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RASSEGNA

 

13 ottobre 2005

 

Bruxelles

 

 


 

 

Povertà: tutelare i diritti umani delle donne

La povertà e l'esclusione sociale delle donne sono una violazione dei Diritti dell'Uomo. E' questa una delle conclusioni della relazione presentata da Anna Zàborskà, socialista slovacca, che solleva anche il problema della disparità dei salari e dell'occupazione tra uomini e donne. E' rilevato inoltre che le donne guidano l'85% delle famiglie monoparentali e rappresentano i due terzi della popolazione di età superiore ai 65 anni. Entrambi questi gruppi patiscono in modo particolare la povertà.

Mettendo l'accento sul fatto che la povertà e l'esclusione sociale «non si possono cogliere nella loro pienezza, soltanto in termini economici, sulla base di cifre», il Parlamento sostiene che queste debbano essere valutate anche in termini di diritti umani. I deputati, in proposito, rilevano che la povertà si manifesta in diverse forme: la mancanza di reddito e di risorse produttive, la fame e la malnutrizione, la cattiva salute e la mancanza di un alloggio. Essa è anche caratterizzata dalla mancanza di partecipazione al processo decisionale e alla vita civile sociale e culturale.

Mantenere gli impegni

Per i deputati sono le situazioni di estrema povertà che conducono alla tratta delle donne, alla prostituzione e alla violenza. Perciò, chiedono che si tenga conto di tutte queste conseguenze nell'Agenda della politica sociale.

Il Parlamento ricorda poi che le conclusioni della Presidenza del Consiglio europeo di Barcellona impegnavano gli Stati membri a rimuovere gli ostacoli alla partecipazione femminile al mercato del lavoro. Inoltre occorre garantire, entro il 2010, un'assistenza all'infanzia per almeno il 90% dei bambini di età superiore ai 3 anni e almeno del 33% per quelli di età inferiore ai 3 anni. I deputati ritengono quindi che, per realizzare tali obiettivi, le autorità nazionali, regionali e locali dovrebbero potenziare il loro contributo finanziario per creare servizi per l'infanzia «di elevata qualità a prezzi accessibili».

Sono le donne appartenenti a minoranze etniche e religiose che subiscono un doppio trattamento discriminatorio a causa del sesso, dell'origine e della religione. A volte per questo non riescono a trovare un lavoro, altre volte sono costrette a lavorare illegalmente senza assicurazione sociale e in condizioni di lavoro atroci. Pertanto è chiesto all'Esecutivo e agli Stati membri di registrare i casi di donne che appartengono a gruppi minoritari e che lavorano senza assicurazione sociale e senza diritti pensionistici, aiutandole così ad inserirsi agevolmente nel mercato del lavoro.

Nonostante una generale volontà di lottare contro la povertà e l'esclusione sociale, i deputati ritengono che l'Unione non abbia trattato adeguatamente la questione della femminilizzazione della povertà. A tale proposito chiedono di adattare il quadro operativo dell'Agenda sociale alle esigenze delle donne che versano in stato di povertà, così da rendere possibile il partenariato.

Famiglia e professione: ancora una scelta difficile

Il Parlamento riconosce il rapporto che sussiste tra la disparità economica, l'assoggettamento femminile, le disuguaglianze tra uomini e donne in termini di accesso all'istruzione, le responsabilità familiari e il mantenimento complessivo di una famiglia. Pertanto rileva «con indignazione» che, nonostante ci siano norme legislative in vigore da decenni, la differenza di retribuzione tra i sessi, nel 2001 e 2003 ha raggiunto rispettivamente il 16% e il 15%. In proposito è anche sottolineato che le famiglie a guida femminile guadagnano dal 9% al 26% in meno rispetto a quelle aventi un capofamiglia maschio. Il Regno Unito è in testa alla classifica (26%), seguito da Svezia (14%), Francia (12%), Paesi Bassi (11%), Germania (10%) e Italia (9%).

Di conseguenza, al Consiglio e all'Esecutivo, è chiesto di preparare un Libro verde sull'argomento e di adottare misure idonee per porre fine a tale iniquità. Inoltre, l'Aula sottolinea che l'accesso a posti di lavoro di qualità elevata con una retribuzione ragionevole ed equa costituisce l'unico modo per evitare e combattere la povertà. Al contempo, è rilevato che il lavoro a tempo parziale e i posti di lavoro di qualità inferiore, che interessano per lo più le donne, contribuiscono ad accrescerne la loro proporzione tra i lavoratori poveri, causandone l'esclusione sociale.

I deputati invitano poi gli Stati membri ad adottare misure specifiche per garantire alle donne che vivono in contesti sfavoriti un accesso equo ai sistemi sanitari pubblici, a un alloggio decente, alla giustizia, all'istruzione e alla formazione. Il Parlamento rileva, inoltre, che nella maggior parte degli Stati membri dell'UE i sistemi di previdenza sociale non tengono sufficientemente conto delle condizioni specifiche delle donne che vivono in condizioni d'indigenza.

