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RASSEGNA
15 - 18 maggio 2006
Strasburgo
Sommario
BILANCIO ISTITUZIONI DIRITTI UMANI SICUREZZA ALIMENTARE AMBIENTE POLITICA REGIONALE TRASPORTI AFFARI ECONOMICI E MONETARI ISTITUZIONI ORDINE DEL GIORNO 31 MAGGIO - 1° GIUGNO 2006 |
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La Commissione ha illustrato all'Aula l'esito della valutazione dei progressi di Bulgaria e Romania verso l'adesione. La decisione definitiva è rinviata ad ottobre, con l'auspicio che per quella data i problemi pendenti potranno essere risolti. Molti deputati hanno approvato l'approccio della Commissione, altri hanno criticato il suo atteggiamento troppo duro. In molti sperano che l'adesione potrà avvenire il 1° gennaio 2007. Dichiarazioni della Commissione José Manuel BARROSO ha sottolineato che la valutazione dei progressi di Bulgaria e Romania sulla via dell'adesione sono il frutto di un esame lungo e complesso. Il punto di partenza dell'approccio della Commissione, ha spiegato, è che l'UE deve onorare gli impegni assunti ma, allo stesso tempo occorre essere rigorosi riguardo ai criteri che debbono essere rispettati dai paesi candidati. La Commissione, ha proseguito il Presidente, «considera che la Bulgaria e la Romania dovrebbero essere pronte a aderire il 1° gennaio 2007» se, nei prossimi mesi, affrontano una serie di questioni in sospeso, relative alle riforme giudiziarie e alla lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata. Entrambi i paesi hanno dimostrato determinazione, ha spiegato, ma occorre maggiore impegno. E' anche necessario che sia garantito il recepimento dell'acquis comunitario, in particolare per quanto attiene alla politica agricola, alla sicurezza alimentare e al sistema giudiziario. Ha quindi affermato di attendersi un cambiamento di rotta al più presto così da poter mantenere valido il 1° gennaio 2007 come data per l'adesione. Il Presidente ha anche notato la necessità che la Commissione mandi un segnale chiaro che intende mantenere quanto promesso ed ha sollecitato i parlamenti degli Stati membri che non lo hanno ancora fatto a ratificare i trattati di adesione con questi due paesi. Prima di concludere ha anche voluto sottolineare che l'ampliamento del 2004 è stato un successo. L'ampliamento è sempre stato una risposta alle sfide strategiche che ha conferito un ruolo maggiore all'UE nel mondo. Allo stato attuale, ha aggiunto, occorre mantenere lo spirito di apertura e l'ambizione che ha sempre spinto verso una maggiore integrazione. Olli REHN si è anzitutto detto soddisfatto e orgoglioso dell'ultimo ampliamento e ha notato i progressi realizzati negli ultimi due anni dai nuovi Stati membri. Ha quindi sottolineato che anche Bulgaria e Romania hanno fatto molti passi avanti ed è un dovere della Commissione valutarli per vedere se sono pronti all'adesione. In proposito, il commissario ha ribadito che la data del 1° gennaio 2007 resta valida ma occorre essere certi del rispetto dei criteri e risolvere i problemi in sospeso. Per quanto riguarda i criteri economici il commissario ha soprattutto evidenziato i successi, ma molto resta ancora da fare nel campo dei criteri politici, dei diritti umani, in particolare per quanto riguarda le minoranze, e nel recepimento dell'acquis comunitario. Al riguardo ha precisato che i capitoli che suscitano preoccupazioni, sono scesi da 16 a 6 per la Bulgaria e da 14 a 4 per la Romania. Se permangono, ha però puntualizzato, potranno essere attivate le misure di salvaguardia e, in alcuni casi, potranno anche essere sospesi i pagamenti. Anche il commissario, infine, ha affermato che questa decisione «molto equilibrata» dovrebbe permettere ai parlamenti nazionali che non lo hanno ancora fatto di ratificare i trattati di adesione. Interventi in nome dei gruppi Hans-Gert POETTERING (PPE/DE, DE) si è innanzitutto rallegrato della presenza al dibattito del Presidente della Commissione e, viceversa, ha lamentato l'assenza di un rappresentante del Consiglio. Ha poi voluto sottolineare gli enormi progressi realizzati da Romania e Bulgaria, ponendo l'accento sul fatto che hanno dovuto recuperare in poco tempo 45 anni di dittatura. Rilevando poi la necessità di un'amministrazione responsabile di fronte ai cittadini, il leader popolare ha sostenuto che è positivo incoraggiare i due Paesi ed ha auspicato che siano in grado di rispettare i criteri entro il prossimo autunno. Il deputato ha poi affermato che la decisione della Commissione è saggia, intelligente e incoraggiante ed ha sottolineato la necessità di convincere i cittadini che l'allargamento del 2004 è stato un successo che ha portato in quei paesi lo Stato di diritto, la democrazia e l'economia sociale di mercato. Ha poi concluso mettendo l'accento sul fatto che non deve essere messo in dubbio che la grande maggioranza del Parlamento sostiene la Costituzione che, ha spiegato, consentirebbe all'UE di funzionare e la doterebbe di valori comuni. Anche Martin SCHULZ (PSE, DE) si è detto soddisfatto della presenza del Presidente della Commissione che, ha spiegato, dimostra l'importanza della discussione. Ha poi ribadito che il suo gruppo sostiene l'adesione sin dal 2007 se non vi sono ostacoli insormontabili. Prendendo atto delle carenze evidenziate nella relazione, ha esortato la Commissione a indicare in modo preciso ai paesi candidati i problemi e cosa si aspetta da essi, così da metterli in condizione di migliorare la situazione entro il prossimo autunno. Ha quindi accolto l'approccio dell'Esecutivo che, a suo parere, si assume una grande responsabilità e a ottobre dovrà dire chiaramente se i due paesi rispettano o meno i criteri stabiliti. Il leader socialdemocratico ha quindi rilevato l'importanza che, in questo momento storico, l'Unione abbia alle sue frontiere paesi che garantiscono la stabilità economica, sociale e politica. Graham WATSON (ALDE/ADLE, UK) ha anzitutto reso omaggio alla valutazione «equilibrata e rigorosa» della Commissione. Si è detto certo poi che la decisione sarà rivista unicamente se si verificassero circostanze straordinarie poiché non sarebbe giusto giudicare la Romania e la Bulgaria con un metro di valutazione diverso da quello usato nel precedente ampliamento. Ha poi preso atto delle carenze riscontrate ma ha sottolineato che non si tratta di un esame in cui si è bocciati e basta. L'importante, ha aggiunto, è che vi siano dei progressi. Anche per il leader liberaldemocratico l'allargamento è stato un successo che ha portato maggiore occupazione e crescita ma che ha anche arricchito l'UE di nuove culture. Lo stesso n ha spiegato, avverrà con la Bulgaria e la Romania. Ha poi concluso affermando che occorre dimostrare solidarietà ai due paesi. Daniel Marc COHN-BENDIT (Verdi/ALE, DE) ha sottolineato che la responsabilità non grava solo sulla Commissione ma anche sui gruppi politici del Parlamento che hanno approvato l'adesione lo scorso anno ben sapendo che Romania e Bulgaria non erano pronte. Ha poi sottolineato che l'Esecutivo chiede miglioramenti in tanti settori ma non reagisce davanti alle carenze degli attuali Stati membri, come la Polonia che, contrariamente all'Austria di Heider, non ha subito nessuna censura da parte del Parlamento europeo. Il leader dei verdi ha poi precisato che è certamente favorevole all'adesione di Bulgaria e Romania «ma non a casaccio». Anche perché poi «si farà pagare ai Balcani e alla Turchia il nostro atteggiamento nei confronti della Romania e della Bulgaria». Invece di parlare di monitoring, ha quindi esclamato, «dichiarate che questi paesi saranno integrati nell'UE nel 2008». Il deputato ha quindi criticato le condizioni dei rom in Bulgaria e posto l'accento sul fatto che non basta adottare le leggi per cambiare la realtà dei fatti. Jaromír KOHLÍČEK (GUE/NGL, CZ) ha sottolineato che andrebbe valutata la situazione delle minoranze negli attuali Stati membri, «come gli zingari in Italia», prima di criticare la situazione in quei paesi. Ha poi posto in luce il problema legato alla produzione di energia dal nucleare e allo smantellamento delle centrali. Per il deputato, i paesi dell'ultimo allargamento sono stati discriminati in molti settori, come l'agricoltura, e ha paventato che ciò si ripeta con le due prossime adesioni. Bastiaan BELDER (IND/DEM, NL) si è detto fautore di un ampliamento solido nel rispetto dei criteri prestabiliti. Vi sono carenze nei due paesi e occorre un giudizio distinto e individuale che sia basato sui fatti. Ha poi rammentato la possibilità di attivare le clausole di salvaguardia. Brian CROWLEY (UEN, IE) ha esordito sottolineando il problema delle adozioni internazionali vietate dalla Romania e auspicando che la questione possa essere risolta. Ha poi affermato che occorre certamente tenere conto dei criteri fissati ma è anche necessario rispettare le promesse. Ricordando che l'adesione di Romania e Bulgaria era già stata negata nel corso del precedente ampliamento, ha quindi evidenziato i tanti progressi realizzati da allora e ha chiesto che siano incoraggiati «senza dare lezioni». I governi, infine, dovranno esprimersi con chiarezza e equilibrio. Interventi dei deputati italiani Guido PODESTÀ (PPE/DE, IT) si è complimentato per l'azione attenta del commissario sui due paesi ed ha sottolineato che «i progressi che risultano compiuti da Romania e Bulgaria sono evidenti». Passare da sedici a sei e da quattordici a quattro per i punti che sono ancora da risolvere, ha spiegato, «è stato in pochi mesi un risultato brillante». Il deputato ha poi affermato che tutti erano coscienti che i dieci paesi che hanno aderito nel 2004 «non erano completamente pronti» e «tutti sappiamo che gli sforzi di questi popoli sono sforzi che poi si completano nel tempo». Ha poi sottolineato che in tutti i paesi dell'UE si riscontrano problemi di minoranze e di lotta alla corruzione. Ha quindi chiesto perché vi sia ora, rispetto al 2004, «una posizione molto più dura, più rigorosa e anche molto più formale». Sostenendo che è un dovere riconoscere che sussistono dei problemi in questi paesi, ha aggiunto però che «i problemi più grandi, forse, li abbiamo all'interno dell'Unione stessa». Quello che è cambiato, ha quindi affermato, è che «non abbiamo saputo portare a compimento quel Trattato costituzionale che era elemento fondante di questo allargamento». Bisogna perciò fare attenzione «a non far pagare a questi paesi, a questi popoli – che hanno compiuto tanti sforzi per uscire dalla pagina storica del comunismo – un prezzo che non compete loro». In conclusione, il deputato si è detto convinto che «siamo nella direzione giusta» ed ha espresso l'auspicio che «in autunno si confermi la data del primo gennaio 2007». Pia Elda LOCATELLI (PSE, IT) ha sottolineato che nel dibattito non si è affatto parlato dell'acquis comunitario con riferimento all'uguaglianza tra uomini e donne, giudicandolo «un silenzio colpevole, indice, purtroppo della scarsa considerazione per il tema». Eppure, ha spiegato, nel campo scolastico, le donne hanno fatto grandi progressi in Romania: «le ragazze stanno più a lungo a scuola dei ragazzi, nel 2005 quasi il 55% dei laureati sono donne, e tra i docenti universitari le donne rappresentano il 40%». Questi dati, ha proseguito, «indicano la potenzialità della popolazione femminile rumena, una potenzialità frustrata, invece, nel campo politico dove gli uomini dominano massicciamente tutti i livelli decisionali». Un altro dato positivo, ha aggiunto, «è rappresentato dall'impegno per maggiori risorse e autonomia amministrativa per l'agenzia rumena delle pari opportunità». In Bulgaria altre azioni sono state fatte e, con le recenti elezioni, i paese si è molto avvicinato alla media europea per presenza delle donne nei parlamenti e nel governo. Pur riconoscendo che vi sia ancora molto da fare affinché nei due paesi vi sia una vera parità tra uomini e donne, la deputata ha sostenuto che questo percorso verso la parità «sarà tanto più rapido quanto prima Romania e Bulgaria faranno parte della UE» e si è quindi espressa a favore della loro adesione al 1° gennaio 2007. Link utili
Trattati di
adesione Riferimenti
Dichiarazione
della Commissione - Relazione di avanzamento verso l'adesione di
Bulgaria e Romania |
