L'AGE informa |
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ANTEPRIMA
14 - 17 novembre 2005
Strasburgo
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Sommario Ambiente Trasporti Istituzioni Consiglio europeo Controllo dei bilanci Società dell'informazione Relazioni esterne Allargamento Sviluppo e cooperazione Politica sociale Libera circolazione delle persone Affari economici e monetari Ambiente Energia Sicurezza e difesa Politica dei visti Affari costituzionali Ordine del giorno 14 - 17 ottobre 2005 |
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L'Aula esaminerà la relazione sulla dimensione sociale della globalizzazione. I deputati suggeriscono di investire maggiormente nelle risorse umane e nella formazione professionale, nella ricerca scientifica e nell'innovazione. E' chiesta poi una diversa politica in materia di immigrazione e si raccomanda che le politiche commerciale, agricola ed estera comuni siano coerenti con la politica di sviluppo (relazione Brejc). Il passaggio dall'analogico al digitale terrestre dovrebbe avvenire nel 2012. I deputati, pur convenendo sui benefici del digitale, chiedono alla Commissione se è realistico "spegnere" le radiotelediffusioni analogiche a questa data. A seguito del dibattito, il Parlamento adotterà una risoluzione (interrogazione orale di Chichester e Barsi-Pataky). Martedì 15 novembre Il Presidente della Corte dei conti europea presenterà al Parlamento la relazione annuale relativa all'esercizio finanziario 2004. Seguirà un dibattito in Aula. La Commissione illustrerà all'Aula il proprio programma legislativo e di lavoro per il 2006. Si svolgerà quindi un dibattito che consentirà ai deputati di illustrare le loro priorità per l'anno venturo. Il Parlamento prenderà in esame il controverso pacchetto REACH sulla registrazione, valutazione e autorizzazione delle sostanze chimiche. Le posizioni dei deputati divergono su taluni punti importanti del provvedimento ed è pertanto in corso un tentativo di trovare un compromesso in vista del voto in Plenaria. L'obiettivo sarebbe garantire la protezione dell'ambiente e della salute senza imporre oneri troppo gravosi sull'industria (relazione Sacconi). La Commissione illustrerà all'Aula il pacchetto «Allargamento 2005» che comprende una Strategia globale per i prossimi ampliamenti a Croazia, Turchia e agli altri paesi candidati dei Balcani occidentali, delle relazioni sui progressi verso l'adesione degli stessi paesi e la proposta dell'attribuzione di paese candidato all'ex Repubblica Iugoslava di Macedonia. Ai passeggeri deve essere garantito il diritto di essere informati in anticipo sull’identità del vettore aereo sul quale si imbarcano. I deputati chiedono quindi una lista nera europea dei vettori non sicuri, fondato su criteri comuni, che sia di pubblico dominio e di facile accesso. Sono poi proposte sanzioni in caso di non rispetto del dovere di informazione e indennizzi per i passeggeri che rimangono a terra per il divieto di volo imposto alla compagnia aerea scelta (relazione De Veyrac). Mercoledì 16 novembre La Plenaria si pronuncerà in merito alla relazione sulla lotta ai cambiamenti climatici. Per i deputati è fondamentale aumentare gli sforzi volti alla riduzione delle emissioni e rafforzare l'innovazione tecnologica. Chiedono quindi incentivi per sviluppare l'efficienza energetica e le fonti rinnovabili, misure per ridurre le emissioni del trasporto su strada, la promozione di quello ferroviario e severi obiettivi per le emissioni del settore aereo (relazione Wijkman). La Plenaria terrà un dibattito in materia di armi. Una più incisiva strategia europea in materia di armi di distruzione di massa che veda maggiormente coinvolto il Parlamento, un codice vincolante per le esportazioni di armi e norme più chiare sugli appalti pubblici militari, sono le principali richieste dei deputati (relazioni Kristovskis, Romeva i Rueda e Wuermeling). I deputati esamineranno i risultati del Consiglio europeo Informale di Hampton Court alla luce delle dichiarazioni del Consiglio e della Commissione. L'Europa si è indignata per le dichiarazioni su Israele del Presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Il Presidente del Parlamento e i Capi di Stato e di governo hanno reagito immediatamente, ma Borrell ha voluto che la questione fosse portata in Aula. Consiglio e Commissione illustreranno ai deputati la situazione in Iraq a seguito del referendum sulla nuova Costituzione. Si svolgerà quindi un dibattito in Aula. Giovedì 17 novembre La Plenaria si pronuncerà in merito alla proposta di Dichiarazione congiunta sulla politica di sviluppo dell'UE. I deputati insistono sulla necessità di rafforzare il coordinamento europeo in materia e di definire meglio il ruolo dell'Unione. Nel proporre una lista di temi ai quali bisogna prestare maggiore attenzione, ribadiscono l'esigenza di aumentare gli aiuti ai PVS e di operare una più forte riduzione del loro debito estero (relazione Wijkman). La relazione sulla strategia di sviluppo per l'Africa all'esame del Parlamento chiede un maggiore coordinamento dell'aiuto europeo tra azioni a livello comunitario e nazionale, ma anche tra gli stessi Stati membri (relazione Martens). |
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Garantire la protezione dell'ambiente e della salute senza imporre oneri troppo gravosi sull'industria. E' questa la difficile sfida raccolta dalla relazione di Guido SACCONI (PSE, IT) in merito alla controversa proposta di regolamento REACH sulla registrazione, valutazione e autorizzazione delle sostanze chimiche. Le posizioni dei deputati divergono su taluni punti importanti del provvedimento ed è pertanto in corso un tentativo di trovare un compromesso in vista del voto in Plenaria. L'attuale sistema normativo per le sostanze chimiche non è stato in grado di individuare i rischi presentati da molte sostanze chimiche ed è stato lento ad agire quando si sono riscontrati rischi. La normativa vigente distingue tra le cosiddette "nuove" sostanze chimiche e quelle "esistenti", ossia introdotte prima della data di riferimento del 1981. Le sostanze chimiche nuove devono essere notificate e sperimentate se prodotte in piccole quantità (come 10 kg all'anno), mentre non esistono disposizioni del genere per le sostanze chimiche esistenti. Ciò, secondo la Commissione, ha favorito la continuazione dell'uso delle sostanze "esistenti" non sperimentate ed ha frenato la ricerca, lo sviluppo e l'innovazione. Dal 1981 sono state immesse sul mercato solo circa 3.000 nuove sostanze chimiche. REACH è un sistema integrato unico di registrazione, valutazione ed autorizzazione delle sostanze chimiche (Registration, Evaluation and Authorisation of Chemicals). Il regolamento proposto potrebbe sostituire più di 40 direttive e regolamenti attualmente in vigore. In pratica, la proposta della Commissione istituisce un registro delle sostanze chimiche e chiede alle imprese produttrici o importatrici di valutare i rischi derivanti dalla loro utilizzazione e di adottare le misure necessarie per gestire qualsiasi rischio riscontrato. In seno al Parlamento sono emerse notevoli difficoltà per conciliare la tutela dell’ambiente e della salute con la competitività delle imprese. Da un lato, le commissioni per l’industria e per il mercato interno hanno privilegiato l’aspetto relativo al contenimento degli oneri a carico delle imprese. Dall’altro, la commissione ambiente, pur senza ignorare tale aspetto e integrando numerosi emendamenti proposti dalle altre nove commissioni parlamentari consultate, ha insistito maggiormente sulle esigenze sanitarie e ambientali che giustificano questa normativa. In vista della Plenaria si sta esplorando la possibilità di proporre degli emendamenti di compromesso che soddisfino entrambi gli «schieramenti». D'altronde REACH è uno dei più complessi provvedimenti legislativi che le Istituzioni europee abbiano mai dovuto affrontare. La proposta dell'Esecutivo, frutto anche di un'ampia consultazione delle parti interessate, conta centinaia di pagine e, a livello di Parlamento, il suo esame è stato affidato a dieci commissioni. Quelle dell'ambiente, dell'industria e del mercato interno hanno lavorato con il metodo della «cooperazione rafforzata» ed era quindi inevitabile l'apparire di ampie divergenze tra i deputati. Le altre commissioni parlamentari consultate sono state quelle dei bilanci, degli affari economici e monetari, dell'occupazione e degli affari sociali, dei diritti della donna, del commercio estero, degli affari giuridici e delle petizioni. Sono circa 3.700 gli emendamenti presentati dai deputati durante l'esame delle commissioni, di cui 1.290 sono stati adottati. La commissione per l'ambiente ne ha esaminati altri 1.183 e, includendo quelli adottati dalla commissione industria e mercato interno, saranno circa 470 gli emendamenti alla proposta contenuti nella relazione sottoposta alla valutazione della Plenaria. Va aggiunto poi che il termine per la presentazione di ulteriori emendamenti da proporre all'Aula è stato fissato al 9 novembre sera. Dovere di diligenza La commissione per l’ambiente pone il principio generale del dovere di diligenza delle imprese, ossia l’obbligo di non commercializzare dei prodotti che possono rappresentare un pericolo per la salute e per l’ambiente. I produttori dovrebbero quindi prevenire e limitare gli eventuali effetti nocivi e, se del caso, rimediarvi. Dovrebbero, inoltre, comunicare automaticamente e gratuitamente i rischi agli utilizzatori a valle - attraverso un’apposita e dettagliata procedura - al fine di permetter loro di scegliere le sostanze meno nocive. Anche i consumatori e i lavoratori dovrebbero aver accesso a questi dati. Questo dovere d’informazione, tuttavia, non deve tradursi in un eccessivo onere burocratico per le piccole e medie imprese che, se necessario, potrebbero beneficiare di una serie di aiuti. Divergenze sulla registrazione REACH impone ai produttori di registrare le sostanze chimiche e di fornire informazioni sulle loro caratteristiche. E’, questo, l’aspetto più carico di conseguenze per le imprese e anche il più controverso in seno al Parlamento europeo sul quale, peraltro, la commissione per l’ambiente ha raggiunto un accordo a maggioranza. Se da un lato, per le sostanze prodotte in quantità tra 1 e 10 tonnellate, è suggerito un alleggerimento delle informazioni da fornire alla futura Agenzia dei prodotti chimici, dall’altro, la stessa Agenzia dovrà operare rigorosi controlli (su almeno il 10% dei fascicoli sottoposti). Qualora constatasse un aggiramento o una violazione delle norme, l’Agenzia potrebbe quindi cancellare la registrazione. Resterebbe valido, inoltre, l’obbligo di stilare delle relazioni di valutazione chimica per le sostanze prodotte in misura superiore ad una tonnellata. Su tale aspetto, la commissione per l’industria e quella per il mercato interno hanno depositato una serie e di emendamenti che saranno sottoposti direttamente al voto della Plenaria. Più in particolare, la commissione per il mercato interno intende allentare il dovere d’informazione quando le quantità prodotte sono inferiori a 100 tonnellate, e non a 10. Dal canto suo, la commissione per l’ambiente auspica che le sostanze contenute negli articoli siano anch’esse oggetto di notifica all’Agenzia se la loro concentrazione supera l’1% e se non è possibile escludere che vi siano rischi per l’ambiente e per la salute. Suggerisce, inoltre, che sia apposto un «marchio di qualità» sui prodotti fabbricati nel rispetto della normativa REACH. D’altra parte, i deputati della commissione per l'ambiente hanno ampliato la lista dei prodotti esentati dalla registrazione, come i minerali, i prodotti alimentari, i polimeri e quelli che rientrano nelle attività di ricerca e sviluppo imperniate sui prodotti e sui processi. Tali esenzioni non dovrebbero, tuttavia, introdurre delle discriminazioni tra prodotti e sostanze fabbricati nell’Unione e quelli importati. Una registrazione per ogni sostanza Per non gravare eccessivamente sulle imprese, REACH dà loro la possibilità di consorziarsi per sottoporre congiuntamente i dati all’Agenzia. Con lo stesso intendimento e sulla base del principio «una sostanza, una registrazione», diversi emendamenti adottati dalla commissione per l’ambiente rafforzano l’obbligo imposto alle imprese di scambiarsi dati non confidenziali, al fine di evitare il moltiplicarsi delle domande. Tuttavia, sarebbero previste delle deroghe che l’Agenzia stessa può concedere quando si tratta di proteggere informazioni confidenziali. In ogni caso, tali deroghe non potrebbero applicarsi a dati concernenti test sugli animali. Da parte sua, l’Agenzia dovrebbe pubblicare la lista delle sostanze già registrate per facilitare il compito alle imprese ed evitare duplicazioni. Ridurre la sperimentazione animale Per i deputati, qualora i dati richiesti necessitassero di sperimentazioni, queste dovrebbero avvenire prioritariamente “in vitro”. Sarebbe poi obbligatorio ricorrere a soluzioni alternative alla sperimentazione animale, se esistono. Alle imprese è inoltre imposto di comunicare all’Agenzia i risultati dei loro esperimenti sugli animali e qualsiasi altro dato che possa evitare di ricorrere a tali pratiche, pena la perdita del diritto alla registrazione. I deputati suggeriscono anche che il Programma Quadro di Ricerca includa degli incentivi alla ricerca di metodi alternativi e la consultazione del Centro europeo per la convalida di metodi alternativi per ogni sperimentazione. L’Agenzia al centro del sistema Se le procedure di registrazione hanno suscitato divergenze tra i deputati, il capitolo “valutazione” di REACH e il ruolo centrale della futura Agenzia per i prodotti chimici che avrà sede ad Helsinki sono stati molto meno problematici. Su questi punti la commissione per l’ambiente ha ripreso molti degli emendamenti suggeriti, ad esempio, dalle commissioni per l’Industria e per il Mercato Interno. Per evitare confusione e doppioni tra le autorità degli Stati membri e per rafforzare la fiducia, l’Agenzia dovrebbe essere «incaricata della gestione generale del sistema REACH», sia per le valutazioni che per le registrazioni e le autorizzazioni. L’Agenzia, che poggerebbe su una rete di organismi nazionali, fisserebbe le priorità per le valutazioni e stabilirebbe dei piani annuali. Numerosi emendamenti precisano le modalità e le procedure di valutazione, la composizione e il funzionamento dell’Agenzia, il principio della sua indipendenza e della trasparenza della sua attività, così come le procedure di ricorso. Autorizzazioni temporanee e rivedibili REACH mira anche ad incoraggiare la sostituzione delle sostanze più pericolose come quelle cancerogene, mutagene o tossiche per la riproduzione, le sostanze persistenti, bioaccumulative e tossiche. Invocando il principio di precauzione e di sostituzione, la commissione per l’ambiente auspica rafforzare i dispositivi proposti. Le autorizzazioni, quindi, andrebbero concesse per un massimo di cinque anni al fine di stimolare la messa a punto di metodologie e sostanze