E' poi sottolineato che il rischio di sprofondare nella povertà è maggiore per le donne che per gli uomini, soprattutto in età avanzata, anche a causa della difficoltà di rientrare nel mercato del lavoro. Invita quindi gli Stati membri ad adottare misure aggiuntive di sostegno, soprattutto per le lavoratrici madri appartenenti a famiglie monoparentali, sia agevolandole nella ricerca di forme di lavoro ad orario flessibile, sia fornendo loro opportune infrastrutture per la custodia dei bambini.

La relazione chiede quindi agli Stati membri di approntare misure efficaci per favorire la conciliazione tra vita professionale e vita familiare anche per gli uomini e i padri di famiglia, poiché l'aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro «non è stato accompagnato da un aumento proporzionale dell'intervento maschile nella condivisione delle responsabilità della famiglia».

Accesso ai microfinanziamenti

I deputati si compiacciono delle lotte quotidiane contro l'indigenza estrema in cui sono coinvolte le donne più povere, e per il lavoro svolto dai cittadini che le aiutano e le sostengono a titolo volontario. Plaudono anche per l'operato delle ONG, che si impegnano nel sostenere a lungo termine i gruppi più svantaggiati. Infine, sottolineano l'importanza delle autorità locali e regionali europee nella promozione della parità di genere e le ad inserire la politica di genere nei loro progetti di cooperazione decentrata, onde permettere l'accesso delle donne povere, in particolare, alle nuove tecnologie dell'informazione e al microfinanziamento delle attività commerciali.

Riferimenti

Anna ZÁBORSKÁ (PPE/DE, SK)
Doc.: A6-0273/2005
Relazione su donne e povertà nell'Unione europea
Procedura: iniziativa
Dibattito: 12.10.2005
Votazione: 13.10.2005

Link utili

Giornata delle donne e del micro-credito (versione inglese)

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Iran: stop all'arricchimento dell'uranio e rispetto dei diritti umani


Il Parlamento non crede alle finalità pacifiche del programma nucleare iraniano e perciò sollecita la sospensione di ogni attività di arricchimento dell'uranio. Nel chiedere all'Iran di riprendere il dialogo e di cooperare con l'AIEA, esclude però il ricorso ad una soluzione militare del contenzioso. Sul fronte dei diritti umani, condanna l'applicazione della pena di morte ai minorenni, chiede maggiori garanzie per la libertà d'espressione e l'eliminazione delle discriminazioni contro le donne.

Adottata dalla Plenaria con 499 voti favorevoli, 43 contrari e 89 astensioni, la risoluzione comune proposta da popolari, socialisti, liberaldemocratici e dall'UEN, sottolinea che la conclusione di un accordo commerciale e di cooperazione tra l'Iran e l'UE dipende dal conseguimento di «miglioramenti sostanziali» della situazione dei diritti umani nel paese, nonché dalla «piena cooperazione» dell'Iran con l'AIEA e da «garanzie oggettive» circa la natura pacifica del suo programma nucleare.

Nucleare: dialogo e cooperazione per uscire dall'impasse

Il Parlamento esprime pieno sostegno alla risoluzione adottata il 24 settembre 2005 dal Consiglio dei governatori dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica che critica l'Iran per la non ottemperanza allo statuto dell'AIEA e «sottolinea la conseguente mancanza di fiducia nel fatto che il programma nucleare iraniano abbia finalità esclusivamente pacifiche».

I deputati, peraltro, deplorano il fatto che si applichino «due pesi e due misure» ai paesi dotati di armi atomiche e a quelli che ne sono sprovvisti. A loro parere, soltanto «mediante misure credibili di disarmo nucleare» è possibile rimediare a questa situazione e, per tale ragione, invitano l'Unione a prendere l'iniziativa per fare uscire i negoziati dall'attuale impasse. D'altra parte, accogliendo un emendamento proposto dall'UEN, è stato soppresso dalla risoluzione un paragrafo in cui erano riconosciute «le legittime preoccupazioni» dell'Iran per la propria sicurezza, «visto che è circondato da paesi o da basi militari dotati di armi nucleari, inclusi paesi come il Pakistan, Israele, l'India e l'Afghanistan». 

Inoltre, il Parlamento si compiace vivamente dell'impegno per giungere a una soluzione negoziata del contenzioso. In vista della prossima riunione del Consiglio dei governatori dell'AIEA, pertanto, invita l'Iran a riprendere il dialogo con la troika dell'UE, «in buona fede e senza alcuna coercizione o minaccia».

I deputati, peraltro, nell'appoggiare il continuo sostegno dell'UE ad una soluzione diplomatica ai fini di una distensione della situazione, ritengono che «non va presa in considerazione alcuna opzione militare per la soluzione dell'attuale crisi». Accolgono quindi con favore la dichiarazione del Ministro degli esteri Jack Straw, secondo cui né gli Stati Uniti né l'Europa prevedono il ricorso ad azioni militari contro l'Iran per il suo controverso programma nucleare, «poiché ciò non risolverebbe la questione».

