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ANTEPRIMA
13 - 16 novembre 2006
Strasburgo
CONFERENZE STAMPA L'ordine del giorno della sessione è soggetto a modifiche. Una
conferenza stampa pre-sessione si svolgerà nell'edificio PHS, Una
conferenza stampa per gli ultimi aggiornamenti
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Sommario LIBERA CIRCOLAZIONE DI SERVIZI COOPERAZIONE GIUDIZIARIA ISTITUZIONI RELAZIONI ESTERNE ENERGIA POLITICA DELL'OCCUPAZIONE AMBIENTE EURO AFFARI ECONOMICI E MONETARI CONTROLLO DEI BILANCI SICUREZZA E DIFESA PROTEZIONE CIVILE DIRITTI DELLE DONNE/PARI OPPORTUNITÀ GIUSTIZIA E AFFARI INTERNI CULTURA ISTRUZIONE AGRICOLTURA IMMUNITÀ E STATUTO DEI DEPUTATI ORDINE DEL GIORNO 13 - 16 NOVEMBRE 2006 |
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Una dichiarazione della Commissione aprirà un dibattito in Aula sulla «debolezza della rete elettrica europea». I black out che hanno lasciato privi di luce dieci milioni di europei sono inaccettabili, ha dichiarato il commissario europeo all'Energia, sottolineando la necessità di un approccio comune a tutta l'Unione. L'Aula si pronuncerà sulla proposta di regolamento che istituisce un Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione. Tale Fondo potrà utilizzare fino a 500 milioni di euro l'anno, per aiutare i lavoratori licenziati a seguito dei mutamenti intervenuti nella struttura del commercio mondiale. I deputati hanno tuttavia adottato diversi emendamenti, per allargare il campo d'azione del Fondo e aumentare così i beneficiari (relazione Bachelot-Narquin). In una relazione all’esame della Plenaria sull'evoluzione della zona euro nel 2006, i deputati chiedono un’interpretazione rigorosa del Patto di stabilità e la realizzazione di riforme economiche. Nel condannare il nazionalismo economico, ritengono che i mercati del lavoro debbano diventare più flessibili e chiedono che maggiori risorse siano destinate a formazione e ricerca. Sono anche sollecitati una rappresentanza esterna coordinata della zona euro e un effettivo dialogo interistituzionale (relazione García-Margallo y Marfil). Un'interrogazione orale alla Commissione aprirà un dibattito in Aula in merito al futuro delle quote latte. Per i deputati del PPE/DE è infatti necessario dare ai produttori e all'industria il tempo di adattarsi alle possibili modifiche del sistema. A loro parere, inoltre, lo smantellamento delle quote nel 2015 offrirebbe una certa protezione a molti produttori. Martedì 14 novembre Un'interrogazione orale alla Commissione aprirà un dibattito in Aula sui giochi d'azzardo e le scommesse sportive nel mercato interno. I deputati chiedono quali iniziative sono in preparazione per definire un quadro giuridico per il gioco d'azzardo on line che consenta la salvaguardia dei consumatori e la tutela dei minori, permettendo nel contempo lo svolgimento di attività lecite da parte delle imprese. L'Italia è oggetto di un'indagine della Commissione circa la sua normativa in materia. Il Presidente Barroso presenterà al Parlamento il programma di lavoro della Commissione per il 2007. L’anno prossimo si celebrerà il 50° anniversario della firma dei Trattati di Roma e, per ironia del calendario, si dovrà valutare lo stato delle discussioni sulla Costituzione. E’ anche molto probabile che nel 2007 l’UE accoglierà la Romania e la Bulgaria. Il Parlamento adotterà una risoluzione sul programma di lavoro nel corso della sessione di dicembre. Il Parlamento esaminerà una proposta di direttiva volta a vietare l'uso del mercurio in una serie di strumenti come termometri e barometri. I deputati accolgono con favore l'iniziativa, ma propongono alcuni emendamenti volti a rendere più restrittivo tale divieto. Salvano però strumenti e apparecchi destinati al mercato dell'antiquariato e ai musei (relazione Sornosa Martínez). Una relazione all'esame della Plenaria perora una maggiore armonizzazione del mercato del credito ipotecario per agevolare l'offerta transfrontaliera di mutui e consentire così ai consumatori di beneficiare delle migliori offerte. I deputati sostengono la portabilità dei crediti e chiedono un'informazione adeguata riguardo ai costi dei mutui. Appoggiano le fusioni transfrontaliere di enti creditizi e vedono con favore l'apertura del mercato ad altri soggetti (relazione Purvis). Mercoledì 15 novembre L'Aula esaminerà la posizione comune del Consiglio in merito alla direttiva servizi che, in gran parte, riflette quanto suggerito dal Parlamento in prima lettura. I deputati, allora, avevano profondamente riformulato la proposta della Commissione e, in particolare, avevano soppresso il molto controverso principio del paese d'origine. Vi sono quindi molte probabilità che il testo finale della direttiva sia adottato definitivamente nel corso di questa sessione (relazione Gebhardt). Una relazione all'esame del Parlamento chiede l'adozione di un quadro legislativo armonizzato in materia di successioni e testamenti a carattere transfrontaliero. In tale ambito, avanza una serie di raccomandazioni concrete volte ad agevolare l'entrata in possesso delle eredità, riducendo le difficoltà e i costi. Lo strumento UE dovrà quindi istituire un "certificato successorio europeo" e lasciare spazio alla libertà di scelta dei testatori quanto alla legislazione applicabile (relazione Gargani). Le dichiarazioni della Commissione e del Consiglio apriranno un dibattito in Aula riguardo alla situazione a Gaza dopo l'ultimo massacro di civili a Beit Hanoun nel corso di un'operazione militare da parte israeliana. Il Presidente del Parlamento, la Presidenza UE e Javier Solana hanno già condannato l'accaduto e chiesto la cessazione delle operazioni militari. Il Parlamento adotterà una risoluzione. L'Aula esaminerà una relazione sulla strategia europea di sicurezza che, pur condividendone l'impostazione, chiede che sia integrata per tenere conto delle nuove sfide globali, quali la concorrenza in materia di risorse idriche. E' poi elencata una serie di esigenze affinché l'UE possa divenire una vera Unione di difesa e sicurezza. Sostenendo che la lotta al terrorismo non deve essere svolta solo sul piano militare, è anche sottolineata la necessità di un partenariato strategico con la NATO (relazione von Wogau). Una relazione all’esame dell’Aula raccomanda al Consiglio un insieme di misure tese a combattere più efficacemente contro la tratta degli esseri umani. I deputati propongono un quadro giuridico per la lotta e la prevenzione del traffico e indicano vie per ridurre la domanda. Chiedono di garantire l’assistenza e la protezione delle vittime e un miglior coordinamento delle azioni a livello nazionale, europeo e internazionale. Sollecitano poi sanzioni severissime per chi si macchia di questo reato (relazione Bauer). °°° A margine della seduta, lunedì 13 novembre, la commissione cultura del Parlamento dovrebbe adottare la relazione in merito alla nuova direttiva sulla TV senza frontiere. La commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale, inoltre, esaminerà la proposta di riforma dell'organizzazione comune del mercato del vino. Lo stesso giorno, la commissione per gli affari costituzionali approverà una relazione sugli aspetti istituzionali della capacità dell'Unione europea a integrare nuovi Stati membri. |
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L'Aula esaminerà la posizione comune del Consiglio in merito alla direttiva servizi che, in gran parte, riflette quanto suggerito dal Parlamento in prima lettura. I deputati, allora, avevano profondamente riformulato la proposta della Commissione e, in particolare, avevano soppresso il molto controverso principio del paese d'origine. Vi sono quindi molte probabilità che il testo finale della direttiva sia adottato definitivamente nel corso di questa sessione. Lo scorso mese di luglio, accogliendo gran parte dei suggerimenti avanzati dal Parlamento europeo in prima lettura qualche mese prima, il Consiglio dei Ministri ha definito una posizione comune sulla direttiva servizi. L'Assemblea, in quell'occasione, aveva praticamente riscritto il testo della direttiva combinando l'accordo raggiunto dai due maggiori gruppi parlamentari con alcuni emendamenti proposti dalla commissione per il mercato interno. In particolare, l'Aula aveva di fatto soppresso il contestatissimo "principio del paese d'origine" sostituendolo con un più blando concetto di "libertà di prestazione dei servizi". La commissione per il mercato interno, lo scorso 23 ottobre, aveva sottoscritto la posizione comune del Consiglio senza avanzare nessun emendamento. In quell'occasione, infatti, tutte le proposte di modifiche sottoposte dai deputati e dalla relatrice stessa - Evelyne GEBHARDT (PSE, DE) - erano state respinte. Il testo ora sottoposto all'esame della Plenaria era quindi stato accolto con 26 voti a favore, 4 contrari e 6 astensioni. Va comunque notato che ciò non impedisce la presentazione di altri emendamenti per il voto in Aula, come d'altronde ha già annunciato la relatrice. Qualora i deputati non ne accolgano nessuno la procedura potrà considerarsi chiusa e il testo della direttiva adottato. I deputati attendono tuttavia di conoscere una dichiarazione scritta che la Commissione si è impegnata a fornire al fine di rispondere agli interrogativi giudicati essenziali dalla relatrice. Più in particolare sono attesi chiarimenti quanto alla portata legale e alla natura degli orientamenti che la Commissione presenterà agli Stati membri, all'eventualità di un'armonizzazione futura della legislazione relativa alla prestazione dei servizi, alla neutralità della direttiva in relazione al diritto del lavoro, nonché all'influenza della stessa sulla prestazione dei servizi sociali. Inoltre, su richiesta del PPE/DE, la dichiarazione dovrà comprendere una menzione sull'impatto della direttiva sul diritto penale. La posizione comune adottata dal Consiglio rispecchia in gran parte il parere del Parlamento in prima lettura che erano stati per lo più integrati anche nella proposta modificata della Commissione. Numerosi emendamenti del Parlamento sono stati pertanto accolti integralmente o parzialmente nella posizione comune, la quale contiene inoltre un certo numero di nuove disposizioni che il Consiglio considera essenziali per assicurare un'efficace attuazione della direttiva e contribuire al corretto funzionamento del mercato interno. Tutte le modifiche alla proposta modificata introdotte dal Consiglio nella sua posizione comune sono state accettate dalla Commissione. OGGETTO DELLA DIRETTIVA La direttiva stabilisce le disposizioni generali che permettono di agevolare l’esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori nonché la libera circolazione dei servizi, «assicurando nel contempo un elevato livello di qualità dei servizi stessi». Il testo, peraltro, precisa che la direttiva «non riguarda la liberalizzazione dei servizi d’interesse economico generale riservati a enti pubblici o privati, né la privatizzazione di enti pubblici che forniscono servizi». Non riguarda neppure l’abolizione di monopoli che forniscono servizi né gli aiuti concessi dagli Stati membri cui si applicano le regole comunitarie di concorrenza. E' anche puntualizzato che la direttiva lascia impregiudicata la libertà, per gli Stati membri, di definire, in conformità del diritto comunitario, quali essi ritengano essere servizi d’interesse economico generale, in che modo tali servizi debbano essere organizzati e finanziati, in conformità delle regole sugli aiuti concessi dagli Stati, e a quali obblighi specifici essi debbano essere soggetti. La direttiva, inoltre, non pregiudica le misure adottate a livello comunitario o nazionale, in conformità del diritto comunitario, volte a tutelare o a promuovere la diversità culturale o linguistica o il pluralismo dei media. Non incide neppure sulla normativa degli Stati membri in materia di diritto penale. Tuttavia, è precisato, gli Stati membri non possono limitare la libertà di fornire servizi applicando disposizioni di diritto penale che disciplinano specificamente o influenzano l’accesso ad un’attività di servizi o l’esercizio della stessa, aggirando le norme stabilite nella presente direttiva. La direttiva non pregiudica nemmeno la legislazione del lavoro, segnatamente le disposizioni giuridiche o contrattuali che disciplinano le condizioni di occupazione, le condizioni di lavoro, compresa la salute e la sicurezza sul posto di lavoro, e il rapporto tra datori di lavoro e lavoratori, che gli Stati membri applicano in conformità del diritto nazionale che rispetta il diritto comunitario. Parimenti, la presente direttiva non incide sulla normativa degli Stati membri in materia di sicurezza sociale. Non pregiudica nemmeno l’esercizio dei diritti fondamentali quali riconosciuti dagli Stati membri e dal diritto comunitario, né il diritto di negoziare, concludere ed eseguire accordi collettivi e di intraprendere azioni sindacali in conformità del diritto e delle prassi nazionali che rispettano il diritto comunitario. CAMPO D'APPLICAZIONE Un "considerando" introdotto dal Consiglio precisa che, tra i servizi oggetto della direttiva, rientrano numerose attività in costante evoluzione. Fra queste sono citati, i servizi alle imprese, quali i servizi di consulenza manageriale e gestionale, i servizi di certificazione e di collaudo, i servizi di gestione delle strutture, compresi i servizi di manutenzione degli uffici, i servizi di pubblicità o i servizi connessi alle assunzioni e i servizi degli agenti commerciali. Sono inoltre oggetto della i servizi prestati sia alle imprese sia ai consumatori, quali i servizi di consulenza legale o fiscale, i servizi collegati con il settore immobiliare, come le agenzie immobiliari, l’edilizia, compresi i servizi degli architetti, la distribuzione, l’organizzazione di fiere, il noleggio di auto, le agenzie di viaggi. Nell’ambito di applicazione della direttiva rientrano anche i servizi ai consumatori, quali i servizi nel settore del turismo, compresi i servizi delle guide turistiche, i servizi ricreativi, i centri sportivi, i parchi di divertimento e, nella misura in cui non sono esclusi dall’ambito di applicazione della direttiva, i servizi a domicilio, come l’assistenza agli anziani. Queste attività, è poi precisato, possono riguardare servizi che richiedono la vicinanza del prestatore e del destinatario della prestazione, servizi che comportano lo spostamento del destinatario o del prestatore e servizi che possono essere prestati a distanza, anche via Internet. La direttiva si applica quindi soltanto ai servizi che sono prestati dietro corrispettivo economico ed è spiegato che i servizi non economici d’interesse generale sono pertanto esclusi dal suo ambito di applicazione. Viceversa, i servizi d’interesse economico generale sono servizi che, essendo prestati dietro corrispettivo economico, rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva. Questa, inoltre, non si applica nemmeno ai servizi finanziari quali l’attività bancaria, il credito, l’assicurazione e la riassicurazione, le pensioni professionali o individuali, i titoli, gli investimenti, i fondi, ai servizi di pagamento e quelli di consulenza nel settore degli investimenti. Così come sono esclusi i servizi e le reti di comunicazione elettronica. Parimenti, non rientrano nel campo d'applicazione i servizi nel settore dei trasporti, ivi compresi i servizi portuali, e i servizi delle agenzie di lavoro interinale. Sono anche esclusi i servizi sanitari, «indipendentemente dal fatto che vengano prestati o meno nel quadro di una struttura sanitaria e a prescindere dalle loro modalità di organizzazione e di finanziamento sul piano nazionale e dalla loro natura pubblica o privata», i servizi audiovisivi, ivi compresi i servizi cinematografici, a prescindere dal modo di produzione, distribuzione e trasmissione, e i servizi radiofonici. Anche le attività di azzardo che implicano una posta di valore pecuniario in giochi di fortuna, comprese le lotterie, i giochi d’azzardo nei casinò e le scommesse sono esclusi, assieme alle attività connesse con l’esercizio di pubblici poteri e ai servizi forniti da notai e ufficiali giudiziari nominati con atto ufficiale della pubblica amministrazione. Ma anche i servizi sociali riguardanti gli alloggi popolari, l’assistenza all'infanzia e il sostegno alle famiglie ed alle persone temporaneamente o permanentemente in stato di bisogno, forniti dallo Stato, da prestatori incaricati dallo Stato o da associazioni caritative riconosciute come tali dallo Stato, nonché i servizi privati di sicurezza. LIBERTA' DI PRESTAZIONE DI SERVIZI E DEROGHE Come richiesto dal Parlamento, il principio del paese d'origine è stato sostituito con quello della libera prestazione di servizi (articolo 16 della direttiva). In base a tale principio, agli Stati membri è imposto l'obbligo di rispettare «il diritto dei prestatori di fornire un servizio in uno Stato membro diverso da quello in cui sono stabiliti». Lo Stato membro in cui il servizio viene prestato, quindi, deve assicurare il libero accesso a un’attività di servizi e il libero esercizio della medesima sul proprio territorio. E' anche precisato che non può subordinare l’accesso a un’attività di servizi o l’esercizio della medesima sul proprio territorio a requisiti che non rispettino una serie di principi. Pertanto i requisiti non possono essere direttamente o indirettamente discriminatori sulla base della nazionalità o, nel caso di persone giuridiche, della sede («non discriminazione») e devono essere giustificati da ragioni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di sanità pubblica o di tutela dell’ambiente («necessità»). Inoltre, i requisiti devono essere tali da garantire il raggiungimento dell’obiettivo perseguito e non devono andare al di là di quanto è necessario per raggiungere tale obiettivo («proporzionalità»). Più in particolare, è precisato che Gli Stati membri non possono restringere la libera circolazione dei servizi forniti da un prestatore stabilito in un altro Stato membro imponendo i l’obbligo per il prestatore di essere stabilito sul loro territorio o di ottenere un’autorizzazione dalle autorità competenti, compresa l’iscrizione in un registro o a un ordine professionale sul loro territorio, salvo i casi previsti dalla presente direttiva o da altri strumenti di diritto comunitario. Non è consentito imporre il divieto al prestatore di dotarsi sul loro territorio di una determinata forma o tipo di infrastruttura, inclusi uffici o uno studio, necessaria all’esecuzione delle prestazioni in questione. Inoltre, a eccezione di quelli in materia di salute e di sicurezza sul posto di lavoro, non è possibile richiedere il rispetto di requisiti all’uso di attrezzature e di materiali che costituiscono parte integrante della prestazione del servizio. Parimenti non può imporsi l’applicazione di un regime contrattuale particolare tra il prestatore e il destinatario che impedisca o limiti la prestazione di servizi a titolo indipendente, o l’obbligo per il prestatore di essere in possesso di un documento di identità specifico per l’esercizio di un’attività di servizi rilasciato dalle loro autorità competenti. Allo Stato membro in cui il prestatore si reca, d'altra parte, non può essere impedito di imporre requisiti relativi alla prestazione di un’attività di servizi qualora siano giustificati da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di sanità pubblica o tutela dell’ambiente. Allo stesso modo, a quello Stato membro non può essere impedito di