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Il Parlamento ha approvato il bilancio comunitario per i prossimi sette anni. I deputati hanno tuttavia indicato talune lacune che intendono correggere nel corso della revisione del 2009. Pur accogliendo con favore i 4 miliardi di euro aggiuntivi destinati ai programmi considerati come prioritari, hanno anche ricordato che quanto proposto dal Parlamento nel 2005 avrebbe permesso un finanziamento migliore delle politiche UE. E' poi ribadito che ogni futuro quadro finanziario dovrà durare 5 anni. Dopo l'adozione a larga maggioranza dell'accordo definito il 4 aprile scorso con il Consiglio sulle prospettive finanziarie 2007-2013, il Presidente del Consiglio Wolfgang SCHÜSSEL ha voluto ringraziare il Parlamento per il lavoro svolto. Ha anche sottolineato che la proposta della Presidenza lussemburghese non era tanto diversa dal quadro di bilancio siglato quest'oggi e, per tale ragione, ha voluto rendere omaggio a Jean-Claude JUNCKER che «avrebbe meritato di vivere questa giornata». Ha poi affermato che, comunque, la crisi sul bilancio è stata risolta dal Consiglio e dal Parlamento assieme e che ora l'UE, per i prossimi sette anni, si è dotata di maggiori risorse per attuare la Strategia di Lisbona e per l'adesione di Romania e Bulgaria. Il Presidente Josep BORRELL ha dichiarato che quest'accordo riafferma il ruolo del Parlamento in quanto autorità di bilancio che ha voce in capitolo in merito alle prospettive finanziarie. Ha poi ricordato che l'accordo raggiunto rappresenta il massimo che il Parlamento poteva concedere ma anche il minimo per poter far funzionare l'UE. Rivolgendosi al Cancelliere austriaco, ha poi affermato che il Parlamento accoglie con favore l'iniziativa di rivedere il sistema delle risorse proprie dell'UE, anche perché le prossime prospettive finanziarie «non potranno certamente essere negoziate con il metodo finora utilizzato». Assieme alla commissaria responsabile del bilancio, Dalia GRYBAUSKAITĖ, i due Presidenti hanno quindi firmato l'accordo. Adottata con 440 voti favorevoli, 190 contrari e 14 astensioni, la relazione di Reimer BÖGE (PPE/DE, DE), riafferma anzitutto la determinazione del Parlamento a definire un quadro finanziario pluriennale sostenibile, «che preveda mezzi finanziari sufficienti per far fronte alle esigenze politiche negli anni a venire, nonché strumenti e riforme idonei al fine di migliorare l'esecuzione». Al riguardo, ricorda poi che il Parlamento europeo è stato l'unica istituzione che ha sviluppato una strategia globale e che - a differenza dell'approccio del Consiglio, «basato su massimali e percentuali» - ha effettuato un'analisi approfondita e completa dei fabbisogni al fine di individuare le priorità politiche. E' poi rammentato che, per la prima volta dall'entrata in vigore delle prospettive finanziarie, il Parlamento ha deliberato per oltre otto mesi in seno a una commissione temporanea ad hoc e ha approvato una posizione negoziale globale basata su tre pilastri, intesa a conciliare priorità politiche ed esigenze finanziarie, ammodernare la struttura del bilancio e migliorare la qualità dell'esecuzione del bilancio dell'Unione europea. Le conclusioni del Consiglio europeo del dicembre 2005, è anche precisato, sono state respinte poiché non permettevano all'Unione di dotarsi dei mezzi quantitativi e qualitativi necessari per far fronte alle sfide future. In proposito è anche sottolineato il disappunto sul modo in cui l'accordo era stato raggiunto in seno al Consiglio europeo, «dal momento che il punto centrale dei negoziati sono stati i singoli interessi nazionali, anziché gli obiettivi comuni europei». Per i deputati, d'altra parte, l'accordo raggiunto dalle tre istituzioni il 4 aprile 2006, «ha rappresentato l'unico compromesso per un bilancio pluriennale che il Parlamento poteva raggiungere», al fine di assicurare la continuità della legislazione dell'Unione europea, di garantire una sana gestione finanziaria dei fondi comunitari e di conservare i propri poteri legislativi e di bilancio nel corso del prossimo periodo. Con l'accordo, infatti, si sono realizzati dei progressi nel quadro dei tre pilastri della posizione negoziale del Parlamento. Tuttavia, il Parlamento sottolinea che alcuni problemi non sono stati risolti nell'ambito dei negoziati e dovranno quindi essere affrontati in occasione del riesame 2008-2009 e, se possibile, nel quadro delle procedure di bilancio annuali. Per i deputati, in particolare, è «urgentemente necessario» riformare il sistema delle risorse proprie e il versante della spesa, anche per evitare il ripetersi, in occasione delle prossime prospettive finanziarie, «della dolorosa esperienza di un mercanteggiamento all'insegna degli interessi nazionali». In ogni caso, rammenta che la posizione adottata dal Parlamento nel giugno 2005 «rimane l'obiettivo atto a garantire un livello ottimale di finanziamento e ulteriori riforme, al fine di realizzare le ambizioni dell'Unione europea». Inoltre, con la relazione di Sérgio SOUSA PINTO (PSE, PT) - adottata con 418 voti favorevoli, 187 contrari e 15 astensioni - i deputati accolgono con favore la decisione di procedere a una revisione ampia e completa di tutti gli aspetti delle spese e delle risorse dell'UE. In proposito, ribadiscono che il Parlamento intende partecipare a questa revisione allo scopo di raggiungere un accordo su un nuovo sistema finanziario globale «che sia equo, generoso, progressivo e trasparente» e che fornisca all'Unione «la capacità di equilibrare le sue aspirazioni con le risorse proprie piuttosto che con i contributi da parte degli Stati membri». E' infine confermata l'idea che ogni futuro quadro finanziario sia fissato per un periodo di cinque anni, compatibilmente coni mandati del Parlamento e della Commissione. Degli emendamenti volti a respingere l'accordo sono stati bocciati a larga maggioranza dall'Aula. I termini dell'Accordo In base ai tre pilastri della posizione del Parlamento, la prima relazione sottolinea i punti dell'accordo cui si è giunti con il Consiglio. Conciliare priorità politiche ed esigenze finanziarie: - un incremento di 4 miliardi di euro per le politiche decise dal Consiglio europeo del dicembre 2005, da destinare direttamente ai programmi nell'ambito delle rubriche 1a, 1b, 2, 3b e 4, - un aumento sostanziale della riserva della BEI di 2,5 miliardi di euro, importo che deve essere stanziato dagli Stati membri nel quadro di un nuovo sistema di cofinanziamento tra la BEI e il bilancio dell'Unione europea, al fine di potenziare l'effetto leva del bilancio comunitario nei settori della ricerca e dello sviluppo, delle TEN e delle PMI, sino a un totale di 60 miliardi di euro, - il finanziamento di fabbisogni non programmati, quali la riserva per gli aiuti di emergenza (1,5 miliardi di euro) e il Fondo di solidarietà dell'Unione europea (fino a 7 miliardi di euro) al di fuori del quadro finanziario, mediante risorse supplementari richieste eventualmente agli Stati membri, - il finanziamento del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (fino a 3,5 miliardi di euro) mediante il riutilizzo degli stanziamenti soppressi al di fuori del quadro finanziario. Migliorare la struttura del bilancio mediante una maggiore flessibilità: - il mantenimento di un importo complessivo di 1,4 miliardi di euro destinato alla flessibilità nel corso del periodo, finanziato, in caso di utilizzo, mediante risorse supplementari richieste agli Stati membri con la possibilità di riportare l'importo annuale (200 milioni di euro) in caso di non utilizzo ai due esercizi successivi e l'introduzione della possibilità di ricorrere allo strumento di flessibilità per gli stessi fabbisogni per oltre un anno, - la possibilità per il Parlamento neoeletto di valutare il funzionamento dell'Accordo interistituzionale e delle prospettive finanziarie entro la fine del 2009 sulla base di una relazione che la Commissione si è unilateralmente impegnata a presentare, accompagnata se necessario da proposte. Migliorare la qualità dell'esecuzione dei finanziamenti comunitari e preservare le prerogative del Parlamento: - l'inclusione nel nuovo regolamento finanziario dei principi della proporzionalità e del ricorso a procedure di facile utilizzo, la responsabilità degli Stati membri nelle attività in gestione comune ai fini di un migliore controllo interno dei finanziamenti comunitari, la necessità di introdurre un meccanismo di cofinanziamento con la BEI per potenziare l'effetto leva delle politiche comunitarie, la partecipazione del Parlamento europeo alla programmazione finanziaria e il finanziamento di nuove agenzie senza pregiudicare i programmi operativi, - la piena partecipazione del Parlamento a una revisione approfondita, una maggiore partecipazione del Parlamento al processo decisionale PESC e un più forte controllo democratico delle azioni esterne. Link utili Risoluzione del Parlamento europeo sulle sfide e i mezzi finanziari dell'Unione allargata nel periodo 2007-2013 Riferimenti
Reimer BÖGE
(PPE/DE, DE) |
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Riforme strutturali e sociali dando priorità a salute e istruzione, nazionalizzazione delle risorse naturali e loro redistribuzione per avviare un'industrializzazione che freni l'emigrazione dei boliviani, lotta al narcotraffico ma non alla foglia di coca. Sono questi alcuni dei concetti esposti all'Aula dal neo Presidente boliviano che ha anche condannato il modello economico occidentale, sollecitato politiche che rispettino «madre terra» e chiesto il sostegno dell'UE. Dopo aver dato il benvenuto al Presidente boliviano Evo Morales, Josep BORRELL ne ha ricordato le origini indigene, l'umile infanzia e i suoi trascorsi di sindacalista che l'hanno portato al vertice del secondo Paese più povero dell'America Latina che, al contempo, è anche il secondo produttore di gas della regione. Ha poi sottolineato che il Presidente è stato eletto democraticamente con il 53% dei voti e che ha proposto misure politiche in materia di nazionalizzazione dell'industria energetica che interessano anche società europee presenti in Bolivia di cui è senz'altro interessante discutere. Ringraziandolo inoltre per la disponibilità a incontrare la commissione per gli affari esteri del Parlamento, Borrell ha osservato che la svolta democratica in Bolivia non ha però portato a un miglioramento del tenore di vita e, al riguardo, ha evidenziato la necessità che l'Europa contribuisca all'emergere di una maggiore coesione sociale nel Paese. Di ciò, ha aggiunto, si avrà modo di parlarne nell'ambito dell'Assemblea parlamentare UE/America Latina di cui si è decisa la costituzione al Vertice di Vienna. Evo MORALES ha approfittato dell'occasione per «salutare tutti gli europei» e si è detto lieto e orgoglioso dell'invito. Il Presidente ha poi ricordato che i popoli indigeni sono a favore della vita e del dialogo, dell'equilibrio, della giustizia e dell'equità. Nonostante siano stati sempre esclusi, ha aggiunto, questi popoli non hanno lo stesso atteggiamento, si aprono agli altri e rispettano la diversità di tutti. Gli indigeni, ha proseguito, non sono giunti alla presidenza «con spirito di vendetta ma per portare avanti la speranza». Il Presidente ha poi sottolineato il disinteresse dello Stato nei confronti degli indigeni e come sia sua intenzione risolvere i grandi problemi sociali, economici e strutturali che caratterizzano il Paese. Primi fra tutti i problemi sanitari, l'analfabetismo e la mancanza di documenti (come gli atti di nascita e le carte d'identità) che comportano assenza di diritti. Nei primi 110 giorni di presidenza, ha spiegato, molto è già stato fatto su questi fronti. Il Movimento per il Socialismo, ha proseguito, non è stato creato da politici di professione, ma è nato dalla lotta e dalle rivendicazioni sociali volte a fermare le discriminazioni e a cambiare le politiche che danneggiavano gli indigeni. Morales ha poi affermato che, «purtroppo», non ha titoli universitari, ma il suo «migliore capitale è l'onestà». In proposito ha ricordato la «legge cosmica» dei propri antenati - «non rubare, non essere debole, non mentire» - che intende difendere «per cambiare la nostra Storia». Di fronte ai mutamenti strutturali e sociali, ha proseguito, «abbiamo deciso di recuperare le nostre risorse naturali, rinnovabili e non, di lottare per la difesa della foglia di coca e contro la privatizzazione dell'acqua e degli idrocarburi». Non si tratta, ha spiegato, di «ridistribuire la povertà», bensì di ridistribuire le tante di ricchezze del Paese e, per realizzarlo, occorre nazionalizzarle. Il Presidente ha anche precisato che non vi è nessuna intenzione di espropriare o espellere chicchessia. Tutte le aziende hanno il diritto di recuperare i loro investimenti e gli utili ma, ha sottolineato, «non possono avere il controllo delle risorse naturali», perciò «potranno essere soci, ma non padroni delle risorse naturali». Dicendosi disponibile a cooperare con l'Europa, ha affermato che «l'unico modo per fermare l'invasione massiccia di boliviani nell'UE è quello di creare lavoro in Bolivia». Storicamente, ha aggiunto, la Bolivia si è vista