Ritenendo che l'Iran «abbia il diritto di sviluppare il suo programma nucleare» se questo è conforme al TNP, il Parlamento appoggia le proposte dell'UE di cooperare con questo Paese in merito all'utilizzazione a scopi pacifici dell'energia nucleare. Il Parlamento esorta quindi l'Iran a ristabilire «la sospensione totale e permanente» di tutti gli aspetti delle sue attività di arricchimento dell'uranio, compresi gli esperimenti o la produzione presso l'impianto di conversione dell'uranio a Isfahan, e a consentire al Direttore generale dell'AIEA di riapporre all'impianto i sigilli che sono stati rimossi.

Per contribuire, poi, a creare maggiore fiducia nella natura esclusivamente pacifica del suo programma nucleare, l'Iran dovrebbe anche riconsiderare la costruzione di un reattore di ricerca moderato ad acqua pesante nonché ratificare ed «applicare prontamente e in pieno il protocollo aggiuntivo». Inoltre, per i deputati, l'Iran dovrebbe «cooperare pienamente» con gli ispettori dell'AIEA e attuare misure di trasparenza «che vadano al di là» dei requisiti formali dell'accordo di salvaguardia e del protocollo aggiuntivo, consentendo l'accesso alle persone, alla documentazione in materia di acquisizioni, al materiale a duplice uso, a talune installazioni di proprietà militare e ai siti di ricerca e sviluppo.

Nel sottolineare, poi, l'importanza della cooperazione con gli USA, la Russia, la Cina e i paesi non allineati per raggiungere con l'Iran un accordo globale sui suoi impianti nucleari e sul loro uso - «tenendo conto delle preoccupazioni dell'Iran quanto alla propria sicurezza» - il Parlamento ritiene che tale accordo dovrebbe contribuire a un sistema di sicurezza regionale sostenibile comprendente l'India, il Pakistan e altre potenze nucleari.

Diritti umani: pena di morte, libertà d'espressione e diritti delle donne

I deputati chiedono all'Iran di riprendere il dialogo con l'Unione europea in materia di diritti umani e invitano il Consiglio e la Commissione a seguirne da vicino gli sviluppi e ad affrontare nel quadro di tale dialogo casi concreti di violazioni dei diritti umani. La Commissione, inoltre, dovrebbe fare un uso efficace dell'iniziativa europea per la democrazia e i diritti umani al fine di intensificare i contatti e la cooperazione con la società civile e i media indipendenti iraniani. Occorre poi che, congiuntamente al Parlamento europeo, appoggi la democrazia e il rispetto dei diritti umani in Iran.

La risoluzione comune «condanna fermamente» le sentenze capitali e le esecuzioni di minori, in particolare se inflitte a causa di atti o orientamenti sessuali, ed esorta le autorità iraniane a sospendere immediatamente quelle già comminate a tre diciassettenni e a due sedicenni. I deputati, chiedono poi che la maggiore età in Iran sia portata a 18 anni e sollecitano l'Iran a rispettare le disposizioni della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, che prevede la pena capitale per reati commessi da persone minori di 18 anni al momento dei fatti.

In merito alla libertà di stampa, il Parlamento condanna gli arresti e la carcerazione di cibergiornalisti e di weblogger e la parallela censura di numerose pubblicazioni in rete, di weblog e siti internet nonché i recenti arresti arbitrari di giornalisti e le gravi restrizioni imposte ai media in Iran. Invita pertanto le autorità iraniane ad ottemperare agli obblighi che incombono loro ai sensi della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, e in particolare a consentire la libera espressione delle opinioni in siti internet, nei weblog e sulla stampa.

Alla Presidenza del Consiglio e ai rappresentanti diplomatici degli Stati membri in Iran, è chiesto di avviare «con urgenza» un'azione concertata a favore della liberazione immediata dei giornalisti, cibergiornalisti e weblogger sottoposti a procedimenti penali o condannati per reati di stampa e di opinione. Le autorità iraniane sono quindi invitate a «rilasciare incondizionatamente» Akbar Ganji, il cui stato di salute è gravemente compromesso dopo più di cinque anni di carcere per reati di stampa e opinione e 60 giorni di sciopero della fame.

Il Parlamento sollecita l'Iran a firmare la convenzione sull'eliminazione di qualsiasi forma di discriminazione contro le donne e «condanna l'intensificarsi di arresti e punizioni di donne per uso scorretto del velo».

I deputati, infine, condannano il trattamento riservato a minoranze quali i curdi, «vittime di discriminazioni e vessazioni sulla base delle loro convinzioni religiose e dell'appartenenza etnica».

 

Riferimenti

Risoluzione comune sull'Iran
Doc.: B6-0537/2005
Procedura: Risoluzione comune
Dibattito: 12.10.2005
Votazione: 13.10.2005

Link utili

Risoluzione AIEA del 24 settembre 2005 (inglese)
Risoluzione del PE del 10 marzo 2005

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Immigrazione: l'integrazione passa dall'apprendimento delle lingue


L'apprendimento della lingua del paese ospitante è una condizione essenziale per agevolare l'integrazione dei migranti, ma occorre anche garantire ai loro figli l'insegnamento della propria lingua materna. E' quanto afferma il Parlamento con l'adozione della relazione di Miguel PORTAS (GUE/NGL, PT) sull'integrazione degli immigrati grazie alle scuole e ad un insegnamento plurilingue. I deputati chiedono inoltre di adeguare i programmi comunitari a queste esigenze.

