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RASSEGNA
13 - 16 novembre 2006
Strasburgo
Sommario
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L'Aula ha adottato la posizione comune del Consiglio in merito alla direttiva servizi che, in gran parte, riflette quanto suggerito dal Parlamento in prima lettura. Come chiesto a suo tempo dai deputati, il testo della direttiva risulta ora profondamente riformulato rispetto alla proposta originaria e, più in particolare, è stato soppresso il molto controverso principio del paese d'origine. La Commissione, con una dichiarazione, ha rassicurato i deputati su una serie di temi sensibili. Un lungo applauso ha salutato l'adozione della relazione di Evelyne GEBHARDT (PSE, DE) che sottoscrive la posizione comune del Consiglio, permettendo così alla direttiva servizi di diventare realtà. La stessa posizione comune era stata largamente ispirata dai suggerimenti avanzati dal Parlamento europeo che, in prima lettura, aveva praticamente riscritto il testo della direttiva combinando l'accordo raggiunto dai due maggiori gruppi parlamentari con alcuni emendamenti proposti dalla commissione per il mercato interno. Numerosi emendamenti del Parlamento, infatti, sono stati ripresi integralmente o parzialmente nella posizione comune, tra i quali figura anche la soppressione del contestatissimo "principio del paese d'origine" che è stato sostituito dal più blando concetto di "libertà di prestazione dei servizi". La posizione comune contiene inoltre alcune nuove disposizioni che il Consiglio ha voluto introdurre per assicurare un'efficace attuazione della direttiva e contribuire al corretto funzionamento del mercato interno. Come richiesto dai deputati, nel corso del dibattito, il commissario Charlie McCREEVY ha formulato una dichiarazione che chiarisce la portata legale e la natura degli orientamenti che la Commissione presenterà agli Stati membri, l'eventualità di un'armonizzazione futura della legislazione relativa alla prestazione dei servizi, la neutralità della direttiva in relazione al diritto del lavoro, nonché l'influenza della stessa sulla prestazione dei servizi sociali. La dichiarazione, inoltre, comprende una menzione in merito all'impatto della direttiva sul diritto penale. La proposta avanzata dalla GUE/NGL e dai Verdi/ALE di respingere la posizione comune non è stata accolta dall'Aula con 105 voti favorevoli, 405 contrari e 12 astensioni. Gli Stati membri hanno ora tre anni per attuare le disposizioni della direttiva. Nel corso della conferenza stampa che ha seguito il voto, il Presidente del Parlamento, Josep BORRELL, ha salutato tale risultato come «un grande successo per il Parlamento nel suo ruolo di legislatore». Ha inoltre sottolineato l'importanza della decisione presa dal Parlamento, che è stato in grado di presentare «una normativa ampiamente consensuale ed equilibrata». OGGETTO DELLA DIRETTIVA La direttiva stabilisce le disposizioni generali che permettono di agevolare l’esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori nonché la libera circolazione dei servizi, «assicurando nel contempo un elevato livello di qualità dei servizi stessi». Il testo, peraltro, precisa che la direttiva «non riguarda la liberalizzazione dei servizi d’interesse economico generale riservati a enti pubblici o privati, né la privatizzazione di enti pubblici che forniscono servizi». Non riguarda neppure l’abolizione di monopoli che forniscono servizi né gli aiuti concessi dagli Stati membri cui si applicano le regole comunitarie di concorrenza. E' anche puntualizzato che la direttiva lascia impregiudicata la libertà, per gli Stati membri, di definire, in conformità del diritto comunitario, quali essi ritengano essere servizi d’interesse economico generale, in che modo tali servizi debbano essere organizzati e finanziati, in conformità delle regole sugli aiuti concessi dagli Stati, e a quali obblighi specifici essi debbano essere soggetti. La direttiva, inoltre, non pregiudica le misure adottate a livello comunitario o nazionale, in conformità del diritto comunitario, volte a tutelare o a promuovere la diversità culturale o linguistica o il pluralismo dei media. Non incide neppure sulla normativa degli Stati membri in materia di diritto penale. Tuttavia, è precisato, gli Stati membri non possono limitare la libertà di fornire servizi applicando disposizioni di diritto penale che disciplinano specificamente o influenzano l’accesso ad un’attività di servizi o l’esercizio della stessa, aggirando le norme stabilite nella presente direttiva. La direttiva non pregiudica nemmeno la legislazione del lavoro, segnatamente le disposizioni giuridiche o contrattuali che disciplinano le condizioni di occupazione, le condizioni di lavoro, compresa la salute e la sicurezza sul posto di lavoro, e il rapporto tra datori di lavoro e lavoratori, che gli Stati membri applicano in conformità del diritto nazionale che rispetta il diritto comunitario. Parimenti, la presente direttiva non incide sulla normativa degli Stati membri in materia di sicurezza sociale. Non pregiudica nemmeno l’esercizio dei diritti fondamentali quali riconosciuti dagli Stati membri e dal diritto comunitario, né il diritto di negoziare, concludere ed eseguire accordi collettivi e di intraprendere azioni sindacali in conformità del diritto e delle prassi nazionali che rispettano il diritto comunitario. CAMPO D'APPLICAZIONE Un "considerando" introdotto dal Consiglio precisa che, tra i servizi oggetto della direttiva, rientrano numerose attività in costante evoluzione. Fra queste sono citati, i servizi alle imprese, quali i servizi di consulenza manageriale e gestionale, i servizi di certificazione e di collaudo, i servizi di gestione delle strutture, compresi i servizi di manutenzione degli uffici, i servizi di pubblicità o i servizi connessi alle assunzioni e i servizi degli agenti commerciali. Sono inoltre oggetto della i servizi prestati sia alle imprese sia ai consumatori, quali i servizi di consulenza legale o fiscale, i servizi collegati con il settore immobiliare, come le agenzie immobiliari, l’edilizia, compresi i servizi degli architetti, la distribuzione, l’organizzazione di fiere, il noleggio di auto, le agenzie di viaggi. Nell’ambito di applicazione della direttiva rientrano anche i servizi ai consumatori, quali i servizi nel settore del turismo, compresi i servizi delle guide turistiche, i servizi ricreativi, i centri sportivi, i parchi di divertimento e, nella misura in cui non sono esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva, i servizi a domicilio, come l’assistenza agli anziani. Queste attività, è poi precisato, possono riguardare servizi che richiedono la vicinanza del prestatore e del destinatario della prestazione, servizi che comportano lo spostamento del destinatario o del prestatore e servizi che possono essere prestati a distanza, anche via Internet. La direttiva si applica quindi soltanto ai servizi che sono prestati dietro corrispettivo economico ed è spiegato che i servizi non economici d’interesse generale sono pertanto esclusi dal suo ambito di applicazione. Viceversa, i servizi d’interesse economico generale sono servizi che, essendo prestati dietro corrispettivo economico, rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva. Questa, inoltre, non si applica nemmeno ai servizi finanziari quali l’attività bancaria, il credito, l’assicurazione e la riassicurazione, le pensioni professionali o individuali, i titoli, gli investimenti, i fondi, ai servizi di pagamento e quelli di consulenza nel settore degli investimenti. Così come sono esclusi i servizi e le reti di comunicazione elettronica. Parimenti, non rientrano nel campo d'applicazione i servizi nel settore dei trasporti, ivi compresi i servizi portuali, e i servizi delle agenzie di lavoro interinale. Sono anche esclusi i servizi sanitari, «indipendentemente dal fatto che vengano prestati o meno nel quadro di una struttura sanitaria e a prescindere dalle loro modalità di organizzazione e di finanziamento sul piano nazionale e dalla loro natura pubblica o privata», i servizi audiovisivi, ivi compresi i servizi cinematografici, a prescindere dal modo di produzione, distribuzione e trasmissione, e i servizi radiofonici. Anche le attività di azzardo che implicano una posta di valore pecuniario in giochi di fortuna, comprese le lotterie, i giochi d’azzardo nei casinò e le scommesse sono esclusi, assieme alle attività connesse con l’esercizio di pubblici poteri e ai servizi forniti da notai e ufficiali giudiziari nominati con atto ufficiale della pubblica amministrazione. Ma anche i servizi sociali riguardanti gli alloggi popolari, l’assistenza all'infanzia e il sostegno alle famiglie ed alle persone temporaneamente o permanentemente in stato di bisogno, forniti dallo Stato, da prestatori incaricati dallo Stato o da associazioni caritative riconosciute come tali dallo Stato, nonché i servizi privati di sicurezza. LIBERTA' DI PRESTAZIONE DI SERVIZI E DEROGHE Come richiesto dal Parlamento, il principio del paese d'origine è stato sostituito con quello della libera prestazione di servizi (articolo 16 della direttiva). In base a tale principio, agli Stati membri è imposto l'obbligo di rispettare «il diritto dei prestatori di fornire un servizio in uno Stato membro diverso da quello in cui sono stabiliti». Lo Stato membro in cui il servizio viene prestato, quindi, deve assicurare il libero accesso a un’attività di servizi e il libero esercizio della medesima sul proprio territorio. E' anche precisato che non può subordinare l’accesso a un’attività di servizi o l’esercizio della medesima sul proprio territorio a requisiti che non rispettino una serie di principi. Pertanto i requisiti non possono essere direttamente o indirettamente discriminatori sulla base della nazionalità o, nel caso di persone giuridiche, della sede («non discriminazione») e devono essere giustificati da ragioni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di sanità pubblica o di tutela dell’ambiente («necessità»). Inoltre, i requisiti devono essere tali da garantire il raggiungimento dell’obiettivo perseguito e non devono andare al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo («proporzionalità»). Più in particolare, è precisato che Gli Stati membri non possono restringere la libera circolazione dei servizi forniti da un prestatore stabilito in un altro Stato membro imponendo l’obbligo per il prestatore di essere stabilito sul loro territorio o di ottenere un’autorizzazione dalle autorità competenti, compresa l’iscrizione in un registro o a un ordine professionale sul loro territorio, salvo i casi previsti dalla presente direttiva o da altri strumenti di diritto comunitario. Non è consentito imporre il divieto al prestatore di dotarsi sul loro territorio di una determinata forma o tipo di infrastruttura, inclusi uffici o uno studio, necessaria all’esecuzione delle prestazioni in questione. Inoltre, a eccezione di quelli in materia di salute e di sicurezza sul posto di lavoro, non è possibile richiedere il rispetto di requisiti all’uso di attrezzature e di materiali che costituiscono parte integrante della prestazione del servizio. Parimenti non può imporsi l’applicazione di un regime contrattuale particolare tra il prestatore e il destinatario che impedisca o limiti la prestazione di servizi a titolo indipendente, o l’obbligo per il prestatore di essere in possesso di un documento di identità specifico per l’esercizio di un’attività di servizi rilasciato dalle loro autorità competenti. Allo Stato membro in cui il prestatore si reca, d'altra parte, non può essere impedito di imporre requisiti relativi alla prestazione di un’attività di servizi qualora siano giustificati da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di sanità pubblica o tutela dell’ambiente. Allo stesso modo, a quello Stato membro non può essere impedito di applicare, conformemente al diritto comunitario, le proprie norme in materia di condizioni di occupazione, comprese le norme che figurano negli accordi collettivi. Entro cinque anni dall'entrata in vigore della direttiva, e previa consultazione degli Stati membri e delle parti sociali a livello comunitario, la Commissione dovrà trasmettere al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione di tali disposizioni, in cui dovrà esaminare la necessità di proporre misure di armonizzazione per le attività di servizi che rientrano nel campo d’applicazione della direttiva. Ulteriori deroghe alla libera prestazione di servizi Come proposto dal Parlamento in prima lettura, anche il testo della posizione comune prevede che le disposizioni sulla libera prestazione di servizi non si applica ai servizi di interesse economico generale forniti in un altro Stato membro, fra cui i servizi nel settore postale contemplati dalla direttiva 97/67/CE, a quelli nel settore dell’energia elettrica contemplati dalla direttiva 2003/54/CE, ai servizi nel settore del gas contemplati dalla direttiva 2003/55/CE, a quelli di distribuzione e fornitura idriche e ai servizi di gestione delle acque reflue, nonché ai servizi legati al trattamento dei rifiuti. L'articolo 16, inoltre, non si applica alle materie disciplinate dalla direttiva relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi (96/71/CE), a quelle disciplinate dalla direttiva sulla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali e sulla libera circolazione di tali dati (95/46/CE). Sono anche escluse le materie disciplinate dalla direttiva intesa a facilitare l’esercizio effettivo della libera prestazione di servizi da parte degli avvocati, le attività di recupero giudiziario dei crediti e le materie sulla libera prestazione di servizi disciplinate dalla direttiva relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, «compresi i requisiti negli Stati membri dove il servizio è prestato che riservano un’attività ad una particolare professione». Anche gli atti per i quali la legge richiede l'intervento di un notaio non sono sottoposti al principio di libera prestazione dei servizi, così come le materie disciplinate dalla direttiva sulla revisione legale dei conti annuali e dei conti consolidati. Inoltre, beneficiano della deroga l'immatricolazione dei veicoli presi in leasing in un altro Stato membro e le disposizioni relative agli obblighi contrattuali e non contrattuali, compresa la forma dei contratti, determinate in virtù delle norme di diritto internazionale. Sono, infine, esenti i diritti d’autore e diritti connessi. Relazioni con altre disposizioni del diritto ue Se le disposizioni della direttiva sono in conflitto con disposizioni di altri atti comunitari che disciplinano aspetti specifici dell’accesso ad un’attività di servizi o del suo esercizio in settori specifici o per professioni specifiche, è precisato che le disposizioni di questi altri atti comunitari «prevalgono e si applicano a tali settori o professioni specifiche». Tra tali atti comunitari, sono citati la direttiva relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi (96/71/CE), il regolamento relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità (1408/71), la direttiva relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive(89/552/CEE) e la direttiva relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (2005/36/CE). LIBERTA' DI STABILIMENTO Gli Stati membri possono subordinare l’accesso ad un’attività di servizio e il suo esercizio ad un regime di autorizzazione soltanto se questo non risulta discriminatorio nei confronti del prestatore, se è giustificato da un motivo imperativo di interesse generale o se l’obiettivo perseguito non può essere conseguito tramite una misura meno restrittiva, in particolare in quanto un controllo a posteriori interverrebbe troppo tardi per avere reale efficacia. Tra i motivi imperativi di interesse generale figurano l’ordine pubblico, la sicurezza, l’incolumità e la sanità pubblica, il mantenimento dell’equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale, la tutela dei consumatori, dei destinatari di servizi e dei lavoratori, l’equità delle transazioni commerciali, la lotta alla frode, la tutela dell’ambiente, la salute degli animali, la proprietà intellettuale, la conservazione del patrimonio nazionale storico ed artistico, gli obiettivi di politica sociale e di politica culturale I regimi di autorizzazione devono basarsi su criteri che inquadrino l’esercizio del potere di valutazione da parte delle autorità competenti «affinché tale potere non sia utilizzato in modo arbitrario». Tali criteri, è precisato, devono essere non discriminatori, giustificati da un motivo imperativo di interesse generale, commisurati all’obiettivo di interesse generale, chiari e inequivocabili, oggettivi, resi pubblici preventivamente, nonché trasparenti e accessibili. L’autorizzazione - che in principio ha una durata limitata - dovrà permettere al prestatore di accedere all’attività di servizi o di esercitarla su tutto il territorio nazionale, anche mediante l’apertura di rappresentanze, succursali, filiali o uffici, tranne nei casi in cui la necessità di un’autorizzazione specifica o di una limitazione dell’autorizzazione ad una determinata parte del territorio per ogni stabilimento sia giustificata da un motivo imperativo di interesse generale. SEMPLIFICAZIONE AMMINISTRATIVA Per agevolare l’accesso alle attività di servizi e il loro esercizio nel mercato interno, la direttiva stabilisce l’obiettivo, comune a tutti gli Stati membri, di una semplificazione amministrativa. Prevede quindi disposizioni riguardanti, in particolare, gli sportelli unici, il diritto all’informazione, le procedure per via elettronica e la definizione di un quadro per i regimi di autorizzazione. Altre misure adottate a livello nazionale per raggiungere quest’obiettivo potrebbero consistere nel ridurre il numero delle procedure e formalità applicabili alle attività di servizi, limitandole a quelle indispensabili per conseguire un obiettivo di interesse generale e che non rappresentano, per contenuto o finalità, dei doppioni. CONTROLLI La direttiva impone agli Stati membri di cooperare strettamente affinché le sue disposizioni siano rispettate. Per quanto riguarda i prestatori che forniscono servizi in un altro Stato membro, lo Stato membro di stabilimento deve fornire le informazioni sui prestatori stabiliti sul suo territorio richieste da un altro Stato membro, in particolare la conferma del loro stabilimento sul suo territorio e del fatto che, a quanto gli risulta, essi non vi esercitano attività in modo illegale. Lo Stato membro di stabilimento, inoltre deve procedere alle verifiche, ispezioni e indagini richieste da un altro Stato membro e informa quest’ultimo dei risultati e, se del caso, dei provvedimenti presi. Qualora venga a conoscenza di comportamenti o atti precisi di un prestatore stabilito sul suo territorio che presta servizi in altri Stati membri che, a sua conoscenza, possano causare grave pregiudizio alla salute o alla sicurezza delle persone o all’ambiente, lo Stato membro di stabilimento deve informarne al più presto gli altri Stati membri e la Commissione. RESTRIZIONI AI DESTINATARI VIETATE In forza alla direttiva, gli Stati membri non possono imporre al destinatario requisiti che limitano l’utilizzazione di un servizio fornito da un prestatore stabilito in un altro Stato membro. In particolare non potrà essere imposto l’obbligo di ottenere un’autorizzazione dalle loro autorità competenti o quello di presentare una dichiarazione presso di esse né stabilire limiti discriminatori alla concessione di aiuti finanziari a causa del fatto che il prestatore è stabilito in un altro Stato membro o in ragione del luogo in cui il servizio è prestato. Gli Stati membri, inoltre, dovranno provvedere affinché al destinatario non vengano imposti requisiti discriminatori fondati sulla sua nazionalità o sul suo luogo di residenza. DIBATTITO IN AULA (15/11/2006) Intevento della relatrice Evelyne GEBHARDT (PSE, DE) ha sottolineato che oggi si giunge alla conclusione di una discussione durata più di due anni e si può essere orgogliosi del lavoro svolto dal Parlamento europeo. Dopo aver ringraziato una serie di colleghi, ha voluto rendere un omaggio particolare al relatore ombra del PPE/DE per l'ottima collaborazione che ha permesso di definire un testo condiviso che non mette in evidenza le divisioni del Parlamento. Il testo della direttiva, ha quindi spiegato, combina gli interessi dei lavoratori con quelli dei consumatori e del mondo economico e, anche attraverso la soppressione del principio del paese d'origine, «contribuisce a mettere le persone al centro della politica». La relatrice ha infatti sottolineato come il testo eviti una «concorrenza malsana» tra