applicare, conformemente al diritto comunitario, le proprie norme in materia di condizioni di occupazione, comprese le norme che figurano negli accordi collettivi. Entro cinque anni dall'entrata in vigore della direttiva, e previa consultazione degli Stati membri e delle parti sociali a livello comunitario, la Commissione dovrà trasmettere al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione di tali disposizioni, in cui dovrà esaminare la necessità di proporre misure di armonizzazione per le attività di servizi che rientrano nel campo d’applicazione della direttiva. Ulteriori deroghe alla libera prestazione di servizi Come proposto dal Parlamento in prima lettura, anche il testo della posizione comune prevede che le disposizioni sulla libera prestazione di servizi non si applica ai servizi di interesse economico generale forniti in un altro Stato membro, fra cui i servizi nel settore postale contemplati dalla direttiva 97/67/CE, a quelli nel settore dell’energia elettrica contemplati dalla direttiva 2003/54/CE, ai servizi nel settore del gas contemplati dalla direttiva 2003/55/CE, a quelli di distribuzione e fornitura idriche e ai servizi di gestione delle acque reflue, nonché ai servizi legati al trattamento dei rifiuti. L'articolo 16, inoltre, non si applica alle materie disciplinate dalla direttiva relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi (96/71/CE), a quelle disciplinate dalla direttiva sulla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali e sulla libera circolazione di tali dati (95/46/CE). Sono anche escluse le materie disciplinate dalla direttiva intesa a facilitare l’esercizio effettivo della libera prestazione di servizi da parte degli avvocati, le attività di recupero giudiziario dei crediti e le materie sulla libera prestazione di servizi disciplinate dalla direttiva relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, «compresi i requisiti negli Stati membri dove il servizio è prestato che riservano un’attività ad una particolare professione». Anche gli atti per i quali la legge richiede l'intervento di un notaio non sono sottoposti al principio di libera prestazione dei servizi, così come le materie disciplinate dalla direttiva sulla revisione legale dei conti annuali e dei conti consolidati. Inoltre, beneficiano della deroga l'immatricolazione dei veicoli presi in leasing in un altro Stato membro e le disposizioni relative agli obblighi contrattuali e non contrattuali, compresa la forma dei contratti, determinate in virtù delle norme di diritto internazionale. Sono, infine, esenti i diritti d’autore e diritti connessi. Relazioni con altre disposizioni del diritto ue Se le disposizioni della direttiva confliggono con disposizioni di altri atti comunitari che disciplinano aspetti specifici dell’accesso ad un’attività di servizi o del suo esercizio in settori specifici o per professioni specifiche, è precisato che le disposizioni di questi altri atti comunitari «prevalgono e si applicano a tali settori o professioni specifiche». Tra tali atti comunitari, sono citati la direttiva relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi (96/71/CE), il regolamento relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità (1408/71), la direttiva relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive(89/552/CEE) e la direttiva relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (2005/36/CE). LIBERTA' DI STABILIMENTO Gli Stati membri possono subordinare l’accesso ad un’attività di servizio e il suo esercizio ad un regime di autorizzazione soltanto se questo non risulta discriminatorio nei confronti del prestatore, se è giustificato da un motivo imperativo di interesse generale o se l’obiettivo perseguito non può essere conseguito tramite una misura meno restrittiva, in particolare in quanto un controllo a posteriori interverrebbe troppo tardi per avere reale efficacia. Tra i motivi imperativi di interesse generale figurano l’ordine pubblico, la sicurezza, l’incolumità e la sanità pubblica, il mantenimento dell’equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale, la tutela dei consumatori, dei destinatari di servizi e dei lavoratori, l’equità delle transazioni commerciali, la lotta alla frode, la tutela dell’ambiente, la salute degli animali, la proprietà intellettuale, la conservazione del patrimonio nazionale storico ed artistico, gli obiettivi di politica sociale e di politica culturale I regimi di autorizzazione devono basarsi su criteri che inquadrino l’esercizio del potere di valutazione da parte delle autorità competenti «affinché tale potere non sia utilizzato in modo arbitrario». Tali criteri, è precisato, devono essere non discriminatori, giustificati da un motivo imperativo di interesse generale, commisurati all’obiettivo di interesse generale, chiari e inequivocabili, oggettivi, resi pubblici preventivamente, nonché trasparenti e accessibili. L’autorizzazione - che in principio ha una durata limitata - dovrà permettere al prestatore di accedere all’attività di servizi o di esercitarla su tutto il territorio nazionale, anche mediante l’apertura di rappresentanze, succursali, filiali o uffici, tranne nei casi in cui la necessità di un’autorizzazione specifica o di una limitazione dell’autorizzazione ad una determinata parte del territorio per ogni stabilimento sia giustificata da un motivo imperativo di interesse generale. SEMPLIFICAZIONE AMMINISTRATIVA Per agevolare l’accesso alle attività di servizi e il loro esercizio nel mercato interno, la direttiva stabilisce l’obiettivo, comune a tutti gli Stati membri, di una semplificazione amministrativa. Prevede quindi disposizioni riguardanti, in particolare, gli sportelli unici, il diritto all’informazione, le procedure per via elettronica e la definizione di un quadro per i regimi di autorizzazione. Altre misure adottate a livello nazionale per raggiungere quest’obiettivo potrebbero consistere nel ridurre il numero delle procedure e formalità applicabili alle attività di servizi, limitandole a quelle indispensabili per conseguire un obiettivo di interesse generale e che non rappresentano, per contenuto o finalità, dei doppioni. CONTROLLI Per quanto riguarda i prestatori che forniscono servizi in un altro Stato membro, lo Stato membro di stabilimento deve fornire le informazioni sui prestatori stabiliti sul suo territorio richieste da un altro Stato membro, in particolare la conferma del loro stabilimento sul suo territorio e del fatto che, a quanto gli risulta, essi non vi esercitano attività in modo illegale. Lo Stato membro di stabilimento, inoltre deve procedere alle verifiche, ispezioni e indagini richieste da un altro Stato membro e informa quest’ultimo dei risultati e, se del caso, dei provvedimenti presi. Qualora venga a conoscenza di comportamenti o atti precisi di un prestatore stabilito sul suo territorio che presta servizi in altri Stati membri che, a sua conoscenza, possano causare grave pregiudizio alla salute o alla sicurezza delle persone o all’ambiente, lo Stato membro di stabilimento deve informarne al più presto gli altri Stati membri e la Commissione. RESTRIZIONI AI DESTINATARI VIETATE In forza alla direttiva, gli Stati membri non possono imporre al destinatario requisiti che limitano l’utilizzazione di un servizio fornito da un prestatore stabilito in un altro Stato membro. In particolare non potrà essere imposto l’obbligo di ottenere un’autorizzazione dalle loro autorità competenti o quello di presentare una dichiarazione presso di esse né stabilire limiti discriminatori alla concessione di aiuti finanziari a causa del fatto che il prestatore è stabilito in un altro Stato membro o in ragione del luogo in cui il servizio è prestato. Gli Stati membri, inoltre, dovranno provvedere affinché al destinatario non vengano imposti requisiti discriminatori fondati sulla sua nazionalità o sul suo luogo di residenza. Link utili
Posizione comune del Consiglio Riferimenti Evelyne GEBHARDT (PSE, DE) Raccomandazione per la seconda lettura sulla
posizione comune del Consiglio in vista dell'adozione della
direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai servizi
nel mercato interno |
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Scommesse on line più sicure per i consumatori Un'interrogazione orale alla Commissione aprirà un dibattito in Aula sui giochi d'azzardo e le scommesse sportive nel mercato interno. I deputati chiedono quali iniziative sono in preparazione per definire un quadro giuridico per il gioco d'azzardo on line che consenta la salvaguardia dei consumatori e la tutela dei minori, permettendo nel contempo lo svolgimento di attività lecite da parte delle imprese. L'Italia è oggetto di un'indagine della Commissione circa la sua normativa in materia. La commissione per il mercato interno e per la protezione dei consumatori prende anzitutto atto della decisione della Commissione europea di avviare procedure d'infrazione contro alcuni Stati membri - tra cui l'Italia - riguardo a talune restrizioni imposte ai mercati delle scommesse sportive e ritenute incompatibili con l'articolo 49 del trattato CE (libera prestazione dei servizi). Prende inoltre atto della relazione speciale del Mediatore dell'UE del 30 maggio 2006 in cui si critica il modo in cui la Commissione europea ha trattato un caso di infrazione concernente il gioco d'azzardo e si sottolinea che la stessa Commissione non ha la facoltà di rinviare l'esame di una denuncia d'infrazione adducendo come motivo il fatto di non riuscire a trovare un consenso politico sulla maniera di procedere. Nel ricordare poi la sentenza della Corte di giustizia europea nella causa C 243/01 "Gambelli e altri" del novembre 2003, i deputati chiedono alla Commissione di essere aggiornati in merito alle procedure d'infrazione e di illustrare i prossimi passi che intende compiere. Domandano inoltre se la Commissione ha intenzione di circoscrivere le procedure d'infrazione unicamente al settore delle scommesse sportive oppure se «prevede ulteriori azioni in altri settori legati al gioco d'azzardo qualora vengano individuate pratiche discriminatorie». Infine, i deputati chiedono alla Commissione quali iniziative ha in preparazione per mettere a punto un quadro giuridico per il gioco d'azzardo online che consenta agli Stati membri di salvaguardare i consumatori e di tutelare i minori, permettendo nel contempo lo svolgimento di attività lecite da parte di imprese rispettabili. Background Il 4 aprile di quest'anno la Commissione europea aveva deciso di inviare a sette Stati membri, tra cui l'Italia, richieste ufficiali di informazioni sulle rispettive legislazioni nazionali che limitano la fornitura di servizi di scommesse sportive. Questa decisione, precisava la Commissione, si riferiva unicamente alla compatibilità di queste normative con l'attuale legislazione comunitaria e non riguardava né l'esistenza di monopoli né le lotterie nazionali, così come non riguardava la liberalizzazione del mercato dei servizi dei giochi d'azzardo in genere o il diritto degli Stati membri di proteggere interessi generali. La decisione della Commissione di procedere a questo esame si fondava su reclami presentati da vari fornitori di servizi che riguardavano, in particolare, restrizioni alla fornitura di servizi di scommesse sportive nonché il requisito del possesso di una concessione o licenza dello Stato (nonostante il fornitore sia titolare di una licenza di un altro Stato membro). Le restrizioni, inoltre si estendono alla promozione o alla pubblicità dei servizi e alla partecipazione al gioco di cittadini nello Stato membro in questione. La Corte di Giustizia aveva infatti già stabilito che il modo in cui gli Stati membri cercano di limitare le scommesse, al fine di tutelare obiettivi d'interesse generale, come la protezione dei consumatori, deve essere «coerente e sistematico». Uno Stato membro non può pertanto invocare la necessità di limitare l'accesso dei suoi cittadini a servizi di scommesse se, allo stesso tempo, lo incoraggia a partecipare a lotteria di Stato, a giochi d'azzardo o a scommesse a vantaggio delle proprie finanze pubbliche. Lo scorso 12 ottobre, inoltre, la Commissione aveva deciso di inviare a tre Stati membri, tra cui figura ancora l'Italia, delle richieste ufficiali di informazione sulla normativa nazionale avente effetti restrittivi sulla prestazione di servizi. Per quanto riguarda il nostro Paese, l'indagine che intende condurre la Commissione si concentra sulle disposizioni relative alla prestazione di servizi di scommesse sportive a distanza da parte di operatori autorizzati e soggetti a regolamentazione in vigore in un altro Stato membro. La Commissione si era detta soprattutto preoccupata del fatto che le recenti disposizioni legislative tese a bloccare l'accesso ai siti web di operatori europei possano creare restrizioni sproporzionate. La Commissione aveva chiesto alle autorità italiane di spiegare la sproporzionalità di queste misure, in particolare in considerazione dell'espansione del mercato delle scommesse sportive che appare riservato agli operatori nazionali. Link utili
Relazione speciale del Mediatore (in inglese) Riferimenti Interrogazione orale sui giochi d'azzardo e
scommesse sportive nel mercato interno |
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Una relazione all'esame del Parlamento chiede l'adozione di un quadro legislativo armonizzato in materia di successioni e testamenti a carattere transfrontaliero. In tale ambito, avanza una serie di raccomandazioni concrete volte ad agevolare l'entrata in possesso delle eredità, riducendo le difficoltà e i costi. Lo strumento UE dovrà quindi istituire un "certificato successorio europeo" e lasciare spazio alla libertà di scelta dei testatori quanto alla legislazione applicabile. Secondo uno studio del 2002 realizzato dal Deutsches Notarinstitut su incarico della Commissione europea, ogni anno si aprono nel territorio dell'Unione europea tra le 50.000 e le 100.000 successioni a causa di morte caratterizzate da elementi di internazionalità. Questo numero, inoltre, è destinato a essere rivisto in aumento, a seguito della recente adesione all'Unione europea di dieci nuovi Stati membri e in vista dei prossimi allargamenti. D'altra parte, attualmente sussistono profonde divergenze tra i sistemi di diritto internazionale privato e di diritto sostanziale degli Stati membri in materia di successioni a causa di morte e testamenti. Osservando che tali divergenze determinano a carico degli aventi diritto difficoltà e costi per entrare in possesso dell'eredità, la relazione di Giuseppe GARGANI (PPE/DE, IT) chiede alla Commissione di presentare al Parlamento europeo, nel corso del 2007, una proposta legislativa in materia di successioni a causa di morte e testamenti. A tal fine, la relazione suggerisce alla Commissione delle raccomandazioni particolareggiate sui contenuti e la struttura del provvedimento legislativo che, è precisato, dovrà essere elaborato nell’ambito di un dibattito interistituzionale e adottato con la procedura di codecisione. I deputati ritengono che lo strumento legislativo da adottare dovrà contenere una disciplina «tendenzialmente esaustiva» del diritto internazionale privato delle successioni a causa di morte. Contestualmente, tale strumento, dovrà procedere all'istituzione di un "certificato successorio europeo" e all'armonizzazione delle norme concernenti la competenza giurisdizionale, la legge applicabile (cosiddette norme di conflitto), il riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze e degli atti pubblici stranieri. E' fatta eccezione per le norme sostanziali e procedurali che disciplinano la materia negli Stati membri. Allo stesso tempo, la relazione invita la Commissione, nel quadro delle consultazioni sul programma di finanziamento nel settore della giustizia civile per il periodo 2007 2013, a pubblicare un invito a presentare proposte per una campagna d'informazione sulle successioni e i testamenti transfrontalieri destinata ai legali che operano nel settore. Ma anche a indicare come priorità la creazione di una rete di legali civilisti, «al fine di sviluppare la fiducia e la comprensione reciproche tra i professionisti del settore, di favorire lo scambio di informazioni e di mettere a punto prassi eccellenti». Giurisdizione e criteri di collegamento: riconoscere l'autonomia privata I deputati ritengono che lo strumento legislativo da adottare dovrà ridurre le difficoltà di applicazione della legge straniera. A tale scopo, preferiscono, sia quale titolo di giurisdizione principale sia quale criterio di collegamento oggettivo, il luogo di residenza abituale del defunto al momento della morte. Tuttavia, ritengono anche che lo strumento legislativo «dovrà attribuire un certo spazio all'autonomia della volontà». Più in particolare, dovrà consentire alle parti in causa di scegliere, a determinate condizioni, il giudice competente e, quindi, la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. Al testatore, inoltre, dovrebbe essere riconosciuta la facoltà di scegliere, quale legge regolatrice dell'intera successione, tra la propria legge nazionale e la legge dello Stato in cui ha la residenza abituale al momento della scelta. Tale scelta, è anche precisato, «dovrà essere espressa in una dichiarazione avente la forma di una disposizione testamentaria». Lo strumento legislativo, d'altra parte, dovrà evitare che tramite la facoltà di scelta della legge applicabile «siano frodati i principi fondamentali di assegnazione della legittima in favore dei congiunti più stretti stabiliti dalla legge applicabile alla successione a titolo oggettivo». Dovrà inoltre assicurare il coordinamento della legge applicabile alla successione con le norme della legge del luogo dove si trovano i beni ereditari al fine di rendere queste ultime applicabili. La legge applicabile alla successione, poi, non potrà influire sull'applicazione di altre disposizioni dello Stato nel quale sono ubicati determinati beni immobili, imprese o altre speciali categorie di beni, e le cui norme istituiscono un regime ereditario speciale per quanto concerne tali beni in ragione di considerazioni economiche, familiari o sociali. Legge applicabile alla forma dei testamenti e ai patti successori I deputati ritengono inoltre che lo strumento legislativo da adottare dovrà prevedere un'apposita disciplina in materia di legge applicabile alla forma delle disposizioni testamentarie. Queste, più in particolare, dovranno reputarsi valide, quanto alla forma, ove siano considerate tali dalla legge dello Stato in cui il testatore ha disposto, dalla legge dello Stato in cui il testatore aveva la sua residenza abituale nel momento in cui ha disposto o al momento della morte, o dalla legge di uno degli Stati di cui il testatore aveva la nazionalità nel momento in cui ha disposto o al momento della morte. Per quanto riguarda i patti successori, il provvedimento dovrà prevedere che, nel caso in cui riguardino la successione di una sola persona, questi dovranno essere regolati dalla legge dello Stato in cui tale persona ha la sua residenza abituale al momento della conclusione del patto. Se, invece, riguardano la successione di più persone, dovranno essere regolati da ognuna delle leggi degli Stati nei quali ognuna di tali persone ha la propria residenza abituale al momento della conclusione del patto. Anche in questo caso, tuttavia, i deputati chiedono che si attribuisca un certo spazio all'autonomia della volontà, consentendo alle parti di convenire a quale legge devono essere