alternative. Queste autorizzazioni sarebbero rivedibili in ogni momento e, in particolare, se nuovi dati scientifici impongono l’adozione di misure urgenti. Le sostanze pericolose dovrebbero essere autorizzate unicamente in mancanza di alternative e solo se sono prese misure per limitare i rischi di esposizione, in particolare delle popolazioni più vulnerabili, e a condizione che i benefici sociali e economici siano superiori ai rischi per la salute e per l’ambiente. Alla lista delle sostanze più pericolose per la salute, i deputati hanno aggiunto gli ingredienti addizionati ai prodotti del tabacco e gli allergeni. I lavori in seno al Consiglio dei Ministri In occasione del Consiglio Ambiente del 17 ottobre, i Ministri hanno proceduto ad un dibattito orientativo sul progetto di regolamento REACH allo scopo di preparare le basi per un accordo politico in vista del Consiglio competitività di fine novembre. Il dibattito è stato incentrato sull'approccio generale adottato dalla Presidenza nel tentativo di trovare un compromesso e, più in particolare, sul regime da attribuire alle sostanze contenute in articoli. Secondo la Presidenza, il dibattito ha permesso di realizzare dei progressi importanti verso il raggiungimento di un accordo equilibrato, notando come esista un ampio consenso sulla sua proposta di compromesso. In quell'occasione, numerose delegazioni hanno sottolineato l'importanza di non modificare ulteriormente tale equilibrio nel senso di una riduzione degli obblighi di informazione. E' importante che il regolamento produca effettivamente i benefici attesi dalla comunicazione di maggiori informazioni sulle sostanze chimiche. Varie delegazioni hanno evidenziato la necessità di evitare un trasferimento di responsabilità dall'industria verso le autorità pubbliche. Secondo la Presidenza ciò non escluderebbe che l'Agenzia possa partecipare assistendo l'industria nell'adozione delle decisioni. Si ricorda che l'11 ottobre 2005 il Consiglio "Competitività" ha esaminato questioni chiave sul regime di registrazione della proposta REACH. Ampio sostegno è stato espresso per la proposta della Presidenza relativa ad un approccio mirato per quanto riguarda le esigenze di informazione per la fascia da 1 a 10 tonnellate, le esigenze di informazione per la fascia da 10 a 100 tonnellate e la condivisione dei dati e la presentazione congiunta delle informazioni conformemente al principio "una sostanza, una registrazione". L'industria italiana teme una perdita di competitività La Federazione Nazionale dell'Industria Chimica (Federchimica), che associa circa 1.350 imprese italiane, condivide gli scopi e le finalità della proposta della Commissione. Tuttavia, mette l'accento sui forti oneri burocratici che essa comporta, soprattutto per le PMI, e scorge quindi una minaccia alla competitività dell'industria chimica. Inoltre, è sottolineato che la mancanza di uniformità con le legislazioni dei paesi concorrenti extracomunitari non garantisce gli stessi standard di sicurezza e di protezione della salute e, pertanto, potrebbe penalizzare le imprese europee. La proposta è considerata di difficile applicazione pratica e implica costi eccessivi a carico delle imprese, mentre non sono chiari i benefici che essa comporta per i cittadini. Federchimica, a tale proposito, nota come i diversi studi d'impatto quantificano che il costo globale per l'Europa dell'applicazione per undici anni di REACH varia da 7 miliardi di euro a 32 e, dal canto suo, stima che, per la sola Italia, tali costi ammonterebbero a 1,2 miliardi per le imprese chimiche e gli importatori e a 5,2 miliardi per le altre aziende utilizzatrici di sostanze chimiche. Riguardo al campo d'applicazione proposto, Federchimica reputa che tutte le sostanze già regolamentate da norme specifiche debbano essere escluse dalla normativa REACH (come ad esempio i rifiuti). Inoltre dovrebbero essere elencate in modo esaustivo le tipologie riportate dall’esenzione dal campo d'applicazione (Biocidi, Fitosanitari, Materiali a contatto con alimenti). Tra le altre cose, Federchimica ritiene che il sistema di registrazione delle sostanze non debba essere basato unicamente sul principio della quantità, ma deve essere anche fondato sulla valutazione del rischio. Chiede poi che la costituzione di consorzi di imprese ai fini della registrazione sia sostenuta, incentivata e regolamentata. Occorre, inoltre, prevedere la presentazione di un unico dossier di registrazione per sostanza, al fine di evitare duplicazioni e ridurre gli oneri a carico delle imprese. Per gli imprenditori italiani della chimica, infine, la proposta della Commissione non tutela sufficientemente il segreto industriale. Background - L’industria chimica nel mondo e in Italia Da una nota di Federchimica, l'associazione di settore della Confindustria, si apprende che l'industria ha un fatturato di circa 1.700 miliardi di euro, più di quattro milioni di addetti e si caratterizza per la forte integrazione a valle con gli altri settori industriali, cui fornisce beni intermedi fondamentali. Solo un quarto dei 70.000 prodotti chimici, infatti, arriva direttamente al consumatore finale. Europa, Stati Uniti, e Giappone rappresentano i maggiori produttori mondiali, detenendo, rispettivamente, il 34%, il 28% e il 12% del fatturato chimico mondiale. La chimica europea, costituita da circa 11.000 imprese (senza contare i nuovi Stati membri) contribuisce per il 12% alla formazione del fatturato dell’industria manifatturiera e rappresenta il 6% dell’occupazione nell’industria. Il surplus commerciale dell'industria chimica europea è di circa 43 miliardi di euro (che diventano 73 se si aggiunge quella farmaceutica), rappresentando uno tra i più ampi saldi attivi tra i settori manifatturieri. L’industria europea appare inoltre fortemente concentrata. Secondo una classifica internazionale stilata da CEFIC, circa il 30% del fatturato chimico mondiale è realizzato dalle prime 30 società nel mondo e, tra queste, ben 17 sono europee. Al contempo, occorre anche sottolineare che quasi il 90% delle imprese chimiche europee ha meno di 250 addetti e in esse trova impiego circa un terzo degli addetti totali nell’industria. Nel contesto europeo, l’Italia detiene circa il 12% della produzione chimica e occupa il quarto posto dopo Germania, Francia e Regno Unito. L’industria chimica italiana ha un fatturato di circa 65 miliardi di euro e dà lavoro a più di 200 mila persone. Nel nostro Paese operano 1.770 imprese, 2.120 incorporando il settore farmaceutico, che salgono a più di 6.000 se si considerano anche quelle con meno di 10 addetti. L’industria chimica italiana è infatti costituita anche da un numero rilevante di PMI. In Italia queste imprese contribuiscono per il 52% della produzione, mentre il rimanente è diviso tra le grandi imprese (16%) e le multinazionali con produzioni in Italia (32%). Le attività chimiche sono fortemente concentrate nelle regioni settentrionali (circa il 69% dell’occupazione chimica totale) e soprattutto in Lombardia (43% dell’occupazione chimica). L’Italia è uno dei pochi Paesi industrializzati con un deficit negli scambi con l’estero di prodotti chimici (pari a 8,4 miliardi di euro nel 2002). Ma la chimica italiana è uno dei settori che esporta di più (26,9 miliardi di euro nel 2002, più del 10% del totale dell'industria manifatturiera) e l’orientamento all’export è molto aumentato negli ultimi anni. Va inoltre rilevato che, in un'ottica settoriale, vi sono realtà molto diverse tra loro, con alcuni settori, come i detergenti e cosmetici, le vernici e gli adesivi, che mostrano importanti saldi attivi. Riferimenti
Guido
SACCONI (PSE, IT) Link utili
Proposta della Commissione |
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Ai passeggeri deve essere garantito il diritto di essere informati in anticipo sull’identità del vettore aereo sul quale si imbarcano. I deputati chiedono quindi un elenco europeo dei vettori non sicuri, fondato su criteri comuni, che sia di pubblico dominio e di facile accesso. La relazione all’esame della Plenaria propone sanzioni in caso di non rispetto del dovere di informazione e indennizzi per i passeggeri che rimangono a terra per il divieto di volo imposto alla compagnia aerea scelta. E' il tragico incidente aereo di Sharm-el-Sheikh del 3 gennaio 2004 che ha spinto la Commissione a presentare la proposta di regolamento ora all'esame dei deputati in procedura di codecisione. La serie di incidenti avvenuta nel corso dell'estate 2005 ha poi riportato d'attualità la questione. Tant'è che, alla prima sessione dopo le vacanze estive, il Parlamento ha organizzato un dibattito in Aula. La proposta mira a fornire ai passeggeri maggiori informazioni sui vettori aerei che, per ragioni di sicurezza, non sono autorizzati ad operare in uno o più Stati membri, nonché sull'identità dei vettori aerei che operano i voli. Il regolamento proposto completa le misure di sicurezza esistenti, come il sistema di ispezione armonizzata degli operatori di paesi terzi che utilizzano gli aeroporti europei e la certificazione dei velivoli da parte dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea. Rispetto alla Commissione, i deputati hanno un approccio più severo e maggiormente “comunitario” alla questione della sicurezza aerea, sebbene sottolineino che «si dovrebbe ricercare il giusto equilibrio tra redditività commerciale delle società aere e accesso dei passeggeri all'informazione». D’altra parte, anche se ciò non rientra nel campo d’applicazione del regolamento in esame, con la relazione di Christine DE VEYRAC (PPE/DE, FR) i deputati sostengono la necessità di «aumentare il numero delle ispezioni di sicurezza dei velivoli, migliorarne la qualità e procedere alla loro armonizzazione». Una lista nera europea, pubblica La proposta prevede la trasmissione delle liste nere di ogni Stato membro e il loro consolidamento da parte della Commissione. Per i deputati questo non è sufficiente a garantire gli stessi livelli di sicurezza per tutti i viaggiatori che sorvolano i cieli europei, indipendentemente dallo Stato membro di partenza. Propongono quindi che, innanzitutto, la Commissione stabilisca dei criteri comuni in base ai quali ogni Stato membro definisce un elenco di tutti i vettori aerei ai quali, per ragioni di sicurezza, «ha rifiutato l'autorizzazione di operare servizi di trasporto aereo verso i suoi aeroporti, ha ristretto i diritti di traffico o ha imposto un divieto di operare nel suo spazio aereo». I criteri comuni dovranno riguardare la natura oggettiva delle varie violazioni delle regole di sicurezza dell'aviazione civile e non limitarsi unicamente alla durata della misura di interdizione di attività o di limitazione dei diritti di traffico. Spetterà poi alla Commissione stilare un elenco comunitario dei vettori aerei soggetti a un divieto operativo o a una limitazione dei diritti di traffico in tutto il territorio degli Stati membri. Nel corso della definizione della lista nera comunitaria, ogni Stati membro può opporsi all’inserimento di un determinato vettore. In questo caso, la decisione sarà presa dalla Commissione tramite l’apposito comitato. La lista nera europea, chiedono i deputati, dovrà essere aggiornata almeno ogni tre mesi, su iniziativa dell’Esecutivo o su richiesta di uno Stato membro. Ciò, naturalmente, consentirebbe anche di depennare i vettori che non danno più motivo di preoccupazione sul piano della sicurezza. L'elenco iniziale e i suoi aggiornamenti saranno quindi pubblicati nella Gazzetta Ufficiale. Per i deputati, la Commissione e gli Stati membri dovranno quindi adottare le misure opportune per facilitarne la maggior diffusione possibile, «segnatamente mediante la sua pubblicazione su Internet». I venditori di biglietti, le autorità nazionali di aviazione civile e gli aeroporti degli Stati membri, inoltre, dovranno portare a conoscenza dei passeggeri, nelle loro sedi e sui loro siti Internet, l'elenco comunitario. Misure più restrittive, se necessario Davanti ad un problema di sicurezza imprevisto, i deputati prevedono che il regolamento non impedisca agli Stati membri di reagire immediatamente imponendo il divieto operativo o l'imposizione di limitazioni dei diritti di traffico a un vettore aereo, ma ciò può avvenire unicamente «in applicazione dei criteri comuni». Inoltre, un'eventuale decisione di non includere un vettore nell'elenco comunitario non pregiudica la possibilità degli Stati membri di adottare misure di sicurezza nei suoi confronti se ritengono che sussista un problema di sicurezza prettamente nazionale. Se il problema non esiste nel resto dell’Unione, infatti, non sarebbe giustificato un divieto europeo nei confronti del vettore aereo interessato. Obbligo d’informare passeggeri e sanzioni Il «contraente del trasporto aereo» - vettore, tour operator o venditore di biglietti – deve comunicare ai passeggeri l’identità del vettore effettivo al momento della prenotazione. Ogni cambiamento andrà inoltre divulgato «immediatamente» e, precisano i deputati, al più tardi al momento del check in o dell’imbarco. Questo dovere d’informazione, inoltre, dev’essere segnalato nel prospetto relativo alle condizioni generali di vendita applicabili al viaggio. D’altra parte, i vettori aerei dovranno pubblicare, sui loro siti Internet o mediante altri mezzi di comunicazione di grande diffusione, «qualsiasi informazione attinente ai loro precedenti in materia di sicurezza e alla loro politica a tale riguardo». Queste disposizioni si applicano alla fornitura di servizi del trasporto aereo alla partenza da un aeroporto situato sul territorio di uno Stato membro, oppure alla partenza da un aeroporto situato in un paese terzo a destinazione di un aeroporto situato sul territorio di uno Stato membro se il contraente del trasporto aereo è comunitario, oppure da un aeroporto situato in un paese terzo a destinazione di un altro paese terzo se il volo fa parte di un viaggio che è iniziato nella Comunità. A condizione, però, che il contraente del trasporto aereo sia stabilito nella Comunità, che il contratto sia stato concluso nella Comunità, o che il passeggero abbia la sua residenza abituale nella Comunità. Gli Stati membri sono quindi tenuti a adottare le misure necessarie per assicurare che, in caso di mancato rispetto dell'obbligo di informazione sull'identità del contraente del trasporto aereo, quest’ultimo sia colpito da sanzioni «efficaci, proporzionate e dissuasive». Indennizzo dei passeggeri I passeggeri, aggiungono i deputati, hanno il diritto di essere indennizzati nel caso in cui, dopo che sia stata effettuata una prenotazione, il vettore aereo designato è inserito nell'elenco comunitario oppure è sostituito da un altro vettore iscritto in tale elenco. In tali casi, il vettore aereo contraente che ha concluso il contratto di trasporto deve offrire al passeggero, «su richiesta di quest'ultimo», un viaggio equivalente oppure un rimborso del prezzo totale del biglietto. Il dibattito in seno al Consiglio dei Ministri In attesa della prima lettura del Parlamento europeo, nell’aprile di quest’anno, il Consiglio ha adottato all'unanimità un orientamento generale sulla proposta. Anche i Ministri prevedono la pubblicazione da parte della Commissione di una lista nera di tutti i vettori aerei che, per ragioni di sicurezza, non sono autorizzati ad effettuare servizi passeggeri negli aeroporti degli Stati membri o a operare nel loro spazio aereo. Tale elenco, tuttavia, non sarebbe altro che la riproduzione fedele dei vari elenchi nazionali e menzionerebbe gli Stati membri in cui sarebbero d'applicazione i rispettivi divieti. Tra le disposizioni sull’informazione suggerite dai Ministri, inoltre, non sono previste né le sanzioni a carico dei vettori né gli indennizzi per i passeggeri. Riferimenti
