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RASSEGNA
13 - 16 febbraio 2006
Strasburgo
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Sommario LIBERA CIRCOLAZIONE DEI SERVIZI
DIRITTI FONDAMENTALI
RELAZIONI ESTERNE
DIRITTI UMANI
RICERCA E
INNOVAZIONE
POLITICA
SOCIALE
TRASPORTI
AGRICOLTURA
ENERGIA
AFFARI
ECONOMICI E MONETARI CODICI DELLE PROCEDURE PARLAMENTARI, ABBREVIAZIONI DEPUTATI AL PARLAMENTO EUROPEO
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Dopo due anni di lavoro, il Parlamento europeo ha adottato a larga maggioranza, in prima lettura, la sua relazione sulla direttiva relativa ai servizi nel mercato interno, uno dei testi di maggiore importanza per l'UE. Il progetto iniziale è stato rivisto in profondità, ma l'obiettivo non è cambiato: eliminare gli ostacoli alla libera circolazione dei servizi. I deputati però chiariscono che la direttiva non incide sui diritti sociali dei lavoratori previsti dalle legislazioni nazionali. Combinando l'accordo raggiunto dai due maggiori gruppi parlamentari con i suggerimenti della commissione per il mercato interno, il Parlamento, ha praticamente riscritto la direttiva sui servizi nel mercato interno. La relatrice Evelyne GEBHARDT (PSE, DE) ha sottolineato che il Parlamento «ha ribaltato il senso della direttiva e l'ha riorientata in un'ottica sociale, a vantaggio dei cittadini». Si tratta, occorre precisare, di una prima lettura che deve ora essere vagliata da Commissione e Consiglio. L'Esecutivo, durante il dibattito, si era detto disponibile a valutare le proposte che avessero ottenuto un ampio consenso in seno all'Aula nella stesura della sua proposta che sarà presentata nel corso del mese di aprile. Il testo di direttiva, così come emendato dal Parlamento dopo un turno di votazioni durato 118 minuti, ha raccolto 391 voti favorevoli, 213 contrari e 34 astensioni. La relativa risoluzione legislativa, d'altra parte, ha ottenuto 394 voti favorevoli, 215 contrari e 33 astensioni. Prima di procedere voto dei 404 emendamenti, il Parlamento aveva respinto - con 153 voti favorevoli, 486 contrari e 1 astensione - la proposta di Verdi e Sinistra europea di respingere la direttiva. Lo scopo della direttiva è di realizzare un vero mercato interno dei servizi stabilendo un quadro giuridico volto a eliminare, da un lato, gli ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori di servizi e, dall'altro, le barriere alla libera circolazione dei servizi tra Stati membri. I deputati precisano che è sì importante realizzare un mercato unico dei servizi ma, contemporaneamente, è anche necessario mantenere «un equilibrio tra apertura dei mercati, servizi pubblici, nonché diritti sociali e del consumatore». OGGETTO DELLA DIRETTIVA Adottando l'emendamento proposto dalla commissione per il mercato interno, l'Aula ha stabilito che la direttiva stabilisce le disposizioni generali che permettono di agevolare l'esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori di servizi nonché la libera circolazione dei servizi, assicurando nel contempo un elevato livello di qualità dei servizi stessi. E' poi precisato che, fermo restando il campo d'applicazione definito, la direttiva non impone agli Stati membri di liberalizzare i servizi di interesse economico generale, né di privatizzare gli enti pubblici che prestano tali servizi». Essa, inoltre, non pregiudica le disposizioni comunitarie in materia di concorrenza e aiuti. Gli Stati membri, peraltro, restano liberi di definire, conformemente al diritto comunitario, quelli che essi considerano servizi d'interesse economico generale, né di determinare le modalità di organizzazione e di finanziamento di tali servizi e gli obblighi specifici cui essi devono sottostare. La direttiva, poi, non pregiudica le misure adottate a livello comunitario o nazionale volte a tutelare o a promuovere la diversità culturale o linguistica o il pluralismo dei media, così come non incide sul diritto del lavoro e, in particolare, sulle disposizioni relative «ai rapporti tra le parti sociali, compresi il diritto di svolgere un'azione sindacale e il diritto a contratti collettivi». Infine, la presente vigenti negli Stati membri. L'Aula, inoltre, accogliendo un emendamento del compromesso cui sono giunti popolari e socialisti, precisa che la direttiva non riguarda l'abolizione dei monopoli esistenti che forniscono servizi (come ad esempio le lotterie o taluni servizi di distribuzione), né gli aiuti concessi dagli Stati membri in base alle norme europee sulla concorrenza. Il provvedimento, è aggiunto, non incide nemmeno sulle norme penali degli Stati membri (che non devono essere oggetto di abuso per aggirare le disposizioni della direttiva), né sui servizi che perseguono un obiettivo nel settore dell'assistenza sociale, come quelli destinati alle famiglie e ai bambini nonché i servizi di istruzione e culturali che tipicamente perseguono obiettivi sociali oppure il sostegno per gli alloggi sociali. Parimenti, non sono messe in discussione le legislazioni in materia di sicurezza sociale degli Stati membri. E' anche precisato che la direttiva non si applica e non pregiudica il diritto del lavoro e, in particolare, le disposizioni relative ai rapporti tra le parti