sottoposti tali patti. Lo strumento legislativo da adottare dovrà disciplinare anche le questioni di carattere generale in materia di legge applicabile. A tale proposito, i deputati ritengono che la legge designata dallo strumento legislativo dovrà essere competente a disciplinare, «a prescindere dalla natura e dall'ubicazione dei beni», l'intera successione, dall'apertura fino alla trasmissione dell'eredità agli aventi diritto. Lo strumento legislativo, inoltre, dovrà avere carattere erga omnes, «cioè essere applicabile anche nel caso in cui la legge dal medesimo designata sia la legge di uno Stato terzo» e indicare i modi e i mezzi con cui le autorità chiamate ad applicare una legge straniera dovranno accertarne il contenuto, nonché i rimedi in caso di mancato accertamento. Certificato successorio europeo per semplificare le procedure Per i deputati, lo strumento legislativo da adottare dovrà perseguire l'obiettivo di semplificare le procedure che eredi e legatari devono seguire per entrare in possesso dei beni ereditari. Dovrà quindi prevedere le regole di diritto internazionale privato volte all'efficace coordinamento degli ordinamenti giuridici in materia di amministrazione, liquidazione e trasmissione dell'eredità, nonché di identificazione degli eredi. Dovrà inoltre essere istituito un "certificato successorio europeo" che indichi, in maniera vincolante fino a prova contraria, la legge applicabile alla successione, i beneficiari dell'eredità, i soggetti incaricati della sua amministrazione e i relativi poteri, nonché i beni ereditari, affidandone il rilascio ad un soggetto che nei singoli ordinamenti nazionali sia abilitato ad attribuirgli pubblica fede. Tale certificato dovrà essere redatto secondo un modello standard e costituirà titolo idoneo per la trascrizione dell'acquisto ereditario nei pubblici registri dello Stato membro di ubicazione dei beni. I trust I deputati chiedono che i trust non rientrino nel campo di applicazione dello strumento legislativo da adottare. Tuttavia, quest'ultimo dovrà prevedere che, nel caso dei trust facenti parte di una successione, l'applicazione alla successione della legge indicata dallo strumento stesso «non possa ostacolare l'applicazione di un'altra legge per l'amministrazione del trust». Viceversa, l'applicazione al trust della legge per la sua amministrazione non dovrà ostacolare l'applicazione alla successione della legge applicabile in conformità dello strumento legislativo da adottare. Atti pubblici e rete europea dei testamenti I deputati ritengono opportuno disciplinare gli stessi effetti per gli atti pubblici in materia successoria, che in particolare dovranno essere riconosciuti in tutti gli Stati membri per la prova dei fatti e delle dichiarazioni che l’autorità che li ha formati attesta essere avvenuti in sua presenza, qualora la legge dello Stato membro d’origine lo preveda. Quando un atto pubblico è destinato a essere trascritto in pubblici registri dovrà anche essere previsto che l'atto stesso sia accompagnato da un "certificato di conformità" all’ordine pubblico ed alle norme imperative dello Stato membro richiesto. Tale certificato dovrà essere rilasciato – secondo un formulario standard – dall’autorità che sarebbe stata competente a formare l'atto in quest’ultimo Stato. A tale proposito, infine, i deputati auspicano la creazione di una rete europea dei registri dei testamenti attraverso la messa in rete dei registri nazionali, al fine di semplificare la ricerca e l’accertamento delle disposizioni di ultima volontà del defunto. Link utili Libro Verde della Commissione - Successioni e testamenti Riferimenti Giuseppe GARGANI (PPE/DE, IT) |
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Il Presidente Barroso presenterà al Parlamento il programma di lavoro della Commissione per il 2007. L’anno prossimo si celebrerà il 50° anniversario della firma dei Trattati di Roma e, per ironia del calendario, si dovrà valutare lo stato delle discussioni sulla Costituzione. E’ anche molto probabile che nel 2007 l’UE accoglierà la Romania e la Bulgaria. Il Parlamento adotterà una risoluzione sul programma di lavoro nel corso della sessione di dicembre. Prosperità La Commissione intende continuare a promuovere la modernizzazione dell’economia europea attraverso la strategia di Lisbona e un mercato interno dinamico, adottando una serie di misure combinate dirette a favorire la conoscenza, l’innovazione ed un ambiente sostenibile per la crescita. Tali misure comprenderanno la creazione di un quadro europeo per i migranti economici. La Commissione proseguirà le iniziative dirette a promuovere gli aspetti esterni della competitività enunciati nella sua comunicazione del 4 ottobre 2006 intitolata “Europa globale – Competere nel mondo”. L’energia sarà al centro delle preoccupazioni e la prima analisi strategica della politica energetica dell’UE preannuncerà una nuova fase di tale politica, contribuendo ad affrontare il problema del cambiamento climatico. La Commissione spiegherà inoltre come pensa di organizzare la nuova politica marittima. La solidarietà Per la Commissione, la tutela dell’ambiente, la gestione e l’utilizzazione sostenibili delle risorse naturali nonché la salute ed il benessere dei cittadini vanno di pari passo con la crescita e l’occupazione. Il fatto che il 2007 sarà l’“anno europeo delle pari opportunità” «ricorderà ancora una volta agli Europei che l’aspetto sociale è al cuore del funzionamento dell’Europa». La Commissione farà il punto della situazione sociale nell’Unione, come richiesto dal Consiglio europeo del giugno 2006, insistendo particolarmente sulle questioni attinenti all’accesso e alle opportunità, al fine di creare un nuovo consenso sui cambiamenti sociali che l’Europa deve affrontare. La Commissione dovrà anche proseguire la sua politica climatica, al fine di allargare la cooperazione internazionale e di aumentare la riduzione delle emissioni nell’Unione. Sicurezza e giustizia La Commissione ritiene che un’azione su scala europea è necessaria per garantire un livello elevato di sicurezza, di giustizia e di tutela dei cittadini «in un momento in cui l’Europa si trova a dover affrontare nuovi rischi». I rischi ambientali e sanitari, le malattie trasmissibili, le catastrofi naturali e le minacce di attacchi terroristici, richiedono una capacità di reazione rapida ed efficace al livello UE. Occorre continuare a svolgere attività di polizia e d’indagine in tutta l’UE, per lottare contro la criminalità e la violenza. Nel 2007 l’estensione dello spazio Schengen e il controllo delle frontiere saranno settori chiave di attività. L’Europa nel mondo «L’Europa deve far sentire la propria voce nel mondo» se intende realizzare i suoi obiettivi riguardanti lo sviluppo sostenibile, l’ambiente del pianeta, la pace, il vicinato, la cooperazione e la competitività esterna. La cooperazione scientifica e tecnologica nonché altre forme di collaborazione ad alto contenuto di conoscenza fondate su interessi comuni e vantaggi reciproci sono particolarmente promettenti per quanto riguarda il conseguimento di tali obiettivi. L’Europa ha bisogno di più coerenza e occorre coordinare maggiormente l’azione della Commissione con quella delle altre istituzioni europee e degli Stati membri. È inoltre necessario coordinare meglio le politiche esterne della Comunità e gli aspetti esterni delle politiche interne. Link utili Programma di lavoro della Commissione 2007 Riferimenti Programma legislativo e di lavoro della
Commissione 2007 |
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Le dichiarazioni della Commissione e del Consiglio apriranno un dibattito in Aula riguardo alla situazione a Gaza dopo l'ultimo massacro di civili a Beit Hanoun nel corso di un'operazione militare da parte israeliana. Il Presidente del Parlamento, la Presidenza UE e Javier Solana hanno già condannato l'accaduto e chiesto la cessazione delle operazioni militari. Il Parlamento adotterà una risoluzione. Il Presidente del Parlamento europeo Josep BORRELL ha condannato fermamente l'operazione militare israeliana occorsa a Gaza, sottolineando l'esigenza di porre subito fine alla violenza, «ora o mai più». «In che misura la morte di civili può portare la sicurezza di Israele? In che misura tutto ciò può condurre i palestinesi ad impegnarsi politicamente sul cammino della pace e del dialogo?», ha chiesto il Presidente, sottolineando che non può esistere una soluzione militare al conflitto in Medio Oriente. Il Presidente ha poi rivolto le sue condoglianze e quelle dell'intero Parlamento europeo alle famiglie delle vittime. Ha inoltre rinnovato l'appello affinché l'UE svolga un ruolo più attivo nella promozione di una soluzione politica. La Presidenza di turno finlandese dell'UE ha, da parte sua, espresso «sgomento per le continue uccisioni di civili». Ha quindi rivolto un appello a Israele affinché ponga fine alle operazioni militari a Gaza e chiesto ai palestinesi di smettere di lanciare missili sul territorio israeliano. Anche Javier SOLANA , deplorando l'azione israeliana, ha affermato che è tempo che si «metta termine alle violenze» e di lasciare una chance al processo di riconciliazione. Riferimenti Dichiarazioni del Consiglio e della Commissione
- Situazione a Gaza |
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Una dichiarazione della Commissione aprirà un dibattito in Aula sulla «debolezza della rete elettrica europea». I black out che hanno lasciato privi di luce dieci milioni di europei sono inaccettabili, ha dichiarato il commissario europeo all'Energia, sottolineando la necessità di un approccio comune a tutta l'Unione. Il commissario Andris PIEBALGS, all'indomani dell'incidente, ha voluto evidenziare che ancora una volta è stato dimostrato come eventi che accadono in una regione europea hanno delle conseguenze anche in altre regioni e, ha aggiunto, ciò conferma «la necessità di una politica energetica adeguata». Il commissario ha anche scritto una lettera all'UCTE (l'Unione per il coordinamento del trasporto dell'elettricità) e all'ETSO (l'associazione europea dei gestori del trasporto di elettricità) chiedendo loro di accertare rapidamente la causa esatta della panne e di precisare le misure che intendono prendere per evitare il ripetersi di simili incidenti. Ha anche ricordato che la Commissione, all'inizio del prossimo anno, proporrà di istituire un gruppo europeo di operatori dei sistemi di trasmissione dell'energia che avrà il compito di proporre delle posizioni comuni su questioni individuate dalla Commissione e, in particolare, riguardo alle norme di sicurezza delle reti. Si tratterà anche di adottare un meccanismo per rendere tali norme vincolanti per gli operatori del settore e di proporre un piano di interconnessione prioritario europeo al fine di creare le condizioni necessarie per la costruzione di nuove strutture di interconnessione essenziali. Link utili Sito della Commissione sull'energia Riferimenti Dichiarazione della Commissione - Debolezza
della rete elettrica europea |
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L'Aula si pronuncerà sulla proposta di regolamento che istituisce un Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione. Tale Fondo potrà utilizzare fino a 500 milioni di euro l'anno, per aiutare i lavoratori licenziati a seguito dei mutamenti intervenuti nella struttura del commercio mondiale. I deputati hanno tuttavia adottato diversi emendamenti, per allargare il campo d'azione del Fondo e aumentare così i beneficiari. La relazione di Roselyne BACHELOT (PPE/DE, FR) sottolinea che, nonostante gli effetti positivi sulla crescita dell'occupazione, la globalizzazione ha comportato anche conseguenze negative per i lavoratori più vulnerabili e meno qualificati in determinati settori. Per i deputati, l'assistenza fornita dal Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG), dovrebbe condurre a negoziati in sede OMC e dimostrare solidarietà e sostegno a tutti i lavoratori privati del loro impiego in conseguenza dei mutamenti intervenuti nella struttura del commercio mondiale. Il FEG non finanzierà la ristrutturazione di imprese o settori, poiché potrà intervenire solo a favore di «misure attive per il mercato del lavoro», quali l’assistenza nella ricerca di un impiego, l’orientamento professionale, la formazione e la riqualificazione su misura, la certificazione dell'esperienza acquisita, l’assistenza per la ricollocazione professionale e la promozione dell’imprenditorialità. I deputati aggiungono che il Fondo avrà ugualmente l'obiettivo di stimolare la crescita economica e la creazione di posti di lavoro nell'Unione europea. Chi è ammissibile all'aiuto del FEG? I deputati intendono identificare quali siano i lavoratori più bisognosi del Fondo europeo. In generale concordano con la Commissione sul fatto che l'assistenza del FEG debba essere applicata ai lavoratori licenziati dai settori più gravemente colpiti dalle delocalizzazioni economiche dovute ai cambiamenti nelle strutture del commercio mondiale, tuttavia auspicano un ampliamento dei criteri di intervento. Così un intervento del Fondo sarà possibile unicamente se una ristrutturazione economica di questo tipo porta al licenziamento di 1.000 dipendenti di una stessa impresa. Tuttavia, il FEG potrà intervenire sui mercati del lavoro di piccole dimensioni o in circostanze eccezionali qualora i licenziamenti tocchino almeno 500 dipendenti e abbiano un'incidenza grave sull'occupazione e sull'economia locale. Un intervento è anche possibile in caso di licenziamento, per un periodo di 12 mesi, di almeno 1.000 dipendenti, di una o più imprese, in particolare nelle PMI in regioni specifiche. Da dove arriva il credito? Il FEG non è stato oggetto di nessuna disposizione finanziaria specifica nel Quadro finanziario applicabile dal 2007 al 2013. La proposta della Commissione prevede una dotazione massima di 500 milioni di euro l'anno che sarà finanziata tramite dei crediti d'impegno annullati o con i margini esistenti nell'ambito del massimale di bilancio. I deputati, al riguardo, precisano la procedura da seguire in questo caso. Link utili Proposta di regolamento - Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione Riferimenti Roselyne BACHELOT (PPE/DE, FR) |
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Il Parlamento esaminerà una proposta di direttiva volta a vietare l'uso del mercurio in una serie di strumenti come termometri e barometri. I deputati accolgono con favore l'iniziativa, ma propongono alcuni emendamenti volti a rendere più restrittivo tale divieto. Salvano però strumenti e apparecchi destinati al mercato dell'antiquariato e ai musei. Ogni anno, nell'Unione europea, circa 33 tonnellate di mercurio sono impiegate in apparecchiature di misurazione e di controllo, gran parte delle quali nei soli termometri. Nonostante una parte crescente di questi strumenti sia raccolta e il mercurio recuperato, le emissioni di questo metallo pesante altamente tossico restano significative. Ciò rappresenta un serio pericolo per la salute e l'ambiente in quanto, entrando nel ciclo dei rifiuti, l'altrimenti detto "argentovivo" può trasformarsi in metilmercurio e concentrarsi nelle derrate alimentari, soprattutto acquatiche. I grandi consumatori di pesci e frutti di mare, segnatamente nelle coste del Mediterraneo, sono quindi particolarmente vulnerabili. Per tale ragione, dopo aver presentato una Strategia comunitaria sul mercurio e consultato tutte le parti interessate, la Commissione europea ha presentato una proposta volta a vietare la commercializzazione dell'argentovivo nei nuovi termometri medici e domestici, nei barometri, negli sfigmomanometri (utilizzati per la misurazione della pressione arteriosa) e nei manometri, il cui funzionamento non è legato alla corrente elettrica. Finché non saranno trovati prodotti di sostituzione adeguati, resteranno esclusi dal campo d'applicazione della direttiva gli strumenti di misurazione specialistici destinati alla medicina. La proposta, inoltre, tende a definire delle norme uniformi per la commercializzazione di questo genere di apparecchiature nel mercato interno. La relazione di María SORNOSA MARTÍNEZ (PSE, ES) accoglie con favore la proposta della Commissione, ma propone una serie di emendamenti volti a rendere più restrittivo il divieto di commercializzare strumenti contenenti mercurio, salvando però quelli di interesse storico e venduti nei mercati d'antiquariato. Per i deputati, infatti, al fine di limitare il più possibile le emissioni di mercurio nell'ambiente, dopo un periodo transitorio si dovrebbero adottare provvedimenti restrittivi anche per le altre apparecchiature di misura non destinate al grande pubblico, quando esistono alternative più sicure senza mercurio. Chiedono quindi di estendere il divieto anche a questo tipo di strumenti dopo tre anni dall'entrata in vigore della direttiva, prevedendo però la possibilità per i fabbricanti di chiedere una deroga entro 18 mesi dall'entrata in vigore della direttiva. Tale deroga, è comunque precisato, sarà autorizzata «per gli usi essenziali» e per un periodo limitato, «da fissare caso per caso», e solo qualora i fabbricanti «possano provare che hanno esplicato tutti gli sforzi possibili per sviluppare alternative o processi alternativi più sicuri ma che questi non sono ancora disponibili». Ma per i deputati, il mercurio va bandito anche da tutte le apparecchiature di misura e di controllo destinate all'uso di privati e a un impiego professionale (in particolare per l'uso domestico, per il settore sanitario e per le scuole), salvo alcune eccezioni temporanee in cui non esistono alternative «più sicure ed economicamente sostenibili in grado di assicurare un livello equivalente di precisione e di affidabilità». Inoltre, il divieto dovrebbe anche essere esteso agli sfigmomanometri (salvo gli estensimetri per uso sanitario) destinati sia all'uso di privati sia al settore sanitario. Di tutta la strumentazione contenente mercurio, infatti, questi apparecchi - ampiamente utilizzati negli ospedali e negli studi medici privati - sono quelli che presentano una maggiore quantità di mercurio (circa 100 grammi per unità). I deputati, d'altra parte, precisano che si possono autorizzare eccezioni anche «nei rari casi di conservazione di barometri tradizionali, collezioni museali e patrimonio industriale». Si tratta, più in particolare di barometri e strumenti scientifici antichi destinati alla vendita o al commercio sul mercato internazionale dell'antiquariato, nonché dei barometri tradizionali che utilizzano piccole quantità di mercurio «in ambienti accuratamente controllati e muniti di licenza». A loro parere, inoltre, è opportuno che la Commissione adotti misure a breve termine per assicurare che tutti i prodotti (non solo le apparecchiature elettriche ed elettroniche) contenenti mercurio e attualmente in circolazione nella società «siano raccolti separatamente e trattati in condizioni di sicurezza». Quelli facenti parte delle categorie esentate, invece, dovrebbero essere «correttamente etichettati», al fine di garantirne un trattamento appropriato. Link utili
Proposta della Commissione Riferimenti María SORNOSA MARTÍNEZ
(PSE, ES) |