i sistemi sociali degli Stati membri, garantendo quindi i lavoratori, limiti la sua applicazione ai soli servizi commerciali e avvantaggi le imprese attraverso l'introduzione del principio della libera prestazione di servizi che vieta l'applicazione di misure protezionistiche. Dichiarazione della Commissione Charlie McCREEVY ha sottolineato come la direttiva costituisca «una pietra miliare» non solo per i suoi contenuti ma anche per l'importante ruolo svolto dal Parlamento nella procedura legislativa. La direttiva, ha aggiunto, rappresenta uno sforzo fondamentale per rilanciare l'economia europea attraverso il completamento del mercato interno e, quindi, la promozione della crescita e dell'occupazione, nonché la tutela dei lavoratori e dei prestatori. Nell'evidenziare come il Parlamento abbia dimostrato la capacità di giungere a compromessi su questioni spinose e come la posizione comune rispecchi appieno l'approccio dei deputati, il commissario ha chiarito che i futuri orientamenti della Commissione serviranno ad assistere gli Stati membri ad applicare la direttiva in modo adeguato e non sarà giuridicamente vincolante (ruolo che spetta alla Corte di giustizia). La Commissione, inoltre, agirà in modo trasparente informando sistematicamente il Parlamento, anche sulla necessità di future ulteriori armonizzazioni. Ha quindi precisato che il diritto del lavoro non sarà intaccato dalla direttiva e, pertanto, non avrà effetto sulle prassi nazionali e sui diritti collettivi definiti dagli Stati membri e avrà un impatto neutrale nei confronti dei modelli relativi al ruolo delle parti sociali. Resteranno comunque d'applicazione i principi sanciti dal Trattato. La direttiva, ha poi aggiunto, non avrà ripercussioni sul diritto penale nazionale e, di conseguenza, gli Stati membri applicheranno le loro norme in materia anche alle imprese straniere che operano sul loro territorio. Tuttavia, non si potrà ricorrere al diritto penale per aggirare le disposizioni della direttiva. Infine, il commissario ha precisato che i servizi sociali, offerti da imprese per conto degli Stati membri o da organizzazioni di volontariato, sono esclusi dal campo d'applicazione della direttiva. Dichiarazione del Consiglio Mauri PEKKARINEN ha affermato che l'adozione della direttiva segna la storia del mercato interno e si è detto felice che, «finalmente», si sia giunti a un avvicinamento delle posizioni. Si tratta, ha detto il Ministro, di una «riforma radicale» ed è quindi normale che si siano aperte divisioni profonde. Ma ora, ha aggiunto, «è ora di guardare al futuro». Il voto del Parlamento in prima lettura, ha proseguito, ha rappresentato un «compromesso storico» che ha reso più semplice la continuazione dei lavori. Sottolineando quindi la profonda differenza tra la posizione comune e la proposta originaria, il Ministro ha però affermato che la direttiva mantiene lo stesso obiettivo di «aprire nuove porte ai prestatori e agli utenti (consumatori e imprese). Offre quindi certezza del diritto agli operatori, dimostrando il valore aggiunto dell'azione europea. Ha poi precisato che, tuttavia, non si tratta del capolinea di un processo che deve portare al completamento del mercato interno. Per concludere ha affermato di condividere la dichiarazione chiarificatrice della Commissione. Replica della relatrice Per Evelyne GEBHARDT (PSE, DE) la dichiarazione della Commissione «chiarisce le incertezze» e, pertanto, ha invitato l'Aula ad approvare la posizione comune senza emendamenti. Ha però voluto esprimere una punta di amarezza per il fatto che il Consiglio abbia limitato le prerogative del Parlamento affermando che, visto il delicato equilibrio raggiunto dai Ministri, non sarebbe stato possibile apportare modifiche alla posizione comune. Sottolineando quindi che anche il compromesso parlamentare era frutto di un equilibrio molto delicato, la relatrice ha quindi auspicato che questa situazione non si ripeta più in futuro. Intervento in nome dei gruppi Per Malcolm HARBOUR (PPE/DE, UK) si tratta di «un giorno importante per i cittadini europei» poiché non bisogna dimenticare che il completamento del mercato unico riguarda proprio loro. La direttiva, ha aggiunto, mira a promuovere la crescita economica e migliorare la vita dei cittadini nonché a rimuovere le barriere a vantaggio delle imprese. Ha quindi sottolineato che, per la prima volta, spetta ora agli Stati membri prendere le disposizioni per promuovere il mercato interno presso le imprese nazionali. Ha quindi concluso ricordando che le PMI rappresentano il 90% del settore dei servizi e se ognuna di esse creasse un solo nuovo posto di lavoro, il problema della disoccupazione in Europa sarebbe risolto. Johannes SWOBODA (PSE, AT) ha sottolineato le paure che spesso accompagnano le misure di completamento del mercato interno che, a volte, sfociano in forme di nazionalismo pericolose. Per far fronte a queste paure, ha aggiunto, occorre che il mercato unico sia realizzato senza minacciare la coesione sociale, ossia creando le condizioni affinché i cittadini lo accettino. Anneli JÄÄTTEENMÄKI (ALDE/ADLE, FI) ha voluto evidenziare come gran parte dei nuovi posti di lavoro sono creati nel settore dei servizi. Il compromesso, per la deputata, era l'unico possibile in questo momento e non è vero che il Parlamento abbia svenduto la sua posizione adeguandosi a quella del Consiglio. Al riguardo, ha quindi sottolineato che il campo d'applicazione della direttiva include un'ampia gamma di servizi importanti come quelli nell'edilizia, nel commercio e nella distribuzione e nel tempo libero. Consentendo una maggiore concorrenza, ha aggiunto, si arriverà a una riduzione dei prezzi ma, ha precisato, occorre anche garantire la qualità dei servizi. In conclusione, ha stigmatizzato il fatto che molti Stati membri hanno precluso l'accesso dei lavoratori dei nuovi futuri Stati membri sul proprio territorio e si preparano a limitarlo anche ai futuri membri UE. Heide RÜHLE (Verdi/ALE, DE) si è detta delusa che i tre grandi gruppi del Parlamento si siano rifiutati di procedere a una vera seconda lettura sulla proposta di direttiva. Ha quindi sottolineato che il Consiglio ha messo «sotto pressione» il Parlamento affinché non modifichi il testo, ma ha poi proceduto a riformulare profondamente la direttiva, soprattutto sui temi sociali. Ossia proprio su quegli argomenti che hanno portato alla bocciatura del referendum sulla costituzione in Francia. Per la deputata è inconcepibile accettare che i servizi sociali siano soltanto citati senza ulteriori spiegazioni, lasciando poi il compito alla Corte di giustizia di interpretare il testo. L'adozione della direttiva, ha concluso, rappresenta «una sconfitta del Parlamento». Per Francis WURTZ (GUE/NGL, FR) alla procedura di codecisione e di conciliazione si è aggiunta quella «della capitolazione», visto che il Parlamento cede agli ordini del Consiglio di non presentare nuovi emendamenti al testo. Il deputato avrebbe auspicato una più netta esclusione dal campo d'applicazione del diritto del lavoro e dei servizi sociali, visto che la posizione comune è, su questi temi, troppo vaga e che la «dichiarazione consolatoria» della Commissione è insufficiente. Ha quindi stigmatizzato le troppe zone grigie della direttiva che si prestano a interpretazioni ingestibili da parte della Corte di giustizia. Il deputato ha poi criticato che i servizi sociali e le norme sul distaccamento dei lavoratori sarebbero sottoposte, di fatto, alle regole della concorrenza. Ha quindi annunciato il voto contrario del suo gruppo. Adam BIELAN (UEN, PL) ha sottolineato l'esigenza di eliminare gli ostacoli e completare il mercato interno e ha criticato le limitazioni imposte alla libera circolazione dei lavoratori dei nuovi Stati membri, che impongono ai consumatori prezzi più elevati per servizi scadenti. Ha quindi affermato che un ulteriore annacquamento della direttiva la priverebbe di efficacia, portando alla perdita di posti di lavoro. Per Jens-Peter BONDE (IND/DEM, DK) si tratta della direttiva dei giudici, vista la scadente chiarezza delle norme. Ha quindi ricordato di aver presentato tre emendamenti che consentirebbero agli Stati membri di pretendere il rispetto degli accordi collettivi da parte delle imprese straniere che offrono servizi sul proprio territorio, di definire quali servizi debbano essere regolamentati e di applicare le stesse tasse e l'IVA gravanti alla imprese nazionali ai prestatori che operano sul proprio territorio. Si è detto quindi favorevole a un mercato unico dei servizi, a condizione però che siano rispettate le norme nazionali. Interventi dei deputati italiani Per Mario BORGHEZIO (NI, IT), rispetto al progetto originario della Commissione, «che era già altrettanto pericoloso», le finalità di imporre una regolamentazione unica per tutti gli Stati membri dell'Unione europea restano ancora «molto pericolose». E ciò anche alla luce degli interessi diffusi del sistema delle piccole e medie imprese, «specialmente quelle della Padania», perché la direttiva porta a una «concorrenza spietata nel settore dei servizi» che - ha tenuto a ricordare - rappresenta il 70 per cento del PIL dell'Unione europea. È lecito chiedersi - ha aggiunto - se, su un tema così delicato, siano stati veramente ascoltati e accolti i rilievi fatti dalla società civile o se i pericoli di dumping sociale ed economico siano stati effettivamente eliminati «da questa nuova versione edulcorata della direttiva Bolkestein». Purtroppo, ha proseguito, «la concorrenza sleale da parte di imprenditori spregiudicati a danno del sistema delle piccole e medie imprese, che invece lavorano nel pieno rispetto delle leggi, è a tutt'oggi presente». E questi, ha spiegato, «sono i risultati di una liberalizzazione che è stata voluta dalla Commissione e dalla Corte di giustizia delle Comunità europee». Ha quindi concluso dichiarandosi contrario «a questo centralismo burocratico dell'Unione europea». Luigi COCILOVO (ALDE/ADLE, IT) si è detto convinto che l'adozione della direttiva nella formulazione attuale, «possa aiutare l'Europa», poiché contribuisce «a sciogliere incrostazioni e a superare ostacoli e barriere che hanno pesato su l'unificazione del mercato dei servizi e sull'iniziativa di imprese di offrire prestazioni professionali anche al di fuori dei confini nazionali». Nello stesso tempo, ha aggiunto, la direttiva fornisce garanzie e rafforza la prospettiva di una dimensione europea di mercato e di sistema, «dove la libera circolazione sia possibile non solo per la competizione schiacciata sulla concorrenza per costi e rischio di dumping ma anche per le buone regole o prassi tese a garantire principi ed interessi irrinunciabili». Tra questi ha quindi citato quelli relativi alla garanzia delle prestazioni universali, degli interessi generali anche in ambiti di rilevanza economica, degli obiettivi di qualificazione e di impresa, della tutela dell'ambiente e della sicurezza, delle tutele sociali fondamentali. Il deputato ha quindi concluso auspicando «non solo di avere domani più Europa, ma anche un'Europa migliore». Per Roberta ANGELILLI (UEN, IT), al fine di sostenere crescita ed occupazione, l'Europa ha bisogno di ampliare il mercato, «eliminando i troppi ostacoli burocratici che ci sono in questo settore». Tuttavia, ha aggiunto, «ciò non deve avvenire a discapito dei diritti dei lavoratori, né creare situazioni di sfruttamento o di dumping sociale». Riconoscendo poi che dalla direttiva originaria sono stati esclusi numerosi servizi «di rilevanza sociale», la deputata ha affermato che il testo posto in votazione «rimane ancora ambiguo», poiché «non è ancora ben chiaro il confine tra questa direttiva e il diritto del lavoro e le tutele sociali nazionali». Per questi motivi, e nonostante le rassicurazioni di questa mattina, la deputata ha chiesto che la direttiva, nella sua concreta applicazione, «rispetti le pratiche di concertazione nazionale e non eluda gli accordi collettivi di categoria». Ha poi insistito sulla necessità di «una severa verifica» dell'applicazione della direttiva, «affinché non siano violate le norme a tutela dei diritti dei lavoratori e dei consumatori e le norme a tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro». Stefano ZAPPALÀ (PPE/DE, IT) ha anzitutto ricordato di essersi occupato, già durante la scorsa legislatura e in parte della presente, di altre direttive e iniziative che riguardano l'attuazione del mercato interno, insieme alla relatrice e al relatore ombra del PPE/DE. Ha voluto quindi complimentarsi con la relatrice perché, oltre che della direttiva "Forniture e servizi", durante la scorsa legislatura hanno trattato congiuntamente la direttiva "Qualifiche professionali". Per il deputato, la direttiva servizi «è una parte fondamentale dell'attuazione prevista dai trattati del mercato interno» e rappresenta il seguito di altre attività legislative di cui egli si è occupato assieme alla relatrice e al relatore ombra. Si è quindi nuovamente complimentato con la prima per la capacità con cui è riuscita, sin dalla prima lettura, a portare a felice conclusione la direttiva in esame in un settore così importante. Ha poi voluto precisare che tali tipi di legislazione sono volti ad armonizzare i sistemi nazionali e non a «imporre ai sistemi nazionali». Sostenendo il completamento del mercato interno e sottolineando che in Aula è ancora aleggiato un nome (Bolkestein, ndr) «che non esiste più», ha voluto evidenziare che, rispetto agli egoismi nazionali rappresentati dal Consiglio e rispetto agli egoismi di altro tipo rappresentati dalla Commissione, il Parlamento europeo è l'istituzione che certamente «riesce a risolvere i problemi di rilevante e di importante valore». Replica della Commissione Charlie McCREEVY ha affermato di non condividere le preoccupazioni circa il ruolo determinante della Corte di giustizia poiché l'ampio consenso che si è delineato all'interno del Consiglio non dovrebbe portare a controversie. Ricordando poi che gli Stati membri hanno tre anni di tempo per adeguarsi alle disposizioni della direttiva, ha sottolineato che la Commissione vigilerà affinché la direttiva sia correttamente trasposta. Il commissario ha poi concluso evidenziando nuovamente il ruolo svolto dal Parlamento che, «dimostrando maturità», non ha scelto la facile via di respingere la proposta ed ha adempiuto al suo compito di colegislatore. Link utili
Posizione comune del Consiglio Riferimenti Evelyne GEBHARDT (PSE, DE) |
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Il Parlamento chiede l'adozione di un quadro legislativo armonizzato in materia di successioni e testamenti a carattere transfrontaliero. In tale ambito, avanza una serie di raccomandazioni concrete volte ad agevolare l'entrata in possesso delle eredità, riducendo le difficoltà e i costi. Lo strumento UE dovrà quindi istituire un "certificato successorio europeo" e lasciare spazio alla libertà di scelta dei testatori quanto alla legislazione applicabile. Secondo uno studio del 2002 realizzato dal Deutsches Notarinstitut su incarico della Commissione europea, ogni anno si aprono nel territorio dell'Unione europea tra le 50.000 e le 100.000 successioni a causa di morte caratterizzate da elementi di internazionalità. Questo numero, inoltre, è destinato a essere rivisto in aumento, a seguito della recente adesione all'Unione europea di dieci nuovi Stati membri e in vista dei prossimi allargamenti. D'altra parte, attualmente sussistono profonde divergenze tra i sistemi di diritto internazionale privato e di diritto sostanziale degli Stati membri in materia di successioni a causa di morte e testamenti. Osservando che tali divergenze determinano, a carico degli aventi diritto, difficoltà e costi per entrare in possesso dell'eredità, il Parlamento, adottando la relazione di Giuseppe GARGANI (PPE/DE, IT) con 457 voti favorevoli, 51 contrari e 22 astensioni, chiede alla Commissione di presentargli, nel corso del 2007, una proposta legislativa in materia di successioni a causa di morte e testamenti. A tal fine, suggerisce alla Commissione delle raccomandazioni particolareggiate sui contenuti e la struttura del provvedimento legislativo che, è precisato, dovrà essere elaborato nell’ambito di un dibattito interistituzionale e adottato con la procedura di codecisione. I deputati ritengono che lo strumento legislativo da adottare dovrà contenere una disciplina «tendenzialmente esaustiva» del diritto internazionale privato delle successioni a causa di morte. Contestualmente, tale strumento, dovrà procedere all'istituzione di un "certificato successorio europeo" e all'armonizzazione delle norme concernenti la competenza giurisdizionale, la legge applicabile (cosiddette norme di conflitto), il riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze e degli atti pubblici stranieri. E' fatta eccezione per le norme sostanziali e procedurali che disciplinano la materia negli Stati membri. Allo stesso tempo, il Parlamento invita la Commissione, nel quadro delle consultazioni sul programma di finanziamento nel settore della giustizia civile per il periodo 2007 2013, a pubblicare un invito a presentare proposte per una campagna d'informazione sulle successioni e i testamenti transfrontalieri destinata ai legali che operano nel settore. Ma anche a indicare come priorità la creazione di una rete di legali civilisti, «al fine di sviluppare la fiducia e la comprensione reciproche tra i professionisti del settore, di favorire lo scambio di informazioni e di mettere a punto prassi eccellenti». Giurisdizione e criteri di collegamento: riconoscere l'autonomia privata I deputati ritengono che lo strumento legislativo da adottare dovrà ridurre le difficoltà di applicazione della legge straniera. A tale scopo, preferiscono, sia quale titolo di giurisdizione principale sia quale criterio di collegamento oggettivo, il luogo di residenza abituale del defunto. Ossia il suo luogo di residenza al momento del decesso, sempreché sia stata la sua residenza abituale per almeno due anni prima della morte o, nel caso non lo sia stata, il luogo in cui aveva il centro dei propri interessi al momento del decesso. Tuttavia, ritengono anche che lo strumento legislativo «dovrà attribuire un certo spazio all'autonomia della volontà». Più in particolare, dovrà consentire alle parti in causa di scegliere, a determinate condizioni, il giudice competente e, quindi, la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. Al testatore, inoltre, dovrebbe essere riconosciuta la facoltà di scegliere, quale legge regolatrice dell'intera successione, tra la propria legge nazionale e la legge dello Stato in cui ha la residenza abituale al momento della scelta. Tale scelta, è anche precisato, «dovrà essere espressa in una dichiarazione avente la forma di una disposizione testamentaria». Lo strumento legislativo, d'altra parte, dovrà evitare che tramite la facoltà di scelta della legge applicabile «siano frodati i principi fondamentali di assegnazione della legittima in favore dei congiunti più stretti stabiliti dalla legge applicabile alla successione a titolo oggettivo». Dovrà inoltre assicurare il coordinamento della legge applicabile alla successione con le norme della legge del luogo dove si trovano i beni ereditari al fine di rendere queste ultime applicabili. La legge applicabile alla successione, poi, non potrà influire sull'applicazione di altre disposizioni dello Stato nel quale sono ubicati determinati beni immobili, imprese o altre speciali categorie di beni, e le cui norme istituiscono un regime ereditario speciale per quanto concerne tali beni in ragione di considerazioni economiche, familiari o sociali. Legge applicabile alla forma dei testamenti e ai patti successori Il Parlamento ritiene inoltre che lo strumento legislativo da adottare dovrà prevedere un'apposita disciplina in materia di legge applicabile alla forma delle disposizioni testamentarie. Queste, più in particolare, dovranno reputarsi valide, quanto alla forma, ove siano considerate tali dalla legge dello Stato in cui il testatore ha disposto, dalla legge dello Stato in cui il testatore aveva la sua residenza abituale nel momento in cui ha disposto o al momento della morte, o dalla legge di uno degli Stati di cui il testatore aveva la nazionalità nel momento in cui ha disposto o al momento della morte. Per quanto riguarda i patti successori, il provvedimento dovrà prevedere che, nel caso in cui riguardino la successione di una sola persona, questi dovranno essere regolati dalla legge dello Stato in cui tale persona ha la sua residenza abituale al momento della conclusione del patto. Se, invece, riguardano la successione di più persone, dovranno essere regolati da ognuna delle leggi degli Stati nei quali