sociali, compresi il diritto di svolgere un'azione sindacale e il diritto a contratti collettivi, né le disposizioni nazionali in materia di previdenza sociale vigenti negli Stati membri. In particolare, deve essere pienamente rispettato il diritto di negoziare, concludere, estendere e applicare i contratti collettivi, e il diritto di sciopero. La direttiva, inoltre, non riguarda i servizi pubblici sanitari e l'accesso al finanziamento pubblico da parte dei prestatori di cure sanitarie. La direttiva, è infine specificato, non deve essere interpretata in modo tale da recare pregiudizio all'esercizio dei diritti fondamentali riconosciuti dagli Stati membri e della Carta europea. campo d'applicazione La definizione del campo d'applicazione della direttiva è stato un esercizio piuttosto complesso, con ben 61 proposte di emendamenti. Il risultato del voto, che modifica profondamente la proposta originale dell'Esecutivo, è un mix tra quanto proposto dalla commissione per il mercato interno e il compromesso tra popolari e socialisti, completato da ulteriori esenzioni proposte singolarmente dagli stessi o da altri gruppi politici. L'emendamento proposto dai socialisti volto a escludere sia servizi di interesse generale sia i servizi di interesse economico generale, non è stato accolto dall'Aula (269 voti favorevoli, 365 contrari e 3 astensioni). La direttiva «si applica ai servizi forniti da prestatori stabiliti in uno Stato membro». E' inoltre precisato che la direttiva disciplina solo i servizi d'interesse economico generale, ovvero i servizi che corrispondono ad un'attività economica e sono aperti alla concorrenza. Non sarà quindi d’applicazione ai servizi d’interesse generale «quali definiti dagli Stati membri», a meno che, è spiegato, non si tratti di attività economiche «aperte alla concorrenza», ossia alla cui fornitura partecipano anche imprese private. Sono anche esclusi i servizi sociali come l'edilizia sociale, l'assistenza ai figli e i servizi alla famiglia. Considerando le attività sportive senza scopo di lucro di notevole importanza sociale, i deputati ritengono che esse non debbano essere considerate un'attività economica e, pertanto, non rientrano nel campo d'applicazione della direttiva. La proposta dell’Esecutivo, invece, contemplava tutte le attività economiche d’interesse generale, prevedendo alcune deroghe, ad esempio, per i servizi postali e quelli relativi alla distribuzione di energia elettrica, gas e acqua. In merito all'esclusione dei “servizi finanziari”, il Parlamento specifica che la direttiva non si applica ai «servizi di natura bancaria, creditizia, assicurativa» né ai «servizi pensionistici professionali o individuali, di investimento o di pagamento». E’ poi confermata l’esclusione dei servizi e delle reti di comunicazione elettronica. I deputati mantengono l’esclusione dei servizi di trasporto, compresi i trasporti urbani, portuali, i taxi e le ambulanze e, in un considerando precisano che sono invece inclusi nel campo d'applicazione della direttiva il trasporto di fondi e di salme, «visto che in tale ambito sono stati identificati problemi di mercato interno». L’elenco dei servizi esclusi è poi allungato con i servizi giuridici già disciplinati da altri strumenti comunitari e con i servizi medico-sanitari, prestati o meno nel quadro di una struttura sanitaria. Riguardo a questi ultimi, è inoltre precisato che comprendono anche quelli farmaceutici e che tali servizi devono essere forniti ai pazienti da professionisti qualora queste attività sono professioni regolamentate negli Stati membri in cui è prestato il servizio. Nel ritenere che svolgono «un ruolo fondamentale in sede di formazione delle identità culturali e delle opinioni pubbliche europee», il Parlamento esclude esplicitamente i servizi audiovisivi, a prescindere dal modo di produzione, distribuzione e trasmissione, inclusi i servizi radiofonici e cinematografici. Per i deputati, infatti, la salvaguardia e la promozione della diversità e del pluralismo culturali «postulano misure particolari in grado di tener conto delle specifiche situazioni regionali e nazionali». Non sono comprese nel campo d’applicazione nemmeno le attività di giochi d'azzardo, inclusi i giochi con poste in denaro, le lotterie, i casinò e le transazioni relative a scommesse. Tale esclusione è anche giustificata dai deputati dalla totale impossibilità di attuare una concorrenza transfrontaliera leale tra gli operatori europei senza trattare - in parallelo o preventivamente - le questioni di coerenza della fiscalità fra gli Stati membri. Inoltre, sono escluse le professioni e le attività «associate permanentemente o temporaneamente all'esercizio dei poteri pubblici in uno Stato membro», in particolare la professione di notaio. I deputati, poi, escludono del tutto i servizi fiscali dal campo d'applicazione della direttiva, mentre la Commissione prevedeva una serie di eccezioni. Attingendo al compromesso tra popolari e socialisti, il Parlamento prevede anche l'esclusione delle agenzie di lavoro interinale, dei servizi di sicurezza e segnala quindi la necessità di armonizzare pienamente le norme sullo stabilimento per definire un quadro legale in merito all'attuazione del mercato interno