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RASSEGNA
16 - 19 gennaio 2006
Strasburgo
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Sommario
Consiglio europeo Bilancio Costituzione Giustizia e affari interni Ambiente Cittadinanza europea Diritti dei cittadini Diritti delle donne/Pari opportunità
Agricoltura Relazioni esterne Industria Regolamento del Parlamento europeo
Istituzioni Ordine del giorno 1° - 2 febbraio 2006 |
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Per la seconda volta il Parlamento rispedisce al mittente la molto controversa proposta di direttiva sui servizi portuali. Alcuni deputati auspicavano una normativa sulla trasparenza e la concorrenza sana tra i porti. Altri, invece hanno criticato il fatto che non sono stati presi in considerazione gli auspici del Parlamento sull'autoproduzione e sui servizi di pilotaggio espressi in occasione del primo pacchetto portuale. La Commissione, però, non sembra intenzionata a ritirare la proposta. Votazione A proporre la reiezione del progetto di direttiva sono stati i socialisti, i liberaldemocratici, i verdi, la sinistra unitaria e il gruppo indipendenza e democrazia. L'Aula ha accolto a larga maggioranza questa iniziativa con 532 voti favorevoli, 120 contrari e 25 astensioni. A seguito della votazione, il commissario responsabile dei trasporti Jacques BARROT ha espresso rincrescimento per il fatto che il Parlamento non si sia pronunciato sul testo emendato, visto che gli emendamenti di compromesso proposti dal relatore Georg JARZEMBOWSKI (PPE/DE, DE), oltre ad essere condivisi dalla Commissione, fugavano alcune delle preoccupazioni delle imprese e dei lavoratori. D'altra parte, ha auspicato che non si perdano di vista gli obiettivi della direttiva in merito all'efficienza e alla competitività dei porti europei. Proporrà quindi al Collegio dei commissari di proseguire i lavori con la collaborazione di tutti i soggetti interessati e di concerto con il Parlamento, affinché si gettino le basi di una politica europea dei porti «che permetta di inquadrare e rassicurare gli investitori». Il commissario, inoltre, ha affermato di voler apportare - «nel modo più appropriato» - le risposte di cui hanno bisogno i porti europei, tanto sulla trasparenza delle tariffe, quanto sull'utilizzazione delle infrastrutture, sul ricorso agli aiuti di Stato e, più in generale, sull'integrazione dei porti nelle reti intermodali. Prima del voto, Paolo COSTA (ALDE/ADLE, IT), in nome dell'ALDE/ADLE, aveva chiesto di rinviare il testo alla commissione trasporti, ma la proposta è stata respinta con 523 voti contrari, 132 favorevoli e 25 astensioni. Il Presidente della commissione per i trasporti ha spiegato che la sua richiesta era motivata dal fatto che un rinvio avrebbe avuto lo stesso risultato di una reiezione «con la differenza di mantenere nelle mani di questo Parlamento e in questa legislatura la possibilità di dire il nostro parere». Per il deputato, il Parlamento non era pronto al voto «né per il merito né per il clima emotivo». Riguardo al primo aspetto, ha spiegato, le consultazioni sono rimaste troppo legate alla storia della prima proposta respinta qualche anno fa, non consentendo di tener conto dell'evoluzione dello scenario mondiale. Inoltre, non è stato possibile trattare della concorrenza tra i porti e degli aiuti di Stato nei porti. Riguardo all'aspetto emotivo, il deputato ha affermato che vi era il rischio di mostrarsi «arroganti» nei confronti di quelli che hanno manifestato. Dibattito Dichiarazione della Commissione Il Vicepresidente della Commissione Jacques BARROT ha ricordato che la nuova proposta di direttiva risponde alle stesse esigenze che valevano nel 2001 e avevano lo scopo di garantire la concorrenza nei servizi portuali, ridurre la congestione sulle reti stradali e accrescere la coesione con le regioni più periferiche. Tutto questo, ha aggiunto, nel rispetto dell'ambiente e delle norme sociali. Dovranno anche definirsi delle linee direttrici riguardanti gli aiuti di Stato. Il commissario ha poi rilevato la necessità di un quadro chiaro di norme che favorisca gli investimenti e, dichiarandosi conscio delle riserve suscitate dalla proposta, si è detto interessato a sentire il parere del Parlamento. Interventi dei relatori Il relatore della commissione per i trasporti, Georg JARZEMBOWSKI (PPE/DE, DE) ha affermato che, nel corso dell'audizione parlamentare, tutti gli operatori erano favorevoli ad una maggiore trasparenza delle norme e a chiare regole competitive. Per questo motivo si è detto stupito della proposta di rigettare la direttiva venuta dalle altre quattro commissioni consultate. Così facendo, ha spiegato, non verrebbe introdotta la trasparenza auspicata. In merito all'accesso al mercato (la liberalizzazione dei servizi), se gli operatori esistenti si oppongono, gli utenti di questi servizi chiedono invece una normativa europea. Occorre, per il relatore, introdurre una legislazione europea chiara e corretta che vada a vantaggio dei nuovi operatori, mentre le norme transitorie previste garantiscono i contratti esistenti per 36 anni. Giudicando non indispensabile l'autoproduzione, il deputato ne ha chiesto l'eliminazione. D'altra parte, ha affermato che non sussiste il paventato pericolo di dumping sociale, in quanto resterebbero valide le norme sociali degli Stati membri. Una direttiva sui porti, ha aggiunto, darà la possibilità di optare per servizi più efficienti, avvantaggiando i consumatori e l'economia in generale. Il relatore, ricordando che sono stati presentati 149 emendamenti alla proposta della Commissione, ha chiesto ai colleghi di non respingerla in blocco e li ha esortati a non lasciarsi impressionare dalle manifestazioni ma di esaminare la questione nel merito. Stephen HUGHES (PSE, UK), relatore della commissione per l'occupazione, ha affermato che questa proposta rappresenta un insulto al Parlamento, che aveva già respinto un'analoga iniziativa soli pochi addietro. L'autoproduzione, ha affermato, è un incubo e un disastro per la sicurezza, perché lascerebbe compiti molto delicati, come il pilotaggio, in mano a personale non qualificato. Interventi in nome dei gruppi Marianne THYSSEN (PPE/DE, BE) ha affermato che il Parlamento, dopo aver respinto una prima proposta, ha davanti a sé «un nuovo container di colore diverso ma con lo stesso contenuto» e ciò denota una mancanza di rispetto nei confronti dei deputati. Per la deputata, l'autoproduzione non è l'unico problema e permane il rischio di reiezione della proposta. In seno al suo stesso gruppo, ha precisato, vi è chi si oppone. Occorre quindi «cambiare rotta» e adottare una nuova strategia che tenga conto anche del capitale umano e non solo degli investimenti. La deputata ha poi concluso chiedendo se la Commissione ha l'intenzione di presentare una nuova proposta. Wilhelm PIECYK (PSE, DE) ha innanzi tutto condannato le violenze delle manifestazioni sostenendo che le rivendicazioni dei lavoratori vanno al di là di quegli atti. Il deputato ha quindi affermato che il suo gruppo respinge la proposta di direttiva perché non tiene conto della realtà dei porti, rappresenta un'ingerenza inutile in un settore nel quale non è necessario intervenire e mette in pericolo numerosi posti di lavoro. A suo parere, inoltre, occorre evitare di esporre i porti europei alla concorrenza asiatica e adottare, al contrario, una politica che li rafforzi. Anne JENSEN (ALDE/ADLE, DK) ha sottolineato che solo per i porti continua a non esistere una direttiva quadro e, pertanto, il settore portuale resta l'unico in cui non vige la libertà di stabilimento. Il suo gruppo è favorevole alla liberalizzazione ma «non a questa». Vista l'evoluzione del dossier, ha spiegato, il testo è quindi inaccettabile nella sua versione attuale. Condannando gli atti di violenza dei manifestanti, la deputata ha affermato che è necessaria una normativa che garantisca la concorrenza e spezzi i monopoli, portando vantaggi ai consumatori e decongestionando il traffico stradale. Qualora la proposta fosse respinta, bisogna quindi partire su nuove basi. La deputata, infine, ha precisato che in seno al suo gruppo vi sono divergenze. Joost LAGENDIJK (Verdi/ALE, NL), pur condannando le violenze della manifestazione, ha affermato che ciò non inficia le rivendicazioni degli operatori. La proposta della Commissione, ha spiegato, porterà alla sostituzione del personale qualificato con operatori non adeguatamente formati. La proposta di direttiva, ha proseguito, porterà a maggiore incertezza, a minori investimenti e a una riduzione della qualità dei servizi. Essa cerca di risolvere i problemi di alcuni porti, in particolare del Sud, danneggiando gli altri. Questi problemi specifici, ha quindi concluso, vanno affrontati in un'altra maniera. Erik MEIJER (GUE/NGL, NL) ha sostenuto che la legislazione europea ha un senso se serve a risolvere dei problemi, mentre la proposta di direttiva rappresenta una causa di problemi. L'autoproduzione, per il deputato, porterà alla sostituzione del personale qualificato con operatori non formati dei paesi extraeuropei e ciò danneggerà i porti, aumenterà la disoccupazione e porterà al fallimento di numerose imprese. Occorre quindi opporsi alla proposta come nel 2003. Per il deputato, l'allora commissaria De Palacio aveva presentato la proposta per risolvere i problemi di traffico stradale tra Italia e Spagna. L'idea, inoltre, era di garantire la trasparenza e assicurare tariffe sufficienti a coprire gli investimenti ma, ha concluso il deputato, ciò non avviene con questa proposta. Per Patrick LOUIS (IND/DEM, FR) la proposta voleva superare lo scacco del 2003 ma ne riprende la sostanza, provocando contenziosi e incertezza giuridica. Il deputato ha inoltre lamentato la mancanza di studi d'impatto e ha criticato il dumping sociale che scaturirà dal sistema di autoproduzione. Roberts ZĪLE (UEN, LV) ha sottolineato che questo è il classico esempio di quello che faceva la Commissione precedente: non è stato presentato alcun studio d'impatto. Il deputato ha poi criticato il fatto che la direttiva metterebbe i porti baltici in concorrenza con quelli russi che godono di aiuti statali. Ashley MOTE (NI, UK) ha esordito affermando che la questione sarà trattata dalla Presidenza di un Paese che non ha porti ed ha poi criticato il fatto che la proposta intende risolvere i problemi dei porti pubblici che non esistono nel Regno Unito, dove vige già la libera concorrenza. Interventi dei deputati italiani Per Alessandro BATTILOCCHIO (NI, IT) l'attuale proposta crea una serie di distorsioni e comporta delle conseguenze, «sicuramente non volute», con un decremento delle qualifiche e con le ovvie ricadute negative sul livello di sicurezza complessivi. In particolare, ha spiegato, riconosce esclusivamente al servizio di pilotaggio delle prerogative allegate alla salvaguardia della sicurezza del traffico marittimo nonché obblighi specifici di servizio pubblico. Queste caratteristiche, al contrario, sono proprie di tutti i servizi tecnico-nautici - incluso l'ormeggio - «che dovrebbero pertanto essere concretamente tutelati e non esposti alle regole del libero mercato». Il deputato ha pertanto chiesto che la sicurezza dei porti e la professionalità del personale venga in primo luogo, altrimenti si vedrebbe costretto «a votare contro». Marta VINCENZI (PSE, IT) ha affermato che un'economia continentale e forte ha bisogno di un sistema portuale e non di singoli porti, «un sistema portuale che integri l'Europa a 25 e che consenta il passaggio dall'apertura della concorrenza al rafforzamento della competitività complessiva». La direttiva, invece, «non coglie l'obiettivo» e ciò, in un momento di crisi politica europea, rappresenta un «pessimo segnale» della distanza tra le istituzioni e le effettive esigenze. I segnali sbagliati, ha quindi sostenuto, «vanno rifiutati» spiegando la necessità di «una visione della portualità comune, di una politica comune, di orientamenti trasparenti per gli investimenti e gli aiuti di Stato, che non si limitino ad enunciare che la priorità è la concorrenza tra i porti ma che sappiano evitare che gli svantaggi competitivi di alcuni di questi porti si traducano nell'indebolimento di tutto il sistema». Occorre anche proteggere la manodopera qualificata, respingendo il dumping sociale e sostenendo la formazione comune. E' necessario, poi, tutelare l'efficienza dei servizi pubblici, riconoscendone le esigenze di sicurezza, di qualità e di accessibilità e occorre valutare l'impatto delle liberalizzazioni perché «ciò che preoccupa in questo momento storico sono i fenomeni di concentrazione produttiva e logistica che nei porti del mondo si vanno determinando». Ciò che è accaduto nel passaggio tra la prima proposta del 2001 e questa seconda, ha affermato la deputata, «non è un buon esempio di politica europea», ma resta la necessità di una direttiva così come di un forte impegno politico che non rinunci, fermo restando l'autonomia dei porti, a indicare regole comuni. Roberto MUSACCHIO (GUE/NGL, IT) ha affermato di essere dalla parte dei lavoratori portuali «contro una direttiva sbagliata per il lavoro, per i diritti di sicurezza, per l'economia stessa, perché propone una concorrenza fatta di dumping e che, dunque, va respinta così come già fatto nel 2003». Ha poi aggiunto che occorre riflettere sulla «rottura» che stanno portando le politiche liberiste. Il lavoro nei porti, ha proseguito, «ha un'antica e gloriosa tradizione che ha creato diritti e prosperità, relazionato le attività commerciali con le città che le accoglievano». E' questa nobiltà del lavoro, «che si vuole spezzar