ognuna di tali persone ha la propria residenza abituale al momento della conclusione del patto. Anche in questo caso, tuttavia, i deputati chiedono che si attribuisca un certo spazio all'autonomia della volontà, consentendo alle parti di convenire a quale legge devono essere sottoposti tali patti. Lo strumento legislativo da adottare dovrà disciplinare anche le questioni di carattere generale in materia di legge applicabile. A tale proposito, il Parlamento ritiene che la legge designata dallo strumento legislativo dovrà essere competente a disciplinare, «a prescindere dalla natura e dall'ubicazione dei beni», l'intera successione, dall'apertura fino alla trasmissione dell'eredità agli aventi diritto. Lo strumento legislativo, inoltre, dovrà avere carattere erga omnes, «cioè essere applicabile anche nel caso in cui la legge dal medesimo designata sia la legge di uno Stato terzo» e indicare i modi e i mezzi con cui le autorità chiamate ad applicare una legge straniera dovranno accertarne il contenuto, nonché i rimedi in caso di mancato accertamento. Certificato successorio europeo per semplificare le procedure Per il Parlamento, lo strumento legislativo da adottare dovrà perseguire l'obiettivo di semplificare le procedure che eredi e legatari devono seguire per entrare in possesso dei beni ereditari. Dovrà quindi prevedere le regole di diritto internazionale privato volte all'efficace coordinamento degli ordinamenti giuridici in materia di amministrazione, liquidazione e trasmissione dell'eredità, nonché di identificazione degli eredi. Occorre inoltre istituire un "certificato successorio europeo" che indichi, in maniera vincolante, la legge applicabile alla successione, i beneficiari dell'eredità, i soggetti incaricati della sua amministrazione e i relativi poteri, nonché i beni ereditari, affidandone il rilascio ad un soggetto che nei singoli ordinamenti nazionali sia abilitato ad attribuirgli pubblica fede. Tale certificato dovrà essere redatto secondo un modello standard e costituirà titolo idoneo per la trascrizione dell'acquisto ereditario nei pubblici registri dello Stato membro di ubicazione dei beni. I trust I deputati chiedono che i trust non rientrino nel campo di applicazione dello strumento legislativo da adottare. Tuttavia, quest'ultimo dovrà prevedere che, nel caso dei trust facenti parte di una successione, l'applicazione alla successione della legge indicata dallo strumento stesso «non possa ostacolare l'applicazione di un'altra legge per l'amministrazione del trust». Viceversa, l'applicazione al trust della legge per la sua amministrazione non dovrà ostacolare l'applicazione alla successione della legge applicabile in conformità dello strumento legislativo da adottare. Atti pubblici e rete europea dei testamenti Il Parlamento ritiene opportuno disciplinare gli stessi effetti per gli atti pubblici in materia successoria, che in particolare dovranno essere riconosciuti in tutti gli Stati membri per la prova dei fatti e delle dichiarazioni che l’autorità che li ha formati attesta essere avvenuti in sua presenza, qualora la legge dello Stato membro d’origine lo preveda. Quando un atto pubblico è destinato a essere trascritto in pubblici registri dovrà anche essere previsto che l'atto stesso sia accompagnato da un "certificato di conformità" all’ordine pubblico ed alle norme imperative dello Stato membro richiesto. Tale certificato dovrà essere rilasciato – secondo un formulario standard – dall’autorità che sarebbe stata competente a formare l'atto in quest’ultimo Stato. A tale proposito, infine, il Parlamento auspica la creazione di una rete europea dei registri dei testamenti attraverso la messa in rete dei registri nazionali, al fine di semplificare la ricerca e l’accertamento delle disposizioni di ultima volontà del defunto. Link utili Libro Verde della Commissione - Successioni e testamenti Riferimenti Giuseppe GARGANI (PPE/DE, IT) |
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L'Aula ha tenuto un ampio dibattito in merito al programma di lavoro della Commissione per il 2007. Energia, cambiamenti climatici, immigrazione, sicurezza, competitività e innovazione, sono stati i principali temi affrontati. Senza dimenticare le tematiche sociali. Il Parlamento adotterà una risoluzione su tale questione in occasione della sessione di dicembre. Dichiarazione della Commissione José Manuel BARROSO ha esordito sostenendo che il recente black out elettrico è stato «illuminante» quanto alla necessità di più Europa. Non ci sono più dubbi, ha aggiunto, che siamo confrontati oggi a più sfide comuni che in passato, dovute in gran parte alla globalizzazione. E, ha insistito, le sfide comuni necessitano di soluzioni comuni che riguardano la crescita e l'occupazione in un mondo sempre più competitivo, il cambiamento climatico, la sicurezza energetica e il terrorismo internazionale. L'Unione, ha quindi proseguito, ha risposto a queste sfide con la Strategia di Lisbona rinnovata e il Patto di stabilità, liberando il potenziale del mercato unico e preservando la solidarietà sociale, senza dimenticare la promozione dell'innovazione. Riguardo all'ampliamento, ricordando che la Commissione ha proposto i due candidati commissari (con i portafogli della politica dei consumatori e del multilinguismo), il Presidente si è detto fiero di questo nuovo progresso nell'unificazione europea ed ha affermato che «nei prossimi secoli, gli specialisti di storia europea diranno che l'allargamento sarà stato il più importante strumento di pace, di prosperità e di stabilità della nostra generazione». Ha poi sottolineato che «è giunto il momento che non si parli più di nuovi e vecchi Stati membri» poiché, più che mai, «formiamo una sola Europa, unita in tutta la sua diversità». Dopo aver citato alcuni dei risultati già ottenuti dal suo Collegio, il Presidente ha affermato che il 2007, cinquantenario della firma dei trattati di Roma, segnerà una svolta poiché sfrutterà tutta la potenza comunitaria per rispondere alle attese dei cittadini e potrà beneficiare di un nuovo quadro finanziario. Il Programma di lavoro, ha spiegato Barroso, integrando numerose preoccupazioni espresse dal Parlamento, è suddiviso in 21 iniziative strategiche e prevede un secondo elenco d'iniziative prioritarie in altri campi importanti. Ha poi sottolineato che grande importanza è stata attribuita a un insieme di misure volte alla semplificazione nell'ambito dell'iniziativa "Legiferare meglio". Il Presidente ha quindi accennato ai principali elementi del Programma di lavoro, sottolineandone gli elementi essenziali per quanto riguarda la politica energetica comune, i cambiamenti climatici, la necessità di attirare migranti economici altamente qualificati e la riduzione dell'immigrazione clandestina, la modernizzazione del mercato unico (in particolare nel campo della difesa) e la lotta al terrorismo. Ma il 2007 è anche l'anno in cui dovrà essere risolta la questione istituzionale. In proposito, il Presidente ha evidenziato che la dichiarazione di Berlino per celebrare il 50° anniversario dovrà essere chiara e sintetica e dovrà affermare ciò che ci unisce, ma soprattutto dove vogliamo andare e cosa auspichiamo fare dell'Europa nei prossimi 50 anni». Si è poi detto convinto che tutte le condizioni sono riunite affinché si possano realizzare progressi importanti su tale questione. Progressi che sono «capitali», poiché l'assenza di un trattato costituzionale ha costi non indifferenti. Vi è la necessità di questo trattato, ha spiegato, «se vogliamo essere più efficaci nel prendere le decisioni, più coerenti nell'azione esterna e più trasparenti e democratici nel funzionamento interno». Interventi in nome dei gruppi Françoise GROSSETÊTE (PPE/DE, FR) si è anzitutto complimentata con la Commissione per aver stilato un programma «più politico» che, per la prima volta, comprende anche il capitolo della semplificazione. Quest'ultima, ha affermato, può essere molto utile nel 2007, che sarà un anno determinante per dare nuovo slancio all'UE, riallacciando i legami con i cittadini. La deputata ha però sottolineato che l'esistenza di due elenchi di priorità potrebbe portare a confusione, soprattutto per quanto riguarda la gerarchia delle misure da prendere, ed ha espresso dubbi sull'opportunità di prevedere anche un calendario a 18 mesi, preferendone uno a 12. Ha poi sostenuto che occorre vigilare affinché le iniziative della Commissione rispettino i vincoli di bilancio e, a tale proposito, ha stigmatizzato la proliferazione di agenzie affermando ironicamente che «ci vorrebbe un'agenzia che si occupi della ripartizione delle competenze tra tutte le agenzie comunitarie». La deputata ha quindi sottolineato l'esigenza di rispettare il principio "value for money" che deve garantire un buon rapporto costi/benefici. Sul tema della competitività ha poi sottolineato l'esigenza di snellire la burocrazia e di eliminare le disposizioni legislative superflue. Si è d'altra parte rallegrata dei settori prioritari individuati dalla Commissione. Al riguardo, ha sottolineato che sul tema dell'energia occorre affrontare il problema della dipendenza energetica, sviluppare le fonti rinnovabili, migliorare l'efficienza e rafforzare le relazioni con i partner. In materia di cambiamenti climatici, ha sottolineato la necessità per l'UE di identificare tecnologie più ecologiche. Ha poi condiviso l'affermazione secondo cui l'allargamento è il più importante strumento di pace e, in proposito, ha sostenuto che occorre anche dialogare con i cittadini. La deputata ha poi concluso affermando che è meglio parlare meno di programmi e «passare subito all'azione». Martin SCHULZ (PSE, DE) ha giudicato positivamente il programma della Commissione, a condizione però che venga realizzato. Al contempo, ha affermato di avere una sensazione di "déjà vu" che, se la si vuole vedere in modo ottimista, dimostra la continuità dell'azione comunitaria. A suo parere è necessario tuttavia «raggiungere il cuore dei cittadini», mentre l'approccio seguito in passato - inspirato dai «fautori radicali del mercato» che hanno difeso la deregulation - ha portato a un record di disoccupazione che ha tolto la fiducia ai cittadini. In proposito ha voluto quindi sottolineare che «senza la solidarietà sociale on potrà essere realizzato il mercato unico». Il deputato ha poi stigmatizzato il fatto che uno dei nuovi portafogli da assegnare ai nuovi commissari riguardi solo il multilinguismo. A suo parere, infatti, si tratta di un compito «modesto» che «non può soddisfare la dignità di un commissario». Occorrerebbe quindi rafforzare tale portafoglio integrando anche gli aspetti legati alla tutela del carattere multiculturale dell'Unione e alla tutela delle minoranze, trasformando tale questione in una vera politica che serva anche a contrastare gli estremismi. Per concludere, si è lamentato dell'assenza dal dibattito della Presidenza, nonostante molte delle iniziative proposte richiedano l'azione del Consiglio dei Ministri. Silvana KOCH-MEHRIN (ALDE/ADLE, DE) avrebbe preferito un programma più ambizioso. Tra gli aspetti positivi del programma della Commissione ha sottolineato la volontà di ridurre la burocrazia e di comunicare con i cittadini, nonché il fatto che è indicata la base giuridica sui cui dovrebbe poggiare ogni iniziativa proposta. La deputata ha però lamentato il fatto che tale programma assomigli a un puzzle formato però da tessere che non possono essere inserite. Ha infatti sostenuto che manca un filo conduttore che affronti le questioni di fondo, come l'ampliamento e il trattato costituzionale, non si parla di politica di sviluppo e la strategia di Lisbona è solo citata. Pierre JONCKHEER (Verdi/ALE, BE) ha sottolineato che occorre «più Europa» e, «vista la debolezza del Consiglio», ha affermato di contare sulla Commissione affinché porti avanti il progetto europeo, senza rivedere al ribasso gli obiettivi. Il deputato si è quindi soffermato sui temi - legati tra loro - del cambiamento climatico, dell'energia e dei trasporti. Ricordando che il suo gruppo ha presentato una proposta per ridurre del 30% le emissioni, ha quindi sottolineato che l'UE non sta rispettando gli impegni di Kyoto ed è quindi necessario instaurare un meccanismo vincolante che permetta all'Unione di infliggere sanzioni agli Stati membri che non si attengono ai piani di riduzione. Ha poi evidenziato la necessità di elaborare piani settoriali per l'efficienza energetica, di ridurre la dipendenza e di diminuire i rischi, ribadendo la propria contrarietà all'energia nucleare. Il deputato ha infine sottolineato che occorre stabilire delle norme sociali minime a livello UE e, in proposito, ha chiesto la definizione di una direttiva quadro sui servizi di interesse generale. Gabriele ZIMMER (GUE/NGL, DE) ha sottolineato che temi quali la povertà, il divario sociale, la tutela della natura, la militarizzazione o gli obiettivi del Millennio, non sono affrontati dal Programma della Commissione che, al contrario, pone l'accento sul mercato unico e la concorrenza «che aggravano i problemi i sociali». Ha quindi chiesto in base a quale mandato la Commissione intende proporre un mercato unico degli armamenti. La deputata ha poi affermato che occorre mettere a punto politiche veramente sociali per riallacciare il legame con i cittadini. L'Unione europea, ha concluso, deve essere democratica, socialmente e ecologicamente sostenibile e ergersi a potenza di pace. Per Brian CROWLEY (UEN, IE), in un mondo che cambia è necessario che l'Europa sappia dare rapidamente delle risposte. Per tale ragione ha criticato i progressi troppo lenti nel quadro della Strategia di Lisbona e, soprattutto, la mancanza di un quadro legislativo che promuova il raggiungimento dei suoi obiettivi, come in materia di copyright, sul fronte dell'innovazione, della ricerca e dello sviluppo. A suo parere, inoltre, si rischia anche di regredire in talune aree, come in quella della fiscalità. Si è infatti detto contrario a un'armonizzazione della tassazione visto che la concorrenza fiscale può invece portare a molti benefici. Per il deputato, infine, occorre sostenere le forze di mantenimento della pace nel quadro della PESD. Jens-Peter BONDE (IND/DEM, DK) si è lamentato delle procedure non democratiche dell'UE e ha stigmatizzato il ruolo troppo attivo della Corte di giustizia. A suo parere, sarebbe preferibile che l'Unione non sia implicata in diverse politiche e che si proceda con un approccio "bottom up" invece che centralizzato, come avviene in prevalenza attualmente. Il dibattito si è poi articolato per grandi capitoli: crescita, occupazione e competitività; coesione e conservazione delle risorse naturali; affari interni; relazioni esterne. Sul capitolo dedicato alla crescita sono intervenuti due deputati italiani. Alessandro BATTILOCCHIO (NI, IT), esprimendosi in nome del nuovo PSI, ha affermato che la Comunicazione della Commissione sulla competitività costituisce «un passo necessario verso l'attuazione di politiche mirate ad accrescere le prestazioni economiche dell'Unione nel contesto globale e nel quadro della strategia di Lisbona» E' importante, ha aggiunto che, come proposto, sia creato un quadro favorevole allo sviluppo tecnologico, all'innovazione e al sostegno di quella parte di industria che, tramite la ricerca e lo sviluppo, sia in grado di ampliare la competitività dell'UE nei settori più innovativi. Il deputato ha quindi dato il proprio sostengo alle proposte per il Fondo di adeguamento alla mondializzazione, alla nuova generazione di programmi di coesione e alla guida all'innovazione, «che spronano le regioni a focalizzarsi maggiormente sullo sviluppo». Ha poi auspicato inoltre che questi daranno indicazione e sostegno sufficienti, «per permettere alle nostre imprese più piccole e vulnerabili di rispondere alle nuove sfide energetiche e commerciali in ambito internazionale». A suo parere è infatti basilare «stare al fianco» delle PMI che rappresentano «un fattore fondamentale dell'economia europea» e, soprattutto, a quelle manifatturiere che, per loro natura, sono «meno sensibili all'innovazione e più vulnerabili alla globalizzazione dell'economia». Accogliendo quindi con favore l'adozione di buone pratiche interne, il deputato ritiene tuttavia «imprescindibile» che le piccole e medie imprese «debbano essere adeguatamente difese», in particolare nei confronti di mercati «che sfruttano la concorrenza sleale, spesso non disdegnano pratiche che ledono i diritti dei lavoratori e che, a volte, violano anche i diritti all'infanzia dei bambini». Amalia SARTORI (PPE/DE, IT) ha affermato che, poiché in Europa c'è voglia di Europa, «le risposte che ci si attendono sono quelle di un'Europa forte, capace di dare, di indirizzare e di proporre». Occorre quindi riuscire «a sintetizzare maggiormente le offerte veramente significative di un programma». Ha poi aggiunto che la Commissione, il Parlamento e il Consiglio stanno procedendo «abbastanza bene», essendo riusciti in questi anni a emanare una serie di direttive e di regolamenti che rispondono alle domande di qualità dell'ambiente, di qualità della vita e di maggiore integrazione. Per la deputata vi sono tuttavia degli importanti ambiti di politica europea e internazionale sui quali occorre essere «più coraggiosi», come quelli dell'ambiente, dell'energia, del lavoro, della sicurezza, dell'immigrazione. All'interno di questi temi, inoltre, vi deve essere un il filo conduttore delle pari opportunità per tutti: «per i ragazzi che affrontano il mondo del lavoro e che hanno, nei diversi Stati membri, un livello di formazione troppo differenziato e per le donne, che in questa vecchia Europa non sono ancora riuscite a raggiungere, neppure nel mondo del lavoro, quella parità che loro spetta». Sul capitolo dedicato agli affari interni, in nome del suo gruppo, è intervenuto Giusto CATANIA (GUE/NGL, IT). Prendendo atto del cambiamento di strategia della Commissione: che prima aveva «tanti buoni propositi, ora neanche questi», si è detto molto preoccupato da quanto detto dal Presidente Barroso. Infatti, ha spiegato, rispetto alle priorità dell'azione della Commissione per il 2007, manca «la spinta propulsiva» per far sì che «concretamente si avvii una politica comune sull'immigrazione». Affermare semplicemente che bisogna coniugare sicurezza e solidarietà, ha aggiunto, non è «un buon principio legislativo per il 2007». E' anzi un'affermazione «priva di significato reale, che non va nella direzione di costruire una vera politica per l'immigrazione legale, che salvaguardi l'immigrazione economica e che abbandoni l'attuale impostazione proibizionista». Un'impostazione che, secondo il deputato, «in misura sempre crescente, sta portando la gente a morire nel Mediterraneo o nell'Oceano Atlantico» e che «favorisce sempre di più la clandestinità dei migranti, che arrivano in modo illegale nel nostro territorio e vi rimangono da clandestini». La Commissione, invece, dovrebbe dare una spinta reale verso «una politica per gli ingressi regolari nel nostro territorio». Non basta affermare che la sicurezza è una priorità, ha affermato il deputato, «occorre anche intenderci su che cosa significa sicurezza». I cittadini europei devono essere rassicurati sul fatto «che non vi saranno più i voli illegali della CIA in Europa, che non saranno più rapiti cittadini europei e richiedenti asilo, che verrà abbandonato il controllo sistematico dei cittadini europei, come nel caso di SWIFT, dei PNR, del data retention». Se si parla di sicurezza, ha quindi concluso, occorre in primo luogo rassicurare i cittadini europei circa la tutela dei loro diritti. Riferimenti Programma legislativo e di lavoro della
Commissione 2007 |