saccheggiare delle proprie risorse perché lo Stato non ne aveva il controllo. Ora, invece, potrà essere promossa un'industrializzazione che sarà in grado di fermare l'emigrazione. Cocaina e narcotraffico, ha poi affermato il Presidente, non fanno parte della cultura indigena. Occorre promuovere una lotta vera ed efficace contro la droga. Sostenendo che questa lotta non deve essere «uno strumento di ricolonizzazione», ha puntualizzato che «la coca non è la cocaina». E' invece importante valorizzare la coca razionalizzandone la coltivazione, anche se non vi è l'intenzione di autorizzarne la libera produzione. A suo parere, la politica di estirpazione attraverso incentivi economici o azioni militari «ha provocato molti danni» e, pertanto, è necessario attribuire il controllo della produzione legale al movimento contadino. Il Presidente ha aggiunto poi che la lotta ai narcotrafficanti deve anche essere svolta sul fronte dei movimenti di denaro. Pertanto è necessario che le banche di Stato realizzino gli adeguati controlli sulle banche private dove vengono depositati i proventi del commercio di coca. «Abbiamo deciso di rifondare la Bolivia e di smetterla con i modelli economici fallimentari e con lo Stato coloniale», ha aggiunto affermando di puntare sulla democrazia e non sulla lotta armata. Si tratta, ha spiegato, «di una rivoluzione culturale, democratica e pacifica». Riconoscendo che le imprese chiedono sicurezza giuridica, Morales ha sostenuto che questa non è possibile se non vi è anche sicurezza sociale. Per tale ragione è necessario recuperare le risorse naturali e permettere alla popolazione di beneficiarne. Il Presidente ha poi espresso la sua gratitudine al sostegno che il Segretario generale dell'ONU ha assicurato al suo Paese ed ha chiesto all'Europa di fare altrettanto, visto che è paladina dei diritti umani. Occorre anche garantire l'estradizione delle persone che hanno commesso gravi crimini e arrecato danni alla Bolivia. Rilevando poi la posizione geografica particolarmente sfavorevole della Bolivia, Morales ha sottolineato l'amicizia che lo lega al Presidente brasiliano, definendo Lula «un fratello maggiore». Assieme all'Europa, ha proseguito, è possibile trovare delle soluzioni e occorre mantenere un'alleanza strategica fondata sulla solidarietà e la reciprocità, «in armonia con la madre terra». A quest'ultimo proposito, Morales ha affermato che «il modello di industrializzazione occidentale ferisce madre terra» e occorre quindi ripensarlo, altrimenti rischia di produrre gravi danni. Al riguardo, ha proseguito, è possibile fare tesoro della tradizione indigena che può fornire un importante contributo per il bene comune. In questo processo, ha puntualizzato, è necessario condividere i principi e le esperienze su un piano di parità, senza sottomissioni. Il Presidente ha poi affermato che «è ora di smetterla con lo Stato mendicante» che chiede aiuto alla comunità internazionale, si tratta di aumentare le esportazioni e migliorare i prezzi, recuperando le risorse naturali «senza ricatti». Riferimenti
Seduta solenne
- Allocuzione del Presidente della Repubblica della Bolivia Evo
Morales Ayma Abbas al Parlamento: un partner palestinese per la pace Il Presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese è stato accolto in seduta solenne dal Parlamento europeo. Nel suo intervento ha sottolineato l'impegno per una soluzione pacifica al conflitto e rivolto dure critiche alla politica israeliana nei territori palestinesi che mette a repentaglio il processo di pace. Abbas ha chiesto all'Europa di continuare a sostenere la causa palestinese fino alla costituzione di uno Stato indipendente a fianco di Israele. Il Presidente Josep BORRELL ha accolto Mahmud Abbas dicendosi onorato della sua presenza e ringraziandolo di essere tornato così presto a Strasburgo dopo l'interruzione della sua precedente visita. Da allora, ha proseguito, il Presidente dell'ANP è stato «nell'occhio del ciclone» poiché in Medio Oriente «il ciclone è sempre vivo» e i prossimi mesi «saranno decisivi per il futuro della popolazione palestinese e israeliana», ma avranno anche un importante impatto per tutta la regione e anche per l'Unione europea. Tutti noi, ha aggiunto, chiediamo un processo di pace sostenibile e siamo perfettamente coscienti che «se non si agisce correttamente, si corre il rischio di vedere il mondo avviarsi verso un periodo di guerre di religioni, anticipate dall'elezione di partiti potenzialmente aggressivi». Dopo aver ricordato che Mahmud Abbas si è sempre battuto per la ricerca di una soluzione al conflitto attraverso il dialogo con l'avversario, il Presidente ha sostenuto che nessuno può mettere in dubbio il suo impegno a favore della pace e del rispetto degli accordi già sottoscritti. Sottolineando la legittimità democratica del Presidente dell'ANP, ha poi affermato che il risultato delle elezioni di gennaio - «che l'Europa rispetta e riconosce pienamente» - ha suscitato serie preoccupazioni nella comunità internazionale. La stessa comunità internazionale, ha aggiunto, si è resa conto del pericolo che rappresenta la sospensione degli aiuti al popolo palestinese ed è giunta ad un accordo su un meccanismo di finanziamento degli aiuti per i servizi essenziali. In conclusione, il Presidente ha affermato che Mahmud Abbas «è l'unico attore capace di parlare con tutte le parti in causa» e rappresenta «il cordone ombelicale che può portare una soluzione pacifica al conflitto». Il Presidente Mahmud ABBAS ha anzitutto espresso la sua gratitudine per l'invito da parte di un'assemblea che incorpora la storia di successo per le nazioni del Continente europeo, che può servire da lezione per tante altre nazioni. Sottolineando poi i buoni rapporti di vicinato tra la Palestina e l'Europa e la necessità di rafforzarli ancora, ha osservato come molti deputati in Aula siano stati testimoni dei problemi della Palestina nel corso delle loro visite. Ha poi ricordato che il 15 maggio è stato celebrato il 58° anniversario della Nakba palestinese, «che significa catastrofe» e rappresenta «un'ingiustizia storica che ha portato all'espulsione dei palestinesi dalle loro terre, alla distruzione della nostra società e alla negazione dei nostri diritti». Con l'OLP, ha proseguito, è iniziata una lotta politica che ha portato all'istituzione dell'Autorità Nazionale Palestinese nel 1994 che attribuisce all'UE un ruolo molto importante. Il popolo palestinese, ha spiegato, «non ha scordato il sostegno dimostrato da molti paesi europei sin dagli anni '70 «a favore dei loro diritti e del loro movimento di liberazione». Non ha nemmeno dimenticato il loro sostegno politico, economico e tecnico per l'avviamento delle istituzioni palestinesi e per far fronte «all'assedio israeliano». In questo momento difficile che apre la porta a numerosi pericoli, ha aggiunto, «ci attendiamo un ruolo di leadership dell'Europa». Il Presidente ha quindi ricordato che, nonostante le ingiustizie storiche, «la ricerca della pace è stata continua e siamo in grado di formulare politiche realistiche per restituire il diritto del nostro popolo all'autodeterminazione». Il Presidente ha poi voluto ricordare il ruolo importante del leader storico Yasser Arafat che, «con una decisione difficile e molto coraggiosa», accettò uno Stato palestinese che rappresenta solo il 22% della Palestina storica. Il nocciolo del processo di pace, ha aggiunto, è stato sempre fondato sul principio della partnership volta a risolvere i problemi e porre nuove basi per le relazioni tra Palestina e Israele. Tuttavia, ha insistito, «Israele ha respinto questo approccio, insistendo con politiche distruttive, con la confisca delle terre e con la costruzione di muri che hanno portato pregiudizio ai negoziati». Israele, ha proseguito, «non ha rispettato gli impegni contratti con la comunità internazionale ed ha fatto vacillare e tolto slancio al processo di pace». La politica sviluppata negli ultimi anni era tesa «a distruggere completamente l'ANP, le sue istituzioni e le sue infrastrutture», alla cui realizzazione hanno partecipato i paesi europei. Nonostante le frustrazioni, ha proseguito, «abbiamo fatto attenzione a che la causa palestinese non fosse deviata e fosse conforme al diritto internazionale». Abbiamo respinto e condannato tutti gli attacchi contro i civili e ogni forma di terrorismo, enfatizzando la cultura della pace e la natura pacifica e popolare della resistenza all'occupazione». Il Presidente ha poi sottolineato come l'impegno per la pace sia proseguito dopo le elezioni presidenziali ma, ciò nonostante, la controparte israeliana abbia continuato con la costruzione del muro che suddivide i territori in un mosaico di zone isolate e abbia proseguito con «gli assassini, gli arresti e le incursioni militari» e respingendo gli accordi presi. Ha quindi affermato di aver cercato di assicurare il ritiro israeliano dalla striscia di Gaza senza problemi e garantire la sicurezza alla frontiera con l'Egitto, anche grazie al supporto dell'UE. Ma Israele «non ha accettato la nostra disponibilità», ha «aggravato il deterioramento delle condizioni economiche» e ostacolato il movimento all'interno dei territori». Per il Presidente la frustrazione generata dall'occupazione israeliana e l'assenza di prospettiva per il processo di pace, sono state sullo sfondo delle elezioni di gennaio. Tutto il mondo, ha aggiunto, ha però constatato come il passaggio dei poteri sia avvenuto in modo armonico e democratico, «ma la democrazia viene svilita se non vi è la libertà del popolo». Abbas ha però precisato che non condivide la piattaforma programmatica di Hamas e molti sforzi sono in atto affinché sia modificata per conformarsi agli impegni internazionali. A tal fine è anche necessario il sostegno della comunità internazionale, dando la possibilità al nuovo governo di adattarsi ai requisiti fondamentali. La sospensione degli aiuti, invece, «esaspera il deterioramento delle condizioni economiche e sociali» e indebolisce le capacità amministrative. Per tale ragione, il Presidente ha voluto ringraziare il Quartetto per la decisione di aiutare il popolo palestinese con un meccanismo che sarà sviluppato dall'UE. In proposito ha anche chiesto a Israele di svincolare immediatamente i proventi dei dazi doganali che spettano all'ANP. Il Presidente ha poi sottolineato che Israele è tornato al «vecchio slogan» secondo cui non vi è un partner palestinese e si detto preoccupato dall'idea israeliana di tracciare le frontiere definitive all'interno del territorio palestinese. Questo progetto, ha quindi spiegato, comprometterebbe la soluzione dei due Stati, annettendo importanti porzioni del territorio palestinese occupato e rendendo il resto un mosaico di isolette, senza continuità geografica e senza le risorse idriche vitali. Lo slogan non ha fondamenta, ha insistito, e resta valido l'impegno a tornare al tavolo del negoziato. Reiterando poi l'invito alla comunità internazionale ad aiutare la regione, ha quindi sottolineato i valori comuni della libertà, della democrazia, della tolleranza e del dialogo. Rivolgendosi ai deputati, ha poi concluso dicendosi convinto che continueranno a fornire il loro sostegno alla «giusta causa palestinese», fino a che «non otterrà la libertà in uno Stato indipendente in Terra Santa all'interno delle frontiere del 1967 e a fianco dello Stato di Israele». Riferimenti
Seduta solenne
- Allocuzione di Mahmoud Abbas, Presidente dell'Autorità palestinese