via in nome del liberismo, ma senza questa nobiltà del lavoro non c'è futuro per l'Europa». Il modello sociale europeo - ha quindi concluso - «è la nostra principale risorsa e questa direttiva, al pari di quella Bolkestein, ne rappresenta la negazione». Per tale motivo il deputato ha chiesto di accogliere le rivendicazioni dei lavoratori respingendo la direttiva. Per Marcello VERNOLA (PPE/DE, IT) la proposta non tiene conto del Libro Verde che il Commissario per i trasporti sta predisponendo. Occorre quindi approfittare di questa iniziativa per esaminare la nuova offerta di servizi da parte dei paesi di recente ammissione ed è necessario comparare gli obblighi derivanti dalle leggi nazionali sui costi a carico delle merci perché vi siano effettivamente le condizioni del libero mercato. A parere del deputato la direttiva va «assolutamente contro le regole della concorrenza e del mercato, consentendo la costituzione di oligopoli da parte delle grandi imprese che operano nei porti del Nord Europa rispetto alla diversa realtà dei porti del Mediterraneo e, soprattutto, consente una facile aggressione da parte delle grandi compagnie, delle grandi imprese orientali, dell'Est asiatico che stanno invadendo il nostro sistema portuale». Andrebbe inoltre realizzata una comparazione degli effetti sulla concorrenza delle politiche di aiuto di Stato ed effettuato un chiarimento sulla loro pratica applicabilità, in particolare per quanto riguarda i canoni concessori e altre forme che titolano un fornitore di servizi a fornirli come servizio pubblico e con regole pubbliche. Soprattutto, ha aggiunto, andrebbero paragonate le regole di salvaguardia ambientale per la realizzazione di nuove infrastrutture e quelle relative allo smaltimento dei rifiuti. Infatti, è necessario chiarire le regole sulla competitività rispetto ai rischi di concorrenza sleale che arrivano dall'Oriente e ancora di più le garanzie ambientali per il Mediterraneo che, per il deputato, sono oggetto di aggressione da parte di operatori che non rispettano la normativa comunitaria in materia di ambiente. Per l'oratore, infine, l'autoproduzione rappresenta «un pericolo serissimo» per le piccole e medie imprese che operano all'interno dei nostri porti. Replica della Commissione Il commissario ha affermato di capire la sorpresa del Parlamento per la presentazione di una nuova proposta di direttiva ma ha voluto sottolineare la necessità di disporre di un quadro giuridico certo che incoraggi gli investimenti e l'efficienza dei porti europei. Barrot ha poi voluto rassicurare l'Aula, sostenendo che la proposta pone limiti rigorosi all'autoproduzione, prevede l'obbligo di rispettare le norme sociali minime degli Stati membri e non implica una modifica delle norme nazionali sulle condizioni di lavoro. Nel rilevare l'utilità del dibattito, ha sottolineato che la politica portuale va ben al di là del solo testo in esame: occorrono maggiore trasparenza dei costi dei servizi e condizioni eque di concorrenza tra i porti ed è necessario favorire gli investimenti per migliorare le capacità dei porti. Il commissario, tenuto conto delle diversità dei porti europei, si è poi detto d'accordo sul fatto che non si debba adottare una visione centralistica. Ha poi affermato di sostenere gran parte degli emendamenti di compromesso esaminati dalla commissione per i trasporti in quanto migliorano il testo originale e rispondono alla critiche giustificate sulla proposta. Notando, infine, come in seno al Parlamento vi siano sostenitori della reiezione ma anche deputati favorevoli a migliorare il testo della proposta, il commissario ha annunciato che, per rispetto dell'Aula, attenderà l'esito del voto per trarre le debite conseguenze sulle sue mosse successive. Link utili
Proposta della Commissione Riferimenti
Georg JARZEMBOWSKI (PPE/DE, DE) |
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La Presidenza ha illustrato all'Aula il suo programma per il prossimo semestre. I deputati hanno quindi potuto esprimere le loro posizioni sul finanziamento del bilancio dell'Unione, sul futuro dell'Europa e del processo costituzionale, sulla sfida per la crescita e l'occupazione, ma anche sul ruolo dell'Unione nel mondo, sul completamento del mercato unico, in particolare, della direttiva servizi, così come sulla politica energetica comunitaria. Dichiarazione della Presidenza Wolfgang SCHÜSSEL ha esordito affermando che il Parlamento rappresenta la forza nuova dell'Europa ampliata, dove sono presenti una molteplicità di idee, di storie e di speranza. Si tratta di una diversità che delinea l'identità europea. Ha quindi sostenuto che nessuno ha perso con l'allargamento, ma occorre rispondere allo scetticismo dei cittadini. Si deve colmare il divario trai cittadini e le Istituzioni, ma anche accrescere la fiducia tra gli Stati membri e le Istituzioni. Bisogna inoltre evitare le scorciatoie perché l'Unione «deve servire e proteggere». Ricordando che durante il concerto di capodanno i russi hanno ridotto le forniture di gas, il Cancelliere ha affermato che ciò dimostra come tematiche a prima vista nazionali assumano sempre di più valenza europea. C'è bisogno di più Europa, ha esclamato. Ogni Stato membro è libero di scegliere quali fonti privilegiare, ha spiegato, ma è necessario stabilire a livello europeo gli standard di sicurezza degli approvvigionamenti e inquadrare lo sviluppo delle energie rinnovabili. Lo stesso vale per la lotta all'influenza aviaria o per la reazione al programma nucleare iraniano. Entrando più precisamente nel programma della Presidenza, il Cancelliere ha posto l'accento sulla crescita e l'occupazione che sarà uno dei temi centrali del Vertice di primavera. Si tratterà di dare una linea per aumentare l'occupazione e, in questo campo, ha sottolineato il ruolo delle PMI. Queste ultime dovranno poter contare su un più agevole accesso al capitale, dovranno essere sostenute dalle attività di ricerca e da una legislazione più semplice, nonché da una riduzione degli oneri burocratici. Questo processo, che dovrà vedere la partecipazione delle parti sociali, comprende anche la direttiva servizi. Per quest'ultima, sarà necessario trovare il giusto equilibrio tra apertura del mercato e garanzia del servizio pubblico, lottando contro il dumping sociale. Sulle prospettive finanziarie, il Cancelliere ha sottolineato che chi non è soddisfatto dell'accordo del Consiglio deve anche prendere in considerazione gli apporti dei bilanci nazionali, come nel caso della ricerca i cui fondi raddoppierebbero. Il Presidente del Consiglio ha poi affermato che l'Unione ha bisogno di maggiori risorse proprie, perché non è ammissibile che, di volta in volta, siano elemosinati i fondi per le missioni europee all'estero. In proposito, il Cancelliere ha evocato la possibilità di istituire una tassa europea sulle transazioni finanziarie a breve oppure sui trasporti marittimi e aerei. «Siamo tutti nella stessa barca e tutti dobbiamo remare nella stessa direzione», ha aggiunto, e bisogna ridare fiducia ai cittadini anche con misure contro gli sprechi di fondi pubblici. In merito alla Costituzione, il Cancelliere ha affermato che non bisogna fare discorsi elitari perché la questione riguarda tutti: cosa ci tiene uniti, cosa l'Europa può, deve o dovrebbe fare. A questo proposito ha quindi sottolineato il ruolo della sussidiarietà. Ma si tratta anche di definire quali sono i confini dell'Europa, non solo geografici, valutando la capacità di assorbimento dell'Unione e garantendone la visibilità. La Presidenza, ha aggiunto, presenterà una roadmap al riguardo con delle scadenze e una relazione intermedia. Dichiarazione della Commissione José Manuel BARROSO si è detto lieto che la Presidenza inizi su buone basi dopo che il Consiglio ha trovato un accordo sulle prospettive finanziarie. Occorre adesso proseguire i negoziati per definire un accordo interistituzionale. Per il Presidente, si dovrà dare maggiore rilievo alle azioni legate alla cittadinanza e, quindi, alla cultura e alla gioventù. A febbraio, ha annunciato, la Commissione presenterà le sue proposte che conterranno la necessaria flessibilità, un fondo di adeguamento alla globalizzazione e la clausola di revisione. In seguito, dovranno essere proposti gli atti legislativi per tradurre in fatti l'accordo. L'importante, ha però sottolineato, è di essere pronti per il 1° gennaio 2007, altrimenti vi è il rischio di avere ritardi nell'erogazione dei Fondi strutturali, «che sono essenziali per la solidarietà». Barroso ha affermato che la crescita e l'occupazione sono le preoccupazioni centrali, alla quali occorre dare una risposta credibile. L'Agenda di Lisbona, ha proseguito, ha creato un consenso comune e bisogna tradurre la visione in azioni, attraverso riforme strutturali in grado di liberare il potenziale dell'Europa. In proposito, ha accennato alla direttiva servizi, sottolineando la necessità di garantire quelli di interesse generale e il ruolo cruciale delle parti sociali. Le PMI, inoltre, sono fondamentali nella creazione di posti di lavoro. La Commissione avanzerà delle proposte su ricerca e istruzione. L'energia, per il Presidente della Commissione, resterà un problema dominante nei prossimi mesi. In proposito, ha affermato che è necessaria una dimensione europea riguardo alla diversificazione, alla sicurezza e alla sostenibilità. L'Esecutivo presenterà anche una comunicazione sui biocombustibili. Tra gli altri temi affrontati da Barroso, figurano i cambiamenti climatici, la sicurezza (attuazione del programma dell'Aia), il prossimo allargamento e i Balcani occidentali e le responsabilità europee in Kosovo. In merito alla Costituzione, il Presidente ha affermato che una prima valutazione dei dibattiti sarà realizzata in primavera ed ha concluso che le Istituzioni sono importanti, ma sono degli strumenti per raggiungere gli obiettivi. Interventi in nome dei gruppi Hans-Gert POETTERING (PPE/DE, DE) ha affermato di aspettarsi molto da questa Presidenza, c'è bisogno di fiducia e di progressi. Per ridare fiducia ai cittadini nelle Istituzioni europee è però necessario che la fiducia regni anche tra i leader dell'Unione e, di conseguenza, il leader dei popolari ha auspicato che la Presidenza potrà beneficiare della collaborazione di tutti. Le sfide che attendono l'Unione hanno bisogno di una risposta europea ed è vero che le Istituzioni comunitarie sono solo il mezzo per raggiungere gli obiettivi ma, ha insistito, i governi non devono influenzarne i lavori. In proposito, ha quindi criticato la dichiarazione del ministro olandese secondo cui la Costituzione è morta. Per quanto riguarda la crescita, il deputato ha posto l'accento sul ruolo delle PMI che, a suo parere, devono essere al centro della politica europea. Per promuoverne lo sviluppo occorre ridurre gli oneri fiscali e burocratici che gravano su di esse. Sostenendo poi la necessità di un mercato unico europeo per affrontare le sfide della globalizzazione, il deputato ha appoggiato la definizione di una direttiva sui servizi che preveda, al contempo, apertura e protezione. Dopo aver riaffermato la posizione del suo gruppo a favore di una Costituzione europea e la necessità di prevedere una roadmap volta a trovare una soluzione, il deputato ha accennato alla questione energetica. In proposito, ha detto, non bastano le risorse ma occorre anche la democrazia ed ha quindi stigmatizzato che una dittatura come la Bielorussia goda di prezzi inferiori rispetto all'Ucraina che, al contrario, è una democrazia. Martin SCHULZ (PSE, DE) ha criticato il fatto che le tre priorità citate dalla Presidenza - crescita e occupazione, politica estera e lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata - hanno subito un taglio delle risorse nel quadro dell'accordo del Consiglio europeo sulle prospettive finanziarie. Accordo al quale l'Austria ha dato il proprio assenso, pertanto «la Presidenza ha predicato bene ma razzolato meno bene». Rivolgendosi al Presidente della Commissione, il leader socialdemocratico ha ricordato che Barroso aveva ottenuto un grande applauso da parte dell'Aula quando aveva incoraggiato la Presidenza britannica sulle prospettive finanziarie e non capisce pertanto la posizione assunta a seguito dell'accordo del Vertice europeo. La struttura della spesa, infatti, non corrisponde agli obiettivi perseguiti. Il deputato ha poi concluso ironicamente reclamando il Nobel per la matematica per Tony Blair visto che è riuscito nella quadratura del cerchio. Graham WATSON (ALDE/ADLE, UK) ha reiterato la contrarietà del suo gruppo all'accordo sulle prospettive finanziarie che, a suo parere non corrisponde alle ambizioni dell'Europa. Se si vuole ridare fiducia nel progetto europeo, ha proseguito, occorre convincere i cittadini che l'Unione lavora per servire i loro interessi. I fondi per un programma di successo come Erasmus, ha spiegato, sono stati ridotti, così come quelli per la ricerca e per Airbus. Il deputato ha quindi chiesto che i fondi che restano inutilizzati, come nel caso della PAC, siano riassegnati alle priorità europee invece di essere restituiti agli Stati membri. Inoltre, ha sottolineato la necessità di fondare il bilancio europeo sulla percentuale del PIL piuttosto che sui valori nominali. In merito alla crescita e all'occupazione, il leader dei liberaldemocratici ha sottolineato la necessità di cogliere le opportunità offerte dell'Unione senza cedere alle spinte protezionistiche. Ricordando poi che il 2006 è l'anno della mobilità dei lavoratori ha stigmatizzato l'idea di prorogare,per la prima volta nella storia dell'Unione, gli accordi transitori che limitano la libertà