforme,
anche giuste, che intaccano privilegi altrui, senza mettere in seria
discussione i propri».
Ha poi
espresso l'auspicio che le decisioni prese all'ultimo Consiglio
europeo siano «segno della volontà di non rinunciare ad
un'effettiva politica ed alla prospettiva di un vero Ministro degli
esteri europeo».
L'attenzione è
stata poi rivolta all'Iraq: «è importante essere arrivati alla
Conferenza di Bruxelles», ma la situazione rimane grave, anche
perchè il Regno Unito ha sostenuto l'intervento militare cosa che «dà
ancora più responsabilità al Suo semestre rispetto alla soluzione
del conflitto Israelo-Palestinese».
Tale
situazione sottolinea, tra l'altro, che è impensabile il ruolo
internazionale dell'Europa fuori da un contesto multilaterale ed è
stato perciò «un grave errore, ieri, dividere l'Europa, ed oggi,
la rinuncia da parte di alcuni Stati membri all'obiettivo di un
seggio europeo nel futuro Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite».
Infine, sul
tema dell'area di libero scambio che Blair sostiene di non volere,
la deputata ha sottolineato che il rischio di scivolare verso questa
prospettiva è reale «se si arresterà l'integrazione politica, se
non sapremo costruire nuovi obiettivi e se non daremo istituzioni
capaci di attuarli». E questo, in particolare, è ancora più
necessario «nell'ottica di un'Europa grande, che non si
chiuda ai Balcani e alla Turchia».
Antonio
TAJANI (PPE-DE, IT) ha sostenuto che il "No" francese ed
olandese non corrisponde a bocciare la Costituzione, ma dà un «giudizio
negativo sull'Europa di oggi, troppo lontana dalla gente e spesso
prigioniera di una burocrazia sorda alla voce dei cittadini».
Pertanto l'Unione non deve fermare il proprio cammino o «rinunciare
a svolgere il suo ruolo di protagonista internazionale e di
portatrice di pace di fronte a qualche insuccesso».
Sono, dunque,
necessari dei cambiamenti per dare risposte concrete ai cittadini, «un'Unione
che non si occupi di tutto e del contrario di tutto, emanando decine
e decine di incomprensibili direttive».
L'Europa deve
trattare quei temi che, nell'era della globalizzazione, gli Stati
membri non possono affrontare individualmente: la politica estera e
di difesa, le emergenze immigrazione e la lotta al terrorismo nonché
le sfide commerciali con la Cina. Per quel che concerne l'economia,
occorre portare avanti le riforme seguendo il processo di Lisbona,
per ottenere «la drastica riduzione della disoccupazione
attraverso il sostegno alle PMI».
Il deputato,
inoltre, ha affermato di condividere l'idea del Primo ministro
inglese di «un'Europa protagonista, capace di essere al passo con
i tempi e che mantenga gli impegni presi». Sostiene poi che
nell'anno a disposizione per approvare il bilancio, può essere
raggiunto anche «l'obiettivo mancato la scorsa settimana»
mantenendo, al contempo, gli impegni presi con i paesi «che
guardano con attenzione all'Unione».
Bulgaria e
Romania possono diventare Stati membri nel 2007, mentre con la
Turchia può essere iniziata la trattativa, con l'obiettivo di
ottenere «un'Unione che guarda ad est, ma anche a sud», ossia
anche verso l'Africa, «un continente che aspetta dall'Europa
risposte importanti con grande speranza».
Concludendo,
il deputato ha sottolineato di condividere l'impostazione della
Presidenza britannica, che «potrà contare sulla collaborazione
della delegazione italiana di Forza Italia, sulla collaborazione
attiva nei prossimi mesi, convinti che la Presidenza britannica farà
compiere passi in avanti all'Europa dei cittadini».
Repliche
Tony
Blair ha
dichiarato di aver apprezzato molto il dibattito svoltosi in Aula
sottolineando come la discussione abbia suscitato grande interesse
anche al di fuori della mura del Parlamento. Rivolgendosi a Barroso
ha detto di condividere l'agenda da lui delineata, ma ha
sottolineato che sulla clausola di revisione occorre che non vi
siano ambiguità.
Il Primo
Ministro, ha evidenziato la necessità di un nuovo quadro normativo
per l'Europa che, rispondendo alle attese dei cittadini, dia nuovo
impulso alla Costituzione. Dopo aver garantito che i lavori al
Consiglio saranno trasparenti, il Premier ha anche assicurato che
sarà attribuita la massima attenzione alla questione dei cambiamenti
climatici. Sullo sconto britannico, ha ribadito che, senza di esso,
l'onere per il Regno Unito sarebbe troppo elevato paragonato a
quello degli altri Stati membri.
La sua insistenza
sulle riforme, ha poi proseguito, è dovuta all'urgenza di rispondere
alle sfide economiche e competitive cui deve far fronte l'Europa e,
a tal proposito, ha citato lo sviluppo economico della Cina e
dell'India, ma anche del Vietnam. Occorre, insomma, adattarsi ai
cambiamenti in corso, altrimenti si rischia di compromettere il
modello sociale e di dare sostegno alle politiche euroscettiche.
Dicendo di voler
rafforzare l'Europa, perché il cambiamento non può che essere fatto
nella prospettiva europea, il Primo Ministro ha sottolineato che
occorre decidere come si deve cambiare. Si è poi detto preoccupato
della tendenza a concentrarsi sugli aspetti istituzionali, quando
sono le politiche che andrebbero rivedute per rispondere alle
preoccupazioni dei cittadini in merito ai posti di lavoro, alla
sicurezza e all'immigrazione. Se si risponde ai cittadini, ha
concluso, questi capiranno l'utilità della Costituzione e sarà
possibile rafforzare il progetto europeo.
José Manuel
BARROSO ha ribadito la necessità di trovare un nuovo consenso
senza ignorare le scelte difficili. Occorre inoltre evitare le
semplificazioni che contrappongono mercato e sociale oppure
integrazione politica e integrazione economica.
Nel sottolineare
il rischio di un crescente «populismo», di destra e di
sinistra, il Presidente ha quindi auspicato che si dimostri
l'impegno necessario a favore dei valori che fanno dell'Unione
«un grande progetto».
Occorre andare
avanti con il programma, evitare la paralisi e trovare un accordo
sulle prospettive finanziarie, rispondendo al contempo alla
richiesta di solidarietà dei nuovi Stati membri. L'Unione, ha
spiegato, ha infatti bisogno di ambizione e la strada del futuro è
verso la solidarietà e la coesione.
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