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Cessazione degli attacchi indiscriminati israeliani e del lancio di missili da parte palestinese, spiegamento di una forza internazionale a Gaza e in Cisgiordania e rafforzamento degli aiuti umanitari alla Palestina. E' quanto chiede una risoluzione comune adottata dal Parlamento che, condannando le operazioni militari sproporzionate e indiscriminate da parte israeliana a Beit Hanun, chiede la convocazione di una conferenza di pace e invita gli USA a riconsiderare il loro ruolo nel conflitto. Il Parlamento ha adottato una risoluzione comune sostenuta da tutti i gruppi politici (salvo IND/DEM) che, ricordando come dal giugno 2006 le operazioni militari di Israele a Gaza abbiano provocato oltre 350 morti, esprime anzitutto le sue più sentite condoglianze e la sua solidarietà alle famiglie delle vittime del recente bombardamento a Beit Hanun e «a tutte le altre vittime innocenti». Si dichiara quindi «profondamente indignato» per le operazioni militari israeliane a Beit Hanun e a Gaza e condanna «l'uso di misure sproporzionate da parte dell'esercito di Israele». Per i deputati, infatti, il diritto di uno Stato all'autodifesa «non può giustificare l'uso sproporzionato e indiscriminato della forza» e, al riguardo, sottolineano che gli attacchi aventi come bersaglio diretto beni civili e gli attacchi sproporzionati o indiscriminati contro la popolazione civile «costituiscono una violazione flagrante dei diritti fondamentali» sanciti a livello internazionale. A loro parere, peraltro, ciò «compromette qualsiasi tentativo di avviare il processo di pace» e, invitando pertanto il governo israeliano a cessare senza indugi le sue operazioni militari a Gaza, ribadiscono che «non vi è soluzione militare al conflitto israelo-palestinese». Il Parlamento, inoltre, sollecita il governo israeliano a porre fine «a tutte le attività provocatorie nei territori palestinesi, incluse la costruzione di colonie e del muro di separazione nei territori palestinesi, le operazioni militari indiscriminate e la demolizione di abitazioni palestinesi». Invita inoltre il Consiglio a convocare con urgenza il Consiglio di associazione UE-Israele per esprimere la posizione dell'Unione europea dopo le operazioni militari israeliane a Gaza, con particolare riguardo al pieno rispetto dell'articolo 2 dell'Accordo di associazione ("Le relazioni tra le parti, così come tutte le disposizioni del presente accordo, si fondano sul rispetto dei diritti umani e dei principi democratici, cui si ispira la loro politica interna e internazionale e che costituisce elemento essenziale dell'accordo", ndr). D'altra parte, i deputati esortano le milizie palestinesi «a porre fine al lancio indiscriminato di razzi sul territorio israeliano», sottolineando che «hanno quale obiettivo deliberato la popolazione civile», e condannano il recente attacco di Sderot che ha provocato l'uccisione di civili israeliani innocenti. Le milizie sono quindi invitate «a rispettare la tregua e ad astenersi da un'ulteriore escalation del conflitto». Il Parlamento chiede quindi al Consiglio di rivolgersi al nuovo governo palestinese di unità nazionale, nel quadro dell'Accordo di associazione UE-Palestina, per affrontare la questione della violenza e della sicurezza. Processo di pace e invio di una forza multinazionale Il Parlamento, osservando che, dal punto di vista politico e diplomatico, il processo di pace in Medio Oriente «si trova in una situazione di stallo», esprime profonda preoccupazione per le possibili gravi conseguenze dell'attuale crisi, «compresi ulteriori attacchi militari e terroristici suscettibili di compromettere la fragile situazione politica dell'intera regione». Invita quindi il Consiglio a compiere ogni sforzo possibile per convocare una conferenza di pace internazionale al fine di pervenire «a una soluzione globale, duratura e sostenibile» dei problemi della regione, sulla base delle pertinenti risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Al riguardo, nel sostenere che un approccio unilaterale di una o dell'altra parte interessata debba essere respinto, i deputati ritengono essenziale il coinvolgimento della Lega Araba. Il Parlamento chiede quindi al Consiglio e agli Stati membri dell'UE di adottare una posizione comune al fine di farsi promotori di un serio tentativo volto ad arrestare la violenza e a portare le parti interessate al tavolo dei negoziati. Prendendo inoltre atto del fatto che il veto degli USA ha bloccato un progetto di risoluzione sulla Striscia di Gaza in seno al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, deplora l'assenza di una posizione chiara e forte della comunità internazionale sulla crisi in atto. Invita poi l'Amministrazione statunitense a riconsiderare il suo ruolo in seno al Quartetto e nel conflitto israelo-palestinese per appoggiare la fine delle violenze e l'avvio di un nuovo ed autentico dialogo tra le parti. Al Quartetto (Nazioni Unite, Unione europea, USA e Russia) è chiesto di intervenire con urgenza per la ripresa dei negoziati con e tra le parti interessate e per la piena attuazione di tutti gli elementi della Roadmap. In proposito, il Parlamento ribadisce che sarà possibile trovare una soluzione al conflitto in Medio Oriente solo negoziando un accordo di pace «fermo e definitivo», senza condizioni preliminari, «basato sull'esistenza di due Stati democratici, sovrani e funzionanti, che vivano pacificamente l'uno accanto all'altro, entro confini sicuri e internazionalmente riconosciuti». Suggerisce, inoltre, di considerare l'opportunità di inviare una forza multinazionale a Gaza e in Cisgiordania - sul modello di quella presente in Libano - «per proteggere la popolazione civile di entrambe le parti». Il Consiglio, nel frattempo, è invitato a inviare osservatori militari internazionali a Gaza. Rafforzare gli aiuti umanitari Il Parlamento, inoltre, esprimendo profonda preoccupazione dinanzi «alle dimensioni catastrofiche ormai raggiunte dalla crisi umanitaria», invita il Consiglio e la Commissione a continuare a garantire, unitamente alla comunità internazionale, l'assistenza umanitaria fondamentale al popolo palestinese e chiede che il MIT sia potenziato ed esteso in termini di durata e di risorse. La Commissione e gli Stati membri dovrebbero poi fornire assistenza medica supplementare agli ospedali palestinesi, in particolare a Gaza. I deputati, peraltro, ritengono che l'accordo raggiunto dal Presidente dell'Autorità palestinese per promuovere un dialogo nazionale tra i partiti palestinesi e la nomina di un nuovo Primo ministro palestinese incaricato di formare un nuovo governo, «potrebbe portare alla ripresa dell'aiuto economico all'Autorità palestinese». Il governo israeliano, d'altra parte, dovrebbe riprendere con urgenza il trasferimento delle entrate tributarie e doganali palestinesi trattenute nonché revocare il blocco economico a Gaza, agevolare gli scambi commerciali tra i territori palestinesi, Israele e il mondo intero, promuovere lo sviluppo economico e consentire la circolazione delle persone. Il Parlamento, infine, ribadisce l'appello per l'immediata liberazione dei ministri e dei membri degli organi legislativi palestinesi sotto custodia israeliana nonché del soldato israeliano rapito. Riferimenti Risoluzione comune sulla situazione nella
Striscia di Gaza |
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Al fine di tutelare l'ambiente e la salute umana, il Parlamento condivide l'esigenza di eliminare il mercurio dagli strumenti di misurazione contenenti mercurio destinati al grande pubblico, come termometri e manometri. Chiede però che possa continuare la vendita dei barometri e delle apparecchiature con più di 50 anni. Entro due anni andrà poi valutata la fattibilità tecnica ed economica di sostituire anche le altre apparecchiature mediche o ad uso professionale e industriale. Con 599 voti favorevoli, 13 contrari e 25 astensioni, il Parlamento ha adottato la relazione di María SORNOSA MARTÍNEZ (PSE, ES) riguardo alla proposta di direttiva sulle restrizioni alla commercializzazione di alcune apparecchiature di misura contenenti mercurio, come termometri e manometri. L'Aula non ha accolto taluni emendamenti che erano stati concordati dalla commissione ambiente con il Consiglio e, pertanto, è sfumata la possibilità di concludere la procedura in prima lettura. La proposta, presentata nell'ambito della Strategia comunitaria sul mercurio, è giustificata dal fatto che, ogni anno, nell'Unione europea, circa 33 tonnellate di mercurio sono impiegate in apparecchiature di misurazione e di controllo, gran parte delle quali nei soli termometri. Nonostante una parte crescente di questi strumenti sia raccolta e il mercurio recuperato, le emissioni di questo metallo pesante altamente tossico restano significative. Ciò rappresenta un serio pericolo per la salute e l'ambiente in quanto, entrando nel ciclo dei rifiuti, l'altrimenti detto "argentovivo" può trasformarsi in metilmercurio e concentrarsi nelle derrate alimentari, soprattutto acquatiche. I grandi consumatori di pesci e frutti di mare, segnatamente nelle coste del Mediterraneo, sono quindi particolarmente vulnerabili. Come precisano i deputati, in linea generale, la direttiva prevede limitazioni alla commercializzazione di strumenti di misura nuovi e non va quindi applicata alle apparecchiature già in uso o a quelle che sono state già immesse nel mercato. Il mercurio dovrà sparire dai termometri per la temperatura corporea e da altri strumenti di misura destinati alla vendita al grande pubblico come, per esempio manometri, sfigmomanometri (che servono alla misurazione della pressione arteriosa) e altri termometri diversi da quelli cui si ricorre per misurare la temperatura corporea. E' peraltro precisato che, tenuto conto della fattibilità tecnica ed economica, nonché delle informazioni disponibili sugli strumenti di misura e controllo, i provvedimenti restrittivi «immediati» dovrebbero riguardare solo le apparecchiature di misura destinate al grande pubblico e tutti i termometri per la temperatura corporea. Un emendamento, d'altra parte, prevede che il divieto di commercializzazione di dispositivi al mercurio non si applichi alle apparecchiature di misura di più di 50 anni. Per i deputati, infatti, il commercio di tali strumenti riguarda oggetti d'antiquariato oppure beni culturali, ed è talmente limitato che «non sembra comportare rischi per la salute umana o l'ambiente» e, pertanto, non va sottoposto a restrizioni. Inoltre, facendo proprio un emendamento avanzato dal PPE/DE e da IND/DEM (327 voti favorevoli, 274 contrari e 17 astensioni), il Parlamento chiede una deroga per barometri. Allo stesso tempo, tuttavia, si sollecitano gli Stati membri a definire «meccanismi adeguati ed efficaci» per autorizzarne e controllarne l'immissione sul mercato, «al fine di assicurare che gli obiettivi della direttiva non vengano compromessi». Entro tre anni dall'entrata in vigore della direttiva, d'altra parte, sarà anche vietata la vendita di altre apparecchiature di misura contenenti mercurio che non sono destinate al grande pubblico. Tuttavia, entro diciotto mesi dall'entrata in vigore della direttiva, i fabbricanti potranno chiedere una deroga «per gli usi essenziali» e per un periodo limitato, da fissare caso per caso. Questa, deroga, è precisato può essere concessa «qualora i fabbricanti possano provare che hanno esplicato tutti gli sforzi possibili per sviluppare alternative o processi alternativi più sicuri ma che questi non sono ancora disponibili». D'altra parte, per ridurre al minimo l'emissione di mercurio nell'ambiente e garantire il ritiro graduale delle rimanenti apparecchiature di misura mediche per uso professionale e industriale, alla Commissione è chiesto di esaminare, entro due anni dall'entrata in vigore della direttiva, la disponibilità di soluzioni alternative più sicure che siano tecnicamente ed economicamente fattibili. Sulla base di tale esame, o appena saranno disponibili nuove informazioni circa alternative più sicure riguardo a questi strumenti, la Commissione dovrà presentare, se del caso, una proposta legislativa volta ad estendere loro le restrizioni. Il mercurio, inoltre, non potrà essere presente negli sfigmomanometri (salvo gli estensimetri per uso sanitario) destinati sia all'uso di privati sia al settore sanitario. Nell'ambito dell'esame richiesto alla Commissione, i deputati chiedono che per tali strumenti destinati a uso sanitario siano consultati gli esperti in campo medico al fine di garantire che siano adeguatamente soddisfatti i requisiti in termini di diagnosi e trattamento di patologie specifiche. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della direttiva, gli Stati membri dovranno adottare e pubblicare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alle disposizioni comunitarie appena adottate. Dovranno inoltre informarne «immediatamente» la Commissione. Link utili
Proposta della Commissione Riferimenti María SORNOSA MARTÍNEZ
(PSE, ES) |
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Una strategia per tutelare i mari europei L'Aula ha adottato una relazione in merito alla proposta di direttiva sulla strategia per l'ambiente marino. I deputati avanzano diversi emendamenti volti soprattutto a ridurre i tempi d'attuazione e a garantire il "buono stato ecologico" dei mari, nonché a promuovere la cooperazione tra gli Stati membri e con i paesi terzi. Una particolare attenzione dev'essere posta alle riserve naturali, mentre le sovvenzioni PAC vanno condizionate al rispetto delle acque. Il Parlamento ha anche adottato una risoluzione non legislativa. L’ambiente marino è sottoposto a gravi minacce quali la perdita o il degrado della biodiversità e alterazioni della sua struttura, la distruzione degli habitat, la contaminazione da sostanze pericolose e nutrienti ed effetti del cambiamento climatico. L’obiettivo generale della direttiva - proposta nell'ambito della strategia tematica per l'ambiente marino - consiste nel raggiungimento di un buono stato ecologico dell’ambiente marino europeo. Il provvedimento stabilisce obiettivi e principi comuni a livello dell’UE e definisce una serie di regioni marine europee. Gli Stati membri dovranno elaborare, per le loro acque territoriali all’interno di ciascuna regione marina, strategie per la protezione dell’ambiente marino articolate in diverse fasi. Adottando la relazione di Marie-Noëlle LIENEMANN (PSE, FR), il Parlamento sottolinea anzitutto come sia «evidente» che la domanda che preme sulle risorse naturali marine e i servizi ecologici marini, quali l'assorbimento di rifiuti, «è troppo elevata» e, pertanto, l'UE «deve ridurre la sua pressione sulle acque marine dentro e fuori» il proprio territorio. Precisa inoltre che la strategia tematica per l'ambiente marino dovrà includere, se del caso, obiettivi qualitativi e quantitativi e calendari volti a valutare e controllare le misure previste. Le azioni della strategia dovranno poi rispettare il principio di sussidiarietà, mentre dovranno anche essere considerati un maggior coinvolgimento delle parti interessate e una migliore utilizzazione dei diversi strumenti di finanziamento UE che riguardano direttamente o indirettamente la protezione dell'ambiente marino. Una serie di emendamenti riformulano e precisano dettagliatamente l'oggetto della direttiva, introducendo anche una serie di definizioni e anticipando i tempi d'attuazione. Inoltre, rafforzano gli obblighi e le responsabilità degli Stati membri. Più in particolare se la proposta della Commissione affidava ai governi il compito di elaborare una strategia per la protezione dell'ambiente volto a conseguire un buono stato ecologico, i deputati precisano che, in base al quadro stabilito dalla direttiva, gli Stati membri «devono conseguire un buono stato ecologico dell’ambiente marino». Inoltre anticipano il raggiungimento di questo obiettivo dal 2021 al 2017. A tal fine, i governi dovranno adottare delle misure volte garantire la protezione e la conservazione dell'ambiente marino o permetterne il risanamento o, qualora ciò sia possibile, «ristabilire il funzionamento, i processi e la struttura della biodiversità marina e degli ecosistemi marini». Dovranno inoltre, prevenire ed eliminare progressivamente l'inquinamento nell'ambiente marino per garantire che non vi sia un impatto o un rischio significativo per la biodiversità marina, gli ecosistemi marini, la salute umana o gli usi legittimi del mare. Tali misure, poi, dovrebbero anche contenere l'utilizzazione dei servizi e dei beni marini e le altre attività esplicate nell'ambiente marino «a livelli che siano sostenibili e non compromettano gli utilizzi e le attività delle generazioni future, né la capacità degli ecosistemi marini a reagire ai cambiamenti indotti dalla natura e dagli uomini». Oltre a definire le nozioni di "acque marine europee", "inquinamento", "zone marine protette" e ad ampliare il concetto di "stato ecologico", i deputati introducono sin da ora una definizione molto dettagliata di "buono stato ecologico" e precisano in un nuovo allegato le condizioni per adempiervi. Con tale nozione, pertanto, si intende lo stato dell'ambiente allorché la struttura, la funzione e i processi degli ecosistemi che compongono l'ambiente marino «permettono a detti ecosistemi di funzionare interamente nel modo autoregolante che è naturalmente presente». Gli ecosistemi marini, devono inoltre mantenere «la loro resilienza naturale ad un cambiamento ambientale più ampio». Tutte le attività umane dentro e fuori il settore interessato, poi, devono essere gestite in modo da rendere la loro pressione collettiva sugli ecosistemi marini compatibile con il buono stato ecologico. Le attività umane esercitate nell'ambiente marino non devono quindi superare livelli che sono sostenibili su scala geografica appropriata per la valutazione, mentre il potenziale per gli utilizzi e le attività delle generazioni future nell'ambiente marino dev'essere mantenuto. Per garantire questo status, inoltre, la biodiversità e gli ecosistemi marini devono risultare protetti e il loro deterioramento evitato e, nella misura del possibile, deve essere conseguibile il loro risanamento. L'inquinamento e l'energia, compresi i rumori, nell'ambiente marino devono essere costantemente ridotti al fine di garantire che l'impatto o il rischio per la biodiversità marina, gli ecosistemi marini, la salute umana o gli usi legittimi del mare siano minimizzati. Per ciascuna regione marina, gli Stati membri interessati dovranno pervenire quindi ad un buono stato ecologico (nelle acque marine europee) mediante la definizione e l'attuazione di una strategia marina regionale. Gli Stati membri dovranno poi definire idonee unità di gestione per le loro zone marine europee relativamente a ogni regione o sottoregione marina. I deputati precisano inoltre che gli Stati membri che hanno in comune una regione marina dovranno assicurare che sia elaborata un'unica strategia comune per la protezione dell'ambiente marino per regione o sottoregione concernente le acque soggette alla loro sovranità o giurisdizione all'interno della regione in questione. Degli emendamenti, poi, riducono drasticamente i tempi entro i quali i governi dovranno dare seguito al piano d’azione teso ad avviare la strategia attraverso una serie di incombenze relative alla preparazione e alla programmazione di misure. Il programma delle misure finalizzato al conseguimento di un buono stato ecologico dovrà quindi essere elaborato entro il 2012 (al posto del 2016 proposto dalla Commissione) e avviato nel 2014 (al posto del 2018). Nel frattempo gli Stati dovranno procedere a una valutazione dello stato ecologico attuale delle acque marine (entro 2 anni dall'entrata in vigore della direttiva), definire una serie di obiettivi ambientali ed elaborare un programma di monitoraggio per la valutazione di questi obiettivi (entrambi entro 3 anni). Un altro emendamento chiede agli Stati membri di definire nelle loro strategie delle "zone di protezione marina" e, se del caso, prendere anche delle misure volte a creare riserve naturali marine chiuse con l'obiettivo di proteggere e preservare gli ecosistemi marini più fragili e la diversità biologica. Queste zone dovrebbero poi contribuire a una rete coerente e rappresentativa. A tale proposito, i deputati chiedono alla Commissione di presentare, entro due anni dall'entrata in vigore della direttiva, una relazione sui progressi realizzati nella messa a punto di una rete globale di zone protette e fermi biologici/chiusure di zona al fine di tutelare le aree e i periodi di allevamento della prole. Su tale base, la Commissione potrà, entro il 2012, proporre eventuali misure addizionali. Più in generale, i deputati ritengono che la Comunità dovrebbe creare le condizioni necessarie affinché gli Stati membri possano beneficiare della qualità della ricerca e della massa delle conoscenze prodotte nelle università che si dedicano alla ricerca marina e chiedono che anche il Settimo programma quadro di ricerca preveda un sostegno alla ricerca sull'ambiente marino. Per i deputati, inoltre, la futura riforma della politica comune della pesca dovrebbe tenere conto dell'impatto ambientale della pesca e degli obiettivi della direttiva in discussione. Introducono poi un emendamento che limita l’assistenza dell’UE, ad esempio nel quadro della politica agricola, «soltanto gli attori in grado di dimostrare che la loro attività non altera l’equilibrio ambientale a livello di sostanze nutritive, ossia che non comporta la dispersione di ingenti quantità di fertilizzanti nei bacini idrici». Infine, i deputati chiedono che la Commissione, entro dieci anni dalla sua entrata in vigore, riesamini la direttiva e proponga le modifiche necessarie per agevolare il conseguimento di un buono stato ecologico e la preservazione di un buono stato ecologico nelle acque marine europee, ove tale stato non sia conseguito entro il 2017. Approvando con 573 voti favorevoli, 8 contrari e 13 astensioni la relazione d'iniziativa di Aldis KUŠĶIS (PPE/DE, LV), il Parlamento accoglie con favore la strategia tematica della Commissione per la protezione e la conservazione dell'ambiente marino e chiede una politica europea «forte» in materia di protezione del mare, «scongiurando ulteriori perdite di biodiversità e il deterioramento dell'ambiente marino nonché accelerando il ripristino della biodiversità marina». I deputati, in proposito, rilevano che un buono stato ambientale dei mari regionali europei «può essere ottenuto solo tramite un'azione forte e coordinata a livello regionale piuttosto che da Stati membri che agiscono a livello individuale» e ritengono pertanto che la strategia debba sfociare «in obblighi sovranazionali vincolanti che comportino anche impegni comuni in paesi terzi». D'altra parte, esprimono preoccupazione per la mancanza di mezzi finanziari destinati all'attuazione delle strategie per l'ambiente marino. Pertanto chiedono l'individuazione di misure che potrebbero essere cofinanziate da Life+. Inoltre, osservando che vi sono notevoli differenze tra le diverse regioni marini dell'UE, ritengono che certe regioni possano aver bisogno di interventi finanziari più ampi da parte dell'UE per conseguire un buono stato ecologico sostenibile. Il Parlamento, nel ritenere essenziale l'adozione di misure e programmi in materia di tracciabilità e riconoscibilità tesi a identificare l'inquinamento e localizzare le sue fonti, sostiene che le norme internazionali in vigore vadano riviste affinché le acque internazionali (oltre le 12 miglia dalla costa) «non possano più essere utilizzate come luogo di scarico di latrine». Per i deputati, inoltre, la protezione del Mar Mediterraneo «risente dell'assenza della necessaria normativa ambientale» oppure «dell'assenza della volontà politica di farla rispettare». Ritengono poi che gli obiettivi della Convenzione di Barcellona, volti a promuovere la gestione integrata delle zone costiere, «siano confrontati a uno sviluppo a due velocità delle regioni», segnatamente i paesi del Mar Mediterraneo meridionale e orientale, da un lato, e i paesi del Mediterraneo settentrionale, dall'altro. Background Lo spazio marino dell'Unione europea è il più grande al mondo. Venti Stati membri hanno uno sviluppo costiero pari a quasi 70.000 km e circa la metà della popolazione europea vive a meno di 50 km dalla costa. Nel 2004 le regioni marittime dei 15 Stati membri registravano già oltre il 40% del PIL. La costruzione navale, i porti, la pesca e le industrie dei servizi affini danno lavoro a due milioni e mezzo di persone. L'Unione europea conta 1.200 porti e il 90% dei prodotti del suo commercio estero e il 41% dei prodotti del commercio interno sono trasportati via mare. Link utili