Meno norme ma più controlli sulla loro applicazione Il Parlamento ha approvato un pacchetto di relazioni sull'iniziativa "legiferare meglio". I deputati chiedono maggiore severità e celerità da parte della Commissione nel verificare la corretta applicazione delle norme comunitarie nonché maggiori diritti per i cittadini. E' poi sostenuta la semplificazione della legislazione e l'abrogazione delle norme obsolete, se contribuiscono allo sviluppo economico e sociale e vedono protagonista anche il Parlamento. Con la relazione di Monica FRASSONI (Verdi/ALE, IT) sul controllo dell'applicazione del diritto comunitario, i deputati si dicono persuasi della reale necessità che tutte le Istituzioni europee analizzino «in modo serio e visibile» e privilegino «con maggiore convinzione» la questione del controllo dell'applicazione. E ciò soprattutto alla luce dell'urgenza di ridurre il volume della legislazione UE e delle iniziative legislative. Al riguardo, inoltre, insistono sul fatto che ogni riduzione sulla quantità di legislazione prodotta «deve trovare riscontro in una maggiore enfasi sull'attuazione». Il Parlamento nota in seguito che i principali problemi della procedura di infrazione (articoli 226 e 228 TCE) sono costituiti dalle lungaggini (in media occorrono 54 mesi fra la registrazione della denuncia e il deferimento alla Corte) e dal limitato uso fatto dell'articolo 228, che permette il ricorso alla Corte di giustizia e la definizione di penalità in caso di non esecuzione delle sue sentenze. D'altra parte, nota l'insufficiente livello di cooperazione da parte dei tribunali della maggior parte degli Stati membri, «che mostrano tuttora una certa riluttanza ad applicare il principio del primato del diritto comunitario». I deputati invitano quindi la Commissione a «riconsiderare seriamente il suo atteggiamento di indulgenza» nei confronti degli Stati membri per quanto riguarda i termini di trasmissione delle informazioni richieste dalla Commissione, l'adozione e la notifica dei provvedimenti nazionali di attuazione e la corretta applicazione della legislazione comunitaria a livello nazionale, regionale e locale. Sottolineano poi che l’enfasi posta sulle questioni organizzative e sui flussi di comunicazione non deve dissimulare il fatto che molti casi di attuazione non corretta derivano dalla cattiva qualità della legislazione e «riflettono il tentativo deliberato da parte degli Stati membri di vanificare la legislazione comunitaria per motivi politici ed economici». Pertanto, sollecitano la Commissione a richiedere agli Stati membri di garantire un’applicazione retroattiva della regola comunitaria al fine di sanare tutti gli effetti della violazione. Il Parlamento, inoltre, nota che l’attuale procedura non dà ai cittadini altro diritto se non quello di presentare una denuncia, mentre la Commissione, nella sua veste di custode dei Trattati, ha larga discrezionalità decisionale quanto all’opportunità di registrare la denuncia e di avviare un procedimento. Ritenendo che niente vieti di attribuire, con appositi strumenti normativi, ulteriori diritti ai denuncianti, i deputati chiedono quindi alla Commissione di adoperarsi per adottare tali strumenti. A loro parere, infatti, a tale importante ed esclusiva prerogativa deve corrispondere un dovere di trasparenza e rendicontabilità quanto ai motivi che hanno giustificato le decisioni, in particolare quelle di non dar seguito alle denunce. Andrebbe poi esaminata la possibilità di creare mezzi extragiudiziari di impugnazione più efficaci per i cittadini europei, come corollario del diritto di petizione. Il Parlamento, infine, ritiene essenziale che le disposizioni legislative vengano formulate in modo tale da renderne più agevole l'applicazione. Altrettanto importante è migliorare la comprensione del diritto UE da parte dei cittadini e, di conseguenza, propone che un compendio del cittadino sia incluso, sotto forma di motivazione non legalistica, in tutti gli atti legislativi. Adottando la relazione di Giuseppe GARGANI (PPE/DE, IT) con 546 voti favorevoli, 10 contrari e 21 astensioni, i deputati sostengono «con fermezza» il processo di semplificazione del contesto normativo dell'Unione europea, come pure l'obiettivo di assicurare un contesto normativo «necessario, semplice ed efficace». Tuttavia, sottolineano che tale processo deve fondarsi sulla piena partecipazione del Parlamento europeo al dibattito interistituzionale, sulla consultazione ampia e trasparente di tutte le parti interessate (Stati membri, imprese e organizzazioni non governative) e sul miglioramento della generale trasparenza del processo normativo, in particolare aprendo al pubblico le discussioni del Consiglio quando esso esercita la funzione legislativa. Il Parlamento incoraggia quindi la Commissione ad adottare, nel quadro dell'Accordo interistituzionale "Legiferare meglio", una normativa mirata e accuratamente studiata il cui impatto sia prevedibile. Dovrà inoltre contribuire all'instaurazione di condizioni favorevoli al potenziamento della crescita e dell'occupazione, riducendo le spese e le procedure amministrative superflue, sopprimendo gli ostacoli all'adattabilità e all'innovazione e garantendo la certezza del diritto. A tale proposito, peraltro, i deputati si compiacciono dell'intenzione della Commissione di ridurre gli oneri inutili per le PMI e di rafforzare l'uso delle tecnologie dell'informazione. Ritengono infatti che la semplificazione del contesto normativo dell'Unione europea dovrebbe mirare, tra l'altro, a rendere la legislazione più semplice e più efficace e pertanto maggiormente «orientata all'utente». La priorità, è precisato, andrebbe attribuita alla semplificazione dei regolamenti, mentre le direttive dovrebbero essere semplificate «solo in casi eccezionali e debitamente motivati» quando non disciplinano materie estremamente delicate o non sono il risultato di un difficile compromesso, «come nel caso della legislazione comunitaria sulle società». Pur riconoscendo che l'abrogazione degli atti irrilevanti ed obsoleti «sia un'esigenza prioritaria» che deve essere attuata dalla Commissione senza indugio, i deputati chiedono tuttavia che sia accompagnata da un atto giuridico comunitario, «impedendo agli Stati membri di disciplinare le materie che siano state deregolamentate a livello comunitario». In proposito, infatti, sottolineano che l'eccesso di regolamentazione in taluni settori è dovuto in gran parte all'attività legislativa degli Stati membri e che, di conseguenza, «all'abrogazione di norme comunitarie deve seguire un'abrogazione delle corrispondenti disposizioni nazionali». E' quindi proposto alla Commissione di realizzare un monitoraggio costante delle normative nazionali che dovessero restare in vigore dopo l'abrogazione della normativa comunitaria originaria. Per i deputati, infine, la codificazione e la rifusione «sono gli strumenti più importanti di semplificazione dell'acquis comunitario» e incoraggiano quindi un più esteso ricorso a tali strumenti. Si dicono però scettici sulla totale rifusione dell'acquis comunitario poiché «potrebbe generare interpretazioni divergenti nell'ambito delle istituzioni europee». Il Parlamento, inoltre, avverte che la semplificazione «non deve portare alla riscrittura dell'acquis al di fuori del controllo democratico». E' poi espresso l'auspicio che le diverse proposte di rifusione e di revisione della Commissione contribuiranno a migliorare il livello di sviluppo economico e sociale nell'Unione nel contesto della politica di sviluppo sostenibile, nonché il livello di protezione della salute dei consumatori e della qualità del loro ambiente. Ritiene altresì che le Istituzioni debbono valutare l’opportunità di stabilire una terza categoria di interventi tale da prevedere le facilitazioni più opportune per la semplificazione degli atti giuridici comunitari. Pur sostenendo le pratiche di coregolamentazione e di autoregolamentazione, infine, il Parlamento sottolinea che gli strumenti legislativi tradizionali devono continuare ad essere utilizzati per raggiungere gli obiettivi fissati dal trattato. Anche perché, escludendo dal processo decisionale i rappresentanti eletti, il ricorso alla standardizzazione «comporta il rischio di minore trasparenza e responsabilità». Questa pratica deve quindi essere circoscritta rigorosamente alle misure di armonizzazione di tipo meramente tecnico. Riferimenti
Monica
FRASSONI (Verdi/ALE, IT) |
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L'Unione è paladina dei diritti umani nel mondo. In una risoluzione che valuta il rapporto sull'attività dell'UE nel 2005 in questo campo, i deputati sostengono però che la sua azione possa essere migliorata e resa più efficiente. Il Parlamento chiede maggiore impegno per la ratifica dello Statuto della Corte Penale Internazionale. Forti critiche sono espresse nei confronti della Cina e dell'Iran. Ma anche gli USA e la Russia non sono esenti da biasimi. Adottata con 522 voti favorevoli, 32 contrari e 15 astensioni, la relazione di Richard HOWITT (PSE, UK) si rallegra anzitutto del fatto che l'UE «svolga un ruolo sempre più attivo sulla scena mondiale al fine di migliorare la situazione globale dei diritti umani». Tuttavia, i deputati ritengono che l'Unione europea non riesca ad affrontare in modo sistematico e continuo le questioni dei diritti umani riguardanti i paesi terzi e ad integrare la politica dei diritti umani nella sua politica commerciale, di sviluppo e nelle altre sue politiche esterne nei confronti di tali paesi. In proposito, mettono quindi in risalto la necessità di una politica comune, coerente e trasparente attuata da tutti gli Stati membri dell'UE nelle loro relazioni bilaterali con paesi terzi. La relazione annuale del Consiglio I deputati sottolineano l'importanza della "relazione annuale dell'UE sui diritti dell'uomo" ai fini della visibilità dei problemi dei diritti umani in generale. Chiedono tuttavia al Consiglio di focalizzare ulteriormente l'attenzione sulla valutazione degli strumenti e delle iniziative dell'UE nei paesi terzi, di occuparsi dei risultati conseguiti in tale contesto e di inserire studi d'impatto delle attività oggetto della relazione. Rivendicano inoltre un ruolo maggiore del Parlamento nell'elaborazione delle relazioni. D'altra parte, invitano il Consiglio a valutare l'opportunità di individuare ogni anno nel contesto della sua relazione annuale un elenco dei "paesi che destano particolare preoccupazione" per quanto riguarda le violazioni dei diritti umani. Ciò consentirebbe, a loro parere, di prestare maggiore attenzione ai diritti dell'uomo nell'attuazione di tutte le politiche dell'UE nei confronti dei paesi inseriti nell'elenco, «compresa l'imposizione di sanzioni commerciali e sugli aiuti se tali violazioni persistono». In proposito, ritengono che criteri quali l'indipendenza del potere giudiziario e dei mezzi di comunicazione nonché lo statuto delle organizzazioni della società civile «siano essenziali per valutare la situazione dei diritti umani». Le attività dell'Unione europea durante le due Presidenze Tra le molte altre cose, il Parlamento apprezza in particolare l'impostazione seguita dalla Presidenza del Regno Unito riguardo alla pena di morte, intraprendendo iniziative nei paesi in cui o vi è il rischio che la moratoria sulla pena di morte venga sospesa di diritto o di fatto o, al contrario, si stanno prendendo in considerazione provvedimenti interni per l'introduzione di una moratoria. Chiede quindi a tutte le Presidenze future di seguire tale esempio compiendo regolarmente passi presso i paesi che si trovino in tali situazioni. Inoltre, approva il fatto che si sia data priorità al rispetto degli obblighi in materia di diritti umani nell'ambito dell'apertura dei negoziati di adesione con la Turchia e la Croazia, per la concessione dello status di paese candidato all'ex Repubblica iugoslava di Macedonia e per l'apertura dei negoziati relativi agli accordi di stabilizzazione e associazione con la Serbia e Montenegro e con la Bosnia-Erzegovina. In proposito, i deputati chiedono alla Commissione di assicurare che i paesi candidati compiano reali progressi nel campo dei diritti umani, in particolare per quanto riguarda la protezione delle minoranze, la libertà religiosa e la libertà di espressione, le popolazioni sfollate e rifugiate, le persone con problemi di salute mentale e/o disabilità intellettuali e la cooperazione con la giustizia internazionale. Prendendo poi atto con soddisfazione del fatto che la lotta contro il traffico di esseri umani è considerata una priorità delle Presidenze del Consiglio, il Parlamento plaude alla scelta della libertà di espressione come uno dei temi principali in materia di diritti umani durante la Presidenza del Regno Unito. Al riguardo, si dicono preoccupati per l'alto numero di giornalisti condannati in tutto il mondo, in particolare in Cina, in Bielorussia, a Cuba e nella Corea del Nord, per presunta diffamazione di pubblici ufficiali o politici. Pertanto chiedono al Consiglio di promuovere una moratoria mondiale di questi arresti di giornalisti. D'altra parte, sottolinea che la libertà di espressione «non esclude il rispetto e la comprensione reciproci tra civiltà diverse». Il Parlamento plaude all'impegno della Presidenza austriaca di continuare la prassi delle iniziative nei confronti di tutti i partner internazionali dell'UE riguardo alla ratifica delle convenzioni internazionali che vietano l'uso della tortura. Al riguardo, chiede anche al Consiglio e alla Commissione di prendere in esame «modi nuovi e innovativi per attuare gli orientamenti sulla tortura». I deputati, inoltre, raccomandano alle prossime presidenze UE di condurre iniziative sulla tortura in tutti i paesi che sono firmatari delle pertinenti convenzioni «ma che non sembrano cooperare» e si dicono preoccupati per le accuse di rilocalizzazione e di esternalizzazione della tortura in paesi