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RASSEGNA
13 - 16 marzo 2006
Strasburgo
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Sommario
DIRITTI UMANI ALLARGAMENTO CONSIGLIO EUROPEO POLITICA REGIONALE POLITICA SOCIALE DIRITTI DELLE DONNE/PARI OPPORTUNITÀ CONCORRENZA SANITÀ PUBBLICA AGRICOLTURA AMBIENTE ISTITUZIONI ORDINE DEL GIORNO 22 - 23 MARZO 2006 |
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L'assalto dell'esercito israeliano alla prigione di Gerico ha portato il Presidente dell'Autorità Palestinese Mamhoud Abbas ad annullare il suo intervento in Aula e tornare in patria. Il Presidente del Parlamento europeo e i leader dei gruppi politici, dispiaciuti per la cancellazione della seduta solenne, hanno condannato l'iniziativa israeliana e hanno rivolto un appello a favore della cessazione delle violenze in Medio Oriente e della liberazione degli ostaggi. Aprendo la seduta, il Presidente BORRELL ha informato l'Aula che, nonostante fosse giunto a Strasburgo, il Presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese ha deciso la vigilia di tornare in patria a seguito dei fatti «tremendi e deplorevoli» di Gerico. La situazione, ha aggiunto, diventa pericolosa e difficile. Per tale motivo il Presidente ha affermato di capire le ragioni di Mahmoud Abbas che, a suo parere, rappresenta la maggioranza dei palestinesi che appoggiano una soluzione negoziata al conflitto con Israele. E' un uomo, ha proseguito, che ha operato per la pace sin dagli anni settanta ed è per questo che il suo ritorno in Palestina deve considerarsi come «un'occasione persa». E ciò a causa di un'operazione militare «inutile e illecita» che difficilmente può contribuire alla sicurezza di Israele e che, tra l'altro, imporrà all'Unione europea di finanziare la costruzione di una nuova prigione. Dopo aver ricordato che Abbas aveva tentato di bloccare l'operazione militare israeliana, il Presidente ha affermato che alcuni europei sono stati presi in ostaggio e anche i militari che sorvegliano la frontiera tra Gaza e l'Egitto hanno subito dei problemi di sicurezza. Borrell ha poi rassicurato i colleghi che il Presidente dell'ANP cercherà di tornare al più presto al Parlamento, forse già ad aprile. Hans-Gert POETTERING (PPE/DE, DE) si è detto molto preoccupato per gli eventi in Medio Oriente e dispiaciuto dell'impossibilità per Abbas di intervenire in Aula. Ha quindi confermato che i capigruppo hanno intenzione di accoglierlo al più presto, in quanto egli rappresenta la pace e l'equilibrio. Il leader popolare, pur sostenendo che non bisogna giungere a conclusioni affrettate, ha tuttavia chiesto che sia condotta un'indagine su quanto avvenuto a Gerico per sapere cosa è accaduto e avere, se possibile, risposte convincenti. Ha poi ricordato che, sia lo Stato di Israele che quello palestinese, hanno il diritto di esistere entro frontiere sicure ed i due popoli devono avere pari dignità. Esortando a porre termine alla violenza e a liberare gli ostaggi, ha quindi espresso l'augurio che l'Europa possa contribuire alla pace e che Abbas possa presto rivolgersi al Parlamento. Martin SCHULZ (PSE, DE) si è associato alle parole degli oratori che l'hanno preceduto, sottolineando come la sola presenza di Abbas a Strasburgo fosse un segno incoraggiante. Insieme, ha spiegato, si può costruire la via verso uno Stato palestinese indipendente e sovrano e, pertanto, ogni piccolo contributo al raggiungimento di questo obiettivo è il benvenuto. Augurando quindi un rapido ritorno di Abbas al Parlamento, il leader socialdemocratico si è chiesto a chi sia convenuta un'azione militare come quella di Gerico, auspicando che si fosse trattato di una tattica a fini interni in vista delle prossime elezioni in Israele. Se così fosse, ha aggiunto, potrebbero forse ottenersi piccoli vantaggi a breve termine, ma si produrrebbero grandi danni a lungo termine. Graham WATSON (ALDE/ADLE, UK) ha sottolineato come la piattaforma tettonica che regge le tre grandi religioni monoteiste si stia scontrando «con il rischio di un'enorme deflagrazione». Gli attentati dell'11 settembre e «le tragiche risposte», la situazione in Iran e i recenti fatti mettono quindi a repentaglio la pace. Per il leader liberaldemocratico, l'Unione deve protestare «in modo veemente» presso le autorità israeliane. Stigmatizzando le compiacenze USA e britanniche che si sono allontanate dal carcere, il deputato ha affermato che nulla giustifica né l'assalto né la presa di ostaggi. Ha quindi concluso auspicando un rapido ritorno di Abbas al Parlamento, quando vi saranno condizioni più serene nella regione. Daniel COHN-BENDIT (Verdi/ALE, DE) ha affermato che non è una tragedia se il Presidente Abbas non è potuto intervenire in Aula, ma questo fatto è comunque «politicamente inaccettabile». Ha quindi stigmatizzato la politica unilaterale di entrambe le parti e il disprezzo reciproco che la caratterizza. Il deputato ha quindi affermato che l'Unione deve insistere sul fatto che Israele non può decidere la forma dello Stato palestinese, mentre i palestinesi non devono compiere atti di violenza contro Israele. Sostenendo che la comunità internazionale deve poter intervenire, il leader dei Verdi si è detto convinto che l'azione israeliana ha chiaramente finalità interne, si tratta di tattica politica. E ciò è particolarmente grave in quanto si sacrifica la pace in una regione per fini elettorali. D'altra parte ha sottolineato che quella di Gerico non era una vera prigione, visto che - come non avviene nemmeno in Europa - potevano tenersi conferenze stampa con 500 giornalisti. Tuttavia, ha spiegato, vi sono mezzi legali per liberare detenuti e Israele non ha il diritto di intervenire solo perché non è d'accordo. Francis WURTZ (GUE/NGL, FR) ha affermato che Abbas è dovuto tornare a causa dell'escalation israeliana che ha avuto conseguenze inevitabili, ancorché inaccettabili. Ha quindi sottolineato che l'Unione è chiamata in causa in quanto il Regno Unito doveva garantire la sorveglianza della prigione. Nessuno è scappato, nessuno ha tentato nemmeno di scappare, ha aggiunto, mentre il Presidente dell'ANP aveva anche proposto di trasferire i detenuti e quindi Israele non ha «nessun alibi». La situazione, ha proseguito, è anche frutto dell'atteggiamento compiacente dell'UE nei confronti del governo israeliano che gli ha permesso di mettere a rischio la pace nella regione per motivi unicamente elettorali, cercando di ottenere il consenso delle frange più estremiste. Ha quindi concluso chiedendo se l'Unione potesse ancora accettare tale situazione senza reagire e indebolendo le parti più pacifiche. Irena BELOHORSKÁ (NI, SK) ha sostenuto che i recenti fatti rappresentano una nuova prova di intolleranza tra due paesi che non si rispettano. D'altra parte, l'assalto non può essere accettato anche perchè ogni detenuto ha diritto a un processo giusto. Occorre quindi, da ambo le parti, un sussulto di coscienza, altrimenti non si giungerà mai alla pace. Ha quindi sostenuto che avrebbe preferito sentire il Presidente Abbas per conoscere il suo contributo alla pace, auspicando una sorta di ruolo di mediatore al Parlamento europeo. In quanto presidente della commissione per gli affari esteri, Elmar BROK (PPE/DE, DE) si è detto preoccupato per questi sviluppi negativi «dopo anni di speranza». Sostenendo la legittimità di Abbas, che potrebbe assumere un ruolo di mediatore tra Israele e Hamas, ha sottolineato la gravità dell'assalto di Gerico affermando che il ritiro delle truppe USA e britanniche hanno minato la credibilità del Quartetto. Véronique DE KEYSER (PSE, BE), presidente della delegazione europea per le elezioni in Palestina, ha voluto testimoniare la collera di Abbas - incontrato la vigilia - per il fatto che l'assalto sia avvenuto proprio mentre era presente al Parlamento per parlare di pace. Ha quindi sostenuto che occorre mantenere il sangue freddo, ma denunciare anche il fatto gravissimo. Edward McMILLAN-SCOTT (PPE/DE, UK), presidente della delegazione parlamentare alle elezioni in Palestina, ha stigmatizzato l'atteggiamento delle truppe USA e britanniche che hanno abbandonato la prigione. Ha poi chiesto che, in occasione della prossima riunione dell'Assemblea euromediterranea intervengano sia il Consiglio sia la Commissione per spiegare l'accaduto. Il Segretario di Stato WINKLER, in nome della Presidenza, ha espresso preoccupazione per l'acuirsi della violenza, sottolineando l'obiettivo della pace e della sicurezza. Il Consiglio, ha aggiunto, discuterà quali passi dovranno essere intrapresi e tutte le istituzioni dovranno adoperarsi affinché prosegua il processo di pace. Ha quindi invitato ad evitare un'ulteriore escalation e ha condannato le misure unilaterali, «che non sono una soluzione». Ha poi deplorato la presa di ostaggi e l'assalto a edifici dell'UE, che «violano i nostri valori» e compromettono gli sforzi di pace. José Manuel BARROSO, in nome della Commissione, ha informato i deputati che la commissaria Benita Ferrero-Waldner ha testimoniato al Presidente Abbas l'appoggio dell'Esecutivo a una soluzione pacifica in Medio Oriente. Ha poi condannato «senza ambiguità» ogni forma di violenza, da qualsiasi parte provenga e ha rivolto un appello al senso di responsabilità di tutti. Ricordando poi che l'Unione è il principale donatore della Palestina, ha chiesto la cessazione della violenza nei confronti di cittadini e beni comunitari. Link utili Risoluzione del Parlamento europeo sulle elezioni in Palestina (2 febbraio 2006) Riferimenti
Dichiarazione
del Presidente Josep Borrell sulla cancellazione della seduta
solenne di Mahmoud Abbas, Presidente dell'Autorità palestinese |
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Il Parlamento si compiace dell'istituzione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, tuttavia sottolinea che la capacità del CDU di proteggere i diritti dell'uomo dipenderà dalla volontà politica di tutte le parti di farne un organismo forte ed efficace. Inoltre, invita tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite ad adoperarsi al fine di eleggere in quest'organo i paesi candidati che presentano gli standard più elevati in materia di diritti umani. Ritenendo che le Nazioni Unite costituiscono l'organizzazione più idonea ad occuparsi in modo esauriente dei problemi e delle sfide in materia di diritti umani, il Parlamento si compiace dell'adozione della risoluzione con cui viene creato il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite (CDU). In particolare, apprezza che questo organo, permanente e di dimensioni ridotte, potrà riunirsi regolarmente durante il corso dell'anno per affrontare crisi nel campo dei diritti umani che si sviluppano in modo rapido. Per il Parlamento, la capacità del CDU di proteggere i diritti dell'uomo «dipenderà dalla volontà politica di tutte le parti di farne un organismo forte ed efficace». A tal fine invita tutti gli Stati membri dell'ONU ad adempiere al mandato da loro definito e ad applicare i meccanismi messi a punto. Inoltre, sollecita l'UE a svolgere un ruolo d'avanguardia nel CDU e «ad essere d'esempio per l'azione volta a creare un organo ONU per i diritti umani rafforzato», capace di interessarsi e di reagire alle situazioni rilevanti in termini di diritti umani in tutto il mondo. Riguardo all'elezione dei membri del CDU, i deputati si rammaricano che non si è mantenuta l'idea di eleggerli alla maggioranza dei due terzi. Tuttavia, ritengono che la procedura prevista «possa impedire agli autori di gravi violazioni dei diritti umani di sedere in seno al Consiglio stesso». I membri, infatti, sono eletti direttamente e singolarmente con scrutinio segreto a maggioranza assoluta dell'Assemblea generale mentre i governi sono tenuti a prendere in considerazione l'operato precedente e gli impegni dei candidati nel campo dei diritti umani. Inoltre, si compiacciono dell'adozione di un meccanismo di sospensione del diritto di appartenere al Consiglio di un membro che commetta violazioni gravi e sistematiche dei diritti umani. Nondimeno, il Parlamento invita tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite ad adoperarsi al fine di eleggere i paesi candidati che presentano gli standard più elevati in materia di diritti umani e che hanno ratificato i trattati fondamentali in tale campo. In proposito invita l'UE ad insistere affinché le candidature siano presentate almeno trenta giorni prima dell'elezione, in modo da consentire una pubblica verifica dell'operato precedente e degli impegni dei candidati nel campo dei diritti umani. In proposito, i deputati valutano positivamente l'istituzione di un meccanismo universale di revisione periodica (peer review) quale strumento atto a rafforzare la parità di trattamento degli Stati membri riguardo al monitoraggio dei diritti umani nel mondo. Inoltre, approvano il fatto che si è mantenuta la prassi della partecipazione alle discussioni delle ONG operanti nel campo dei diritti umani e auspicano che, in futuro, questa partecipazione sia migliorata e rafforzata. D'altro lato, rinnovano il loro appello per una riforma del comitato ONU sulle ONG, «al fine di assicurare l'effettiva partecipazione delle ONG indipendenti». 62a, ed ultima, sessione dell'UNCHR Visto che la 62a sessione della Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite (UNCHR) sarà l'ultima sessione di tale organismo prima dell'effettiva istituzione del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, il Parlamento prende atto della decisione di farne una sessione di transizione, procedurale, abbreviata. Tuttavia, ritiene che questa decisione non deve impedire all'UNCHR di svolgere il suo mandato di protezione e che tutte le attività di tale Commissione nella sua attuale configurazione devono essere debitamente concluse o portate avanti in altro modo. Link utili
Progetto di
risoluzione dell'Assemblea generale ONU che istituisce il Consiglio
dei diritti dell'uomo (versione
inglese) Riferimenti
Risoluzione
comune sul risultato dei negoziati relativi al Consiglio per i
diritti umani e sulla 62a sessione dell'UNCHR |
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Stop alle partite e sanzioni ai club per calciatori e tifosi razzisti Il Parlamento condanna ogni forma di razzismo durante le partite di calcio, esorta l'UEFA a dare la possibilità agli arbitri di fermare le partite in caso di «gravi abusi razzisti» e chiede sanzioni sportive ai club i cui sostenitori o calciatori «commettano gravi reati di stampo razzista». Visti i gravi incidenti razzisti registrati in Europa durante le partite di calcio, il Parlamento europeo ha formalmente adottato una dichiarazione scritta con la quale condanna vivamente ogni forma di razzismo durante le gare sia all'interno che all'esterno del campo ed elogia «l'eccellente attività» che varie organizzazioni, fra cui l'UEFA e la FARE, hanno svolto nell'affrontare questi problemi. D'altra parte, i deputati ritengono che «la popolarità del calcio offre una nuova occasione per affrontare il razzismo». Per tale ragione sollecitano tutti i protagonisti della scena calcistica a far sentire regolarmente la loro voce contro il razzismo ed invitano le associazioni calcistiche nazionali, le federazioni, le società, i sindacati dei calciatori e le tifoserie «ad applicare la migliore pratica UEFA, come il piano d'azione in dieci punti dell'UEFA». Inoltre, il Parlamento esorta l'UEFA e tutti gli altri organizzatori di competizioni in Europa a garantire che gli arbitri abbiano la facoltà, sulla base di direttive chiare e rigorose, «di fermare o abbandonare le partite in caso di gravi abusi razzisti». I deputati, poi, invitano l'UEFA e tutti gli altri organizzatori di competizioni in Europa ad esaminare la possibilità di imporre sanzioni sportive alle associazioni calcistiche nazionali e alle società i cui sostenitori o calciatori commettano gravi reati di stampo razzista, «compresa la facoltà di allontanare i recidivi dai propri tornei». La dichiarazione scritta ha raccolto un totale di 423 firme, tra le quali figurano quelle dei seguenti deputati italiani: Agnoletto, Andria, Battilocchio, Bertinotti, Braghetto, Catania, Cirino Pomicino, Costa, D'Alema, Dionisi, Di Pietro, Fatuzzo, Frassoni, Gargani, Gawronski, Gruber, Kusstatscher, La Russa, Lavarra, Locatelli, Mauro, Morgantini, Musacchio, Musotto, Napoletano, Panzeri, Pittella, Poli Bortone, Prodi, Rivera, Rizzo, Tajani, Vincenzi, Zani, Zingaretti. |