Proposta di direttiva che istituisce un quadro per l’azione
comunitaria nel campo della politica per l’ambiente marino
(direttiva sulla strategia per l’ambiente marino) Riferimenti Marie-Noëlle LIENEMANN (PSE, FR) |
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Il Parlamento chiede un’interpretazione rigorosa del Patto di stabilità e la realizzazione di riforme economiche. Nel condannare il nazionalismo economico, i deputati ritengono che i mercati del lavoro debbano diventare più flessibili e chiedono che maggiori risorse siano destinate a formazione e ricerca. Sono anche sollecitati una rappresentanza esterna coordinata della zona euro e un effettivo dialogo interistituzionale. Adottando con 444 voti favorevoli, 71 contrari e 85 astensioni la relazione di José Manuel GARCÍA-MARGALLO Y MARFIL (PPE/DE, ES), il Parlamento accoglie con favore la presentazione della prima relazione annuale della Commissione sull’area dell’euro, ritenendo che costituisca un utile contributo al dibattito «sulle sfide condivise in materia di politica economica cui si trovano a far fronte i membri dell’area dell’euro». I deputati notano anzitutto che l'appartenenza all'area dell'euro rafforza il grado di interdipendenza economica tra gli Stati membri e ciò rende pertanto necessario un più stretto coordinamento delle politiche economiche per correggere le debolezze strutturali, «al fine di far fronte alle nuove sfide e conseguire maggiore prosperità e competitività per essere preparati ad una più vasta economia globalizzata». Rispetto del Patto di stabilità, coordinamento fiscale e trasparenza Il Parlamento invita la Commissione ad attenersi ad «un'interpretazione rigorosa» del rinnovato Patto di stabilità e di crescita e gli Stati membri a perseguire un miglioramento annuale dei rispettivi disavanzi di bilancio corretti per il ciclo pari allo 0,5% del PIL come valore di riferimento. Per i deputati, infatti, ciò contribuirà «ad attenuare le pressioni inflazionistiche e a mantenere i tassi d'interesse a livelli sufficientemente bassi da non mettere in pericolo la ripresa economica in corso». D’altra parte, invitano gli Stati membri a destinare alla riduzione del debito pubblico «una quota consistente» delle entrate fiscali aggiuntive derivanti dall'attuale crescita economica. A loro parere, infatti, potranno così essere liberate risorse da utilizzare per l'istruzione, la formazione professionale, le infrastrutture, la ricerca e l'innovazione, e per affrontare le sfide poste dall'invecchiamento della popolazione e dal cambiamento climatico. Nel chiedere poi un miglior coordinamento fiscale, soprattutto in materia di bilancio, i deputati sollecitano la pubblicazione di verbali delle riunioni del comitato esecutivo della Banca Centrale europea, a cui aggiungere una chiara esposizione degli argomenti favorevoli e contrari alle decisioni adottate e i motivi per cui tali decisioni sono state prese. Tale trasparenza è ritenuta importante perché consentirà al mercato di farsi un quadro più chiaro della politica monetaria della BCE. Inoltre, ricordano alla Commissione che il Parlamento, in una risoluzione del 4 aprile 2006, chiedeva una revisione generale dei sistemi fiscali degli Stati membri «quale fattore chiave per rafforzare la competitività dell'economia e la sostenibilità delle finanze pubbliche». Riforme economiche Nel sottolineare l’importanza dell’attuazione concreta e urgente della strategia di Lisbona, in modo uguale a tutti i livelli e in tutti gli ambiti d’azione, il Parlamento ricorda che i risultati economici sarebbero favoriti dall'approvazione di un codice di condotta che consentisse agli Stati membri un monitoraggio reciproco dei programmi di riforma e la pubblicazione da parte della Commissione di una graduatoria ("league table") annuale da cui risultino i migliori o peggiori risultati ottenuti dai vari paesi. Per i deputati, inoltre, gli Stati membri dell'area dell'euro dovrebbero continuare ad avanzare simultaneamente per quanto riguarda i tre principi del modello di Lisbona/Göteborg (crescita economica, coesione sociale, protezione dell'ambiente). Ribadiscono poi la convinzione che l'obiettivo di introdurre una base imponibile consolidata comune per le società può essere conseguito anche mediante il meccanismo della cooperazione rafforzata. Ciò, spiega il Parlamento, consentirebbe alla maggior parte dei paesi europei di progredire nella definizione di un sistema comune d'imposta sulle società nel mercato interno, offrendo nel contempo agli Stati membri non partecipanti la possibilità di aderire in una fase successiva. No al nazionalismo economico, mercati del lavoro flessibili e più fondi alla ricerca Il Parlamento chiede «un'ulteriore e migliore attuazione delle direttive» in materia di mercato interno, in quanto ritiene che il completamento del mercato unico, specialmente dei servizi, «sia essenziale per promuovere la crescita economica e la creazione di posti di lavoro in seno all’Unione economica e monetaria». A tale proposito, inoltre, condanna le politiche di protezione delle loro industrie e servizi chiave dalla concorrenza transfrontaliera adottate da alcuni Stati membri e ribadisce la propria fedeltà ai principi della libera circolazione delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali. Chiedendo poi di compiere altri sforzi per aprire i frammentati mercati dei servizi finanziari al dettaglio (piani di risparmio, mutui ipotecari, assicurazioni e piani pensionistici), sottolinea l'importanza di sviluppare un approccio paneuropeo in materia di regolamentazione e di vigilanza dei mercati finanziari. La Commissione, peraltro, è invitata a «prestare maggiore attenzione all'impatto dell'andamento dei mercati finanziari sulla situazione macroeconomica della zona euro». I deputati ritengono inoltre che i mercati del lavoro debbano diventare «più flessibili» e che vadano eliminati quegli aspetti della normativa sul lavoro a tempo indeterminato che possono costituire un ostacolo all'adeguamento del mercato del lavoro. A lungo termine, peraltro, i salari reali e la produttività «dovrebbero crescere simultaneamente». I deputati, inoltre, si dolgono che gli attuali livelli di istruzione e di formazione permanente, che dovrebbero figurare tra le principali priorità di un approccio volto ad un coordinamento economico rafforzato, «siano chiaramente insufficienti». Rammarico è inoltre espresso in merito al fatto che alcune delle proposte approvate dal Parlamento non siano state recepite. Tra queste sono citate quelle miranti a migliorare la conoscenza delle lingue straniere, della matematica e delle scienze nell'istruzione primaria e secondaria, a rafforzare la cooperazione tra le università e i settori industriali e commerciali, ad incoraggiare un'offerta d'istruzione che tenga conto del mercato del lavoro, a promuovere la formazione permanente e ad affrontare di conseguenza i problemi della disoccupazione di lunga durata e giovanile. Il Parlamento, inoltre, invita la Commissione ad avanzare proposte concrete riguardo al finanziamento della Ricerca nell'UE e ad un quadro efficiente in materia di diritti di proprietà intellettuale e chiede agli Stati membri di destinare maggiori risorse alla ricerca e all'innovazione nonché a stabilire incentivi fiscali per le imprese e le università che investono nella R&S. Stati membri e Commissione sono inoltre invitati ad iscrivere tra le loro priorità principali la realizzazione di un mercato interno dell'energia, il miglioramento della politica di R&S in materia di fonti energetiche alternative e di energia più ecologica e pulita, un impegno più pronunciato al risparmio e all'efficienza energetici nonché il rafforzamento dei legami politici ed economici con il maggior numero possibile di paesi fornitori. Una UEM funzionante, rappresentanza esterna e dialogo interistituzionale Il Parlamento concorda con la Commissione sul fatto che la disparità dei tassi di crescita e di inflazione all'interno dell'area dell'euro, con differenze che arrivano al 4,5% per la crescita e al 2,7% per l'inflazione nel 2005, è sempre più dovuta a ragioni strutturali. Facendo proprio un emendamento avanzato dai Verdi, il Parlamento osserva che tali differenze «fanno parte talvolta di un processo positivo di convergenza dei livelli dei redditi e dei prezzi». Invita inoltre gli Stati membri della zona euro ad intensificare gli sforzi volti ad un coordinamento efficace delle politiche economiche e monetarie, in particolare mediante il rafforzamento dello loro strategie comuni in seno all'Eurogruppo, «al fine di migliorare la convergenza reale delle economie e di limitare i rischi di choc asimmetrico nell'UEM. Per i deputati, riunioni regolari del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali potrebbero svolgere un ruolo significativo contribuendo a far sì che i parlamenti nazionali si approprino maggiormente del necessario coordinamento delle politiche economiche. Sollecitano poi controlli più efficaci sulle attività dei fondi di investimento speculativi per quanto riguarda i rischi sistemici che questi possono creare, ed invitano l’Eurogruppo ad esaminare tale questione. Il Parlamento chiede poi maggiori sforzi per coordinare la rappresentanza dell’euro nelle istanze internazionali. I deputati evidenziano poi la necessità di sostenere la cooperazione nell’area dell’euro per rafforzare la governance economica e il processo di integrazione europea, al fine di affrontare le sfide economiche mondiali. La Commissione è invece esortata ad assicurare che la relazione annuale sull’area dell’euro fornisca in futuro una gamma di strumenti più concreti, atti a favorire un dialogo più approfondito tra le varie istituzioni dell’UE interessate al miglioramento della governance economica dell’Unione. A tale proposito, il Parlamento ritiene che sarebbe vantaggioso per tutte le parti svolgere, almeno trimestralmente un dialogo più costante e strutturato su questioni macroeconomiche tra tra l'Eurogruppo, la Commissione e il Parlamento, per approfondire gli ambiti esistenti e discutere le sfide che si pongono per l'economia dell'area dell'euro e i modi di affrontarle. Rilevando infine che il trattato non chiarisce come il Consiglio debba esercitare la sua responsabilità in materia di politica di cambio, invitano l'Eurogruppo, il Consiglio e la BCE a rafforzare il coordinamento della loro azione in questo settore. Link utili Comunicazione della Commissione - Dichiarazione annuale sull'area dell'euro Riferimenti José Manuel
GARCÍA-MARGALLO Y MARFIL (PPE/DE, ES) |
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Il Parlamento perora una maggiore armonizzazione del mercato del credito ipotecario per agevolare l'offerta transfrontaliera di mutui e consentire ai consumatori di beneficiare delle migliori offerte. I deputati sostengono la portabilità dei crediti e sollecitano un'informazione adeguata riguardo ai costi dei mutui. Chiedono anche di esplorare le potenzialità della Euroipoteca e, appoggiando le fusioni transfrontaliere di enti creditizi, vedono con favore l'apertura del mercato a altri soggetti. Il credito ipotecario rappresenta un ampio mercato in rapida espansione e costituisce una parte fondamentale della struttura socioeconomica dell'UE. Alla fine del 2004, i mutui ipotecari da rimborsare ammontavano a 4,7 trilioni di euro, ovvero al 45% del PIL dell’Unione europea. Negli ultimi 5 anni la crescita annua media del mutuo ipotecario è stata pari all’8,5%. I finanziamenti ipotecari rappresentano uno dei settori per i quali si prevede la maggiore crescita nei prossimi 15 anni. Adottando la relazione di John PURVIS (PPE/DE, UK), il Parlamento sottolinea la necessità rendere tale mercato più accessibile a un maggior numero di potenziali mutuatari, compresi quelli con un profilo creditizio basso o incompleto, lavoratori con contratti a termine e acquirenti delle prime case. D'altra parte, riconoscendo i vantaggi che i consumatori potrebbero trarre da un'ulteriore integrazione mirata del mercato ipotecario dell'UE, i deputati sottolineano che esistono ancora ostacoli fiscali di natura discriminatoria che impediscono la creazione di un mercato unico in materia di credito ipotecario. La relazione chiede misure finalizzate all'armonizzazione delle disposizioni che disciplinano l'informativa precontrattuale, al fine di consentire ai mutuatari di prendere una decisione informata in merito a potenziali contratti ipotecari. Insiste inoltre sulla necessità che tale informativa precontrattuale «sia accurata e comprensibile», in modo da consentire una scelta informata e fornisca al consumatore un quadro quanto più comprensibile e globale possibile alla luce delle informazioni disponibili su cui si basa il contratto ipotecario. I deputati ritengono poi che uno standard UE, capace di definire la portata e il calcolo dei tassi annui effettivi globali, dovrebbe combinare tutti i costi addebitati dal mutuante e dovrebbe garantire la loro comparabilità con prodotti offerti in altri Stati membri, che hanno la stessa scadenza. Inoltre, i mutuatari dovrebbero essere informati in anticipo di eventuali altri costi connessi alla transazione e agli obblighi giuridici gravanti sul mutuatario, incluse le voci addebitate da terzi quali costi legali, tasse di registro e diritti amministrativi come pure il costo di qualunque valutazione o stima di tali oneri, se la cifra esatta non è disponibile. Per consentire e agevolare l'offerta di un credito trasfrontaliero, a parere dei deputati occorre fornire le informazioni ai mutuatari il prima possibile nelle lingue ufficiali riconosciute nello Stato UE di loro residenza. I deputati ritengono inoltre che il codice deontologico e l'ESIS («Prospetto informativo europeo standardizzato») siano strumenti importanti ma insufficienti a tutelare gli interessi economici dei cittadini che si spostano tra gli Stati membri e potrebbero acquistare proprietà in altri Stati membri. Pertanto, la relazione esorta la Commissione a valutare i progressi e a considerare la possibilità di rendere obbligatorio il codice deontologico, che è attualmente volontario, se non si arriverà al suo rispetto in tempi ravvicinati. La Commissione è anche invitata ad esaminare gli ostacoli che impediscono i diritti dei mutuanti alla libera fornitura di servizi o alla libertà di stabilimento in altri Stati membri e ad accertare se la clausola "bene generale" sia utilizzata per scoraggiare le attività transfrontaliere. I deputati, inoltre, appoggiano l'azione della Commissione volta a facilitare le fusioni e acquisizioni transfrontaliere nel settore dei servizi finanziari, «garantendo nel contempo che le reti di distribuzione tengano conto dei requisiti delle situazioni regionali e dei mercati più piccoli». Rilevano, tuttavia, che le fusioni e le acquisizioni transfrontaliere «non saranno sufficienti a promuovere da sole l'integrazione del mercato in tale settore». L'Esecutivo è anche invitato a vagliare gli ostacoli al trasferimento di prestiti al di là delle frontiere e ad esplorare ulteriormente il potenziale dell'Euroipoteca quale strumento collaterale, esaminando altresì le garanzie di cui occorrerebbe corredarla ai fini della sua costituzione, specie in termini di verifica del collateral, di pubblico accesso agli atti e di effetti nei confronti di terzi. Ma andrebbero anche esaminati il rango che le sarebbe conferito rispetto ad altre garanzie reali fondiarie, i legame fra il credito e il collateral, nonché le conseguenze giuridiche di un'estinzione parziale o totale del credito garantito, di una modifica del suo imponibile o della sua cessione, nei confronti sia dei creditori sia dei terzi. I deputati, d'altra parte, sono del parere che l'apertura del mercato del credito ipotecario a istituzioni non creditizie, con un regime di vigilanza equivalente, «aumenterà la concorrenza e la gamma dei prodotti». Riconoscono, inoltre, «l'utile ruolo» che gli intermediari del credito, quali i broker ipotecari, possono svolgere nell'aiutare i consumatori ad accedere a crediti ipotecari competitivi da mutuanti nazionali e non nazionali. Sostengono quindi la Commissione nel suo impegno a procedere a una consultazione su un adeguato quadro regolamentare per siffatti operatori. Infine, la relazione invita la Commissione a prendere in considerazione il crescente mercato ipotecario rispettoso della legge della sharia e a garantire che le normative non escludano i requisiti di tale mercato. Link utili
Libro Verde - il credito ipotecario nell’UE (presentato dalla
Commissione) Riferimenti John PURVIS (PPE/DE, UK) |