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Una strategia per tutelare i mari europei L'Aula esaminerà la proposta di direttiva sulla strategia per l'ambiente marino. I deputati avanzano diversi emendamenti volti soprattutto a ridurre i tempi d'attuazione e a garantire il "buono stato ecologico" dei mari, nonché a promuovere la cooperazione tra gli Stati membri e con i paesi terzi. Una particolare attenzione dev'essere posta alle riserve naturali, mentre le sovvenzioni PAC vanno condizionate al rispetto delle acque. Il Parlamento adotterà anche una risoluzione non legislativa. L’ambiente marino è sottoposto a gravi minacce quali la perdita o il degrado della biodiversità e alterazioni della sua struttura, la distruzione degli habitat, la contaminazione da sostanze pericolose e nutrienti ed effetti del cambiamento climatico. L’obiettivo generale della direttiva - proposta nell'ambito della strategia tematica per l'ambiente marino - consiste nel raggiungimento di un buono stato ecologico dell’ambiente marino europeo. Il provvedimento stabilisce obiettivi e principi comuni a livello dell’UE e definisce una serie di regioni marine europee. Gli Stati membri dovranno elaborare, per le loro acque territoriali all’interno di ciascuna regione marina, strategie per la protezione dell’ambiente marino articolate in diverse fasi. La relazione di Marie-Noëlle LIENEMANN (PSE, FR) sottolinea anzitutto come sia «evidente» che la domanda che preme sulle risorse naturali marine e i servizi ecologici marini, quali l'assorbimento di rifiuti, «è troppo elevata» e, pertanto, l'UE «deve ridurre la sua pressione sulle acque marine dentro e fuori» il proprio territorio. Precisa inoltre che la strategia tematica per l'ambiente marino dovrà includere, se del caso, obiettivi qualitativi e quantitativi e calendari volti a valutare e controllare le misure previste. Le azioni della strategia dovranno poi rispettare il principio di sussidiarietà, mentre dovranno anche essere considerati un maggior coinvolgimento delle parti interessate e una migliore utilizzazione dei diversi strumenti di finanziamento UE che riguardano direttamente o indirettamente la protezione dell'ambiente marino. Una serie di emendamenti riformulano e precisano dettagliatamente l'oggetto della direttiva, introducendo anche una serie di definizioni e anticipando i tempi d'attuazione. Inoltre, rafforzano gli obblighi e le responsabilità degli Stati membri. Più in particolare se la proposta della Commissione affidava ai governi il compito di elaborare una strategia per la protezione dell'ambiente volto a conseguire un buono stato ecologico, i deputati precisano che, in base al quadro stabilito dalla direttiva, gli Stati membri «devono conseguire un buono stato ecologico dell’ambiente marino». Inoltre anticipano il raggiungimento di questo obiettivo dal 2021 al 2017. A tal fine, i governi dovranno adottare delle misure volte garantire la protezione e la conservazione dell'ambiente marino o permetterne il risanamento o, qualora ciò sia possibile, «ristabilire il funzionamento, i processi e la struttura della biodiversità marina e degli ecosistemi marini». Dovranno inoltre, prevenire ed eliminare progressivamente l'inquinamento nell'ambiente marino per garantire che non vi sia un impatto o un rischio significativo per la biodiversità marina, gli ecosistemi marini, la salute umana o gli usi legittimi del mare. Tali misure, poi, dovrebbero limitare le attività esplicate nell'ambiente marino «a livelli che siano sostenibili e non compromettano gli utilizzi e le attività delle generazioni future, né la capacità degli ecosistemi marini a reagire ai cambiamenti indotti dalla natura e dagli uomini». Oltre a definire le nozioni di "acque marine europee", "inquinamento", "zone marine protette" e ad ampliare il concetto di "stato ecologico", i deputati introducono sin da ora una definizione molto dettagliata di "buono stato ecologico" e precisano in un nuovo allegato le condizioni per adempiervi. Con tale nozione, pertanto, si intende lo stato dell'ambiente allorché la struttura, la funzione e i processi degli ecosistemi che compongono l'ambiente marino «permettono a detti ecosistemi di funzionare interamente nel modo autoregolante che è naturalmente presente». Gli ecosistemi marini, devono inoltre mantenere «la loro resilienza naturale ad un cambiamento ambientale più ampio». Tutte le attività umane dentro e fuori il settore interessato, poi, devono essere gestite in modo da rendere la loro pressione collettiva sugli ecosistemi marini compatibile con il buono stato ecologico. Le attività umane esercitate nell'ambiente marino non devono quindi superare livelli che sono sostenibili su scala geografica appropriata per la valutazione, mentre il potenziale per gli utilizzi e le attività delle generazioni future nell'ambiente marino dev'essere mantenuto. Per garantire questo status, inoltre, la biodiversità e gli ecosistemi marini devono risultare protetti e il loro deterioramento evitato e, nella misura del possibile, deve essere conseguibile il loro risanamento. L'inquinamento e l'energia, compresi i rumori, nell'ambiente marino devono essere costantemente ridotti al fine di garantire che l'impatto o il rischio per la biodiversità marina, gli ecosistemi marini, la salute umana o gli usi legittimi del mare siano minimizzati. Per ciascuna regione marina, gli Stati membri interessati dovranno pervenire quindi ad un buono stato ecologico (nelle acque marine europee) mediante la definizione e l'attuazione di una strategia marina regionale. Dovranno poi definire idonee unità di gestione per le loro zone marine europee relativamente a ogni regione o sottoregione marina. I deputati precisano inoltre che gli Stati membri che hanno in comune una regione marina dovranno assicurare che sia elaborata un'unica strategia comune per la protezione dell'ambiente marino per regione o sottoregione concernente le acque soggette alla loro sovranità o giurisdizione all'interno della regione in questione. Degli emendamenti, poi, riducono drasticamente i tempi entro i quali i governi dovranno dare seguito al piano d’azione teso ad avviare la strategia attraverso una serie di incombenze relative alla preparazione e alla programmazione di misure. Il programma delle misure finalizzato al conseguimento di un buono stato ecologico dovrà quindi essere elaborato entro il 2012 (al posto del 2016 proposto dalla Commissione) e avviato nel 2014 (al posto del 2018). Nel frattempo gli Stati membri dovranno procedere a una valutazione dello stato ecologico attuale delle acque marine (entro 2 anni dall'entrata in vigore della direttiva), definire una serie di obiettivi ambientali ed elaborare un programma di monitoraggio per la valutazione di questi obiettivi (entrambi entro 3 anni). Un altro emendamento chiede agli Stati membri di definire nelle loro strategie delle "zone di protezione marina" e, se del caso, prendere anche delle misure volte a creare riserve naturali marine chiuse con l'obiettivo di proteggere e preservare gli ecosistemi marini più fragili e la diversità biologica. Queste zone dovrebbero poi contribuire a una rete coerente e rappresentativa. A tale proposito, i deputati chiedono alla Commissione di presentare, entro due anni dall'entrata in vigore della direttiva, una relazione sui progressi realizzati nella messa a punto di una rete globale di zone protette e fermi biologici/chiusure di zona al fine di tutelare le aree e i periodi di allevamento della prole. Su tale base, la Commissione potrà, entro il 2012, proporre eventuali misure addizionali. Più in generale, i deputati ritengono che la Comunità dovrebbe creare le condizioni necessarie affinché gli Stati membri possano beneficiare della qualità della ricerca e della massa delle conoscenze prodotte nelle università che si dedicano alla ricerca marina e chiedono che anche il Settimo programma quadro di ricerca preveda un sostegno alla ricerca sull'ambiente marino. Per i deputati, inoltre, la futura riforma della politica comune della pesca dovrebbe tenere conto dell'impatto ambientale della pesca e degli obiettivi della direttiva in discussione. Introducono poi un emendamento che limita l’assistenza dell’UE, ad esempio nel quadro della politica agricola, «soltanto gli attori in grado di dimostrare che la loro attività non altera l’equilibrio ambientale a livello di sostanze nutritive, ossia che non comporta la dispersione di ingenti quantità di fertilizzanti nei bacini idrici». Infine, i deputati chiedono che la Commissione, entro dieci anni dalla sua entrata in vigore, riesamini la direttiva e proponga le modifiche necessarie per agevolare il conseguimento di un buono stato ecologico e la preservazione di un buono stato ecologico nelle acque marine europee, ove tale stato non sia conseguito entro il 2017. La relazione d'iniziativa di Aldis KUŠĶIS (PPE/DE, LV) accoglie con favore la strategia tematica della Commissione per la protezione e la conservazione dell'ambiente marino e chiede una politica europea «forte» in materia di protezione del mare, «scongiurando ulteriori perdite di biodiversità e il deterioramento dell'ambiente marino nonché accelerando il ripristino della biodiversità marina». I deputati, in proposito, rilevano che un buono stato ambientale dei mari regionali europei «può essere ottenuto solo tramite un'azione forte e coordinata a livello regionale piuttosto che da Stati membri che agiscono a livello individuale» e ritengono pertanto che la strategia debba sfociare «in obblighi sovranazionali vincolanti che comportino anche impegni comuni in paesi terzi». D'altra parte, esprimono preoccupazione per la mancanza di mezzi finanziari destinati all'attuazione delle strategie per l'ambiente marino. Pertanto chiedono l'individuazione di misure che potrebbero essere cofinanziate da Life+. Inoltre, osservando che vi sono notevoli differenze tra le diverse regioni marini dell'UE, ritengono che certe regioni possano aver bisogno di interventi finanziari più ampi da parte dell'UE per conseguire un buono stato ecologico sostenibile. La relazione, nel ritenere essenziale l'adozione di misure e programmi in materia di tracciabilità e riconoscibilità tesi a identificare l'inquinamento e localizzare le sue fonti, sostiene che le norme internazionali in vigore vadano riviste affinché le acque internazionali (oltre le 12 miglia dalla costa) «non possano più essere utilizzate come luogo di scarico di latrine». Per i deputati, inoltre, la protezione del Mar Mediterraneo «risente dell'assenza della necessaria normativa ambientale» oppure «dell'assenza della volontà politica di farla rispettare». Ritengono poi che gli obiettivi della Convenzione di Barcellona, volti a promuovere la gestione integrata delle zone costiere, «siano confrontati a uno sviluppo a due velocità delle regioni», segnatamente i paesi del Mar Mediterraneo meridionale e orientale, da un lato, e i paesi del Mediterraneo settentrionale, dall'altro. Background Lo spazio marino dell'Unione europea è il più grande al mondo e ha una superficie superiore a quella del territorio dell'Unione. Venti Stati membri hanno uno sviluppo costiero pari a quasi 70.000 km e circa la metà della popolazione europea vive a meno di 50 km dalla costa. Nel 2004 le regioni marittime dei 15 Stati membri registravano già oltre il 40% del PIL. La costruzione navale, i porti, la pesca e le industrie dei servizi affini danno lavoro a due milioni e mezzo di persone. L'Unione europea conta 1.200 porti e il 90% dei prodotti del suo commercio estero e il 41% dei prodotti del commercio interno sono trasportati via mare. Link utili
Proposta di direttiva che istituisce un quadro per l’azione
comunitaria nel campo della politica per l’ambiente marino
(direttiva sulla strategia per l’ambiente marino) Riferimenti Marie-Noëlle LIENEMANN (PSE, FR) OGM: informare il pubblico prima dell'immissione in commercio Una relazione raccomanda alla Plenaria di approvare la conclusione di un emendamento alla convenzione di Aarhus che rende più specifici gli obblighi delle Parti in merito alla partecipazione del pubblico al processo decisionale sugli OGM. La convenzione UNECE sull'accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l'accesso alla giustizia in materia ambientale (di seguito, la convenzione di Aarhus) è stata firmata dalla Comunità e dagli Stati membri il 25 giugno 1998. La convenzione è entrata in vigore il 30 ottobre 2001 ed è stata approvata dalla Comunità il 17 febbraio 2005. La convenzione intende concedere al pubblico determinati diritti e impone alle Parti contraenti e alle autorità pubbliche alcuni obblighi nei tre settori principali suindicati, che costituiscono i pilastri su cui si basa la convenzione. L’articolo 6, paragrafo 11, della convenzione riguarda specificamente la partecipazione del pubblico al processo decisionale per quanto riguarda l’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati (OGM) e impone alle Parti di applicare talune disposizioni, per quanto praticabile e opportuno, nel contesto dei rispettivi ordinamenti nazionali. La seconda riunione delle Parti ha approvato un emendamento alla convenzione che rendeva più specifici gli obblighi delle Parti riguardanti la partecipazione del pubblico al processo decisionale sugli OGM. Più in particolare, il nuovo testo impone alle Parti di garantire, con efficacia e tempestività, l’informazione e la partecipazione del pubblico prima di decidere se autorizzare l’emissione deliberata nell’ambiente e l’immissione in commercio di organismi geneticamente modificati. Le disposizioni adottate dalle Parti devono essere complementari e rafforzare le disposizioni della disciplina nazionale sulla biosicurezza, conformemente agli obiettivi stabiliti nel protocollo di Cartagena sulla biosicurezza. La modifica, per la relatrice, intende essere conforme alla normativa comunitaria in materia, e in particolare alla direttiva 2001/18/CE e al regolamento (CE) n. 1829/2003, che integrano le disposizioni relative alla partecipazione del pubblico al processo decisionale sugli OGM. La relazione di Eija-Riitta KORHOLA (PPE/DE, FI), raccomanda l'approvazione dell'emendamento, poiché esso è in linea con lo spirito della convenzione di Aarhus e con la normativa comunitaria in vigore. Link utili
Proposta della Commissione Riferimenti Eija-Riitta KORHOLA (PPE/DE, FI) |
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In una relazione all’esame della Plenaria sull’evoluzione della zona euro nel 2006, i deputati chiedono un’interpretazione rigorosa del Patto di stabilità e la realizzazione di riforme economiche. Nel condannare il nazionalismo economico, ritengono che i mercati del lavoro debbano diventare più flessibili e chiedono che maggiori risorse siano destinate a formazione e ricerca. Sono anche sollecitati una rappresentanza esterna coordinata della zona euro e un effettivo dialogo interistituzionale. La relazione di José Manuel GARCÍA-MARGALLO Y MARFIL (PPE/DE, ES) accoglie con favore la presentazione della prima relazione annuale della Commissione sull’area dell’euro, ritenendo che costituisca un utile contributo al dibattito «sulle sfide condivise in materia di politica economica cui si trovano a far fronte i membri dell’area dell’euro». I deputati notano anzitutto che l'appartenenza all'area dell'euro rafforza il grado di interdipendenza economica tra gli Stati membri. Rende pertanto necessario un più stretto coordinamento delle politiche economiche per correggere le debolezze strutturali «al fine di far fronte alle nuove sfide e conseguire maggiore prosperità e competitività per essere preparati ad una più vasta economia globalizzata». Rispetto del Patto di stabilità, coordinamento fiscale e trasparenza La relazione invita la Commissione ad attenersi ad «un'interpretazione rigorosa» del rinnovato Patto di stabilità e di crescita e gli Stati membri a perseguire un miglioramento annuale dei rispettivi disavanzi di bilancio corretti per il ciclo pari allo 0,5% del PIL come valore di riferimento. Per i deputati, infatti, ciò contribuirà «ad attenuare le pressioni inflazionistiche e a mantenere i tassi d'interesse a livelli sufficientemente bassi da non mettere in pericolo la ripresa economica in corso». D’altra parte, invitano gli Stati membri a destinare alla riduzione del debito pubblico «una quota consistente» delle entrate fiscali aggiuntive derivanti dall'attuale crescita economica. A loro parere, infatti, potranno così essere liberate risorse da utilizzare per l'istruzione, la formazione professionale, le infrastrutture, la ricerca e l'innovazione, e per affrontare le sfide poste dall'invecchiamento della popolazione e dal cambiamento climatico. Nel chiedere poi un miglior coordinamento fiscale, soprattutto in materia di bilancio, i deputati sollecitano la pubblicazione di verbali succinti delle riunioni del comitato esecutivo della Banca Centrale europea, a cui aggiungere una chiara esposizione degli argomenti favorevoli e contrari alle decisioni adottate e i motivi per cui tali decisioni sono state prese. Tale trasparenza è ritenuta importante perché consentirà al mercato di farsi un quadro più chiaro della politica monetaria della BCE. Inoltre, ricordano alla Commissione che il Parlamento, in una risoluzione del 4 aprile 2006, chiedeva una revisione generale dei sistemi fiscali degli Stati membri «quale fattore chiave per rafforzare la competitività dell'economia e la sostenibilità delle finanze pubbliche». Riforme economiche Nel sottolineare l’importanza dell’attuazione concreta e urgente della strategia di Lisbona, in modo uguale a tutti i livelli e in tutti gli ambiti d’azione, la relazione ricorda che i risultati economici sarebbero favoriti dall'approvazione di un codice di condotta che consentisse agli Stati membri un monitoraggio reciproco dei programmi di riforma e la pubblicazione da parte della Commissione di una graduatoria ("league table") annuale da cui risultino i migliori o peggiori risultati ottenuti dai vari paesi. Per i deputati, inoltre, gli Stati membri dell'area dell'euro dovrebbero continuare ad avanzare simultaneamente per quanto riguarda i tre principi del modello di Lisbona/Göteborg (crescita economica, coesione sociale, protezione dell'ambiente). Ribadiscono poi la convinzione che l'obiettivo di introdurre una base imponibile consolidata comune per le società può essere conseguito anche mediante il meccanismo della cooperazione rafforzata. Ciò, spiega la relazione, consentirebbe alla maggior parte dei paesi europei di progredire nella definizione di un sistema comune d'imposta sulle società nel mercato interno, offrendo nel contempo agli Stati membri non partecipanti la possibilità di aderire in una fase successiva. No al protezionismo nazionale, mercati del lavoro flessibili e più fondi alla ricerca La relazione chiede «un'ulteriore e migliore attuazione delle direttive» in materia di mercato interno, in quanto i deputati ritengono che il completamento del mercato unico, specialmente dei servizi, «sia essenziale per promuovere la crescita economica e la creazione di posti di lavoro in seno all’Unione economica e monetaria». In proposito, condannano le politiche adottate da alcuni Stati membri di protezione delle loro industrie e servizi chiave dalla concorrenza transfrontaliera e ribadiscono la loro fedeltà ai principi della libera circolazione delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali. Chiedendo poi di compiere altri sforzi per aprire i frammentati mercati dei servizi finanziari al dettaglio (piani di risparmio, mutui ipotecari, assicurazioni e piani pensionistici), sottolineano l'importanza di sviluppare un approccio paneuropeo in materia di regolamentazione e di vigilanza dei mercati finanziari. I deputati ritengono poi che i mercati del lavoro debbano diventare «più flessibili» e che vadano eliminati quegli aspetti della normativa sul