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Turchia, Croazia, Macedonia e Balcani Occidentali hanno chiaramente una prospettiva europea. E' quanto ribadisce il Parlamento in merito alla strategia di allargamento, sottolineando tuttavia che ciò andrà realizzato solo se la capacità di assorbimento dell'UE sarà soddisfatta e se questi paesi compiono ulteriori progressi nei campi dei diritti umani e della pacifica convivenza tra le etnie. Alle autorità croate è chiesto di permettere l'accesso al mercato immobiliare a tutti i cittadini UE, senza alcuna discriminazione. Il Parlamento - con 397 voti favorevoli, 95 contrari e 37 astensioni - ha adottato la relazione di Elmar BROK (PPE/DE, DE) sulla strategia per l'allargamento presentata dalla Commissione europea. Pur rilevando con soddisfazione l'avvio di riforme in Turchia, Croazia e in tutti i paesi dei Balcani occidentali, i deputati condividono l'accento posto dalla Commissione su condizioni eque e rigorose. Con esse, infatti, l'Esecutivo potrà definire criteri chiari ed oggettivi per ogni fase del processo di adesione e permettere il proseguimento dei negoziati «solo se pienamente convinto che tutte le condizioni siano state soddisfatte». D'altra parte, il Parlamento ricorda che la capacità di assorbimento dell'Unione «resta una delle condizioni per l'adesione di nuovi paesi». E in proposito sottolinea che per comprendere il significato della nozione di "capacità di assorbimento", è fondamentale definire la natura dell'Unione europea, compresi i suoi confini geografici. Pertanto, alla Commissione è chiesto di presentare, entro il 31 dicembre 2006, una relazione che enunci i principi su cui si fonda tale definizione. E' poi notato che la situazione di stallo in cui si trova il processo di ratifica della Costituzione «impedisce all'Unione di accrescere la propria capacità di assorbimento». Gli Stati membri e la Commissione sono invitati a cooperare strettamente alla definizione di una strategia di comunicazione, così da rispondere alle legittime inquietudini dell'opinione pubblica europea circa l'ampliamento e l'integrazione europea. Al Consiglio è inoltre ricordato che, prima di adottare una decisione definitiva in merito all'adesione di altri Stati membri, è opportuno garantire la disponibilità di adeguate risorse di bilancio. In particolare, si dovrebbe procedere alla riassegnazione di 1,2 miliardi di euro per lo strumento di preadesione (IPA) e per lo strumento di vicinato e partenariato (ENPI). Per i deputati, il processo di integrazione dell'Unione europea non può basarsi su «criteri puramente tecnocratici», ma richiede un impegno incondizionato rispetto ai principi fondamentali di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nonché dello Stato di diritto. E' quindi sottolineato che il Parlamento considererà il rispetto di tali valori «un elemento determinante per valutare lo stato di preparazione all'adesione». D'altro lato, nell'invitare gli Stati membri a rispettare gli impegni assunti rispetto alla possibile adesione dei paesi in questione, il Parlamento ricorda ai paesi candidati e potenziali candidati che l'attuazione e il rispetto rigorosi della legislazione adottata per conformarsi al diritto comunitario «sono fondamentali». In tale contesto, si dice convinto che una pubblica amministrazione e un sistema giudiziario veramente indipendenti, efficienti e dotati delle necessarie risorse logistiche e finanziarie costituiscano un requisito fondamentale. I paesi candidati, inoltre, debbono dimostrare la capacità di proteggere le frontiere esterne dell'Unione dopo aver aderito all'Accordo di Schengen. Turchia: diritti umani, libertà religiosa e riconoscimento di Cipro I deputati ritengono che una Turchia «democratica e laica» possa svolgere un ruolo costruttivo nella promozione della comprensione tra civiltà. Tuttavia, rilevano che, sebbene il processo di transizione politica della Turchia sia ancora in corso, il ritmo di cambiamento è rallentato nel 2005 e l'attuazione delle riforme rimane disomogenea. Pertanto, auspicano che l'apertura dei negoziati dia un impulso alle altre riforme necessarie in Turchia al fine di soddisfare pienamente i criteri politici ed economici. In tale ambito, la Commissione dovrà procedere ad un rigoroso ed approfondito controllo dei progressi registrati per quanto riguarda l'effettiva attuazione, da parte della Turchia, delle disposizioni giuridiche relative, in particolare, ai diritti dell'uomo e alle libertà fondamentali, allo Stato di diritto e alla democrazia. Alla Turchia è inoltre chiesto di eliminare tutti gli ostacoli legislativi e pratici al pieno godimento dei diritti e delle libertà fondamentali da parte di tutti i cittadini turchi, segnatamente la libertà di espressione, la libertà religiosa, i diritti culturali, i diritti delle minoranze in generale e, più in particolare, i diritti del Patriarcato ecumenico e della minoranza greca di Istanbul, Imbros e Tenedos. La Turchia, dovrà poi garantire la piena indipendenza del potere giudiziario e il suo buon funzionamento, rinunciare immediatamente alla tortura e ai maltrattamenti, proseguire risolutamente i suoi sforzi volti a promuovere i diritti delle donne e punire la violenza contro le donne. Pur accogliendo con favore le positive osservazioni del Primo ministro Erdogan circa la necessità di risolvere la questione curda attraverso la via democratica, il Parlamento deplora il degradarsi della situazione della sicurezza nel sud-est del paese. In proposito, ricorda che ulteriori provocazioni o un'escalation della violenza, non solo avrebbero gravi ripercussioni sulla popolazione della regione, ma «costituirebbero un ostacolo nel contesto del processo di negoziato». Nel deplorare la Dichiarazione unilaterale della Turchia in occasione della firma del Protocollo aggiuntivo all'accordo di Ankara con la quale era precisato che la firma del protocollo non implicava un riconoscimento di Cipro, i deputati ricordano alla Turchia che il riconoscimento di tutti gli Stati membri costituisce un elemento necessario del processo di adesione. Inoltre, occorre abolire senza indugio tutte le restrizioni alla libera circolazione dei beni che riguardano Cipro. Inoltre, accolgono con favore l'accordo cui è giunto il sull'assistenza finanziaria per la comunità turco-cipriota. Croazia: riforme giudiziarie, ostacoli all'iniziativa privata e rientro dei profughi Il Parlamento esprime compiacimento per la decisione dell'Unione europea di avviare i negoziati di adesione con la Croazia nell'ottobre 2005, e chiede con urgenza alle autorità del paese di proseguire l'attuazione del programma di riforme, di mantenere la piena collaborazione con il Tribunale penale internazionale e di potenziare le proprie capacità amministrativa e giudiziaria. Nel prendere atto con favore che la Croazia soddisfa i criteri politici, i deputati sottolineano tuttavia che il paese è confrontato ad un determinato numero di sfide importanti nel settore delle riforme giudiziarie e chiedono un potenziamento degli sforzi volti a ridurre la corruzione. Congratulandosi per il fatto che la Croazia può essere considerata un'efficiente economia di mercato, attirano però l'attenzione sull'eccessivo intervento dello Stato nell'economia e sulle complesse disposizioni e le lacune dell'amministrazione pubblica che ostacolano lo sviluppo del settore privato e gli investimenti esteri diretti. Inoltre, accogliendo un emendamento proposto da Pasqualina NAPOLETANO (PSE, IT) e da Roberta ANGELILLI (UEN, IT), in nome dei rispettivi gruppi, il Parlamento chiede alle autorità croate di permettere a tutti i cittadini dell'Unione europea, senza alcuna discriminazione, l'accesso al mercato immobiliare. Due emendamenti presentati dai deputati italiani del gruppo UEN sullo stesso argomento non hanno invece raccolto una sufficiente maggioranza. Uno di questi chiedeva di stabilire «un adeguato risarcimento per i beni non più restituibili agli esuli italiani o di origine italiana, espulsi dalle autorità croate a partire dal 1947». D'altra parte, il Parlamento riconosce che sono stati realizzati progressi nel settore della cooperazione regionale, sia per quanto riguarda le relazioni con i paesi limitrofi della Croazia che per le iniziative regionali e accoglie con favore la decisione adottata recentemente dal governo croato di sottoporre alla ratifica del Parlamento il progetto di accordo sulle frontiere nazionali tra la Repubblica di Croazia e la Bosnia-Erzegovina. Tuttavia, ritiene ancora necessario uno sforzo volto a risolvere i problemi bilaterali, in particolare quelli che riguardano le frontiere e le proprietà. Per i deputati occorrono poi maggiori sforzi per creare condizioni tali da promuovere un definitivo rientro dei profughi e le iniziative tese ad assicurare la riconciliazione tra i vari gruppi etnici. Ex Repubblica jugoslava di Macedonia Il Parlamento accoglie con favore la decisione del Consiglio di accordare alla ex Repubblica jugoslava di Macedonia venga accordato lo statuto di paese candidato, in quanto si tratterebbe «di un meritato riconoscimento per gli sforzi che tale paese ha effettuato» al fine di creare uno Stato e una società stabili, democratici e multietnici, di riformare le proprie strutture giudiziarie e di polizia e di creare una efficiente economia di mercato. D'altra parte, pur constatando con soddisfazione i progressi realizzati, i deputati si dichiarano preoccupati per i ritardi registrati in settori come la libera circolazione dei beni, il diritto della proprietà intellettuale, la politica della concorrenza e il controllo finanziario. Occorrono, inoltre, ulteriori sforzi volti ad applicare la legislazione in vari settori chiave come la giustizia e gli affari interni. L'ex Repubblica jugoslava è anche invitata a trovare, «in modo costruttivo e flessibile», insieme alla Grecia, una rapida soluzione, reciprocamente accettabile, per il problema ancora irrisolto del nome del paese. Per i deputati, d'altra parte, la questione del nome della Repubblica non costituisce un ostacolo alla sua ulteriore integrazione nel consesso europeo. Balcani occidentali: prospettiva europea Il Parlamento sostiene senza riserve le conclusioni del vertice di Salonicco del giugno 2003, in cui i Capi di Stato e di governo hanno ribadito la loro determinazione ad appoggiare pienamente ed efficacemente la prospettiva europea dei paesi dei Balcani occidentali, «che diverranno parte integrante dell'UE una volta soddisfatti i criteri stabiliti». Per i deputati, la strategia d'integrazione europea, con la prospettiva di un'adesione all'UE, deve essere considerata «l'incentivo fondamentale» per realizzare le riforme necessarie ai fini della stabilità e di una pace duratura nei Balcani occidentali, «una regione europea - è notato - che sarà presto interamente circondata da Stati membri dell'UE». Secondo i deputati, d'altra parte, la tabella di marcia di pre-adesione per i Balcani occidentali necessita di un approccio dettagliato e concreto e di un approccio «più politico», basato su misure di incentivo e adattato ai paesi interessati, che condividono deboli istituzioni centralizzate, e che permetta di mantenere la dinamica di riforma sul lungo periodo. La Commissione, inoltre, è incoraggiata a continuare il suo riorientamento dell'assistenza comunitaria in tale regione. Il sostegno UE dovrebbe concentrarsi sullo sviluppo di un efficiente sistema amministrativo e giudiziario, sull'istituzione di sistemi educativi moderni e non discriminatori e sulla promozione di misure di inserzione sociale ed economica per i rimpatriati. Tale assistenza dovrebbe anche servire a perseguire una politica dei visti più orientata al futuro per quanto riguarda tali paesi, incentrata sulla lotta contro la criminalità organizzata senza ostacolare gli scambi transfrontalieri tra le imprese, le parti sociali, il personale accademico e gli studenti. Dall'Albania, i deputati, aspettano risultati tangibili nella lotta contro la corruzione e nella promozione di mezzi di informazione liberi e indipendenti, nonché una modifica della legge elettorale. La Commissione, d'altra parte, dovrebbe aiutare l'Albania a porre fine alle faide familiari che, tra l'altro, impediscono ai bambini di andare a scuola e ad altri di esercitare il proprio diritto al voto. Accogliendo con favore la decisione del Consiglio Affari generali e relazioni esterne di aprire i negoziati per l'accordo di stabilizzazione e associazione (ASA) con la Bosnia-Erzegovina, i deputati chiedono alle autorità di tale paese di rivedere gli accordi costituzionali di Dayton, garantendo che il trasferimento di competenze nei settori della giustizia, della difesa e della polizia venga supportato da adeguate risorse finanziarie e combinando democrazia ed efficienza con rappresentanza e multietnicità. Ricordano, inoltre, che una piena collaborazione con il Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia «resta un requisito fondamentale per i negoziati ASA con l'Unione». Esprimono però rammarico per lo stallo dei negoziati sulla riforma costituzionale. Nel ritenere che, nel quadro dei negoziati per la conclusione di un accordo ASA, vada accordata priorità all'ulteriore riduzione della necessità di una presenza internazionale nel governo della Bosnia-Erzegovina, i deputati chiedono al Consiglio e alla Commissione di preparare accuratamente la transizione verso una situazione in cui non vi sia più la presenza un Alto rappresentante. Per quanto riguarda la Serbia-Montenegro, è preso nota con soddisfazione dei notevoli progressi realizzati dalle autorità di Belgrado per quanto riguarda il Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia. I deputati ricordano, tuttavia, che è indispensabile garantire che la politica del governo per quanto riguarda il Tribunale benefici dell'appoggio incondizionato, a tutti i livelli, dell'amministrazione, della polizia, del potere giudiziario e dell'esercito. Sul Kossovo, il Parlamento accoglie con favore il fatto che i primi colloqui negoziali si siano svolti in un clima di rispetto reciproco, ma esprime preoccupazione per la situazione delle relazioni interetniche e dei diritti delle minoranze. Sottolineando i progressi ma anche le numerose lacune nell'applicazione delle norme ONU, i deputati ricordano poi che la soluzione al problema dello statuto può essere soltanto un Kossovo multietnico, dove tutti i cittadini siano liberi di vivere, lavorare e spostarsi liberamente, e la cui integrità territoriale venga garantita dall'ONU e dall'Unione europea. Link utili Documento 2005 di strategia per l'allargamento della Commissione Riferimenti Elmar BROK (PPE/DE,
DE) |