La relazione, adottata a larga maggioranza dal Parlamento, ritiene che i figli degli immigrati in età scolare abbiano diritto all'insegnamento pubblico, «a prescindere dallo statuto giuridico della propria famiglia» e che tale diritto «comprende l'apprendimento della lingua del paese ospitante». I deputati, peraltro, ritengono opportuno consentire loro l'accesso alla lingua materna e alla cultura del paese d'origine, «senza escludere un finanziamento pubblico in materia».

Nell'affermare che l'integrazione degli immigrati nella scuola non deve pregiudicare la promozione della lingua veicolare propria del sistema educativo (in particolare se è minoritaria) i deputati invitano gli Stati membri a promuovere negli istituti di insegnamento ai diversi livelli misure volte ad assicurare la diversità linguistica, «evitando di limitare alle lingue europee più parlate la scelta delle alternative alla lingua ufficiale».

La relazione si esprime poi a favore di sistemi d'istruzione che garantiscano agli alunni l'apprendimento precoce di due lingue, oltre alla lingua materna. La Commissione è poi sollecitata a rafforzare il sostegno alla formazione specifica di docenti, segnatamente provenienti dai paesi di origine degli immigrati, orientati a sviluppare metodi diversi d'integrazione mediante il multilinguismo (per esempio CLIL, la multialfabetizzazione o l'alfabetizzazione nella lingua materna). Nel contesto dei programmi Leonardo da Vinci, Gioventù e Socrate (azioni Comenius e Gruntvig), andrebbe poi introdotto l'insegnamento delle lingue materne degli immigrati.

Inoltre, dovrebbero essere sostenuti i progetti educativi che insegnino la lingua e la cultura del paese ospitante agli immigrati non ancora in età scolare e «costruiscano ponti di dialogo tra la cultura e la storia della regione in cui si inseriscono e la cultura e la storia delle comunità di immigrazione». La realizzazione di tale politica, per i deputati, passa anche dal patrocinio dell'Unione alla costituzione di una rete europea di scuole che, con metodi diversi, promuovono l'integrazione mediante il multilinguismo.

Alla Commissione, infine, è raccomandato di prevedere che le dotazioni di bilancio 2007-2013 includano il sostegno allo sviluppo di simili iniziative nell'ambito del programma trasversale "Life Long Learning".

Link utili

Direttiva 77/486/CEE relativa alla formazione scolastica dei figli dei lavoratori migranti
Comunicazione della Commissione su immigrazione, integrazione e occupazione

 

Riferimenti

 

Miguel PORTAS (GUE/NGL, PT)
Doc.: A6-0243/2005
Relazione sull'integrazione degli immigrati in Europa grazie alle scuole e a un insegnamento plurilingue
Procedura: Iniziativa
Dibattito: 12.10.2005
Votazione: 13.10.2005

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Istruzione: pietra miliare dell'agenda di Lisbona


L'istruzione è un fattore essenziale per raggiungere gli obiettivi di Lisbona. Partendo da questa premessa, i deputati chiedono la rimozione degli ostacoli amministrativi alla mobilità e la promozione presso i giovani degli studi tecnici e scientifici che hanno sbocchi occupazionali. Va inoltre aumentato il numero degli insegnanti e migliorata la loro formazione. Occorre poi intensificare gli sforzi per l'insegnamento delle lingue e garantire finanziamenti adeguati ai programmi UE.

Adottando la relazione d'iniziativa di Guy BONO (PSE, FR), il Parlamento invita gli Stati membri ad attuare il programma di lavoro "Istruzione e Formazione 2010". L'Unione dovrebbe inoltre promuovere la convergenza dei sistemi d'istruzione degli Stati membri verso norme di rendimento più elevate.

Le azioni concrete in questo ambito, che dovrebbero attuarsi a livello comunitario e nazionale, vanno quindi indirizzate a specifici gruppi quali i giovani, le persone alla ricerca di occupazione e le persone che perseguono una formazione, «al fine di essere in sintonia con un mercato dell'occupazione in mutamento». I deputati, quindi, invitano il Consiglio, la Commissione, e gli Stati membri ad intraprendere le azioni e le riforme necessarie alla riduzione degli ostacoli amministrativi per accelerare il riconoscimento reciproco delle qualifiche e la mobilità degli studenti, degli stagiaires, dei lavoratori e dei ricercatori, nonché per garantire un accesso universale e non discriminatorio ad un'istruzione e ad una formazione di qualità.

Migliorare i settori tecnici per i giovani

La relazione condivide l'opportunità dei 29 indicatori utilizzati dalla Commissione per valutare il rendimento e i progressi realizzati dai sistemi di insegnamento in Europa e chiede di svilupparne dei nuovi nei settori dove ancora non esistono (lingue, insegnanti, istruzione degli adulti, inclusione sociale, ecc.). Su questa base, gli Stati membri sono invitati a adottare misure adeguate per diminuire il numero elevato dei giovani che lasciano prematuramente la scuola senza alcuna qualificazione. Per i deputati, infatti, «questa tendenza costituisce un ostacolo al rafforzamento della coesione sociale nell'Unione».