lavoro a tempo indeterminato che possono costituire un ostacolo all'adeguamento del mercato del lavoro. A lungo termine, peraltro, i salari reali e la produttività «dovrebbero crescere simultaneamente». I deputati, inoltre, si dolgono che gli attuali livelli di istruzione e di formazione permanente, che dovrebbero figurare tra le principali priorità di un approccio volto ad un coordinamento economico rafforzato, «siano chiaramente insufficienti». Rammarico è inoltre espresso in merito al fatto che alcune delle proposte approvate dal Parlamento non siano state recepite. Tra queste sono citate quelle miranti a migliorare la conoscenza delle lingue straniere, della matematica e delle scienze nell'istruzione primaria e secondaria, a rafforzare la cooperazione tra le università e i settori industriali e commerciali, ad incoraggiare un'offerta d'istruzione che tenga conto del mercato del lavoro, a promuovere la formazione permanente e ad affrontare di conseguenza i problemi della disoccupazione di lunga durata e giovanile. La relazione, inoltre, invita la Commissione ad avanzare proposte concrete riguardo al finanziamento della Ricerca nell'UE e ad un quadro efficiente in materia di diritti di proprietà intellettuale e chiede agli Stati membri di destinare maggiori risorse alla ricerca e all'innovazione nonché a stabilire incentivi fiscali per le imprese e le università che investono nella R&S. Stati membri e Commissione sono inoltre invitati ad iscrivere tra le loro priorità principali la realizzazione di un mercato interno dell'energia, il miglioramento della politica di R&S in materia di fonti energetiche alternative e di energia più ecologica e pulita, un impegno più pronunciato al risparmio e all'efficienza energetici nonché il rafforzamento dei legami politici ed economici con il maggior numero possibile di paesi fornitori. Una UEM funzionante, rappresentanza esterna e dialogo interistituzionale La relazione concorda con la Commissione sul fatto che la disparità dei tassi di crescita e di inflazione all'interno dell'area dell'euro, con differenze che arrivano al 4,5% per la crescita e al 2,7% per l'inflazione nel 2005, è sempre più dovuta a ragioni strutturali. Per i deputati, riunioni regolari del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali potrebbero svolgere un ruolo significativo contribuendo a far sì che i parlamenti nazionali si approprino maggiormente del necessario coordinamento delle politiche economiche. Sollecitano poi controlli più efficaci sulle attività dei fondi di investimento speculativi per quanto riguarda i rischi sistemici che questi possono creare, ed invitano l’Eurogruppo ad esaminare tale questione. La relazione chiede poi maggiori sforzi per coordinare la rappresentanza dell’euro nelle istanze internazionali. Evidenzia poi la necessità di sostenere la cooperazione nell’area dell’euro per rafforzare la governance economica e il processo di integrazione europea, al fine di affrontare le sfide economiche mondiali. I deputati invitano pertanto la Commissione ad assicurare che la relazione annuale sull’area dell’euro fornisca in futuro una gamma di strumenti più concreti, atti a favorire un dialogo più approfondito tra le varie istituzioni dell’UE interessate al miglioramento della governance economica dell’Unione. A tale proposito, ritengono che sarebbe vantaggioso per tutte le parti svolgere, almeno una volta l'anno, un dialogo comune tra l'Eurogruppo, la Commissione e il Parlamento, per approfondire gli ambiti esistenti e discutere le sfide che si pongono per l'economia dell'area dell'euro e i modi di affrontarle. Link utili Comunicazione della Commissione - Dichiarazione annuale sull'area dell'euro Riferimenti José Manuel
GARCÍA-MARGALLO Y MARFIL (PPE/DE, ES) |
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Una relazione all'esame della Plenaria perora una maggiore armonizzazione del mercato del credito ipotecario per agevolare l'offerta transfrontaliera di mutui e consentire così ai consumatori di beneficiare delle migliori offerte. I deputati sostengono la portabilità dei crediti e chiedono un'informazione adeguata riguardo ai costi dei mutui. Appoggiano le fusioni transfrontaliere di enti creditizi e vedono con favore l'apertura del mercato ad altri soggetti. Il credito ipotecario rappresenta un ampio mercato in rapida espansione e costituisce una parte fondamentale della struttura socioeconomica dell'UE. La relazione di John PURVIS (PPE/DE, UK) sottolinea la necessità rendere tale mercato più accessibile a un più ampio numero di potenziali mutuatari, compresi quelli con un profilo creditizio basso o incompleto, lavoratori con contratti a termine e acquirenti delle prime case. D'altra parte, riconoscendo i vantaggi che i consumatori potrebbero trarre da un'ulteriore integrazione mirata del mercato ipotecario dell'UE, i deputati sottolineano che esistono ancora ostacoli fiscali di natura discriminatoria che impediscono la creazione di un mercato unico in materia di credito ipotecario. La relazione chiede misure finalizzate all'armonizzazione delle disposizioni che disciplinano l'informativa precontrattuale, al fine di consentire ai mutuatari di prendere una decisione informata in merito a potenziali contratti ipotecari. Insiste inoltre sulla necessità che tale informativa precontrattuale «sia accurata e comprensibile», in modo da consentire una scelta informata e fornisca al consumatore un quadro quanto più comprensibile e globale possibile alla luce delle informazioni disponibili su cui si basa il contratto ipotecario. I deputati ritengono poi che uno standard UE, capace di definire la portata e il calcolo dei tassi annui effettivi globali, dovrebbe comprendere solamente i costi sostenuti dal mutuante e dovrebbe garantire la loro comparabilità con prodotti offerti in altri Stati membri, che hanno la stessa scadenza. Inoltre, i mutuatari dovrebbero essere informati in anticipo di eventuali altri costi pertinenti qualora tali informazioni siano pubblicamente disponibili (quali le tasse notarili e di registrazione fondiaria, nonché i costi dei procedimenti giudiziari e delle valutazioni). Qualora siffatte informazioni non siano pubblicamente disponibili, dovrebbe essere fornita un'indicazione dei costi previsti. Il mutuante dovrebbe anche fornire informazioni su qualsiasi altro tipo di onere o costo che potrebbe insorgere in relazione alle sue attività, ad esempio i costi per l'esame delle richieste, le spese di apertura, le penali in caso di rimborso anticipato, integrale o parziale, ecc.. Per consentire e agevolare l'offerta di un credito trasfrontaliero, a parere dei deputati occorre fornire le informazioni ai mutuatari il prima possibile nelle lingue ufficiali riconosciute nello Stato UE di loro residenza. I deputati ritengono inoltre che il codice deontologico e l'ESIS («Prospetto informativo europeo standardizzato») siano strumenti importanti ma insufficienti a tutelare gli interessi economici dei cittadini che si spostano tra gli Stati membri e potrebbero acquistare proprietà in altri Stati membri. Pertanto, la relazione esorta la Commissione a rendere obbligatorio in futuro il codice deontologico che è attualmente volontario. La Commissione è anche invitata ad esaminare gli ostacoli che impediscono i diritti dei mutuanti alla libera fornitura di servizi o alla libertà di stabilimento in altri Stati membri e ad accertare se la clausola "bene generale" sia utilizzata per scoraggiare le attività transfrontaliere. I deputati, inoltre, appoggiano l'azione della Commissione volta a facilitare le fusioni e acquisizioni transfrontaliere nel settore dei servizi finanziari, «garantendo nel contempo che le reti di distribuzione tengano conto dei requisiti delle situazioni regionali e dei mercati più piccoli». Rilevano, tuttavia, che le fusioni e le acquisizioni transfrontaliere «non saranno sufficienti a promuovere da sole l'integrazione del mercato in tale settore». L'Esecutivo è anche invitato a vagliare gli ostacoli al trasferimento di prestiti al di là delle frontiere e ad esplorare ulteriormente il potenziale dell'Euroipoteca quale strumento collaterale, esaminando altresì le relative garanzie. I deputati, d'altra parte, sono del parere che l'apertura del mercato del credito ipotecario a istituzioni non creditizie, con un regime di vigilanza equivalente, «aumenterà la concorrenza e la gamma dei prodotti». Riconoscono, inoltre, «l'utile ruolo» che gli intermediari del credito, quali i broker ipotecari, possono svolgere nell'aiutare i consumatori ad accedere a crediti ipotecari competitivi da mutuanti nazionali e non nazionali. Esortano quindi la Commissione a procedere a una consultazione su un adeguato quadro regolamentare per siffatti operatori e ad elaborare una proposta. Infine, la relazione invita la Commissione a prendere in considerazione il crescente mercato ipotecario rispettoso della legge della sharia e a garantire che le normative non escludano i requisiti di tale mercato. Link utili
Libro Verde - il credito ipotecario nell’UE (presentato dalla
Commissione) Riferimenti John PURVIS (PPE/DE, UK) |
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Il Presidente della Corte dei conti, Hubert Weber, illustrerà la relazione annuale della sua istituzione alla Plenaria. Pur notando i significativi passi in avanti compiuti dalla Commissione con l'introduzione del nuovo sistema contabile, la Corte rileva carenze nei controlli interni applicati per la maggior parte delle spese UE, nonché un alto tasso di errore nelle operazioni sottostanti. La relazione sull'esercizio finanziario 2005 si apre con una nota positiva grazie al buon funzionamento della contabilità per competenza da parte della Commissione. Per quanto riguarda la legittimità e la regolarità delle operazioni sottostanti, la Corte esprime un parere senza riserve solamente per le entrate, gli impegni, le spese amministrative e la strategia di preadesione dell'UE, ad eccezione di Sapard. Al contrario, per la maggior parte del bilancio dei pagamenti - agricoltura, azioni strutturali, politiche interne e azioni esterne - la Corte si considera nuovamente impossibilitata ad esprimere un parere senza riserve sulla legittimità e la regolarità delle operazioni, a causa del permanere di elevati tassi di errore. Tale situazione è generata, a parere della Corte, da carenze del controllo interno, in particolare negli Stati membri, per le spese soggette alla gestione concorrente, ma anche per le spese gestite direttamente dalla Commissione, come nel caso delle politiche interne. Secondo la relazione, nel settore delle spese agricole (48,5 miliardi di euro) permangono errori rilevanti (ad esempio nella presentazione di domande di aiuto eccessive o nell'inadempienza dei propri obblighi da parte degli agricoltori). Per il 44% delle spese agricole non coperte dal SIGC - ossia nel settore dell'olio d'oliva, dello sviluppo rurale e delle restituzioni all'esportazione - il rischio di irregolarità rimane elevato e il livello dei controlli scarso. Per quanto riguarda le azioni strutturali (32,8 miliardi di euro), il messaggio della Corte resta invariato rispetto agli anni precedenti e il problema maggiore rimane lo stesso: le carenze nei sistemi di controllo che conducono a pagamenti indebiti o a spese non ammissibili, dal momento che gli errori contenuti nelle domande dei beneficiari non vengono evitati o corretti. Il settore delle politiche interne (8 miliardi di euro) e delle azioni esterne (5 miliardi) sono direttamente gestiti dalla Commissione. Riguardo al primo, la Corte si esprime in maniera negativa, imputando alla Commissione il numero dimezzato dei controlli ex post effettuati nel 2005 rispetto al 2004. Inoltre, secondo i dati rilevati dalla relazione, le procedure di recupero in caso di violazioni sono sempre più lente ed i meccanismi sanzionatori restano ampiamente inadeguati. Una nota positiva accompagna la relazione sulle azioni esterne. Qui la Corte constata che le spese effettuate a livello della Commissione e delle delegazioni sono, per la maggior parte, legittime e regolari. La Corte conclude il suo Rapporto affermando che le spese a titolo della strategia di preadesione (3 miliardi di euro) sono legittime e regolari, ad eccezione di Sapard, nel cui ambito le operazioni controllate dalla Corte presentavano un livello di errori rilevante. Link utili
Relazione annuale sull'esercizio finanziario 2005 Riferimenti Illustrazione della relazione annuale della
Corte dei conti (2005) |
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L'Aula esaminerà una relazione sulla strategia europea di sicurezza che, pur condividendone l'impostazione, chiede che sia integrata per tenere conto delle nuove sfide globali, quali la concorrenza in materia di risorse idriche. E' poi elencata una serie di esigenze affinché l'UE possa divenire una vera Unione di difesa e sicurezza. Sostenendo che la lotta al terrorismo non deve essere svolta solo sul piano militare, è anche sottolineata la necessità di un partenariato strategico con la NATO. La relazione d'iniziativa di Karl von WOGAU (PPE/DE, DE) sottolinea che l'Unione europea deve essere in grado di fornire un contributo sostanziale per difendersi da ogni minaccia reale ed inequivocabile alla sua sicurezza, garantire la pace e la stabilità (conformemente ai principi della Carta delle Nazioni Unite), condurre interventi umanitari e operazioni di salvataggio, prevenire e gestire i conflitti e promuovere la democrazia e il rispetto dei diritti umani nonché promuovere il disarmo a livello regionale e mondiale. In tale contesto, riconosce che la Strategia Europea di Sicurezza (SES), adottata dal Consiglio nel dicembre 2003, comporta «un'eccellente analisi delle minacce cui deve far fronte il mondo moderno e indica i principi informatori della politica estera dell'UE». Ritenendo che la strategia debba essere rivista ogni cinque anni ed essere discussa in seno al Parlamento europeo e ai parlamenti degli Stati membri, i deputati, sottolineano la necessità di monitorarne l'applicazione in modo costante, per poter reagire agli sviluppi geopolitici. Infatti, rilevano che la strategia europea di sicurezza considera a giusto titolo che «le principali minacce che pesano sull'Unione europea e sui suoi cittadini» sono il terrorismo internazionale, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, i conflitti regionali, il fallimento degli Stati e la criminalità organizzata. Ma sottolineano anche che, nell'ulteriore evoluzione della strategia europea di sicurezza, si dovrà includere come obiettivo strategico quello di affrontare le sfide geopolitiche e geoeconomiche della crescente concorrenza a livello mondiale in materia di risorse idriche e di fonti energetiche, nonché le catastrofi naturali e la sicurezza delle frontiere esterne dell'Unione. Verso un’Unione di difesa e sicurezza I deputati notano che l'UE si accinge a divenire anche un'Unione di sicurezza e di difesa, con compiti che riguardano la sicurezza esterna, nonché diversi aspetti della sicurezza interna, la lotta contro il terrorismo in tutte le sue forme e la gestione di catastrofi naturali. A loro parere, ciò comporta l'impegno degli Stati membri a schierare 60 mila soldati entro 60 giorni e mantenerli per un anno per operazioni di mantenimento e di ripristino della pace nonché la creazione di 13 raggruppamenti tattici schierabili rapidamente, lo sviluppo delle capacità di gestione di crisi civili nei settori di attività di polizia, stato di diritto, amministrazione civile e protezione civile. L'Unione, inoltre, deve poter contare su una struttura europea di comando composta da un Comitato politico e di sicurezza, un Comitato militare, uno Stato maggiore e una Cellula civile-militare con un centro operativo nascente, sull’Agenzia europea di difesa, su Europol e il mandato di arresto europeo. Ma anche sulla forza di gendarmeria europea, con quartier generale Vicenza, che dovrebbe essere impiegata per la futura missione di polizia in Kosovo, su norme comuni per l’approvvigionamento e le esportazioni di armi e su un programma di ricerca europea in materia di sicurezza. Questo processo, a parere dei deputati, deve essere rafforzato attraverso la creazione di un mercato europeo degli equipaggiamenti di difesa, un sistema comune di informazione aerea e satellitare e norme comuni di telecomunicazione di cui possano disporre l’esercito, la polizia e i servizi di gestione delle catastrofi. E anche necessaria la creazione di una forza navale europea permanente nel Mar Mediterraneo, «volta ad attestare una presenza europea e ad accrescere il potenziale dell'UE in materia di gestione delle crisi in questa regione di somma importanza per i suoi interessi in materia di sicurezza». Inoltre, ritengono necessario che il bilancio europeo non copra soltanto gli aspetti civili ma anche quelli militari della sicurezza. Occorre poi disporre di un sottosegretario agli affari esteri europeo incaricato della politica di sicurezza e di difesa nonché di una forza di protezione civile europea e di Corpi civili di pace europei. La relazione sottolinea anche la necessità di dotare l'UE della capacità di garantire prontamente i trasporti aerei e marittimi in caso di operazioni di soccorso a seguito di calamità, di operazioni di salvataggio e di difesa. Tutti ciò - è anche precisato - necessita di un adeguato controllo parlamentare esercitato dai parlamenti degli Stati membri e dal Parlamento europeo. Lotta al terrorismo Per i deputati, «la sicurezza e la lotta contro il terrorismo internazionale sono elementi prioritari dell'UE». A tale riguardo, riconoscendo che la lotta «non può essere portata avanti soltanto con mezzi militari», sostengono che, per prevenire e reprimere il terrorismo, «occorre tutta una serie di misure non militari», come lo scambio di informazioni e la cooperazione giudiziaria e di polizia. Queste misure, è precisato, «presuppongono a loro volta la piena cooperazione tra le istituzioni e tra i vari pilastri». Uno dei maggiori contributi dell'UE alla prevenzione del terrorismo internazionale - aggiungono i deputati - «è costituito dalla sua capacità di affrontare in modo efficace la creazione e il ripristino di istituzioni democratiche, di infrastrutture sociali ed economiche, del buon governo e della società civile, opponendosi con successo al razzismo e alla xenofobia». La relazione sottolinea inoltre che l'UE deve garantire la sicurezza delle frontiere esterne, proteggere le infrastrutture vitali, eliminare le reti di finanziamento del terrorismo internazionale e lottare contro la criminalità organizzata. A tale riguardo, la Commissione e gli Stati membri sono invitati ad elaborare un sistema di gestione integrata delle frontiere esterne dell'Unione, «senza introdurre limitazioni quanto al rispetto dei diritti umani e fondamentali e del diritto umanitario, in particolare per quanto concerne i rifugiati». Regole di comportamento, addestramento, equipaggiamento
La relazione osserva che il comportamento del personale di tutte le operazioni PESD è disciplinato da una serie di orientamenti e regole generali di comportamento figuranti in vari documenti. Al riguardo valuta positivamente i primi segnali contenuti in tali orientamenti e regole per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani. I deputati, inoltre, concordano con l'approccio inteso ad istituire standard minimi per l'addestramento del personale delle missioni PESD in loco ed esortano una standardizzazione delle attività di addestramento a tutti i livelli.