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Sviluppare la ricerca e l'innovazione, la competitività delle PMI e le reti di trasporto e di energia, mantenendo finanze pubbliche sane. E' questa la ricetta del Parlamento per il successo della Strategia di Lisbona. I deputati condannano anche le misure difensive o protezionistiche prese dai governi a favore di industrie o società nazionali. Chiedono poi misure a favore degli anziani e della natalità, dell'istruzione e della formazione e politiche dell'immigrazione inclusive. Ogni studente dovrebbe poter disporre di un computer entro il 2010. E' inoltre necessario completare il mercato interno dell'energia, rispettare le sue regole e sviluppare le energie rinnovabili. E' anche riconosciuto il ruolo della tecnologia nucleare nella riduzione delle emissioni e della dipendenza energetica. A seguito di un dibattito in Aula tenutosi in Vista del Vertice di primavera del 23-24 marzo, in cui i capi di Stato e di governo dibatteranno della Strategia di Lisbona e del problema dell'approvvigionamento energetico in Europa, il Parlamento - con 431 voti favorevoli, 118 contrari e 55 astensioni - ha adottato una risoluzione promossa da PPE/DE, PSE e ALDE/ADLE. I deputati, anzitutto, osservano con soddisfazione che la strategia di Lisbona rivista si è tradotta nella presentazione da parte di tutti gli Stati membri di piani d'azione nazionali incentrati sui settori prioritari. Per i deputati ciò ha infatti comportato un chiarimento delle responsabilità a livello europeo e nazionale, nonché «una migliore comprensione e condivisione di questo complesso approccio strategico». Si compiacciono, inoltre che, nei loro piani nazionali, molti Stati membri abbiano fatto riferimento ad un partenariato pubblico-privato nella ricerca, nell'istruzione superiore o in altri settori. Tuttavia, la risoluzione rileva che è necessaria una rapida ed efficace attuazione dei programmi di riforma nazionali e sottolinea che la crescita economica richiede, tra l'altro, un quadro di sostegno economico. Per tale ragione, gli Stati membri e l'Unione sono invitati a valutare se i sistemi fiscali e le politiche di ricerca e industriale «abbiano stabilito gli incentivi in modo corretto» e a concordare una strategia di investimento europea coerente, incentrata sulle priorità proposte dalla Commissione. In proposito, i deputati si dicono convinti che la ricerca, l'innovazione, la promozione dello spirito imprenditoriale, il miglioramento della competitività delle PMI e la garanzia di adeguate reti di trasporto, energia e telecomunicazioni «siano concetti fondamentali per attuare la strategia di Lisbona a livello di governance regionale e locale». Il Parlamento, peraltro, «ribadisce vivamente» che gli impegni politici nei confronti di questi settori prioritari «sono incompatibili con le prospettive finanziarie», visto che «comporterebbero tagli sostanziali alle proposte di spesa relative ai programmi di Lisbona e a linee di bilancio di primaria importanza». D'altro lato, ritiene che la stabilità e la sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche costituiscono «una condizione preliminare per raggiungere gli obiettivi della strategia». Il Parlamento, infatti, reputa che esiste «un problema fondamentale di solidarietà tra generazioni» in tutti gli Stati membri che finanziano le spese pubbliche correnti attraverso gli strumenti di prestito. Pertanto, insiste affinché il concetto di sviluppo sostenibile significhi «vietare di imporre alle generazioni future uno spropositato onere del debito». Sottolinea inoltre l'importanza di completare il mercato interno sfruttandone appieno i quattro principi fondamentali e, in questo contesto, ritiene che l'adozione della direttiva sui servizi «è indispensabile per aprire il vasto mercato dei servizi dell'Unione europea e contribuire a una solida economia europea nonché alla creazione di posti di lavoro a lungo termine in conformità con la strategia di Lisbona rivista». D'altra parte, chiedendo agli Stati membri di garantire una rapida e fedele trasposizione della legislazione europea e una sua semplificazione nonché l'efficace attuazione dei programmi nazionali di riforma, il Parlamento reputa un errore porre l'accento unicamente sui temi della competitività e della crescita in quanto tali poiché «il sostegno pubblico alla strategia di Lisbona implica un'effettiva dimensione sociale». Inoltre, adottando un emendamento presentato dall'ALDE/ADLE, si dice fortemente preoccupato quanto alle azioni di un numero crescente di governi nazionali che cercano di prendere o hanno già preso misure difensive o protezionistiche a favore di industrie o società nazionali. Tali misure, per i deputati, rappresentano un attacco nei confronti dei principi fondamentali del mercato interno, in quanto creano ostacoli al diritto di stabilimento dei cittadini di altri Stati membri come anche alla libera circolazione dei capitali nell'ambito della Comunità. La Commissione è quindi invitata ad essere «ben più chiara ed esplicita nel difendere il mercato interno, anche nei settori dell'energia e dei servizi finanziari». I deputati, inoltre, ritengono che un mercato interno funzionante e un efficiente mercato del lavoro all'interno dei 25 Stati membri, «che salvaguardi le norme sociali e ambientali», siano essenziali per liberare il potenziale concorrenziale dell'Europa, la crescita economica e la creazione di posti di lavoro. Gli Stati membri sono quindi invitati a realizzare quanto prima la piena libertà di circolazione dei cittadini e dei lavoratori nell'Unione europea parallelamente a una decisa azione volta a promuovere la qualità del lavoro in tutti i suoi aspetti. Occorre poi attribuire un'elevata importanza allo sviluppo di azioni più incisive contro la povertà e alla promozione dell'inclusione sociale. Il Parlamento ricorda inoltre che la realizzazione delle RTE-T svolgerà un ruolo essenziale nel raggiungimento degli obiettivi fissati nell'agenda di Lisbona. Al fine di sostenere questa crescita, l'Unione europea ha quindi assoluta necessità di reti di trasporto «efficaci, rispettose dell'ambiente e sostenibili», che coprano il trasporto ferroviario, stradale, fluviale e marittimo, nonché di porti ed aeroporti. Tutte le parti interessate sono pertanto invitate a garantire che la realizzazione delle RTE-T «divenga una realtà». E' poi segnalato il potenziale offerto dalle ecoinnovazioni e dalle tecnologie ambientali per la promozione della crescita e dell'occupazione e per produrre effetti positivi sull'occupazione «in vista di uno spostamento dell'onere fiscale dal lavoro all'utilizzo delle risorse e al degrado ambientale». Per i deputati occorre anche ridurre le sovvenzioni pericolose sotto il profilo ambientale. Invecchiamento della popolazione e sfide demografiche Il Parlamento, anzitutto, constata che l'allungamento della speranza di vita, oltre a creare nuove opportunità per le nostre società, rischia di creare conflitti intergenerazionali a causa dei problemi connessi al finanziamento della previdenza sociale e dei regimi pensionistici. Riconoscendo che ogni Stato membro dell'Unione dovrà fare le proprie scelte per quanto riguarda i regimi di previdenza sociale e pensionistici, osserva peraltro che una scarsa crescita economica, un debito eccessivo e un'elevata disoccupazione «acuiranno sensibilmente questa sfida demografica». I cambiamenti demografici, per i deputati, richiederanno una nuova e rafforzata infrastruttura educativa e sociale per i giovani e gli anziani, che preveda migliori offerte per l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita, asili nido a costi ragionevoli, cure infermieristiche e assistenza agli anziani. Nel ricordare che l'ammodernamento dello Stato assistenziale in tutta l'Unione europea «costituisce un imperativo politico», il Parlamento insiste sul fatto che è altresì importante collocare la dimensione sociale delle nostre economie al centro della strategia. Le riforme, è ribadito, devono «promuovere un'economia dinamica e duttile, pur salvaguardando la sicurezza dell'occupazione («flessicurezza»). La società europea, per il Parlamento, deve «cogliere l'opportunità di utilizzare la conoscenza e le competenze di una generazione di cittadini anziani». Occorre quindi mettere a punto ampie "strategie di invecchiamento attivo", che comprendano misure volte a facilitare l'integrazione degli anziani. E' poi necessario attuare idonee misure per le generazioni anziane, affinché esse siano in grado di far fronte alle innovazioni tecnologiche, non siano vulnerabili e soggette all'esclusione sociale e partecipino più attivamente al mercato del lavoro. La Commissione dovrebbe poi rilanciare la propria strategia a favore delle nuove fonti di impiego, soprattutto invitando gli Stati membri a promuovere i servizi di prossimità, i servizi sociali e di assistenza alle persone, i servizi culturali e le professioni legate all'ambiente. In proposito, i deputati, ritengono che iniziative «non burocratiche» come i "chèques services" francesi «possano creare vari posti di lavoro ed eliminare perciò il lavoro in nero». D'altra parte, il Parlamento chiede agli Stati membri di attivarsi per individuare tutti gli ostacoli che si oppongono all'aumento della natalità, compresi quelli che sono estranei all'ambiente di lavoro, come le politiche fiscali, l'accesso al mercato degli alloggi, nonché gli orari delle strutture di accoglienza dei bambini e gli orari di apertura dei negozi. Sottolinea poi che è necessario incoraggiare la flessibilità dell'orario lavorativo per consentire alle persone di conciliare l'attività professionale e la vita familiare. Nel ritenere che gli aspetti dell'evoluzione demografica attinenti alle cure mediche rivestano estrema importanza, il Parlamento si dice convinto che sia importante investire in misure volte a prevenire le malattie di lunga durata e ricorda che «quanto più le persone sono in grado di rimanere attive e di continuare a lavorare, tanto più esse godono di buona salute». I deputati, pur coscienti del fatto che ciò non saranno sufficienti per risolvere tutte le questioni connesse all'evoluzione demografica, ritengono che le politiche dell'immigrazione dovrebbero promuovere un positivo inserimento dei migranti dal punto di vista economico, sociale e giuridico. Il successo della politica di immigrazione legale, infatti, dipende anche dall'applicazione di una vasta strategia per giungere a una piena integrazione, che includa misure di ordine sociale, economico e civico, nonché programmi di preparazione e una formazione linguistica. D'altra parte, il Parlamento sottolinea che le politiche di immigrazione che riservano priorità ai lavoratori qualificati hanno anche l'effetto diretto opposto di indebolire le economie dei paesi d'origine degli immigrati qualificati e che le sfide del cambiamento demografico possono essere risolte solo a breve termine. Tuttavia segnala che dovrebbe essere effettuata una dettagliata valutazione dell'impatto delle politiche di immigrazione che privilegiano i lavoratori qualificati sull'economia dei loro paesi di origine. Ricerca e innovazione Per i deputati, l'innovazione costituisce una delle pietre angolari della creazione di ricchezza, crescita e occupazione, rafforza la competitività dell'Europa e contribuisce alla realizzazione della politica globale di sviluppo durevole. I bilanci dell'UE e degli Stati membri dovrebbero quindi dare effetto alle priorità strategiche di Lisbona rafforzando la capacità d'innovazione e di ricerca ed ampliando l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita dell'Europa, «anche con l'utilizzo di nuovi strumenti finanziari». Rilevando che sono soprattutto le società di medie dimensioni che non investono abbastanza nella ricerca, il Parlamento invita quindi gli Stati a raddoppiare gli sforzi per una politica che incoraggi l'innovazione delle piccole e medie imprese. Inoltre, per rafforzare la capacità delle PMI di creare impieghi, ritiene fondamentale che queste abbiano più facilmente accesso al settimo programma quadro in materia di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione. Nel sottolineare poi l'esigenza di rafforzare gli strumenti finanziari del programma quadro per l'innovazione e la competitività (PIC) gestiti dal Fondo europeo per gli investimenti, i deputati chiedono di rafforzare il finanziamento delle PMI attraverso capitale e garanzie di rischio ed estenderne le attività al finanziamento del trasferimento tecnologico. D'altra parte, constatando che il ritardo dell'Europa in materia di R&S rispetto al Giappone e agli Stati Uniti si traduce nello squilibrio della percentuale dei ricercatori che lavorano nel settore privato (80% negli Stati Uniti, 50% in Europa), il Parlamento chiede misure per migliorare la mobilità dei ricercatori e fornire una migliore infrastruttura al fine di attirare un maggior numero di studenti verso carriere scientifiche. Ma sollecita anche misure volte a fornire alle università europee i mezzi per soddisfare i più elevati standard di ricerca, a potenziare la cooperazione tra università e settori industriale e commerciale ed a garantire migliori comunicazione, divulgazione ed applicazione dei risultati della ricerca. Per garantire la competitività dell'industria europea, inoltre, occorre migliorare la qualità dei servizi di insegnamento e di formazione lungo tutto l'arco della vita facilitando l'accesso all'insegnamento superiore. I sistemi di insegnamento e formazione devono poi porre l'accento sui settori in cui l'Europa manca di personale qualificato e soddisfare le esigenze «e colmare le lacune di un mercato del lavoro e di una società tecnologica in rapido mutamento». D'altro lato, gli Stati membri dovrebbero concentrarsi in via prioritaria sul problema degli abbandoni scolastici a livello primario e secondario. Il Parlamento ritiene poi che tutti i giovani europei debbano essere messi in grado di padroneggiare gli strumenti elettronici e, pertanto, gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché, entro il 2010 al massimo, ogni studente dell'Unione europea abbia a disposizione un computer e l'informatica sia pienamente integrata nei programmi scolastici. Rilevando che i costi elevati per la registrazione dei brevetti europei, la lunghezza e la complessità delle procedure brevettuali costituiscono ostacoli per le imprese, di presentare al più presto possibile una proposta in materia di armonizzazione e riconoscimento delle legislazioni degli Stati membri in materia di brevetti, «al fine di creare una maggiore certezza del diritto e incoraggiare l'innovazione». Infine, osservando come, fra le 20 più grandi imprese di biotecnologia al mondo, figurano 19 società americane e una società svizzera, i deputati reputano che l'UE «non può più permettersi di accumulare altri ritardi in questo settore». Politiche energetiche Per il Parlamento una politica energetica coerente è indispensabile «per garantire la crescita economica in Europa e una prosperità durevole dei cittadini europei». Constata poi che la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, in particolare, costituisce una responsabilità strategica, vista la dipendenza dell'Europa nei confronti dell'energia importata da paesi terzi. Insiste poi sulla necessità di adottare misure volte a garantire un equilibrio a lungo termine tra domanda e offerta. Una visione comune della strategia sulla sicurezza degli approvvigionamenti, per i deputati, dovrebbe inoltre rispettare le disparità geografiche, economiche, regionali, climatiche e strutturali degli Stati membri, promuovere un'ulteriore apertura dei mercati nell'UE, essere coerente con gli impegni in materia di sviluppo sostenibile e cambiamenti climatici nell'ambito del settore energetico e portare valore aggiunto rispetto all'azione dei singoli Stati membri. La Commissione è quindi invitata a adottare misure molto più decise onde garantire fonti energetiche competitive e prive di emissioni di CO2 o con poche di esse, nonché un approvvigionamento energetico rispettoso dell'ambiente e sufficientemente diversificato per evitare un'eccessiva dipendenza da un'unica fonte di energia. Il Parlamento si attende quindi che le conclusioni del Consiglio europeo di primavera sulle questioni energetiche portino particolare attenzione alle azioni concrete nel settore del risparmio energetico, dell'efficienza delle risorse e a un'ulteriore promozione dell'energia rinnovabile, contribuendo quindi agli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra del Protocollo di Kyoto e oltre. Chiede poi con insistenza che la ricerca e lo sviluppo e l'innovazione in materia energetica «restino una priorità» e pertanto gli Stati membri devono impegnarsi per aumentare il finanziamento della R&S e a creare uno spazio europeo della ricerca energetica. L'Unione europea dovrebbe inoltre investire notevoli risorse nella messa a punto di tecniche più pulite ed efficaci – come il carbone pulito e la cattura della CO2 – in nuove fonti energetiche e nel miglioramento della sicurezza nucleare. Il Parlamento chiede anche maggiori sforzi per garantire che gli Stati membri applichino l'attuale legislazione relativa al mercato interno dell'energia e che siano pienamente raggiunti gli obiettivi fissati per le energie rinnovabili, i biocombustibili e l'efficienza energetica. Per i deputati, la mancanza di interconnessioni fra le infrastrutture degli Stati membri è d'ostacolo al mercato unico e chiedono quindi agli Stati membri di completare le reti transeuropee energetiche al fine di affrontare il problema. Inoltre, deplorano l'intenzione del Consiglio europeo di ridurre gli stanziamenti a favore delle reti transeuropee chiesti dal Parlamento europeo nel quadro delle prossime prospettive finanziarie. E' poi sottolineata l'importanza del completamento del mercato interno, «in condizioni di concorrenza adeguate e non discriminatorie» ed è chiesto di proseguire la liberalizzazione dei mercati