di circolazione in Europa. Il suo gruppo, ha quindi affermato, respinge un'Unione in cui alcuni dei suoi cittadini sono considerati di serie B. Dopo aver esortato la Presidenza a garantire la difesa dei diritti umani, il deputato ha chiesto di mantenere l'impegno preso a dicembre in merito alla trasparenza dei lavori del Consiglio. Daniel COHN-BENDIT (Verdi/ALE, DE) ha chiesto di fare una scelta chiara in materia energetica e sulle spese di ricerca tra il «vecchio nucleare» e le fonti rinnovabili più pulite. Il deputato ha poi affermato l'importanza delle PMI e del loro bisogno di flessibilità, ma ha anche sottolineato che occorre garantire la sicurezza. Ha poi chiesto alla Presidenza quale fosse la sua posizione del principio d'origine «che annienta la sicurezza sociale». Sottolineando l'importanza dell'istruzione e della formazione per la crescita economica, ha condannato il sistema universitario tedesco che non garantisce parità di accesso agli studenti. Infine, il leader dei Verdi si è chiesto come fosse possibile che la CIA avesse una tale libertà di movimento sul territorio europeo. Francis WURTZ (GUE/NGL, FR) ha innanzitutto sottolineato la necessità di rispondere alle richieste dei cittadini con atti concreti e non con parole. La direttiva servizi che trova l'opposizione di tutti va quindi ritirata, anche perché non si può accettare la concorrenza tra i lavoratori e il livellamento verso il basso dei diritti sociali. La fiducia degli europei, ha concluso, non si può riconquistare se non si opera una rottura con la logica liberista. Roger KNAPMAN (IND/DEM, UK) ha stigmatizzato l'idea della Presidenza di «resuscitare» la Costituzione, dimostrando così «disprezzo per la democrazia», visto che il 70% degli austriaci e 2/3 dei britannici è contrario, mentre francesi e olandesi hanno votato contro ai referenda. Ha poi notato che il «club è diventato piuttosto costoso per i suoi iscritti», visti i sette miliardi di «regalo di Natale» da parte di Blair e l'idea di aumentare ulteriormente il bilancio UE. Cristiana MUSCARDINI (UEN, IT) si è detta fiduciosa che la Presidenza rispetterà le promesse e ricreerà nei cittadini la fiducia verso un'Europa che necessita di una politica estera comune ma anche, «e subito», del rilancio di una politica economica, «oggi colpevolmente assente rispetto alle esigenze inscindibili di ricreare competitività e di non perdere le conquiste sociali che sono alla base dell'esistenza stessa dell'Unione». L'Unione ha proseguito, deve ritrovare la forza e la volontà per far lavorare insieme le sue Istituzioni e i suoi cittadini. Ha quindi sottolineato che, ad oggi, l'unica cosa di veramente comune è la politica monetaria, «che è di fatto decisa dalla Banca centrale, senza i sufficienti confronti politici con le altre Istituzioni». Nell'apprezzare l'impegno della Presidenza a riaprire la strada al trattato, ha però espresso l'auspicio che sarà possibile «renderlo più snello e attuabile, al di là di utopie e sogni spesso in contrasto con la realtà con la quale dobbiamo confrontarci, ma avendo comunque la capacità di osare». L'impegno per un'Europa più unita e più definita nelle competenze delle reciproche Istituzioni, più agile e più vicina ai cittadini, ha detto, «deve vederci uniti e determinati anche per affrontare altre tre emergenza: l'immigrazione, il piano energetico e l'ambiente». Per quanto riguarda l'immigrazione, ha rilevato la necessità di una politica comune, sia per affrontare la realtà in termini umanitari sia per il pericolo del terrorismo internazionale che spesso è «veicolato attraverso i flussi migratori». Solo il rispetto delle leggi e delle Costituzioni dei nostri Paesi da parte dei cittadini extracomunitari, da qualunque parte provengano - ha quindi puntualizzato - «è alla base di una convivenza civile e proficua per realizzare una vera integrazione». Senza energia non c'è sviluppo, ha quindi proseguito, «così come lo spreco di energia crea danni irreparabili». Per la deputata, inoltre, l'energia non può prescindere dalla sicurezza, dallo smaltimento, dalla tutela dell'ambiente «come bene comune e condizione della stessa sopravvivenza». Affrontando poi i problemi collegati ai mutamenti climatici, la deputata ha evidenziato che su tali tematiche non vi è stata fino ad oggi un'attiva partecipazione dei ministri delle Finanze, «nonostante le numerose conseguenze economiche che questi mutamenti comportano». L'auspicio, ha pertanto affermato, è che ciò avvenga sotto la Presidenza austriaca, «pensando ai costi in vite umane, in patrimonio abitativo, agricolo o paesaggistico e a quelli della ricostruzione, che il mondo ha pagato per i recenti cataclismi». Una politica ambientale comune, ha spiegato, costituisce una necessità interna ed esterna dell'Unione, «perché rientra nei doveri e negli obiettivi che ci siamo anche posti durante i lavori della Convenzione per il trattato». Infine, nell'apprezzare l'attenzione della Presidenza per la politica commerciale e quella di vicinato, la deputata ha sottolineato che occorre «ricordarci di chiedere il rispetto dei diritti umani là dove non sono rispettati». Interventi dei deputati italiani Mario BORGHEZIO (IND/DEM, IT) ha sottolineato che la Presidenza austriaca ha molti temi su cui riflettere, come la bocciatura della Costituzione europea, «morta e defunta», e lo scetticismo che dilaga tra popoli europei, e l'ha invitata «a puntare sull'Europa dei popoli e sull'Europa delle regioni». Ha poi ricordato di aver rivolto l'invito a considerare la città di Trieste, «città-simbolo dell'Europa delle etnie e di convivenza civile fra i vari popoli», come capitale dell'Europa delle regioni. A tale proposito, ha poi segnalato la presenza fuori dal Parlamento, degli istriani, dei dalmati e dei fiumani ed ha richiamato l'attenzione sul fatto che il diritto alle loro proprietà «è ancora stato calpestato nonostante il trattato di pace del '47 ne prevedesse la tutela». Ha quindi annunciato che consegnerà al cancelliere Schüssel un dossier «su questa annosa questione così delicata». Difendiamo i diritti dei popoli, ha quindi aggiunto, «ed evitiamo che l'Europa sia quella dei tecnocrati di Bruxelles» perché i dossier che hanno causato questo scetticismo «sono dovuti al predominio dell'Europa dei tecnocrati, delle banche, dell'Europa che auspica l'adesione della Turchia e l'approvazione della direttiva Bolkestein». Noi, ha concluso, «siamo a favore di un'altra Europa, cioè l'Europa dei popoli e delle regioni, ed è di questo sentimento profondo che si deve rendere interprete la saggia Austria Felix». Sepp KUSSTATSCHER (Verdi/ALE, IT) ha rivolto tre richieste concrete alla Presidenza. La prima riguarda la tutela delle minoranze. Affermando che i sudtirolesi sono stati trattati da Vienna sempre «con molta comprensione», il deputato ha chiesto che l'Austria risolva la disputa con gli sloveni di Carinzia in merito ai cartelli stradali. In secondo luogo, ha sollecitato la ratifica del protocollo della convenzione alpina sui trasporti per tutelare le popolazioni alpine. Infine, ha chiesto che sia impedita la costruzione del tunnel del Brennero. Una ferrovia ad alta velocità attraverso le Alpi, ha spiegato, suscita infatti molte preoccupazioni. Tra queste ha citato: il trasporto misto sulla vecchia linea e sulla linea che è stata pianificata; una ferrovia ad alta velocità per le persone in numerosi e lunghi tunnel. L'intero trasporto merci attraverso le Alpi, ha poi aggiunto, è una pretesa delle popolazioni vicine e il progetto è ancora meno redditizio dell'eurotunnel sotto la Manica. Antonio TAJANI (PPE/DE, IT) ha affermato che la Presidenza austriaca inizia in un momento non facile per l'Europa, anche se l'accordo sulle prospettive finanziarie «può rappresentare l'avvio di una nuova fase». L'Unione, per il deputato, si trova, infatti, di fronte a un forte attacco interno e a uno altrettanto pericoloso che viene dall'esterno. A portare l'attacco interno, ha spiegato, sono coloro che non credono, o non credono più, al ruolo fondamentale che può e deve svolgere l'Europa. Questi, «cavalcano una crisi di credibilità che ha allontanato troppi cittadini da istituzioni che considerano lontane e governate da una burocrazia onnipotente e incapace». Gli europei, ha quindi sostenuto, «vogliono un'Unione politica capace di risolvere i loro problemi, ai quali Stati ed enti locali non sono in grado di fornire risposte». Per tale ragione, occorre lavorare «per un'Europa più politica, protesa a curare gli interessi della gente»; serve un impegno forte per la crescita economica, che genera occupazione, servono aiuti alle piccole e medie imprese nonché una riforma del bilancio e un'azione per affrontare l'importante questione dell'immigrazione. C'è inoltre bisogno, ha aggiunto, di una Costituzione che permetta di raggiungere questi obiettivi, semplifichi l'iter legislativo e garantisca la continuità di un'azione politica. Dicendosi convinto che nei prossimi sei mesi saranno compiuti passi avanti in questa direzione e si potranno adottare scelte positive per il futuro dell'Europa, ha quindi affermato che «la Costituzione non è morta; la sua entrata in vigore è un obiettivo fondamentale da perseguire». L'attacco esterno, ha proseguito, è quello rappresentato dal terrorismo. Occorre difendersi rafforzando la cooperazione interna, mediante iniziative giudiziarie e di polizia ma soprattutto «mediante un'azione politica che veda l'Unione protagonista di pace in Medio Oriente». La lotta al terrorismo, ha spiegato, «si combatte soprattutto in quella parte del mondo». In tale contesto, ha quindi affermato che la garanzia di sicurezza per Israele e la nascita di uno Stato palestinese «sono la chiave per il trionfo della libertà e della pace sulla violenza e il fondamentalismo». Per concludere, il deputato si è rivolto al cancelliere affermando che «Forza Italia, con il Partito popolare europeo, condivide le proposte della Presidenza austriaca per rilanciare il ruolo dell'Europa e per riavvicinare le Istituzioni dell'Unione ai cittadini», e che potrà contare sul loro aiuto. Nicola ZINGARETTI (PSE, IT) si è detto «confortato» dall'ascolto del programma, in primo luogo per la chiarezza di una frase pronunciata dal Cancelliere: "C'è bisogno di più Europa". Per il deputato non si tratta di una frase banale, perché «rappresenta il punto centrale di distinzione tra noi in questo momento». Ha quindi spiegato che c'è chi pensa che da questa fase di empasse si possa uscire solo con un salto in avanti nell'integrazione e nell'Europa politica, e chi si illude invece che si possano avere grandi progetti, grandi obiettivi riducendo le ambizioni, le risorse e le politiche europee. «Questo è un inganno, un trucco che abbiamo già visto, di chi nasconde in realtà altri obiettivi e di chi negli Stati membri non vuole assumersi le proprie responsabilità». L'altra parola significativa, ha notato, è la parola "coerenza". Ha quindi chiesto al Cancelliere di aiutare il Parlamento a cambiare «quelle prospettive finanziarie frutto di egoismi e di paure nazionali che invece ucciderebbero l'Europa», a rilanciare il processo costituzionale per puntare a una maggiore integrazione e per far sì, nell'ambito delle possibilità offerte dai trattati, che si vada avanti comunque, con i paesi che intendono farlo, con le politiche indispensabili per l'Unione. Il deputato ha quindi concluso sostenendo di aver parlato di coerenza perché «sono proprio l'incoerenza e i proclami ascoltati a volte anche in questo Parlamento, ai quali non seguono fatti, a essere oggi i principali responsabili del distacco tra l'Europa e le sue istituzioni e i cittadini europei». Replica della Presidenza Wolfgang SCHÜSSEL, nelle considerazioni conclusive, ha posto l'accento sull'ampliamento e sulla priorità che deve essere accordata ai Balcani, sottolineando anche che il Kosovo è una storia di successo per l'Unione visto che i 90% delle forze di pace è europeo. Ha poi affermato che il problema del programma nucleare dell'Iran non deve essere affrontato con le minacce, ma con un messaggio politico chiaro. In merito alla politica energetica europea, ha ribadito la libertà di ogni Stato membro in merito alle fonti da privilegiare. Il Cancelliere ha poi ricordato che in dieci anni non è stato realizzato nessun progetto delle reti transeuropee, ma i frutti dell'iniziativa dovrebbero presto maturare. Il tunnel del Brennero, ha aggiunto, potrebbe decongestionare il traffico pesante stradale. Riguardo alle attività della CIA in Europa, ha affermato di sostenere l'indagine del Consiglio d'Europa e di aver chiesto la collaborazione di tutti gli Stati membri perchè «i diritti umani sono indivisibili». Il Presidente del Consiglio ha poi affermato che in Austria i diritti delle minoranze sono rispettati e vi è sempre maggiore integrazione. Riguardo al mercato del lavoro, ha ricordato che i periodi transitori previsti nei trattati d'adesione erano condivisi da tutti e vanno rispettati. Infine, il Cancelliere ha ammesso che in sei mesi non è possibile modificare l'Unione però è possibile dare uno stimolo. Ad esempio, nell'ambito dei negoziati sulle prospettive finanziarie andranno valutate tutte le proposte, come quella che prevede un intervento della BEI nel finanziamento della ricerca. Nelle prossime settimane, ha concluso, la Presidenza disporrà di un mandato e si è detto certo che la ricerca e la competitività potranno beneficiare di maggiori fondi rispetto al passato, mentre le spese della PAC di Romania e Bulgaria saranno incluse nelle prospettive finanziarie. Replica della Commissione Il Presidente BARROSO ha sottolineato l'importanza di giungere ad un accordo sulle prospettive finanziarie in occasione del Vertice di primavera e, a tale proposito, si è detto certo che vi sia ancora un margine negoziale. Ha quindi rivolto un appello a favore di un atteggiamento realista ma ambizioso e responsabile per non compromettere l'avvio dei nuovi programmi strutturali. In seguito, ha sostenuto che esistono tutte le condizioni per ridare slancio alla crescita e all'occupazione. Ricordando le quattro libertà fondamentali relative alla circolazione delle merci, dei capitali, dei servizi e delle persone, nonché l'importanza di completare i mercato unico, il Presidente ha affermato che l'Unione è anche un progetto politico e sociale. Le divergenze sul futuro dell'Europa sono notevoli, ha concluso, ma al Vertice di giugno potranno essere tracciate le linee direttrici per un nuovo consenso. Link utili Programma operativo del Consiglio per il 2006 presentato dalle Presidenze austriaca e finlandese Riferimenti