terzi. Invitano quindi l'UE a considerare la lotta contro la tortura come un aspetto della massima priorità della sua politica dei diritti dell'uomo. Risultati delle attività del Consiglio e della Commissione nelle sedi internazionali I deputati si rallegrano dell'attiva partecipazione dell'UE e dei suoi Stati membri sulle questioni dei diritti umani, nel 2005, in varie sedi internazionali, tra cui la Commissione dei diritti dell'uomo delle Nazioni Unite, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite, il Consiglio ministeriale dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), il Consiglio d'Europa e la Conferenza ministeriale dell'OMC. In particolare, si compiacciono del ruolo fondamentale svolto dall'UE nell'assicurare l'adozione di risoluzioni critiche e costruttive sui diritti umani nella Repubblica democratica del Congo, in Nepal, nella Corea del Nord, in Sudan, in Uzbekistan e in Turkmenistan, nonché sui diritti umani e la lotta al terrorismo. D'altra parte, si rammaricano del rifiuto dell'UE di patrocinare risoluzioni sulle violazioni dei diritti umani in Cina, Zimbabwe e Cecenia. Inoltre, si congratulano con il Consiglio e con la Commissione per il «ragguardevole successo» diplomatico raggiunto col deferimento del caso del Darfur (Sudan) alla Corte penale internazionale (CPI) da parte del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, come chiedeva una risoluzione del Parlamento europeo del 16 settembre 2004. A tale proposito il Parlamento invita il Consiglio e la Commissione a continuare a «adoperarsi energicamente per promuovere la ratifica universale dello statuto di Roma e l'adozione della legislazione di attuazione della Corte penale internazionale» (CPI). In particolare, sollecita Consiglio e Commissione «a raddoppiare i loro sforzi ..... nelle loro iniziative presso gli Stati Uniti», che considera un «partner essenziale dell'UE, soprattutto nella guerra al terrorismo». Nel chiedere quindi al governo e al Congresso degli Stati Uniti di ratificare senza ulteriori ritardi lo "Statuto di Roma", ricordano tuttavia che «nessuna eccezione giuridica deve essere accordata agli Stati Uniti su questo capitolo». A tale proposito, condanna la sottoscrizione di "accordi bilaterali" con l'amministrazione americana da parte di alcuni paesi, compresi alcuni Stati membri dell'UE, che accordano "de facto" l'impunità ai soldati USA. Consultazioni e dialoghi politici con i paesi terzi Il Parlamento prende atto della valutazione contenuta nella relazione annuale del Consiglio sul dialogo in materia di diritti umani con la Cina, «caratterizzato da continue notizie in merito ad una lunga serie di violazioni». Tra queste cita «continue notizie di arresti per motivi politici soprattutto di membri delle minoranze, presunte torture, diffuso ricorso al lavoro forzato, frequente uso della pena di morte e repressione sistematica della libertà di religione, della libertà di parola e di espressione (anche nel contesto del trattamento imposto al popolo del Tibet) e della libertà dei media, compreso Internet». I deputati, inoltre, sottolineano che la possibilità di relazioni commerciali sempre più positive «dev'essere subordinata alle riforme nel campo dei diritti umani». Condannando l'appello del Presidente iraniano a "cancellare Israele dalla Carta geografica", i deputati esprimono preoccupazione per la situazione dei diritti umani in Iran e il rammarico riguardo al bilancio negativo in materia di diritti umani in Iran durante i primi sei mesi del mandato del Presidente Ahmedinejad. Preoccupazione è anche espressa per le gravi violazioni dei diritti umani in Iraq, «comprese quelle nelle prigioni del paese». Ciononostante, i deputati approvano il sostegno dato dall'UE al nuovo governo in Iraq e chiedono un maggiore impegno dell'Unione per portare la stabilità nel paese. D'altra parte, esortano il Consiglio e la Commissione a invitare il governo USA a chiudere immediatamente il centro di detenzione di Guantanamo, e insistono «affinché a tutti i prigionieri venga accordato un trattamento compatibile con il diritto umanitario e affinché essi vengano processati senza indugio in un pubblico ed equo processo dinanzi a un tribunale competente, indipendente e imparziale». Rallegrandosi dell'avvio delle consultazioni dell'UE con la Russia in materia di diritti umani, i deputati temono che la nuova legislazione russa sulle ONG impedisca alle organizzazioni per i diritti umani di svolgere adeguatamente le loro attività ogni volta che è in gioco il rispetto dei diritti dell'uomo, o addirittura impedisca loro tout-court di funzionare. Al riguardo, chiedono alla Commissione e al Consiglio di sollevare costantemente tale questione con la Russia, anche nelle sedi internazionali, assieme alla questione delle esecuzioni extragiudiziali, delle scomparse di persone e delle torture di detenuti in Cecenia. Più in generale, i deputati sostengono fermamente che tutti gli strumenti, documenti e relazioni in materia di diritti umani, compresa la relazione annuale, devono affrontare esplicitamente i problemi della discriminazione. Tra questi, enunciano quelle relative alle minoranze etniche, alle libertà religiose comprese le pratiche discriminatorie nei confronti delle religioni minoritarie, ai diritti umani delle donne, dei bambini, dei popoli indigeni e dei disabili, e a quelli delle persone di ogni orientamento sessuale. I programmi di assistenza esterna della Commissione La relazione invita la Commissione «a prendere seriamente in considerazione» la posizione del Parlamento europeo in merito ad uno strumento specifico per i diritti umani per il periodo 2007-2013. E, in proposito, sottolinea l'importanza dell'iniziativa europea per la democrazia e i diritti dell'uomo (EIDHR), che è uno dei principali strumenti che l'UE ha a sua disposizione. Nell'esprimere poi soddisfazione per il fatto che nel 2005 la Commissione ha potuto contrarre impegni per oltre 125 milioni di euro, i deputati prendono atto del fatto che i fondi EIDHR utilizzati per le missioni UE di osservazione elettorale nel 2005 sono stati pari ad oltre un quinto del totale. Tali missioni, è ricordato, si sono svolte in 12 paesi fra cui l'Afghanistan, l'Etiopia, il Libano, la Liberia, il Venezuela e la Palestina. A tale riguardo, lodano la crescente efficacia delle attività di osservazione elettorale dell'UE, ma ritengono che tale risultato non debba essere raggiunto a spese dell'ammontare degli impegni di bilancio per progetti relativi ai diritti umani da attuare a livello di base nei paesi di tutto il mondo. Esame dell'attuazione delle clausole sui diritti umani e la democrazia I deputati concordano con la posizione espressa nella relazione 2005 secondo la quale la clausola sui diritti umani «costituisce una base per un impegno positivo sulle questioni dei diritti umani e della democrazia nelle relazioni con i paesi terzi». Sottolineano tuttavia che tale posizione non può far escludere la possibilità della sospensione temporanea della cooperazione a causa di una violazione della clausola. In proposito, rinnovano la richiesta di definire una scala progressiva di misure e un chiaro sistema di sanzioni da applicare per le violazioni della clausola sui diritti umani da parte dei paesi terzi. Link utili Relazione del Consiglio sui diritti umani nel mondo 2005 Riferimenti
Richard
HOWITT (PSE, UK) |
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Senza calorie, zucchero o grassi, oppure ricco di fibre o vitamine. Queste indicazioni, sempre più presenti sulle etichette, possono influenzare le nostre scelte d'acquisto degli alimenti. Ma ci possiamo fidare? Il Parlamento ha adottato in via definitiva un nuovo testo legislativo che intende disciplinare tale questione per garantire una migliore tutela dei consumatori e assicurare la libera circolazione delle merci nell'UE. Tenuto conto della proliferazione nel numero e nel tipo di indicazioni figuranti sulle etichette dei prodotti alimentari e in assenza di disposizioni specifiche a livello europeo, la Commissione ha presentato nel 2003 una proposta di regolamento volto ad armonizzare le norme relative alle indicazioni presentate sui prodotti alimentari. Precisando le condizioni di impiego delle informazioni nutrizionali e sanitarie sulle etichette dei prodotti alimentari, lo scopo era di garantire un elevato livello di tutela della salute dei consumatori e migliorare la libera circolazione delle merci nell'Unione. Era infatti rilevata la necessità di evitare che i consumatori fossero fuorviati nelle loro scelte d'acquisto nonché di sanare le discrepanze e i diversi approcci tra le legislazioni nazionali che potevano rivelarsi ostacoli al corretto funzionamento del mercato interno. Il Parlamento ha approvato a larghissima maggioranza gli emendamenti di compromesso negoziati con il Consiglio dei Ministri dalla relatrice Adriana POLI BORTONE (UEN, IT) sul nuovo regolamento relativo alle indicazioni nutrizionali e sanitarie fornite sui prodotti alimentari. La procedura potrà quindi chiudersi in seconda lettura e il provvedimento potrebbe entrare in vigore già entro la fine del 2006. I deputati, anzitutto, premettono che «una dieta sana, varia ed equilibrata costituisce un presupposto per una buona salute» e che i prodotti presi separatamente «hanno un'importanza relativa rispetto all'insieme dell'alimentazione». Inoltre, per garantire un elevato livello di tutela dei consumatori e facilitare le loro scelte, i prodotti commercializzati «devono essere sicuri e adeguatamente etichettati». D'altra parte, sottolineano che la dieta è uno dei tanti fattori che influenzano l'insorgere di determinate malattie. Per tale ragione, l'apposizione di indicazioni riguardanti la riduzione di un rischio di malattia deve essere sottoposta a condizioni specifiche. Per "indicazione" si intende qualunque messaggio (o rappresentazione) non obbligatorio in base alla legislazione comunitaria o nazionale, comprese le rappresentazioni figurative, grafiche o simboliche in qualsiasi forma, «che affermi, suggerisca o sottintenda che un alimento abbia particolari caratteristiche». Con "indicazione nutrizionale", si fa riferimento a qualunque indicazione «che affermi, suggerisca o sottintenda che un alimento abbia particolari proprietà nutrizionali benefiche», dovute all'energia (valore calorico) che apporta, apporta a tasso ridotto o accresciuto o, non apporta, e/o alle sostanze nutritive o di altro tipo che contiene, contiene in proporzioni ridotte o accresciute, o non contiene. Un allegato del regolamento enumera tutte le indicazioni consentite e il loro significato. Infine, è considerata "indicazione sulla salute" qualunque indicazione «che affermi, suggerisca o sottintenda l'esistenza di un rapporto tra un categoria di alimenti, un alimento o uno dei suoi componenti e la salute». In linea generale, l'impiego delle indicazioni nutrizionali e sulla salute non può essere falso, ambiguo o fuorviante, oppure dare adito a dubbi sulla sicurezza e/o sull'adeguatezza nutrizionale di altri alimenti o ancora incoraggiare o tollerare il consumo eccessivo di un elemento. Non può nemmeno affermare, suggerire o sottintendere che una dieta equilibrata e varia non possa in generale fornire quantità adeguate di tutte le sostanze nutritive, né fare riferimento a cambiamenti delle funzioni corporee che potrebbero suscitare o sfruttare timori nel consumatore, sia mediante il testo scritto sia mediante rappresentazioni figurative, grafiche o simboliche. Per quanto riguarda il campo d'applicazione del regolamento, il compromesso precisa che si estende alle indicazioni nutrizionali e sulla salute figuranti in comunicazioni commerciali, sia nell'etichettatura sia nella presentazione o nella pubblicità dei prodotti alimentari forniti al consumatore finale. Si applicherà, inoltre, ai prodotti alimentari destinati a ristoranti, ospedali, scuole, mense e servizi analoghi di ristorazione collettiva. Le disposizioni sulle indicazioni nutrizionali e talune norme sulle indicazioni sanitarie non si applicheranno nel caso di prodotti non imballati (come i prodotti freschi quali frutta, verdure e pane) venduti direttamente al consumatore finale oppure che sono imballati al punto di vendita su richiesta dell'acquirente. A tali prodotti si applicheranno le disposizioni nazionali finché non saranno adottate misure comunitarie. Inoltre, i marchi e le denominazioni commerciali o di fantasia riportati in etichetta, nella presentazione o nella pubblicità di un prodotto alimentare che possono essere interpretati come indicazioni nutrizionali o sanitarie, possono essere utilizzati senza essere soggetti alle procedure di autorizzazione previste dal regolamento. Occorre