energetici entro il 2007. La Commissione è inoltre invitata a «reagire con vigore» alle posizioni dominanti sul mercato e alle imperfezioni del mercato nonché a presentare proposte di azioni concrete per combattere questa situazione. Il Parlamento ricorda che l'Europa beneficia di una conoscenza, riconosciuta a livello mondiale, nel settore dell'energia nucleare, «che costituisce una delle risposte alla dipendenza energetica e al cambiamento climatico». Questa conoscenza, è precisato, riguarda in particolare l'efficienza e la qualità degli impianti di produzione, nonché il processo di bonifica ("ritorno all'erba", secondo la terminologia AIEA). Riconosce quindi il ruolo che l'energia nucleare svolge attualmente nel mantenere la sicurezza dell'approvvigionamento elettrico in quanto parte significativa del mix energetico. Ma anche al fine di evitare emissioni stimate a 312 milioni di tonnellate di CO2 all'anno (7% delle emissioni globali di gas a effetto serra nell'UE). In proposito, nota che le attuali stime prevedono un aumento del 12% delle emissioni di CO2 dell'UE entro il 2020, ben al di sotto dell'obiettivo di riduzione dell'8% previsto da Kyoto. La sicurezza energetica, tuttavia, non potrà essere garantita a lungo termine senza un maggior ricorso alle energie rinnovabili che sia effettuato in modo razionale dal punto di vista economico e ambientale. Pur riconoscendo che le fonti energetiche rinnovabili possono tecnicamente assicurare una limitata quota di forniture energetiche, il Parlamento invita la Commissione europea a stabilire incentivi orientati sul mercato affinché le fonti di energia rinnovabile divengano quanto prima redditizie ed a contribuire ad estendere l'utilizzo dell'idrogeno come fonte di energia ecologica e sostenibile affinché la dipendenza dell'Unione nei confronti dei paesi esportatori politicamente instabili sia a lungo termine ridotta. Per i deputati, inoltre, l'agricoltura europea potrebbe trovare nuovi mercati grazie alla promozione di colture utilizzate per produrre biocombustibili. E' poi richiamata l'attenzione sugli esempi esistenti in Europa in materia di utilizzo della biomassa a fini di riscaldamento e di approvvigionamento di elettricità, evidenziando così le capacità esistenti in materia di energie di sostituzione e l'interrelazione tra energia, ambiente e agricoltura, a vantaggio dell'interesse dei cittadini e della loro qualità di vita, nonché sui settori economici interessati, nel quadro di uno sviluppo durevole. Link utili
Comunicazione della Commissione Riferimenti
Risoluzione
sul contributo al Consiglio europeo di primavera 2006 in relazione
alla strategia di Lisbona |
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Il Parlamento chiede di sanzionare le imprese che, entro sette anni dall'aver beneficiato di aiuti pubblici, delocalizzano le loro attività. E' poi chiesto di non sostenere le pratiche che non concorrono alla coesione e all'obiettivo strategico della piena occupazione. Sollecitando maggiori fondi UE a favore dell'occupazione, della formazione e l'innovazione, sono anche chieste misure per evitare la caccia alle sovvenzioni e la definizione di una lista nera delle imprese che violano le norme. La relazione d'iniziativa di Alain HUTCHINSON (PSE, BE) approvata dal Parlamento sottolinea anzitutto «la gravità delle delocalizzazioni di imprese in diversi paesi dell'Unione europea». Tale fenomeno, secondo i deputati, può riguardare non soltanto le industrie cosiddette tradizionali con elevata intensità di manodopera, ma anche industrie con elevata intensità di capitale e il settore dei servizi. D'altra parte, notando che la scelta di delocalizzare, talune volte, non è affatto correlata a problemi di produttività, di efficienza o di redditività economica, il Parlamento sollecita il rispetto e l'attuazione degli obiettivi di coesione economica, sociale e territoriali e degli obiettivi strategici della piena occupazione. Chiedi quindi che non siano sostenute finanziariamente dall'UE le pratiche che non concorrono alla realizzazione di tali obiettivi quali, appunto, le delocalizzazioni immotivate sotto il profilo della redditività o che comportano notevoli soppressioni di posti di lavoro. La Commissione e gli Stati membri devono invece impegnarsi nell'adozione di provvedimenti volti a prevenire le potenziali incidenze negative delle delocalizzazioni sullo sviluppo economico nonché «i drammi sociali» riconducibili alle perdite occupazionali dirette o indirette da esse causate nelle regioni dell'Unione europea che lamentano chiusure di imprese e le cui capacità di riconversione siano modeste o inesistenti. Il ruolo dei Fondi strutturali e degli aiuti pubblici Al contempo, i deputati ricordano l'importante ruolo che possono svolgere i fondi strutturali e di coesione europei, a condizione che questi promuovano la coesione e la solidarietà tra gli Stati membri e che «massimi sforzi» siano compiuti prioritariamente nelle regioni che soffrono di ritardi nello sviluppo economico. Ai loro occhi, inoltre, la Commissione deve adottare tutti i provvedimenti necessari affinché la politica regionale europea non costituisca un incentivo alla delocalizzazione di imprese. Per tale ragione, riconoscono che la proposta, contestuale alla riforma dei Fondi strutturali, tesa «a punire» le imprese che, pur avendo usufruito di un aiuto finanziario dell'UE, delocalizzano le loro attività in un arco di sette anni a decorrere dalla concessione dell'aiuto, sia «una prima misura indispensabile per promuovere la coesione economica, sociale e territoriale dell'UE». Inoltre, chiedono che le imprese che si delocalizzano all'interno dell'Unione dopo aver beneficiato di aiuti pubblici o quelle che hanno licenziato il personale del loro stabilimento d'origine senza rispettare le legislazioni nazionali ed internazionali, non possano usufruire degli aiuti pubblici per il loro nuovo luogo di attività. Tali imprese dovrebbero anche essere escluse in futuro dal beneficio dei Fondi strutturali o da quello degli aiuti statali per un periodo di sette anni a decorrere dalla delocalizzazione. La Commissione è poi invitata a subordinare la concessione ed il mantenimento di aiuti pubblici, a carico del bilancio dell'Unione o degli Stati membri, ad impegni precisi nel settore dell'occupazione e dello sviluppo locale che vincolino sia i responsabili dell'impresa sia le autorità locali, regionali e nazionali interessate. I Fondi europei dovrebbero inoltre essere utilizzati in modo efficiente e mirato, sostenendo la formazione professionale e la riconversione dei lavoratori nelle regioni colpite dalle ristrutturazioni o delocalizzazioni. Occorre anche un loro potenziamento volto a promuovere la creazione di posti di lavoro, lo sviluppo economico sostenibile, l'insediamento di nuove imprese creatrici di impieghi e il miglioramento della produttività. Inoltre, l'utilizzo di fondi comunitari, e soprattutto i finanziamenti all'industria e quelli contestuali al Fondo sociale europeo, dovrebbero essere soggetti a regole specifiche riguardanti l'innovazione, lo sviluppo locale, l'occupazione nonché l'impegno assunto dalle imprese beneficiarie di tali fondi di produrre nel lungo periodo all'interno del territorio dell'Unione europea. Il Parlamento appoggia, peraltro, la proposta della Commissione finalizzata alla creazione di un Fondo di adeguamento alla globalizzazione teso a prevenire ed affrontare gli choc economici e sociali risultanti dalle ristrutturazioni e delocalizzazioni. A loro parere, tale fondo, dovrà essere alimentato in modo sufficiente per far fronte alle missioni che gli saranno conferite. Giova ricordare che, lo scorso 1° marzo, l'Esecutivo ha proposto che il Fondo sia dotato di 500 milioni di euro all'anno. D'altra parte, il Parlamento si compiace che la Commissione ha adottato disposizioni di adeguamento dei nuovi orientamenti sugli aiuti statali a finalità regionale per integrare disposizioni che prevedono il rimborso degli aiuti da parte delle imprese che non rispettano le condizioni correlate con tali aiuti e che trasferiscano la loro sede di attività all'interno o, soprattutto, all'esterno dell'UE. Rileva inoltre che, in detti orientamenti, è stato inserito un sistema che consente di concedere aiuti pubblici, come misura d'emergenza, nel caso di rilevanti perdite di posti di lavoro anche se la regione o la località interessate non sarebbero normalmente ammissibili a tali aiuti. I deputati, inoltre, richiamano l'attenzione della Commissione sull'importanza di corredare tali aiuti di solide garanzie in materia di occupazione a lungo termine nonché di crescita regionale. E chiesto poi di definire un codice di condotta europeo onde evitare trasferimenti di imprese o delle loro unità di produzione in un'altra regione o paese dell'UE nel solo intento di ottenere un aiuto finanziario europeo. L'Esecutivo e gli Stati membri, parallelamente, dovrebbero predisporre un elenco delle imprese che violano le norme in materia di aiuti pubblici o di fondi comunitari procedendo a trasferimenti di attività all'interno o all'esterno dell'UE, «in spregio dell'obbligo di perennità delle operazioni di cui nelle pertinenti regolamentazioni». Monitoraggio delle delocalizzazioni I deputati raccomandano alla Commissione di seguire scrupolosamente gli attuali processi di chiusura e di delocalizzazione di imprese e di esigere la restituzione degli aiuti concessi nei casi di uso scorretto. In mancanza di un migliore coordinamento dei sistemi sociali nazionali, a loro parere, occorre il rapido varo di una strategia europea globale di prevenzione, inquadramento e monitoraggio delle delocalizzazioni di imprese all'interno ma anche all'esterno dell'Unione. In tale contesto, il parlamento chiede che la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro di Dublino sia incaricata di svolgere una missione di studio, valutazione (compresa la determinazione del numero di posti di lavoro creati e perduti sotto il profilo qualitativo) e monitoraggio del fenomeno delle delocalizzazioni «al fine di oggettivarne le incidenze socioeconomiche sulla politica di coesione, sull'assetto territoriale e sullo sviluppo regionale», nonché di esporre i risultati ed avanzare proposte concrete al Parlamento sotto forma di relazioni periodiche. Negoziati internazionali e produzione su licenza La Commissione è sollecitata ad attivarsi per inserire clausole sociali nei trattati internazionali, sulla base delle cinque Convenzioni dell'OIL ritenute prioritarie, vale a dire per quanto riguarda il diritto di organizzazione, la libertà di assemblea, il divieto del lavoro minorile e coatto nonché il divieto di discriminazione. All'applicazione di queste clausole, per i deputati, andrebbero anche affiancate azioni positive ed incentivi a favore dei paesi e delle imprese che le rispettano. Queste tematiche, inoltre, dovrebbero urgentemente essere reinserite nell'ordine del giorno della Conferenza interministeriale dell'OMC, nell'ambito della quale, andrebbe insediata una commissione per il commercio e i diritti dell'uomo che si occupi, in particolare, di questioni connesse con i diritti umani nel mondo del lavoro. Il Parlamento si dice poi convinto che una maggiore trasparenza riguardante tutti i luoghi di produzione e le vigenti norme sul lavoro «potrebbe contribuire ad influenzare gli acquirenti e i consumatori nella loro scelta di consumo». Link utili Proposta di regolamento sul Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione Riferimenti
Alain
HUTCHINSON (PSE, BE) |
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Le ristrutturazioni aziendali possono creare ricchezza, ma vi si deve ricorrere per salvare i posti di lavoro o migliorare la competitività delle imprese. E' quanto afferma il Parlamento in una relazione che sollecita l'UE a stanziare le risorse necessarie per meglio anticipare e accompagnare le ristrutturazioni ed i loro effetti sociali. Per i deputati, la partecipazione dei dipendenti al capitale della loro impresa può costituire un adeguato strumento per coinvolgerli maggiormente nelle decisioni preliminari alle ristrutturazioni. Chiedono poi un corretto uso dei fondi comunitari per evitare il "turismo delle sovvenzioni" e una riforma degli aiuti di Stato. E’ anche necessario investire di più nella ricerca e agevolare la mobilità dei lavoratori. Le ristrutturazioni, oltre che una forma specifica di mutazione economica, «possono costituire un processo subitaneo e coatto di adattamento di un'impresa all'evolvere dei bisogni dei consumatori nonché alle esigenze imposte dal contesto economico globalizzato, nell'intento di consentirle di restare o ridiventare competitiva». E' quanto afferma la relazione adottata dal Parlamento con 463 voti favorevoli, 142 contrari e 58 astensioni. Per i deputati, le imprese ed i lavoratori devono quindi continuamente adattarsi per generare crescita ed occupazione. Peraltro, le ristrutturazioni sono «fondamentali» anche per il processo di creazione della ricchezza e per l'innalzamento del livello di vita e, se sono correttamente anticipate e gestite efficacemente e rapidamente dalle imprese, non debbono quindi essere sinonimo di «regresso sociale e perdita di sostanza economica». D'altro lato, la relazione di Jean Louis COTTIGNY (PSE, FR) precisa che le ristrutturazioni delle imprese dovrebbero essere poste in atto soltanto se giustificate, «ossia per salvare i posti di lavoro o migliorare la competitività e lo sviluppo economico delle imprese». I deputati, poi, ritengono che le parti sociali e i poteri pubblici devono svolgere un ruolo essenziale nell'accompagnamento delle ristrutturazioni. A livello globale, con la creazione di nuovi posti di lavoro e, a livello individuale, fornendo ai lavoratori interessati possibilità per adeguarsi a una nuova attività, «segnatamente tramite azioni di formazione, ma anche nella loro anticipazione e nella ricerca di soluzioni alternative». Accogliendo a larghissima maggioranza un emendamento proposto dal PSE, il Parlamento invita la Commissione a presentare una proposta relativa alla 14a direttiva sul diritto del lavoro per quanto concerne il trasferimento transfrontaliero della sede sociale delle società di capitali, «fermo restando che lo spostamento della sede non deve servire ad indebolire i diritti dei lavoratori». Uno dei principi fondamentali e obiettivo dichiarato di questa direttiva, precisano i deputati, deve essere, in particolare, «la garanzia dei diritti acquisiti dei lavoratori per quanto concerne la loro partecipazione alle decisioni dell'impresa (diritto di cogestione)». In proposito, il Parlamento ritiene che la partecipazione dei dipendenti al capitale della loro impresa «possa costituire un adeguato strumento per coinvolgerli maggiormente nelle decisioni preliminari alle ristrutturazioni». Pertanto le parti sociali, ma anche la Commissione e gli Stati membri, sono invitati a progredire in tale dibattito ed a reiscrivere tale argomento all'ordine del giorno in occasione della grande discussione sul futuro dell'Europa sociale. Miglior utilizzo dei fondi comunitari e maggiori investimenti nella ricerca Per i deputati, le difficoltà delle imprese obbligate a ristrutturarsi sono, il più delle volte, riconducibili alla liberalizzazione degli scambi internazionali, oltre che alla capacità delle imprese a prepararsi e preparare il loro personale ai processi di ammodernamento e di ristrutturazione. Visto che l'UE promuove l'apertura dei mercati, i deputati riengono quindi che la Comunità debba proporre misure e risorse finanziarie per meglio anticipare e accompagnare le ristrutturazioni e le loro conseguenze sociali ». E’ per questa ragione che propongono di orientare maggiormente i programmi finanziari per gli anni 2007-2013 all'anticipazione e alla gestione delle ristrutturazioni. Ai fondi strutturali a finalità regionale e sociale deve pertanto essere assegnata una dotazione finanziaria adeguata a queste ambizioni. D’altra parte, al fine di garantire un corretto impiego dei fondi comunitari ed evitare che siano dirottati verso altre finalità o che possano partecipare al finanziamento delle delocalizzazioni, i deputati sollecitano una migliore verifica e rintracciabilità di questi fondi. In particolare, chiedono che, soprattutto per evitare un «turismo delle sovvenzioni», le imprese beneficiarie di fondi