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La strategia europea di sicurezza andrebbe integrata per tenere conto delle nuove sfide globali, quali la concorrenza in materia di risorse idriche ed energetiche. E' quanto afferma il Parlamento, elencando una serie di esigenze affinché l'UE possa divenire una vera Unione di difesa e sicurezza, tra cui una forza navale nel Mediterraneo. I deputati chiedono regole di comportamento vincolanti per i militari UE e lo sviluppo del mercato interno degli armamenti. Adottando con 414 voti favorevoli, 117 contrari e 12 astensioni la relazione d'iniziativa di Karl von WOGAU (PPE/DE, DE), il Parlamento sottolinea che l'Unione europea deve essere in grado di fornire un contributo sostanziale per difendersi «da ogni minaccia reale ed inequivocabile alla sua sicurezza». Deve quindi poter garantire la pace e la stabilità (conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite), condurre interventi umanitari e operazioni di salvataggio, prevenire e gestire i conflitti e promuovere la democrazia e il rispetto dei diritti umani nonché promuovere il disarmo a livello regionale e mondiale. In tale contesto, riconosce che la Strategia Europea di Sicurezza (SES), adottata dal Consiglio nel dicembre 2003, comporta «un'eccellente analisi delle minacce cui deve far fronte il mondo moderno e indica i principi informatori della politica estera dell'UE». Ritenendo che la strategia debba essere rivista ogni cinque anni ed essere discussa in seno al Parlamento europeo e ai parlamenti degli Stati membri, i deputati, sottolineano la necessità di monitorarne l'applicazione in modo costante, per poter reagire agli sviluppi geopolitici. Infatti, rilevano che la SES considera a giusto titolo che «le principali minacce che pesano sull'Unione europea e sui suoi cittadini» sono il terrorismo internazionale, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, i conflitti regionali, il fallimento degli Stati e la criminalità organizzata. Ma sottolineano anche che, nell'ulteriore evoluzione della strategia europea di sicurezza, si dovrà includere come obiettivo strategico quello di affrontare la crescente concorrenza a livello mondiale in materia di risorse idriche e di fonti energetiche, nonché le catastrofi naturali e la sicurezza delle frontiere esterne dell'Unione. Il Parlamento, d'altra parte, ribadisce la propria posizione secondo cui l'Unione, tramite la PESD, deve attuare i propri compiti in primo luogo con mezzi civili e pacifici, mentre il ricorso a mezzi militari «può avvenire solo dopo aver scandagliato senza risultati tutte le possibilità negoziali». Ritiene inoltre che, nell'attuazione di questi compiti legittimi, al primo posto dovrebbe esserci il pieno rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali dei cittadini all'interno e all'esterno delle frontiere dell'Unione. I deputati, inoltre, ribadiscono che «nessuna missione militare in cui intervenga l'Unione europea dovrebbe iniziare prima che il Parlamento europeo sia stato debitamente informato e consultato». Verso un’Unione di difesa e sicurezza I deputati notano che l'UE si accinge a divenire anche un'Unione di sicurezza e di difesa, con compiti che riguardano la sicurezza esterna, nonché diversi aspetti della sicurezza interna, la lotta contro il terrorismo in tutte le sue forme e la gestione di catastrofi naturali. A loro parere, ciò comporta l'impegno degli Stati membri a schierare 60 mila soldati entro 60 giorni e mantenerli per un anno per operazioni di mantenimento e di ripristino della pace nonché la creazione di 13 raggruppamenti tattici schierabili rapidamente, lo sviluppo delle capacità di gestione di crisi civili nei settori di attività di polizia, stato di diritto, amministrazione civile e protezione civile. L'Unione, inoltre, deve poter contare su una struttura europea di comando composta da un Comitato politico e di sicurezza, un Comitato militare, uno Stato maggiore e una Cellula civile-militare con un centro operativo nascente, sull’Agenzia europea di difesa, su Europol e il mandato di arresto europeo. Ma anche sulla forza di gendarmeria europea, con quartier generale Vicenza, che dovrebbe essere impiegata per la futura missione di polizia in Kosovo, su norme comuni per l’approvvigionamento e le esportazioni di armi e su un programma di ricerca europea in materia di sicurezza. Questo processo, per il Parlamento, deve essere rafforzato attraverso la creazione di un mercato europeo degli equipaggiamenti di difesa, un sistema comune di informazione aerea e satellitare e norme comuni di telecomunicazione di cui possano disporre l’esercito, la polizia e i servizi di gestione delle catastrofi. E' anche necessaria la creazione di una forza navale europea permanente, compreso un servizio di guardacoste, attiva nel Mar Mediterraneo, «volta ad attestare una presenza europea e ad accrescere il potenziale dell'UE in materia di gestione delle crisi in questa regione di somma importanza per i suoi interessi in materia di sicurezza». Inoltre, ritiene necessario che il bilancio europeo non copra soltanto gli aspetti civili ma anche quelli militari della sicurezza. Occorre poi disporre di un sottosegretario agli affari esteri europeo incaricato della politica di sicurezza e di difesa nonché di una forza di protezione civile europea e di Corpi civili di pace europei. La relazione sottolinea anche la necessità di dotare l'UE della capacità di garantire prontamente i trasporti aerei e marittimi in caso di operazioni di soccorso a seguito di calamità, di operazioni di salvataggio e di difesa. Tutti ciò - è anche precisato - necessita di un adeguato controllo parlamentare esercitato dai parlamenti degli Stati membri e dal Parlamento europeo. Lotta al terrorismo Per i deputati, «la sicurezza e la lotta contro il terrorismo internazionale sono elementi prioritari dell'UE». A tale riguardo, riconoscendo che la lotta «non può essere portata avanti soltanto con mezzi militari», sostengono che, per prevenire e reprimere il terrorismo, «occorre tutta una serie di misure non militari», come lo scambio di informazioni e la cooperazione giudiziaria e di polizia. Queste misure, è precisato, «presuppongono a loro volta la piena cooperazione tra le istituzioni e tra i vari pilastri». Uno dei maggiori contributi dell'Unione europea alla prevenzione del terrorismo internazionale - aggiungono i deputati - «è costituito dalla sua capacità di affrontare in modo efficace la creazione e il ripristino di istituzioni democratiche, di infrastrutture sociali ed economiche, del buon governo e della società civile, opponendosi con successo al razzismo e alla xenofobia». Il Parlamento sottolinea inoltre che l'UE deve garantire la sicurezza delle frontiere esterne, proteggere le infrastrutture vitali, eliminare le reti di finanziamento del terrorismo internazionale e lottare contro la criminalità organizzata. A tale riguardo, la Commissione e gli Stati membri sono invitati ad elaborare un sistema di gestione integrata delle frontiere esterne dell'Unione, «senza introdurre limitazioni quanto al rispetto dei diritti umani e fondamentali e del diritto umanitario, in particolare per quanto concerne i rifugiati e i richiedenti asilo». Regole di comportamento, addestramento, equipaggiamento Il Parlamento accoglie «con estrema soddisfazione» il fatto che il comportamento del personale di tutte le operazioni PESD è disciplinato da una serie di orientamenti e regole generali di comportamento figuranti in vari documenti. Al riguardo, valuta positivamente i primi segnali contenuti in tali orientamenti e regole per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani. I deputati, d'altra parte, insistono sulla necessità che l'osservanza di tali regole sia assolutamente obbligatoria e che i comandanti in campo rispondano della disciplina e del comportamento dei loro subordinati, «anche in condizioni di stress estremo durante situazioni di guerra». D'altra parte, ritengono che se la struttura di comando, l'equipaggiamento o l'armamento non sono adeguati ai compiti loro affidati, «i soldati sono esposti a rischi inutili». Reputano quindi particolarmente importante badare a che le unità da porre sotto comando dell'UE «siano correttamente equipaggiate». In proposito, per ovviare all'aumento dei costi e alla riduzione dell'efficienza dovuta al ricorso di equipaggiamenti diversi incompatibili, chiedono anche la promozione di misure di concertazione in materia di equipaggiamenti e armamenti per ottimizzare l'impiego delle risorse e l'efficacia delle azioni multinazionali. Inoltre, sottolineando la necessità di potenziare la capacità collettiva dell'UE di proteggere le sue frontiere esterne, il Parlamento si dice preoccupato per l'incompatibilità e le qualità degli equipaggiamenti di sorveglianza e pone in rilievo la necessità di nuove tecnologie per ovviare a questa situazione. D'altra parte, ritiene che l'uso efficace delle capacità militari «non sarà possibile senza una significativa valorizzazione della capacità europea di proiezione di potenza», compresa la capacità di trasporto aereo e marittimo. E, in tale contesto, i deputati riconoscono gli sforzi compiuti da vari paesi per aumentare le proprie capacità in materia di trasporto aereo e mezzi anfibi, nonché i piani per acquisire un maggior numero di portaerei. Un'Unione solidale in caso di attacco Il Parlamento rileva che è della massima importanza coordinare con efficacia gli elementi civili e militari della risposta della comunità internazionale a una situazione di crisi. I deputati, in proposito, sottolineano che, in caso di attacco sferrato da forze armate di un paese terzo sul territorio dell'Unione, «la NATO resta il garante della difesa collettiva». Tuttavia, si attendono dall'UE che agisca solidalmente e fornisca allo Stato membro attaccato tutta l'assistenza necessaria. Al contempo si compiacciono per la crescente capacità di agire al di fuori del proprio teatro di operazioni e sottolineano come la NATO sia «la sede opportuna per il dialogo transatlantico sulle questioni di sicurezza». Il Parlamento sottolinea inoltre la "autonomia strategica" che caratterizza la Strategia europea in materia di sicurezza - segnatamente, la capacità di condurre operazioni nel suo ambito d'azione indipendentemente da altri attori - che richiede l'interoperabilità e una catena di approvvigionamento più sostenibile e affidabile basata sul sostegno e l'assistenza reciproci, evitando i doppioni e un impiego non ottimale di risorse scarse a livello europeo o tra Stati membri. D'altra parte, mette anche in guardia «dalle duplicazioni di sforzi fra la NATO e l'UE e fra gli Stati membri dell'UE». D'altra parte il Parlamento considera che la PESD «dispone attualmente soltanto di risorse limitate per operazioni civili e militari» e, pertanto, chiede all'Unione europea di concentrare le proprie capacità sulle regioni ad essa geograficamente vicine, in particolare i Balcani, «onde rafforzare la sua credibilità in veste di attore globale». Allo stesso tempo, contempla la possibilità di sviluppare ulteriori capacità che consentano all'UE di apportare un contributo attivo alla risoluzione dei conflitti anche in altri parti del mondi. Mercato comune delle attrezzature di difesa e codice di esportazione delle armi Il Parlamento sottolinea che la strategia europea di sicurezza presuppone un'industria della difesa europea «forte e indipendente» nonché una capacità di ricerca e sviluppo tecnologico autonoma, «in grado di tutelare adeguatamente gli interessi essenziali di sicurezza dell'Unione europea e degli Stati membri». Ricorda poi che il trattato mantiene inalterato l'obbligo, per le istituzioni comunitarie, di legiferare sulla realizzazione del mercato interno per quanto riguarda le attrezzature e i servizi connessi alla difesa, a condizione che la legislazione in materia tuteli gli interessi essenziali di sicurezza degli Stati membri e dell'Unione. In merito agli appalti pubblici, i deputati sottolineano che, per garantire gli interessi essenziali di sicurezza dell'UE, le norme in materia dovrebbero privilegiare i prodotti di difesa di origine europea rispetto a quelli provenienti dai paesi terzi. D'altra parte, accolgono con favore il codice di condotta sugli appalti pubblici dell'agenzia europea di difesa e invitano tutti gli Stati membri a sottoscriverlo. Ritengono inoltre necessario potenziare le attività di detta agenzia nel contesto della PESD. Chiedono infine che il codice di condotta sulle esportazioni delle armi divenga giuridicamente vincolante e sia efficacemente applicato e fatto rispettare in tutti gli Stati membri. Link utili
Strategia europea in materia di sicurezza Riferimenti Karl von WOGAU (PPE/DE, DE) |
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Bandire le armi biologiche e al fosforo bianco Alla vigilia della Sesta conferenza di revisione, che si svolgerà a Ginevra dal 20 novembre all'8 dicembre, il Parlamento riconosce che tale evento offrirà agli Stati che hanno aderito alle Convenzioni BTWC e CCW, l'opportunità di ribadire il loro impegno a favore del divieto totale delle armi biologiche. In una risoluzione, chiede anche all'UE di impegnarsi a livello internazionale affinché vengano bandite anche le munizioni a grappolo, le granate al fosforo bianco e le testate all'uranio impoverito. Il Parlamento ha approvato una risoluzione comune - sostenuta dal PPE-DE, PSE, ALDE/ADLE, Verdi/ALE, GUE/NGL e UEN - che chiede una revisione approfondita e completa del funzionamento della Convenzione sul divieto delle armi biologiche e tossiche (BTWC) nella prospettiva di individuare, esaminare e concordare le misure che devono essere adottate per rafforzarla ulteriormente. I deputati, inoltre, invitano il Consiglio e gli Stati membri di adoperarsi affinché il divieto delle armi biologiche e tossiniche sia dichiarato «norma universalmente vincolante di diritto internazionale». Incoraggiano poi l'UE a sollevare la questione nelle assise transatlantiche, in particolare in sede NATO, e a persuadere l'Amministrazione statunitense ad abbandonare la sua posizione «unilaterale» contribuendo al rilancio e al potenziamento di un quadro «multilaterale». I deputati invitano inoltre il Consiglio e la Commissione a promuovere la piena osservanza degli obblighi previsti dalla Convenzione BTWC e, se necessario, il rafforzamento delle misure nazionali di attuazione, comprese le norme di diritto penale e il controllo dei microrganismi e delle tossine patogeni nel quadro della Convenzione. Il Parlamento esorta poi il Consiglio e gli Stati membri a promuover il rispetto della risoluzione 1540 dell'ONU, in particolare per eliminare il rischio che le armi biologiche e tossiniche siano acquistate e utilizzate a scopi terroristici, compreso il rischio di un possibile accesso dei terroristi a materiali, attrezzature e conoscenze specialistiche. Il Consiglio e gli Stati membri dovrebbero anche promuovere l'esame dei lavori intrapresi sinora nell'ambito del programma intersessionale per il periodo 2003-2005, nonché gli sforzi intesi a sostenere un'intesa comune e un'azione efficace per quanto riguarda, in particolare, il rafforzamento delle capacità internazionali per far fronte a casi di «presunto utilizzo di armi biologiche o tossiniche o di insorgenza sospetta di malattie». Occorre anche potenziare gli sforzi, a livello nazionale e internazionale, per il controllo, la rilevazione e la diagnosi delle malattie infettive che colpiscono gli esseri umani, gli animali e le piante. Nell'attesa della stipula di una convenzione specifica in materia, i deputati chiedono la promozione e la creazione di un «protocollo VI» che vieti senza ambiguità la produzione, lo stoccaggio, il trasferimento e l'uso delle munizioni a frammentazione. In tale contesto, si compiacciono della risposta positiva invitano l'UE e tutti gli Stati membri a sostenere quanto più attivamente possibile l'iniziativa tesa avviare senza indugio negoziati per la definizione di una convenzione esauriente ed efficace che vieti a livello mondiale le munizioni a grappolo. Infine, adottando un emendamento proposto dalla GUE/NGL, il Parlamento invita l'UE e i suoi Stati membri a «adoperarsi intensamente» per garantire che la portata del Protocollo III alla CCW sulle armi incendiarie venga estesa in modo da impedire che continui l'uso di granate al fosforo bianco contro bersagli militari e civili e da porre fine all'impiego di testate all'uranio impoverito. Link utili Azione comune dell'UE a sostegno della convenzione sulle armi biologiche Riferimenti Risoluzione comune sulla Convenzione
sull'interdizione delle armi biologiche e tossiniche (BTWC), le
munizioni a frammentazione e le armi convenzionali |
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Una bilanciata partecipazione di donne e uomini nella vita politica europea e nazionale è condizione essenziale e necessaria per la democrazia. E' quanto afferma il Parlamento, sottolineando come le donne con incarichi politici nella politica internazionale siano ancora troppo poche. I deputati guardano con interesse a misure di discriminazione positiva per garantire la presenza di donne nei parlamenti. Adottando con 377 voti favorevoli, 77 contrari e 31 astensioni la relazione di Ana GOMES (PSE, PT), il Parlamento denuncia una situazione non incoraggiante della presenza femminile nella politica internazionale europea. Nonostante un gran numero di dichiarazioni e raccomandazioni politiche, programmi d'azione adottati in tutto il mondo e specifiche normative introdotte a livello nazionale, secondo i deputati persistano ancora in Europa (e in tutto il mondo) ineguaglianze e discriminazioni di genere e una sotto-rappresentazione delle donne nella politica. La scarsa partecipazione delle donne ai centri decisionali e di governo, osserva il Paramento, è spesso legata alle difficoltà di conciliare vita privata e vita professionale, all'ineguale ripartizione delle responsabilità familiari, nonché alla discriminazione sul lavoro e nella formazione professionale. Per tale ragione, invita gli Stati membri ad attuare misure intese alla conciliazione della vita sociale, familiare e professionale, creando e promuovendo un ambiente favorevole per la piena partecipazione delle donne in politica. Occorrono anche idonee misure legislative e/o amministrative volte a sostenere i rappresentanti eletti nel conciliare le loro responsabilità familiari e pubbliche e, in particolare, incoraggiare i parlamenti e le autorità locali e regionali a garantire che i loro tempi e metodi di lavoro permettano ai rappresentanti eletti di entrambi i generi di conciliare il lavoro con la vita familiare. Agli Stati membri e alla Commissione è anche chiesto di promuovere, ove opportuno, programmi educativi intesi a sensibilizzare i cittadini, e in particolare i giovani, all'eguaglianza dei diritti per le donne di partecipare pienamente alla vita politica già in giovane età. Ma gli Stati membri sono anche incoraggiati a promuovere l'obiettivo della parità dei genere in tutte le posizioni pubbliche. Notando che solo l'11% dei leader di partito a livello mondiale sono donne, gli eurodeputati chiedono ai partiti politici di tutta Europa di promuovere una partecipazione equilibrata dei due sessi nelle loro liste elettorali. La proposta originaria di fissare una quota minima di 40% e massima di 60% per la rappresentazione dei due sessi nelle loro liste per gli organi collettivi è stata però respinta dall'Aula, così come l'invito rivolto agli Stati membri di subordinare il finanziamento dei partiti alla presentazione di liste elettorali paritarie. I partiti politici sono comunque esortati a rimuovere ogni barriera che, direttamente o indirettamente, discrimini la partecipazione delle donne, al fine di garantire che le donne abbiano il diritto di partecipare pienamente a tutti i livelli di decisione in tutte le strutture interne di decisione politica e procedure di nomina e nella leadership dei partiti politici, in termini uguali agli uomini. Dovrebbero anche invogliare le donne a partecipare e votare alle elezioni e ad accrescere la consapevolezza delle specifiche necessità e aspirazioni delle donne nei propri programmi. Il Parlamento nota anche «con grande interesse» che esiste un'ampia gamma di strumenti per garantire una maggiore partecipazione delle donne in politica, come le misure di discriminazione positiva volte a garantire la presenza e l'attività delle donne nei parlamenti e altre cariche elettive. Il Parlamento sottolinea poi che il progetto di creare un Istituto europeo per l'uguaglianza di genere, che dovrebbe adottare l'iniziativa di promuovere una maggiore rappresentanza delle donne nella politica internazionale. Questo, dovrebbe anche avere il compito di riferire regolarmente al Parlamento europeo sulla raccolta di dati e sull'impatto della legislazione nazionale sulla parità e sulle politiche in materia di uguaglianza di genere attuate dagli Stati membri, nonché sulle migliori prassi dei partiti politici europei e nazionali. Le eurodeputate sono 223 su un totale di 732, il che corrisponde a una media del 30%. Il Parlamento si rammarica che la percentuale di donne elette nel suo seno si collochi tra il 58% e lo 0%, a seconda dello Stato membro. Su 78 eurodeputati italiani, 14 sono donne (18%). Ma in tutti i parlamenti del mondo la situazione non è diversa. La relazione nota infatti che, secondo l'Unione interparlamentare, dei 43.961 membri dei parlamenti nel mondo (Camera bassa e Camera alta assieme), solo il 16,4% sono donne (vale a dire 7.195). Sono i paesi scandinavi ad avere il più elevato numero di donne parlamentari (40%), seguiti dalle Americhe (19,6%) e dall'Europa (paesi OSCE, esclusi i paesi scandinavi), con una media del 16,9%, leggermente superiore all'Africa subsahariana (16,4%), all'Asia (16,3%), al Pacifico (12%) e agli Stati arabi (8,3%). Tali percentuali, per il Parlamento, indicano la presenza di un deficit democratico fondamentale, sia a livello europeo che nel più ampio contesto internazionale. Per completezza, occorre segnalare che, anche in Italia, la presenza femminile in Parlamento è in netta minoranza (45 su 287 in Senato e 108 su 522 nella Camera dei Deputati), anche se aumentata rispetto alle legislature precedenti. Link utili