però che l'etichettatura, la presentazione o la pubblicità rechino anche una corrispondente indicazione nutrizionale o sanitaria che sia conforme alle disposizioni del regolamento. D'altra parte, su richiesta delle imprese interessate, possono derogare a questa disposizione le denominazioni generiche tradizionalmente impiegate per indicare una proprietà di una categoria di alimenti o bevande che può comportare effetti sulla salute umana, come ad esempio "digestivo" o "pastiglie per la tosse". La Commissione dovrà predisporre le norme cui attenersi per la presentazione di tali domande. I prodotti immessi in commercio prima del 2005 sui quali però figurano indicazioni in contrasto con il regolamento potranno continuare ad essere venduti per altri 15 anni dopo la sua entrata in vigore (contro i dieci previsti dalla posizione comune). Nel corso dei negoziati, uno dei punti più controversi del regolamento era l'opportunità o meno di imporre alle imprese di indicare il "profilo nutrizionale" del prodotto (tenore in grassi, zuccheri e sali), se intendono sfruttare il livello di uno di questi componenti come argomento di vendita. Alla fine si è optato per la soluzione che ne prevede l'obbligo. spetterà quindi alla Commissione stabilire i profili nutrizionali specifici, comprese le esenzioni, che devono essere rispettati dagli alimenti (o da talune loro categorie) per poter recare indicazioni nutrizionali o sulla salute nonché le condizioni per il loro uso riguardo ai profili nutrizionali. Questi dovranno essere stabiliti tenendo conto, in particolare, delle quantità di determinate sostanze nutritive e di altro tipo contenute nel prodotto alimentare (quali grassi, acidi grassi saturi, acidi grassi trans, zuccheri e sale/sodio). Ma dovranno anche prendere in considerazione il ruolo e l'importanza dell'alimento (o delle categorie di alimenti) e il loro contributo alla dieta della popolazione in genere o, se del caso, di certi gruppi a rischio come i bambini. Infine, dovranno tenere conto della composizione nutrizionale globale dell'alimento nonché della presenza di sostanze nutritive il cui effetto sulla salute sia stato scientificamente riconosciuto. I profili nutrizionali devono essere basati sulle conoscenze scientifiche in materia di dieta, nutrizione e sul rapporto di queste ultime con la salute. Nel fissare i profili nutrizionali, la Commissione dovrà chiedere all'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) di fornire, entro 12 mesi, un pertinente parere scientifico riguardante la necessità di stabilire profili per gli alimenti in generale e/o per le loro categorie, la scelta e il dosaggio delle sostanze nutritive da prendere in considerazione, la scelta di quantitativi/basi di riferimento per i profili, il metodo di calcolo dei profili e, infine, la fattibilità e la prova del sistema proposto. Nel definire o aggiornare i profili nutrizionali, la Commissione dovrà consultare gli operatori del settore interessato e le associazioni di consumatori. Il compromesso prevede inoltre che, in deroga alla regola generale, le indicazioni nutrizionali relative alla riduzione di grassi, grassi saturi, acidi grassi trans, zuccheri e sale/sodio siano consentite, senza fare riferimento a un profilo per una o più sostanze nutritive per cui viene data l'indicazione, purché risultino conformi alle condizioni del regolamento. Le indicazioni nutrizionali sono anche autorizzate qualora una singola sostanza nutritiva sia superiore al profilo nutrizionale, a condizione però che nelle immediate prossimità dell'indicazione figuri un'avvertenza di pari visibilità che informi il superamento della soglia specifica fissata nel profilo nutrizionale con la dicitura "Elevato contenuto di ....". Ad esempio, se in etichetta si indica che un alimento è povero in grassi, non potrà omettersi di specificare che, rispetto a quanto stabilito dal profilo nutrizionale, è però ad alto contenuto di zuccheri (). Le bevande alcoliche contenenti più dell'1,2% in volume di alcol non possono recare indicazioni sulla salute. Per quanto riguarda le indicazioni nutrizionali, invece, sono ammesse unicamente quelle che si riferiscono a bassi tenori in alcol, alla riduzione del contenuto alcolico e energetico. Inoltre è precisato che, in mancanza di norme comunitarie specifiche sulle indicazioni nutrizionali riguardanti un basso tenore alcolico o la riduzione o l'assenza di contenuto alcolico o energetico in bevande che di norma contengono alcol, possono essere applicate norme nazionali pertinenti ai sensi delle disposizioni del trattato. Le indicazioni sulla salute debbono essere inserite in un elenco comunitario (e tutte le condizioni necessarie per il loro impiego) stilato dalla Commissione in base a una dettagliata procedura di autorizzazione che vede anche il coinvolgimento delle autorità nazionali, e dell'EFSA. Dando seguito a quanto richiesto dai deputati, il compromesso prevede che ogni inserimento nell'elenco di indicazioni basate su dati scientifici recenti e/o che includono una richiesta di protezione di dati riservati è adottato secondo una procedura accelerata che ha l'obiettivo di lasciare tutto il tempo alla valutazione scientifica dell'EFSA. Per i deputati, questo è l'unico modo per garantire al consumatore che la qualità della valutazione non ne risenta e assicurare all'industria tempi certi e brevi per l'approvazione. E' però precisato che non è possibile ricorrere a tale procedura per le indicazioni che si riferiscono allo sviluppo e alla salute dei bambini. L'idea dei deputati, infatti, è che in questi casi occorre procedere con la massima attenzione. La procedura "normale" è stata comunque abbreviata. Inoltre, accogliendo un'altra richiesta dei deputati, il compromesso prevede che la Commissione, in collaborazione con l'EFSA, elabori delle linee guida tecniche e degli strumenti per assistere le imprese, in particolare le PMI, nella preparazione delle loro domande. La Commissione dovrà anche istituire e tenere aggiornato un registro comunitario delle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari. Il registro, accessibile al pubblico, presenterà anche un elenco delle indicazioni sulla salute respinte e il motivo del rigetto. Le indicazioni sulla salute autorizzate in base a dati protetti da proprietà industriale sono registrate in un allegato separato del registro. Riguardo agli aspetti legati alla protezione dei dati, il compromesso prevede che i dati scientifici e le altre informazioni contenuti nella domanda, di norma, non possono essere usati a beneficio di un richiedente successivo per un periodo di cinque anni (al posto dei sette della posizione comune) dalla data dell'autorizzazione. Inoltre, fino al termine del periodo di cinque anni, nessun richiedente successivo ha il diritto di far riferimento ai dati designati come protetti da proprietà industriale dal richiedente precedente. Link utili
Osservazioni
della Commissione sulla Posizione comune Riferimenti
Adriana
POLI BORTONE (UEN, IT) |
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Il Parlamento ha sottoscritto un pacchetto di emendamenti di compromesso negoziati con il Consiglio in merito al regolamento sulla prevenzione, il controllo e l'eradicazione di alcune encefalopatie spongiformi trasmissibili. Scopo della proposta è di adattarsi alle recenti norme adottate a livello internazionale. Nel chiedere una sorveglianza accurata, l'Aula conferma il divieto di somministrare farine di carne ai ruminanti, ma apre alla possibilità di alimentarli con farine di pesce. Il Parlamento ha sottoscritto il compromesso negoziato con il Consiglio in merito alla proposta volta a adattare la normativa UE sulla prevenzione, il controllo e l'eradicazione di alcune encefalopatie spongiformi trasmissibili (TSE) alla decisione assunta dall'Ufficio Internazionale delle epizoozie (OIE) di ridurre da cinque a tre le categorie di rischio legate alla BSE: rischio trascurabile, rischio controllato e rischio indeterminato. Sarà quindi possibile chiudere la procedura in prima lettura. Queste misure si iscrivono nel piano d'azione definito dalla Commissione nel 2005 che delinea la strategia comunitaria in materia di BSE alla luce del miglioramento della situazione sanitaria in Europa dopo 10 anni di emergenza "mucca pazza". Emergenza che, nel corso degli anni, aveva portato all'embargo della carne bovina britannica e a misure di prevenzione e sorveglianza quali il divieto dell'uso delle farine animali nell'alimentazione del bestiame, il test obbligatorio su tutti i bovini di età superiore a 24 mesi e l'eliminazione degli organi a rischio BSE dalla catena alimentare. Particolarmente dolorosa per l'Italia era stata la decisione di vietare la vendita della famosa bistecca con l'osso fiorentina che, dal 1° gennaio 2006, è tornata in macelleria. Inoltre, era stata decisa l'introduzione a partire dal 1° gennaio 2002 di un sistema obbligatorio di etichettatura che consente di conoscere l'origine della carne acquistata (luogo di nascita, ingrasso, macellazione e sezionamento). Non abbassare la guardia Adottando la relazione di Dagmar ROTH-BEHRENDT (PSE, DE), i deputati hanno accolto con favore la proposta di ridurre da cinque a tre le categorie di rischio ma, ritenendole troppo vaghe, hanno insistito sulla necessità di rafforzare le misure di sorveglianza passiva e attiva. Per "sorveglianza passiva" si intendono la segnalazione di tutti gli animali in cui si sospetta la presenza di un'infezione da TSE e test di laboratorio su detti animali, laddove la TSE non può essere esclusa da indagini cliniche. Con "sorveglianza attiva" si intende invece il controllo degli animali non segnalati come sospetti di presentare un'infezione da TSE in particolare al fine di determinare l'evoluzione e la diffusione di TSE in un paese o in una regione. Si tratta, più in particolare di controllare gli animali macellati con urgenza, quelli che presentano sintomi clinici ad un esame ante mortem, i capi morti, gli animali macellati sani e quelli abbattuti in relazione ad un caso di TSE. Inoltre, il Parlamento introduce maggiori dettagli riguardo ai programmi annuali di sorveglianza. Questi, in particolare, dovranno coprire tutti i bovini di età superiore a 24 mesi inviati alla macellazione di emergenza e quelli di età superiore a 30 mesi soggetti a macellazione normale ai fini del consumo umano. E' poi chiesto di inquadrare più rigorosamente le eventuali modifiche ulteriori (ad esempio della lista dei materiali a rischio specifico, come il cervello o il midollo) e sono auspicate giustificazioni più dettagliate da parte dei comitati scientifici incaricati di queste modifiche. Niente carni nell'alimentazione, ma farine di pesce per i giovani ruminanti Una delle cause della diffusione della BSE fu il ricorso a farine di carne nell'alimentazione dei bovini. Queste pratiche sono state vietate e il nuovo regolamento non intende cambiare la situazione: le proteine animali non devono far parte della dieta dei ruminanti. Il compromesso però prevede che la Commissione potrà decidere di autorizzare la somministrazione di proteine derivate dai pesci ai giovani ruminanti. Questa decisione potrà essere presa nell'ambito dell'apposito comitato. D'altra parte, un emendamento prevede che si può decidere di introdurre «un certo livello di tolleranza» in relazione a quantitativi non significativi di proteine animali presenti nei mangimi «a causa di una contaminazione casuale e tecnicamente inevitabile». E' peraltro precisato che ciò andrà fatto in base ad una valutazione favorevole dei rischi che tenga conto almeno della portata e della possibile fonte di contaminazione e della destinazione finale della spedizione. Per memoria, è dal luglio 1994 che è vietato utilizzare farine di carne e di ossa provenienti da mammiferi nell'alimentazione di bovini, ovini e caprini. Tale divieto parziale è stato in seguito esteso e il 1° gennaio 2001 l’Unione europea ha vietato totalmente l'utilizzo di proteine animali trasformate nella produzione di mangimi destinati agli allevamenti, salvo talune eccezioni, quali l’utilizzo di farina di pesce per i non ruminanti. Anche l’utilizzo di farine di pesce è attualmente proibito negli alimenti destinati ai ruminanti, mentre il loro utilizzo nei mangimi destinati ai non ruminanti è soggetto a norme rigorose. I principali produttori di farine di pesce dell'UE sono il Regno Unito, l'Irlanda, i Paesi Bassi e la Danimarca. Importazione e esportazioni di mangimi Gli Stati membri o le loro regioni e che presentano un rischio indeterminato di BSE non saranno autorizzati ad esportare o immagazzinare mangimi destinati ad animali d'allevamento e contenenti proteine derivate da mammiferi né mangimi destinati a mammiferi, ad eccezione dei mangimi per cani, gatti e animali da pelliccia, e contenenti proteine trattate derivate da mammiferi. Lo steso vale per le esportazioni verso la Comunità da parte dei paesi terzi o le loro regioni che presentano un rischio indeterminato di BSE. Carni separate meccanicamente Per i deputati, le carni separate meccanicamente - «rimuovendo la carne dalle ossa con una tecnica che distrugge o modifica la struttura muscolo-fibrosa» - non sono paragonabili alle carni prodotte normalmente. Di conseguenza, ritengono necessario sottoporre a revisione il loro uso per il consumo umano. In Italia Il primo caso di mucca pazza in Italia è stato registrato in Lombardia il 14 gennaio 2001. Dai cinquanta casi di BSE individuati nel nostro Paese nel 2001 si è passati a sette nel 2005, su circa 800.000 test effettuati sugli animali. L'intero settore delle carni bovine italiano coinvolge quasi 80.000 allevamenti agricoli e oltre 2.000 imprese di macellazione che danno complessivamente lavoro a 80.000 persone per un valore delle vendita al consumo di oltre 10 miliardi di euro. Link utili