dell'Unione che delocalizzano la loro produzione non possano nuovamente usufruire di tali fondi per un periodo stabilito di sette anni e possano vedersi chiedere il loro rimborso. I deputati, poi, ritenendo che la scarsa crescita in Europa e la scarsa competitività delle imprese sono dovute in parte alla insufficienza degli investimenti produttivi e nella ricerca, reputano quindi opportuno che l'UE, oltre che preservare le condizioni lavorative, promuova e sostenga la capacità d'investimento delle imprese nonché l'innovazione e la ricerca di nuove prospettive creatrici di imprese. Il Parlamento, inoltre, sollecita una riforma degli aiuti statali per riorentarli verso i settori che contribuiscono di più alla crescita e all'occupazione, «evitando pertanto che essi servano a finanziare le delocalizzazioni o ristrutturazioni immotivate». Più attenzione agli effetti nascosti delle ristrutturazioni La relazione pone poi l'accento sul fatto che le persone più colpite dalle ristrutturazioni sono i dipendenti licenziati e che «occorre dedicare loro gli aiuti in via prioritaria». Inoltre, insiste sulla necessità di dare maggiore considerazione agli "effetti nascosti" delle ristrutturazioni, come per esempio quelli sulla salute dei lavoratori. Presso le persone minacciate direttamente dai licenziamenti sono state infatti registrate patologie mediche e disturbi psicologici, mentre il loro tasso di mortalità nel corso dei primi cinque anni successivi al licenziamento è due volte superiore a quello dei dipendenti non licenziati. Per tali ragioni, gli aiuti non vanno limitati al solo aspetto strutturale ma occorre tenere conto anche della «dimensione umana». Fra gli aspetti nascosti delle ristrutturazioni, i deputati condannano poi, il metodo di prepensionamento dei dipendenti, quelli meno occupabili a causa dell'età, «in quanto ciò comporta notevoli costi finanziari per la società, la perdita delle loro competenze professionali nonché un assurdo rischio di penuria di manodopera». Mobilità dei lavoratori e riconoscimento dei diplomi La relazione sottolinea che, in Europa, la mobilità dei lavoratori è eccessivamente ridotta, per cui il potenziale disponibile di attività risulta insufficientemente sfruttato. Inoltre, accade spesso che i lavoratori disposti a svolgere la loro attività all'estero vengono trattenuti a causa di ostacoli amministrativi e linguistici. Per questo motivo, i deputati chiedono all'UE di sostenere la mobilità geografica delle imprese e la mobilità dei lavoratori onde valorizzare al meglio ogni tipo di manodopera disponibile. Occorre poi rimuovere gli ostacoli amministrativi e linguistici che si frappongono alla mobilità. D'altra parte, il Parlamento invita gli Stati membri a compiere urgenti progressi in sede di adozione dei provvedimenti di mutuo riconoscimento dei diplomi contestuali alla formazione professionale nonché in sede di certifica delle qualifiche atipiche e di riconoscimento dell'esperienza. E' anche necessario varare programmi d'azione tesi ad appoggiare i lavoratori licenziati e, quanto prima possibile, accordare aiuti per la formazione permanente e la riconversione. Link utili
Comunicazione
della Commissione del 31 marzo 2005:
Ristrutturazioni e occupazione - Anticipare e accompagnare le
ristrutturazioni per ampliare l'occupazione: il ruolo dell'Unione
europea Riferimenti Jean Louis COTTIGNY (PSE,
FR) |
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Il Parlamento chiede misure di sostegno e di prevenzione contro la tratta a scopo sessuale degli esseri umani, in particolare di donne e bambini. Con una risoluzione sulla prostituzione forzata in occasione di eventi sportivi internazionali, come i Mondiali di calcio, adottata a larga maggioranza, promuove inoltre l'avvio di campagne informative destinate alle possibili vittime e a ridurre la domanda. I deputati chiedono anche l'istituzione di una Giornata contro la tratta degli esseri umani. L'esperienza dimostra che i grandi eventi sportivi cui partecipa un elevato numero di persone provocano una crescita temporanea spettacolare della domanda di prestazioni sessuali. Il Parlamento, con una risoluzione adottata in vista dei prossimi Mondiali di calcio che si terranno in Germania, condanna la tratta delle persone, in particolare di donne e bambini, a fini di sfruttamento sessuale o di altre forme di sfruttamento definendolo «una delle espressioni più clamorose di violazione dei diritti umani». Inoltre, ritiene che la prostituzione coatta costituisce un grave problema, «nefasto non soltanto per le donne e i minori ma anche per la società nel suo insieme». Per tale motivo i deputati plaudono alla campagna lanciata dal Consiglio nazionale delle donne tedesche, sollecitano una cooperazione transnazionale e sottolineano la necessità di una campagna integrata a livello europeo. Chiedono pertanto agli Stati membri di lanciare e promuovere la suddetta campagna in stretta collaborazione con tutte le parti interessate, le ONG, la polizia, le associazioni e le organizzazioni sportive, le chiese, i servizi sanitari e sociali. Commissione europea e Stati membri sono inoltre sollecitati a lanciare una campagna a livello europeo nel corso di eventi sportivi internazionali per informare e educare il pubblico, e in particolare gli sportivi e i tifosi, su tale questione. Ma l'obiettivo principale è di ridurre la domanda attraverso una sensibilizzazione dei potenziali clienti. Per il Parlamento, nella maggior parte dei casi, le donne vittime della tratta cadono nella rete della criminalità organizzata «spesso ingannate da false promesse di un lavoro legittimo, per poi essere costrette a prostituirsi». Ritiene quindi che occorre avviare una campagna di prevenzione a favore delle vittime potenziali, per informarle sul rischio che corrono di restare «intrappolate nelle reti di tratta e pertanto finire vittime della prostituzione forzata e dello sfruttamento sessuale», nonché per informarle dei loro diritti e delle sedi presso cui ottenere assistenza nei paesi di destinazione. Per quanto riguarda la prossima Coppa del Mondo di calcio, la risoluzione sollecita la Germania e gli Stati membri a creare un servizio di assistenza telefonica multilingue e una campagna di comunicazione visibile intesa a fornire informazioni, consulenza, alloggi sicuri e assistenza legale alle donne, ai bambini e ad altre vittime costrette alla prostituzione. Inoltre, esorta il Comitato Olimpico Internazionale, la FIFA, la UEFA, la Lega Calcio Tedesca e/o altre associazioni, nonché gli sportivi stessi a manifestare il loro appoggio alla campagna "Cartellino rosso" e a pronunciarsi chiaramente contro il traffico e la prostituzione forzata. Tratta di esseri umani I deputati rinnovano la loro richiesta di istituire, già da quest'anno, una Giornata contro la tratta di esseri umani, per sensibilizzare l'opinione pubblica su questa questione, e di attivare linee telefoniche di assistenza gratuita. Inoltre, ricordano la necessità di raccogliere dati sulla tratta di esseri umani a livello di Unione e, a tal fine, di coinvolgere strettamente Europol e Eurojust. Gli Stati membri sono poi esortati a ratificare la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, che sancisce le norme minime per la tutela delle vittime della tratta a scopo di sfruttamento sessuale, nonché a dare attuazione alla direttiva del Consiglio sui titoli di soggiorno per le vittime della tratta di esseri umani. Infine, la risoluzione esorta tutti gli Stati membri che non hanno rispettato il termine del 1° agosto per la trasposizione della decisione quadro del Consiglio relativa alla lotta contro la tratta degli esseri umani, ad attivarsi immediatamente per assicurarne l'attuazione. In proposito, invita la Commissione e il Consiglio a elaborare quanto prima la relazione di valutazione prevista dalla suddetta decisione. Link utili
Seminario
sulla prostituzione forzata - Nota di background (versioni
francese e
inglese) Riferimenti
Risoluzione
sulla prostituzione coatta in occasione di eventi sportivi
internazionali |
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Un Istituto europeo per garantire la parità uomo-donna Pur appoggiando caldamente la creazione di un Istituto europeo per l'uguaglianza di genere, il Parlamento chiede di ampliarne le competenze per assumere un ruolo più attivo. All'Istituto spetterà anzitutto analizzare i dati disponibili e stimolare la ricerca di nuovi. Dovrà istituire e coordinare una Rete europea per lo scambio di informazioni e sensibilizzare i cittadini, ma anche diffondere buone prassi e fornire consulenze a enti pubblici e privati nonché raccomandazioni alle istituzioni UE. La proposta della Commissione, elaborata dopo una lunga gestazione che ha consentito un esame approfondito della questione, intende costituire un’agenzia operante come centro di eccellenza a livello europeo, autonoma nell’adempimento dei propri compiti e dotata delle competenze necessarie ad operare come sostegno tecnico delle istituzioni della Comunità e degli Stati membri nella lotta contro le discriminazioni fondate sul sesso. Con 362 voti favorevoli, 263 contrari e 18 astensioni, il Parlamento ha adottato, in prima lettura della procedura di codecisione, la relazione di Lia SARTORI (PPE/DE, IT) e Lissy GRÖNER (PSE, DE) che suggerisce numerose modifiche al testo della Commissione. Anzitutto, per quanto riguarda gli obiettivi generali dell'Istituto, oltre al ruolo di assistenza nella lotta contro le discriminazioni, sono aggiunti la «promozione dell’uguaglianza di genere» e la sensibilizzazione dei cittadini dell'UE su queste tematiche. L'Istituto, secondo i deputati, dovrebbe diventare operativo «quanto prima» e comunque non oltre 12 mesi dall'entrata in vigore del regolamento. A tale proposito, la Presidenza austriaca ha espresso l'auspicio che si trovi presto un accordo sulla sede dell'Istituto affinché possa cominciare la sua attività nel 2007. L'Istituto potrà contare su una dotazione finanziaria di 52,5 milioni di euro per il periodo dal 2007 al 2013 e impiegherà inizialmente 15 persone alle quali se ne aggiungeranno progressivamente altrettante entro il 2013. I compiti dell'Istituto I compiti da affidare all'Istituto sono numerosi e di diversa natura. I deputati completano e chiariscono alcuni di essi, ma ne introducono anche di nuovi per conferirgli un ruolo più attivo nelle politiche volte alla promozione dell'uguaglianza di genere. A loro parere, al fine di creare uno specifico valore aggiunto, il principale compito dell'Istituto deve essere quello di analizzare informazioni obiettive, attendibili e comparabili relative all'uguaglianza di genere, compresi i risultati delle ricerche e le migliori prassi. Occorre inoltre che l'Istituto evidenzi i settori per i quali si dispongono di poche informazioni e suggerisca iniziative per colmare le lacune. Dovrà poi cooperare con Eurostat e con tutti gli organismi statistici competenti al fine di sviluppare metodi per migliorare la comparabilità, l'obiettività e l'attendibilità dei dati a livello europeo, «definendo criteri atti a migliorare la coerenza delle informazioni, affinché tali organismi tengano conto delle questioni di genere nella raccolta dei dati». L'Istituto, inoltre, dovrà apprestare, analizzare, valutare, diffondere e promuovere l'uso di strumenti metodologici a sostegno dell’integrazione dell’uguaglianza di genere in tutte le politiche della Comunità e nelle risultanti politiche nazionali ma dovrà anche sostenere l'integrazione della dimensione di genere in tutte le istituzioni e gli organi comunitari. L'Istituto dovrà anche condurre indagini sulla situazione dell'uguaglianza di genere in Europa. Per i deputati, inoltre, dovrà istituire e coordinare una Rete europea sull'uguaglianza di genere finalizzata a sostenere e incoraggiare la ricerca, ottimizzare l'uso delle risorse disponibili e promuovere lo scambio e la diffusione di informazioni. Questa rete, è precisato, dovrà vedere la partecipazione di centri di ricerca, organismi, organizzazioni, esperti che trattano delle problematiche dell'uguaglianza di genere e dell'integrazione della dimensione di genere. Oltre a questo scambio di informazioni "telematico", potrà organizzare delle riunioni ad hoc di esperti, su argomenti specifici caratterizzati da una carenza di conoscenze, a sostegno del suo lavoro di ricerca e per promuovere lo scambio di informazioni tra i ricercatori e garantire che una prospettiva di genere sia sempre inclusa nella loro ricerca. La costituzione di questa rete porta il Parlamento a ridefinire il ruolo del Forum consultivo proposto dalla Commissione per integrare i nuovi compiti dell'Istituto ed assicurare il controllo e il coordinamento della loro attuazione. Tra i suoi compiti appare anche l'organizzazione e la promozione di conferenze, campagne e riunioni a livello europeo, dirette a sensibilizzare i cittadini dell'Unione in materia di uguaglianza di genere. Per conseguire i suoi obiettivi, l'Istituto dovrà anche diffondere informazioni «sulle conquiste delle donne in tutti i settori della società» e proporre politiche ed iniziative «volte a pubblicizzare e valorizzare tali esempi di successo». Oltre a ciò dovrà anche sviluppare il dialogo e la cooperazione con le organizzazioni non governative e organizzazioni per le pari opportunità, università ed esperti, centri di ricerca, parti sociali e enti affini attivi nel settore della parità a livello nazionale ed europeo. D'altra parte, l'Istituto dovrà fornire alle organizzazioni pubbliche e private delle consulenze sull'integrazione della dimensione di genere in tutte le politiche, diffondere esempi di buone prassi e presentare raccomandazioni e orientamenti alle Istituzioni comunitarie affinché queste possano integrare efficacemente la dimensione di genere nella legislazione. A queste Istituzioni, inoltre, dovrà fornire informazioni sull'uguaglianza di genere e sull'integrazione della parità tra i sessi nei paesi di prossima adesione e in quelli candidati. Un Consiglio d'amministrazione con un numero sufficiente di donne I deputati propongono profonde modifiche all'approccio della Commissione per la nomina dei membri del Consiglio d'amministrazione, reclamando maggiori prerogative per il Parlamento e precisando che occorre una presenza sufficiente di donne tra i suoi membri. Più in particolare, il consiglio di amministrazione dovrà comporsi di nove membri nominati dal Consiglio di concerto con il Parlamento europeo, sulla base di un elenco stilato dalla Commissione, che comprende un numero di candidati considerevolmente più elevato del numero di membri da nominare, nonché di un rappresentante della Commissione. L'elenco stilato dalla Commissione dovrà essere trasmesso al Parlamento europeo che, entro tre mesi, ha la facoltà di invitare i candidati a un'audizione al fine di poter sottoporre il suo punto di vista alla valutazione del Consiglio, che poi procede alle nomine. La proposta originaria, invece, prevedeva sei rappresentanti del Consiglio e sei della Commissione nonché tre membri delle parti sociali senza, però, diritto di voto. I deputati, inoltre, precisano che Commissione, Parlamento europeo e Consiglio devono mirare a realizzare una pari rappresentanza di donne e uomini. Pertanto, dovranno provvedere «affinché nessuno dei due sessi rappresenti meno del 40% dei membri del consiglio di amministrazione». I membri del consiglio di amministrazione dovranno in ogni modo essere selezionati in maniera tale da garantire i massimi livelli di competenza e un’ampia serie di capacità transdisciplinari in materia di uguaglianza di genere. Link utili
Proposta della Commissione Riferimenti
Lissy
GRÖNER (PSE, DE) e Lia SARTORI (PPE/DE, IT) |