La Commissione e gli Stati membri, d'altra parte, sono invitati a valorizzare gli orientamenti dei giovani verso i settori tecnici che forniscono occupazione e integrazione. In tale contesto, occorre promuovere i settori tecnici di eccellenza presso i giovani e i loro genitori. Inoltre, sono sollecitate misure volte a garantire un aumento del 15% del numero di diplomati dei settori scientifici entro il 2010, una più intensa attività di ricerca e sviluppo, nonché una maggiore mobilità fra ricercatori e studenti attraverso Erasmus Mundus. La Commissione, poi, dovrebbe avviare progetti pilota per l'elaborazione di un programma di tipo "Erasmus" per gli apprendisti, al fine di facilitare il loro accesso ai programmi comunitari di istruzione e formazione detti di "nuova generazione".

Formazione degli insegnanti e apprendimento delle lingue

I deputati, inoltre, invitano gli Stati membri ad accrescere il numero degli insegnanti e a mettere in atto una formazione per l'insegnamento iniziale, che sia continua e di qualità. Ciò con lo scopo di dotare il corpo insegnante delle competenze necessarie a svolgere «il proprio ruolo nella società della conoscenza», soprattutto attraverso formazioni pedagogiche sulle nuove tecnologie dell'informazione.

D'altra parte, gli Stati membri sono invitati ad attuare «sforzi importanti» per raggiungere «l'obiettivo cruciale» di insegnare in media almeno due lingue straniere a tutti, soprattutto quelle dei paesi confinanti.

Finanziamenti

La relazione insiste sulla necessità per l'Unione di garantire modi di finanziamento sufficienti per il nuovo programma d'azione integrato nel campo dell'istruzione. Inoltre, è sottolineata la necessità di vegliare a che il Fondo sociale europeo possa continuare ad essere disponibile in tutti gli Stati membri dopo il 2006.

Si chiede poi alla Commissione e al Consiglio di prevedere una dotazione di bilancio adeguata nel quadro delle prossime prospettive finanziarie per tutte le azioni che riguardano l'istruzione e la formazione «da cui largamente dipenderà la realizzazione degli obiettivi della strategia di Lisbona». Gli Stati membri sono quindi invitati a prevedere l'aumento degli investimenti e ad utilizzare in modo più efficace le risorse disponibili (gestione efficiente di partenariati fra investimenti pubblici e privati).

Il Parlamento, infine, sottolinea il ruolo fondamentale delle università e chiede che siano potenziate le sinergie tra l'istruzione superiore europea, il settore europeo della ricerca e il settore produttivo.

Link utili:

Eurydice:"Cifre chiave sull'istruzione in Europa 2005" (in francese e in inglese)

Riferimenti

Guy BONO (PSE, FR)
Doc.: A6-0245/2005
Relazione sull'istruzione, pietra miliare del processo di Lisbona
Procedura: Iniziativa
Dibattito: 12.10.2005
Votazione: 13.10.2005

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Garantire la qualità delle Università europee


Garantire la qualità dell'insegnamento superiore nell'UE e favorire il riconoscimento reciproco dei sistemi nazionali di valutazione della qualità. Erano questi gli obiettivi di una cooperazione lanciata nel 1998. La relazione parlamentare di Ljudmila Novak propone ulteriori progressi. La posta in gioco è importante: il sapere dovrebbe essere alla base della società europea. Gli studenti europei, e non, devono essere sicuri che l'insegnamento che ricevono nell'UE è di elevata qualità.

D'accordo con la Commissione, i deputati ritengono che occorre migliorare ulteriormente il funzionamento dell'istruzione superiore europea, «soprattutto per quanto riguarda la qualità». Tuttavia, piuttosto che «esigere», come proponeva l'Esecutivo, che le agenzie di certificazione o accreditamento «siano indipendenti nelle loro valutazioni», i deputati chiedono agli Stati membri di «incoraggiare» quelle operanti nel loro territorio ad esserlo. 

Inoltre, queste agenzie dovrebbero essere spronate ad applicare i criteri di certificazione della qualità definiti dalla precedente raccomandazione del 1998 e ad applicare la serie di norme generali e indirizzi comuni adottata a Bergen ai fini della valutazione. Tali norme, d'altra parte, andrebbero applicate in modo «da tutelare e promuovere la diversità e l'innovazione».

Per i deputati, poi, oltre alle agenzie di certificazione, anche i rappresentanti delle autorità nazionali e il settore dell'istruzione superiore andrebbero incitati a creare, con le parti sociali, un registro europeo delle agenzie di certificazione di qualità, «basato su una valutazione nazionale». D'altra parte hanno soppresso la richiesta rivolta agli Stati membri di accettare le valutazioni effettuate da tutte le agenzie di certificazione iscritte nel registro europeo «come base di decisione per la concessione di licenze e sovvenzioni agli istituti di istruzione superiore».