D'altra parte, ritengono che se la struttura di comando, l'equipaggiamento o l'armamento non sono adeguati ai compiti loro affidati, «i soldati sono esposti a rischi inutili». Reputano quindi particolarmente importante badare a che le unità da porre sotto comando dell'UE «siano correttamente equipaggiate». In proposito, per ovviare all'aumento dei costi e alla riduzione dell'efficienza dovuta al ricorso di equipaggiamenti diversi incompatibili, chiedono anche la promozione di misure di concertazione in materia di equipaggiamenti e armamenti per ottimizzare l'impiego delle risorse e l'efficacia delle azioni multinazionali. D'altra parte, ritengono che l'uso efficace delle capacità militari «non sarà possibile senza una significativa valorizzazione della capacità europea di proiezione di potenza», compresa la capacità di trasporto aereo e marittimo. E, in tale contesto, i deputati riconoscono gli sforzi compiuti da vari paesi per aumentare le proprie capacità in materia di trasporto aereo e mezzi anfibi, nonché i piani per acquisire un maggior numero di portaerei. Un partenariato strategico con la NATO La relazione rileva che è della massima importanza coordinare con efficacia gli elementi civili e militari della risposta della comunità internazionale a una situazione di crisi. In tale contesto sostengono che l'UE debba basarsi in particolare sul partenariato strategico con la NATO e puntare a intensificare i mezzi per un'interazione comune con essa in operazioni e missioni, «sulla base di un intenso dialogo politico su un'ampia gamma di questioni». I deputati, inoltre, sottolineano che, in caso di attacco sferrato da forze armate di un paese terzo sul territorio dell'Unione, «la NATO resta il garante della difesa collettiva» e, compiacendosi per la crescente capacità di agire al di fuori del proprio teatro di operazioni, sottolineano che la NATO sia «la sede opportuna per il dialogo transatlantico sulle questioni di sicurezza». Per tale ragione, chiedono che l'UE continui a cooperare strettamente con la NATO, «soprattutto per sviluppare nuove capacità». D'altra parte, mettono anche in guardia «dalle duplicazioni di sforzi fra la NATO e l'UE e fra gli Stati membri dell' UE». Parere della minoranza I gruppi GUE/NGL e Verdi/ALE hanno depositato un parere di minoranza poiché ritengono che nella relazione suddescritta «non figura l'esigenza della pace» e che essa sia «incentrata sui preparativi per una militarizzazione dell'UE». Deplorano quindi la portata globale della strategia europea in materia di sicurezza, così come la conduzione di operazioni militari sotto egida umanitaria, la creazione di battaglioni UE e la creazione di un'Agenzia europea degli armamenti. Questi due gruppi politici, invece, chiedono «un'UE civile», la rigorosa osservanza del diritto internazionale e della Carta dell'ONU, la «creazione di un'agenzia UE per il disarmo», l'impiego di spese militari a fini civili e un codice di condotta sulle esportazioni delle armi che sia vincolante per l'intera UE. Link utili
Strategia europea in materia di sicurezza Riferimenti Karl von WOGAU (PPE/DE, DE) Eliminazione delle armi biologiche Le dichiarazioni di Consiglio e Commissione apriranno un dibattito in Aula in merito alla Convenzione sul divieto delle armi biologiche e tossiche (BTWC), bombe a frammentazione e armi convenzionali. Il Parlamento adotterà in seguito una risoluzione. Il Consiglio dei Ministri UE, nel febbraio di quest'anno, ha adottato un'azione comune a sostegno della Convenzione sulle armi biologiche e tossiche nell'ambito della strategia dell'UE contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa. Tale azione ha stanziato 867.000 euro per finanziare due progetti volti a rafforzare la promozione dell'universalità della BTWC mediante attività, compresi workshop e seminari regionali e subregionali, al fine di incrementare l'adesione alla BTWC. Ma anche con l'obiettivo di rafforzare l'assistenza agli Stati contraenti per l'attuazione nazionale della BTWC, affinché essi traducano gli obblighi internazionali di detta convenzione nella legislazione e nelle misure amministrative nazionali. Link utili Riferimenti Dichiarazioni del Consiglio e della Commissione - Convenzione sull'eradicazione delle armi biologiche e tossiche (BTWC), bombe a frammentazione e armi convenzionali Dibattito: 15.11.2006 |
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Un'interrogazione orale al Consiglio aprirà un dibattito in Aula sulle decisioni da prendere riguardo ai nuovi obiettivi da raggiungere per il rafforzamento del meccanismo di protezione civile europeo. Negli ultimi anni si è assistito ad un sensibile aumento della frequenza, della gravità e dell’intensità delle catastrofi naturali, con la conseguente perdita di vite umane, distruzione di infrastrutture economiche e sociali e deterioramento di ecosistemi già fragili. Nuovi rischi tecnologici rendono sempre più complesso il compito della protezione civile. Gli attacchi terroristici perpetrati in diverse località dell’Unione europea hanno evidenziato l’importanza di una gestione efficace delle conseguenze. Karl-Heinz FLORENZ (PPE/DE, DE), in nome della commissione per l'ambiente, e Gerardo GALEOTE QUECEDO (PPE/DE, ES), per la commissione per lo sviluppo regionale, chiederanno al Consiglio se è intenzionato o meno a dare un impulso concreto all'avviamento di una nuova tappa verso il rafforzamento della capacità dell'Unione europea nel campo della protezione civile. La scorsa sessione, il Parlamento aveva approvato - con diversi emendamenti non vincolanti - la proposta di decisione del Consiglio in merito alla rifusione della decisione che istituisce un meccanismo comunitario di protezione civile. Tale meccanismo è stato istituito nel 2001 allo scopo di sostenere e agevolare la mobilitazione e il coordinamento dei soccorsi della protezione civile nelle situazioni di grave emergenza che si verificano all’interno o all’esterno dell’Unione. Link utili
Proposta di decisione del Consiglio che istituisce un meccanismo
comunitario di protezione civile Riferimenti Interrogazione orale sull'iniziativa europea
nel campo della protezione civile |
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Una bilanciata partecipazione di entrambi i sessi nella vita politica europea e nazionale è condizione essenziale e necessaria per la democrazia. E' quanto sostiene una relazione all'esame dell'Aula, sottolineando come le donne con incarichi politici nella politica internazionale siano ancora troppo poche. E' quindi sollecitata l'adozione di misure concrete per favorire la partecipazione delle donne alla vita politica, compresa la definizione di "quote rosa" del 40-60% nelle liste elettorali. La relazione di Ana GOMES (PSE, PT), denuncia una situazione non incoraggiante sulla presenza femminile all'interno della politica internazionale europea. Nonostante un gran numero di dichiarazioni e raccomandazioni politiche, programmi d'azione adottati in tutto il mondo e specifiche normative introdotte a livello nazionale, secondo i deputati persistano ancora in Europa (e in tutto il mondo) ineguaglianze e discriminazioni di genere e una sotto-rappresentazione delle donne nella politica. La scarsa partecipazione delle donne ai centri decisionali e di governo, osservano i deputati, è spesso legata alle difficoltà di conciliare vita privata e vita professionale, all'ineguale ripartizione delle responsabilità familiari, nonché alla discriminazione sul lavoro e nella formazione professionale. Per tale ragione, la relazione invita gli Stati membri ad attuare misure intese alla conciliazione della vita sociale, familiare e professionale, creando e promuovendo un ambiente favorevole per la piena partecipazione delle donne in politica. Occorrono anche idonee misure legislative e/o amministrative volte a sostenere i rappresentanti eletti nel conciliare le loro responsabilità familiari e pubbliche e, in particolare, incoraggiare i parlamenti e le autorità locali e regionali a garantire che i loro tempi e metodi di lavoro permettano ai rappresentanti eletti di entrambi i generi di conciliare il lavoro con la vita familiare. Agli Stati membri e alla Commissione è anche chiesto di promuovere, ove opportuno, programmi educativi intesi a sensibilizzare i cittadini, e in particolare i giovani, all'eguaglianza dei diritti per le donne di partecipare pienamente alla vita politica già in giovane età. Ma gli Stati membri dovrebbero anche rivedere la propria Costituzione, la normativa e la pratica, allo scopo di garantire che l'eguaglianza di genere venga dichiarata principio fondamentale nonché a riformare i sistemi elettorali per garantire una partecipazione equilibrata. Sono poi invitati a valutare la possibilità di adottare misure legislative e/o amministrative volte a incoraggiare e a sostenere i datori di lavoro, affinché accordino alle persone che partecipano al processo decisionale politico e pubblico il diritto di assentarsi dal lavoro per dedicarsi a tali attività, senza essere penalizzati. Notando che solo l'11% dei leader di partito a livello mondiale sono donne, gli eurodeputati chiedono ai partiti politici di tutta Europa di fissare una quota minima di 40% e massima di 60% per la rappresentazione dei due sessi nelle loro liste per gli organi collettivi al fine di garantire la parità. Sono anche esortati a rimuovere ogni barriera che, direttamente o indirettamente, discrimini la partecipazione delle donne, al fine di garantire che le donne abbiano il diritto di partecipare pienamente a tutti i livelli di decisione in tutte le strutture interne di decisione politica e procedure di nomina e nella leadership dei partiti politici, in termini uguali agli uomini. Gli Stati membri sono invece invitati a subordinare il finanziamento dai partiti alla presentazione di liste elettorali paritarie. Un incoraggiamento vigoroso è poi diretto alle Nazioni Unite affinché convochi una nuova Conferenza mondiale sulle donne, garantendo la creazione di un forum mondiale idoneo ad affrontare la questione dei diritti delle donne, e a mantenere viva la discussione a dieci anni dalla Quarta Conferenza mondiale sulle donne che si è tenuta a Pechino nel 1995. D'altra parte, i deputati esprimono profondo rammarico per la sottorappresentanza delle donne nelle funzioni di rappresentanti speciali e inviati, e in altre posizioni ad alto livello globalmente nelle Nazioni Unite e osserva che il posto di Segretario Generale delle Nazioni Unite «non è mai stato ricoperto da una donna». La relazione mette in rilievo il progetto di creare un Istituto europeo per l'uguaglianza di genere, che dovrebbe adottare l'iniziativa di promuovere una maggiore rappresentanza delle donne nella politica internazionale. Questo, dovrebbe anche avere il compito di riferire regolarmente al Parlamento europeo sulla raccolta di dati e sull'impatto della legislazione nazionale sulla parità e sulle politiche in materia di uguaglianza di genere attuate dagli Stati membri, nonché sulle migliori prassi dei partiti politici europei e nazionali. Le eurodeputate sono 223 su un totale di 732, il che corrisponde a una media del 30%. I deputati si rammaricano che la percentuale di donne elette al Parlamento europeo si collochi tra il 58% e lo 0%, a seconda dello Stato membro. Su 78 eurodeputati italiani, 14 sono donne (18%). Ma in tutti i parlamenti del mondo la situazione non è diversa. La relazione nota infatti che, secondo l'Unione interparlamentare, dei 43.961 membri dei parlamenti nel mondo (Camera bassa e Camera alta assieme), solo il 16,4% sono donne (vale a dire 7.195). Sono i paesi scandinavi ad avere il più elevato numero di donne parlamentari (40%), seguiti dalle Americhe (19,6%) e dall'Europa (paesi OSCE, esclusi i paesi scandinavi), con una media del 16,9%, leggermente superiore all'Africa subsahariana (16,4%), all'Asia (16,3%), al Pacifico (12%) e agli Stati arabi (8,3%). Per completezza, occorre segnalare che, anche in Italia, la presenza femminile in Parlamento è in netta minoranza (45 su 287 in Senato e 108 su 522 nella Camera dei Deputati), anche se aumentata rispetto alle legislature precedenti. La relazione ricorda poi che il primato a livello mondiale per quanto riguarda il numero delle donne parlamentari (Camera bassa) è del Ruanda dove, in seguito alle elezioni dell'ottobre 2003, la loro presenza ha raggiunto il 48,8% del totale. La relazione nota inoltre che, sui 191 membri dell'ONU, «solamente in sette paesi le donne ricoprono la carica più elevata, in otto sono Capo del governo o Primo ministro, in diciassette ricoprono la carica di Ministro degli esteri e in nove quella di Ministro della difesa». Link utili
Comunicazione della Commissione - Una tabella di marcia per la
parità tra donne e uomini 2006-2010 Riferimenti Ana GOMES (PSE, PT) |
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Una relazione all’esame dell’Aula raccomanda al Consiglio un insieme di misure tese a combattere più efficacemente contro la tratta degli esseri umani. I deputati propongono un quadro giuridico per la lotta e la prevenzione del traffico e indicano vie per ridurre la domanda. Chiedono di garantire l’assistenza e la protezione delle vittime e un miglior coordinamento delle azioni a livello nazionale, europeo e internazionale. Sollecitano poi sanzioni severissime per chi si macchia di questo reato. Secondo la relazione 2005 dell'Ufficio del Dipartimento di Stato USA sul traffico di persone, ogni anno si stima che da 600.000 a 800.000 uomini, donne e bambini siano oggetto di traffico attraverso le frontiere internazionali. Circa l'80% di questi sono donne e ragazze e fino al 50% minori. La maggior parte delle vittime transnazionali sono soggette a questo traffico allo scopo di sfruttamento sessuale commerciale, il 98% delle quali è costituito da donne e ragazze. Altre stime sono ancora più elevate, secondo l'ONU più di 1 milione di vittime l'anno, l'OIL parla di più di 1,2 milioni di bambini soggetti a questo traffico. Il Consiglio d'Europa ritiene che il traffico di esseri umani sia la terza fonte di denaro prodotto dalla criminalità organizzata, dopo le armi e la droga . Partendo da questa premessa, la relazione di Edit BAUER (PPE/DE, SK) rivolge una serie di raccomandazioni al Consiglio volte a combattere la tratta degli esseri umani in base a un approccio integrato e un piano d’azione. Per i deputati infatti, il traffico di esseri umani «rappresenta una forma di schiavitù, un crimine grave e una grave violazione dei diritti umani e riduce le persone in uno stato di dipendenza mediante minacce, violenze e umiliazioni». La relazione chiede anche agli Stati membri di ridurre al minimo il rischio di traffico di organi in Europa, sia limitando la domanda sia promuovendo più efficacemente la donazione di organi, mantenendo rigorosa la legislazione sui donatori vivi che non sono parenti, garantendo la trasparenza dei registri nazionali e delle liste d'attesa, fissando la responsabilità giuridica per le irregolarità. Quadro giuridico e rispetto del diritto La relazione nota anzitutto che la tratta degli esseri umani «va contrastata con un'impostazione politica coerente» che comprenda le politiche in materia di immigrazione, di genere, dell'occupazione, sociale, dello sviluppo, estera, di vicinato e dei visti. La conseguente criminalizzazione, almeno a livello di legislazione UE, deve essere assicurata in conformità della decisione quadro del Consiglio sulla lotta contro la tratta degli esseri umani approvata il 19 luglio 2002. Il Consiglio e gli Stati membri dovrebbero rafforzare l'approccio basato sui diritti umani e la parità di genere e incentrato sulle vittime, attuando il Piano d'azione per impedire la tratta degli esseri umani. Gli Stati membri dovrebbero offrire alle vittime della tratta la possibilità di ricevere assistenza per rientrare nel paese d’origine, se così desiderano, o per rimanere nell’Unione. Quanto meno occorre garantire loro lo status di residente di breve