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La Commissione agirà con fermezza contro le interferenze ingiustificate dei governi nei processi di fusione. E' quanto ha dichiarato Neelie KROES all'Aula, sostenendo che la concorrenza favorisce la competitività delle imprese, a vantaggio dei cittadini e dei consumatori e garantendo l'occupazione. Molti deputati italiani hanno stigmatizzato la mossa francese per impedire la fusione tra Enel e Suez e invocato un intervento più deciso della Commissione per garantire il rispetto delle norme UE. Dichiarazione della Presidenza Hanks WINKLER si è detto convinto che la Commissione applicherà le regole comunitarie con grande senso di responsabilità e gli studi settoriali rappresentano una base essenziale. L'economia è dinamica, ha aggiunto, e le aziende devono prepararsi al futuro per restare competitive. Il Segretario di Stato ha poi ricordato che esistono 23 milioni di aziende in Europa, di cui il 90% sono piccole e medie imprese che occupano l'80% dei lavoratori. La competitività ha quindi notevoli effetti anche sull'occupazione. D'altra parte, la concorrenza non può essere distorta, poiché sta alla base del successo economico dell'Unione. Le riorganizzazioni sono nondimeno da accogliere con favore se sono conformi alle regole della concorrenza e migliorano la competitività delle aziende. Il dibattito, ha aggiunto, è legato a recenti esempi nel settore energetico, ma ai cittadini interessa che i prezzi non siano influenzati dall'assenza di concorrenza e che i posti di lavoro siano garantiti dalla competitività delle imprese. Ha quindi ricordato che i trattati parlano di concorrenza efficace nel mercato interno ed ha ribadito che è essenziale contare sulla legalità e la prevedibilità delle decisioni. Dichiarazione della Commissione Neelie KROES ha affermato che l'Unione europea fiorisce smantellando le barriere e non costruendole, poiché il mercato interno è favorevole alla crescita e all'occupazione. La Commissione, ha quindi aggiunto, esprime preoccupazione di fronte a governi che, direttamente o indirettamente, interferiscono indebitamente in processi di ristrutturazioni transfrontalieri ed ha ricordato che il Trattato vieta impedimenti alla libera circolazione dei capitali e alla libertà di stabilimento. Negare le fusioni per principio oppure non applicare le norme UE per evitare la concorrenza, ha affermato, significa «restringere la capacità delle imprese di adattarsi ai cambiamenti e alle sfide». L'industria deve quindi poter agire a livello transfrontaliero. Inoltre, le fusioni, che vanno esaminate caso per caso, aumentano la competitività e vanno a beneficio dei consumatori che possono così contare su prezzi inferiori. Ricordando la recente adozione del Libro Verde sull'energia ha sottolineato che occorre un mercato interno dell'energia competitivo a livello europeo «piuttosto che di campioni nazionali». Occorre anche essere capaci di competere sul mercato globale e le interferenze dei governi, secondo la commissaria, rischiano di danneggiare le prospettive europee di trarre vantaggio dalla globalizzazione. La Commissione, ha concluso, dispone di una serie di strumenti - tra i quali il Trattato e la direttiva sulle fusioni - affinché siano rispettate le regole comunitarie ed è determinata a garantire che le imprese beneficino dal mercato unico. Interventi in nome dei gruppi Vittorio PRODI (ALDE/ADLE, IT) ha affermato che si è di fronte ad una situazione molto importante per l'Europa, in cui permane la percezione degli Stati membri che deve prevalere la dimensione nazionale, dimenticandosi che occorre, invece, proiettarsi consapevolmente verso una dimensione continentale, sapendola governare. Per tale ragione, ha detto di non capire le difficoltà sorte nel caso delle fusioni bancarie in Polonia, sottolineando come, invece, in Italia si è «accettato una presa di controllo della Banca Nazionale del Lavoro proprio in questa prospettiva». In queste difficoltà il deputato ha affermato di ravvisare un conflitto di interessi «proprio perché si tratta, molto spesso, di aziende che sono completamente pubbliche o, perlomeno, a maggioranza pubblica». Vi è anche un conflitto di interessi fra quello che è un interesse politico immediato e l'interesse a lungo termine, «non solo dei consumatori, ma dell'efficienza complessiva del sistema Europa». Ciò, a suo parere, vale anche per quanto successo nel caso di Enel e Suez, che pone un freno alla necessità di razionalizzare le nostre aziende affinché diventino realmente dei soggetti in grado di sostenere la concorrenza a livello mondiale. Il deputato ha quindi chiesto «che si possa organizzare anche la concorrenza» ed ha concluso sottolineando anche la necessità di creare delle reti per gas e elettricità «completamente europee». Roberto MUSACCHIO (GUE/NGL, IT) ha ricordato che, per il suo gruppo, l'energia e l'Europa «non hanno bisogno di liberismo ma di politiche valide e condivise», facendo notare come tutto ciò che accade «lo conferma». L'Europa, ha aggiunto, fatica enormemente ad avere una politica energetica innovativa all'altezza dei problemi posti dal Protocollo di Kyoto e dall'esigenza di un nuovo diverso sviluppo. Ha quindi sottolineato che il mondo già conosce «drammatiche guerre per il controllo delle risorse petrolifere» e ora questo conflitto si sposta anche all'interno dell'Europa. Naturalmente, ha detto, «la soluzione non è il protezionismo», bensì «un uso più equo dell'energia disponibile e la promozione del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili», ribadendo la contrarietà «a fonti pericolose come il nucleare». Per il deputato, occorre dar vita «a modelli economici e sociali non energivori», puntando sulla cooperazione con gli altri continenti, e non prendendo parte «a guerre commerciali che nulla hanno a che vedere con il nostro futuro». «Né liberismo, né protezionismo», è un errore «ridurre tutto a merce e commercio» poiché, ha concluso, «il nostro ruolo» deve essere di dare una «diversa politica energetica condivisa e solidale in Europa e nel mondo». Interventi dei deputati italiani Per Antonio TAJANI (PPE/DE, IT) l'unificazione dei mercati «è un obiettivo fondamentale dell'Unione», ma è anche «uno dei pilastri» su cui si è retto e si regge l'intero processo di integrazione europea. Un «vero mercato», a suo parere, esige che i capitali circolino liberamente e si collochino laddove sono meglio remunerati, che le imprese assumano una dimensione transfrontaliera e che si stabiliscano dove ritengono sia più interessante per la loro competitività, attraverso fusioni e acquisizioni «anche ostili». Il mercato poi «non tollera abusi di posizione dominante che impediscono una libera concorrenza» ed un mercato aperto e ben funzionante, ha aggiunto, «è determinante per la competitività dell'Europa sui mercati internazionali». «Provoca effetti opposti», invece, il protezionismo cui abbiamo assistito in questi ultimi mesi «con gli Stati che bloccano OPA, fusioni o acquisizioni transfrontaliere per tutelare interessi strategici nazionali». In realtà, ha spiegato, il protezionismo «è destinato a difendere imprese deboli e inefficienti oppure a creare artificialmente campioni nazionali». I danni che provoca sono rilevanti per gli utenti «che non possono disporre di beni e servizi ai prezzi migliori» ma anche per la collettività «che deve sopportare i costi di imprese non competitive». Ha poi aggiunto che il protezionismo, per sua natura, non è in grado di garantire ai lavoratori «prospettive certe e durature di occupazione» e, quindi, con esso «l'Europa torna indietro». Il deputato ha quindi sottolineato che, per funzionare bene, il mercato deve essere efficiente, non vi devono essere asimmetrie «e tutti debbono rispettare le regole». Non si può quindi accettare «la concorrenza sleale di quegli Stati, di quelle imprese che da un lato si proteggono e dall'altro sfruttano le aperture virtuose degli altri». Per tale motivo ha chiesto alla Commissione europea «di agire in maniera ferma al fine di garantire la libera circolazione di capitali e la libera concorrenza». Giudicando perciò positivamente quanto detto dalla commissaria, ha concluso affermando che «avere il coraggio di fare queste scelte significa essere europeisti sul serio», poiché la competitività, la crescita e il benessere dei cittadini che derivano da un mercato integrato «sono indispensabili per preparare il terreno alla nascita della Costituzione europea». Secondo Pier Luigi BERSANI (PSE, IT), il processo di concentrazione industriale e finanziaria «può rafforzare l'Unione europea nel mondo». In alcuni casi e per alcune fasi, ha spiegato, ciò può avvenire utilmente per vie nazionali, ma spesso le vie nazionali «sono invece difensive e rischiano di accendere una pericolosa escalation protezionalistica che va assolutamente fermata». Occorre quindi far muovere il quadro giuridico e promuovere maggiore convergenza delle regole nazionali per acquisizioni e fusioni. Altrimenti, «la corsa a clausole di reciprocità schiaccerà tutti i paesi sulla norma più chiusa e protettiva» e, alla fine, si creerebbero in tutti i settori degli «assetti oligopolistici», come ad esempio nell'energia. Questi assetti, invece, non devono essere collusivi e sfavorevoli ai consumatori e il controllo pubblico di alcune aziende non deve portare «a facili abusi di mercato». In conclusione, ha quindi affermato, occorre «più forza e più integrazione per l'autorità di regolazione, più forza anti-trust e, intanto, un atteggiamento più attivo e più incisivo da parte della Commissione». Umberto PIRILLI (UEN, IT) ha affermato che la fusione fra Gas de France e Suez, «è innaturale» perchè crea, in Belgio, un monopolio energetico nel settore del gas e dell'elettricità e «chiude ulteriormente il mercato francese alle presenze di competitori». La fusione fra Enel e Suez, invece, «potrebbe dare luogo a una diversificazione nel mercato franco-belga dell'energia». Per il deputato, il principio di reciprocità nei rapporti fra paesi europei «appare essenziale per un mercato europeo dell'energia al servizio del consumatore e per una politica europea comune nel settore energetico». In Italia, ha quindi ricordato, è stato dato ampio spazio alle imprese energetiche degli altri paesi mediante politiche di privatizzazione e liberalizzazione. «La violazione del principio di reciprocità da parte della Francia», ha quindi aggiunto, non si giustifica con l'esigenza di garantirsi un'autonomia energetica mediante campioni nazionali. E' espressione, invece, «di una politica di nazionalismo eccessiva», perchè la Francia, che ha già i suoi campioni energetici nazionali, «non ha bisogno di crearne altri». E la fusione fra Gas de France e Suez (che controlla la belga Electrabel), «comporterebbe un grave rischio di incentivo alle tendenze protezionistiche», non solo nel settore energetico, ma anche in altri settori industriali, finanziari e dei servizi. Il deputato ha poi ricordato come la Commissione europea abbia impiegato, «in altri casi e con rigore», i suoi strumenti antitrust per bloccare lo sviluppo di posizioni dominanti e di distorsioni della concorrenza internazionale. Ha quindi fatto l'esempio del caso riguardante Abn Amro/Banca Antonveneta e di quello relativo a BBva/Banca Nazionale del Lavoro, che «ora sembra sia andato a beneficio di Bnp Paribas», sottolineando che si tratta di una banca francese. E' augurabile, ha pertanto concluso, che la Commissione «usi lo stesso rigore» per assicurare il libero movimento dei capitali anche in questa circostanza, poiché «il principio deve valere per tutti» e «non possono ammettersi, in Europa, paesi "più eguali" degli altri». Iles BRAGHETTO (PPE/DE, IT) ha innanzi tutto ricordato che la delegazione Italiana UDC-SVP, ha presentato nelle scorse settimane un’interrogazione scritta alla Commissione «per evidenziare le contraddizioni di una politica energetica europea apparentemente in crisi». Per il deputato, «la decisione del governo francese di creare un altro colosso dell'energia, «violando i principi del mercato europeo, avrà conseguenze negative». Infatti, la fusione tra Suez - Gas de France, «rischia di generare una lotta ‘fratricida’ tra Stati membri», proprio nel momento in cui l'Europa si accinge a liberalizzare al 100% il mercato del settore. Tale iniziativa politica, ha aggiunto, «si sta realizzando in barba ad ogni proposito di trasparenza e di libera concorrenza» e «sta sostituendo di fatto quella titolarità del gioco finanziario che dovrebbe appartenere al solo mercato». Si è poi detto preoccupato dal recepimento della direttiva OPA in Francia, la cui discussione dopo un lungo silenzio, riprenderà domani all'Assemblea nazionale. Il progetto di legge, a suo parere, può infatti «ostacolare le possibili operazioni sul capitale di Suez, dando eccessivi poteri alle società oggetto di offerta». Davanti a questa anomalia, ha quindi voluto ribadire «il timore di una pericolosa deriva verso un'Europa delle Nazioni, in contrasto con gli ideali e lo spirito dei Trattati» e con lo spirito e i valori tramandati da Alcide De Gasperi, Jean Monnet, Konrad Adenauer e Robert Schumann. Il deputato ha poi affermato che l'Europa, sempre più integrata, «non può ridursi ad un gioco in cui gli interessi nazionali prevalgono su quelli comunitari e dove la politica si sostituisce rapidamente al mercato». La prospettiva di "un contesto industriale Paneuropeo" rilanciata con l'approvazione del Libro verde sull'energia, ha quindi concluso, «ci fa finalmente ben sperare», mentre la creazione di mercati aperti a beneficio dei consumatori e la centralità di politiche globali europee, a riparo degli egoismi nazionali, «dovranno essere gli obiettivi prioritari della Commissione per i prossimi mesi». Replica della Presidenza Hanks WINKLER ha ribadito che il Consiglio vede con favore la concorrenza perché avvantaggia i consumatori. Ha poi assicurato che i ministri si occuperanno della questione per quanto compete loro in base ai Trattati. Il Segretario di Stato ha quindi colto l'occasione per «promuovere» il Competition Day organizzato dalla Presidenza assieme alla Finlandia, che prenderà la guida dell'UE nel prossimo semestre. L'evento, che avrà luogo a Vienna il 19 giugno prossimo, si propone di analizzare le nuove tendenze in materia di fusioni, ma anche il vigente sistema dei controlli e l'attuale normativa comunitaria, fornendo anche esempi di recenti fusioni. Replica della Commissione Neelie KROES ha sottolineato nuovamente che occorre porsi in una prospettiva che va al di là del mercato, interno per guardare a quello mondiale. Diversi fattori, tra i quali la globalizzazione, impongono delle ristrutturazioni e le fusioni possono migliorare la competitività delle imprese avvantaggiando, al tempo stesso, i consumatori attraverso la riduzione dei prezzi. Ha quindi ribadito la preoccupazione di fronte a interferenze ingiustificate da parte dei governi, garantendo che la Commissione «sarà dura» nei confronti degli Stati membri che non rispettano le norme UE. Prendendo atto delle osservazioni sui singoli casi emerse dal dibattito, ha sostenuto di non avere informazioni al riguardo e quindi di non poterne discutere. Ha inoltre ribadito che la Commissione «non esiterà» a ricorrere agli strumenti forniti dal regolamento sulle fusioni, con l'obiettivo di garantire un trattamento equo e corretto e non permettere a nessuno di «essere più uguale degli altri». La Commissione, ha concluso, «farà il suo lavoro con fermezza e equità». Riferimenti
Dichiarazione
della Commissione - Fusioni nel mercato interno |