Dichiarazione
del Consiglio - Illustrazione del programma della Presidenza
austriaca |
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Il Parlamento ha adottato una risoluzione con la quale respinge - «nella sua formulazione attuale» - la posizione comune del Consiglio europeo in merito al quadro finanziario 2007-2013. I deputati deplorano i tagli proposti ai fondi destinati alla competitività, alla crescita e all'occupazione, così come quelli previsti per la cittadinanza e la sicurezza. Tuttavia, è espressa la volontà di avviare negoziati costruttivi, difendendo la posizione molto più generosa presa a giugno dal Parlamento. Con 541 voti favorevoli, 56 contrari e 76 astensioni, il Parlamento ha adottato una risoluzione con la quale respinge, «nella sua formulazione attuale», l'accordo sulle prospettive finanziarie cui è giunto il Consiglio europeo di dicembre Esso, infatti, non garantisce un bilancio UE «che rafforzi la prosperità, la competitività, la solidarietà, la coesione e la sicurezza», conformemente alle politiche già decise dallo stesso Consiglio. Inoltre, non onora gli impegni presi nei confronti dei nuovi Stati membri e non offre un meccanismo di flessibilità «adeguato e dettagliato», né un fermo impegno di revisione con un ruolo chiaro del Parlamento europeo o sufficienti misure di accompagnamento volte, per esempio, a garantire un'attuazione e un controllo migliori delle spese degli Stati membri. Il Parlamento disapprova, in particolare, «la riduzione inaccettabile» degli impegni destinati a competitività, crescita e occupazione, «nonostante l'importanza accordata da tutte le Istituzioni dell'UE alla strategia di Lisbona», nonché i tagli alla rubrica cittadinanza, libertà, sicurezza e giustizia e alla rubrica azioni esterne. E' inoltre rilevato che le conclusioni del Vertice «si incentrano sulle politiche tradizionali» gestite dagli Stati membri invece di porre l'accento su politiche che mettano l'Unione in condizione di far fronte a nuove sfide e di sviluppare il valore aggiunto europeo per i cittadini. E’ poi deplorato che gli Stati membri «combattano per preservare i propri interessi nazionali piuttosto che per promuovere una dimensione europea» e che non siano stati capaci di trattare la questione della riforma del sistema delle risorse proprie. I deputati affermano tuttavia la loro volontà «di avviare negoziati costruttivi con il Consiglio», sulla base delle rispettive posizioni, «purché la Presidenza austriaca riceva un effettivo mandato negoziale». La risoluzione, in proposito, afferma la determinazione a difendere gli elementi quantitativi, strutturali e qualitativi della posizione negoziale del Parlamento ed a rafforzare la dimensione europea delle politiche in materia agricola, interna e esterna. Per i deputati, infatti, la posizione negoziale assunta dal Parlamento europeo l'8 giugno 2005 «offre una migliore rispondenza tra priorità politiche e esigenze finanziarie, la modernizzazione del bilancio attraverso una maggiore flessibilità e un miglioramento della qualità di esecuzione». Le prossime tappe Il Parlamento, infine, ha incaricato la sua commissione per i bilanci di negoziare di conseguenza l'accordo interistituzionale. Intanto, il 23 gennaio si terrà un primo trilogo tra i Presidenti del Parlamento, della Commissione e del Consiglio. Il mandato negoziale da affidare alla Presidenza sarà discusso il 25 gennaio a livello degli ambasciatori (Coreper). Inoltre, l'Esecutivo presenterà una proposta di accordo interistituzionale il 1° febbraio e la speranza è di trovare un'intesa in tempo per il Consiglio europeo di primavera. Link utili
Dibattito alla
Conferenza dei
Presidenti
aperta a tutti i deputati (20 dicembre 2005) Riferimenti
Risoluzione
sulla posizione del Consiglio europeo in merito alle prospettive
finanziarie e al rinnovo dell'Accordo interistituzionale 2007-2013 |
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L'Europa ampliata non può funzionare senza una riforma istituzionale. Per tale ragione, il Parlamento chiede l'adozione di una nuova Costituzione prima di procedere a altre adesioni, oltre a quelle di Romania e Bulgaria. Il processo costituzionale, inoltre, deve essere accompagnato da un dibattito volto ad avvicinare i cittadini all'Europa, prevedendo un forte impegno dei parlamenti europeo e nazionali. Per i deputati, il mantenimento del testo attuale «costituirebbe un risultato positivo». Con la relazione di Andrew DUFF (ALDE/ADLE, UK) e Johannes VOGGENHUBER (Verdi/ALE, AT) - adottata dall'Aula con 385 voti favorevoli, 125 contrari e 51 astensioni - i deputati ribadiscono la convinzione che il Trattato di Nizza «non rappresenti una base solida per un futuro approfondimento del processo d'integrazione europeo». Confermano quindi il loro impegno a giungere ad una soluzione costituzionale che rafforzi la democrazia parlamentare, la trasparenza e lo stato di diritto, sancisca i diritti fondamentali, sviluppi la cittadinanza e potenzi la capacità dell'Unione ampliata di agire in modo efficace all'interno e all'esterno. Il Parlamento, inoltre, sottolinea che «è impossibile ampliare ulteriormente l'Unione dopo l'adesione della Bulgaria e della Romania sulla base del trattato di Nizza» e ricorda che i problemi politici e le debolezze istituzionali che la Convenzione doveva risolvere «persisteranno e addirittura aumenteranno se non saranno attuate le riforme» sancite dalla Costituzione. E' chiesto quindi che si compiano tutti gli sforzi necessari per garantire l'entrata in vigore della Costituzione nel corso del 2009. Una Costituzione per tutti, no ai noccioli duri I deputati, inoltre, respingono le proposte volte a costituire un "nocciolo duro" di Stati membri mentre è ancora in corso il processo costituzionale e deplorano qualsiasi suggerimento in base al quale potrebbero formarsi coalizioni di taluni Stati al di fuori del sistema dell'UE. D'altra parte, ammoniscono che una strategia basata su un'attuazione selettiva della Costituzione «rischia di distruggere il consenso che ha creato un equilibrio tra le Istituzioni e fra gli Stati membri, aggravando così la crisi di fiducia». A loro parere, solamente un numero limitato di riforme democratiche può essere introdotto in questa fase senza modifiche del trattato. Tra queste citano la trasparenza del processo legislativo in seno al Consiglio, l'introduzione di una forma di iniziativa dei cittadini, i miglioramenti alla procedura di comitatologia, un pieno uso delle clausole "passerella" nel settore della giustizia e degli affari interni e un controllo più rigoroso da parte dei parlamenti nazionali sulla conduzione degli affari comunitari da parte dei rispettivi governi. Dibattito pubblico e forum parlamentari Per i deputati, il Consiglio europeo non ha dato una linea precisa al periodo di riflessione né definito i metodi e la cornice per l'elaborazione di conclusioni risultanti da tale dibattito, e finora «non ha mostrato la volontà politica e la capacità di promuovere e gestire il dialogo europeo». L'attuale periodo di riflessione, a loro parere, andrebbe sfruttato per un rilancio del progetto costituzionale sulla base di un ampio dibattito pubblico sul futuro dell'integrazione europea. Questo dialogo - coordinato a livello dell'Unione e condotto nel quadro europeo e nazionale - dovrebbe mirare «a chiarire, approfondire e democratizzare il consenso intorno alla Costituzione, affrontando le critiche e trovando soluzioni laddove le aspettative non sono state soddisfatte». In tale ambito è anche sottolineata le necessità di incoraggiare un atteggiamento proattivo dei mezzi d'informazione. E' quindi proposto che il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali organizzino congiuntamente una serie di conferenze ("Forum parlamentari") - con il contributo delle altre istituzioni UE - «al fine di stimolare il dibattito e delineare, passo dopo passo, le necessarie conclusioni politiche». In tale contesto, è sottolineato che il Parlamento deve impegnarsi a svolgere - in associazione con i parlamenti nazionali - «un ruolo guida» nel dialogo europeo, in particolare pubblicando "documenti europei" su ciascuna delle grandi questioni che l'Unione deve affrontare, che potrebbero essere utilizzati come schema europeo comune per i dibattiti nazionali. Per i deputati, il primo forum interparlamentare dovrebbe essere convocato nella primavera del 2006 con l'obiettivo di formulare raccomandazioni esaustive al Consiglio europeo sul modo in cui l'Unione dovrà procedere per uscire dalla crisi. Le principali questioni che dovranno essere affrontate in quella sede dovrebbero essere le seguenti: l'obiettivo dell'integrazione europea, il ruolo dell'Europa a livello mondiale, il futuro del modello economico e sociale europeo, i confini dell'Unione, la promozione della libertà, della sicurezza e della giustizia e il metodo di finanziamento dell'Unione. Forum dei cittadini e mobilitazione della società La relazione chiede agli Stati membri di organizzare un gran numero di riunioni pubbliche e di dibattiti sui mezzi di informazione sul futuro dell'Europa ("Forum dei cittadini") a livello nazionale, regionale e locale. Le parti sociali e le organizzazioni della società civile sono esortate a partecipare a tali dibattiti, mentre è chiesto ai partiti politici di attribuire molta più importanza alla dimensione europea, sia nei loro dibattiti interni che nelle campagne elettorali. Nel dichiararsi favorevole a petizioni di cittadini che contribuiscano a dare forma al dibattito, la relazione si appella inoltre a tutte le associazioni e organizzazioni della società civile affinché considerino l'entrata in vigore della Costituzione europea come una delle loro priorità di discussione e dibattito. Il Parlamento, inoltre, rileva che «un dialogo europeo sarà impossibile senza finanziamenti adeguati» Definire una linea nel 2007, conservare il testo attuale I deputati propongono di trarre le conclusioni del periodo di riflessione al più tardi nella seconda metà del 2007 e di decidere chiaramente in tale fase come procedere con la Costituzione. Il Parlamento, a tale proposito, accoglie favorevolmente l'intenzione della Presidenza austriaca di presentare una road map per il periodo di riflessione come anche per il futuro del processo di ratifica in generale e si compiace della dichiarazione del governo tedesco, secondo cui esso intende prendere iniziative riguardanti il processo di ratifica costituzionale durante il proprio periodo di Presidenza, nel primo semestre del 2007. Secondo il Parlamento, l'Unione dispone di varie opzioni, che includono l'abbandono completo del progetto costituzionale, il proseguimento degli sforzi per la ratifica senza modifiche del testo attuale, il tentativo di chiarire o integrare il testo attuale, la ristrutturazione e/o la modifica del testo attuale con l'obiettivo di migliorarlo ovvero una totale riformulazione. Per i deputati, tuttavia, la possibilità di mantenere il testo attuale «costituirebbe un risultato positivo». Link utili Risoluzione del Parlamento europeo sul trattato che adotta una Costituzione per l'Europa Riferimenti
Johannes
VOGGENHUBER (Verdi/ALE, AT) e Andrew DUFF (ALDE/ADLE, UK) |
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Esistono in Europa centri di detenzione della CIA? Quest'ultima si è servita di aeroporti europei per trasportare presunti terroristi dove avrebbero potuto subire torture? Sono questi i due quesiti sostanziali cui tenterà di rispondere la nuova commissione temporanea istituita dal Parlamento. La commissione, che conta 46 deputati, appurerà anche se i governi europei erano a conoscenza di queste pratiche e se cittadini europei vi hanno preso parte. Il Parlamento ha adottato la proposta di decisione della Conferenza dei presidenti dei gruppi politici sulla costituzione di una commissione temporanea sul presunto utilizzo dei paesi europei, da parte della CIA, per il trasporto e la detenzione illegale di prigionieri sospettati di terrorismo. La commissione che sarà costituita da 46 membri i cui nomi saranno approvati il 19 gennaio dall'Aula, terrà la sua riunione costitutiva giovedì 26 gennaio. In quella sede saranno nominati il Presidente e il relatore. Il mandato affida alla commissione temporanea il compito di raccogliere e analizzare informazioni per stabilire:
La commissione - che indagherà almeno per un anno - dovrà poi presentare all'Aula le raccomandazioni che riterrà necessarie a tale proposito, in particolare riguardo alle conclusioni politiche, giuridiche e amministrative da trarre a livello europeo, come pure le eventuali implicazioni per i rapporti dell'UE con paesi terzi. Una relazione intermedia dovrà essere presentata al Parlamento europeo entro quattro mesi dall'inizio dei lavori, corredata di proposte dettagliate sul modo in cui intende proseguirli. La commissione, inoltre, agirà di concerto e nella più stretta collaborazione con il Consiglio d'Europa e il suo Segretario generale, l'Assemblea parlamentare, il Commissario europeo ai diritti dell'uomo e l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti dell'uomo, nonché con i parlamenti nazionali. Dopo averne definito il mandato, il Parlamento ha approvato la lista dei membri della commissione temporanea: 17 sono espressione del PPE/DE (tra cui l'italiano Jas GAWRONSKI), 13 del PSE (Claudio FAVA), 6 dell'ALDE/ADLE, 2 ciascuno per i gruppi Verdi/ALE, GUE/NGL (Giusto CATANIA), IND/DEM, UEN e per i Non iscritti (Gianni DE MICHELIS). I gruppi politici designeranno, più tardi, i 46 membri supplementi. Dalla suddivisione per Stato membro di origine, risulta che, oltre ai 4 italiani, vi sono 6 tedeschi, 6 polacchi, 4 olandesi, 3 spagnoli, 3 svedesi, 3 britannici, 2 austriaci, 2 belgi, 2 greci, 2 francesi, 2 ungheresi, 2 irlandesi, 2 slovacchi, 1 ceco, 1 estone ed 1 portoghese. Link utili
Mandato - Commissione temporanea |
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Grazie alla direttiva adottata dal Parlamento, i bagnanti potranno conoscere preventivamente la qualità delle acque nelle quali intendono tuffarsi. Queste informazioni, infatti, saranno disponibili su Internet e sulle spiagge. Sono stati necessari tre anni affinché deputati e ministri giungessero a un accordo volto a rafforzare gli standard di qualità delle acque, a migliorare l'ambiente e a proteggere la salute umana. La direttiva - adottata con 584 voti favorevoli, 11 contrari e 56 astensioni - si applica a qualsiasi parte di acque superficiali nella quale è previsto che un congruo numero di persone pratichi la balneazione e sulla quale non gravi un divieto permanente di balneazione. Non si applica quindi a piscine e terme, alle acque confinate soggette a trattamento o utilizzate a fini terapeutici e alle acque confinate create artificialmente e separate dalle acque superficiali e dalle acque sotterranee. Essa stabilisce disposizioni in materia di monitoraggio e classificazione della qualità delle acque di balneazione, di gestione della qualità e di informazione al pubblico in merito alla loro qualità. E' finalizzata a preservare, proteggere e migliorare la qualità dell'ambiente e a proteggere la salute umana. Parlamento e Consiglio si sono accordati su un testo comune nell'ultima fase della procedura decisionale, quella della conciliazione. Gli Stati membri dovranno applicare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva entro due anni dalla sua entrata in vigore. Limiti più severi per le categorie di acque balenabili Il progetto comune approvato dalla relazione di Jules MAATEN (ALDE/ADLE, NL) e sottoscritto dal Parlamento prevede quattro categorie di acque: "scarsa", "sufficiente", "buona" e "eccellente". E' stata la fissazione di limiti più severi che ha convinto i deputati ad accettare l'introduzione di una categoria supplementare ("sufficiente") per le acque di balneazione. Quelli per gli enterococchi intestinali, ad esempio, sono stati fissati a 330 per le acque interne e 185 per le acque costiere. Più in generale, questi nuovi valori comportano una riduzione dei rischi per la salute dei bagnanti dal 12% all'8%. Questi rischi riguardano generalmente infezioni respiratorie o digestive non troppo gravi, ma che possono comunque rovinare le vacanze. La direttiva impone inoltre agli Stati membri di assicurare che, entro la fine della stagione balneare 2015, tutte le acque di balneazione siano come minimo "sufficienti". Dovranno poi adottare le misure realistiche e proporzionate che ritengono appropriate per aumentare il numero delle acque di balneazione classificate di qualità "eccellente" o "buona". Informazione e partecipazione del pubblico Il Consiglio ha accettato di migliorare la sua posizione comune per quanto riguarda l'informazione e la partecipazione del pubblico. Tramite Internet sarà possibile ottenere informazioni aggiornate sulla qualità dell'acqua e sui siti di balneazione. Le informazioni dovranno essere divulgate non appena disponibili e al più tardi nel 2013. Dopo due anni, inoltre, una volta applicata la nuova catalogazione delle acque, i luoghi balneari dovranno anche essere dotati di una chiara segnaletica con simboli comuni a tutta l'Unione. Gli Stati membri dovranno assicurare che le seguenti informazioni siano divulgate attivamente e messe a disposizione con tempestività durante la stagione balneare in luoghi facilmente accessibili nelle immediate vicinanze dei siti balneari: la classificazione corrente delle acque e l'eventuale divieto di balneazione o avviso che la sconsiglia mediante un segno o un simbolo chiaro e semplice, nonché una descrizione generale delle acque di balneazione, in un linguaggio non tecnico. Nel caso di acque classificate "scarse", dovranno inoltre essere fornite informazioni sulle cause dell'inquinamento e sulle misure adottate per prevenire l'esposizione dei bagnanti all’inquinamento e per affrontarne le cause. Prima valutazione nel 2008 Il Parlamento europeo e il Consiglio hanno deciso di chiedere alla Commissione di elaborare una relazione entro il 2008 (e non dieci anni dopo come era stato ipotizzato), considerando non solo gli sviluppi a livello scientifico ed epidemiologico concernenti la qualità dell'aria, ma anche gli aspetti virologici come richiesto dai deputati. Alla luce di questa relazione, la Commissione procederà ad una revisione della direttiva al più tardi nel 2020, valutando anche l'opportunità di eliminare progressivamente la classificazione di "sufficiente". Background La proposta della Commissione era finalizzata a migliorare e ad aggiornare le disposizioni della direttiva in vigore dal 1976, prendendo in considerazione gli sviluppi della scienza e della tecnologia nonché le nuove strategie gestionali. Nel corso dell'esame della proposta erano emerse ampie divergenze tra il Parlamento ed il Consiglio. I principali problemi aperti riguardavano i valori per la qualità delle acque di balneazione, l'informazione e la partecipazione del pubblico, i piani di emergenza e la capacità di reazione degli Stati membri, i calendari, le scadenze e la revisione della direttiva. Visto che il Consiglio non è stato in grado di accettare gli emendamenti proposti dal Parlamento in seconda lettura si è dovuto procedere a una conciliazione. Dopo una serie di riunioni del comitato, le delegazioni del Parlamento e del Consiglio sono giunte alla definizione di un progetto comune passato con successo al vaglio dell'Aula. Link utili Rifermenti
Jules MAATEN (ALDE/ADLE, NL) Rifiuti delle industrie estrattive Una nuova direttiva sui rifiuti delle industrie estrattive sarà presto d'applicazione. L'Aula ha infatti sottoscritto l'accordo cui sono giunte in conciliazione le delegazioni del Parlamento e del Consiglio. Le questioni più controverse sulle quali si è finalmente arrivati a un compromesso riguardavano l'inquinamento delle acque, le garanzie finanziarie a copertura delle responsabilità degli operatori, il campo d'applicazione, la gestione dei rifiuti e la prevenzione dell'inquinamento. La direttiva istituisce le misure, le procedure e gli orientamenti necessari per prevenire o ridurre il più possibile eventuali effetti negativi per l'ambiente, nonché eventuali rischi per la salute umana conseguenti alla gestione dei rifiuti prodotti dalle industrie estrattive. Con il termine "industrie estrattive" si intendono tutti gli stabilimenti e le imprese impegnati nell'estrazione, superficiale o sotterranea, di risorse minerali a fini commerciali, compresa l'estrazione per trivellazione o il trattamento del materiale estratto. Questioni concernenti l'inquinamento delle acque Secondo l'accordo raggiunto, gli Stati membri sono tenuti a garantire che, nel corso della risistemazione dei rifiuti di estrazione nei vuoti di miniera, gli operatori adottino misure appropriate per assicurare il monitoraggio dei rifiuti e dei vuoti. Inoltre, nel caso in cui i rifiuti di estrazione vengano ricollocati in vuoti di estrazione che successivamente potranno essere inondati, gli operatori dovranno adottare le misure necessarie a evitare o a minimizzare il degrado dello stato dell'acqua e l'inquinamento del suolo. Dovranno anche fornire all'autorità competente le informazioni volte a garantire il rispetto degli obblighi comunitari, in particolare di quelli sanciti dalla direttiva quadro sulle acque. Garanzie finanziarie a copertura delle responsabilità degli operatori Questo punto si è rivelato uno dei più controversi. Il Parlamento auspicava che l'importo delle garanzie finanziarie fosse periodicamente adeguato in base alle opere di ripristino da effettuare e che le garanzie dovessero coprire i potenziali costi di tali opere, sia per quanto riguarda il terreno interno al sito, sia rispetto al terreno direttamente interessato dalla struttura di deposito dei rifiuti. Il Consiglio ha sottolineato che, nel caso in cui gli operatori fossero in grado di stipulare un'assicurazione relativa alle responsabilità nell'ambito della direttiva, queste dovrebbero essere definite nel modo più chiaro possibile. L'accordo conseguito risponde essenzialmente alle preoccupazioni del Parlamento. Le garanzie finanziarie devono essere sufficienti a coprire il costo del ripristino del terreno che possa aver subito un impatto dalla struttura di deposito dei rifiuti, inclusa la struttura stessa, come prescritto dal piano di gestione dei rifiuti. L'importo della garanzia deve essere periodicamente adeguato in base alle opere di ripristino necessarie. Campo d'applicazione Un considerando chiarisce la situazione dei rifiuti radioattivi dell'industria estrattiva e la legislazione potenzialmente applicabile ai sensi del trattato Euratom. Inoltre, una sostanziale riformulazione di un altro considerando permette di dissipare i timori del Parlamento grazie all'aggiunta dei siti di deposito dei rifiuti abbandonati ai siti chiusi destinati a comparire negli inventari delle strutture suscettibili di avere serie ripercussioni sulla salute umana o sull'ambiente. Tali inventari dovrebbero costituire il punto di partenza per l'elaborazione di un adeguato programma di misure. Un nuovo considerando, poi, sostiene l'integrazione delle esigenze connesse con la tutela dell'ambiente in altre politiche e attività comunitarie, in vista della promozione dello sviluppo sostenibile. Infine, la definizione di "trattamento delle risorse minerali" è stata modificata in modo da includere la calcinazione della pietra calcarea. Gestione dei rifiuti e prevenzione dell'inquinamento L'accordo raggiunto rafforza lo sviluppo sostenibile e rispettoso dell'ambiente. Un considerando rileva l'importanza di prevenire o di ridurre al minimo (anziché limitarsi a trattare, recuperare e smaltire) i rifiuti di estrazione, mentre quattro emendamenti sostanziali chiariscono il contenuto dei piani di gestione dei rifiuti che gli operatori sono tenuti a elaborare. Per esempio è stabilito che i piani di gestione dei rifiuti debbano includere una valutazione dello stato originale del terreno suscettibile di ospitare una struttura di deposito dei rifiuti, che servirà a stabilire i criteri di ripristino del sito in seguito alla chiusura della struttura. Link utili Testo comune approvato dal comitato di conciliazione Riferimenti
Jonas
SJÖSTEDT (GUE/NGL, SE) |
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Con 347 voti contrari, 276 favorevoli e 22 astensioni il Parlamento ha respinto la relazione di Giusto CATANIA (GUE/NGL, IT) sulla cittadinanza dell'Unione. Già prima del voto finale erano stati bocciati - con maggioranze a volte molto ristrette - numerosi paragrafi della relazione stessa. Le parti più controverse erano quelle relative al principio di residenza come criterio di cittadinanza e alla concessione agli stranieri del diritto di voto e di candidarsi alle elezioni europee e locali. La relazione doveva rappresentare la posizione del Parlamento in merito alla quarta relazione della Commissione sulla cittadinanza dell'Unione. Link utili
Quarta relazione della Commissione sulla cittadinanza
dell'Unione Riferimenti
Giusto
CATANIA (GUE/NGL, IT) |