Piano d'azione per la lotta futura alla BSE Riferimenti
Dagmar
ROTH-BEHRENDT (PSE, DE) |
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Migliorare il coordinamento a livello europeo per fronteggiare le catastrofi naturali e individuare le zone a rischio. E' quanto chiedono tre relazioni adottate dal Parlamento per prevenire e reagire a incendi e alluvioni che devastano l'Europa. Vanno anche intensificate e migliorate le azioni a tutela delle foreste e occorre garantire un uso efficiente dell'acqua. I deputati chiedono poi un sistema di assicurazione per le crisi di mercato nel settore agricolo. Le relazioni adottate dal Parlamento chiedono un miglior coordinamento dei diversi strumenti finanziari e operativi comunitari volti a prevenire, gestire e reagire alle catastrofi naturali. Inoltre, sollecitano la realizzazione di mappe delle zone a rischio d'incendio, di alluvioni e di siccità accompagnate da piani di gestione. Particolare attenzione è rivolta alle foreste, per le quali i deputati chiedono un programma d'azione comunitario di protezione contro gli incendi e una direttiva sulla prevenzione e sulla gestione degli incendi. Ma è sollecitato il rafforzamento del finanziamento delle misure, in ambito comunitario e nazionale, volte a promuovere uno sfruttamento sostenibile delle sue risorse e il rimboschimento. I deputati rilevano anche la necessità di adottare misure volte a garantire un uso più sostenibile, razionale ed efficiente dell'acqua. E, in proposito, è sostenuta l'applicazione dei principi "chi utilizza paga" e "chi inquina paga". E' poi raccomandata l'istituzione di un Osservatorio europeo sulla siccità, la desertificazione e le alluvioni. Adottata con 498 voti favorevoli, 35 contrari e 20 astensioni, la relazione di Gerardo GALEOTE QUECEDO (PPE/DE, ES) sugli aspetti regionali chiede al Consiglio di adottare rapidamente la decisione che istituisce un meccanismo comunitario di protezione civile, esaminando la possibilità di rafforzarlo al fine di «ottimizzare le poche risorse disponibili». Al riguardo, i deputati ricordano anche la loro richiesta di istituire una Forza europea di protezione civile al cui funzionamento dovrebbe contribuire ogni Stato membro, fornendo attrezzature, mezzi e personale. Agli Stati membri e alle autorità regionali è anche chiesto di sopprimere le barriere amministrative e territoriali alla protezione civile e di sostenere una maggiore flessibilità e operatività delle squadre di soccorso nelle regioni limitrofe. La Commissione è infine sollecitata a «elaborare immediatamente» una comunicazione sulla prevenzione, la gestione e la valutazione dei rischi sismici. La relazione di Edite ESTRELA (PSE, PT) sugli aspetti ambientali - adottata con 450 voti favorevoli, 38 contrari e 13 astensioni - chiede invece l'inasprimento delle sanzioni per i crimini contro l'ambiente e sottolinea il ruolo fondamentale delle nuove tecnologie nell'individuazione e nella prevenzione delle catastrofi naturali. Quella di Luís CAPOULAS SANTOS (PSE, PT) sugli aspetti agricoli - adottata con 397 voti favorevoli, 70 contrari e 26 astensioni - sottolinea che le gravi crisi di mercato rappresentano eventi imprevisti ed eccezionali che comportano per le aziende agricole rischi «che possono essere altrettanto gravi di quelli provocati dalle catastrofi naturali». I deputati, esprimono pertanto il convincimento che resti necessario un sostegno specifico da parte dell'Unione. Sollecitano, inoltre, la Commissione a istituire un'assicurazione pubblica finanziata congiuntamente dagli agricoltori, dagli Stati membri e dall'Unione europea nonché a istituire un sistema di assicurazione coerente e accessibile per tutti gli Stati membri nel quadro della PAC. Riferimenti Luís CAPOULAS SANTOS
(PSE, PT) |
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Via libera al Fondo di solidarietà, anche in caso di attentati Il Parlamento sostiene il rafforzamento del Fondo di solidarietà che dovrà fornire aiuto e sostegno finanziario alle regioni e agli Stati membri colpiti da catastrofi naturali di grandi dimensioni, da incidenti industriali e tecnologici, da emergenze sanitarie e da attentati terroristici. L'istituzione del Fondo, avvertono i deputati, non elimina la necessità di perseguire i veri responsabili delle catastrofi, in base al principio "chi inquina paga". Dopo le devastanti inondazioni avvenute nell’estate del 2002, la Comunità ha creato un nuovo strumento, il Fondo di solidarietà, per fornire aiuto e sostegno finanziario alle regioni e agli Stati membri colpiti da catastrofi naturali di grandi dimensioni. La proposta di regolamento all'esame del Parlamento si colloca nel processo di revisione della normativa esistente volto ad apportare quei miglioramenti la cui necessità è emersa con l'esperienza acquisita negli ultimi anni. Si tratta, più in particolare, di ottimizzare l'esecuzione finanziaria, adeguare l’ambito di applicazione alle nuove sfide ed evitare richieste indebite. Con la relazione di Rolf BEREND (PPE/DE, DE) i deputati condividono l'approccio della Commissione ma, nell'ambito della procedura di codecisione, propongono una serie di emendamenti. Basandosi sul Fondo di solidarietà attuale, che si occupa esclusivamente di catastrofi naturali, la Commissione suggerisce un ampliamento degli ambiti d’applicazione, includendo le catastrofi industriali e tecnologiche, le emergenze sanitarie e gli attentati terroristici. Inoltre, propone di abbassare le soglie in base alle quali una catastrofe viene ritenuta grave. Il valore dei danni diretti provocati dall'evento scende quindi da un importo di 3 miliardi a 1 miliardo di euro, oppure dallo 0,6% allo 0,5% del reddito nazionale lordo dello Stato interessato. In casi eccezionali e debitamente motivati, tuttavia, il Fondo può essere attivato anche se non si realizzano tali criteri quantitativi. Il Parlamento accetta queste modifiche, ma precisa che per catastrofe «si intende un grande evento distruttivo che costituisca un grave danno per la popolazione e l'ambiente, come le inondazioni, gli incendi e la siccità». Inoltre, chiede che una particolare attenzione sia rivolta alle regioni remote o isolate, «come le regioni insulari e ultraperiferiche». D'altra parte, sostiene che, in caso di attentato terroristico, la Comunità dovrebbe reagire agli eventi quando le conseguenze sono tanto gravi «da rendere inderogabile la solidarietà comunitaria», anche se il danno materiale non soddisfa il criterio quantitativo stabilito. L’ambito di applicazione geografico del Fondo di solidarietà (Stati membri o Stati candidati all’ingresso nell’Unione europea tramite negoziati di adesione già in corso) si amplia de facto grazie all’avvio dei negoziati di adesione con due nuovi Stati (Turchia e Croazia). L'assistenza comunitaria può essere fornita ad una serie di operazioni eseguite dalle autorità pubbliche dello Stato interessato o da organismi che agiscono nel pubblico interesse. I deputati, accolgono quanto proposto dalla Commissione, apportando comunque qualche modifica. Di conseguenza, le operazioni finanziabili dovrebbero ricadere tra le seguenti categorie: - operazioni di emergenza essenziali necessarie per l’immediato ripristino della funzionalità delle infrastrutture e degli impianti, allestimento di infrastrutture d'emergenza e per garantire il sollecito approvvigionamento della popolazione nei settori dell’energia, dell’acqua potabile, delle acque reflue, delle telecomunicazioni, dei trasporti, della sanità e dell’istruzione per sopperire alle esigenze della popolazione; - assistenza medica immediata e misure volte a tutelare la popolazione in caso di grave crisi nel settore della salute pubblica; - fornitura di strutture ricettive provvisorie e finanziamento dei servizi di soccorso per far fronte alle esigenze immediate della popolazione colpita; - operazioni di sollecita lotta contro le calamità naturali e/o le loro immediate conseguenze nonché per garantire tempestivamente le infrastrutture di prevenzione; - misure per la tutela immediata del patrimonio culturale e naturale; - operazioni essenziali di emergenza per l’immediato ripristino delle aree colpite dalla catastrofe; - operazioni di emergenza nel settore dell'assistenza medica alle vittime dirette di disastri di rilevante entità e di attentati terroristici nonché assistenza psicologica e sociale alle vittime e ai loro familiari. Gli Stati membri devono garantire che le operazioni finanziate, integralmente o in parte, dal Fondo non beneficino di finanziamenti a valere su altri strumenti comunitari o internazionali. Il Parlamento, introduce poi un emendamento volto a garantire che il Fondo di solidarietà non serva a cancellare la responsabilità di chi ha provocato una catastrofe. Chiarisce quindi che, in particolare nel caso di disastri industriali e tecnologici, dovrà essere applicato il principio "chi inquina paga" e gli Stati beneficiari dovranno fornire la prova che cercano di ottenere ogni possibile indennizzo da terzi. D'altra parte, specifica che laddove, a seguito di un precedente grave disastro, uno Stato beneficiario abbia omesso di adottare misure preventive atte a ridurre o evitare il danno causato da tale disastro, la Commissione deve chiedere allo Stato beneficiario di rimborsare integralmente o in parte l'aiuto finanziario ricevuto. Facendo proprio un emendamento depositato dei Verdi, il Parlamento chiede che lo Stato beneficiario informi la popolazione direttamente interessata e il grande pubblico, «in modo chiaramente intelligibile», circa gli aiuti ricevuti dal Fondo. Link utili Proposta di regolamento che istituisce il Fondo di solidarietà dell’Unione europea Riferimenti
Rolf BEREND
(PPE/DE, DE) |