Per promuovere la loro reputazione internazionale, i deputati chiedono di consentire alle università di mirare a una valutazione complementare da parte di un'altra agenzia iscritta nel registro europeo. Gli Stati membri, inoltre, dovrebbero promuovere la cooperazione tra agenzie «in modo da aumentare la fiducia reciproca e il riconoscimento delle valutazioni», contribuendo così «al riconoscimento delle qualifiche ai fini di studio o di lavoro in un altro paese».

Background

E' in occasione dell’incontro del maggio 2005 a Bergen, che i ministri di 45 Stati europei hanno stabilito di comune accordo le premesse per sviluppare ulteriormente lo Spazio europeo dell’istruzione superiore, anche per quanto concerne i sistemi di certificazione della qualità.  In quella sede, nonostante i progressi registrati in molti paesi in merito all’istituzione di sistemi per la certificazione della qualità ed alla promozione della cooperazione, era stata rilevata la necessità di ulteriori passi in avanti.

La proposta di raccomandazione emanata successivamente chiede agli istituti di istruzione superiore un miglioramento della qualità mediante l’introduzione sistematica di meccanismi interni di certificazione della qualità che fungano anche da base per una valutazione esterna. Si tratta poi di sviluppare un sistema comune di norme, procedure e linee guida in materia di certificazione della qualità, che mira ad istituire un insieme uniforme di regole tali da evidenziare le analogie e le differenze fra i programmi di studio, senza armonizzarli.

Inoltre, è prevista l'istituzione di un registro europeo di agenzie di certificazione della qualità e accreditamento in seno al quale gli istituti di istruzione sono liberi di scegliere un’agenzia corrispondente alle loro esigenze. La Commissione, infine, propone che per le decisioni circa la concessione di licenze ed il finanziamento degli istituti di istruzione superiore gli Stati membri accettino il giudizio delle agenzie iscritte nel registro europeo.

Riferimenti

Ljudmila NOVAK (PPE/DE, SI)
Relazione sulla proposta di raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio sul proseguimento della cooperazione europea in materia di certificazione della qualità nell'istruzione superiore
Doc. A6-0261/2005
Procedura: Codecisione, prima lettura
Dibattito: 12.10.2005
Votazione: 13.10.2005

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Cina: rispetto delle norme internazionali e lotta alle contraffazioni


Rispetto delle norme commerciali, ambientali e sociali internazionali e progressi dei diritti umani, è quanto chiede la relazione di Caroline LUCAS (Verdi/ALE, UK) sulle prospettive delle relazioni commerciali tra l'UE e la Cina, adottata dalla Plenaria con 567 voti favorevoli, 19 contrari e 49 astensioni. I deputati chiedono misure per tutelare le imprese europee dalla concorrenza cinese ed esprimono preoccupazione per l'impatto sociale e ambientale che la crescita economica può avere in Cina.

Rispetto delle norme commerciali internazionali

Il Parlamento chiede un ulteriore dialogo per consentire alla Cina di affrontare con sollecitudine le numerose questioni sospese che preoccupano l'industria dell'UE, in particolare per quanto concerne l'applicazione dei diritti di proprietà intellettuale, il trattamento nazionale, la trasparenza e le norme ambientali, sociali e sanitarie. In tale contesto, la Commissione è quindi inviata ad offrire alle imprese europee il proprio sostegno e a riesaminare in modo approfondito le varie disposizioni di salvaguardia degli accordi OMC per valutare se sono ancora adeguate ai nuovi schemi del commercio intenrazinale.

Ritenendo la pirateria e la contraffazione di prodotti e marchi europei da parte delle industrie cinesi «una grave violazione delle regole del commercio internazionale», la relazione invita la Commissione ad adottare misure appropriate per proteggere la proprietà intellettuale delle imprese europee. In proposito, adottando un emendamento avanzato da numerosi deputati italiani, il Parlamento accoglie con favore la proposta di direttiva sulle misure penali finalizzate ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, «auspicandone una rapida approvazione». D'altra parte, gli Stati membri sono esortati a sviluppare un efficace controllo del mercato per proteggere il più possibile i consumatori europei da prodotti che non corrispondono alle norme CE.

La Cina, poi, dovrebbe aprire i propri mercati alle merci e ai servizi stranieri abolendo le barriere burocratiche e adottare una procedura trasparente e leale nell'assegnazione degli appalti pubblici, che consenta pari opportunità di partecipazione anche alle imprese straniere.

Gli effetti della concorrenza sulle imprese europee

Sostenendo che il modo in cui è stato inizialmente applicato il Memorandum d'intesa ha causato «gravi danni» ad alcuni rivenditori europei, il Parlamento si rallegra nondimeno del fatto che, in seguito a nuove discussioni con le autorità cinesi, questo problema «appare ora risolto, almeno nel breve termine». L'Esecutivo dovrebbe tuttavia continuare a monitorare la situazione, in modo da assicurare che «non vi siano ulteriori perturbazioni nel settore dei prodotti tessili o in altri settori in cui la concorrenza cinese sta considerevolmente aumentando».