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Alla luce di recenti eventi «preoccupanti», il Parlamento ha adottato una risoluzione che chiede di lottare contro ogni tipo di discriminazione fondata sull'orientamento sessuale. Ai partner dello stesso sesso, inoltre, devono essere garantiti il rispetto, la dignità e la protezione «riconosciuti al resto della società», la libertà di circolazione e la non discriminazione in materia di successione e fiscalità. Occorrono poi un nuovo quadro normativo UE antidiscriminazione e campagne pedagogiche. Per il Parlamento l'omofobia può essere definita come «una paura e un'avversione irrazionale nei confronti dell'omosessualità e di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali (GLBT), basata sul pregiudizio» ed è «analoga al razzismo, alla xenofobia, all'antisemitismo e al sessismo». Essa, precisano i deputati, si manifesta nella sfera pubblica e privata sotto forme diverse «quali discorsi intrisi di odio e istigazioni alla discriminazione, dileggio, violenza verbale, psicologica e fisica, persecuzioni e omicidio, discriminazioni in violazione del principio di uguaglianza, limitazioni arbitrarie e irragionevoli dei diritti, spesso giustificate con motivi di ordine pubblico, libertà religiosa e diritto all'obiezione di coscienza». La risoluzione comune - sostenuta da popolari, socialisti, liberaldemocratici, verdi e sinistra unitaria - è stata adottata con 468 voti favorevoli, 149 contrari e 41 astensioni. Essa condanna con forza ogni discriminazione fondata sull'orientamento sessuale e chiede agli Stati membri di assicurare «che lesbiche, gay, bisessuali e transessuali siano protetti da discorsi omofobici intrisi d'odio e da atti di violenza». Gli Stati membri e la Commissione devono quindi condannare con fermezza tali gesti e garantire «l'effettivo rispetto della libertà di manifestazione», prevista da tutte le convenzioni in materia di diritti umani. Considerando che in un numero più grande di paesi si stanno adottando iniziative intese a garantire pari opportunità ed ad offrire protezione contro la discriminazione, nonché «ad assicurare il riconoscimento delle famiglie omosessuali», il Parlamento chiede che ai partner dello stesso sesso siano garantiti il rispetto, la dignità e la protezione «riconosciuti al resto della società». E' poi reiterata la richiesta avanzata alla Commissione di presentare proposte che assicurino la libertà di circolazione dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari nonché «del partner registrato di qualunque sesso». Facendo proprio un emendamento proposto dai socialisti, l'Aula sollecita inoltre gli Stati membri ad adottare disposizioni legislative «volte a porre fine alle discriminazioni subite dai partner dello stesso sesso in materia di successione, proprietà, locazione, pensioni, fiscalità, scurezza sociale, ecc.». Il Parlamento, inoltre, chiede all'Esecutivo di far sì che la discriminazione basata sull'orientamento sessuale «sia vietata in tutti i settori», mediante la proposta di nuove direttive o di un quadro generale. Più in particolare, accogliendo due emendamenti proposti dai verdi, dovrebbe presentare una proposta di direttiva riguardante la protezione contro tutte le discriminazioni previste dall'articolo 13 del Trattato e prendere in considerazione il ricorso alle sanzioni penali per i casi di violazione delle direttive con questa base giuridica. Parallelamente, la Commissione dovrebbe garantire che tutti gli Stati membri abbiano recepito e stiano applicando correttamente la direttiva 2000/78/CE che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro ed avviare procedimenti d'infrazione contro gli Stati membri inadempienti. D'altra parte, il Parlamento «sollecita vivamente» gli Stati membri e la Commissione a intensificare la lotta all'omofobia mediante «un'azione pedagogica», ad esempio attraverso campagne contro l'omofobia condotte nelle scuole, nelle università e nei mezzi d'informazione, e «anche per via amministrativa, giudiziaria e legislativa». La relazione annuale sulla tutela dei diritti fondamentali nell'UE, poi, dovrebbe comprendere informazioni complete ed esaustive sull'incidenza di atti criminosi e violenze a carattere omofobico negli Stati membri. Infine, la risoluzione chiede agli Stati membri interessati di riconoscere «finalmente» che gli omosessuali «sono stati tra i bersagli e le vittime del regime nazista». Background - Articolo 13 del Trattato 1. Fatte salve le altre disposizioni del presente trattato e nell'ambito delle competenze da esso conferite alla Comunità, il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali. 2. In deroga al paragrafo 1, il Consiglio delibera secondo la procedura di cui all'articolo 251 (codecisione, ndr) quando adotta misure di incentivazione comunitarie, ad esclusione di qualsiasi armonizzazione delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri, destinate ad appoggiare le azioni degli Stati membri volte a contribuire alla realizzazione degli obiettivi di cui al paragrafo 1. Link utili
Risoluzione
del Parlamento europeo
sulla protezione delle minoranze e le politiche contro la
discriminazione nell'Europa allargata Riferimenti
Risoluzione
comune sull'omofobia in Europa |
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Il Parlamento ha adottato una relazione sulle strategie di prevenzione della tratta di donne e bambini che chiede l'avvio di una politica comune e il rafforzamento dell'azione penale e repressiva nei confronti dei trafficanti, ma anche dei clienti consapevoli. Sono richieste una nuova politica dei visti e azioni di prevenzione e assistenza. Occorre contrastare l'uso di Internet a fini illeciti, promuovere campagne di sensibilizzazione e prendere misure adeguate durante i mondiali di calcio 2006. Le donne e i bambini sono particolarmente vulnerabili nei confronti di questo tipo di criminalità organizzata e di questa moderna forma di schiavitù. Infatti, delle 600.000 - 800.000 persone vittime ogni anno della tratta internazionale di esseri umani, circa l'80% sono donne e ragazze e circa il 50% sono minori. Nella sola Unione europea sono vittime 100.000 donne ogni anno. Inoltre questi dati dimostrano che la maggioranza delle vittime del traffico internazionale è destinata allo sfruttamento sessuale a fini commerciali. Una legislazione europea contro la tratta degli esseri umani La relazione di Christa PRETS (PSE, AT), approvata con 622 voti favorevoli, 12 contrari e 19 astensioni, deplora che le misure adottate finora per contrastare il traffico degli esseri umani non abbiano portato alla riduzione del numero di donne e bambini sfruttati sul mercato della schiavitù sessuale. Al contrario, considera che la tratta degli esseri umani ai fini sessuali è l'attività criminale in più rapida crescita rispetto alle altre forme di criminalità organizzata dell'UE. Pertanto, nel sollecitare la Commissione e il Consiglio a predisporre una chiara base giuridica per la lotta contro ogni forma di violenza contro le donne, i deputati chiedono di rendere «integralmente comunitaria» la politica europea in materia di lotta alla tratta degli esseri umani. A questo proposito sono raccomandate l'instaurazione di una politica comune dell'UE incentrata sull'elaborazione di un quadro giuridico e l'applicazione delle norme regolamentari sulle contromisure, la prevenzione, le azioni penali, la punizione dei responsabili e la protezione e il sostegno delle vittime. Inoltre, la relazione esorta gli Stati membri e la Commissione a continuare i propri studi sulle cause alla base della tratta degli esseri umani (in particolare su donne e bambini a fini sessuali). Prevenzione e assistenza, contrastare l'uso di Internet Viene sottolineato che è opportuno scoraggiare la domanda anche con misure a carattere educativo, giuridico, sociale e culturale. A questo proposito, nel sollecitare gli Stati membri ad affrontare «seriamente» i problemi derivanti dalla prostituzione nel loro territorio, il Parlamento chiede loro di istituire linee telefoniche di assistenza nazionali ed internazionali contro la tratta delle donne, che potrebbero essere pubblicizzate nel quadro di campagne di informazione. Inoltre, evidenzia l'esigenza di un Telefono azzurro, vale a dire un unico numero internazionale gratuito destinato ai bambini. I deputati esortano anche la Commissione e gli Stati membri a prendere con urgenza tutte le misure opportune per contrastare la tendenza a ricorrere alle nuove tecnologie, in particolare Internet, per divulgare informazioni sulla disponibilità e sulla domanda di donne e bambini per prestazioni sessuali, «il cui sviluppo incide sull'incremento della tratta». Sensibilizzare l'opinione pubblica Gli Stati membri sono invitati a varare e/o rafforzare le campagne di sensibilizzazione miranti ad informare sui pericoli e ad educare i membri vulnerabili della società nei paesi di origine, ad allertare e sensibilizzare il pubblico al problema nonché a ridurre la domanda nei paesi di destinazione. Il Parlamento chiede poi che «la pratica degradante che consiste nell'acquisto e nello sfruttamento da parte di uomini, di donne e bambini» divenga oggetto di una campagna attiva ed efficace nell'ambito dei programmi comunitari. La Commissione, inoltre, è invitata a istituire, a livello dell'intera Unione, una giornata di lotta contro la tratta di esseri umani, contraddistinta da un logo internazionale e da un messaggio coerente, al fine di sensibilizzare la popolazione in generale al fenomeno della tratta di donne e bambini. Per rafforzarne la visibilità, questa giornata potrebbe coincidere con la campagna mondiale "Stop the Traffik", il 25 marzo di quest'anno. D'altra parte, il Parlamento invita gli Stati membri, «in particolare la Germania», ad adottare le opportune misure nel corso del campionato mondiale di calcio del 2006 per impedire il traffico di donne e la prostituzione forzata. I suoi deputati, invece, sono esortati a sostenere la campagna "Viaggiatori d'affari contro la tratta di esseri umani" lanciata in Parlamento nel novembre 2005. Tale iniziativa trasversale, è infatti precisato, punta a sensibilizzare i viaggiatori d'affari («ad esempio i deputati ed altri») al problema della tratta di esseri umani e sollecita i deputati ad aprire la strada e a contribuire alla soluzione del problema. Inoltre, offre ai viaggiatori d'affari l'opportunità di riferire in merito a casi di tratta per il tramite del sito www.businesstravellers.org e chiede ai deputati di contattare per iscritto gli alberghi per sollecitarli a rompere i collegamenti tra le loro imprese e le donne e i bambini oggetto di tratta. Connessioni con l'immigrazione Il Parlamento sottolinea l'importanza di affrontare la connessione tra traffico di esseri umani, immigrazione legale e immigrazione clandestina e di considerare le vie di immigrazione legale come un meccanismo di prevenzione della tratta. Gli Stati membri sono quindi invitati a rivedere le loro politiche in materia di visti, nella prospettiva di prevenire gli abusi e di assicurare una protezione contro lo sfruttamento. E' poi posto in luce il legame tra sfruttamento sessuale e sfruttamento del lavoro nel settore della fornitura di servizi domestici. Per i deputati, inoltre, i bambini e gli adolescenti sono sottoposti a una dipendenza di cui i trafficanti approfittano ed il loro sfruttamento «non è unicamente sessuale, ma è anche legato alla schiavitù, all'adozione illegale e al lavoro forzato». Chiedono pertanto di che vengano prese misure energiche per prevenire e lottare contro tutti i crimini e i delitti commessi nei loro confronti. Rafforzare l'azione penale La relazione invita gli Stati membri ad applicare la legge e a rafforzare l'azione penale nei confronti dei trafficanti e dei loro complici. Inoltre, chiede un'azione repressiva contro gli autori delle pagine Internet in cui vengono proposti annunci di intermediari della tratta e di coloro che cercano di ottenere prestazioni sessuali da minori (la cui definizione deve essere omogenea in tutti gli Stati membri, vale a dire le persone di età inferiore ai 18 anni). Per i deputati è anche necessario perseguire il riciclaggio dei proventi della tratta e sottoporre a procedimenti penali i clienti che consapevolmente ricorrono alle prestazioni di prostitute coatte. E' poi sottolineato che finora esiste solo in Italia ed in Belgio il diritto di soggiorno per le vittime della tratta delle donne dopo il processo contro i trafficanti. La relazione rileva in proposito che, ai fini della testimonianza da parte delle vittime e della condanna dei responsabili, sarebbe necessario concedere il permesso di soggiorno in tutti gli Stati membri. D'altra parte, i deputati hanno soppresso il paragrafo che sosteneva l'importanza di introdurre il reato di «sfruttamento deliberato da parte del cliente di persone appartenenti a categorie sociali a rischio e di persone in situazioni di coercizione». Infine, il Parlamento esorta tutti gli Stati membri ad adottare, nel proprio diritto penale, atti normativi identici che contengano una chiara definizione giuridica della tratta dei bambini, basata sulle norme internazionalmente riconosciute, che figurano nel Protocollo di Palermo e nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia. Ciò, per evitare che il traffico di bambini venga considerato come una sottocategoria del traffico di esseri umani. La legislazione italiana La legge n. 228 dell'8 agosto 2003 introduce strumenti di contrasto a tale fenomeno, trattando sia l’aspetto repressivo del problema sia quello preventivo e sociale. La legge introduce e attualizza la definizione del reato di riduzione in servitù, di tratta di persone e di acquisto e alienazione di schiavi. Questi reati sono puniti con la reclusione da 8 a 20 anni, con la possibilità di aumentarla in presenza di aggravanti. Un altro degli aspetti importanti della legge è rappresentato dall’attenzione posta al recupero delle vittime di questa forma di sfruttamento. E' stato inoltre istituito un apposito Fondo presso la Presidenza del Consiglio con il quale finanziare programmi ad hoc. Il Fondo è anche alimentato dai beni e patrimoni appartenenti alle persone condannate per i delitti di riduzione in schiavitù, servitù o traffico di esseri umani. Link utili
Comunicazione
della Commissione:
"Lotta contro la tratta degli esseri umani – un approccio integrato
e proposte per un piano d’azione" Riferimenti
Christa
PRETS (PSE, AT) |