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Il Parlamento, in prima lettura della procedura di codecisione, ha adottato una relazione sulla proposta di decisione che istituisce un programma d'azione in materia di salute e tutela dei consumatori. I deputati propongono di scindere il programma, e di aumentarne la dotazione fino a 1,5 miliardi di euro, per sette anni, al fine di tenere conto delle nuove azioni e misure che chiedono di introdurre. Inizialmente la Commissione aveva proposto un programma d'azione unico che trattava sia della protezione dei consumatori sia gli aspetti prettamente sanitari, auspicando così di permettere una maggiore sinergia tra questi due campi. Questo approccio, tuttavia, è stato respinto dai deputati che, al contrario, non credono che questa unificazione possa portare i vantaggi sperati dalla Commissione. Per tale motivo, lo scorso anno, il Parlamento ha deciso di scindere in due parti il programma integrato, tenuto anche conto delle considerazioni di bilancio e rilevando che i due campi sono sottoposti a basi giuridiche diverse. Avallando quanto proposto dalla commissione per l'ambiente e la sanità pubblica, propone inoltre di aumentare la dotazione del programma sugli aspetti sanitari da 969 milioni di euro (su un totale cumulato di 1,203 miliardi) a 1,5 miliardi di euro per tenere conto dell'aggiunta di nuove azioni e misure e garantire una loro effettiva ed integrata attuazione. Nel corso del dibattito in Aula, tuttavia, il commissario Markos KYPRIANOU, pur accogliendo diversi degli emendamento proposti dal Parlamento, ha sottolineato che, se le prospettive finanziarie rimarranno ai livelli proposti dal Vertice di dicembre, non vi saranno fondi sufficienti per realizzare quanto ipotizzato. Inoltre, ha difeso l'idea di accorpare in un unico programma le azioni previste per i consumatori e in materia sanitaria. La salute rappresenta un tema molto importante e i cittadini possono trarre numerosi vantaggi da un'azione europea ambiziosa, nonostante spettino agli Stati membri le principali competenze in materia sanitaria e di cure mediche. Gli obiettivi del programma, cui dovrà giungersi attraverso il concorso finanziario della Comunità, sono di proteggere i cittadini dalle minacce per la salute, incoraggiare strategie intese a favorire uno stile di vita più sano, contribuire a ridurre l'incidenza, la morbilità e mortalità delle grandi malattie e lesioni. Ma anche migliorare l'efficacia e il funzionamento dei sistemi sanitari, migliorare l'informazione e la conoscenza per lo sviluppo della salute pubblica e contribuire all'integrazione in tutte le azioni e politiche comunitarie degli obiettivi di salute. Per i deputati, inoltre, il programma deve contribuire ad assicurare un elevato livello di protezione della salute attraverso tutte le politiche europee e ridurre le disparità tra gli Stati membri e al loro interno per garantire l'accesso di tutti alle cure mediche secondo norme paragonabili e senza discriminazioni. Occorre anche agevolare la mobilità dei pazienti e, a tal fine, accrescere la trasparenza tra i sistemi sanitari nazionali. Il Parlamento, auspica anche una maggiore cooperazione transfrontaliera, in particolare per il trattamento delle malattie rare e nelle procedure di assistenza reciproca in caso di pandemie, per lo scambio di informazioni sui servizi e i trattamenti accessibili e sui rimborsi delle spese mediche. Il programma include, inoltre, delle azioni specifiche per la prevenzione dei rischi, per l'informazione dei medici e del pubblico e per lo scambio di buone pratiche. Il Parlamento, inoltre, ritiene che è necessario «un approccio olistico e pluralistico alla sanità pubblica» e, di conseguenza, occorre includere nelle azioni del programma «la medicina complementare e alternativa». Sono anche proposte misure volte a migliorare la comunicazione con i cittadini sulle questioni sanitarie, come l'organizzazione di campagne di sensibilizzazione e la creazione di punti di informazione. L'Aula ha deciso di rinviare alla prossima sessione la votazione della relazione Marianne THYSSEN (PPE/DE, BE) sul capitolo consumatori. Link utili Riferimenti Antonios TRAKATELLIS (PPE/DE,
EL) |
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Il Parlamento propone varie modifiche alla proposta di regolamento sulle denominazioni d'origine e le indicazioni geografiche protette, che sta alla base delle politica comunitaria a favore della qualità alimentare. I deputati auspicano l'indicazione in etichetta del luogo di origine e di trasformazione dei prodotti e norme più chiare sull'uso di tali menzioni per i prodotti trasformati contenenti DOP e IGP. E' poi chiesto di poter registrare una gamma più ampia di prodotti e di differenziare maggiormente i loghi comunitari. Devono inoltre proseguire i negoziati tesi alla definizione di un registro internazionale per le indicazioni geografiche. Il Parlamento si è pronunciato sulla revisione del regolamento che istituisce un regime volontario di registrazione delle denominazioni dei prodotti agricoli e alimentari che si riferiscono a un luogo geografico: le denominazioni d'origine protette (DOP) e le indicazioni geografiche protette (IGP). Il regime, che sta alla base della politica della qualità alimentare nell'Unione europea, riserva l'uso di tali denominazioni unicamente ai produttori di un'area geografica circoscritta che si attengono a precise metodologie di produzione definite in un disciplinare. Questo sistema tende a valorizzare le produzioni locali tipiche al fine di promuovere lo sviluppo rurale e garantire un quadro giuridico chiaro per lottare contro le imitazioni e le usurpazioni. La proposta della Commissione nasce dalla necessità di adeguare la normativa europea alle conclusioni di un panel dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) chiamato in causa da Stati Uniti e Australia poiché si ritenevano discriminanti da talune disposizioni che, a loro dire, impediscono l'accesso al registro da parte di paesi non comunitari. L'Esecutivo ha colto l'occasione per proporre anche la semplificazione e la razionalizzazione delle procedure di registrazione, per chiarire meglio la ripartizione delle competenze fra gli Stati membri e la Commissione stessa e per rafforzare i controlli. Adottando la relazione di Friedrich-Wilhelm GRAEFE zu BARINGDORF (Verdi/ALE, DE), il Parlamento afferma innanzitutto che il consolidamento della politica comunitaria sulle DOP e IGP presuppone, oltre ai chiarimenti e alla semplificazione perseguiti con la proposta, la negoziazione di un registro multilaterale nel quadro dell'OMC, al fine di «garantire la durevolezza di tale politica». I deputati, infatti, ritengono essenziale ottenere l'ampliamento della protezione internazionale delle DOP e IGP per un numero sempre maggiore di prodotti agricoli. Aprendo il registro a denominazioni dei paesi terzi, poi, è chiesto alla Commissione di avviare campagne di promozione dentro e fuori l'UE e di impegnarsi affinché i paesi terzi riconoscano i prodotti comunitari con denominazione d'origine e indicazione geografica. Categorie di prodotti che possono essere registrati In linea di massima, possono essere registrati come DOP o IGP tutti i prodotti agricoli destinati all'alimentazione umana, ad eccezione del vino che è trattato da un regolamento specifico. Gli allegati del regolamento, inoltre, aggiungono la possibilità di registrare altri prodotti non considerati agricoli in senso stretto (come le birre o le paste alimentari) nonché alcuni prodotti non alimentari (come il sughero, la lana o i fiori e le piante ornamentali). Tra i primi, i deputati propongono di introdurre anche l'aceto di vino, l'aceto di uve di Corinto e il vino di bacche o bevande fermentate a base di bacche, oltre al sidro e al sidro di pere. Ma anche il sale, il sale marino tradizionale e il fior di sale, i condimenti e le misture di erbe aromatiche. Tra i secondi, al vimini in quanto tale, propongono di aggiungere anche gli oggetti fabbricati con questo materiale. Definizioni I deputati colgono l'occasione per suggerire talune modifiche alle definizioni di DOP e IGP. La «denominazione d'origine», a loro parere, è il nome di una regione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali, di un paese che serve a designare «e/o identificare» un prodotto agricolo o alimentare. Questo prodotto, poi, deve essere originario di tale regione, di tale luogo determinato o di tale paese e la sua qualità o le sue caratteristiche devono discendere essenzialmente o esclusivamente all'ambiente geografico, comprensivo dei fattori naturali ed umani. Inoltre, la produzione, la trasformazione, l'elaborazione «e, se del caso, il condizionamento» del prodotto debbono avvenire in un'area geografica delimitata. Per i deputati, infatti, la denominazione non deve solo "designare" ma eventualmente anche "identificare" il prodotto. Infatti, se in alcuni casi il termine geografico subentra di fatto al nome stesso del prodotto alimentare, questo "designa" il prodotto (come nel caso del formaggio "Bra" o dell'olio d'oliva "Umbria"), tuttavia può anche accadere che il termine geografico si impiega solo accompagnato dal nome del prodotto alimentare, e quindi esso "identifica" il prodotto (come nel caso "fungo di Borgotaro" o dei "capperi di Pantelleria"). Inoltre, i deputati, prevedono la possibilità di delimitare anche l'area in cui deve avvenire il condizionamento del prodotto. Questa operazione, ai loro occhi, rappresenta una fase produttiva con caratteristiche intrinseche e che esige un reale know how. Inoltre, costituisce un elemento importante della produzione che, ove non effettuata correttamente, può alterare il prodotto. Le operazioni di condizionamento nelle regioni di produzione permettono inoltre di limitare i rischi di frode grazie al controllo rigoroso dei prodotti condizionati. Tali controlli offrono ai consumatori le migliori garanzie di qualità e di rintracciabilità del prodotto. Numerosissimi prodotti italiani registrati come DOP prevedono quest'obbligo. Il Parlamento, d'altra, parte non accetta la modifica delle definizione di «indicazione geografica» proposta dalla Commissione per avvicinarla a quella utilizzata nell'accordo sulle proprietà intellettuali (TRIPS) siglato in ambito OMC. Ne propone, invece, un'altra molto più vicina a quella attuale. Ossia: «un’indicazione o il nome di una regione, di un luogo determinato o di un paese che serve a designare e/o ad identificare un prodotto agricolo o alimentare». Questo prodotto, poi, deve essere originario di una regione, di un luogo determinato o, in casi eccezionali, di un paese. E' a questa origine geografica, inoltre, che deve essere attribuita una sua determinata qualità, la sua reputazione o qualsiasi altra caratteristica. Infine, almeno una tra le operazioni di produzione, trasformazione ed elaborazione, deve aver luogo nell'area geografica determinata. In deroga, alla citata definizione di DOP, il regolamento consente a taluni prodotti di essere elaborati a partire di materie prime che provengono da una zona geografica più ampia di quella di trasformazione o diversa da essa, purché siano soddisfatte condizioni vincolanti. La zona di produzione della materia prima, infatti, dev'essere delimitata e presentare condizioni particolari ed è necessario che esista un adeguato sistema di controllo. I deputati, ampliano questa possibilità anche alle IGP e prevedono, come ulteriore condizioni, che il beneficiario della deroga indichi sull'etichetta o sull'imballaggio l'origine delle materie prime. Inoltre, facendo proprio un emendamento proposto dai Verdi, inoltre, il Parlamento chiede che, dopo un adeguato periodo transitorio non più lungo di dieci anni, tutte le misure di produzione, trasformazione e elaborazione debbano essere attuate nella zona geografica delimitata. Inoltre, quando le materie prime provengono da una zona geografica diversa oppure da una zona più ampia della zona di trasformazione, ciò può essere autorizzato purché la zona di produzione della materia prima sia delimitata, sussistano condizioni particolari per la produzione delle materie prime ed esista un sistema di controllo adeguato. Nomi generici, conflitti con varietà vegetali e razze animali, omonimia e marchi La proposta di regolamento, come quello vigente, non consente la registrazione di indicazioni geografiche divenute generiche, di nomi di varietà vegetali o di razze animali, nonché di marchi esistenti. Tutte queste disposizioni sono state lasciate intatte dai deputati. Per «denominazione divenuta generica» si intende il nome che, pur collegato col nome del luogo o della regione in cui un prodotto agricolo o alimentare è stato inizialmente prodotto o commercializzato, è divenuto con il tempo il nome comune che serve a qualificare un tipo di prodotto. La Commissione, anni addietro, aveva proposto una lista di questi nomi generici, ma il Consiglio non l'ha mai voluta adottare formalmente. In passato, ci sono stati tentativi a livello internazionale (Codex Alimentarius) di far dichiarare generico il Parmigiano Reggiano, nella sua accezione "parmesan". Tentativi che, giustamente, sono falliti. Per evitare di indurre i consumatori in errore, non è possibile nemmeno registrare indicazioni geografiche che corrispondono a nomi di varietà vegetali o di razze animali. Il caso più noto, per quanto riguarda l'Italia, è quello del basilico "genovese". Una multinazionale aveva infatti registrato con questo nome una comune varietà di basilico che, ovviamente, nulla aveva a che fare con la prestigiosa spezie ligure. La Regione Liguria, dopo lunghi negoziati con la multinazionale, era riuscita a recuperare il nome usurpatole, aprendo così la strada alla registrazione della DOP per il suo famoso basilico. Rispetto alle attuali disposizioni, la Commissione propone l'introduzione di norme più chiare per trattare i casi di omonimia o di parziale omonimia. Infine, non è possibile registrare come DOP o IGP una denominazione che, tenuto conto della fama di un marchio, della notorietà e della durata di utilizzazione dello stesso, è tale da indurre il consumatore in errore quanto alla vera identità del prodotto. Disciplinari di produzione Per beneficiare di una DOP o di un'IGP, un prodotto agricolo o alimentare deve essere conforme ad un disciplinare. La proposta di regolamento lascia pressoché immutati gli elementi che devono figurare nel disciplinare (nome, descrizione del prodotto, delimitazione della zona geografica, elementi che comprovano l'origine del prodotto, descrizione del metodo di ottenimento, strutture di controllo e etichettatura). E' però chiarito in cosa consistono gli elementi che debbono giustificare il legame tra il prodotto e l'ambiente geografico da cui ha origine. I deputati, d'altra parte, per quanto riguarda l'etichettatura, chiedono che siano precisate anche le condizioni di utilizzazione dei termini geografici protetti sulle etichette di prodotti elaborati, per designare i prodotti DOP o IGP utilizzati come ingredienti. A loro parere, infatti, è necessario prevenire un riferimento abusivo all'ingrediente IGP o DOP in una denominazione di vendita, conferendo ai titolari di un'indicazione geografica un diritto di controllo sull'utilizzazione di tale nome. I titolari devono quindi poter esigere che l'utilizzazione del nome dell'IGP o della DOP si limiti a una menzione nell'elenco degli ingredienti. Inoltre, se del caso, il disciplinare dovrà segnalare la decisione del titolare del diritto di procedere a talune operazioni di condizionamento unicamente nella zona di produzione onde garantire gli elementi che giustificano il legame del prodotto con il territorio. Domande di registrazione La proposta della Commissione ha apportato diverse modifiche a questo capitolo al fine di delimitare meglio le competenze proprie e degli Stati membri e chiarire gli elementi che devono essere indicati nella domanda. Con l'esperienza è infatti emerso che il trattamento di domande incomplete e la richiesta di informazioni supplementari e integrative rendeva farraginoso tutto il sistema. La domanda presentata alle autorità nazionali, oltre al disciplinare di produzione, dovrà includere un documento unico che sintetizza una serie di elementi essenziali. Per evitare problemi nel corso dell'esame della domanda a livello comunitario, la proposta introduce una nuova disposizione che impone a ogni Stato membro, nel corso dell'esame preliminare, di concedere la possibilità alle parti legittimamente interessate di opporsi entro un termine ragionevole. I deputati chiedono di limitare questa possibilità a un periodo di sei mesi dopo la pubblicazione della domanda. Alla fine della procedura, le denominazioni potranno godere di una protezione nazionale transitoria che, terminato l'esame da parte dei servizi della Commissione, sarà poi sostituita da quella comunitaria. Il Parlamento, in proposito, reintroduce il termine massimo di sei mesi entro il quale l'Esecutivo deve esaminare la domanda e precisa che, in questa fase, i servizi della Commissione dovranno disporre anch'essi del disciplinare di produzione e non solo della scheda sintetica. Al termine dell'esame, la Commissione dovrà pubblicare la domanda corredata dalla scheda sintetica. Per conformarsi alle decisioni del panel OMC, la proposta integra e modifica le disposizioni relative alle domande provenienti da paesi terzi. Anzitutto è stata soppressa la condizione volta a limitare questa possibilità unicamente ai Paesi in cui vigono regimi di tutela equivalenti che, tra le altre cose, prevede una protezione analoga per i prodotti UE comunitari. Inoltre, contrariamente al passato, il richiedente del paese terzo potrà presentare la sua domanda di registrazione anche direttamente