Viste le possibilità di importazione dalla Cina e da altri paesi, la Commissione è invitata a studiare la validità economica a lungo termine della produzione tessile e di abbigliamento nell'UE. D'altra parte, osservando come i consumatori europei non profittino significativamente del forte calo del valore dei tessili importati in misura crescente dalla Cina, il Parlamento chiede alla Commissione «di indagare su eventuali intese tra importatori e/o grandi distributori e di vigilare sulla trasparenza in materia di formazione dei prezzi del settore». L'Esecutivo, inoltre, dovrebbe adottare le misure necessarie per impedire l'importazione nell'UE di qualsiasi articolo fabbricato con prodotti chimici «ad alto rischio» che i produttori europei non sarebbero autorizzati a utilizzare in base alla normativa europea o nazionale.

Ma non è solo il tessile a preoccupare i deputati. A loro parere, i settori automobilistico e della produzione di biciclette nonché l'industria metalmeccanica e siderurgica, devono affrontare delle sfide «di natura sistemica». Occorre quindi «sviluppare con urgenza» una strategia a lungo termine per l'industria europea affinché la politica commerciale internazionale dell'UE tenga presenti e affronti in anticipo gli squilibri esistenti con la Cina. Alla Commissione è anche chiesto di valutare la possibilità di introdurre un regime di etichettatura europeo che indichi il paese d'origine nonché le norme sociali e ambientali applicate.

L'Esecutivo dovrebbe poi monitorare l'incidenza che la concorrenza cinese ha sull'industria europea, nonché le tendenze dell'outsourcing in termini quantitativi e di composizione settoriale, al fine di approntare le risposte politiche adeguate. Occorre, inoltre, intraprendere indagini continue tese a «valutare pienamente la portata della questione del trasferimento di posti di lavoro in altri paesi (off-shoring)» e analizzarne i costi economici, anche intermini di perdita del gettito fiscale. Nel constatare poi che, nonostante rappresentino solo il 20% del PIL mondiale, i prodotti manifatturieri contano per il 75% del commercio internazionale di beni e servizi, i deputati rilevano parallelamente che «le delocalizzazioni riguardano essenzialmente prodotti manifatturieri privi di un grande valore aggiunto».

A loro parere, tali mutamenti industriali «colpiscono soprattutto i lavoratori più vulnerabili, i meno qualificati e quindi i meno adattabili». Pertanto è chiesta una forte solidarietà sociale nei confronti di tali lavoratori, in particolare mediante maggiori investimenti nella loro formazione e riqualificazione, al fine di riorientarli verso impieghi nei settori in cui l'Europa continua ad essere un leader mondiale.

Accanto alle evidenti preoccupazioni, tuttavia, il Parlamento sottolinea che la Cina rappresenta un mercato di grande potenzialità per gli investitori europei, «fino ad oggi sfruttato in minima parte». La Commissione è quindi invitata ad individuare i modi più efficaci per aiutare l'industria europea a ricercare e a cogliere tutte le opportunità offerte da quel grande mercato in crescita.

Dialogo politico, diritti umani innanzitutto

Il Parlamento auspica che, parallelamente allo sviluppo delle relazioni commerciali, l'UE persegua un dialogo politico intensificato «che spazi dalle questioni legate ai diritti umani ai problemi in materia di sicurezza regionale e globale».
I deputati, infatti, si dicono preoccupati per la situazione dei diritti umani in Cina, nonostante i progressi degli ultimi 15 anni, e rilevano la necessità di «fare di più» migliorando costantemente il dialogo in materia di diritti umani tra la Cina e l'UE.

A tale proposito, deplorano che il rapido sviluppo economico della Cina non sia stato accompagnato da miglioramenti in materia di diritti politici e civili per la popolazione e che non abbia dato buon esito il dialogo ufficiale sui diritti umani, in cui l'UE e la Cina sono impegnate dal 1997. E' quindi sottolineata la necessità di adottare, nell'ambito della politica commerciale generale dell'UE con la Cina, «un approccio diverso che includa la messa a punto di una politica chiara ed efficace in materia di condizionalità per quanto concerne i diritti umani».

Con l'adozione di un emendamento proposto dal PPE/DE, il Parlamento afferma che è inopportuno revocare l'embargo sulle armi «in questo particolare momento», ricordando che esso era stato imposto alla Cina come conseguenza diretta della «brutale repressione delle manifestazioni democratiche della piazza Tienanmen» del 1989.

Diritti sociali

I deputati invitano la Cina ad integrare nella sua legislazione il Patto internazionale sui diritti civili e politici e il Patto internazionale sui diritti sociali, economici e culturali, quale strumento – tra gli altri – per istituire delle norme minime sociali e ambientali.

Al riguardo, il Parlamento esprime preoccupazione per il fatto che circa un quarto della popolazione rurale in Cina viva tuttora in condizioni di povertà estrema e che la potenza asiatica figuri tra i paesi in cui le differenze di reddito si fanno sempre più marcate. Inoltre, i deputati sottolineano il mancato riconoscimento dei diritti dei lavoratori in Cina, il bassissimo livello salariale ed il numero crescente di incidenti sul lavoro dovuti all'inadeguatezza delle norme in materia di sanità e di sicurezza.