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Il Parlamento ha preso posizione sulla riforma del mercato dello zucchero e sul regime per la ristrutturazione dell'industria saccarifera. I deputati chiedono una riduzione meno drastica dei prezzi, quattro anni transitori prima di abbandonare il sistema d'intervento e incentivi alla produzione di bioetanolo. Inoltre, pur auspicando il monitoraggio delle importazioni, sollecitano l'abolizione delle sovvenzioni all'export entro il 2013. Definita inaccettabile la condotta dei Ministri agricoli. Nel novembre di quest'anno, il Consiglio è giunto a un accordo politico sull'impianto della riforma del settore. I deputati, pertanto, nella risoluzione legislativa, definiscono «inaccettabile» il fatto che questo accordo politico sia stato comunicato senza avere previamente ottenuto il parere del Parlamento, e ciò anche in considerazione delle «ripercussioni radicali» che la riforma implica per il futuro del settore. A loro parere, «il Consiglio non può mai concludere un accordo politico definitivo senza aver previamente concluso la consultazione del Parlamento europeo». D'altra parte, l'Aula non ha accolto l'iniziativa del gruppo UEN di respingere le proposte dell'Esecutivo, né la richiesta dei Verdi/ALE di rinviarne una di queste in commissione parlamentare. I Ministri dell'Agricoltura potrebbero quindi adottare definitivamente i provvedimenti già nel corso della loro riunione di lunedì 23 gennaio. La proposta di riforma presentata dalla Commissione nel giugno 2005 intende aumentare la competitività e l'orientamento al mercato del settore dello zucchero europeo, garantire al settore un futuro sostenibile a lungo termine e rafforzare la posizione dell'UE nel ciclo dei negoziati commerciali a livello internazionale. Si tratta anche di allineare il settore dello zucchero alla nuova Politica agricola comune. D'altra parte, l'attuale regime di esportazione di zucchero comunitario era anche stato condannato in sede di Organizzazione Mondiale del Commercio. Tra le principali proposte figurano un drastico taglio dei prezzi istituzionali, compensato solo parzialmente con aiuti diretti e l'abolizione del regime di ammasso pubblico che sarebbe sostituito da meccanismi meno automatici. E' anche previsto un regime volontario e temporaneo per la ristrutturazione del settore che si propone di incentivare l'abbandono dell'attività da parte dei produttori meno competitivi, di sostenere l'impatto socio-ambientale della chiusura degli stabilimenti e assistere le regioni più colpite dalla riforma. Infine, è contemplata una speciale assistenza per i paesi ACP anch'essi penalizzati dal nuovo regime ipotizzato. Con le tre relazioni di Jean-Claude FRUTEAU (PSE, FR), i deputati chiedono che la riduzione del prezzo istituzionale dello zucchero bianco sia pari al 30% e avvenga nel giro di quattro anni, invece che del 39% in due anni come proposto dalla Commissione. I Ministri agricoli, d'altra parte, si sono accordati per una riduzione certamente meno radicale, pari al 36% in quattro anni, ma ancora ben lontana da quanto auspicato dal Parlamento. Tale riduzione, in base all'accordo al Consiglio, sarà compensata al 64,2% con aiuti diretti e non al 60% come proposto dall'Esecutivo. Per l'Italia ciò si tradurrebbe in 135,5 milioni di euro all'anno per l'Italia. Questo aiuto sarebbe incluso nel regime di pagamento unico alle aziende e vincolato al rispetto delle norme di gestione ambientale del territorio. Anche per la riduzione del prezzo minimo della barbabietola i deputati auspicano un taglio minore di quanto proposto dall'Esecutivo. Il regime delle quote sarebbe mantenuto fino al 2014/15 e, in sede di Consiglio, l'Italia ha ottenuto 10.000 tonnellate supplementari. Il sistema di intervento pubblico, per i deputati deve restare ancora valido per quattro (fino al 2009/2010), per poi essere sostituito da un regime di ammasso privato. E in questo senso va l'accordo politico del Consiglio. D'altra parte, accogliendo di stretta misura un emendamento del PSE, il Parlamento chiede che siano soppresse nei tempi più brevi, e al più tardi nel 2013, le sovvenzioni all'esportazione, tenuto conto del loro impatto negativo sui paesi in via di sviluppo. In merito al Fondo di ristrutturazione, i deputati condividono con il Consiglio l'esigenza di maggiore flessibilità ma, rispetto ai Ministri, chiedono aiuti finanziari più elevati per i primi tre anni della transizione. A loro parere, inoltre, il 50% di tale fondo dovrebbe essere destinato ai bieticoltori e non il 10% come prevedono i Ministri. E' su questo punto, confermato dall'Esecutivo in Aula, che i Verdi hanno richiesto - invano - il rinvio della proposta in commissione per poter proseguire il negoziato con il Consiglio. D'altra parte, riguardo agli aiuti al riorentamento della produzione, il Parlamento suggerisce un sostegno di 80 euro all'ettaro per le colture energetiche, fino a un massimo di 2.200 ettari ammissibili a tale aiuto. I deputati, inoltre chiedono alla Commissione di realizzare uno studio volto a individuare gli sbocchi transitori per le eccedenze di zucchero utilizzandole nel settore energetico. Per i Ministri, d'altra parte, la barbabietola coltivata per fini non alimentari potrà essere ammissibile ai pagamenti previsti per il ritiro della produzione e potrà beneficiare anche dell'aiuto per le colture energetiche di 45 euro/ettaro. Come il Consiglio, i deputati auspicano delle disposizioni volte a controllare le importazioni in Europa di zucchero originario dai Paesi meno avanzati (PMA). Chiedono quindi che siano previste delle procedure di salvaguardia del mercato comunitario da applicare in caso di aumento sostanziale, tra un anno e l'altro, delle importazioni provenienti da paesi beneficiari dell'iniziativa "Tutto salvo le armi", in funzione della produzione e del consumo del paese importatore. D'altra parte, hanno adottato un emendamento che chiede sia soddisfatto con nuovi finanziamenti il fabbisogno supplementare di 200 milioni di euro l'anno dei paesi ACP colpiti dalla riforma. Il settore bietosaccarifero in Italia L'Italia è il quinto produttore europeo di zucchero. La sua produzione totale (anno 2004/05) è di 1.158.163 di tonnellate su un totale comunitario di circa 20 milioni, che corrisponde a poco meno del 6%. La Francia e la Germania sono ben più avanti con una produzione che corrisponde, rispettivamente, al 22,6 e al 21,5% del totale comunitario. Vengono poi la Polonia e il Regno Unito con una produzione pari al 10 e al 7% dell'Unione. In Europa, più di 325.000 agricoltori producono la barbabietola da zucchero. L'Italia conta circa 46 mila imprese impegnate in questa coltura, in Germania sono 48 mila e in Francia 32 mila. In questi soli tre paesi vi è più della metà delle aziende europee. Nel giro di 10 anni, dal 1993 al 2003, peraltro, il numero di aziende di produzione e raffinazione dello zucchero si è pressoché dimezzato in Europa, passando da 82 a 45 imprese (-45%). L'Italia non si è sottratta a questa tendenza: il numero di imprese è sceso da 12 a 5. Che si sono successivamente ridotte a 4: Coprob Italia Zuccheri, Eridiana Sadam, S.F.I.R., Zuccherificio del Molise. Nel 2000, l'Unione europea era il secondo esportatore di zucchero mondiale, ma con quantitativi pari a circa la metà del Brasile, e il terzo importatore dopo la Federazione Russa e l'Indonesia. Nell'UE a 15, il 30% dello zucchero è destinato al consumo diretto, il 2% a usi non alimentari (per esempio, è trasformato in alcol e etanolo o aggiunto al cemento per agevolarne la solidificazione) e il restante 68% è utilizzato nei prodotti alimentari, soprattutto nelle bevande (21% del totale), nella produzione di dolciumi e caramelle (15%) e di biscotti (12%). Link utili
Riassunto dell'accordo politico del Consiglio Riferimenti
Jean-Claude
FRUTEAU (PSE, FR) |
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L'Aula ha adottato una risoluzione che plaude al successo delle elezioni afgane, chiede alla comunità internazionale di coordinare maggiormente gli aiuti al paese e responsabilizzare le autorità locali. I deputati, inoltre, si compiacciono della possibile espansione delle forze internazionali nel paese per lottare contro il terrorismo, ma chiedono una revisione delle regole d'ingaggio e condannano il trasferimento di prigionieri a Guantanamo. Preoccupazione è espressa per la produzione di oppio. Elezioni La risoluzione, innanzi tutto, esprime la propria solidarietà al popolo afgano che, in particolare nel corso delle due elezioni, «ha dimostrato una volontà straordinaria di superare le difficoltà create dalla situazione postbellica e di impegnarsi nella costruzione della pace e della democrazia». Il Parlamento, inoltre, plaude al successo delle recenti elezioni che «hanno rappresentato un risultato straordinario», anche tenuto conto della complessità e delle difficoltà operative, confermate anche dalla missione di osservatori elettorali dell'Unione europea. Tuttavia, deplora l'uccisione di otto candidati e di una serie di operatori durante il processo elettorale «nonché i casi di irregolarità e frode riferiti dalla missione di osservatori dell'UE» in alcune province. Ciò nondimeno, il Parlamento ritiene che, da queste elezioni, le autorità afgane nel loro complesso «emergano con una piena legittimazione popolare». Vanno ora adottate riforme sostenibili volte a migliorare la qualità della vita della popolazione e misure credibili a favore dell'uguaglianza etnica e di genere. A questo ultimo proposito, anche alla luce dei «livelli inauditi» di discriminazione di genere raggiunti sotto il regime dei talebani, i deputati accolgono favorevolmente il fatto che la percentuale di candidate fosse pari al 10% del totale e che, grazie al sistema di seggi riservati alle donne, queste abbiano ottenuto il 27,3% dei seggi nella Camera bassa e circa il 30% presso il Consiglio provinciale. Aiuti economici Visti i bisogni urgenti della popolazione afgana, il Parlamento sottolinea l'importanza di razionalizzare il coordinamento tra i donatori, snellendo le procedure. Inoltre, reputa che il futuro partenariato con l'Afghanistan debba attribuire una maggiore responsabilità alle autorità locali e alla società civile, mentre gli aiuti dell'UE «saranno più esplicitamente legati ai risultati», in particolare alla buona governance, al rispetto dei diritti dell'uomo e a una sana gestione finanziaria dei progetti. E' poi rilevata la necessità di una maggiore visibilità del finanziamento dell'UE, che è il secondo più importante donatore in Afghanistan. In vista della conferenza dei donatori che si terrà a Londra il 31 gennaio, i deputati ritengono che la "Strategia transitoria nazionale di sviluppo" debba porre l'accento sulla sostenibilità e su obiettivi specifici. Questi ultimi, in particolare, devono riguardare il rispetto dei diritti dell'uomo e, in particolare, dei diritti della donna e dello Stato di diritto. Ma anche la governance e la creazione di un'amministrazione efficiente, di istituzioni giudiziarie indipendenti «in grado di lottare contro la corruzione generalizzata», e di una forza di polizia ben addestrata, «essendo la stabilità dell'Afghanistan attualmente minacciata più all'interno che dall'esterno». Nell'esortare tutti i paesi limitrofi ad astenersi da qualsiasi interferenza nella sovranità dell'Afghanistan, il Parlamento invita la Commissione a esaminare l'opportunità di concludere un Accordo di associazione UE-Afghanistan, al fine di promuovere e di rafforzare la cooperazione con il paese. I deputati, inoltre, considerano opportuno istituire una delegazione permanente del Parlamento europeo per le relazioni con il parlamento afgano, «al fine di poter influire positivamente sul processo di democratizzazione in Afghanistan». Sicurezza e truppe internazionali Nel condannare tutte le azioni terroristiche contro la popolazione civile, le forze di polizia, gli operatori nazionali del settore degli aiuti e le truppe internazionali, il Parlamento ribadisce l'esigenza che le autorità afgane continuino a combattere il terrorismo e «mettano fine al settarismo, cooperando con le truppe internazionali operanti nel paese». I deputati, infatti, considerano tuttora prioritario garantire adeguati livelli di sicurezza in Afghanistan, soprattutto nelle province meridionali e sudorientali, con il mantenimento di «una presenza internazionale per poter combattere il terrorismo e ripristinare condizioni pacifiche in tutto il paese». In proposito, il Parlamento «si compiace della possibile espansione della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (ISAF) nel paese», incluse le province meridionali, e si dice «favorevole a una struttura di comando unica, o maggiormente integrata, per tutte le operazioni svolte dalle forze internazionali in Afghanistan». D'altra parte, ritenendo essenziale il sostegno popolare ai fini di un esito positivo della lotta contro il terrorismo, i deputati invitano la NATO e le forze della Coalizione «a rivedere le regole di ingaggio e tutte le misure atte a migliorare sia gli standard di sicurezza sia il livello di protezione della popolazione civile colpita dalle azioni militari nelle zone di combattimento». Inoltre, il Parlamento chiede che sia rispettata pienamente la Convenzione di Ginevra e invita gli USA «a chiudere eventuali prigioni nere segrete nel paese». Adottando un emendamento proposto dai Verdi - con 331 voti favorevoli, 258 contrari e 14 astensioni - l'Assemblea condanna «il trasferimento di centinaia di uomini catturati dalle forze statunitensi dopo l'invasione dell'Afghanistan nel 2002 al centro illegale di detenzione di Guantánamo dove, stando a numerose testimonianze, torture e altri maltrattamenti a opera del personale americano sono all'ordine del giorno, e invita a chiudere immediatamente tale centro». Lotta alla produzione di oppio Ritenendo che la produzione dilagante di oppio ed eroina rischia di compromettere in permanenza la politica nazionale, «paralizzando la sua società, stravolgendo una fragile economia e consolidando, nel contempo, una elite corrotta di narcotrafficanti», il Parlamento esprime profonda preoccupazione per la produzione illegale di droga e per le ultime statistiche sul consumo nazionale di eroina, «che potrebbe provocare un'emergenza HIV/AIDS nella regione». In proposito, richiama l'attenzione sui costi «estremamente elevati e sulle gravi carenze, in termini di efficacia, della strategia contro i narcotici basata solo sull'estirpazione e i mezzi di sostentamento alternativi». D'altra parte, invita i partecipanti alla conferenza di Londra «a prendere in considerazione la proposta relativa alla produzione autorizzata di oppio per scopi medici, già concessa a un certo numero di paesi». Riferimenti