Christine DE VEYRAC (PPE/DE, UK) Link utili
Proposta della Commissione |
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La Commissione illustrerà all'Aula il proprio programma legislativo e di lavoro per il 2006. Si svolgerà quindi un dibattito che consentirà ai deputati di illustrare le loro priorità per l'anno venturo. Gli orientamenti dell'Assemblea saranno poi sintetizzati in una risoluzione che sarà adottata nel corso della sessione plenaria di dicembre. Il programma - intitolato "liberare tutto il potenziale dell'Europa" - è imperniato sugli obiettivi strategici fissati dalla Commissione all'inizio del suo mandato: prosperità, solidarietà, sicurezza ed Europa come partner mondiale. Per l'Esecutivo, un accordo sulle prospettive finanziarie 2007-2013 avrà degli effetti decisivi sul suo lavoro. Il 2006 sarà quindi caratterizzato da intensi preparativi per consentire a tutti i programmi di finanziamento di essere avviati con successo il 1° gennaio 2007. La Commissione sottolinea anche che il 2006 rappresenta il primo anno d'applicazione della nuova strategia di semplificazione, caratterizzata da un processo di continuo adattamento della legislazione. Inoltre, prenderà corpo il progetto volto a porre rimedio al deficit di comunicazione sulle questioni europee al fine di riavvicinare i cittadini all'idea europea. In tale contesto si inserisce anche il "Piano D" - democrazia, dialogo, dibattito - sulla progetto di Costituzione. Prosperità Per quanto riguarda la prosperità, nel 2006 occorrerà tradurre nei fatti la strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione. Si tratterà quindi di promuovere un ambiente favorevole che permetta ai cittadini e alle imprese «di realizzare pienamente il loro potenziale». In tale contesto, l'accento è posto sullo sviluppo delle conoscenze e dell'innovazione per favorire la crescita e l'occupazione. Un Istituto Europeo delle Tecnologie (IET) potrebbe rappresentarne il simbolo, mentre dovranno essere completati i preparativi volti al lancio del Settimo Programma quadro nel 2007. La circolazione della conoscenza è ritenuta fondamentale e il 2006 è stato proprio proclamato Anno europeo della mobilità dei lavoratori. Ma occorre anche creare un clima favorevole agli investimenti delle imprese. Si dovrà quindi agire nel campo degli aiuti di Stato, dell'imprenditorialità, della fiscalità e della competitività, nonché migliorare le infrastrutture dei trasporti e dell'energia attraverso le reti transeuropee e il completamento del mercato interno dell'energia. L'accento è poi posto sulla semplificazione della legislazione al fine di promuovere maggiormente il mercato unico e la crescita potenziale che esso comporta. Alcune proposte specifiche riguarderanno i servizi postali, gli appalti pubblici e i servizi bancari. Solidarietà La solidarietà, per la Commissione, significa promuovere un'Unione che favorisca la coesione, riconosca l'esistenza di responsabilità comuni e rafforzi la prosperità. Essa impone anche di collaborare per fare fronte alle sfide di lungo termine come l'evoluzione demografica e i cambiamenti climatici. In tale ambito sarà anche necessario affrontare il problema dell'invecchiamento della popolazione e la gestione dei flussi migratori. Si tratterà, inoltre, di esaminare il diritto del lavoro e rafforzare le politiche europee sulla salute e la sicurezza del lavoro e in merito alla parità uomo/donna. Occorrerà poi razionalizzare i metodi aperti di coordinamento in campo sociale e avviare questo processo nel settore sanitario. Delle soluzioni dovranno essere trovate ai problemi transfrontalieri della giustizia civile. Il 2006 avrà un'importanza cruciale per i negoziati multilaterali sul clima in quanto verranno presi gli impegni derivanti dal protocollo di Kyoto per il dopo il 2012. Si tratterà anche di affrontare il problema dell'approvvigionamento e dell'uso efficiente delle risorse energetiche. Sicurezza In materia di sicurezza, l'Esecutivo ritiene che occorre reagire alle minacce nel modo richiesto dai cittadini. E' quindi indispensabile combattere la criminalità organizzata e il terrorismo attraverso un migliore coordinamento e un sistema coerente di informazione tra gli Stati membri. Occorrerà poi prevedere un aiuto a quegli Stati che gestiscono le frontiere esterne dell'Unione e attualizzare la normativa in materia di visti e di controlli doganali. La cooperazione giudiziaria e di polizia dovrà inoltre essere rafforzata. La sicurezza dev'essere anche sanitaria. Va quindi adottato un insieme di norme e di azioni efficaci volte a inquadrare le politiche europee a favore dei consumatori. Riguardo alla sicurezza alimentare, sarà necessario definire un'azione transfrontaliera per far fronte alle minacce. La sicurezza dei trasporti rientra anch'essa in questo capitolo. Dovrà essere sviluppato il ruolo dell'Agenzia per la sicurezza aerea e l'Agenzia ferroviaria. Inoltre, dovrà essere garantito che le reti di comunicazioni e i sistemi di informazione siano degni di fiducia, sicuri e affidabili. Ruolo dell'Unione nel mondo Riguardo alle relazioni esterne, l'Unione dovrà continuare ad esprimersi con una voce forte, mettendo in particolare l'accento sulla preparazione dell'allargamento e sulla sua vicinanza con l'Africa. Dovrà inoltre far valere il suo peso nell'economia mondiale per rendere la mondializzazione un'opportunità accessibile a tutti. Più in particolare, il 2006 rappresenta l'ultima fase del processo di adesione di Bulgaria e Romania, mentre proseguiranno i negoziati di adesione con la Turchia e con la Croazia. Dovrebbero anche concludersi gli accordi di stabilizzazione e d'associazione con i paesi balcanici e sarà rafforzata la politica di vicinato. Remissione dei debiti ai paesi in via di Sviluppo, rafforzamento del partenariato con l'Africa, aiuti alla ricostruzione e alla transizione politica in Iraq, sono altri temi che resteranno d'attualità nel 2006. Così come lo saranno quelli legati alla non proliferazione, al disarmo e alla lotta al terrorismo. Sul piano economico, la Conferenza di Hong Kong sul commercio del dicembre 2005 dovrebbe consentire la realizzazione del Programma di Doha per lo sviluppo. Riferimenti
Dichiarazione
della Commissione - Programma legislativo e di lavoro per il 2006 Link utili Programma legislativo e di lavoro della Commissione per il 2006 (francese e inglese) |
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I deputati esamineranno i risultati del Consiglio europeo Informale di Hampton Court alla luce delle dichiarazioni del Consiglio e della Commissione. Più in particolare avranno l'occasione di commentare la proposta dell'Esecutivo riguardante la globalizzazione nonché le tre dichiarazioni del Vertice in merito al terremoto in Asia del sud, l'assassinio di Rafik Hariri ed i commenti del Presidente iraniano Ahmedinejad su Israele. Riguardo al sisma in Asia del Sud, i capi di Stato e di governo hanno espresso la loro solidarietà a tutte le persone colpite. L'Unione europea si è impegnata a sostenere l'appello dell'ONU per aiutare le regioni devastate. Inoltre l'UE ha sottolineato l'importanza di reagire con rapidità ed efficacia alle catastrofi di questo genere, tra cui gli uragani e le tempeste tropicali che hanno colpito parte degli Stati Uniti e dell'America centrale e del Sud. I capi di Stato e di governo hanno espresso seria preoccupazione riguardo alle conclusioni della commissione d'inchiesta dell'ONU sull'omicidio di Rafik Hariri e, pertanto, hanno invitato la Siria a cooperare senza riserve con gli investigatori. Da ultimo, sono state condannate fermamente le dichiarazioni del Presidente iraniano Ahmedinejad che incitano alla distruzione dello Stato d'Israele. Questo appello alla violenza, pronunciato il giorno stesso di un attacco contro civili israeliani, è stato ritenuto inaccettabile. Al riguardo si terrà un dibattito specifico in Aula. Riferimenti
Relazione del
Consiglio europeo e dichiarazione della Commissione - Riunione del
Consiglio europeo informale |
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Il Presidente della Corte dei conti europea, Hubert Weber, presenterà al Parlamento la relazione annuale relativa all'esercizio finanziario 2004. Il dibattito in Aula che seguirà, porrà le basi per l'elaborazione di una relazione parlamentare che sarà approvata in una successiva sessione plenaria. La relazione annuale contiene la dichiarazione di affidabilità riguardante le attività di pertinenza del bilancio generale nonché osservazioni sui seguenti settori: esecuzione del bilancio, risorse proprie, politica agricola comune, azioni strutturali, politiche interne, azioni esterne, aiuti di preadesione, spese amministrative, strumenti finanziari e attività bancarie. La Corte dei conti europea ha il compito di controllare in maniera indipendente la riscossione e l'utilizzo dei fondi dell'Unione europea e valuta il modo in cui le Istituzioni europee assolvono le proprie funzioni. Tramite i propri lavori, la Corte si prefigge di contribuire al miglioramento della gestione dei fondi comunitari per garantire ai cittadini dell'Unione che il loro utilizzo sia ottimale. La Corte esamina se le operazioni finanziarie sono state registrate correttamente, nonché eseguite in maniera legittima e regolare e gestite con l'intento di conseguire economia, efficienza ed efficacia. Inoltre, rende noti i risultati dei suoi lavori pubblicando relazioni pertinenti ed obiettive. Riferimenti
Illustrazione
della relazione annuale della Corte dei conti - 2004 Link utili Tutte le relazioni della Corte dei conti |
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Il passaggio dall'analogico al digitale terrestre dovrebbe avvenire nel 2012. I deputati, pur convenendo sui benefici del digitale, chiedono alla Commissione se sia realistico "spegnere" le radiotelediffusioni analogiche a quella data. A seguito del dibattito, il Parlamento adotterà una risoluzione. La Commissione propone il 2012 come data-obiettivo comune per lo spegnimento delle trasmissioni analogiche terrestri e chiede che si faccia un uso flessibile delle vecchie bande analogiche, in vista della Conferenza regionale sulle radiocomunicazioni (RRC) e della Conferenza mondiale sulle radiocomunicazioni (WRC) che si terranno rispettivamente nel 2006 e nel 2007. Per i deputati, il passaggio dalla radiotelediffusione analogica a quella digitale «porterà benefici a tutti i livelli», tecnologici certamente, ma anche dal punto di vista della pluralità dei canali radiotelevisivi e dei migliori servizi d'informazione. Si ricollega inoltre all'Agenda di Lisbona, che pone in rilievo l'importanza della disponibilità dello spettro per favorire l'innovazione nel campo delle tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni. L'interrogazione orale, presentata a nome della commissione per l'industria, la ricerca e l'energia, chiede quindi l'Esecutivo se reputa realistica la data del 2012 per lo "spegnimento" dell'analogico e se ritiene possibile assicurare che, in prossimità di quella data, «sarà eliminata l'interferenza di canali analogici che trasmettono dall'esterno dell'Unione europea». I deputati chiedono inoltre alla Commissione in che modo dev'essere presentato l'approccio di pianificazione della RRC «al fine di mantenere l'equilibrio con lo sviluppo comune del mercato e delle politiche» e se intende «avere un ruolo guida» nell'avvio delle attività di ricerca e sviluppo correlate con servizi nuovi e innovati diversi dalla radiotelediffusione a livello paneuropeo. Il digitale terrestre in Italia Già a dicembre 2003 il maggiore broadcaster privato (Mediaset) aveva avviato le sue trasmissioni in tecnica digitale e il 3 gennaio 2004, cominciava le sue trasmissioni digitali anche la RAI. L'Italia si trova quindi in piena fase di switch-over, cioè di coesistenza del sistema analogico e del sistema digitale. Sono attualmente in onda oltre venticinque canali a diffusione nazionale e oltre quaranta a diffusione locale. I programmi attualmente offerti, in parte replicano quelli trasmessi in analogico, ma vi aggiungono servizi interattivi, altre volte rende disponibili sul digitale terrestre programmi già visibili solo agli utenti dotati di parabola oppure rappresentano novità assolute pensate appositamente per la nuova piattaforma. Sono già disponibili contenuti "premium" (ad esempio il calcio) con schede prepagate. Tra il 2005 e il 2006 verranno realizzate aree in cui tutta l'offerta televisiva sarà disponibile nella modalità digitale (aree all digital). In Italia dovrebbe completarsi la transazione verso il digitale entro il 31 dicembre 2006, con l'abbandono delle trasmissioni analogiche (switch-off). Il Governo Italiano ha sostenuto la transizione dall’analogico al digitale con misure di incentivazione del sistema produttivo ma anche degli utenti. Ad ogni famiglia in regola con il canone RAI è stato riconosciuto un contributo per l’acquisto di un decoder o box interattivo (fino a raggiungimento del plafond di 110 milioni di euro stanziato con la finanziaria 2004, sufficienti a erogare 700.000 contributi). La finanziaria 2005 e i successivi decreti del Ministero delle Comunicazioni prevedono un contributo statale per gli abbonati TV delle regioni Sardegna e Valle d'Aosta che acquistano un decoder per la Televisione Digitale Terrestre. Attualmente sono circa tre milioni gli utenti del digitale terrestre. Secondo le proiezioni della società di ricerca Datamonitor, il numero di utenti potrebbe toccare 8,3 milioni di abitazioni (il 60% del totale), contro i 733.000 clienti della televisione via ADSL e cavo telefonico e i 4,5 milioni di clienti della piattaforma satellitare. Il digitale terrestre in Europa In tutta l’Europa sono circa 10 milioni le famiglie che ricevono la televisione attraverso il digitale terrestre: il Regno Unito ha già 5 milioni di famiglie con il decoder digitale terrestre, la Germania ha già spento l’analogico in alcune aree, la Francia ha avviato il 31 marzo scorso i nuovi programmi digitali e la Spagna sta riformulando la propria normativa per l’affermazione del digitale terrestre. Più in particolare, la Germania ha proceduto alla digitalizzazione completa di intere regioni del Paese (aree all digital). La regione di Berlino/Brandeburgo, dall’ottobre del 2002, è la prima area in cui si è spento completamente il segnale televisivo analogico. In seguito anche le aree di Colonia/Bonn, Hannover/Brema e Francoforte sono state rese all digital. Nel maggio 2005, erano in fase di digitalizzazione le aree di Lipsia/Weimar, Monaco e Norimberga. La Gran Bretagna ha conosciuto una prima stagione del digitale terrestre nel novembre del 1998 con il lancio della piattaforma a pagamento iTV Digital. L’affermazione della televisione digitale terrestre avviene nel 2002 con la nascita del consorzio Freeview (BBC, BSkyB, Crown Castle International) che propone un'offerta televisiva gratuita. Oggi sono più di 5 milioni i set top box distribuiti nel Regno Unito. Dal 31 marzo 2004 la piattaforma Top Up TV offre 10 canali Premium con una formula di abbonamento mensile. L’offerta complessiva della televisione digitale terrestre è di 30 canali, più alcuni canali visibili solo in ambito regionale. In Francia sono 22 i canali nazionali gratuiti trasmessi in tecnica digitale terrestre. Le trasmissioni sono cominciate a fine marzo 2005 con una copertura del 35% della popolazione (perlopiù nell’Ovest del Paese, in Bretagna e nelle grandi città: Parigi, Lione, Marsiglia, Bordeaux, Tolosa, Lille). Le previsioni di sviluppo prevedono la copertura del 50% della popolazione nel settembre 2005 e dell’85% nel biennio 2006-2007. Riferimenti