in questi settori. libertà di prestazione di servizi E PRINCIPIO DEL PAESE D'ORIGINE A seguito di un complicato voto per appello nominale su quasi ogni singolo paragrafo dell'emendamento frutto del compromesso tra popolari e socialisti, il Parlamento ha confermato la cancellazione del principio del paese d'origine. La nuova formulazione prevede che gli Stati membri devono «rispettare il diritto dei prestatori di servizi» di operare in uno Stato membro diverso da quello «in cui hanno sede», e devono assicurare il libero accesso a un'attività di servizio e il libero esercizio dell'attività di servizio sul proprio territorio. Inoltre, gli Stati membri non devono ostacolare la prestazione di servizi sul loro territorio imponendo requisiti discriminatori, ingiustificati e sproporzionati. La discriminazione, in particolare, non deve essere fondata sulla cittadinanza o sulla sede sociale. I requisiti, poi, sono ritenuti giustificati solamente per motivi di pubblica sicurezza, protezione dell'ambiente e della salute. Il compromesso, inoltre, elenca una lunga serie di requisiti che sono considerati incompatibili con la libertà di prestazione dei servizi. Nell'elenco, ad esempio, figurano gli obblighi di stabilirsi sul territorio dove si presta il servizio o di ottenere un'autorizzazione, inclusa la registrazione in un albo professionale, fatti salvi però i casi previsti dalla stessa direttiva e da altre disposizioni comunitarie. E' anche vietato imporre al prestatore di aprire un ufficio o una sede sul proprio territorio oppure di possedere un documento d'identità emesso dalle autorità locali. Ad eccezione che per motivi sanitari e di sicurezza sul posto del lavoro, non è nemmeno possibile vietare al prestatore di ricorrere a materiali o attrezzature «che costituiscono parte integrante della prestazione del servizio». D'altra parte, queste disposizioni non ostano a che gli Stati membri in cui è prestato un servizio impongano requisiti specifici giustificati con motivi di politica pubblica, di politica di sicurezza, di protezione dell'ambiente e di salute pubblica. Lo stesso vale per quanto riguarda le condizioni di assunzione, inclusi gli accordi collettivi. Sono quindi stati eliminati i riferimenti alla politica sociale e alla protezione dei consumatori che avevano suscitato del malumore tra alcuni esponenti del PPE. E' stato infine confermata la richiesta rivolta alla Commissione di presentare, entro cinque anni dall'entrata in vigore della direttiva e previa consultazione degli Stati membri e delle parti sociali, una relazione sull'applicazione di queste disposizioni in cui dovrà essere esaminata la necessità di proporre misure di armonizzazione per le attività di servizio rientranti nel campo d'applicazione della direttiva. Le deroghe Nella sua proposta, la Commissione prevedeva 23 deroghe generali, tre transitorie e tre per casi individuali. I deputati, oltre a modificare quelle generali, propongono anche di sopprimere quelle transitorie. Queste ultime, infatti, decadono visto che i casi contemplati o sono stati inclusi con effetto immediato nel campo d’applicazione della direttiva (trasporto di fondi) o ne sono stati esclusi definitivamente (giochi d’azzardo) oppure sono diventati oggetto di una deroga permanente (recupero giudiziario dei crediti). Adottando un emendamento del PPE/DE, il Parlamento precisa che le disposizioni previste dall'articolo relativo alla libertà di prestazione dei servizi non si applicano ai servizi di interesse economico generale forniti in un altro Stato membro, come ad esempio, ai servizi postali (coperti dalla direttiva 97/67/CE), ai servizi di trasmissione, distribuzione e fornitura di energia elettrica (direttiva 2003/54/CE ), ai servizi di trasmissione, distribuzione e di fornitura e stoccaggio di gas (direttiva 2003/55/CE), ai servizi di distribuzione e di fornitura idrica e ai servizi di gestione delle acque reflue e al trattamento dei rifiuti. Una deroga generale vale anche per le materie disciplinate dalle direttive sul distacco dei lavoratori e per le disposizioni che determinano la legislazione applicabile in materia di lavoratori subordinati, per il controllo legale dei conti, per le spedizioni di rifiuti nonché, come accennato, per le attività di recupero giudiziario dei crediti. La deroga, inoltre, sarebbe applicata alle disposizioni della direttiva sul riconoscimento delle qualifiche professionali, compresi i requisiti fissati dagli Stati membri (dove il servizio è prestato) che riservano un’attività ad una particolare professione. In sostanza, gli Stati membri potranno continuare ad applicare le norme che riservano alcune attività a particolari professioni, come ad esempio le consulenze giuridiche agli avvocati e la sperimentazione animale ai veterinari. E’ valida anche per tutte le disposizioni di diritto internazionale privato, in particolare quelle relative al trattamento dei rapporti obbligatori contrattuali e extracontrattuali, compresa la forma dei contratti. Controlli A differenza di quanto proposto dalla Commissione, che contemplava l’esclusiva responsabilità dello «Stato membro d’origine» nel controllo dell’attività e dei servizi offerti del prestatore, i deputati conferiscono allo