Per tale ragione esortano la Cina a ratificare le convezioni fondamentali dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro e ad abolire il monopolio di Stato sulla costituzione di sindacati. Occorre poi adottare misure volte a lottare efficacemente contro ogni forma di schiavitù contemporanea, di lavoro minorile e di sfruttamento, specialmente quello delle donne sul lavoro, «in modo da garantire il rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori e porre fine al dumping sociale». La Cina, inoltre, dovrebbe istituire un sistema di protezione sociale adeguato alle esigenze della popolazione e diretto in via prioritaria ai disoccupati.

Conseguenze ambientali

Anche gli alti livelli d'inquinamento causati dalle industrie cinesi e il crescente consumo di risorse naturali come il legname proveniente da fonti non sostenibili, preoccupano i deputati. Il governo cinese è pertanto invitato a impegnarsi pienamente e concretamente per la promozione di uno sviluppo sostenibile.

Ma l'enorme crescita economica della Cina, ai loro occhi, oltre a determinare un inquinamento ambientale, provoca anche una penuria di risorse ed un aumento dei prezzi delle materie prime sul mercato mondiale.

L'ex Celeste Impero deve quindi assumersi la responsabilità di integrare le norme ambientali nel settore produttivo e in quello della gestione delle scorie, e contribuire a riparare i danni all'ambiente. D'altro canto, la Commissione deve individuare delle soluzioni al problema di come garantire in futuro un approvvigionamento stabile ed economicamente accessibile di materie prime ed energia alla popolazione e alle imprese europee.

Riferimenti

Caroline LUCAS (Verdi/ALE, UK)
Relazione sulle prospettive delle relazioni commerciali tra l'UE e la Cina
Doc.: A6-0262/2005
Procedura: Iniziativa
Dibattito: 29.9.2005
Votazione: 13.10.2005

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Il circo è parte della cultura europea

Conservare la tradizione classica del circo, riconoscerlo come parte integrante della cultura europea ed assicurare una valida istruzione ai bambini delle comunità itineranti, sono queste alcune proposte presentate dalla relazione di Doris PACK (PPE/DE, DE) adottata dal Parlamento.

La relatrice rileva inoltre che nell'ambito dell'arte e della cultura europea, il circo ha indubbiamente un ruolo importante. In alcuni Stati membri come Italia, Francia e Portogallo si sottolinea che il circo viene considerato un'attività culturale mentre in altri Stati membri come Germania, Austria e Danimarca viene classificato come attività commerciale.

Il circo come parte della cultura europea

Il Parlamento, innanzitutto, chiede alla Commissione di prendere iniziative concrete che riconoscano il circo tradizionale, «compresi gli esercizi con gli animali», ed invita tutti gli Stati membri ad identificarlo come parte della cultura europea.

L'Esecutivo è poi sollecitato ad elaborare uno studio sull'istruzione scolastica dei bambini che appartengono alle comunità itineranti, aggiornando così quello effettuato nel 1996. Per offrir loro un adeguato livello di istruzione, i deputati, invitano la Commissione a predisporre meccanismi di cooperazione tra gli Stati membri.

A tale proposito sarebbe auspicabile l'elaborazione di una nuova risoluzione del Consiglio che garantisca una formazione scolastica e professionale di alto livello qualitativo per bambini, giovani ed adulti che fanno parte di tali comunità, riconoscendo e sostenendo la formazione professionale delle scuole circensi.

Strutture temporanee

La relazione invita l'Esecutivo, a seguito di consultazioni con la comunità circense europea, a conferire un mandato al Comitato europeo di normalizzazione (CEN) con il fine di elaborare una raccolta completa di norme sulle strutture mobili dei circhi.

Debbono poi essere concluse le attività in corso che riguardano le norme di sicurezza in materie di strutture temporanee, come i tendoni. Ciò con lo scopo di agevolare la mobilità dei circhi fra gli Stati membri e per contribuire alla tutela del circo classico europeo e della sicurezza collettiva.

Nuova politica dei visti

Il Parlamento chiede alla Commissione di procedere all'elaborazione di una regolamentazione europea per migliorare il rilascio dei visti e dei permessi di lavoro «degli artisti girovaghi». In tale contesto, occorre offrire la possibilità di ottenere visti e permessi di soggiorno per periodi fino a 12 mesi, «prevenendo eventuali abusi in materia della tratta degli esseri umani». Questa regolamentazione dovrebbe inoltre eliminare le condizioni attuali di difficile adempimento per artisti che dispongono di contratti di lavoro a breve termine, come ad esempio la condizione che chiede di dimostrare che non esistono all'interno dell'UE persone con qualifiche professionali di pari grado.

 

Riferimenti

 

Doris PACK (PPE/DE, DE)
Doc.: A6-0237/2005
Relazione sulle nuove sfide per il circo quale parte della cultura europea
Procedura: Iniziativa
Dibattito: 12.10.2005
Votazione: 13.10.2005

Link utili

Ente nazionale circhi

 

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