Doc.:
O-0083/2005 Link utili
Comunicazione
della Commissione:
Accelerare la migrazione dalla radiodiffusione televisiva in tecnica
analogica a quella digitale |
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L'Europa si è indignata per le dichiarazioni su Israele del Presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Il Presidente del Parlamento e i Capi di Stato e di governo hanno reagito immediatamente, ma Borrell ha voluto che la questione fosse portata in Aula. Pertanto, dopo gli interventi di Commissione e Consiglio, spetterà ai Presidenti di gruppi esprimere la loro posizione al riguardo per poi, eventualmente, adottare una risoluzione. Il 27 ottobre scorso, il Presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad aveva affermato che «Israele dovrà essere cancellata dalle carte geografiche». Questa dichiarazione è caduta proprio in un momento in cui l'Iran è al centro delle preoccupazioni della comunità internazionale a causa del suo programma nucleare. In proposito, peraltro, il Parlamento aveva adottato una risoluzione con la quale affermava di non credere alle finalità pacifiche del programma nucleare e sollecitava la sospensione di ogni attività di arricchimento dell'uranio. Venuto a conoscenza della dichiarazione, il Presidente del Parlamento ha sostenuto di essere «profondamente colpito, ferito e scioccato». A nome del Parlamento europeo, ha voluto quindi esprimere la «più profonda indignazione nei confronti di una dichiarazione che ravviva la preoccupazione della Comunità internazionale». Agli Israeliani, agli Europei e a tutta la Comunità internazionale ha voluto quindi riaffermare che il Parlamento «sarà sempre in prima fila per la lotta contro il rifiuto dell'altro, contro l'intolleranza e contro coloro che cercano di accentuare le tensioni internazionali». I Capi di Stato e di Governo, allora riuniti al Vertice di Hampton Court, avevano rilasciato una dichiarazione comune con la quale affermavano che richiami alla violenza e alla distruzione di qualsiasi Stato «non possono essere compatibili con l'essere un membro maturo e responsabile della comunità internazionale» Da ultimo, il 7 novembre scorso, i Ministri degli Affari esteri europei hanno adottato delle conclusioni sull'approccio generale dell'Unione nei confronti dell'Iran. Sebbene sia sottolineato che l'Unione sostiene una soluzione diplomatica alla questione nucleare, il Consiglio pone l'accento sul fatto che è dall'atteggiamento dell'Iran che dipende la qualità delle relazioni con la Comunità, ed esprime preoccupazione per la violazione dei diritti umani in quel Paese. I Ministri, inoltre, hanno tacciato di «inaccettabile» qualsiasi discriminazione effettuata dall'Iran nei confronti di singoli Stati membri. Riferimenti
Dichiarazione del Consiglio e della Commissione - Recenti
dichiarazioni di Mahmoud Ahmadinejad, Presidente dell'Iran Link utili
Risoluzione del Parlamento europeo
Consiglio e Commissione illustreranno ai deputati la situazione in Iraq a seguito del referendum sulla nuova Costituzione. Si svolgerà quindi un dibattito in Aula. Con il referendum del 15 ottobre scorso, gli iracheni hanno approvato la nuova Costituzione con il 78% dei suffragi favorevoli. Nelle diciotto province dell'Iraq, ha precisato il portavoce della Commissione Elettorale, i no sono risultati superiori di due tersi solo in due. Per bloccare la ratifica della nuova Costituzione era necessario che ciò accadesse anche in una terza provincia. Giova ricordare che la Commissione europea, nel 2005, ha stanziato 80 milioni di euro per aiutare lo svolgimento delle due tornate elettorali in Iraq. Più in particolare, è stato coperto l'insieme dei finanziamenti necessari al referendum e, assieme agli Stati membri, ha finanziato 2/3 del bilancio stanziato dall'ONU per la preparazione degli scrutini. In una dichiarazione adottata il 7 novembre, il Consiglio dei Ministri UE ha rivolto un tributo al coraggio e alla determinazione di coloro che hanno preso parte al referendum, sfidando le difficili condizioni e la violenza ancora presente nel Paese. Notando però le divergenze emerse tra la popolazione irachena, i Ministri auspicano che il processo di revisione della Costituzione, che potrebbe aver luogo dopo le elezioni di dicembre, potrà sanarle. Incoraggiando i paesi confinanti e gli altri Stati della regione a ristabilire quanto prima le relazioni diplomatiche con l'Iraq, il Consiglio esorta la comunità internazionale a sostenerne la transizione politica. D'altra parte, condannando gli attacchi terroristici e il rapimento di innocenti, i Ministri chiedono che i diritti umani siano rispettati nel paese e si oppongono fortemente al ricorso alla pena capitale. Riferimenti
Dichiarazione del
Consiglio e della Commissione - Situazione in Iraq dopo il
referendum sulla Costituzione Link utili
Conclusioni del Consiglio (comunicato stampa in inglese) Centri di detenzione CIA in Europa? La Commissione europea farà una dichiarazione all'Aula riguardo ai presunti centri di detenzione per terroristi che la CIA avrebbe organizzato in Europa dell'Est. I Paesi citati da un reportage giornalistico sarebbero la Polonia, la Romania, la Slovacchia e la Bulgaria. Le autorità di questi paesi ne hanno tuttavia negato l'esistenza. In una recente dichiarazione, il portavoce del Commissario europeo per la giustizia Franco Frattini, ha sottolineato che non ci sarà nessuna investigazione formale, tuttavia ha affermato: «Abbiamo visto i rapporti ed ora dobbiamo esaminare la questione e contattare le autorità competenti». «Anche se il trattamento dei prigionieri non è di competenza stretta dell'UE, l'esistenza di prigioni segrete dovrebbe essere in accordo con la Convenzione europea sui diritti umani», ha sottolineato il portavoce. Riferimenti
Dichiarazione della Commissione - "Centri di detenzione" in Europa |
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La Commissione illustrerà all'Aula il pacchetto «Allargamento 2005» che comprende una Strategia globale per i prossimi ampliamenti a Croazia, Turchia e agli altri paesi candidati dei Balcani occidentali, delle relazioni sui progressi verso l'adesione degli stessi paesi e la proposta dell'attribuzione di paese candidato all'ex Repubblica Iugoslava di Macedonia. Strategia per l'allargamento La strategia globale della Commissione si fonda su tre principi: consolidamento degli impegni, applicazione di condizioni eque e rigorose e migliore comunicazione sulle sfide dell'ampliamento dell'Unione. Croazia e Turchia sono già candidate all'adesione, mentre i paesi dei Balcani occidentali aspirano a diventarlo. Per quanto riguarda questi ultimi, la Commissione propone un calendario in vista di concretizzare le loro ambizioni europee. Sono menzionate le varie tappe e le relative condizioni. La conclusione di accordo di stabilizzazione con l'Unione, in tale ambito, costituisce un passo fondamentale del processo. Progressi della Turchia Per quanto riguarda la Turchia, la Commissione nota che i criteri politici continuano ad essere rispettati in maniera soddisfacente. Importanti riforme legislative, da poco in vigore, dovrebbero portare a cambiamenti strutturali, in particolare nel sistema giudiziario. Tuttavia, il ritmo di queste riforme ha subito rallentamenti nel 2005. Anche se in maniera minore, nota la Commissione, le violazioni dei diritti umani continuano in Turchia e, pertanto, sono chiesti notevoli sforzi supplementari. Inoltre, anche se il quadro legale contro la tortura è in vigore, sono tuttora segnalati casi di trattamenti crudeli. Occorre quindi operare dei miglioramenti in questo campo al fine di garantire che gli autori di questiepratiche non restino impuniti. L'Esecutivo sottolinea poi la sua preoccupazione per i casi di violenza contro le donne. E' segnalata infine la persistenza di problemi che gravano sulle minoranze religiose non musulmane. Riguardo ai criteri economici, per la Commissione, la Turchia può essere considerata un'economia di mercato sostenibile che dovrebbe essere in grado di affrontare la pressione concorrenziale e le forze di mercato all'interno dell'Unione. A condizione, però, che proseguano le riforme strutturali. Sono poi riscontrati progressi notevoli nella gestione delle finanze pubbliche e sono ripresi gli investimenti diretti esteri. Infine, se la Turchia ha allineato ampiamente la sua legislazione alle norme comunitarie, la Commissione nota che ulteriori sforzi devono essere realizzati in numerosi settori. Progressi della Croazia Per quanto riguarda i criteri politici, l'Esecutivo sottolinea che la cooperazione con il Tribunale Penale Internazionale (TPI) deve proseguire. Progressi sono constatati nel campo giudiziario ma permane il problema dei casi arretrati e della buona esecuzione delle sentenze. Occorre poi continuare gli sforzi per lottare contro la corruzione. La situazione delle minoranze sta migliorando, ma occorre accelerare l'attuazione della legge costituzionale in materia, poiché serbi e rom continuano ad essere discriminati. E' poi necessario progredire sul fronte dei diritti dei rifugiati che ritornano nel Paese. Dal punto di vista economico, la Commissione considera che la Croazia può essere considerata un'economia di mercato sostenibile, a condizioni che continui ad attuare il suo programma di riforme per superare talune debolezze persistenti. Riguardo alla trasposizione della normativa comunitaria, la Croazia ha realizzato notevoli progressi ma occorre proseguire gli sforzi in tutti i campi. In particolare, in materia di politica di concorrenza, agricoltura, sicurezza alimentare, fiscalità, giustizia e affari sociali, libera circolazione delle persone, delle merci e dei servizi. Grandi progressi sono necessari anche in materia ambientale e nel campo finanziario. Conclusioni sui Balcani occidentali Per quanto riguarda i criteri politici, la Commissione chiede all'Albania di migliorare l'attuazione della legislazione, la libertà dei media, l'efficacia e l'indipendenza del sistema giudiziario, il rispetto del diritto di proprietà e la lotta contro la corruzione. Alla Bosnia-Erzegovina sono chiesti maggiori sforzi volti a migliorare seriamente l'efficacia degli organi esecutivi e legislativi e a rafforzare il coordinamento tra lo Stato e le altre entità, nonché per lottare contro la corruzione. La Commissione sollecita poi la Serbia-Montenegro a continuare la sua collaborazione con il TPI, a proseguire gli sforzi di riforma dell'amministrazione pubblica e del sistema giudiziario. Occorre inoltre rafforzare la lotta contro la corruzione, garantire un controllo democratico efficace sull'esercito e adottare un atteggiamento costruttivo nei confronti del Kosovo. Quest'ultimo, d'altra parte, deve assolutamente realizzare progressi riguardo al ritorno dei rifugiati, alla libera circolazione e al diritto di proprietà. Inoltre, nel paese, sono rilevati problemi molto preoccupanti in materia di rispetto dello stato di diritto, di criminalità organizzata e di corruzione. Dal punto di vista economico, in tutti i paesi sono necessari ulteriori progressi per consentire alle loro economie di reggere all'impatto della pressione concorrenziale. Candidatura dell'ex Repubblica Iugoslava di Macedonia La Commissione raccomanda al Consiglio di concedere lo statuto di paese candidato all'ex Repubblica Iugoslava di Macedonia. I negoziati in vista dell'adesione potranno essere avviati nel momento in cui il Paese avrà raggiunto un livello sufficiente di adeguamento ai criteri comunitari. Riferimenti
Dichiarazione
della Commissione - 2005, Pacchetto "Allargamento II" Link utili Testi delle comunicazioni della Commissione (in inglese) |
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La Plenaria si pronuncerà in merito alla proposta di Dichiarazione congiunta sulla politica di sviluppo dell'UE. I deputati insistono sulla necessità di rafforzare il coordinamento europeo in materia e di definire meglio il ruolo dell'Unione. Nel rilevare l'assenza di chiare priorità, propongono una lista di temi ai quali bisogna prestare maggiore attenzione. E' poi ribadita l'esigenza di aumentare gli aiuti ai PVS e di operare una più forte riduzione del loro debito estero. La proposta di Dichiarazione congiunta del Consiglio, del Parlamento europeo e della Commissione precisa gli obiettivi ed i principi sui quali gli Stati membri e la Comunità si impegnano per raggiungere un approccio comune allo sviluppo. La riduzione della povertà nel mondo è l'obiettivo principale che, a sua volta, deve fondarsi sulla promozione del buon governo, dei diritti umani definiti nelle convenzioni internazionali e sulla prevenzione dei conflitti. La Dichiarazione fornisce inoltre gli orientamenti per l'attuazione della politica di sviluppo a livello comunitario con lo scopo di chiarire il ruolo della Comunità e di definire delle priorità che si rifletteranno nei programmi di cooperazione allo sviluppo. La relazione d'iniziativa di Andres Wijkman (PPE/DE, SE) sottolinea l'importanza di migliorare il coordinamento e la coerenza programmatica dell'aiuto allo sviluppo. Suggerisce inoltre che l'Unione si deve esprimere «con una sola voce» e avere come obiettivo primario la nascita di un «consenso europeo» sulle tematiche dello sviluppo. Il consenso europeo La relazione accoglie con favore la proposta di Dichiarazione congiunta e suggerisce che il suo status formale sia chiarito come quadro vincolante della politica di sviluppo. Sottolinea però la necessità che il Parlamento sia associato pienamente con le altre istituzioni al fine di contribuire ad una maggiore qualità ed efficacia della politica di sviluppo. R itiene infatti che l'attuale organizzazione degli aiuti dell'UE, in particolare la separazione tra la programmazione e l'attuazione, «non sia ottimale ai fini di un'esecuzione efficace della sua politica di sviluppo».