Stato membro di destinazione la facoltà di adottare delle misure di controllo al fine di garantire che il prestatore si conformi al proprio diritto nazionale per quanto riguarda l'esercizio della sua attività. Lo Stato membro può quindi procedere alle verifiche, ispezioni e indagini necessarie per controllare il servizio prestato, comprese quelle richieste dallo Stato membro di primo stabilimento Qualora lo Stato membro di destinazione constati che il prestatore di servizi non ha rispettato i propri obblighi, esso può obbligare il prestatore di servizi a depositare una cauzione oppure applicargli misure intermedie. La cauzione può essere utilizzata per l'esecuzione di decisioni e di sentenze di carattere amministrativo, civile e penale. Restrizioni vietate Gli Stati membri non possono imporre requisiti che limitano a un destinatario l'utilizzazione di un servizio fornito da un prestatore stabilito in un altro Stato membro. Non possono quindi imporre l'obbligo di ottenere un'autorizzazione dalle autorità competenti o di effettuare una dichiarazione presso di esse. Non è nemmeno possibile limitargli le possibilità di detrazione fiscale o la concessione di aiuti finanziari a causa del fatto che il prestatore è stabilito in un altro Stato membro o in funzione del luogo di esecuzione della prestazione. Infine, è vietato l’assoggettamento del destinatario ad imposte discriminatorie o sproporzionate sull'attrezzatura necessaria per ricevere un servizio a distanza proveniente da un altro Stato membro. Relazione con le altre disposizioni del diritto comunitario Il Parlamento, inoltre, precisa che, in caso di conflitto tra le disposizioni della direttiva e altre normative comunitarie che disciplinano aspetti specifici dell'accesso all'attività di un servizio e del suo esercizio in settori specifici o per professioni specifiche, «prevalgono e si applicano a tali settori o professioni specifiche» le pertinenti normative comunitarie. Quali, ad esempio, la direttiva relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi, il regolamento sull'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità, la direttiva in merito al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive e la direttiva relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali. E' anche precisato che l'esclusione degli obblighi contrattuali ed extracontrattuali dal campo d'applicazione della presente direttiva significa che i consumatori beneficeranno in ogni caso della tutela riconosciuta loro dalla normativa in materia, nel proprio Stato membro. Norme sociali per il distacco dei lavoratori Il Parlamento, come proposto dalla commissione parlamentare, ha cancellato le disposizioni specifiche in materia di distacco dei lavoratori avanzate nel testo originario. Con un nuovo considerando, puntualizza invece che la direttiva non concerne le condizioni di lavoro e di occupazione che si applicano ai lavoratori distaccati per prestare un servizio nel territorio di un altro Stato membro. In tali casi, è precisato, la direttiva 96/71/CE prevede che i prestatori dei servizi debbano conformarsi alle condizioni di occupazione applicabili, in alcuni settori elencati, nello Stato membro in cui viene prestato il servizio. Tra tali condizioni figurano: periodi massimi di lavoro e minimi di riposo, durata minima delle ferie annuali retribuite, tariffe minime salariali, condizioni di cessione temporanea dei lavoratori, salute, sicurezza e igiene sul lavoro, provvedimenti di tutela riguardo alle condizioni di lavoro e di occupazione di gestanti, puerpere, bambini e giovani, parità di trattamento tra uomo e donna nonché altre disposizioni in materia di non discriminazione. Inoltre, è aggiunto che ciò non riguarda solo le condizioni di occupazione stabilite per legge, ma anche quelle stabilite in contratti collettivi o sentenze arbitrali. La direttiva, infine, non dovrebbe impedire agli Stati membri di applicare condizioni di lavoro e condizioni di occupazione a questioni diverse da quelle elencate nella direttiva 96/71/CE per motivi di ordine pubblico. In relazione a queste precisazioni, i deputati della commissione per il mercato interno propongono di sopprimere gli articoli della proposta che prevedono disposizioni specifiche in materia di distacco dei lavoratori e quelle relative al distacco di cittadini di paesi terzi. DEFINIZIONI I deputati, d’altra parte, chiariscono, modificano o introducono nuove definizioni. Ad esempio, con “servizio” s’intende qualsiasi attività economica non salariata «fornita normalmente dietro retribuzione, la quale costituisce il corrispettivo economico della prestazione in questione ed è di norma convenuta tra prestatore e destinatario del servizio». In proposito, è anche precisato che la retribuzione è assente nelle attività svolte dallo Stato o da un’autorità regionale o locale, in campo sociale, culturale e giudiziario e, pertanto, non rientrano in tale definizione i corsi impartiti nell’ambito della pubblica istruzione da istituti pubblici e privati o la gestione dei regimi di previdenza sociale non impegnati in attività economiche. I "servizi d'interesse economico generale", invece, sono quelli qualificati in quanto tali dallo Stato membro e che sono