durata e l'accesso all'informazione sulle procedure legali e amministrative in una lingua che comprendono, unitamente a un'assistenza legale gratuita. Le vittime dovrebbero anche ricevere sostegno e incoraggiamento a collaborare con le autorità competenti durante le indagini e in qualità di testimoni nei procedimenti penali. Va quindi presa in esame la possibilità di introdurre meccanismi che incoraggino, sostengano e proteggano gli informatori che possono essere oggetto di rappresaglie. I governi sono poi invitati ad adottare misure per garantire che il sequestro e il trasporto di persone, compresi la fornitura di alloggio e sostentamento, e l'assunzione del controllo su di esse, vengano definiti per legge come crimini e considerati reati punibili con la detenzione. Le sanzioni di carattere penale o amministrativo imposte alla persona giuridica giudicata responsabile del reato dovrebbero anche includere il sequestro e la confisca dei proventi derivanti dalla tratta, al fine di indennizzare e risarcire, in via prioritaria, le vittime per i danni economici, fisici e psicologici sofferti. I deputati ritengono inoltre che, qualora si dovesse constatare che una società fa uso di manodopera a basso prezzo sfruttando la tratta degli esseri umani, dovrebbero essere applicate «sanzioni severissime» nei suoi confronti, in particolare se ha agito in modo fraudolento». Gli Stati membri dovrebbero anche rafforzare i meccanismi di ispezione e applicazione relativi al diritto del lavoro e controllare meglio le attività delle agenzie di collocamento e delle agenzie di reclutamento di lavoratori stagionali. Il Consiglio, da parte sua dovrebbe prendere in esame la possibilità di una rete di collegamento delle ispezioni del lavoro nazionali. Prevenzione e riduzione della domanda I deputati chiedono alla Commissione di avviare entro il 2007 uno studio sulla correlazione tra le varie legislazioni degli Stati membri sulla prostituzione e la tratta ai fini dello sfruttamento sessuale. Tale studio dovrebbe includere anche una valutazione del possibile spostamento del turismo sessuale verso altri paesi in conseguenza di modelli proibizionistici e di come le varie leggi sulla prostituzione influenzano sia la tratta a fini di sfruttamento sessuale sia il numero di bambini impiegati nell'industria del sesso. I risultati andrebbero quindi utilizzati per attuare le migliori prassi nel combattere la tratta di esseri umani a fini di sfruttamento sessuale. E’ poi sottolineata l'importanza che le istituzioni dell'UE e gli Stati membri promuovano strategie di prevenzione specifiche in relazione al genere come elemento fondamentale nella lotta contro la tratta delle donne e delle ragazze, attuino i principi di parità di genere ed eliminino la domanda di tutte le forme di sfruttamento, compreso lo sfruttamento sessuale e lo sfruttamento del lavoro domestico. D’altra parte, secondo i deputati, i governi dovrebbero riconoscere che la legalizzazione della prostituzione «facilita l'acquisto di sesso, anche da vittime della tratta». Gli Stati membri dovrebbero attuare misure per ridurre la domanda e incoraggiare il settore commerciale, in particolare il settore turistico e i servizi Internet, perché sviluppino e aderiscano a codici di condotta al fine di impedire la tratta degli esseri umani. Ma andrebbero anche prese misure al fine di migliorare i meccanismi giuridici per una migrazione sicura, garantire l'accesso alle informazioni sulle opportunità di una migrazione sicura e assicurare la trasparenza delle procedure «come modo migliore per ridurre la tratta degli esseri umani». E’ poi proposto alla Commissione di stabilire una giornata contro la tratta degli esseri umani, il 25 marzo, a partire dal 2007, per celebrare l'abolizione del commercio di schiavi in molti paesi del mondo. Protezione delle vittime Per i deputati sono necessarie misure per garantire la protezione non soltanto delle vittime di sfruttamento sessuale ma anche delle vittime di sfruttamento sul lavoro e di altri tipi di traffico. La Commissione e gli Stati membri dovrebbero creare una hotline plurilingue con un unico numero europeo allo scopo di fornire una prima assistenza alle vittime. Andrebbe anche incoraggiata la creazione di un sito web europeo contenente dati e immagini delle persone scomparse. Gli Stati membri dovrebbero garantire l'accesso a un'assistenza a breve e/o a lungo termine alle vittime. Questo sostegno dovrebbe comprendere, tra l'altro, centri specializzati di prima accoglienza, con la possibilità di avere accesso ad alloggi in una fase successiva, servizi medici e consulenza medica, assistenza giuridica, informazione sui loro diritti e sulle implicazioni per le vittime come testimoni, corsi di lingua e di formazione professionale, corsi di induzione culturale, assistenza finanziaria e assistenza per trovare un lavoro, compresi tutori legali speciali per i bambini. Coordinamento delle azioni Gli Stati membri dovrebbero creare e potenziare strutture di coordinamento nazionali contro il traffico e perseguire l'integrazione di queste strutture in una rete internazionale. Dovrebbero anche potenziare la cooperazione con l'UE coinvolgendo regolarmente organismi UE quali Europol, Eurojust e Frontex. Occorre poi istituire una Rete europea contro la tratta, costituita da punti di contatto designati da ciascuno Stato membro e dalla Commissione, che comprenda agenzie governative e non governative e copra i settori della prevenzione, dell'assistenza alle vittime, dell'applicazione della legge e della cooperazione di polizia e giudiziaria. Per i deputati, inoltre, il Consiglio, la Commissione e gli Stati membri dovrebbero coordinare le loro strategie contro la tratta per integrare l'azione delle Nazioni Unite, del Consiglio d'Europa, dell'OSCE, dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni, del Processo di revisione di Pechino, del Patto di stabilità per l'Europa meridionale e del G8. A loro parere, poi, rivestono enorme importanza il coordinamento e la cooperazione fra i paesi di origine, di transito e di destinazione della tratta. Il Consiglio e gli Stati membri dovrebbero infine incoraggiare la cooperazione con le ONG che operano nei rispettivi paesi d'origine, che dovrebbero raccogliere dati, attuare iniziative, formare operatori sociali e lavorare con i mass media per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla tratta degli esseri umani. Link utili
Decisone quadro del Consiglio 2002/629/JHA sulla lotta contro la
tratta degli esseri umani Riferimenti Edit BAUER (PPE/DE, SK) |
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Via libera alla Convenzione ONU contro la corruzione Una relazione all'esame della plenaria approva la proposta di concludere la Convenzione ONU contro la corruzione e sottolinea l'importanza che tutti gli Stati membri che non lo abbiano ancora fatto la firmino e la ratifichino senza ulteriori ritardi. La convenzione è il primo strumento globale di prevenzione e lotta contro la corruzione. Entrata in vigore il 14 dicembre 2005, fornisce un quadro complessivo e introduce una serie di norme minime valide per tutti gli Stati aderenti. La proposta di decisione costituisce lo strumento giuridico che consente alla Comunità europea di concludere la convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, autorizzando il Presidente del Consiglio a designare la persona abilitata a depositare lo strumento di ratifica e a fare una dichiarazione relativa alla competenza comunitaria. Il testo della dichiarazione (contenuto nell'Allegato II della decisione) rileva che la Comunità ha competenza esclusiva in relazione alla propria amministrazione pubblica, all'elaborazione di codici di condotta per i suoi funzionari e alla prevenzione della corruzione. Nella dichiarazione si stabilisce altresì che la Comunità ha competenza in relazione al mercato interno e a tal fine ha adottato misure volte a garantire un pari accesso agli appalti pubblici e ai mercati, nonché a fornire regole per quanto concerne la contabilità e gli audit e le misure per il riciclaggio del denaro. La relazione di Giusto CATANIA (GUE/NGL, IT) approva la conclusione dell'accordo e propone un unico emendamento alla decisione del Consiglio teso a sottolineare l'importanza che «tutti gli Stati membri che non lo abbiano ancora fatto firmino e ratifichino la convenzione senza ulteriori ritardi». Il 15 settembre 2005, infatti, la Commissione europea e la Presidenza del Consiglio hanno firmato la convenzione per conto della Comunità europea. Tutti gli Stati membri dell'UE e gli Stati in fase di adesione hanno firmato la convenzione (l'Italia il 9 dicembre 2003), fatta eccezione per la Slovenia e l'Estonia. Hanno già provveduto alla ratifica l'Austria, la Finlandia, la Francia, l'Ungheria, la Lettonia, la Polonia, la Slovacchia, la Spagna, il Regno Unito, la Bulgaria, la Romania e la Croazia. Background - la Convenzione ONU Nel 2000 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha deciso di costituire un comitato ad hoc incaricato di mettere a punto uno strumento giuridico internazionale contro la corruzione, indipendente dalla convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale (UNTOC). Il comitato ad hoc ha negoziato la convenzione tra il gennaio 2002 e l'ottobre 2003. La Commissione europea ha rappresentato gli interessi della Comunità europea e ritiene che gli obiettivi stabiliti dal Consiglio siano stati conseguiti. Il testo della convenzione è stato adottato nell'ottobre 2003 e la convenzione è entrata in vigore nel dicembre 2005, dopo la trentesima ratifica. La convenzione è applicabile alla prevenzione, alle indagini e al perseguimento della corruzione nonché al congelamento, al sequestro, alla confisca e alla restituzione dei proventi di attività illecite. La corruzione può essere perseguita dopo i fatti, ma richiede in primo luogo un'attività di prevenzione. L'UNCAC (articoli 5-14) prevede le seguenti misure: - codici di
condotta per funzionari pubblici, misure che garantiscano
l'indipendenza dell'autorità giudiziaria, Essa si occupa anche della tipizzazione di reati penali in relazione alla corruzione e della cooperazione internazionale, prevedendo un sistema efficace di assistenza giuridica reciproca. La convenzione include per la prima volta il concetto di cooperazione internazionale nel recupero dei beni sottratti. Gli Stati contraenti devono cooperare in materia penale in diverse situazioni descritte dalla convenzione. Essi possono anche condurre indagini comuni e fare uso di tecniche investigative speciali come la sorveglianza elettronica. L'UNCAC contiene misure destinate a favorire il recupero dei beni, il che costituisce un fondamentale passo avanti. La convenzione fa sperare che i fondi sottratti al patrimonio nazionale e trasferiti all'estero da leader corrotti possano essere restituiti ai rispettivi paesi. Questo, secondo il relatore, è particolarmente importante per molti paesi in via di sviluppo. Inoltre, le istituzioni finanziarie sono incoraggiate a verificare l'identità dei titolari di conti ingenti, affinché sia più difficile per i funzionari corrotti tenere nascosti i guadagni illeciti. La convenzione stabilisce che le persone danneggiate dalla corruzione hanno diritto di avviare procedimenti legali contro i responsabili. Link utili
Proposta della Commissione Riferimenti Giusto CATANIA (GUE/NGL, IT) |
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In un'Europa pluralista, il multilinguismo è un fattore essenziale dell'integrazione culturale, economica e sociale, rafforza le qualifiche dei cittadini e ne facilita la mobilità. E' quanto afferma una relazione all'esame della Plenaria, sostenendo la promozione, sin dalla più tenera età, dell'apprendimento di almeno due lingue straniere da parte di tutti i cittadini. E' anche chiesto di non privilegiare le lingue più parlate e di sostenere quelle regionali e locali. La relazione di Bernat JOAN i MARÍ (Verdi/ALE, ES) ricorda anzitutto che il rispetto della diversità linguistica e culturale costituisce un principio fondamentale dell'UE riconosciuto anche dalla Carta dei diritti fondamentali. Per tale ragione i deputati accolgono con favore l'obiettivo a lungo termine fissato dalla Commissione di migliorare le competenze linguistiche individuali e far sì che ogni cittadino apprenda almeno due lingue straniere oltre alla propria madrelingua. Ricordano poi la necessità di promuovere un'effettiva politica di apprendimento delle lingue e riaffermano l'importanza dell'apprendimento precoce. Per i deputati, inoltre, al fine di conseguire gli obiettivi fissati dalla Strategia di Lisbona, è indispensabile migliorare la qualità, l'efficacia e l'accessibilità dei sistemi d'istruzione e di formazione dell'UE, favorendo l'apprendimento delle lingue. Vedono quindi con favore il metodo CLIL di apprendimento integrato di lingua e contenuto (Content and Language Integrated Learning), nel quale gli studenti imparano una materia esposta in una lingua straniera. Sempre riguardo agli studenti, ritengono che, nel quadro dei corsi Erasmus, la lingua d'insegnamento dovrebbe essere la lingua ufficiale del sistema d’istruzione del paese o della regione ospitante e che occorre assicurare che gli studenti Erasmus «acquisiscano un livello di competenza in tale lingua tale da permettere loro di seguire adeguatamente i corsi». La relazione, d'altra parte, ricorda che la formazione linguistica è essenziale per promuovere e facilitare non soltanto la mobilità degli studenti, ma anche quella di tutti i lavoratori alla ricerca di un'attività professionale in uno degli Stati membri. I deputati, d'altra parte, appoggiano le iniziative volte a migliorare la formazione degli insegnanti, compresi quelli di materie non linguistiche e quelli che si occupano di formazione professionale. Inoltre, a loro parere, il ventaglio di lingue insegnate dentro e fuori la scuola deve essere ampliato, onde consentire ai futuri insegnanti di apprendere, e in seguito di insegnare, una gamma più ampia di lingue a parità di condizioni. Particolare attenzione va poi posta sull'accesso degli immigrati all'apprendimento delle lingue, in vista della loro integrazione sociale, nonché alle persone svantaggiate o in difficoltà e ai portatori di handicap. I deputati accolgono poi con favore la proposta di introdurre un indicatore europeo di competenza linguistica, che dovrebbe tenere conto di tutte le lingue ufficiali dell'Unione europea e che potrebbe essere esteso, al di là delle cinque lingue maggiormente parlate, anche alle altre lingue dell'UE «al fine di fornire un quadro fedele della situazione delle competenze linguistiche». Ribadiscono inoltre l'importanza di una maggiore trasparenza nel campo dell’insegnamento e delle procedure di valutazione e di certificazione delle lingue attraverso la pubblicazione di un inventario dei sistemi attualmente disponibili. Secondo i deputati, il multilinguismo deve anche favorire il rispetto della diversità e della tolleranza, per evitare l'insorgere di eventuali conflitti attivi o passivi tra le diverse comunità linguistiche negli Stati membri. D'altronde, ritengono che le lingue regionali e minoritarie «costituiscono un’enorme fonte di ricchezza culturale e dovrebbero essere maggiormente sostenute in quanto patrimonio culturale comune». Ritengono pertanto che la promozione del multilinguismo in Europa non dev'essere limitato alle principali lingue ufficiali degli Stati membri. La relazione chiede poi una pianificazione e una legislazione in materia linguistica «chiara e coerente» a livello dell’Unione europea e, in proposito, i deputati ritengono necessario adottare un atto legislativo comunitario sulle lingue, «al fine di conferire una base giuridica ai diritti linguistici in termini sia collettivi che individuali». Tale legislazione, a loro parere, potrebbe servire da fondamento per l'elaborazione di un piano linguistico comunitario «volto ad assicurare la diversità e i diritti linguistici».