La commissione parlamentare per lo sviluppo «si rammarica» che la proposta non contenga dichiarazioni specifiche sulle valutazioni dell'efficacia, sulle esperienze acquisite nell'ambito dell'assistenza UE e della Dichiarazione della Comunità europea sulla politica di sviluppo approvata nel 2000, nonché sul loro impatto sull'aiuto comunitario. Chiede, inoltre, «una chiara definizione del ruolo specifico dell'aiuto dell'UE», sulla base di un'analisi dei suoi vantaggi comparativi.
Obiettivi e principi La relazione sottolinea che «la riduzione e l'eliminazione della povertà nell'ambito di uno sviluppo sostenibile» dovrebbe essere l'obiettivo generale della cooperazione allo sviluppo. Individua nella società civile dei paesi in via di sviluppo uno dei principali promotori di democrazia e diritti dell'uomo. Infine, riconoscendo l'importanza del ruolo della società civile europea, invita alla semplificazione delle modalità di sostegno ai progetti, incluso il loro finanziamento e chiede un maggiore sostegno al rafforzamento delle capacità per le ONG dei paesi partner. Tematiche e priorità
La relazione deplora «l'assenza di chiare priorità fra i temi d'azione presentati a livello comunitario e chiede un chiarimento in merito alla scelta di obiettivi, temi d'azione e priorità».
I deputati propongono pertanto che, nell'ambito della Dichiarazione congiunta si presti maggiore attenzione alla realizzazione degli Obiettivi di sviluppo del Millennio materia di sanità, al ruolo centrale dell'istruzione di base e della salute, alla lotta contro tutte le forme di lavoro minorile, al sostegno dei processi di pace e di riconciliazione, al rispetto delle convenzioni fondamentali dell'OIL ed alla promozione della parità di genere e dei diritti delle donne. Ma anche all'equilibrio del sostegno comunitario a titolo di aiuti infrastrutturali (tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni, approvvigionamento idrico ed energetico e allo sviluppo rurale), ai programmi di riforestazione, conservazione del suolo, protezione marina e gestione dell'acqua, al sostegno per gli investimenti in tecnologie pulite ed efficienti ed alla riduzione dei rischi connessi ai disastri, compresi regimi di assicurazione sociale in caso di calamità.
Modalità di aiuto, risorse finanziarie, efficacia e coerenza
I deputati esprimono il loro apprezzamento per l'impegno ad aumentare il bilancio dell'UE in materia di aiuto, con l'obiettivo di raggiungere lo 0,7% del reddito nazionale lordo entro il 2015. Nel contempo, sottolineano la necessità di migliorare ulteriormente la qualità dell'aiuto e la forte esigenza di perfezionarne la misurazione dei risultati e dell'impatto, con un chiaro riferimento agli obiettivi di sviluppo del Millennio. Chiedono inoltre un aumento della quota dei fondi per lo sviluppo destinati ai paesi a basso reddito ed una più forte riduzione del debito per i paesi caratterizzati da un debito insostenibile i cui governi rispettino i diritti umani e la democrazia «ed investano in modo responsabile le risorse liberate».
Ritengono necessari ulteriori sforzi da parte dell'UE e degli Stati membri per individuare i finanziamenti sottratti o deviati in modo illegale e restituirli ai paesi d'origine perché vengano utilizzati per gli scopi prefissati. Auspicano inoltre una ridefinizione del mandato per il prestito esterno della Banca europea per gli investimenti affinché diventi «una banca per lo sviluppo pienamente funzionante, che attui le strategie di sviluppo dell'UE e sia in grado di finanziare investimenti pubblici nei servizi e nelle strutture di interesse generale».
La relazione sottolinea infine l'importanza di consentire ai paesi in via di sviluppo di soddisfare le norme europee in materia di sicurezza degli alimenti, dei prodotti e delle sostanze, per evitare che si trasformino in barriere all'accesso ai mercati europei. Chiede inoltre l'abbandono graduale, entro cinque anni, di tutte le forme di sostegno all'esportazione, incluso il sostegno occulto operato mediante crediti all'esportazione, aiuti alimentari e attraverso le imprese commerciali esportatrici.
Nel sottolineare che un'equa politica commerciale internazionale e condizioni che favoriscano gli scambi commerciali nei paesi in via di sviluppo «rivestono un'enorme importanza ai fini dello sviluppo», accoglie con favore l'adeguato scaglionamento dell'apertura del mercato nei PVS. E' tuttavia messo l'accento sul fatto che per detti paesi ciò comporta «il diritto di definire il ritmo e le direzioni della liberalizzazione commerciale, sulla base dei loro obiettivi di sviluppo». Riferimenti
Anders WIJKMAN
(PPE/DE, SE) Link utili
Proposta di Dichiarazione congiunta del Consiglio, del Parlamento europeo e della Commissione sulla politica di sviluppo dell'Unione europea
Dichiarazione
di Roma sull'armonizzazione del 25 febbraio 2003 (versione
inglese) Una strategia di sviluppo per l'Africa Maggiore coordinamento dell'aiuto europeo tra azioni a livello comunitario e nazionale, ma anche tra gli stessi Stati membri. E' quanto chiede la relazione di Maria Martens (PPE/DE, NL) sulla strategia di sviluppo per l'Africa, al fine di evitare la frammentazione e la duplicazione degli aiuti e consentire all'UE di assumere il ruolo di leader mondiale che dovrebbe svolgere nella lotta contro la povertà. La Commissione europea ha adottato, lo scorso 12 ottobre, una proposta in merito a una nuova strategia europea per l'Africa che è stata presentata il giorno stesso al Parlamento. Con la relazione ora all'esame della Plenaria, i deputati chiedono all'Esecutivo di integrare la sua Strategia per l'Africa con un piano di attuazione particolareggiato recante uno scadenzario chiaro, un'indicazione dettagliata dei mezzi e delle risorse finanziarie disponibili (compresi gli impegni finanziari degli Stati membri), un'indicazione dei vari livelli di intervento (locale, nazionale, regionale, panafricano) nonché il loro rispettivo ruolo e un'indicazione di un vero e proprio meccanismo congiunto di monitoraggio volto a valutare i progressi compiuti . Nel rilevare che «la sostanza delle proposte contenute nella comunicazione della Commissione dipende dall'attuazione dei programmi nazionali e regionali esistenti», la relazione deplora che non siano state avanzate proposte volte a migliorarne l'applicazione o ad adeguare gli obiettivi e la programmazione delle azioni alle nuove priorità. E' anche lamentato il fatto che non sia stata proposta alcuna valutazione dei documenti strategici per paese e dei programmi indicativi nazionali e regionali a seguito di questo nuovo documento strategico e dei nuovi sviluppi in Africa. Inoltre, è espressa «delusione» per la mancanza di ambizione nel proposto quadro finanziario, dato che la Commissione prevede unicamente la possibilità di mobilitare maggiori risorse finanziarie nella fase successiva al 9° periodo del FES e non prende in esame la possibilità di ricorrere all'alleggerimento del debito quale mezzo per mobilitare risorse finanziarie aggiuntive per gli Obiettivi di sviluppo del millennio. Coordinamento I deputati ricordano che l'UE è di gran lunga il donatore più importante in Africa e si compiacciono dell'impegno assunto dagli Stati membri dell'UE a raggiungere, entro il 2015, un livello di aiuto pubblico allo sviluppo pari allo 0,7% del reddito nazionale lordo e sollecitano la Commissione ed il Consiglio a monitorare gli sforzi per raggiungere questo obiettivo. Tuttavia sottolineano la mancanza «della leadership e della visione necessarie per costruire un approccio coerente». Di conseguenza, è chiesto un maggiore coordinamento dell'aiuto europeo tra strategie e azioni a livello comunitario e nazionale ma anche tra gli stessi Stati membri, in modo da evitare una frammentazione e duplicazione degli aiuti «e consentire all'UE di assumere il ruolo di leader mondiale che essa dovrebbe svolgere nella lotta contro la povertà». I deputati insistono anche sulla necessità dell'iscrizione in bilancio del Fondo europeo di sviluppo, in quanto ciò «consentirebbe un migliore utilizzo dei fondi nonché la riduzione del differenziale fra stanziamenti di impegno e di pagamento». Buon governo e costruzione delle capacità I deputati sottolineano la necessità di costruzione della capacità nei settori dell'amministrazione, dell'assistenza sanitaria, dell'istruzione, dell'economia e della democratizzazione, sia nel pubblico che nel privato. Sostengono che i parlamenti nazionali e le organizzazioni della società civile dovrebbero svolgere un ruolo importante nelle politiche di cooperazione allo sviluppo dell'Africa. E' inoltre ricordata l'importanza del rispetto dei diritti umani da parte dei paesi beneficiari dei fondi comunitari per lo sviluppo e si esorta vivamente chi è attivo nell'assistenza allo sviluppo ad esaminare i progressi in tal senso da parte dei paesi beneficiari. Infrastrutture sociali La relazione sottolinea che la Commissione europea dovrebbe destinare alla sanità e all'istruzione di base almeno il 20% dei fondi allo sviluppo per l'Africa. Pone la necessità che i programmi sanitari nazionali in Africa si concentrino sulla sanità di base, sulla disponibilità di acqua sicura, sistemi fognari e servizi di sanità sessuale e riproduttiva. E' altresì importante, secondo la relazione, che l'UE applichi politiche e programmi concreti per frenare la diffusione dell'HIV/AIDS e limitarne le conseguenze per i bambini, le loro famiglie e le comunità, poiché rileva che l'impatto dell'HIV/AIDS minaccia di ridurre i vantaggi dello sviluppo nella maggior parte dei paesi del Africa subsahariana. Crescita economica I deputati sostengono che una conclusione positiva dei negoziati di Doha dell'OMC deve contribuire a migliorare la situazione dei paesi in via di sviluppo, in particolare dell'Africa. Ritengono che ciò debba comportare l'applicazione di un trattamento speciale e differenziato nei PVS, oltre all'abolizione di tutte le sovvenzioni agricole che causano distorsioni commerciali. Nella relazione si riconosce che la mancanza di coordinamento tra i progetti di sviluppo dei donatori nei singoli paesi comprometterà la sostenibilità dei programmi d'aiuto e avrà conseguenze negative sulla ripartizione delle risorse e sulla crescita. All'Unione europea e ai suoi Stati membri è quindi chiesto di ridurre la volatilità dei flussi degli aiuti, che potrebbe dar luogo a instabilità finanziaria e ostacolare lo sviluppo macroeconomico.
I deputati si compiacciono del rinnovato impegno a concedere un alleviamento del debito del 100% a 18 dei paesi più poveri e più pesantemente indebitati e chiede che questi impegni siano estesi ai governi che rispettino i diritti umani e il principio del buon governo e diano priorità all'eradicazione della povertà sulla base di quanto richiesto dagli Obiettivi di sviluppo del millennio.