Comunicazione della Commissione - Una tabella di marcia per la
parità tra donne e uomini 2006-2010 Riferimenti Ana GOMES (PSE, PT) |
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Il Parlamento propone un quadro giuridico per la lotta al traffico degli esseri umani, sostenendo che il modo migliore per ridurre tale fenomeno è garantire l'accesso alle informazioni sulle opportunità di una migrazione sicura. Sollecita un miglior coordinamento degli Stati UE, pene severe per i datori di lavoro che sfruttano la tratta nonché un'adeguata assistenza e protezione delle vittime. Particolare attenzione va attribuita alla prevenzione della tratta di bambini e allo loro tutela. Adottando la relazione di Edit BAUER (PPE/DE, SK), il Parlamento europeo sottolinea che il traffico di esseri umani «rappresenta una forma di schiavitù, un crimine grave e una grave violazione dei diritti umani e riduce le persone in uno stato di dipendenza mediante minacce, violenze e umiliazioni». Al riguardo, ricorda che, secondo la relazione 2005 dell'Ufficio del Dipartimento di Stato USA sul traffico di persone, da 600.000 a 800.000 uomini, donne e bambini sono ogni anno oggetto del traffico. Circa l'80% di questi sono donne e ragazze e fino al 50% minori. La maggior parte delle vittime transnazionali sono soggette a questo traffico allo scopo di sfruttamento sessuale commerciale, il 98% delle quali è costituito da donne e ragazze. Altre stime dell'ONU e dell'OIL sono ancora più elevate, mentre il Consiglio d'Europa ritiene che il traffico di esseri umani sia la terza fonte di denaro prodotto dalla criminalità organizzata, dopo le armi e la droga. I deputati, d'altra parte, non si limitano a esaminare il tema della tratta internazionale. In effetti, adottando un emendamento proposto dal PPE/DE, chiedono alla Commissione e agli Stati membri di affrontare anche la questione della tratta degli esseri umani all'interno dell'Unione e all'interno dei singoli Stati, nonché di sostenere la ricerca per incrementare la comprensione di questo fenomeno e avviare lo sviluppo e l'attuazione di efficaci misure strategiche. Il Parlamento, peraltro, chiede agli Stati membri di ridurre al minimo il rischio di traffico di organi in Europa, sia limitando la domanda sia promuovendo più efficacemente la donazione di organi, mantenendo rigorosa la legislazione sui donatori vivi che non sono parenti, garantendo la trasparenza dei registri nazionali e delle liste d'attesa, fissando la responsabilità giuridica per le irregolarità. Quadro giuridico e rispetto del diritto Il Parlamento nota anzitutto che la tratta degli esseri umani «va contrastata con un'impostazione politica coerente» che comprenda le politiche in materia di immigrazione, di genere, dell'occupazione, sociale, dello sviluppo, estera, di vicinato e dei visti. Il Consiglio e gli Stati membri dovrebbero inoltre rafforzare l'approccio basato sui diritti umani e la parità di genere e incentrato sulle vittime, attuando il Piano d'azione per impedire la tratta degli esseri umani. Gli Stati membri dovrebbero offrire alle vittime della tratta la possibilità di ricevere assistenza per rientrare nel paese d’origine, se così desiderano, o per rimanere nell’Unione. Quanto meno occorre garantire loro lo status di residente di breve durata e l'accesso all'informazione sulle procedure legali e amministrative in una lingua che comprendono, unitamente a un'assistenza legale gratuita. Le vittime dovrebbero anche ricevere sostegno e incoraggiamento a collaborare con le autorità competenti durante le indagini e in qualità di testimoni nei procedimenti penali. Va quindi presa in esame la possibilità di introdurre meccanismi che incoraggino, sostengano e proteggano gli informatori che possono essere oggetto di rappresaglie. I governi sono poi invitati a adottare misure per garantire che il sequestro e il trasporto di persone, compresi la fornitura di alloggio e sostentamento, e l'assunzione del controllo su di esse, vengano definiti per legge come crimini e considerati reati punibili con la detenzione. Le sanzioni di carattere penale o amministrativo imposte alla persona giuridica giudicata responsabile del reato dovrebbero anche includere il sequestro e la confisca dei proventi derivanti dalla tratta, al fine di indennizzare e risarcire, in via prioritaria, le vittime per i danni economici, fisici e psicologici sofferti. I deputati ritengono inoltre che, qualora si dovesse constatare che una società fa uso di manodopera a basso prezzo sfruttando la tratta degli esseri umani, dovrebbero essere applicate «sanzioni severissime» nei suoi confronti, in particolare se ha agito in modo fraudolento». Agli Stati membri è poi chiesto di sostenere i servizi di incontro tra domanda e offerta di lavoro attraverso il monitoraggio delle agenzie di collocamento private, «che spesso sono dissimulate come agenzie matrimoniali o turistiche e possono portare a pratiche abusive di reclutamento e, di conseguenza, alla tratta». Gli Stati membri dovrebbero anche rafforzare i meccanismi di ispezione e applicazione relativi al diritto del lavoro e controllare meglio le attività delle agenzie di collocamento e delle agenzie di reclutamento di lavoratori stagionali. Il Consiglio, da parte sua dovrebbe prendere in esame la possibilità di una rete di collegamento delle ispezioni del lavoro nazionali. Prevenzione e riduzione della domanda Il Parlamento chiede alla Commissione di avviare entro il 2007 uno studio sia sulla correlazione causale tra le varie legislazioni degli Stati membri sulla prostituzione e la tratta ai fini dello sfruttamento sessuale sia su quella esistente tra le varie legislazioni degli Stati membri, la politica di immigrazione e la tratta degli esseri umani. Tale studio, che dovrà essere basato su dati comparibili, dovrebbe includere anche una valutazione del possibile spostamento del turismo sessuale verso altri paesi in conseguenza di modelli proibizionistici e di come le varie leggi sulla prostituzione influenzano sia la tratta a fini di sfruttamento sessuale sia il numero di bambini impiegati nell'industria del sesso. I risultati andrebbero quindi utilizzati per attuare le migliori prassi nel combattere la tratta di esseri umani a fini di sfruttamento sessuale. E’ poi sottolineata l'importanza che le istituzioni dell'UE e gli Stati membri promuovano strategie di prevenzione specifiche in relazione al genere come elemento fondamentale nella lotta contro la tratta delle donne e delle ragazze, attuino i principi di parità di genere ed eliminino la domanda di tutte le forme di sfruttamento, compreso lo sfruttamento sessuale e lo sfruttamento del lavoro domestico. Con 299 voti favorevoli, 178 contrari e 19 astensioni, l'Aula ha accolto un emendamento proposto dal PPE/DE volto a sopprimere un paragrafo in cui i deputati chiedevano ai governi di riconoscere che la legalizzazione della prostituzione «facilita l'acquisto di sesso, anche da vittime della tratta». Gli Stati membri dovrebbero quindi attuare misure per ridurre la domanda e per affrontare altre cause, quali l'emarginazione e la mancanza di pari opportunità occupazionali e di un lavoro dignitoso, incoraggiando il settore commerciale, in particolare il settore turistico e i servizi Internet, affinché sviluppino e aderiscano a codici di condotta al fine di impedire la tratta degli esseri umani. Ma andrebbero anche prese misure al fine di migliorare i meccanismi giuridici per una migrazione sicura, garantire l'accesso alle informazioni sulle opportunità di una migrazione sicura e assicurare la trasparenza delle procedure «come modo migliore per ridurre la tratta degli esseri umani». Protezione delle vittime Per i deputati sono necessarie misure per garantire la protezione non soltanto delle vittime di sfruttamento sessuale ma anche delle vittime di sfruttamento sul lavoro e di altri tipi di traffico. La Commissione e gli Stati membri dovrebbero creare una hotline plurilingue con un unico numero europeo allo scopo di fornire una prima assistenza alle vittime. Andrebbe anche incoraggiata la creazione di un sito web europeo contenente dati e immagini delle persone scomparse. Gli Stati membri dovrebbero garantire l'accesso a un'assistenza a breve e/o a lungo termine alle vittime. Questo sostegno dovrebbe comprendere, tra l'altro, centri specializzati di prima accoglienza, con la possibilità di avere accesso ad alloggi in una fase successiva, servizi medici e consulenza medica, assistenza giuridica, informazione sui loro diritti e sulle implicazioni per le vittime come testimoni, corsi di lingua e di formazione professionale, corsi di induzione culturale, assistenza finanziaria e assistenza per trovare un lavoro, compresi tutori legali speciali per i bambini. Un'attenzione particolare ai bambini Adottando una serie di emendamenti avanzati dal PPE/DE, il Parlamento chiede particolari tutele per i bambini vittime della tratta e misure di prevenzione per impedirla. Più in particolare, chiede alla Commissione e agli Stati membri di esaminare l'opportunità di introdurre nelle loro politiche interne, di vicinato e di sviluppo, misure che affrontino alla radice le causa della tratta e rafforzino i sistemi nazionali di tutela dell'infanzia. E' anche necessario incoraggiare la registrazione dei bambini per ridurre la loro vulnerabilità in relazione alle adozioni illegali. Gli Stati membri, inoltre, dovrebbero garantire che i bambini, vittime o testimoni della tratta, beneficino delle garanzie dei loro diritti umani, ottengano protezione speciale, aiuto e sostegno al fine di prevenire ulteriori sofferenze. I bambini dovrebbero essere tutelati anche dall'azione penale o da sanzioni per reati commessi in relazione al loro status di vittime della tratta e, in linea generale, non dovrebbero essere privati della loro libertà. Ma non solo, la Commissione dovrebbe affrontare il problema del traffico di bambini nel settore dello sport, ponendo particolare attenzione ai casi in cui taluni club potrebbero offrire dei contratti a ragazzi molto giovani al fine di aggirare le norme. Agli Stati membri, invece, è chiesto di sostenere l'introduzione di corsi di capacità personale in tutte le classi come metodo per prevenire la tratta. Coordinamento delle azioni Il Parlamento chiede l'avvio, la promozione e la valutazione di ricerche sulle nuove tendenze della tratta, sui rapporti fra tratta e domanda di manodopera a buon mercato, tratta e migrazione nonché di ricerche volte a valutare l'efficacia degli attuali programmi antitratta, compreso il loro impatto sulla promozione e la realizzazione dei diritti dei bambini e specialmente in vista del piano d'azione UE contro la tratta degli esseri umani. Gli Stati membri dovrebbero creare e potenziare strutture di coordinamento nazionali contro il traffico e perseguire l'integrazione di queste strutture in una rete internazionale. Dovrebbero anche potenziare la cooperazione con l'UE coinvolgendo regolarmente organismi UE quali Europol, Eurojust e Frontex. Occorre poi istituire una Rete europea contro la tratta, costituita da punti di contatto designati da ciascuno Stato membro e dalla Commissione, che comprenda agenzie governative e non governative e copra i settori della prevenzione, dell'assistenza alle vittime, dell'applicazione della legge e della cooperazione di polizia e giudiziaria. Per i deputati, inoltre, il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri dovrebbero coordinare le loro strategie contro la tratta per integrare l'azione delle Nazioni Unite, del Consiglio d'Europa, dell'OSCE, dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni, del Processo di revisione di Pechino, del Patto di stabilità per l'Europa meridionale e del G8. A loro parere, poi, rivestono enorme importanza il coordinamento e la cooperazione fra i paesi di origine, di transito e di destinazione della tratta. Il Consiglio e gli Stati membri dovrebbero infine incoraggiare la cooperazione con le ONG che operano nei rispettivi paesi d'origine, che dovrebbero raccogliere dati, attuare iniziative, formare operatori sociali e lavorare con i mass media per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla tratta degli esseri umani. Link utili
Decisone quadro del Consiglio 2002/629/JHA sulla lotta contro la
tratta degli esseri umani Riferimenti Edit BAUER (PPE/DE, SK) |
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Via libera alla Convenzione ONU contro la corruzione Il Parlamento ha approvato la proposta di concludere la Convenzione ONU contro la corruzione e sottolinea l'importanza che tutti gli Stati membri che non lo abbiano ancora fatto la firmino e la ratifichino senza ulteriori ritardi. La convenzione è il primo strumento globale di prevenzione e lotta contro la corruzione. Entrata in vigore il 14 dicembre 2005, fornisce un quadro complessivo e introduce una serie di norme minime valide per tutti gli Stati aderenti. La proposta di decisione costituisce lo strumento giuridico che consente alla Comunità europea di concludere la convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, autorizzando il Presidente del Consiglio a designare la persona abilitata a depositare lo strumento di ratifica e a fare una dichiarazione relativa alla competenza comunitaria. Il testo della dichiarazione (contenuto nell'Allegato II della decisione) rileva che la Comunità ha competenza esclusiva in relazione alla propria amministrazione pubblica, all'elaborazione di codici di condotta per i suoi funzionari e alla prevenzione della corruzione. Nella dichiarazione si stabilisce altresì che la Comunità ha competenza in relazione al mercato interno e a tal fine ha adottato misure volte a garantire un pari accesso agli appalti pubblici e ai mercati, nonché a fornire regole per quanto concerne la contabilità e gli audit e le misure per il riciclaggio del denaro. La relazione di Giusto CATANIA (GUE/NGL, IT) approva la conclusione dell'accordo e propone un unico emendamento alla decisione del Consiglio teso a sottolineare l'importanza che «tutti gli Stati membri che non lo abbiano ancora fatto firmino e ratifichino la convenzione senza ulteriori ritardi». Il 15 settembre 2005, infatti, la Commissione europea e la Presidenza del Consiglio hanno firmato la convenzione per conto della Comunità europea. Tutti gli Stati membri dell'UE e gli Stati in fase di adesione hanno firmato la convenzione (l'Italia il 9 dicembre 2003), fatta eccezione per la Slovenia e l'Estonia. Hanno già provveduto alla ratifica l'Austria, la Finlandia, la Francia, l'Ungheria, la Lettonia, la Polonia, la Slovacchia, la Spagna, il Regno Unito, la Bulgaria, la Romania e la Croazia. Prima di procedere al voto, il relatore ha dichiarato che la corruzione «rappresenta un problema serio per la gestione trasparente della cosa pubblica, mina la credibilità e aumenta la sfiducia nei confronti delle Istituzioni democratica, pregiudica i diritti umani e lo Stato di diritto, consentendo al crimine organizzato di prosperare». Ha poi definito «inquietante» il fatto che la Corte dei conti dell'Unione europea si rifiuti di approvare il bilancio comunitario «perché nutre seri dubbi sul corretto utilizzo del denaro». Ritenendo poi «imbarazzante» che la magistratura belga abbia avviato procedimenti giudiziari contro dipendenti della Commissione per presunte tangenti, ha sottolineato che il fenomeno della corruzione è presente anche nell'utilizzo dei Fondi strutturali. A tale riguardo, ha affermato, che i Fondi «vengono gestiti in modo privatistico» o, come avviene nella sua regione, «imbrogliando le graduatorie», tanto che la Commissione europea «ha dovuto infliggere multe di 75 milioni». I fenomeni corruttivi, ha quindi aggiunto, «sono subdoli e sono anche pericolosi» e la lotta alla corruzione «deve essere una priorità per l'Unione europea». Per tale ragione ha sostenuto che tutti i paesi membri dell'Unione europea dovrebbero firmare la Convenzione ed ha chiesto a Commissione e Consiglio di attivarsi affinché sia anche firmata la Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato. Questo, ha concluso, sarebbe un «contributo serio alla lotta contro la criminalità organizzata che purtroppo lievita ancora nell'Unione europea». Background - la Convenzione ONU Nel 2000 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha deciso di costituire un comitato ad hoc incaricato di mettere a punto uno strumento giuridico internazionale contro la corruzione, indipendente dalla convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale (UNTOC). Il comitato ad hoc ha negoziato la convenzione tra il gennaio 2002 e l'ottobre 2003. La Commissione europea ha rappresentato gli interessi della Comunità europea e ritiene che gli obiettivi stabiliti dal Consiglio siano stati conseguiti. Il testo della convenzione è stato adottato nell'ottobre 2003 e la convenzione è entrata in vigore nel dicembre 2005, dopo la trentesima ratifica. La convenzione è applicabile alla prevenzione, alle indagini e al perseguimento della corruzione nonché al congelamento, al sequestro, alla confisca e alla restituzione dei proventi di attività illecite. La corruzione può essere perseguita dopo i fatti, ma richiede in primo luogo un'attività di prevenzione. L'UNCAC (articoli 5-14) prevede le seguenti misure: - codici di
condotta per funzionari pubblici, misure che garantiscano
l'indipendenza dell'autorità giudiziaria, Essa si occupa anche della tipizzazione di reati penali in relazione alla corruzione e della cooperazione internazionale, prevedendo un sistema efficace di assistenza giuridica reciproca. La convenzione include per la prima volta il concetto di cooperazione internazionale nel recupero dei beni sottratti. Gli Stati contraenti devono cooperare in materia penale in diverse situazioni descritte dalla convenzione. Essi possono anche condurre indagini comuni e fare uso di tecniche investigative speciali come la sorveglianza elettronica. L'UNCAC contiene misure destinate a favorire il recupero dei beni, il che costituisce un fondamentale passo avanti. La convenzione fa sperare che i fondi sottratti al patrimonio nazionale e trasferiti all'estero da leader corrotti possano essere restituiti ai rispettivi paesi. Questo, secondo il relatore, è particolarmente importante per molti paesi in via di sviluppo. Inoltre, le istituzioni finanziarie sono incoraggiate a verificare l'identità dei titolari di conti ingenti, affinché sia più difficile per i funzionari corrotti tenere nascosti i guadagni illeciti. La convenzione stabilisce che le persone danneggiate dalla corruzione hanno diritto di avviare procedimenti legali contro i responsabili. Link utili
Proposta della Commissione Riferimenti Giusto CATANIA (GUE/NGL, IT) |