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Il Parlamento ha approvato il nuovo programma "Marco Polo II" che mira a trasferire il trasporto stradale di merci verso modalità più ecologiche come le vie ferrate e marittime. Senza un'azione risoluta, i deputati reputano infatti che la crescita del traffico arrechi conseguenze negative in termini di costi di infrastrutture stradali supplementari, incidenti, congestione del traffico, affidabilità della catena di approvvigionamento e di danni ambientali. Sarà dotato di 400 milioni di euro. Con la relazione di Reinhard RACK (PPE/DE, AT), il Parlamento ha approvato il nuovo Programma Marco Polo II integrandolo con una serie di emendamenti concordati con il Consiglio che permettono, quindi, di chiudere la procedura in prima lettura. In base alle nuove prospettive finanziarie appena approvate dal Parlamento, il programma sarà dotato di 400 milioni di euro. In base, al compromesso, il regolamento istituisce uno strumento «volto a ridurre la congestione stradale, a migliorare le prestazioni ambientali del sistema di trasporto e a potenziare il trasporto intermodale, contribuendo in tal modo ad un sistema di trasporti efficiente e sostenibile che dia valore aggiunto all'UE, senza conseguenze negative per la coesione economica, sociale o territoriale». Il programma ha durata dal 1º gennaio 2007 al 31 dicembre 2013, e la sua finalità è il trasferimento «di una parte sostanziale del previsto aumento aggregato annuo del traffico merci internazionale su strada .... verso il trasporto marittimo a corto raggio, il trasporto ferroviario e le vie navigabili interne o una combinazione di modi di trasporto in cui i percorsi stradali sono i più brevi possibili». In assenza di «un’azione risoluta», notano infatti i deputati, il trasporto di merci complessivo su strada in Europa dovrebbe crescere di oltre il 60% entro il 2013. L’effetto sarebbe un aumento previsto del trasporto internazionale di merci su strada durante il periodo 2007-2013 di 20,5 miliardi di tonnellate/km l’anno per i venticinque Stati membri dell’Unione europea. Ciò, a loro parere, avrebbe «conseguenze negative in termini di costi di infrastrutture stradali supplementari, incidenti, congestione del traffico, inquinamento locale e globale, affidabilità della catena di approvvigionamento, della logistica e di danni ambientali». Il programma Marco Polo II si applica ad azioni che riguardano il territorio di almeno due Stati membri o che riguardano il territorio di almeno uno Stato membro e quello di un paese terzo vicino. Il programma, d'altra parte, è aperto alla partecipazione dei paesi candidati all’adesione, dei paesi dell'EFTA e del SEE, come pure dei paesi confinanti ad est (Russia, Bielorussia, Moravia e Ucraina), dei paesi dei Balcani e della regione mediterranea. In caso di adesione all'Unione europea di Romania e Bulgaria, si sposteranno nuovamente le frontiere dell'Unione con i paesi limitrofi e dovranno essere presi in considerazione nuovi paesi. Con la relazione, inoltre, i deputati chiedono che possa applicarsi anche alle azioni che riguardano il territorio di un solo Stato membro a condizione che, per almeno il 50%, interessino il traffico transfrontaliero. I progetti devono essere presentati da un consorzio composto da due o più imprese stabilite in almeno due diversi Stati membri o in uno Stato membro e un paese terzo vicino o, nel caso di un collegamento di trasporto con un paese terzo vicino, e in via eccezionale, da un'impresa di uno Stato membro. Il programma potrà finanziare le seguenti azioni: - azioni catalizzatrici, con specifico riferimento a quelle volte a migliorare le sinergie nei settori ferroviario, delle vie navigabili interne e del trasporto marittimo a corto raggio (comprese le autostrade del mare) mediante un miglior utilizzo delle infrastrutture esistenti; - azioni per le autostrade del mare che, all'interno dell'UE dovrebbero utilizzare le reti transeuropee - le azioni di trasferimento fra modi; - azioni per la riduzione del traffico; - azioni comuni di apprendimento. Il Parlamento, precisa inoltre che è opportuno non scoraggiare progetti accettabili, in particolare quelli che tengono conto delle esigenze delle PMI, introducendo una definizione eccessivamente restrittiva delle azioni ammissibili. D'altra parte, le azioni non devono provocare distorsione di concorrenza, in particolare tra i modi di trasporto diversi da quello stradale o nell'ambito di ciascun modo alternativo. I deputati, inoltre, chiedono che l'assistenza finanziaria si basi su contratti negoziati fra la Commissione e il beneficiario, i cui termini e le cui condizioni devono mantenere, nella misura del possibile, i costi finanziari e amministrativi al minimo allo scopo di assicurare la massima efficienza e flessibilità amministrativa. A loro parere, inoltre, è opportuno che i risultati di tutte le azioni del programma siano adeguatamente divulgati, per garantirne la pubblicità e la trasparenza e per favorire lo scambio di esperienze. Link utili Riferimenti Reinhard RACK (PPE/DE,
AT) |
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Le politiche economiche sono una questione di interesse comune. Per tale ragione, il Parlamento critica lo scarso impegno e gli espedienti degli Stati membri per non rispettare i vincoli imposti nella gestione delle finanze pubbliche. Preoccupati per la situazione economica generale, chiedono di promuovere gli investimenti, di riorientare la spesa pubblica, di attuare riforme strutturali e fiscali, e di coordinare maggiormente le politiche nella zona euro. La relazione di Dariusz ROSATI (PSE, PL) esprime anzitutto preoccupazione per la crescita persistentemente lenta in Europa dal 2002, per il tasso di disoccupazione che continua ad essere elevato e per il divario tra prodotto effettivo e potenziale (output gap). Ma altrettanta preoccupazione è manifestata per la debolezza dei consumi privati, che «è dipesa dal clima di incertezza prevalente per quanto riguarda l'occupazione e le pensioni, dal persistente alto livello di disoccupazione e dalla lenta crescita dei salari reali». A quest'ultimo proposito è ricordato l'impegno di promuovere i salari nominali e uno sviluppo del costo del lavoro «in linea con la stabilità dei prezzi e la tendenza alla produttività nel medio termine». Pur accogliendo con favore il rialzo del ritmo degli investimenti dovuto anche alla ripresa di fiducia degli imprenditori, i deputati ritengono che sia ancora possibile e necessaria un’ulteriore accelerazione dell’attività di investimento e chiedono quindi riforme strutturali e misure aggiuntive che migliorino e stimolino gli investimenti. Appoggiano poi il riorientamento delle politiche e della spesa pubbliche «verso l'innovazione, le energie rinnovabili, l’istruzione e la formazione, la ricerca, le tecnologie dell’informazione, le reti di telecomunicazione e trasporto». D'altra parte, deplorano che le prospettive finanziarie dell’UE per il periodo 2007-2013 «non riflettano sufficientemente la priorità attribuita alle spese relative agli obiettivi della strategia di Lisbona». I deputati osservano che la salute delle finanze pubbliche «non è un obiettivo in sé ma un mezzo a disposizione degli Stati membri per ottemperare ai loro adempimenti pubblici» e sottolineano l’importanza di posizioni fiscali più sane per la crescita qualitativa, la creazione di posti di lavoro e la strategia di Lisbona. Tuttavia, rilevano che, «a causa dell'applicazione non corretta del Patto di stabilità», non è stato registrato nessun miglioramento delle posizioni fiscali degli Stati membri. In proposito, notano che la maggior parte degli Stati membri non ha ancora conseguito gli obiettivi di medio termine riguardanti la bilancia dei pagamenti. Inoltre, rimarcano che undici Stati membri hanno disavanzi superiori al 3% del PIL e che, tra questi, figurano «le quattro più grandi economie dell’UE, vale a dire Francia, Germania, Italia e Regno Unito». Ma precisano che, dall’estate 2004, sono dieci gli Stati membri sottoposti a procedura di disavanzo eccessivo. Il Parlamento sottolinea poi l'importanza di misure volte ad alleviare le persistenti pressioni fiscali. Tuttavia, pur valutando positivamente l'articolazione delle politiche e degli adempimenti pubblici da parte delle autorità degli Stati membri per ridurre i disavanzi pubblici, esprime preoccupazione per le prospettive di sostenibilità di bilancio a lungo termine. E in proposito nota pure che l’aumento dell’indice di indebitamento pubblico dell’UE è «dovuto alla crescita debole del PIL, a politiche a breve termine di controllo del deficit e alla mancanza di sforzi risoluti volti a ridurre gli squilibri di bilancio mediante riforme strutturali». Ritenendo «deludente» l'evoluzione delle finanze pubbliche, il Parlamento osserva inoltre che i governi «utilizzano il pretesto della bassa crescita» per giustificare i loro disavanzi. Per tale ragione, chiede per il 2006 «una riduzione dei disavanzi pubblici molto più ambiziosa del mero aggiustamento economico in previsione della maggiore crescita europea». Rammenta poi la richiesta di «evitare politiche procicliche» ed evidenzia l’importanza di intraprendere, al momento opportuno, riforme strutturali e fiscali. I deputati sottolineano in seguito che «la mancanza di volontà politica per il contenimento della spesa pubblica, il ricorso a proiezioni di entrate eccessivamente ottimistiche, alla contabilità creativa e al consolidamento fiscale basato principalmente su provvedimenti una tantum, hanno ampiamente contribuito allo scostamento di bilancio e alla debolezza del quadro fiscale». Il Parlamento infine, raccomanda che venga esaminata la possibilità di istituire un calendario uniforme per le procedure di bilancio nell'UE e chiede che si provveda ad una valutazione e determinazione uniforme a livello UE delle principali grandezze economiche come l'andamento del prezzo del petrolio o dei tassi di cambio. Inoltre, deplorando la mancanza di un coordinamento politico nella zona euro, richiama l'attenzione sulle discrepanze delle politiche fiscali degli Stati membri della zona euro e si dice preoccupato per gli eventuali effetti antagonistici di tale mancanza di coordinamento. Gli Stati membri dovrebbero quindi mostrarsi più sensibili rispetto all’impatto delle politiche economiche nazionali a livello dell’UE e all’obbligo di considerare le loro politiche economiche «una questione di interesse comune» e di coordinarle. Link utili
Comunicazione
della Commissione sulle finanze pubbliche
nell’UEM-2005 Riferimenti
Dariusz
Kajetan ROSATI (PSE, PL)
Sì alla nomina di Jürgen Stark al board della BCE Il Parlamento si è pronunciato a favore della nomina di Jürgen Stark a membro del comitato esecutivo della Banca centrale europea. Votando a scrutinio segreto, il Parlamento ha espresso parere favorevole alla raccomandazione del Consiglio di nominare Jürgen Stark membro del comitato esecutivo della BCE. Nella relazione approvata con 359 voti favorevoli, 110 contrari e 35 astensioni, la Presidente della commissione per i problemi economici e monetari, Pervenche BERÈS (PSE, FR), afferma che il curriculum del Jürgen Stark ne faccia «un eccellente candidato» alla luce dei principali requisiti stabiliti dal trattato, e cioè «l’integrità personale nonché la riconosciuta levatura e l’esperienza professionale nel settore monetario e bancario». Tutto ciò, ha aggiunto, è stato ampiamente confermato dalle risposte fornite dal candidato all’audizione tenuta dalla commissione il 18 aprile 2006. Inoltre, ha spiegato, il dibattito ha dimostrato che il candidato «è un convinto europeo competente e dedito ai valori dell’indipendenza della BCE e della priorità della stabilità dei prezzi». I membri della commissione hanno anche notato che l’audizione è stata particolarmente utile nel dimostrare «le forti convinzioni del candidato sulla politica monetaria, la sua apertura ai diritti del Parlamento europeo e il suo impegno a promuovere il dialogo tra le due istituzioni». Dal maggio 2002, Jürge Stark è Vice presidente della Deutsche Bundesbank (2° mandato), responsabile per le relazioni internazionali e il controllo di gestione, nonché sostituto del presidente presso il Consiglio direttivo della Banca centrale europea. Allegati alla relazione, figurano un CV completo del candidato e le risposte al questionario. Link utili Sito dell'audizione di Jürgen Stark alla commissione per i problemi economici e monetari Riferimenti
Pervenche
BERÈS (PSE, FR)
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Il Presidente ha informato l'Aula che, a seguito delle elezioni politiche in Italia, una serie di eurodeputati hanno optato per il mandato nazionale. A decorrere dall'8 maggio, i dieci deputati italiani sono stati sostituiti dai seguenti colleghi:
Si veda anche l'articolo su "Prospettiva nazionale": Composizione dei gruppi politici Il Presidente BORRELL ha riferito all'Aula che, con due lettere dell'11 e del 27 aprile, il gruppo IND/DEM lo ha informato che Mario BORGHEZIO, Umberto BOSSI, Matteo SALVINI e Francesco SPERONI non fanno più parte del gruppo. I quattro deputati della Lega Nord siederanno quindi fra i Non Iscritti. Immunità Il Presidente ha informato l'Aula che Gabriele ALBERTINI (PPE/DE, IT) ha chiesto la revoca dell'immunità in merito a un procedimento penale di fronte al Tribunale di Milano. La questione sarà esaminata dalla commissione giuridica del Parlamento europeo. Decesso di Rolandas Pavilions Aprendo i lavori del Parlamento, il Presidente Josep BORRELL ha informato i colleghi del decesso del deputato lituano Rolandas PAVILIONIS (UEN, LT). Sottolineandone l'impegno a favore dei diritti umani, il Presidente ha ricordato che il deputato si era battuto per l'adesione del suo paese all'UE ed era stato membro della Convenzione. Direttore dell'Università di Vilnius, era membro della commissione Cultura del Parlamento e vicepresidente del gruppo UEN. L'Aula ha quindi reso omaggio al deputato osservando un minuto di silenzio. Altri documenti approvati I testi di tutti i documenti approvati sono reperibili sul sito del Parlamento europeo. |
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Ordine del giorno 31 maggio - 1° giugno 2006 Bruxelles Mercoledì 31 maggio 2006 (15:00 - 17:30)
(17:30 - 20:00, 21:00 - 24:00)
Giovedì 1° giugno 2006 (9:00 - 10:50)
(11:00 - 12:00 ) Votazione
L'ordine del giorno può subire modifiche. Codici delle procedure parlamentari
Abbreviazioni - Gruppi politici: vedere di seguito
Gruppi politici
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