Pace e sicurezza
I deputati chiedono alla Commissione di mettere a punto un approccio globale per la prevenzione dei conflitti e la ricostruzione, quale parte integrante dei partenariati volti a conseguire la stabilità strutturale degli Stati fragili, in questo caso dell'Africa. Riferimenti
Maria MARTENS
(PPE/DE, NL) Link utili Comunicazione della Commissione (Versione francese e inglese) |
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L'Aula esaminerà la relazione di Mihael BREJC (PPE/DE, SE) sulla dimensione sociale della globalizzazione. I deputati suggeriscono di investire maggiormente nelle risorse umane e nella formazione professionale, nella ricerca scientifica e nell'innovazione. E' chiesta poi una diversa politica in materia di immigrazione che tenga conto delle necessità del mercato del lavoro. Inoltre, raccomandano che le politiche commerciale, agricola ed estera comuni siano coerenti con la politica di sviluppo. Nonostante i numerosi aspetti positivi della globalizzazione e il fatto che l'economia abbia dimostrato una grande capacità produttiva, i deputati ritengono che tale processo sia in procinto di generare notevoli squilibri economici e sociali. Ciò anche in considerazione degli elevati indici di disoccupazione e di povertà che affliggono vasti ceti sociali a livello mondiale. Pertanto, accolgono con soddisfazione la comunicazione dell'Esecutivo che permette di avviare un dibattito iniziale sulla relazione della Commissione mondiale per la dimensione sociale della globalizzazione (CMDSG), con il fine di definire la politica dell'Unione europea a tale riguardo. D'altra parte auspicano che la Commissione presenti proposte più concrete in questo campo. La relazione concorda con la CMDSG sul fatto che la globalizzazione deve essere un processo con una forte dimensione sociale basata su valori universalmente condivisi, come il rispetto dei diritti umani e la dignità individuale. A tale proposito ritiene che l'Unione europea possa fornire un contributo efficace a questo processo attraverso la promozione del suo modello sociale a livello internazionale. Investire per il benessere sociale La relazione ribadisce l'appoggio alla strategia di Lisbona, che pone in evidenza l'interdipendenza della dimensione economica, sociale e ambientale. Inoltre, considera che la creazione di posti di lavoro migliori e più numerosi sia una premessa decisiva «se si vuole che il mondo si sviluppi nella direzione della giustizia sociale». Tuttavia, è rilevato che ciò può avvenire soltanto se gli Stati membri attueranno le necessarie riforme istituzionali attraverso un rafforzamento e un adattamento reciproco del loro sviluppo economico, dell'occupazione, e della politica sociale. E' pertanto sottolineata l'importanza della cooperazione tra gli Stati membri per incrementare gli investimenti nelle risorse umane, nella ricerca e nell'innovazione. Inoltre, i deputati ritengono che, per mantenere la competitività nell'Unione europea, servono ingenti investimenti nelle risorse umane a favore delle persone di tutte le età, al fine di «garantire il benessere sociale per tutti». Pertanto si attendono misure e proposte concrete finalizzate a realizzare tali investimenti. In particolare, chiedono all'Unione europea di concentrarsi sul miglioramento dello sviluppo delle qualifiche a tutti i livelli, in particolare tra i lavoratori non qualificati, e di sostenere le imprese che si assumono la responsabilità della formazione professionale dei loro lavoratori. Nel precisare che i governi, da soli, non possono pervenire ad una regolamentazione del mercato del lavoro e a sistemi di sicurezza sociali efficaci, reputano necessario includere le parti sociali nel processo decisionale, sia a livello nazionale che europeo. Pertanto, ritengono indispensabile avviare un dialogo sociale costruttivo, «elemento essenziale per poter gestire e affrontare le potenziali conseguenze sociali negative della ristrutturazione». Il lavoro come mezzo per sradicare la povertà Per i deputati, i posti di lavoro «decorosi» dovrebbero rappresentare un aspetto prioritario sul piano nazionale, europeo e globale. In proposito, sottolineano che, per sradicare effettivamente la povertà, è indispensabile garantire un lavoro dignitoso, assicurando diritti sindacali, protezione sociale e uguaglianza fra uomini e donne. La relazione ritiene che la Commissione debba utilizzare i fondi comunitari al fine di aprire nuove prospettive per le regioni, i settori industriali più sensibili e i lavoratori più deboli. Inoltre, auspicando che l'Esecutivo adotti provvedimenti adeguati per impedire alle imprese di trasferirsi al solo scopo di ottenere finanziamenti strutturali, chiede un controllo sistematico per verificare se gli obiettivi a lungo termine sono stati raggiunti. Ritenendo che le piccole e medie imprese non possano essere escluse da una partecipazione attiva all'economia globalizzata, i deputati chiedono alla Commissione di prevedere incentivi per la creazione di reti che colleghino le imprese di questo tipo nonché una revisione dello statuto della società europea e della società cooperativa europea «affinché anche dette imprese possano diventare attori a pieno titolo nell'economia globalizzata».. La relazione concorda con la Commissione sul fatto che il settore privato e le iniziative private possono dare un importante contributo alla promozione di una buona azione di governo in materia sociale. Pertanto, accoglie con favore il sostegno dell'Esecutivo agli orientamenti OSCE che stabiliscono parametri per una condotta responsabile delle imprese multinazionali e sostiene la sua proposta volta ad inserire dei riferimenti a detti orientamenti negli accordi bilaterali al fine di migliorarne l'esecuzione. Una politica diversa di immigrazione I deputati rilevano la necessità di formulare politiche in materia di immigrazione che siano basate sulla Convenzione internazionale sulla protezione dei lavoratori migranti e che tengano conto delle necessità del mercato del lavoro garantendo, al contempo, una sufficiente tutela dei diritti dei lavoratori immigranti e delle loro famiglie. D'altra parte, ritengono che, nel quadro della discussione sulla globalizzazione, il tema delle migrazioni rappresenti una questione importante e delicata che potrà essere risolta solo quando gli Stati membri avranno raggiunto un accordo su una procedura comune di riconoscimento e integrazione. Apertura dei mercati e politiche europee coerenti I deputati ritengono che la globalizzazione non debba implicare soltanto la possibilità dell'Unione europea di incrementare le vendite al di fuori dell'Europa ma anche che i paesi del Terzo mondo possano vendere di più all'Unione europea con lo scopo di rafforzare i loro livelli di crescita, occupazione e inclusione sociale. Pertanto ravvisano la necessità di una radicale riforma della politica agricola comune e raccomandano alla Commissione e al Consiglio di far sì che le politiche commerciali agricole ed estera comuni siano coerenti con la politica di sviluppo. Invitano, quindi l'Unione europea a prendere misure concrete per combattere la povertà adottando una politica «molto più coerente» in materia di agricoltura e commercio. La relazione chiede d'altra parte che la Commissione garantisca, mediante accordi bilaterali, il rispetto delle norme dell'OIL (Ufficio Internazionale del Lavoro) per assicurare condizioni di lavoro umane ed evitare lo sfruttamento di donne e bambini in determinati paesi. A tale proposito, l'Esecutivo è invitato a procedere ad un controllo di tutti i suoi accordi bilaterali esistenti, in particolare gli accordi di partenariato economico e gli accordi per la pesca, per assicurare che siano pienamente in armonia con gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio e con il principio dello sviluppo sostenibile. Riferimenti
Mihael BREJC
(PPE/DE, SI) Link utili |
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La Plenaria è chiamata a pronunciarsi in merito alla relazione di Patrizia TOIA (ALDE/ADLE, IT) sulla proposta di regolamento relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità. La relazione accoglie la proposta della Commissione e introduce alcuni emendamenti di natura prevalentamente tecnica. La proposta in esame intende aggiornare i regolamenti che disciplinano la fornitura di prestazioni in materia di sicurezza sociale ai cittadini che si recano da uno Stato membro all’altro. Tale aggiornamento è teso a riflettere i cambiamenti introdotti all’interno delle legislazioni nazionali, in particolare nei nuovi Stati membri dopo la fine dei negoziati di adesione. Inoltre, la proposta mira a completare le procedure di semplificazione, introdotte da un regolamento del 2004, per quanto riguarda il ricorso a trattamenti sanitari all'estero, estendendo alcune di queste modifiche alle analoghe procedure applicabili alle prestazioni per infortuni sul lavoro e malattie professionali. La proposta non si occupa quindi del contenuto o della finalità delle disposizioni concrete in materia di sicurezza sociale, dato che, in virtù del diritto comunitario, la determinazione del proprio sistema di sicurezza sociale compete ai singoli Stati membri. Questo esercizio si svolge praticamente ogni anno, sin dal 1971, per tenere conto dell’evoluzione dei regimi nazionali di sicurezza sociale, integrare i cambiamenti intervenuti all’interno delle legislazioni nazionali e prendere in considerazione la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea. Il regolamento svolge un ruolo importante nell’attuazione di una delle quattro libertà fondamentali della UE, ossia la libera circolazione dei cittadini europei. Per quanto le modifiche proposte abbiano un carattere fondamentalmente tecnico, esse determinano delle ripercussioni sulla vita pratica e sul diritto di ottenere prestazioni in materia di sicurezza sociale per i cittadini della UE che abitano, lavorano o viaggiano in un altro Stato membro. La relazione, adottata pressoché all’unanimità dalla commissione per l'occupazione e gli affari sociali, accetta la proposta dell’Esecutivo limitandosi ad introdurre delle modifiche di natura prevalentemente tecnica volte a semplificare la proposta, correggere errori o dimenticanze del testo e ad aggiornare gli allegati del regolamento. Dal 2007 si cambia La proposta giunge nel momento in cui è già stata adottata la riforma fondamentale del regolamento n.1408/71, che comporta la sostituzione dello stesso (regolamento n.883/2004). Tuttavia, il nuovo testo, che è già entrato in vigore, non è ancora applicabile poiché il suo nuovo regolamento d’applicazione (in sostituzione del precedente regolamento n.574/72) non è stato ancora finalizzato. L’applicazione dei due nuovi regolamenti dovrebbe aver luogo alle soglie del 2007. Riferimenti
Patrizia
TOIA (ALDE/ADLE, IT) Link utili
Proposta della Commissione |
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L'Esecutivo risponderà in Aula ad un'interrogazione orale riguardo alla carente esecuzione della direttiva sugli enti pensionistici aziendali o professionali. Il 23 settembre 2005 sono scaduti i termini per la notifica da parte degli Stati membri delle misure da essi adottate per l''attuazione della direttiva sugli enti pensionistici aziendali o professionali. Secondo quanto affermato dal Commissario Mc Creevy nel suo intervento del 22 settembre a Dublino, soltanto 9 dei 25 Stati membri hanno rispettato questa scadenza. Pertanto, nell'esprimere la propria preoccupazione, la commissione economica e monetaria, con una lunga serie di quesiti, chiede all'Esecutivo i motivi per cui l'esecuzione della direttiva è stata tanto carente. Riferimenti
Doc.: O-0094/2005 Link utili Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio |
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La Plenaria si pronuncerà in merito alla relazione di Andres Wijkman (PPE/DE, SE) sulla lotta ai cambiamenti climatici. Per i deputati è fondamentale aumentare gli sforzi volti alla riduzione delle emissioni e rafforzare l'innovazione tecnologica. Chiedono quindi incentivi per sviluppare l'efficienza energetica e le fonti rinnovabili, misure per ridurre le emissioni del trasporto su strada, la promozione di quello ferroviario e severi obiettivi per le emissioni del settore aereo. Il dibattito in Aula sarà preceduto dalle dichiarazioni di Consiglio e Commissione sui cambiamenti climatici alla luce dei danni causati dai recenti uragani e dei risultati dei Vertici tenutisi dall'Unione con Cina e India. I deputati considerano che i cambiamenti climatici rappresentano una delle principali sfide del XXI secolo, visto che le conseguenze ambientali, economiche e sociali che essi comportano sono potenzialmente catastrofiche. Notano, inoltre, che i danni economici dovuti a catastrofi naturali sono aumentati di sei volte rispetto al livello degli anni '60. A loro parere, la strategia dell'Unione europea sulla mitigazione dei cambiamenti climatici dovrebbe basarsi su un approccio articolato su questi punti; - basarsi su elementi chiave del protocollo di Kyoto, ossia obiettivi vincolanti per le emissioni di gas serra, un sistema globale di "cap and trade" (tetto per le emissioni e scambio di quote) e su meccanismi flessibili;
- realizzare una forte riduzione delle emissioni, cominciando con riduzioni del 20-30% a livello interno entro il 2020, applicando una combinazione di incentivi di mercato e di elementi di regolamentazione per stimolare gli investimenti in efficienza e/o in tecnologie senza emissioni di carbonio e a basse emissioni di carbonio;
- adottare di un approccio proattivo per coinvolgere altri attori principali, in particolare gli Stati Uniti;
- promuovere la ricerca e l'innovazione per le tecnologie energetiche sostenibili, rimuovere gli incentivi "perversi" quali i sussidi a favore di combustibili fossili;
- elaborare normative a livello europeo e nazionale atte a favorire un aumento dell'efficienza energetica e a diminuire il prezzo delle tecnologie che riducono l'impatto climatico.