soggetti a specifici obblighi di servizio pubblico imposti al prestatore di servizi dallo Stato membro interessato al fine di rispondere a determinati obiettivi di interesse pubblico. Il “prestatore” è qualsiasi persona fisica, avente la cittadinanza di uno Stato membro, o qualsiasi persona giuridica, stabilita in conformità con la legge di detto Stato membro, che offre o fornisce un servizio. Per evitare il ricorso a società di facciata, sono poi specificati i criteri per poter considerare un’impresa come “stabilita”: occorre esercitare effettivamente un'attività economica a tempo indeterminato mediante un’installazione stabile e con un'adeguata infrastruttura a partire dalla quale viene effettivamente offerto un servizio. Una semplice casella postale, quindi, «non costituisce uno stabilimento». Con “Stato membro di destinazione”, infine, si intende il paese in cui un servizio è fornito ed eseguito «su base transfrontaliera in modo saltuario» da un prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro. SEMPLIFICAZIONE AMMINISTRATIVA E INFORMAZIONE La direttiva prevede una serie di misure volte ad agevolare la prestazione di servizi transfrontalieri, eliminando regimi, procedure e formalità di autorizzazione eccessivamente onerosi «che ostacolano la libertà di stabilimento e la creazione di nuove società di servizi». I deputati condividono questa impostazione ma chiariscono diversi suoi aspetti. Più in particolare, è chiesto agli Stati membri, d'intesa con la Commissione, di introdurre, se necessario e possibile, moduli europei armonizzati, equivalenti ai certificati, agli attestati e ad altri documenti in materia di stabilimento che sanciscono il rispetto di un requisito nello Stato membro di destinazione. D’altra parte, gli Stati membri che chiedono ad un prestatore o ad un destinatario di fornire un qualsiasi documento attestante il rispetto di un particolare requisito, dovranno accettare i documenti rilasciati da un altro Stato membro che abbiano valore equivalente o dai quali risulti che il requisito in questione è rispettato. Di norma, inoltre, non potranno imporre la presentazione di documenti rilasciati da un altro Stato membro sotto forma di originale, di copia conforme o di traduzione autenticata. Tre anni dopo l'entrata in vigore della direttiva, gli Stati membri dovranno istituire un punto di contatto denominato “sportello unico” che, secondo i deputati, dovranno essere coordinati dalla Commissione attraverso uno sportello europeo. In queste strutture, ogni prestatore di servizi potrà espletare una serie di procedure e formalità necessarie per poter svolgere le attività di servizio di sua competenza - come dichiarazioni, notifiche o domande di autorizzazione presso le autorità competenti, comprese le domande di iscrizione in registri, ruoli, banche dati, o ordini professionali - oppure inoltrare le domande di autorizzazione necessarie all'esercizio delle attività di servizio di sua competenza. Attraverso gli sportelli unici, inoltre, gli Stati membri dovranno garantire ai prestatori e ai destinatari di prendere agevolmente conoscenza di una serie di informazioni relative alle procedure e alle formalità, alle coordinate delle autorità competenti, alle condizioni di accesso ai registri e alle banche dati pubblici, nonché alle informazioni concernenti le possibilità di ricorso disponibili e gli estremi delle associazioni presso le quali possono ricevere assistenza. Dopo tre anni dall’entrata in vigore della direttiva - e non entro il 31 dicembre 2008 come proposto dalla Commissione - tutte le procedure e le formalità dovranno poter essere espletate anche a distanza e per via elettronica. LIBERTA’ DI STABILIMENTO La direttiva prevede anche una semplificazione delle procedure di autorizzazione per l'accesso alle attività di servizi e il loro esercizio. Gli Stati membri possono prevedere un regime di autorizzazione, se ciò non comporta una discriminazione nei confronti del prestatore, se l’obiettivo perseguito non può essere conseguito tramite una misura meno restrittiva e se la sua necessità è giustificata da «motivi imperativi di interesse generale». Con quest’ultima nozione i deputati intendono, tra gli altri, la protezione della politica pubblica, l'ordine pubblico, la sicurezza pubblica e la sanità pubblica. Ma anche il mantenimento dell'equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale, «compreso il mantenimento di servizi medici equilibrati e accessibili a tutti», la tutela dei consumatori, dei destinatari di servizi e dei lavoratori, l'equità delle transazioni commerciali e la lotta alla frode. E ancora la tutela dell'ambiente, incluso l'ambiente urbano, la salute degli animali, la proprietà intellettuale, la conservazione del patrimonio nazionale storico ed artistico od obiettivi di politica sociale e di politica culturale. I regimi di autorizzazione, d’altra parte, devono basarsi su criteri che inquadrino l'esercizio del potere di valutazione da parte delle autorità competenti «affinché non sia utilizzato in modo arbitrario o discrezionale». Più in particolare, i criteri devono essere non discriminatori, giustificati da un motivo imperativo di interesse generale e ad esso commisurati, precisi e