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In un'Europa pluralista, il multilinguismo è un fattore essenziale dell'integrazione culturale, economica e sociale, rafforza le qualifiche dei cittadini e ne facilita la mobilità. E' quanto afferma il Parlamento, sostenendo la promozione dell'apprendimento precoce di almeno due lingue straniere da parte dei cittadini, compresi gli insegnanti. I deputati, inoltre, sottolineando la ricchezza culturale delle lingue regionali, chiedono all'UE di promuovere e tutelare la diversità linguistica. Approvando con 537 voti favorevoli, 50 contrari e 59 astensioni la relazione di Bernat JOAN i MARÍ (Verdi/ALE, ES), il Parlamento ricorda anzitutto che il rispetto della diversità linguistica e culturale costituisce un principio fondamentale dell'UE riconosciuto anche dalla Carta dei diritti fondamentali. Per tale ragione accoglie con favore l'obiettivo a lungo termine fissato dalla Commissione di migliorare le competenze linguistiche individuali e far sì che ogni cittadino apprenda almeno due lingue straniere oltre alla propria madrelingua. Ricorda poi la necessità di promuovere un'effettiva politica di apprendimento delle lingue e riafferma l'importanza dell'apprendimento precoce. Per i deputati, inoltre, al fine di conseguire gli obiettivi fissati dalla Strategia di Lisbona, è indispensabile migliorare la qualità, l'efficacia e l'accessibilità dei sistemi d'istruzione e di formazione dell'UE, favorendo appunto l'apprendimento delle lingue. Vedono quindi con favore il metodo CLIL di apprendimento integrato di lingua e contenuto (Content and Language Integrated Learning), nel quale gli studenti imparano una materia esposta in una lingua straniera. Il Parlamento ritiene inoltre che l'apprendimento di nuove lingue dovrebbe costituire «un elemento fondamentale» nel programma di apprendimento lungo tutto l'arco della vita. Il Parlamento, d'altra parte, ricorda che la formazione linguistica è essenziale per promuovere e facilitare non soltanto la mobilità degli studenti, ma anche quella di tutti i lavoratori alla ricerca di un'attività professionale in uno degli Stati membri. I deputati, peraltro, appoggiano le iniziative volte a migliorare la formazione degli insegnanti, compresi quelli di materie non linguistiche e quelli che si occupano di formazione professionale. Inoltre, a loro parere, il ventaglio di lingue insegnate dentro e fuori la scuola deve essere ampliato, onde consentire ai futuri insegnanti di apprendere - e in seguito di insegnare - una gamma più ampia di lingue a parità di condizioni. Particolare attenzione va poi posta sull'accesso degli immigrati all'apprendimento delle lingue, in vista della loro integrazione sociale, nonché alle persone svantaggiate o in difficoltà e ai portatori di handicap. Il Parlamento accoglie poi con favore la proposta di introdurre un indicatore europeo di competenza linguistica, che dovrebbe tenere conto di tutte le lingue ufficiali dell'Unione europea e che potrebbe essere esteso, al di là delle cinque lingue maggiormente parlate, anche alle altre lingue dell'UE «al fine di fornire un quadro fedele della situazione delle competenze linguistiche». Ribadisce inoltre l'importanza di una maggiore trasparenza nel campo dell’insegnamento e delle procedure di valutazione e di certificazione delle lingue attraverso la pubblicazione di un inventario dei sistemi attualmente disponibili. Secondo i deputati, il multilinguismo deve anche favorire il rispetto della diversità e della tolleranza, per evitare l'insorgere di eventuali conflitti attivi o passivi tra le diverse comunità linguistiche negli Stati membri. D'altronde, ritengono che le lingue regionali e minoritarie «costituiscono un’enorme fonte di ricchezza culturale e dovrebbero essere maggiormente sostenute in quanto patrimonio culturale comune». Pertanto, facendo proprio un emendamento proposto da Michl EBNER (PPE/DE, IT), il Parlamento invita le istituzioni e gli organi europei a cooperare strettamente con il Consiglio d'Europa nella promozione e nella tutela della diversità linguistica e dell'apprendimento delle lingue. La promozione del multilinguismo in Europa, è anche precisato, non dev'essere limitato alle principali lingue ufficiali degli Stati membri. I deputati invitano inoltre la Commissione all'attuazione, nella misura possibile, delle proposte contenute nella relazione di Michl EBNER (PPE/DE, IT) adottata dal Parlamento europeo nel settembre 2003, e chiedono di facilitare e favorire l'accesso all'informazione e al finanziamento degli organismi candidati che perseguono l'obiettivo di promuovere il multilinguismo attraverso reti e/o progetti finanziati dalla Commissione, a decorrere dal 2007. Link utili
Risoluzione del Parlamento europeo
sulle raccomandazioni alla Commissione sulle lingue europee
regionali e meno diffuse – le lingue delle minoranze nell'UE – in
considerazione dell'allargamento e della pluralità culturale
(Relazione Ebner) Riferimenti Bernat JOAN i MARÍ (Verdi/ALE, ES) |
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Creazione di una sfera pubblica europea, sviluppo di un'amministrazione europea di prossimità e collaborazione proficua con i Media, anche regionali. E' quanto suggerisce il Parlamento per riallacciare il legame tra l'UE e i cittadini, chiedendo una politica di comunicazione che, con un linguaggio chiaro e privo di espressioni gergali, spieghi l’importanza e le ripercussioni delle decisioni UE per la vita quotidiana dei cittadini. Vanno anche coinvolti i parlamenti nazionali e gli enti locali. Adottando con 285 voti favorevoli, 54 contrari e 6 astensioni la relazione di Luis HERRERO-TEJEDOR (PPE/DE, ES), il Parlamento osserva anzitutto come appaia «evidente» che i cittadini europei «sono scarsamente informati sulle tematiche europee» e rileva quindi la necessità di migliorare la comunicazione tra l’Unione europea e i suoi cittadini. Compiacendosi inoltre per la presentazione del Libro bianco e condividendo le intenzioni della Commissione di trasformare la politica di comunicazione in una politica autonoma, sostiene pertanto la proposta di rivedere il modo in cui è strutturata la comunicazione con i cittadini. I deputati, tuttavia, non ritengono appropriato sottoporre il Parlamento europeo a un codice di condotta che regolamenti la comunicazione tra quest’ultimo e i cittadini dell’Unione europea. Chiedono, invece, alla Commissione di presentare un progetto di accordo interistituzionale per definire principi comuni che possano organizzare la cooperazione tra le istituzioni europee in tale materia. Dovrebbe poi valutare la possibilità di avviare un vero e proprio programma comunitario per l’informazione e la comunicazione sull’Europa al fine di migliorare gli attuali meccanismi di partenariato istituzionale in tale settore. Il Parlamento, d'altra parte, pur sostenendo l’idea di istituire una comunicazione bi-direzionale tra l’Unione europea e i suoi cittadini, capace e disposta a dare maggiore spazio alle opinioni dei cittadini sull’Europa, sottolinea tuttavia che «non sono i cittadini a dover andare alla ricerca di informazioni, ma le informazioni a dover andare incontro ai cittadini». Ritiene inoltre che la proposta di istituire un Osservatorio dell’opinione pubblica europea in tempi brevi «sia discutibile» ed è del parere che, prima di realizzare tale obiettivo, sia necessario un uso più coordinato dei dati e delle risorse già disponibili. I deputati, in generale, invitano la Commissione a sostenere la creazione di una sfera pubblica europea, strutturata principalmente attraverso i media nazionali, regionali e locali, senza trascurare il ruolo importante svolto dai principali quotidiani nazionali e regionali e dai notiziari televisivi nel coprire in modo adeguato le questioni europee. A questo fine, chiedono agli Stati membri di stimolare le reti audiovisive pubbliche nazionali ad informare adeguatamente i cittadini sulle politiche attuate a livello europeo. Il Parlamento Lo scopo di una politica europea di comunicazione, è anche precisato, deve consistere in una più stretta corrispondenza tra i dibattiti nazionali e quelli a livello europeo. Ritenendo poi necessario fare maggiormente riferimento ai principi e ai valori sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali al fine di definire l’ambito di una politica europea di comunicazione, i deputati sottolinea l'importanza di una Costituzione per l'Europa, «che conferirebbe all'Unione un'immagine più politica e democratica rendendola più attraente agli occhi dei cittadini». Al riguardo ricorda la responsabilità politica del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione di sostenere tale processo. Rafforzare il ruolo dei cittadini Il Parlamento accoglie con favore il desiderio espresso dalla Commissione di integrare le questioni europee a livello nazionale, regionale e locale «al fine di decentralizzare il messaggio» e, plaudendo al piano d’azione della Commissione, ne attende la rapida attuazione. Ritiene inoltre che lo sviluppo di un'amministrazione europea di prossimità contribuirebbe a intrecciare preziosi legami diretti fra l'Unione e i suoi cittadini e ritiene che gli uffici d'informazione della Commissione e del Parlamento europeo negli Stati membri svolgano un ruolo importante in materia. D'altra parte, rileva la necessità che tali uffici d'informazione assumano un carattere più attivo e meno burocratico. I deputati, inoltre, ritenendo che le regioni e le città rappresentino le piattaforme più adatte per promuovere l’idea dell’Europa tra i cittadini, chiedono il coinvolgimento del Comitato delle regioni nell’attuazione di una futura politica di comunicazione e sostengono l’idea di incentivare i dibattiti sulle questioni europee in seno ai parlamenti nazionali e regionali. In proposito, peraltro, sottolineano che i parlamenti nazionali «dovrebbero sforzarsi di interessarsi più da vicino ai progetti legislativi europei» e pongono in evidenza l'importanza di convocare Forum interparlamentari sul futuro dell'Europa, di cui uno sarà riunito in occasione del cinquantesimo anniversario dei trattati di Roma. Il Parlamento nota che le questioni europee e il "valore aggiunto" della legislazione comunitaria «sono raramente riconosciuti durante i dibattiti nazionali», che vedono spesso i politici nazionali «prendersi il credito per i successi europei pur essendo pronti a criticare l'Unione europea, sovente per fallimenti politici originati a livello nazionale». E' quindi del parere che, al fine di raggiungere i cittadini, sia importante comunicare meglio e spiegare l’importanza e le ripercussioni delle decisioni dell’Unione europea per la vita quotidiana attraverso una cooperazione con le istituzioni regionali e locali. E, al riguardo, propone che si ponga l'accento su comunicazioni regolari ai cittadini in merito ai progetti regionali e locali significativi cui l'Unione europea ha partecipato. Ritiene, inoltre, che occorre prestare maggiore attenzione alla trasmissione di informazioni rilevanti, come pure di informazioni di ambito regionale, a categorie di pubblico specifiche, mettendo così in relazione le questioni europee con la vita quotidiana dei cittadini. D'altra parte, sollecita i partiti politici a tenere conto delle tematiche europee nelle loro attività decisionali e nelle loro campagne elettorali, nonché a operare affinché ai cittadini siano concesse opzioni politiche effettive sul futuro dell'Europa. Collaborazione con i media e nuove tecnologie Il Parlamento sottolinea l’importanza dei media quali intermediari, creatori di opinione e portatori di messaggi ai cittadini nell’ambito della sfera pubblica europea che la Commissione intende sviluppare. In tale contesto, invita la Commissione a sostenere iniziative concrete quali forum di discussione su temi culturali e politici europei nell'ambito dei quali la documentazione sia disponibile in più lingue, in modo che un gran numero di cittadini europei possa intervenire e dialogare. Rileva inoltre la necessità di individuare una formula che consenta di coinvolgere maggiormente i media nazionali, regionali e locali nella politica di comunicazione, prevedendo anche il ricorso a mezzi di comunicazione alternativi in quanto tramite di comunicazione. Una collaborazione europea tra media e giornalisti, sottolineano i deputati, è utile per l'informazione sull'Unione europea. Alla Commissione è quindi rivolto un invito a istituire un "fondo europeo del giornalismo (d'inchiesta)" che sostenga progetti nell'ambito dei quali giornalisti provenienti da diversi Stati membri approfondiscano insieme un argomento europeo e lo traspongano nelle varie situazioni locali e regionali. D'altra parte, accolgono con favore il ritiro della proposta di istituire un’agenzia di stampa dell’Unione europea. Il Parlamento, inoltre, raccomanda alla Commissione di usare un linguaggio chiaro e conciso nel comunicare con i cittadini e i media e di utilizzare sistematicamente in tali comunicazioni le lingue ufficiali dei loro Stati membri d'origine o di residenza. In proposito, sottolinea che il gergo comunitario aumenti, anziché ridurre, la distanza tra le istituzioni e i cittadini dell’Unione europea. Pur apprezzando le proposte della Commissione volte a meglio utilizzare le nuove tecnologie di comunicazione, il Parlamento sollecita l'adozione di provvedimenti atti ad evitare che la "frattura digitale" escluda ulteriormente parte dei cittadini dall'accesso all'informazione sull'Unione. Al riguardo sottolinea l'opportunità di integrare - in un intento di impostazione globale - i mezzi di comunicazione specifici alle varie istituzioni, come la futura "Web TV" del Parlamento europeo, nel rispetto della sua autonomia. Per i deputati, d'altra parte, occorre comunque valorizzare anche i mezzi di comunicazione di massa tradizionali, come la televisione. Link utili
Risoluzione del Parlamento europeo del 12 maggio 2005
sull’attuazione della strategia di informazione e comunicazione per
l'Unione europea Riferimenti Luis HERRERO-TEJEDOR
(PPE/DE, ES) |
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Il Parlamento ha deciso di difendere la richiesta di difesa dell'immunità di Gabriele Albertini che, in un'intervista, evidenziava un intreccio tra la Provincia di Milano, Gavio e la scalata Unipol di BNL. D'altra parte, pur rammaricandosi di non poter adottare provvedimenti vincolanti per tutelarlo, ha deciso di non difendere la sua immunità in un procedimento penale relativo all'accusa di partecipazione, come Sindaco di Milano, ai reati di falso in atti pubblici e abuso d’ufficio. Provincia di Milano, Gavio e Unipol Approvando una relazione di Diana WALLIS (ALDE/ADLE, UK), il Parlamento ha deciso di difendere i privilegi e l’immunità di Gabriele ALBERTINI (PPE/DE, IT) nell'ambito di un’indagine svolta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano per il reato di diffamazione a mezzo stampa. A Gabriele Albertini sono contestate affermazioni contenute in un'intervista pubblicata sul Corriere della Sera del 23 ottobre 2005 e intitolata “Intreccio Provincia, Gavio e Unipol”. Nel rispondere a una domanda posta dalla giornalista sul futuro Presidente dell’autostrada Serravalle, il deputato aveva risposto: “Non ho commenti da fare sul presidente, ma aspetto decisioni da parte di tre tribunali (...). Che significato ha far avere a un privato 178 milioni di euro di plusvalenze in prossimità delle elezioni? Faccio mie le parole di Bruno Tabacci [deputato del Parlamento italiano]: una quota significativa della plusvalenza ottenuta da Gavio è stata utilizzata per favorire la scalata dell’Unipol alla Bnl. Quindi c’è del denaro pubblico che porta vantaggio a un privato che poi aiuta a sua volta quella parte politica che ha comprato dal privato per il controllo di una banca. Forse, anche la magistratura penale potrebbe dire qualcosa”. Per i deputati, di fatto, nelle sue dichiarazioni riportate dalla stampa, Gabriele Albertini «ha semplicemente commentato dei fatti di dominio pubblico». Fatti, precisano, «che avevano una dimensione politica europea», in quanto erano direttamente collegati all’offerta di Unipol per il controllo della Banca Nazionale del Lavoro (BNL) e la Commissione europea stava effettuando i controlli previsti dal diritto comunitario in ordine alla legalità dell’offerta di acquisto. A loro parere, Gabriele Albertini «stava quindi assolvendo al suo dovere di deputato di spiegare agli elettori la sua opinione in merito a una questione di interesse pubblico». Inoltre, il fatto che l’oggetto delle sue dichiarazioni fosse il comportamento di un politico che al momento ricopriva una carica pubblica «riconduce tali dichiarazioni nell’ambito di un dibattito politico legittimo». Per di più, affermando che “Forse, anche la magistratura penale potrebbe dire qualcosa”, il deputato «ha espresso chiaramente la mancanza di qualunque intenzione di diffamare, o offendere, chicchessia e ha inoltre indicato il quadro istituzionale appropriato per stabilire eventuali responsabilità penali». Secondo i deputati, «cercare di impedire ai membri del Parlamento di esprimere le loro opinioni su questioni di legittimo interesse pubblico ricorrendo in giudizio è inaccettabile in una società democratica e viola palesemente l’articolo 9 del Protocollo, inteso a difendere la libertà di espressione dei deputati nell’esercizio delle loro funzioni nell’interesse del Parlamento come istituzione». Abuso d'ufficio L'Aula ha anche approvato un'altra relazione di Diana WALLIS (ALDE/ADLE, UK) la quale, pur rammaricandosi che, rebus sic stantibus, il Protocollo sui privilegi e sulle immunità non consenta al Parlamento europeo di adottare provvedimenti vincolanti per proteggere Gabriele Albertini, raccomandava al Parlamento di non difendere la sua immunità in un procedimento penale dinanzi al Tribunale di Milano con l’accusa di partecipazione ai reati di falso ideologico, tentato abuso d’ufficio e tentato falso materiale, in quanto il caso rientra esclusivamente nel diritto italiano. Le vicende in questione si sono tutte svolte a Milano il 13 marzo 2003 nell’ambito dell’approvazione della proposta di bilancio del Comune di Milano per l’anno 2003. In sostanza, Gabriele Albertini è stato accusato di aver partecipato alla presentazione di emendamenti falsi da sottoporre all’attenzione del Consiglio comunale, firmati da membri della maggioranza politica e volti a impedire, illecitamente, la discussione del maggior numero possibile di emendamenti presentati dall’opposizione. Più in particolare, è stata presentata (entro i termini previsti) una serie di emendamenti in bianco da riempire una volta conosciuto il contenuto degli emendamenti proposti dall’opposizione, pertanto oltre il termine ultimo per la presentazione degli emendamenti. D'altra parte, le stesse vicende che hanno condotto all’apertura del procedimento penale contro Gabriele Albertini - ricordano i deputati - sono state oggetto di una diversa denuncia penale contro l’opposizione politica trasmessa dal deputato stesso alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano in qualità di Sindaco della città. Tuttavia, il caso era stato archiviato in ragione del fatto che, da un punto di vista giuridico, gli emendamenti presentati alla proposta di bilancio di un’autorità pubblica regionale vanno considerati un atto di procedura interna, che ha rilevanza in termini di informazione, ma è privo di effetti esterni. Il fatto che gli emendamenti proposti fossero atti di procedura interna, e pertanto non atti pubblici, è stato portato all’attenzione dei pubblici ministeri che indagavano sul caso in cui era implicato Gabriele Albertini. Tuttavia, senza mai prendere in considerazione questo punto, essi hanno proseguito le indagini, che si sono concluse con il suo rinvio a giudizio. Per i deputati, «è chiaro» che i giudici milanesi hanno trattato il deputato in maniera diametralmente opposta a seconda della sua posizione di accusato o parte lesa e ritengono piuttosto legittimo avanzare l’ipotesi che si sia in presenza di un caso di “fumus persecutionis”. Inoltre, considerano come «un’ulteriore prova del “fumus persecutionis”» il fatto che - come ha dichiarato Gabriele Albertini - egli sia stato associato agli eventi suddetti da parte del primo convenuto (ritenuto responsabile di aver personalmente preparato gli emendamenti in bianco) che ha rivelato il suo nome ai pubblici ministeri «solo dopo essere stato sottoposto a una prolungata pressione psicologica durante un durissimo interrogatorio della polizia». Riferimenti Diana WALLIS (ALDE/ADLE, UK) |
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Il Presidente ha informato l'Aula che le autorità italiane hanno comunicato che, in base a una decisione del Consiglio di Stato, il mandato di Matteo SALVINI (NI, IT) al Parlamento europeo è stato revocato. D'altra parte, avendo Umberto BOSSI (NI, IT) rinunciato al seggio, nel collegio "Italia Nord Orientale" risulta eletto al Parlamento europeo Gian Paolo GOBBO. Umberto BOSSI è quindi eletto nel collegio "Italia Nord Occidentale". Questa nuova situazione, ha precisato il Presidente, è in vigore dall'8 novembre 2006. Francesco SPERONI (NI, IT) ha preso la parola per precisare che, trattandosi delle elezioni che hanno avuto luogo nel 2004, non è scontato che questo cambiamento decorra dalla data annunciata dal Presidente e che forse dovrebbe essere retrodatata. Tale questione, ha aggiunto, dovrebbe essere esaminata dalla commissione parlamentare competente. Altri documenti approvati I risultati delle votazioni sono consultabili
sul
sito del Servizio Stampa del Parlamento europeo. |
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Ordine del giorno 29 - 30 novembre 2006 Bruxelles Mercoledì 29 novembre 2006 (15:00 - 16:30)
(16:30 - 20:00 - 21:00 - 24:00)
Giovedì 30 novembre 2006 (9:00 - 10:50)
(11:00 - 13:00) Votazione
L'ordine del giorno può subire modifiche. |
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Codici delle procedure parlamentari
Abbreviazioni - Gruppi politici: vedere di seguito
Gruppi politici
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Composizione dei gruppi politici Il Parlamento europeo ha preso atto che i deputati polacchi Marek Aleksander CZARNECKI, Ryszard CZARNECKI, Jan Tadeusz MASIEL e Leopold Józef RUTOWICZ in data 15 novembre hanno aderito al gruppo UEN.
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