«Responsabilità comuni ma differenziate» La relazione chiede che, all'undicesima Conferenza delle parti e alla COP/MOP1, i leader dell'Unione europea avanzino proposte relative ad un futuro regime climatico, con lo scopo di limitare a 2°C l'aumento medio della temperatura del pianeta rispetto ai livelli dell'era preindustriale. I deputati ritengono che tale futuro regime debba basarsi su responsabilità «comuni ma differenziate», tendenti alla riduzione e alla convergenza, sul mantenimento e sul progressivo incremento delle riduzioni e delle emissioni, nonché sulla partecipazione di più paesi agli sforzi di riduzione. Riduzione delle emissioni del 60-80% entro il 2050 I deputati si compiacciono delle conclusioni del Consiglio europeo di Bruxelles del 23 marzo 2005 e, in particolare, dell'obiettivo secondo cui i paesi industrializzati devono puntare a riduzioni delle emissioni dell'ordine del 15-30% entro il 2020. Tuttavia, insistono sul fatto che occorre definire anche obiettivi di riduzione delle emissioni a lungo termine e propongono quindi una riduzione del 60-80% per il 2050. Inoltre, ricordano che il potenziale di risparmi energetici nell'Unione europea è pari al 40% ma sottolineano che per raggiungere tale traguardo è necessario fissare obiettivi vincolanti. D'altra parte, osservano che con un approccio sistematico sarebbe possibile coprire entro il 2020 il 25% del consumo di energia dell'Unione europea mediante energie rinnovabili. Economia europea: «la più efficiente del mondo» La relazione sottolinea che un'efficace mitigazione dei cambiamenti climatici richiederà un'importante trasformazione dei sistemi energetici e di trasporto nonché della progettazione termica degli edifici. Questa trasformazione dovrebbe diventare un fattore trainante nell'ambito della strategia di Lisbona per dare impulso alla crescita e alla competitività. Pertanto invita l'Unione europea a sviluppare una strategia che faccia dell'Europa l'economia «più efficiente del mondo» in termini energetici, definendo obiettivi di riduzione annuale dell'intensità energetica dell'ordine del 2,5-3%. I deputati sottolineano che molte delle tecnologie necessarie per ridurre le emissioni dei gas a effetto serra già esistono, ma il loro ingresso nel mercato è ostacolato da numerose barriere e da incentivi «perversi» come ad esempio i sussidi a favore dei combustibili fossili. A tale proposito esortano l'Esecutivo a proporre una normativa che abolisca tutti i sussidi di questo genere e che invece introduca una struttura di incentivi positivi per un maggior impiego delle tecnologie efficienti in termini energetici. Inoltre, chiedono la realizzazione di un programma accelerato volto a promuovere la ricerca e l'innovazione a sostegno delle energie sostenibili, osservando che gli investimenti in misure di efficienza ed in tecnologie rinnovabili costituiscono le principali alternative per la mitigazione dei cambiamenti climatici. Promuovere il trasporto ferroviario I deputati sottolineano che gli sviluppi nel settore dei trasporti sono d'importanza cruciale, visto che a tale settore è imputabile circa il 30% delle emissioni di CO2, quota alla quale il trasporto su strada contribuisce per l'85% circa. Sottolineano inoltre che il trasporto ferroviario è molto più efficiente di quello su strada sotto il profilo energetico. Pertanto si rammaricano che l'industria automobilistica non sarà probabilmente in grado di realizzare l'obiettivo di 140 g/Km entro il termine fissato in base all'attuale accordo volontario. La relazione, dunque, chiede una politica di «misure forti » volte a ridurre le emissioni prodotte dai trasporti, tra cui i limiti vincolanti per le emissioni di CO2 dei veicoli nuovi nell'ordine di 80-100 g/km a medio termine, da conseguire attraverso scambi di emissioni tra costruttori di automobili, ed altre misure come i limiti di velocità validi in tutta l'Unione europea, pedaggi ed incentivi fiscali, promozione del trasporto ferroviario e dei trasporti pubblici in generale. Ridurre l'impatto dei trasporti aerei sul clima I deputati rilevano che la navigazione aerea è responsabile a livello mondiale del 4-9% delle emissioni totali di gas serra e che le emissioni del traffico aereo aumentano annualmente del 3%. Inoltre, sottolineano l'importanza di «severi obiettivi» di riduzione delle emissioni per il settore aereo. La relazione, pertanto, esorta la Commissione ad intervenire rapidamente per ridurre l'impatto dei trasporti aerei sul clima, creando un sistema pilota di scambio delle emissioni del trasporto aereo per il periodo 2008-2012 per tutti i voli provenienti e diretti a qualsiasi aeroporto dell'Unione europea. Sicurezza alimentare e politica agricola comune: due priorità I deputati ritengono che il rapido sviluppo dell'utilizzo della biomassa e l'incoraggiamento della produzione di energia rinnovabile in campo agricolo debbano costituire un aspetto assolutamente prioritario. Pertanto, sottolineano che la produzione di energia della biomassa deve essere organizzata secondo modalità che siano efficaci in termini di conversione energetica ed ecologicamente sostenibili. Inoltre, segnalano la necessità di diversificare le linee di ricerca e le misure di prevenzione per evitare effetti alla salute e alla sicurezza delle persone, come inondazioni, siccità e incendi. Pertanto, chiedono alla Commissione di tener conto dell'importanza della massa forestale e dell'agricoltura nell'assorbimento di carbonio come freno all'erosione e come agenti regolatori del clima. Riferimenti
Dichiarazione
del Consiglio e della Commissione - Cambiamenti climatici Link utili Comunicazione della Commissione
Trappole «non crudeli» per ermellini e zibellini La Plenaria è chiamata a pronunciarsi sulla proposta di direttiva che introduce norme relative a metodi di cattura non crudeli per alcune specie animali. I deputati della commissione per l'ambiente, pur condividendo il tentativo di introdurre norme europee in questo campo, suggeriscono all'Aula di rispedire al mittente l'iniziativa considerandola priva di fondamenta scientifiche e molto carente. La proposta di direttiva intendeva stabilire le norme in materia di metodi di cattura non crudeli, requisiti applicabili a tali metodi, disposizioni tecniche per le procedure di prova dei metodi di cattura e la certificazione delle trappole utilizzate per la cattura di alcune specie animali selvatiche. Tali disposizioni avrebbero dovuto applicarsi alle trappole utilizzate per catturare taluni mammiferi selvatici a fini di gestione della fauna, per il controllo delle specie nocive, a scopo di conservazione o per ricavarne pellicce, pelli o carne. Tra questi animali, figurano l'ermellino, la lontra, la lince, lo zibellino, la martora, il castoro e il lupo. La proposta di direttiva aveva anche lo scopo di conformare la legislazione europea agli accordi internazionali conclusi con la Russia, il Canada e gli Stati Uniti. Seguendo la posizione della relatrice Karin SCHEELE (PSE, AT), la commissione per l'ambiente suggerisce alla Plenaria di respingere la proposta dell'Esecutivo, invitandola a ritirarla e chiede al Consiglio di non adottare una posizione comune. In realtà, è considerato positivamente il tentativo di introdurre a livello europeo norme unitarie per la cattura di animali ricorrendo a trappole. La proposta della Commissione però, nel complesso, è ritenuta molto carente e, di conseguenza, difficile da migliorare mediante emendamenti. Inoltre, la relatrice lamenta il fatto che il provvedimento non sia fondato sui più recenti sviluppi scientifici. In proposito, sottolinea anche che i lavori di ricerca avrebbero dovuto realizzarsi prima della pubblicazione della proposta. Più in particolare, è lo stesso concetto di "non crudele" ad essere contestato. A tale riguardo, è stigmatizzato il fatto che la Commissione proponga di considerare come non crudeli metodi di cattura finalizzati all'immobilizzazione e all'uccisione quando a un animale su cinque sono procurate fratture, rotture di tendini o legamenti, gravi abrasioni periostali, gravi emorragie esterne o interne, grave degenerazione di un muscolo scheletrico, lesioni oculari, lesioni del midollo spinale, amputazione o morte. Per le trappole mortali la proposta considera un metodo di cattura come non crudele se l'agonia degli esemplari di alcune specie non supera i 300 secondi. Un altro elemento che non ha soddisfatto la relatrice riguarda la verifica scientifica delle trappole. In base a una direttiva del 1986, ricorda la deputata, non si può procedere ad un esperimento sugli animali se, per raggiungere il risultato voluto, è possibile ricorrere ad una alternativa scientificamente valida, sostenibile e praticabile senza l'impiego di animali. La proposta in esame, invece, non contiene alcuna disposizione che garantisca l'applicazione del metodo alternativo eventualmente disponibile. Le deroghe previste dovrebbero poi essere rigorose e restrittive e non minare quindi la proposta stessa. L'elenco delle specie cui si applicherebbe la direttiva, infine, non si basa su alcun fondamento scientifico. Background Nel 1996, la Comunità aveva concluso degli accordi internazionali con la Russia, il Canada e gli Stati Uniti sui metodi di cattura di talune specie animali. Il Consiglio li aveva approvati due anni dopo ma, tenuto conto della persistente differenza tra le legislazioni nazionali, la Commissione aveva proposto di definire una direttiva che armonizzasse le norme a livello europeo per permettere all'Unione di conformarsi agli accordi. La proposta non riguardava le tagliole, già vietate dagli anni '90, bensì metodi diversi, come quelli per annegamento, al fine di renderli meno crudeli. Giova sottolineare che già nel 1997 il Parlamento aveva condannato l'accordo concluso con il Canada e la Russia in quanto non teneva sufficientemente conto del benessere degli animali e era, soprattutto, motivato da ragioni commerciali. Riferimenti
Karin SCHEELE (PSE, AT) Link utili |
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La Plenaria esaminerà la relazione d'iniziativa di Rebecca Harms (ALDE/ADLE, DE) sull'utilizzo delle risorse finanziarie per la disattivazione delle centrali nucleari di potenza. I deputati ritengono che è necessario disporre in tempo utile dei finanziamenti adeguati al fine di procedere ad una disattivazione corretta delle centrali. Al contempo sottolineano che, in tale esercizio, va considerata prioritaria la sicurezza dell'uomo e dell'ambiente. La Commissione europea prevede che, dei 155 reattori di potenza operativi nell'Unione europea ampliata, nei prossimi 20 anni ne saranno disattivati dai 50 ai 60. L'età media dei reattori attualmente operativi supera i 20 anni, se non 25. Inoltre stima che i costi per la disattivazione di un reattore di potenza ammontano ad una cifra compresa tra 200 milioni ed 1 miliardo di euro. Per la relatrice, la disattivazione di reattori di potenza dal momento dell'arresto sino allo stadio di ritorno al «prato verde» è costituita da attività diverse. Occorre, pertanto, prendere decisioni importanti dal punto di vista della sicurezza tecnologica. Ciò dovrebbe avvenire mediante una procedura indipendente, che comprenda tutti gli aspetti della disattivazione, nel cui ambito possa essere applicata con coerenza la direttiva comunitaria sulla valutazione d'impatto ambientale. Disattivazione corretta delle centrali nucleari I deputati si dicono consapevoli dell'importanza, per la protezione delle persone e dell'ambiente, di disattivare correttamente le centrali nucleari di potenza dopo la loro chiusura definitiva. Inoltre, rilevano che la mancanza di risorse per finanziare le misure di disattivazione potrebbe, in taluni casi, comportare notevoli ritardi e, pertanto, dovrebbe essere evitata. Risorse finanziare per la disattivazione e protezione dell'ambiente La relazione ritiene dunque necessario provvedere affinché in ciascuno Stato membro tutte le imprese nucleari dispongano in tempo utile di risorse finanziarie sufficienti per coprire i costi della disattivazione, compreso il trattamento dei rifiuti. Pertanto, invita la Commissione, nel rispetto del principio di sussidiarietà, a definire con precisione la destinazione delle risorse finanziarie in ciascuno Stato membro, «tenendo conto della disattivazione, della gestione, del trattamento e dello stoccaggio finale delle scorie radioattive che ne risultano». Inoltre, chiede che, al fine di evitare distorsioni della concorrenza, le risorse finanziarie siano utilizzate «per investimenti equi perfettamente in linea con la pertinente legislazione UE». Prendendo atto dell'esistenza di due strategie di disattivazione (una immediata e l'altra differita), i deputati ritengono che i corrispettivi vantaggi e svantaggi debbano essere soppesati in funzione dell'ubicazione e del tipo di reattore. Inoltre, ritengono che gli aspetti della sicurezza relativi alla protezione dell'uomo e dell'ambiente debbano presiedere in via prioritaria alla scelta della strategia di disattivazione. Aspetti economici La relazione accoglie favorevolmente il sostegno finanziario, subordinato al rispetto di taluni vincoli, che è accordato dall'Unione europea ai progetti di disattivazione nei nuovi Stati membri. D'altra parte, si chiede se gli accantonamenti contabili finora effettuati in taluni Stati membri e le pertinenti risorse finanziarie corrispondano effettivamente al fabbisogno reale. Inoltre, rileva che in conformità alle convenzioni internazionali in materia di responsabilità, il gestore di una centrale nucleare «è tenuto a prevedere un'assicurazione che copra la responsabilità civile per tutto il periodo di disattivazione in caso di imprevisti o incidenti». Il nucleare in Italia Negli anni Sessanta l'Italia era al terzo posto nel mondo, dietro soltanto al Regno Unito e agli USA nella produzione di energia nucleare. Alla fine degli anni Settanta erano in funzione in Italia le prime tre centrali nucleari di Latina, Trino Vercellese e Garigliano, nonché quella di Caorso (di potenza superiore alla somma delle potenze delle prime tre). Era poi in costruzione la centrale di Montalto di Castro (di potenza più che doppia rispetto a Caorso) e stava avanzando il progetto per la realizzazione di un certo numero di centrali unificate (12 poi 6). A seguito della catastrofe di Chernobyl, nel 1986, è stato promosso un referendum che ha portato, l'anno successivo, alla chiusura di tutte le centrali nucleari italiane e all'abbandono o alla riconversione dei progetti avviati. In questi ultimi mesi, anche a causa dell'impennata dei prezzi del petrolio, la questione nucleare è tornata d'attualità nel nostro Paese. Tant'è che il Ministro Claudio Scajola, in occasione di un'audizione al Senato del luglio scorso, ha affermato chiaramente che «si è fatto tempo di riparlare dell'energia nucleare», ritenendo «assolutamente necessario» modificare il mix delle fonti energetiche utilizzate nel nostro Paese. Occorre, aveva aggiunto, che in Italia si riapra una discussione «lontana da impostazioni ideologiche e attenta solo ed esclusivamente ai due principi guida che la possono condurre: l'ottica costi-ricavi e quella, scientificamente fondata, della tutela ambientale». Il nostro Paese, intanto, acquista energia prodotta con il nucleare in Francia e in Svizzera. Oggi nel mondo sono ancora in funzione 440 reattori e altri 25 sono in costruzione. Solo quest'anno sono entrate in esercizio quattro nuove unità nucleari: due in Giappone per un totale di oltre 2.600 MW, una in Corea del Sud (Ulchin 960 MW) e una in India (490 MW a Tarapur). E secondo un Rapporto presentato dall'Enel al Comitato per la valutazione delle scelte scientifiche e tecnologiche della Camera, il 16% dell'energia elettrica prodotta sul pianeta viene dall'atomo. Due nuove centrali sono da poco entrate in rampa di lancio: il 12 agosto scorso in Finlandia sono iniziati i lavori del reattore di Olkiluoto 3 e in Pakistan in aprile si sono aperti i cantieri per Chasnupp 2. La maggior parte dei reattori si trovano in Europa e nell'ex Urss (205 reattori), 123 sono in Nord America e 106 sono collocati nel Sud est asiatico. In Europa un terzo dei kilowattora sono prodotti con il nucleare. Al vertice della classifica figurano la Francia con l'80%, seguita dalla Germania con il 30%, la Spagna (27%) e la Gran Bretagna (23%). [Fonte: Speciale Adnkronos, 9/11/2005] Background Come ricordato esistono due tipi di disattivazione, una immediata e l'altra differita. Con la disattivazione immediata le misure sono passo dopo passo senza differimenti dovuti all'impostazione concettuale. A causa dell'elevato potenziale di pericolo e della complessità dell'impianto tale procedimento richiede oltre 10 anni. La disattivazione differita, invece, comprende una fase di interruzione di una durata compresa tra i 10 e 100 anni) , ovvero il cosiddetto funzionamento conservativo relativo all'edificio che ospita il reattore nonché eventualmente ad alcune parti dell'edificio ad esso adiacenti. Riferimenti
Rebecca HARMS
(Verdi/ALE, DE) Link
Comunicazione della Commissione |