inequivocabili, oggettivi, resi pubblici in precedenza e, hanno aggiunto i deputati, trasparenti e accessibili. L'autorizzazione che, in principio, ha durata illimitata, deve permettere al prestatore di accedere all’attività di servizio o di esercitarla su tutto il territorio nazionale, anche mediante l’apertura di agenzie, di succursali, di filiali o di uffici. Ciò non vale nei casi in cui un motivo imperativo di interesse generale giustifichi la necessità di un’autorizzazione specifica per ogni installazione o di un'autorizzazione limitata ad una specifica parte del territorio nazionale. Gli Stati membri, inoltre, non potranno subordinare l'accesso ad un'attività di servizi e il suo esercizio sul loro territorio al rispetto di una serie di requisiti fondati, ad esempio, sulla nazionalità del prestatore o del suo personale o sulla sede della società. Non si potrà neanche ricorrere al divieto di essere stabilito in diversi Stati membri o di essere iscritto nei registri o nell'albo professionale di diversi Stati membri. Oppure, non si potrà imporre l'obbligo di presentare una garanzia finanziaria o di sottoscrivere un'assicurazione presso un prestatore o presso un organismo stabilito sul territorio degli Stati membri in questione, né quello di essere già stato iscritto per un determinato periodo nei registri degli Stati membri in questione o di aver esercitato in precedenza l'attività sul loro territorio per un determinato periodo. Dibattito (14/02/2006) Intervento della relatrice Evelyne GEBHARDT (PSE, DE) ha innanzitutto sottolineato l'importanza del progetto legislativo che porterà alla libera circolazione dei servizi, come già avviene per le merci e il denaro. Ha poi evidenziato come la proposta abbia creato una frattura tra nuovi e vecchi Stati membri che fanno parte di una comunità in cui tutti hanno gli stessi doveri e i medesimi valori. Per la relatrice, l'uomo deve essere al centro della politica e del processo legislativo, mentre le piccole e medie imprese vanno tutelate. Si è poi detta fiduciosa che il voto del Parlamento porti a passi avanti decisivi, anche eliminando gli oneri burocratici e proteggendo l'ambiente. La soluzione proposta, ha aggiunto, è di permettere la libera prestazione di servizi imponendo il rispetto delle leggi dello Stato di destinazione. La direttiva, inoltre, andrebbe applicata unicamente ai servizi commerciali, esentando quelli di interesse generale. Affermando poi di avere l'impressione che questa impostazione possa essere condivisa dalla Commissione e dal Consiglio, ha sottolineato come le modifiche intendono salvaguardare gli aspetti sociali, i lavoratori e l'ambiente. Per la relatrice, il Parlamento deve quindi essere fiero di aver reso un servizio a 450 milioni di cittadini e le altre istituzioni dovrebbero seguire la strada che sarà indicata dal voto in plenaria. Dichiarazione del Consiglio Per Martin BARTENSTEIN l'attuazione della direttiva deve servire a raggiungere gli obiettivi di Lisbona in termini di crescita e di occupazione. Il mercato unico, ha aggiunto, ha conseguito grandi successi ed è per tale motivo che le persistenti lacune debbono essere colmate. In tale esercizio, ha però precisato, occorre trovare il giusto equilibrio tra gli interessi dei consumatori, il miglioramento della competitività e la crescita. L'obiettivo è chiaro: consentire la libertà di prestare servizi, eliminando le barriere ingiustificate e, in tale contesto, il voto del Parlamento costituirà una base importante per i successivi lavori. La liberalizzazione, per la Presidenza, porterà molti vantaggi per i cittadini, senza indebolire il modello sociale ed evitando il dumping sociale. Infatti, non avrà nessun effetto sul diritto del lavoro, sui controlli e sulla direttiva in merito al distacco dei lavoratori e i servizi di interesse generale non rientrano nel campo d'applicazione. Il Ministro ha quindi espresso l'auspicio che, in occasione del voto, si delinei una larga maggioranza, anche sui punti più controversi. Su questa base, ha aggiunto, la Commissione dovrà svolgere un ruolo attivo e la Presidenza farà tutto il possibile per giungere a una direttiva equilibrata che favorisca la crescita economica e dell'occupazione, sfruttando tutto i potenziale del mercato interno. Dichiarazioni della Commissione José Manuel BARROSO ha affermato che l'esame della direttiva da parte del Parlamento rappresenta una tappa cruciale della strategia europea per la crescita ed è un momento di grande importanza per il futuro dell'Unione, che va aldilà dell'argomento trattato. Si tratta di sapere, ha spiegato, se l'Europa a 25 è capace di trovare le giuste soluzioni per fronteggiare i problemi più sentiti dall'opinione pubblica. Il Presidente ha poi sottolineato la necessità che si giunga ad un ampio consenso in seno al Parlamento che crei le condizioni per una convergenza tra le tre Istituzioni. Nel ricordare, in seguito, come la direttiva proposta dalla precedente Commissione guidata da Romano Prodi abbia suscitato vive preoccupazioni nell'opinione pubblica, ha affermato che se alcune di esse erano basate su legittimi timori per l'acquis sociale, altre, invece, erano spesso ingiustificate. Occorre, ha affermato, un mercato che