Risoluzione
comune sull'Afghanistan |
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Agevolare l'accesso a programmi e fondi comunitari e rimuovere gli ostacoli finanziari e fiscali. E' quanto chiede il Parlamento con la relazione d'iniziativa sull'attuazione della Carta europea per le piccole imprese. Per i deputati occorre anche procedere a «profonde riforme strutturali» in ogni Stato membro, al fine di rafforzare la competitività, eliminare gli intralci amministrativi e tenere conto degli interessi delle PMI in tutte le proposte legislative. Adottata con 503 voti favorevoli, 10 contrari e 38 astensioni, la relazione di Dominique VLASTO (PPE/DE, FR) rileva l'importanza delle piccole imprese per la realizzazione degli obiettivi di Lisbona di una crescita maggiore e duratura nonché di nuovi e migliori posti di lavoro. Per tale motivo è criticato il rapporto della Commissione sul rilancio della strategia di Lisbona che le ignora, nonostante il Consiglio europeo avesse sottolineato che esse «sono la spina dorsale dell'economia europea e della creazione di occupazione». Inoltre, è deplorata la complessità della presentazione del rapporto dell'Esecutivo sull'attuazione della Carta e criticato il fatto che esso non fornisce un quadro coerente della situazione in tutti gli Stati membri. I deputati, nel sottolineare il valore della Carta, ritengono tuttavia opportuno integrare e completare le azioni "piccole imprese" che essa contempla con la politica globale destinata alle PMI grazie ad un'azione vincolante, non soltanto a livello comunitario ma anche a livello di Stati membri, in cui si deve promuovere specificamente la messa in comune delle migliori prassi. Per i deputati occorre un migliore coordinamento con il Piano d'azione per lo spirito imprenditoriale e sottolineano, in particolare, la necessità di rafforzare le possibilità delle piccole e microimprese di trarre vantaggio dai programmi europei. E' per tale ragione che si compiacciono della disponibilità della Commissione a migliorare l'accesso delle PMI a tali programmi e sottolineano l'importanza di agevolare il loro accesso ai Fondi strutturali. La relazione chiede inoltre che siano intraprese delle azioni per far fronte ai numerosi ostacoli finanziari che sono tuttora di impedimento allo sviluppo delle piccole e microimprese, per quanto riguarda il loro accesso al credito. La Banca europea per gli investimenti e il Fondo europeo per gli investimenti dovrebbero quindi essere utilizzati in modo migliore per sostenere la crescita di tali imprese, soprattutto di quelle che operano nel settore dell'innovazione e dello sviluppo tecnologico. Vanno poi lanciate più ampie iniziative europee comuni per promuovere la creazione di PMI e sfruttarne maggiormente il potenziale di investimento. La Commissione e il Consiglio sono anche esortati a rafforzare gli strumenti finanziari a favore delle piccole imprese e delle imprese artigianali, in particolare i sistemi di garanzia reciproca. I deputati sottolineano gli ostacoli fiscali persistenti - segnatamente in materia d'investimento - e ritengono che tale campo d'azione debba essere una priorità fornendo alle PMI un più facile accesso al capitale. Suggeriscono, per esempio, che le sovvenzioni europee accordate alle piccole imprese siano esentate dall'imposta sulle società. Ma, a loro parere, occorre anche semplificare i sistemi fiscali e amministrativi relativi alla creazione e allo sviluppo delle piccole imprese, eliminare gli ostacoli fiscali ad ogni forma di attività economica transfrontaliera e proseguire la lotta contro gli aiuti di Stato illegali sotto forma di concorrenza fiscale dannosa. Gli Stati membri sono quindi esortati a riformare e a semplificare i propri sistemi fiscali relativi alla creazione e allo sviluppo delle piccole imprese, a fornire incentivi alle imprese innovative e ad eliminare gli svantaggi creati dai sistemi fiscali per il finanziamento con il capitale di rischio. I deputati sottolineano poi l'esigenza di accelerare «profonde riforme strutturali» in ogni Stato membro, al fine di rafforzare la competitività delle piccole imprese, creare condizioni ad esse favorevoli e completare la creazione di un mercato interno pienamente funzionante. Nel raccomandare uno sgravio fiscale per le piccole imprese, i deputati chiedono anche la rimozione degli ostacoli burocratici, soprattutto nella fase di avvio, e sottolineano la «vitale importanza» che sia il ruolo sia le esigenze delle PMI vengano prese in considerazione quando vengono elaborate proposte legislative di qualsiasi tipo e non soltanto quelle che si riferiscono specificamente alle piccole imprese. Alla Commissione e al Consiglio è chiesto poi di definire una strategia volta a favorire e facilitare la trasmissione e la ripresa delle piccole imprese e delle imprese artigianali dopo il pensionamento dei capi d'impresa. Al contempo è sottolineata l'importanza dell'istruzione e della formazione per lo sviluppo dello spirito imprenditoriale fin dalla giovane età con lezioni e programmi di formazione dedicati alle aziende nella scuola secondaria, nell'università e nella formazione tecnologica. Revisione della Carta La relazione ritiene essenziale procedere alla revisione della Carta. In quella sede andrebbero introdotte ulteriori priorità quali la promozione dell'imprenditorialità come effettivo valore della società, una notevole riduzione della stigmatizzazione dei fallimenti imprenditoriali, una maggiore cooperazione tra piccole imprese, istituti di istruzione e ricerca, sostegno ad un'intensa cooperazione tra il soggetto menzionato, le istituzioni finanziarie ed i mercati dei capitali. Background Il Consiglio europeo di Feira del 19 e 20 giugno 2000 ha adottato la Carta europea per le piccole imprese stabilendo la loro importanza centrale e l'impegno dei poteri pubblici ad agire per sostenerle. La Carta comprende 10 linee d'azione: - Educazione e formazione allo spirito imprenditoriale - Registrazione meno costosa e più rapida - Migliore legislazione e migliore regolamentazione - Accessibilità delle competenze - Migliorare l'accesso in linea - Valorizzare meglio il mercato unico - Questioni fiscali e finanziarie - Rafforzare la capacità tecnologica delle piccole imprese - Modelli di commercio elettronico che hanno dato buona prova di sé e sostegno di qualità alle piccole imprese - Sviluppare, rafforzare e rendere più efficace la rappresentanza degli interessi delle piccole imprese a livello dell'Unione e a livello nazionale. L'attuazione della Carta è basata sul metodo aperto di coordinamento fra gli Stati che lascia agli Stati una grande libertà di sperimentazione e di scelte politiche sul modo perseguirne gli obiettivi. Link utili
Rapporto sull'attuazione della Carta europea per le piccole
imprese Riferimenti
Dominique
VLASTO (PPE/DE, FR) |
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Garantire il regolare svolgimento dei lavori parlamentari senza ostacolare la vivacità delle discussioni né la libertà di parola dei deputati. E' questo l'obiettivo della modifica del regolamento interno del Parlamento resasi necessaria alla luce di recenti episodi che hanno turbato le sedute plenarie. Oltre a chiarire le attuali regole, il nuovo codice di condotta assegna maggiori poteri al Presidente in materia di sanzioni e si applicherà in tutti i locali e ad ogni riunione del Parlamento. Con 399 voti favorevoli, 90 contrari e 35 astensioni, il Parlamento ha adottato la modifica del suo regolamento interno proposta dalla relazione di Gérard ONESTA (Verdi/ALE, FR) che, di conseguenza, entrerà in vigore il 1° febbraio. Le misure in oggetto non saranno più limitate ai comportamenti tenuti nel corso delle sedute plenarie, ma si applicheranno a tutte le attività parlamentari e in tutti gli edifici del Parlamento. Garantire il regolare svolgimento dei lavori parlamentari Nel corso della Plenaria, il Presidente ha la facoltà di richiamare all'ordine il deputato che «attenti al regolare svolgimento della seduta». Dopo un secondo richiamo, se la turbativa continua, può togliergli la parola ed espellerlo dall'Aula per il resto della seduta. In caso di «gravità eccezionale», può anche ricorrere a quest'ultima misura senza un secondo richiamo all'ordine. Il Segretario generale vigila sull'immediata esecuzione del provvedimento, assistito dagli uscieri e, se necessario, dal personale di sicurezza in forza al Parlamento. In caso di tumulti e azioni di disturbo che pregiudichino il regolare svolgimento dei lavori, il Presidente, per ristabilire l'ordine, può sospendere la seduta o toglierla. Se riescono vani i suoi richiami, può abbandonare il seggio e la seduta è quindi sospesa. Spetterà poi al Presidente convocare la ripresa dei lavori. Queste disposizioni si applicano, mutatis mutandis, al presidente di seduta di organi, commissioni e delegazioni, il quale potrà presentare al Presidente una richiesta di sanzioni. I poteri del Presidente Il Presidente, e non più il Parlamento nel suo insieme, sarà il solo abilitato a infliggere sanzioni ai deputati che turbano i lavori «con modalità eccezionalmente gravi». La sua decisione dovrà essere «motivata e le sanzioni «adeguate» dovranno essere notificate all'interessato e ai presidenti degli organi ai quali appartiene, prima di essere comunicate alla Plenaria. Nel valutare i comportamenti osservati il Presidente dovrà tenere conto «del loro carattere puntuale, ricorrente o permanente» nonché del loro «grado di gravità». In proposito, è precisato che è opportuno distinguere i comportamenti di natura visiva, «che possono essere tollerati nella misura in cui non siano ingiuriosi e/o diffamatori, mantengano proporzioni ragionevoli e non generino dei conflitti», da quelli che comportano una turbativa attiva di qualsiasi attività parlamentare. Sanzioni e ricorsi Le sanzioni, la cui natura resta immutata rispetto alla situazione attuale, possono consistere in un'ammonizione e/o nella perdita del diritto all'indennità di soggiorno per un periodo da due a dieci giorni nonché, fatto salvo l'esercizio del diritto di voto in plenaria, nella sospensione da due a dieci giorni consecutivi dalla partecipazione a tutte o a una parte delle attività del Parlamento (attualmente è di massimo 5 giorni). Inoltre, è possibile presentare alla Conferenza dei presidenti dei gruppi politici una proposta intesa a portare alla sospensione o al ritiro di uno o dei mandati elettivi occupati in seno al Parlamento. Il deputato interessato può presentare all'Ufficio di presidenza, entro il termine di due settimane a decorrere dalla notifica della sanzione adottata dal Presidente, un ricorso interno che sospende l'applicazione della sanzione. L'Ufficio di presidenza può, entro quattro settimane dalla presentazione del ricorso, annullare, confermare o ridurre la portata della sanzione adottata facendo salvi i diritti di ricorso esterni a disposizione dell'interessato. In assenza di decisione dell'Ufficio di presidenza entro il termine impartito, la sanzione è considerata nulla e non avvenuta. Responsabilità anche per la condotta di terzi Con le nuove disposizioni, i deputati saranno responsabili della violazione delle norme di comportamento applicabili all'interno dei locali del Parlamento da parte di persone che essi impiegano o di cui facilitano l'accesso al Parlamento. Il Presidente o i suoi rappresentanti potranno esercitare il potere disciplinare nei confronti di tali persone o di qualsiasi altra persona esterna al Parlamento che si trovi nei suoi locali. Link utili Regolamento interno del Parlamento europeo Riferimenti
Gérard
ONESTA (Verdi/ALE, FR) |
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Il Presidente Josep BORRELL ha voluto rendere omaggio a Phillip WHITEHEAD (PSE, UK), deceduto alla vigilia del nuovo anno. Giunto al Parlamento nel 1994, ha detto, era un deputato «da noi tutti rispettato». Da presidente della commissione per il mercato interno ha trattato importanti questioni come la sicurezza alimentare, la tutela dei consumatori e l'ultimo ampliamento dell'Unione. Borrell ha quindi voluto ricordarne la saggezza, la capacità politica e l'umorismo ed ha concluso affermando: «Caro Phillip, mancherai a noi tutti». L'Aula ha quindi osservato un minuto di silenzio. Altri documenti approvati
I risultati
delle votazioni sono consultabili sul
sito del Servizio Stampa del Parlamento europeo.
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Ordine del giorno 1° - 2 febbraio 2006
Bruxelles (15:00 - 20:00, 21:00 - 24:00)
Giovedì 2 gennaio 2006 (9:00 - 11:50)
(12:00 - 13:00 ) Votazione
L'ordine del giorno può subire modifiche. |
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Codici delle procedure parlamentari
Abbreviazioni - Gruppi politici: vedere di seguito
Gruppi politici
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Deputati al Parlamento europeo Situazione al 19.1.2006 |
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