I deputati invitano inoltre la Commissione all'attuazione, nella misura possibile, delle proposte contenute nella relazione di Michl EBNER (PPE/DE, IT) adottata dal Parlamento europeo nel settembre 2003, e chiedono di facilitare e favorire l'accesso all'informazione e al finanziamento degli organismi candidati che perseguono l'obiettivo di promuovere il multilinguismo attraverso reti e/o progetti finanziati dalla Commissione, a decorrere dal 2007. Link utili
Risoluzione del Parlamento europeo sulle raccomandazioni alla
Commissione sulle lingue europee regionali e meno diffuse – le
lingue delle minoranze nell'UE – in considerazione dell'allargamento
e della pluralità culturale (Relazione Ebner) Riferimenti Bernat JOAN i MARÍ (Verdi/ALE, ES) |
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Il Parlamento è chiamato ad approvare il rinnovo di due accordi di cooperazione nel settore dell'insegnamento con gli Stati Uniti d'America e il Canada. Tali accordi mirano a favorire e migliorare l'apertura e la competitività dei nostri sistemi di istruzione terziaria nonché la qualità della valorizzazione delle risorse umane dall'una e dall'altra parte dell'Atlantico. Nel settore dell'istruzione esiste una lunga tradizione di cooperazione tra l'Unione europea, glia Stati Uniti d'America e il Canada. Per proseguire questa intesa, la relazione di Marie-Hélène DESCAMPS (PPE/DE, FR) chiede al Parlamento di approvare un nuovo accordo che prolunghi fino al 2013 il programma di cooperazione tra l'UE e i due Paesi (USA e Canada) nel settore dell'istruzione terziaria, dell'insegnamento e della formazione professionale. UE/Stati Uniti d'America Concepito specificamente per perseguire gli obiettivi di cooperazione bilaterale tra l'Unione europea e gli Stati Uniti, questo nuovo programma integra i programmi previsti da altri strumenti comunitari (quali "Socrates", "Leonardo da Vinci" o "Erasmus Mundus") e i programmi bilaterali tra gli Stati membri e gli Stati Uniti. Tenendo conto delle valutazioni effettuate e dell'esperienza acquisita, esso intende promuovere la reciproca comprensione tra i popoli dell'Unione europea e degli Stati Uniti, favorendo una maggiore conoscenza delle loro lingue, delle loro culture e delle loro istituzioni. Tale programma mira altresì a migliorare l'apertura e la competitività dei nostri sistemi di istruzione terziaria nonché la qualità della valorizzazione delle risorse umane dall'una e dall'altra parte dell'Atlantico. Dotato di un bilancio di 46 milioni di euro per un periodo di otto anni, l'accordo prevede la realizzazione di programmi innovativi intesi a mettere a punto diplomi transatlantici (diplomi comuni o doppi), l'intensificazione degli scambi e della mobilità di studenti, insegnanti e altri professionisti, il rafforzamento del programma Schuman-Fulbright destinato ai professionisti e la promozione di una collaborazione istituzionale più stretta nell'ambito dell'istruzione terziaria. Per conseguire tali obiettivi e imprimere un nuovo impulso alla cooperazione nel settore dell'istruzione sono previste talune azioni (raggruppate sotto il titolo ATLANTIS) e progetti di consorzi comuni imperniati sui settori ritenuti essenziali alla cooperazione, progetti di mobilità che privilegiano l'eccellenza e misure incentrate sulle politiche. L'attuazione di tali programmi dovrebbe consentire di sostenere circa 274 progetti e a 6.000 tra europei e americani di beneficiarne. UE/Canada Questo nuovo accordo tra la Comunità europea e il Canada si iscrive nel quadro della strategia di Lisbona, che mira a fare dell'insegnamento nell'Unione europea un riferimento mondiale. A fronte di una dotazione massima di bilancio di 17,4 milioni di euro per un periodo di otto anni, esso intende, da un lato, promuovere la reciproca comprensione tra le popolazioni dell'Unione europea e del Canada, familiarizzandole con le loro rispettive lingue, culture e istituzioni e, dall'altro, migliorare la qualità delle loro risorse umane. Per raggiungere questi obiettivi sono previste diverse azioni, in particolare nel quadro dell'insegnamento superiore e della formazione, progetti di consorzi per la realizzazione di programmi comuni di studio e formazione nonché progetti di mobilità di qualità che previlegiano l'eccellenza. Per quanto riguarda la gioventù, tali azioni riguardano più in particolare le strutture e gli organismi che operano a favore della gioventù e perseguono segnatamente l'obiettivo di facilitare il dialogo e lo scambio di buone pratiche e di stabilire nuove reti e partenariati multilaterali sostenibili. Link utili
Proposta di decisione del Consiglio relativa alla firma
dell'accordo tra la Comunità europea e gli Stati Uniti d'America che
rinnova il programma di cooperazione nel settore dell'istruzione
terziaria e dell’istruzione e formazione professionali: Riferimenti Marie-Hélène DESCAMPS (PPE/DE, FR) |
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Un'interrogazione orale alla Commissione aprirà un dibattito in Aula in merito al futuro delle quote latte. Per i deputati del PPE/DE è infatti necessario dare ai produttori e all'industria il tempo di adattarsi alle possibili modifiche del sistema. A loro parere, inoltre, lo smantellamento delle quote nel 2015 offrirebbe una certa protezione a molti produttori. La Politica agricola comune, come previsto dalla sua ultima riforma, dovrà sottostare ad una profonda analisi nel 2008. I deputati ritengono che tale revisione includerà probabilmente un dibattito sul futuro del regime delle quote lattiere che, istituito dal 1984 e previsto sino al 2015, «è stato messo in causa da alcuni settori ed è stato discusso alla riunione informale dei ministri dell'Agricoltura a Oulu». Alla luce una possibile eliminazione del sistema delle quote (eliminazione graduale), i deputati reputano quindi necessario «tenere un vero e proprio dibattito», in maniera che i produttori e l'industria abbiano il tempo di adattarsi alle possibili future modifiche. Chiedono quindi alla Commissione europea se intende mantenere il sistema delle quote lattiere fino al 2015, offrendo «una certa protezione a molti produttori», oppure se prevede di smantellarlo progressivamente o gradualmente a partire dal 2008. In questo secondo caso, vorrebbero conoscere quali misure specifiche ne deriverebbero per i produttori di latte. Il sistema della quote latte Per garantire l'equilibrio tra domanda e offerta e contenere le eccedenze, nell'Unione europea la commercializzazione del latte vaccino è effettuata mediante un sistema di quote. Ad ogni Stato membro vengono assegnati due quantitativi di riferimento ("quote"), uno per le consegne alle latterie e l’altro per la vendita diretta ai consumatori. Tali quantitativi sono ripartiti tra i produttori (quote individuali) in ogni Stato membro. In caso di superamento della quota nazionale, nello Stato membro interessato è applicato un prelievo ai produttori che hanno contribuito al superamento. Tale prelievo si applica ai produttori di latte vaccino per tutti i quantitativi di latte o equivalente latte eccedenti la quota commercializzati durante un periodo di dodici mesi, che va dal 1º aprile al 31 marzo. I quantitativi non utilizzati possono essere ridistribuiti ad altri produttori dello stesso Stato membro. Anteriormente al 1º settembre di ogni anno gli Stati membri comunicano alla Commissione i risultati dell'applicazione del regime delle quote latte nel corso del periodo precedente, compilando un apposito questionario contenente tutti i dati necessari per il calcolo del prelievo. Quest'ultimo ammonta a 0,3091 EUR per chilogrammo eccedente prodotto. Superprelievo in vista per l'Italia Per la campagna 2005/2006 la quota totale per le consegne alle latterie è stata fissata a 135,5 milioni di tonnellate, ripartite in 880.387 quote individuali per tutta l'Unione europea (UE-25). Per le vendite dirette ai consumatori è stata fissata una quota distinta di 2 milioni di tonnellate, ripartite in 107 000 quote individuali. Lo scorso 3 ottobre, secondo i calcoli provvisori della Commissione europea, nove Stati membri (Italia, Repubblica ceca, Germania, Spagna, Cipro, Lussemburgo, Austria, Polonia e Portogallo) hanno superato le rispettive quote di consegna. Tali superamenti hanno rappresentato complessivamente 1.217.000 tonnellate, corrispondenti a un prelievo di 376 milioni di euro. All'Italia, con la consegna di 611mila tonnellate di latte oltre la quota, spetterebbe pagare la metà di questo importo (188,834 milioni di euro). Dai dati provvisori della Commissione per il 2005/2006 risulta che, su un totale di 880.387 produttori attivi nell'UE, poco più di 46.000 si trovano in Italia (5,23%). Multe sostanziose spettano anche a Polonia (91,47 milioni di euro, circa 296mila tonnellate) e Germania (62,045 milioni di euro, circa 201mila tonnellate). Tuttavia il prelievo applicato alla Polonia subirà probabilmente una riduzione significativa a seguito della conversione in quota di consegna della parte non assegnata della quota per le vendite dirette. Assieme all'Italia, spetterà loro versare oltre il 90% del prelievo totale. Per quanto riguarda le vendite dirette ai consumatori, la cui quota totale ammonta a 2 milioni di tonnellate, sono stati segnalati superamenti solo dalla Spagna e dai Paesi Bassi per un totale di 2.600 tonnellate, con un prelievo di 0,8 milioni di euro. I produttori italiani sono 4.339 su un totale 107.008 e hanno venduto 262.953 tonnellate - su un totale di 1.360.476 - a fronte di una quota nazionale di 275.953 (quota UE 25: 1.897.800 tonnellate). Si noti che su un totale di 155 formaggi presenti nel registro comunitario delle DOP e delle IGP, ben 31 sono italiani (20%). Link utili Sito della Commissione sul mercato dei prodotti lattiero-caseari Riferimenti Interrogazione orale sulle quote di latte |
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Una relazione raccomanda alla Plenaria di difendere la richiesta di difesa dell'immunità di Gabriele Albertini in merito all'accusa di diffamazione a mezzo stampa nei confronti di Filippo Penati. Un'altra, invece, rammaricandosi che il Parlamento non possa adottare provvedimenti vincolanti per tutelarlo, raccomanda di non difendere la sua immunità in un procedimento penale relativo all'accusa di partecipazione, come Sindaco di Milano, ai reati di falso in atti pubblici e abuso d’ufficio. Diffamazione di Filippo Penati
La commissione giuridica raccomanda alla Plenaria di difendere i privilegi e l’immunità di Gabriele ALBERTINI (PPE/DE, IT) nell'ambito di un’indagine svolta dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano per il reato di diffamazione a mezzo stampa. Gabriele Albertini è stato accusato di aver insultato Filippo Penati, Presidente della Provincia di Milano, in un’intervista pubblicata sul Corriere della Sera del 23 ottobre 2005 e intitolata “Intreccio Provincia, Gavio e Unipol”.
Nel rispondere a una domanda posta dalla giornalista sul futuro Presidente dell’autostrada Serravalle, il deputato aveva risposto: “Non ho commenti da fare sul presidente, ma aspetto decisioni da parte di tre tribunali (...). Che significato ha far avere a un privato 178 milioni di euro di plusvalenze in prossimità delle elezioni? Faccio mie le parole di Bruno Tabacci [deputato del Parlamento italiano]: una quota significativa della plusvalenza ottenuta da Gavio è stata utilizzata per favorire la scalata dell’Unipol alla Bnl. Quindi c’è del denaro pubblico che porta vantaggio a un privato che poi aiuta a sua volta quella parte politica che ha comprato dal privato per il controllo di una banca. Forse, anche la magistratura penale potrebbe dire qualcosa”.
Per i deputati, di fatto, nelle sue dichiarazioni riportate dalla stampa, Gabriele Albertini «ha semplicemente commentato dei fatti di dominio pubblico». Fatti, precisano, «che avevano una dimensione politica europea», in quanto erano direttamente collegati all’offerta di Unipol per il controllo della Banca Nazionale del Lavoro (BNL) e la Commissione europea stava effettuando i controlli previsti dal diritto comunitario in ordine alla legalità dell’offerta di acquisto.
A loro parere, Gabriele Albertini «stava quindi assolvendo al suo dovere di deputato di spiegare agli elettori la sua opinione in merito a una questione di interesse pubblico». Inoltre, il fatto che l’oggetto delle sue dichiarazioni fosse il comportamento di un politico che al momento ricopriva una carica pubblica «riconduce tali dichiarazioni nell’ambito di un dibattito politico legittimo». Per di più, affermando che “Forse, anche la magistratura penale potrebbe dire qualcosa”, il deputato «ha espresso chiaramente la mancanza di qualunque intenzione di diffamare, o offendere, chicchessia e ha inoltre indicato il quadro istituzionale appropriato per stabilire eventuali responsabilità penali».
Secondo i deputati, «cercare di impedire ai membri
del Parlamento di esprimere le loro opinioni su questioni di
legittimo interesse pubblico ricorrendo in giudizio è inaccettabile
in una società democratica e viola palesemente l’articolo 9 del
Protocollo, inteso a difendere la libertà di espressione dei
deputati nell’esercizio delle loro funzioni nell’interesse del
Parlamento come istituzione». Abuso d'ufficio
L'altra relazione, pur rammaricandosi che, rebus sic stantibus, il Protocollo sui privilegi e sulle immunità non consenta al Parlamento europeo di adottare provvedimenti vincolanti per proteggere Gabriele Albertini, raccomanda al Parlamento di non difendere la sua immunità in un procedimento penale dinanzi al Tribunale di Milano con l’accusa di partecipazione ai reati di falso ideologico, tentato abuso d’ufficio e tentato falso materiale, in quanto il caso rientra esclusivamente nel diritto italiano. Le vicende in questione si sono tutte svolte a Milano il 13 marzo 2003 nell’ambito dell’approvazione della proposta di bilancio del Comune di Milano per l’anno 2003. In sostanza, Gabriele Albertini è stato accusato di aver partecipato alla presentazione di emendamenti falsi da sottoporre all’attenzione del Consiglio comunale, firmati da membri della maggioranza politica e volti a impedire, illecitamente, la discussione del maggior numero possibile di emendamenti presentati dall’opposizione. Più in particolare, è stata presentata (entro i termini previsti) una serie di emendamenti in bianco da riempire una volta conosciuto il contenuto degli emendamenti proposti dall’opposizione, pertanto oltre il termine ultimo per la presentazione degli emendamenti. D'altra parte, le stesse vicende che hanno condotto all’apertura del procedimento penale contro Gabriele Albertini - ricordano i deputati - sono state oggetto di una diversa denuncia penale contro l’opposizione politica trasmessa dal deputato stesso alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano in qualità di Sindaco della città. Tuttavia, il caso era stato archiviato in ragione del fatto che, da un punto di vista giuridico, gli emendamenti presentati alla proposta di bilancio di un’autorità pubblica regionale vanno considerati un atto di procedura interna, che ha rilevanza in termini di informazione, ma è privo di effetti esterni. Il fatto che gli emendamenti proposti fossero atti di procedura interna, e pertanto non atti pubblici, è stato portato all’attenzione dei pubblici ministeri che indagavano sul caso in cui era implicato Gabriele Albertini. Tuttavia, senza mai prendere in considerazione questo punto, essi hanno proseguito le indagini, che si sono concluse con il suo rinvio a giudizio. Per i deputati, «è chiaro» che i giudici milanesi hanno trattato il deputato in maniera diametralmente opposta a seconda della sua posizione di accusato o parte lesa e ritengono piuttosto legittimo avanzare l’ipotesi che si sia in presenza di un caso di “fumus persecutionis”. Inoltre, considerano come «un’ulteriore prova del “fumus persecutionis”» il fatto che - come ha dichiarato Gabriele Albertini - egli sia stato associato agli eventi suddetti da parte del primo convenuto (ritenuto responsabile di aver personalmente preparato gli emendamenti in bianco) che ha rivelato il suo nome ai pubblici ministeri «solo dopo essere stato sottoposto a una prolungata pressione psicologica durante un durissimo interrogatorio della polizia». Riferimenti Diana WALLIS (ALDE/ADLE, UK) |
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Ordine del giorno 13 - 16 novembre 2006 Strasburgo Lunedì 13 novembre 2006 (17:00 - 23:00)
Martedì 14 novembre 2006 (9:00 - 11:20, 22:30 - 24:00)
(11:30 - 12:00 ) Votazione
(12:00 - 12:30)
(12:30 - 13:00)
(15:00 - 18:30)
(18:30 - 19:30)
(21:00 - 22:30)
Mercoledì 15 novembre 2006 (9:00 - 11:20)
(11:30 - 12:00) Votazioni
(12:00 - 12:30)
(12:30 - 13:00)
(15:00 - 18:00)
(18: 00 - 19:00, 21:00 - 24:00)
Giovedì 16 novembre 2006 (10:00 - 11:50, 15:00 - 16:00)
(12:00 - 13:00) Votazione
(15:00 - 16:00)
(16:00 - 17:00)
(17:00 - 18:00) Votazione
L'ordine del giorno può subire modifiche. |
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Codici delle procedure parlamentari
Abbreviazioni - Gruppi politici: vedere di seguito
Gruppi politici
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Deputati al Parlamento europeo
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