funzioni veramente e tradurre in atti le quattro libertà previste dai Trattati, rispondendo alle preoccupazioni legittime. Per tale motivo è necessario un compromesso e, ha aggiunto, la Commissione è pronta a riprendere nella sua proposta riveduta tutti quegli elementi di progresso che raccoglieranno una larga maggioranza parlamentare. Dopo un anno difficile, ha proseguito il Presidente, torna la fiducia e occorre quindi rispondere alle attese dei cittadini. Se il voto del Parlamento riuscirà a conciliare la competitività con le esigenze sociali, ha quindi esclamato, sarà una vittoria per l'Unione nel suo insieme. E' infatti inaccettabile, ha detto, che vi siano 20 milioni di disoccupati in Europa ed è questo il principale elemento che alimenta il clima di sfiducia. E visto che sono i servizi e le PMI ad avere maggiori potenzialità di crescita e, quindi, di creare occupazione, questa direttiva assume particolare importanza. Occorre, ha concluso, tradurre in realtà le nostre ambizioni. Charlie McCREEVY ha esordito illustrando una serie di vantaggi che deriverebbero dalla direttiva: semplificazione delle procedure e delle formalità, più ampia possibilità di scelta dei consumatori e maggiore cooperazione tra gli Stati membri per realizzare i controlli sulle aziende. Nel sottolineare l'elevato numero di emendamenti proposti dal Parlamento, ha poi affermato che la Commissione prenderà in debita considerazione quelli che otterranno un ampio sostegno e che miglioreranno la proposta originaria. Il commissario ha quindi affermato che quanto proposto dalla commissione per il mercato interno del Parlamento costituisce una buona base per la futura proposta dell'Esecutivo, che sarà presentata entro la fine del mese di aprile. D'altra parte, se verrà confermato lo stralcio degli articoli 24 e 25 sul distacco dei lavoratori, ha precisato che la Commissione dovrà definire delle norme specifiche volte ad evitare l'aggiramento delle norme comunitarie. Ha quindi concluso che il voto del Parlamento è un'opportunità per gettare le basi di una direttiva che liberi il potenziale di crescita economica e dell'occupazione. Interventi in nome dei gruppi Hans-Gert POETTERING (PPE/DE, DE) ha affermato di accogliere con favore la manifestazione dei sindacati «in quanto dimostra che il Parlamento è forte», ha però espresso dubbi sui contenuti delle rivendicazioni. Nel sostenere che la liberalizzazione dei servizi era prevista sin dal 1958, il deputato ha notato che da allora è stata la Corte di giustizia a definirne la portata. La direttiva, invece, cambierà questa situazione. Si tratta, ha aggiunto, di una decisione politica e costituisce la prova del fuoco per verificare quanto sono presi sul serio gli obiettivi di Lisbona. Stigmatizzando poi i tentativi di bloccare la direttiva, il leader popolare ha ricordato che il suo gruppo ha proposto numerosi emendamenti volti a migliorare la proposta, praticamente riscrivendola interamente. Il deputato si è detto disponibile a trovare un compromesso, «ma non ad ogni costo» ed ha affermato di essere contrario a un'attuazione puntuale dettata dalla Corte di giustizia. Infatti, ha spiegato, occorre certezza del diritto, semplificazione e trasparenza per un vero mercato interno che vada a vantaggio dei prestatori di servizi e dei consumatori, sfruttando al massimo la potenzialità di crescita. Il deputato ha quindi concluso sostenendo che le preoccupazioni dei cittadini debbono essere prese sul serio se si vuole dare un futuro al progetto europeo. Martin SCHULZ (PSE, DE) ha sottolineato come questa direttiva sia una delle più controverse degli ultimi anni e come, in sostanza, definisca il modello di società che si vuole. Il suo gruppo, ha ricordato, ha sempre difeso i salari, l'ambiente e i consumatori, mentre la proposta pensava solo alla crescita. «Bolkestein non c'é più», ha quindi esclamato sostenendo che questo messaggio è più importante del testo. Per il leader socialdemocratico, il tentativo di dividere l'Europa è fallito, così come non è riuscita la manovra tesa a strumentalizzare la direttiva per ottenere un mercato interno sul modello liberista. La grande maggioranza del Parlamento, ha quindi affermato, è a favore di una direttiva che assicuri l'accesso al mercato nel rispetto della legislazione dello Stato membro di destinazione in materia sociale, ambientale e di tutela dei consumatori. Il modello sociale è quindi salvaguardato. Il deputato ha quindi concluso sottolineando come le decisioni importanti non possano più prescindere dalla posizione del Parlamento che, ancora una volta, ha dimostrato cosa si può fare per i semplici cittadini - «che non sono azionisti della grandi multinazionali» - difendendo il modello sociale europeo. «Garantisco che Bolkestein è ancora vivo e vegeto!», ha esclamato Graham WATSON (ALDE/ADLE, UK) sostenendo che è per questo motivo che Martin Schulz ha questo atteggiamento. Il Parlamento deve scegliere una via per le riforme che porti ad un'Unione europea dinamica e competitiva che crei occupazione, benessere e opportunità per tutti. Il protezionismo, ha infatti spiegato, può portare qualche vantaggio per alcuni nel breve termine, ma va a svantaggio di tutti nel lungo periodo, «specialmente