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Sulla base di tre relazioni d'iniziativa, la Plenaria terrà una discussione comune in materia di armi. Una più incisiva strategia europea in materia di armi di distruzione di massa che veda maggiormente coinvolto il Parlamento, un codice vincolante per le esportazioni di armi e norme più chiare sugli appalti pubblici militari, sono le principali richieste dei deputati. Armi di distruzione di massa: i deputati lanciano l'allarme L'Unione europea dovrebbe giocare un ruolo più attivo all'interno della politica di disarmo e di non proliferazione delle armi di distruzione massa (ADM). Occorre anche che sia rafforzata la sua cooperazione con gli Stati Uniti per ostacolarne la diffusione e il Medio Oriente dovrebbe diventare una zona priva di ADM. E' poi ribadita una moratoria sulle munizioni a uranio impoverito. La relazione di Ģirts Valdis KRISTOVSKIS (UEN, LV) sottolinea l'opportunità che l'Unione europea assolva una funzione guida ai fini della cooperazione nell'ambito dei regimi di controllo delle esportazioni, come posto in evidenza dalla strategia ADM dell'UE, in particolare accrescendo l'efficienza dei controlli delle esportazioni sulla base del regolamento relativo alle "Tecnologie a duplice uso". Ciò varando un programma di assistenza per quegli Stati che necessitano di «know-how» tecnico nel campo del controllo delle esportazioni. In questo momento di accresciuta sensibilizzazione ai rischi del terrorismo e alle minacce per la sicurezza nazionale, acquista un'importanza crescente in tutto il mondo la sicurezza del materiale, degli impianti e dei laboratori di ricerca nucleari, biologici e chimici per usi civili. Pertanto, i deputati si dicono fermamente convinti che l'azione di disarmo nucleare contribuirà significativamente alla sicurezza internazionale e ridurrà il rischio di furti di plutonio da parte di terroristi. Sottolineano, dunque, l'importanza di limitare che il rischio che materiali, apparecchiature e tecnologie ADM sensibili finiscano nelle mani sbagliate. A tale proposito chiedono di introdurre controlli efficaci sull'esportazione e il transito e rafforzando la gestione della sicurezza alle frontiere. I deputati invitano tutti gli Stati nucleari, secondo la definizione del TNP (Trattato di non proliferazione), a compiere iniziative graduali, tempestive e sostanziali verso lo smantellamento dei propri arsenali nucleari, conformemente ai trattati e agli accordi giuridicamente vincolanti da essi sottoscritti. Incitano, quindi, l'Unione europea ad operare con i suoi partner internazionali al fine di promuovere e realizzare nel Medio Oriente una zona denuclearizzata. Inoltre, rinnovano il proprio invito a paesi come Israele, India e Pakistan a divenire Stati parti del TNP. La relazione si oppone allo sviluppo di armi nucleari di nuova generazione (le cosiddette mini-bombe o bombe anti-bunker) e alle nuove dottrine nucleari che, accentuando l'utilità militare delle armi nucleari anziché ridurne l'importanza, compromettono sviluppi positivi quali le riduzioni delle armi nucleari strategiche negli Stati Uniti e in Russia. Pertanto, chiede un'azione immediata per impedire l'ulteriore proliferazione di missili balistici a più ampio raggio e di maggiore precisione e per sviluppare ed estendere l'adesione ai meccanismi di controllo degli armamenti quali il Regime di non proliferazione nel settore missilistico (MTCR) e il Codice di condotta dell'Aia. I deputati ribadiscono anche il proprio invito a decretare una moratoria, in vista di un divieto totale, sull'uso di cosiddette «munizioni ad uranio impoverito». La relazione si compiace per l'inserimento di clausole concernenti la non proliferazione delle ADM negli ultimi accordi stipulati con paesi terzi e nei piani d'azione dell'Unione europea. Peraltro sottolinea la necessità che tali misure siano attuate rigorosamente da tutti i partner dell'Unione, senza eccezioni. Dunque sollecita un tempestivo controllo degli accordi e dei piani d'azione vigenti in cui non figura tale clausola. Nel rilevare che il Parlamento europeo è «ramo dell'autorità di bilancio», i deputati sostengono che possa dare un contributo positivo alla gestione dei problemi comuni di sicurezza in materia di non proliferazione e disarmo. A tale proposito ricordano la sua decisione di continuare a sostenere tali azioni attraverso il finanziamento nel 2006. Chiedono, inoltre, di essere pienamente coinvolti nell'attuazione della strategia europea in materia di ADM. Sostenendo, poi, che per questa strategia dovranno essere reperiti adeguati fondi nell'ambito della politica estera di sicurezza, auspicano la definizione di una specifica linea di bilancio per le attività che riguardano le ADM. Il codice sulle esportazioni delle armi deve essere legalmente vincolante La relazione d'iniziativa di Raül Romeva i Rueda (Verdi/ALE, ES) chiede al Consiglio di rendere, il prima possibile, legalmente vincolante il codice di condotta sulle esportazioni d'armi. I Ministri degli esteri dell'UE hanno riconosciuto la necessità d'instaurare delle regole obbligatorie nel commercio delle armi tradizionali. Pur accogliendo con favore la possibilità che gli Stati membri adattino le loro leggi al codice quando questo diventerà una "posizione comune", i deputati nutrono ancora qualche preoccupazione. I deputati richiamano gli Stati membri ad accordarsi su una lista di paesi verso i quali dovrebbe essere vietata l'esportazione d'armi a causa della loro implicazione in conflitti armati o perché violano i diritti dell'uomo. Il Consiglio è poi sollecitato a imporre a tutti gli Stati membri la pubblicazione di relazioni nazionali rispondenti a norme minime prestabilite. Il sistema di notificazione di rifiuto - con il quale gli Stati membri dichiarano che una data transazione non riguarda l'esportazione di beni sensibili a doppio uso - deve essere a sua volta migliorato. La relazione solleva anche altre questioni come la necessità di rafforzare il controllo delle esportazioni verso paesi a cui è stato tolto l'embargo sulle armi, la concessione di licenze per la vendita di armi all'estero e la creazione di un registro nazionale degli intermediari di armi. E' anche chiesto un sistema internazionale di marcatura e tracciabilità delle armi leggere e di piccolo calibro, al fine di creare uno strumento efficiente per combatterne la produzione, il trasferimento e l'utilizzo illecito. I deputati esprimono particolare preoccupazione per casi recenti in cui i produttori d'armi europei hanno trasferito la loro produzione all'estero e, pertanto, sono sollecitate misure che regolamentino tale questione. I deputati insistono infine sulla «forte convinzione che l'embargo alla Cina non debba essere tolto» finché la situazione dei diritti umani nel paese non migliori chiaramente. L'adesione all'embargo contro la Cina, secondo i deputati, dovrebbe essere inclusa nei negoziati in materia di politica di vicinato dell'UE e negli accordi di partenariato. Migliorare il sistema degli appalti pubblici delle armi nell'UE Nel campo della produzione di armi i paesi europei sono autorizzati, in base all'articolo 296 del Trattato CE, ad astenersi dal rispettare il regolamento comunitario relativo agli appalti pubblici per dei motivi di sicurezza nazionale. Secondo la relazione di Joachim WUERMELING (PPE/DE, DE), le agenzie degli Stati membri che si occupano degli appalti pubblici in materia di difesa sfruttano sistematicamente questa possibilità, portando a una situazione in cui la maggior parte dei contratti d'armamento sono attribuiti sulla base di regole nazionali. Questa situazione, a parere dei deputati, sta aggravando la frammentazione dei mercati delle armi, limitando l'interoperatività tra i sistemi militari e ostacolando la cooperazione europea nelle operazioni internazionali. Ritengono quindi che la Commissione debba cercare di mettere fine ad un ricorso così esteso alla deroga da parte dei singoli Stati. Ciò, a loro parere, potrebbe essere realizzato tramite un'interpretazione autentica dell'articolo 296 e attraverso una nuova direttiva sugli appalti pubblici della difesa. I deputati condividono l'opinione della Commissione secondo cui non sono efficaci le attuali politiche di "giusto ritorno" (assicurarsi che gli Stati membri ricevano una parte equa dei contratti) e di compensazione dei costi da parte dei compratori d'armi attraverso contratti supplementari d'investimento nel loro settore. Queste «portano ad una forte distorsione della concorrenza e a divisioni artificiali di lavoro tra partner industriali». I deputati reputano poi che la Commissione debba porre particolare attenzione all'inevitabile concentrazione dell'industria militare e che dovrebbe rafforzare il controllo sotto l'aspetto del diritto di concorrenza. Al tal fine i deputati si appellano all'Agenzia di difesa europea affinché elabori un codice di condotta degli appalti pubblici della difesa ai sensi dell'articolo 296. La Commissione, inoltre, dovrebbe affrontare una serie di altri ostacoli all'aggiudicazione dei contratti su base concorrenziale: restrizioni al commercio transfrontaliero d'armamenti in seno all'UE, pressioni politiche sulle decisioni d'attribuzione e mancanza di cooperazione nella ricerca. Riferimenti
Raül ROMEVA I
RUEDA (Verdi/ALE, ES) Link utili
Sesta relazione annuale al codice di condotta dell'Unione
europea per le esportazioni di armi |
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Per le Olimpiadi invernali di Torino 2006, analogamente a quanto avvenuto per i Giochi olimpici di Atene, occorre garantire ai partecipanti l'ingresso in Italia senza dover sottostare a procedure o formalità addizionali, garantendo al contempo i principi essenziali e il corretto funzionamento dello spazio Schengen. I deputati, con la relazione all'esame della Plenaria, sostengono la proposta della Commissione in tal senso. Visto il funzionamento molto soddisfacente del regime di deroga adottato in occasione dei Giochi olimpici di Atene che, perdipiù, non ha compromesso il livello di sicurezza richiesto all'interno della spazio Schengen, la presente proposta riproduce esattamente le sue disposizioni, limitandosi ad adattarle ai membri della "famiglia olimpica" che parteciperanno ai Giochi olimpici e paraolimpici invernali del 2006. Pertanto, i richiedenti del visto non sono tenuti a presentarsi personalmente ai servizi consolari né per presentare la domanda, né per ricevere il visto, e la domanda non deve essere presentata sull’apposito modulo Schengen standardizzato. Sono state rese inoltre meno onerose le richieste di documenti da presentare a sostegno della domanda di visto. Infine, il visto non sarà rilasciato in forma di adesivo ma sarà formalizzato attraverso un numero specifico inserito nel tesserino di accreditamento ai Giochi olimpici e paraolimpici invernali 2006. Per “membro della famiglia olimpica”, si intende «qualunque persona che sia membro del Comitato olimpico internazionale, del Comitato paraolimpico internazionale, delle Federazioni internazionali, dei Comitati olimpici e paraolimpici nazionali, dei Comitati organizzatori dei Giochi olimpici e delle associazioni nazionali come gli atleti, i giudici/arbitri, gli allenatori e altri tecnici sportivi, il personale medico assegnato alle squadre o ai singoli atleti, i giornalisti accreditati dei media, i quadri superiori, i donatori, gli sponsor o altri invitati ufficiali, che accetti il dettato della Carta olimpica, agisca sotto il controllo e l’autorità suprema del Comitato olimpico internazionale, figuri negli elenchi delle organizzazioni responsabili e sia autorizzata dal Comitato organizzatore dei Giochi olimpici e paraolimpici del 2006 a partecipare alle Olimpiadi e/o alle Paraolimpiadi del 2006». La relazione di Stefano ZAPPALA’ (PPE/DE, IT) - adottata all’unanimità dalla commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni – approva la proposta dell’Esecutivo senza proporre nessun emendamento. Riferimenti
Stefano
ZAPPALÀ (PPE/DE, IT) Link utili |
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Il Consiglio dovrà rispondere all'interrogazione orale della commissione per gli affari costituzionali e della commissione per i bilanci in merito all'inizio dei negoziati volti a definire un accordo interistituzionale sull'inquadramento delle 17 agenzie europee. L'accordo interistituzionale relativo all'inquadramento delle agenzia europee di regolazione si propone di associare le tre istituzioni nella definizione delle condizioni di base da rispettare al momento dell’adozione degli atti relativi alla costituzione delle agenzie settoriali. La scelta di questo dispositivo non esclude che si possa procedere, in un secondo tempo, alla definizione di modalità più dettagliate all’interno di un regolamento quadro. I deputati domandano al Consiglio se ha l'intenzione di avviare i negoziati con il Parlamento e la Commissione e, in caso affermativo, vorrebbero sapere quando. Inoltre, chiedono se il Consiglio reputa che i negoziati debbano essere conclusi prima della fine delle prospettive finanziarie 2000-2006. Al termine del dibattito in Aula, il Parlamento potrebbe adottare una risoluzione. Background Un'agenzia comunitaria è un organismo di diritto pubblico europeo, diverso dalle istituzioni comunitarie ed è dotato di personalità giuridica. E' istituita con atto di diritto derivato e svolge compiti di natura tecnica o scientifica. Ogni agenzia viene diretta da un consiglio di amministrazione, che stabilisce gli orientamenti generali e adotta i programmi dettagliati di lavoro, secondo la finalità, le risorse disponibili e le priorità politiche dell'agenzia stessa. Al direttore esecutivo, nominato dal consiglio di amministrazione o dal Consiglio dei ministri, incombe la responsabilità e la gestione di tutte le attività dell'organismo e della corretta attuazione dei programmi di lavoro. Le agenzie funzionano in generale grazie ad una o più reti di associati dislocate sul territorio dell'Unione europea e presentano, sotto il profilo organizzativo, alcune caratteristiche comuni. Ad oggi esistono 17 agenzie della Comunità europea. A seconda della loro missione, del tipo di utenza o dei rapporti di collaborazione, si possono suddividere in quattro sottogruppi, in base alle attività svolte. Le agenzie che agevolano il funzionamento del mercato interno. Si tratta delle sette agenzie che svolgono funzioni di regolamentazione e forniscono servizi ai settori professionali, ricavandone entrate che ne garantiscono l'autofinanziamento: l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Parma, Italia), l'Ufficio per l'armonizzazione nel mercato interno (Alicante, Spagna), l'Ufficio comunitario delle varietà vegetali (Angers, Francia), l'Agenzia europea di valutazione dei medicinali (Londra, Regno Unito), l'Agenzia europea per la sicurezza marittima (provvisoriamente a Bruxelles, Belgio), l'Agenzia europea per la sicurezza aerea (Colonia, Germania), l'Agenzia europea per la sicurezza delle reti e dell'informazione (Creta, Grecia) e il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (provvisoriamente a Solna, Svezia) Gli osservatori. È un gruppo di tre agenzie che perseguono medesimi obiettivi, ma in sfere di attività differenti. Il loro compito principale è raccogliere e divulgare una serie di dati, grazie ad una rete di collaboratori da loro allestita e gestita su base quotidiana. Il gruppo è formato dall'Agenzia europea dell'ambiente (Copenaghen, Danimarca), dell'Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (Lisbona, Portogallo), nonché dall'Osservatorio europeo dei fenomeni di razzismo e xenofobia (Vienna, Austria). Le agenzie che promuovono il dialogo sociale a livello europeo. Sono agenzie con un consiglio di amministrazione e di gestione quadripartito, costituito da rappresentanti dei datori di lavoro, dei sindacati, degli Stati membri e della Commissione. Tale sottogruppo comprende tre agenzie: il Centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale - Cedefop (Salonicco, Grecia), la Fondazione per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (Dublino, Irlanda) e l'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (Bilbao, Spagna). Le agenzie che svolgono mansioni "in subappalto" per l'amministrazione europea. Si tratta di tre agenzie molto diverse, ognuna delle quali attua programmi e svolge attività in un settore distinto, al servizio dell'Unione europea: la Fondazione europea per la formazione professionale (Torino, Italia), il Centro di traduzione degli organi dell'Unione europea (Lussemburgo) e l'Agenzia europea per la ricostruzione (Salonicco, Grecia). Riferimenti
Doc.:
O-0093/2005 Link
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Ordine del giorno 14 - 17 ottobre 2005 Strasburgo Lunedì 14 novembre 2005 (17:00 - 22:00)
Martedì 15 novembre 2005 (9:00 - 11:50)
(12:00 - 13:00 ) Votazione
(15:00 - 18:00)
(18:00 - 19:30)
(21:00 - 24:00)
Mercoledì 16 novembre 2005 (9:00 - 11:50, 21:00 - 24:00)
(12:00 - 13:00) Votazione
(15:00 - 17:30)
(17:30 - 19:00)
Giovedì 17 novembre 2005 (10:00 - 13:00, 15:00 - 16:00) Votazione
(16:00 - 17:00)
(17:00 - 18:00) Votazione
L'ordine del giorno può subire modifiche. |
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