alla Commissione invece di trasmetterla obbligatoriamente attraverso le proprie autorità nazionali. La domanda, tradotta in una lingua ufficiale dell'UE, dovrà includere gli stessi elementi richiesti per le domande comunitarie e la prova che la denominazione è protetta nel suo paese d'origine. I deputati, aggiungono però che qualora taluni elementi si rivelassero insufficienti, la Commissione ha il diritto di esigere dal richiedente tutte le informazioni complementari pertinenti, compresa la copia del disciplinare. Registrazione e opposizione La proposta della Commissione riduce da 6 a 4 mesi il periodo concesso agli Stati membri o terzi e alle persone fisiche o giuridiche legittimamente interessate per opporsi a una domanda di registrazione. Tuttavia, mentre i cittadini comunitari dovranno inoltrare questa opposizione attraverso le autorità nazionali, quelli dei paesi terzi potranno anche farlo direttamente alla Commissione. Il Parlamento, respingendo questa proposta, riporta a 6 mesi questo termine. Se non giungono opposizioni o se un'eventuale opposizione non è ritenuta motivata oppure se si trova un compromesso, la Commissione procede alla registrazione della denominazione e la pubblica sulla Gazzetta Ufficiale. Per i deputati, la registrazione (corredata dal disciplinare, se si tratta di une denominazione di un paese terzo) ed il registro stesso dovranno essere anche pubblicati su Internet e aggiornati periodicamente. Etichettatura e simboli distintivi La proposta della Commissione rende obbligatoria, e non più facoltativa, l'indicazione sull'etichetta dei prodotti agricoli e alimentari originari della Comunità delle diciture “denominazione d’origine protetta” e “indicazione geografica protetta” o le loro rispettive abbreviazioni (“DOP” e “IGP”), nonché i simboli comunitari che sono loro associati. I deputati concordano con questa impostazione, ma chiedono che i simboli siano distinti da codici di colori diversi. Ad oggi, infatti, l'unico elemento di differenziazione è rappresentato dalla dicitura che, tenuto conto delle dimensioni del simbolo, è spesso illeggibile. Per quanto riguarda i prodotti dei paesi terzi, il Parlamento accoglie la possibilità offerta loro di indicare in etichetta le denominazioni ma preclude l'utilizzo dei relativi simboli comunitari. Inoltre, chiede che siano chiaramente e visibilmente indicati nell'etichettatura il luogo di origine e di trasformazione di ogni prodotto agricolo o alimentare commercializzato con una denominazione registrata. Controlli Per poter funzionare, il sistema delle DOP e IGP deve poter contare su un regime di controlli affidabile in grado di garantire, soprattutto ai consumatori, che i prodotti acquistati rispettano le disposizioni dei disciplinari di produzione. La proposta della Commissione intende rafforzare questo aspetto del regolamento che, in passato, ha creato alcuni problemi. A tal fine, pone l'obbligo generale a carico degli Stati membri di garantire anche per le DOP e le IGP un piano di controlli pluriennale come definito dal regolamento (882/2004) sui controlli ufficiali in agricoltura. Inoltre, attribuisce un potere sanzionatorio agli organismi pubblici e privati incaricati di verificare il rispetto del disciplinare. La proposta, poi, chiarisce alcune disposizioni relative all'annullamento della registrazione in caso di infrazione alle norme del disciplinare. I deputati precisano che gli Stati membri dovrebbero istituire un organismo ufficiale incaricato del controllo e della sorveglianza del rispetto della regolamentazione comunitaria in materia di indicazioni geografiche. Ai titolari, inoltre, danno la possibilità di presentare ricorsi all'organismo di controllo nazionale interessato al fine di chiedergli di intervenire per proteggere la loro denominazione registrata. L'idea sarebbe, in sostanza, di istituire una rete di organismi di controllo che assicuri il rispetto della regolamentazione comunitaria per garantire la coerenza e l'efficacia del sistema di protezione delle indicazioni geografiche in tutto il territorio dell'UE. La proposta, prevede che i costi dei controlli siano a carico degli operatori interessati. Tuttavia, il Parlamento, notando che gli organismi di controllo possono essere di vario tipo nei diversi Stati membri, ritengono che la modalità per il loro finanziamento non devono essere trattati dal regolamento, lasciando ai singoli Stati membri la facoltà di decidere che regime attuare. In merito all'annullamento della registrazione, per i deputati, la domanda di annullamento deve essere oggetto di una consultazione delle parti interessate nello Stato membro in questione. Inoltre, per un periodo di cinque anni dall'annullamento, la denominazione protetta non può essere registrata in quanto marchio comunitario o nazionale. Protezione Il regolamento prevede una tutela molto estesa delle indicazioni geografiche per evitare usurpazioni, imitazioni o anche evocazioni che possano ingannare i consumatori. I deputati, d'altra parte, propongono di rafforzare questa tutela per contrastare il ricorso abusivo a queste denominazioni nei prodotti trasformati. Propongono quindi che, sulle etichette di questi ultimi potrà essere menzionata la dicitura del prodotto registrato unicamente se l'associazione che ha ottenuto il riconoscimento lo autorizza. Background - Le DOP e IGP in Italia A livello comunitario (UE 15) sono state registrate 711 indicazioni geografiche, 412 DOP e 299 IGP. Il comparto degli ortaggi, frutta e cereali, con 158 prodotti registrati, è quello più rappresentato. Seguono i formaggi (155 prodotti registrati), le carni fresche (101), i grassi e gli oli d'oliva (93) e le preparazioni di carni (76). Le Specialità tradizionali garantite registrate sono invece 15, di cui 1 italiana (la mozzarella). Con 105 DOP e 48 IGP, il 21,5% del totale, l'Italia è in testa alla classifica europea dei prodotti registrati. Ulteriori 6 domande di registrazione di prodotti italiani sono state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale e sono quindi in attesa dello scadere dei termini per la presentazione di eventuali opposizioni. Ma altre decine di domande di registrazione sono state annunciate per il prossimo futuro. Gli altri Stati membri che sono ricorsi maggiormente al sistema delle DOP e IGP sono la Francia (146), la Spagna e il Portogallo (94 ognuno), la Grecia (85) e la Germania (67, di cui però 31 sono acque minerali). Fanalini di coda sono la Finlandia (1), la Svezia (2) e la Danimarca (3). Anche per l'Italia è la categoria degli ortaggi, frutta e cereali ad essere la più cospicua, con 43 prodotti registrati. Vengono poi gli oli d'oliva (39, il 42% delle registrazioni UE), i formaggi (31) e le preparazioni di carni (29). Seguono, molto meno numerose, le seguenti categorie: prodotti della panetteria (3), spezie o essenze (3), aceti (2), carni e frattaglie fresche (2) e mieli (1). Secondo quanto elaborato dalla Coldiretti in base a dati Ismea AcNielsen, con 1,65 miliardi di euro e un quantitativo di 169,6 milioni di chili, i formaggi rappresentano la principale voce degli acquisti familiari di prodotti a denominazione di origine per i quali sono stati spesi complessivamente circa 2,5 miliardi di euro nel 2004. I formaggi Dop più richiesti sulle tavole degli italiani sono, nell'ordine, il Grana Padano, il Parmigiano Reggiano, la Mozzarella di bufala campana e il Gorgonzola. Tra gli alimenti a denominazione di origine, si collocano al secondo posto i salumi, con una spesa domestica di quasi 403 milioni di euro e 23,9 milioni di chili. In questa categoria primeggiano il prosciutto di Parma, quello di San Daniele e la mortadella di Bologna. Lo scorso mese di gennaio si è costituita l’Associazione italiana dei Consorzi di tutela dei prodotti Dop e Igp che ha per scopo lo studio e la consulenza in materia di indicazioni geografiche. In quella occasione, il Ministro dell'Agricoltura Gianni ALEMANNO ha espresso viva soddisfazione, sottolineando che è la prima volta che il mondo dell’agroalimentare tipico di qualità «si compatta in maniera così forte per tutelare il settore e far sentire la propria voce a livello nazionale, comunitario ed internazionale». Questa iniziativa - ha aggiunto il Ministro - «è sicuramente un ulteriore indice della maturità che ha raggiunto il settore dell’agroalimentare ed è un auspicio per ulteriori, futuri sviluppi di questo enorme patrimonio economico e culturale del nostro Paese». Link utili
Proposta della
Commissione (DOP e IGP) Riferimenti
Friedrich-Wilhelm GRAEFE zu BARINGDORF (Verdi/ALE, DE) |
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Il Parlamento è preoccupato per la continua perdita della biodiversità e chiede quindi a Commissione e Stati membri di agire con più determinazione per arginare questo fenomeno. Auspica anche l'adozione di un regime in grado di accertare la legalità di organismi vivi modificati importati e di vigilare affinché non sia indebolita la moratoria sulle tecnologie "terminator". Per proteggere la biodiversità marina, i deputati chiedono anche di esaminare la possibilità di vietare la pesca a strascico. La diversità biologica «rappresenta il tessuto della vita ed è alla base della salute, della qualità della vita e della prosperità dell'uomo, e ha di per sé un valore intrinseco». E' quanto afferma il Parlamento in una risoluzione adottata - con 419 voti favorevoli, 1 contrario e 15 astensioni - in vista delle riunioni COP-MOP sulla diversità biologica e sulla biosicurezza che si terranno questo mese in Brasile. I deputati esprimono anzitutto profonda preoccupazione per la continua perdita della biodiversità e per l'aumento dell'impronta ecologica della Comunità europea, il cui impatto sulla biodiversità si estende ben oltre le sue frontiere. Pertanto, ricordando che le Parti della Convenzione ONU sulla diversità biologica (CBD) hanno convenuto di ridurre significativamente il tasso di perdita della biodiversità entro il 2010, sollecitano la Commissione europea e gli Stati membri ad «accelerare il passo» per realizzare tale obiettivo tenendone conto nella politica di sviluppo e di aiuto dell'UE e migliorando «seriamente» l'attuazione delle direttive comunitarie sugli uccelli selvatici e sugli habitat nonché sulla rete Natura 2000. Chiedono, inoltre, che siano sviluppati indicatori della biodiversità, in quanto un'applicazione effettiva «è ostacolata dalla mancanza di informazioni coerenti sull'efficacia delle misure già prese» e dalla difficoltà di presentare dati sullo stato delle biodiversità. Il Parlamento chiede poi a Commissione e Stati membri di fissare «obiettivi globali specifici, misurabili, raggiungibili, realistici» e con una dimensione temporale precisa per il riesame dell'obiettivo sulla biodiversità del 2010 di «dare un esempio convincente prendendo misure concrete per la protezione della biodiversità a livello interno e internazionale». D'altra parte, ritiene che non siano stati osservati i criteri della moratoria globale sulla sperimentazione in loco e la commercializzazione delle tecnologie per la restrizione dell'uso di varietà genetiche (tecnologia V-GURT), in particolare per quanto riguarda gli impatti ecologici e socioeconomici e qualsiasi effetto negativo per la diversità biologica, la sicurezza alimentare e la salute dell'uomo. La risoluzione sollecita poi la Commissione europea e gli Stati membri a insistere affinché si giunga ad un accordo su un regime esauriente relativo ai criteri concernenti la documentazione che accompagna il trasporto di organismi vivi modificati (LMO). Tale regime dovrebbe consentire «di accertare la legalità di LMO importati nel paese di destinazione», ma anche permettere all'importatore di seguire una tracciabilità adeguata e di controllare un eventuale rilascio non intenzionale nell'ambiente nonché l'uso e il consumo nella lavorazione degli alimenti e dei mangimi. Inoltre, il Parlamento li esorta a respingere qualsiasi proposta tesa a indebolire la moratoria sulla sperimentazione in loco e la commercializzazione delle tecnologie cosiddette "terminator" (frutti sterili ndr.), attraverso valutazioni caso per caso o l'autorizzazione di tecnologie di riduzione dell'uso di risorse genetiche. Per di più, chiede di difendere con forza una politica dell'Unione «che vieti coltivazioni a cielo aperto con tecnologie di riduzione dell'uso di risorse genetiche», almeno finché non sia stata effettuata «in modo trasparente» una ricerca approfondita sugli effetti ecologici e socioeconomici e su eventuali danni alla biodiversità, alla sicurezza alimentare e alla salute umana. I deputati chiedono poi di utilizzare e accelerare l'attuazione delle ultime decisioni della CBD sulla diversità biologica delle foreste e sulle zone protette e di assegnare risorse aggiuntive per creare una rete globale di zone protette entro il 2010 sulla terra ferma e entro il 2012 in mare, mettendo l'accento su ampi ecosistemi intatti, «la cui importanza è cruciale per la protezione della biodiversità mondiale». Più in particolare, chiedono di sviluppare «misure forti» per garantire l'uso, il consumo e lo scambio sostenibile delle risorse della biodiversità, migliorare la legislazione sulle foreste, la sua applicazione e governance, combattere il disboscamento illegale e il relativo commercio, tenendo conto delle raccomandazioni del Parlamento. Riguardo alle zone in mare, per proteggere la biodiversità marina dalle pratiche distruttive, chiedono che sia eseguito un esame su una base scientifica, che includa l'applicazione del principio precauzionale, del divieto provvisorio di pratiche di pesca distruttive, inclusa la pesca a strascico che ha effetti negativi sugli ecosistemi marini vulnerabili, fintanto che non siano state adottate adeguate misure di gestione e di conservazione conformemente al diritto internazionale. A loro parere, occorre anche sottolineare l'esigenza di rafforzare i poteri di controllo delle esistenti organizzazioni regionali per la gestione delle attività di pesca e, se necessario, crearne di nuove. Link utili
Convenzione
sulla diversità biologica (versione
inglese) Riferimenti
Risoluzione
sui preparativi delle riunioni COP-MOP sulla diversità biologica e
sulla biosicurezza a Curitiba, Brasile |
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I risultati delle votazioni sono consultabili sul sito del Servizio Stampa del Parlamento europeo. I testi di tutti i documenti approvati sono reperibili sul sito del Parlamento europeo. Nuova composizione del gruppo IND/DEM In apertura di seduta il Presidente ha annunciato la nuova composizione del gruppo IND/DEM che non annovera più fra i suoi iscritti Umberto Bossi, Matteo Salvini, Mario Borghezio, Francesco Enrico Speroni, Dariusz Maciej Grabowski, Urszula Krupa, Bogdan Pęk, Mirosław Mariusz Piotrowski, Bogusław Rogalski, Witold Tomczak i Andrzej Tomasz Zapałowski. A seguito della comunicazione Mario BORGHEZIO (NI, IT) ha chiesto che venisse messo agli atti che «i deputati Bossi, Borghezio, Speroni e Salvini eccepiscono l'assoluta irregolarità della procedura seguita nei fatti, oggetto della comunicazione data dal Presidente». Ha quindi dichiarato che, non avendo ricevuto nessuna notifica della riunione del gruppo, la decisione presa è «assolutamente illegittima e irregolare» e quindi anche la comunicazione del Presidente è «fondata su una decisione irregolare e illegittima» Francesco SPERONI (NI, IT), dopo aver comunicato di ritenere insoddisfacente la risposta del Presidente di trascrivere a verbale l'esclusione dal gruppo IND/DEM, ha rilevato che, tramite il capo delegazione Borghezio, erano state segnalate «talune irregolarità nella procedura di esclusione dal gruppo». Ha pertanto invitato la Presidenza a «verificarne la regolarità», concludendo che, nel caso in cui la Presidenza verificasse la correttezza di tale procedure, egli si considererà non iscritto. Link utili |
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Ordine del giorno 22 - 23 marzo 2006 Bruxelles Mercoledì 22 marzo 2006 (15:00 - 19:00)
(19:00 - 22:00)
Giovedì 23 marzo 2006 (9:00 - 10:50)
(11:00 - 13:00) Votazione
L'ordine del giorno può subire modifiche. |
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Codici delle procedure parlamentari
Abbreviazioni - Gruppi politici: vedere di seguito
Gruppi politici
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