per i 20 milioni di disoccupati». Il settore dei servizi, per i leader dei liberaldemocratici, è strangolato da un'insensata massa di norme. Ricordando quindi che il 90% delle imprese di servizio sono piccole e medie, ha affermato di sostenere il principio del paese d'origine che consentirebbe loro di valutare i mercati stranieri. Abolendo questo principio, invece, si dimezzano gli effetti di crescita. Il gruppo, ha aggiunto, è a favore di un compromesso ma la direttiva non porta al dumping sociale, per questo la proposta originaria trasformava in realtà per 450 milioni di cittadini i principi della libera circolazione delle merci, dei servizi e delle persone. Non bisogna quindi proteggere un settore piuttosto che un altro, ma legiferare a favore dell'economia nel suo insieme. Il paragrafo 3 dell'articolo 16 (del compromesso PPE/DE - PSE sul principio del paese d'origine, ndr), ha poi detto, è contrario alla giurisprudenza della Corte e ai trattati. Maggiore produttività, più alta occupazione, salari più elevati, imprese più forti, sono nelle nostri mani e per questo, ha concluso, l'Aula deve votare in modo tale da fare dell'Europa un mercato dinamico per l'occupazione ed i servizi. Per Heide RÜHLE (Verdi/ALE, DE), raramente una proposta legislativa ha suscitato tanta mobilizzazione e la relatrice è riuscita «a disinnescare la carica esplosiva» della proposta, anche se il compromesso non contribuisce a chiarire il testo. Ha poi sottolineato che i servizi di interesse generale dovranno essere trattati separatamente e la direttiva deve solo riguardare i servizi commerciali. Ha poi criticato la poca chiarezza nella definizione di servizi sociali e la mancanza di chiarezza sui servizi esentati o soggetti a deroga. In alternativa al principio d'origine ha sostenuto la necessità di aprire il mercato dei servizi sottoponendo però i prestatori agli standard del paese di destinazione. Ha quindi concluso che il suo gruppo vtaterà contro la direttiva. Francis WURTZ (GUE/NGL, FR) ha sottolineato che i referenda francese e olandese hanno cambiato il paesaggio euroepeo. Ma la direttiva, così come è proposto di modificarla, non può rassicurare i lavoratori, come tanti asseriscono. Sono infatti sottovalutati gli effetti dell'acquis comunitario e la giurisprudenza della Corte di giustizia che protegge sempre le imprese in base al principio del paese d'origine. Occorre quindi una controffensiva per mantenere l'acquis sociale poiché il compromesso si schiera al fianco della Commissione. Le garanzie sociali, per il leader della sinistra europea, sono poi facilmente aggirabili. La direttiva va pertanto respinta. Nigel Paul FARAGE (IND/DEM, UK) ha posto in luce il fatto che in Europa vi sono 20 milioni di disoccupati, bassi tassi di crescita e si sono ridotti gli investimenti stranieri. Pertanto, ha aggiunto, gli obiettivi di Lisbona sono solamente un «miraggio». Non è vero che con più norme si migliorano le cose, ha sostenuto stigmatizzando l'elevato numero di direttive sui servizi finanziari. Il deputato ha quindi concluso asserendo che sarà la Corte di giustizia a legiferare in materia, trasferendo il potere dei cittadini a «istituzioni europee fallaci». Adam BIELAN (UEN, PL) ha affermato che uno dei principali obiettivi dei padri fondatori - il completamento del mercato unico - non è stato raggiunto, ma la direttiva offre questa possibilità. Secondo il deputato, infatti, l'attuazione della direttiva potrebbe portare alla creazione di 600.000 nuovi posti di lavoro, alla riduzione dei prezzi ma anche all'aumento della produttività e dei salari. Ha quindi esortato l'Aula ha dimostrare «quanto siamo europei» ed essere coraggiosi nell'abbattere le barriere che frenano lo sviluppo del mercato. Intervento della relatrice per parere della commissione per l'occupazione e gli affari sociali Anne VAN LANCKER (PSE, BE) ha sottolineato l'importante segnale del Parlamento che si assume le proprie responsabilità nel permettere la creazione di un mercato unico dei servizi, salvaguardando il modello sociale ed evitando il dumping sociale. I diritti sociali, ha infatti precisato, non possono essere compromessi. In particolare vanno garantite le norme sul distacco dei lavoratori e sulle condizioni di lavoro. Ha poi sostenuto che i servizi di interesse generale debbono essere esclusi dal campo d'applicazione e al contempo occorre migliorare l'accesso alle informazioni e rimuovere gli oneri burocratici. Osservando che vi sarebbero altri servizi che andrebbero esclusi dal campo d'applicazione, ha quindi espresso l'auspicio che il testo modificato lanci un segnale a Consiglio e Commissione. Interventi dei deputati italiani Roberto MUSACCHIO (GUE/NGL, IT) ha posto in evidenza la «grandissima manifestazione» di Strasburgo che «ha espresso, in modo forte e chiaro, il bisogno di un'altra Europa», che «è l'opposto della direttiva Bolkestein e non può trovare soddisfazione neppure in un compromesso che è lungi dal recepire questa esigenza». Per il deputato, infatti, si crea «un diritto prevalente del fare profitto con i servizi mercificati, rendendo legge fondamentale le norme del commercio, del GATS, piuttosto che i diritti e le migliori pratiche». Si è quindi chiesto: chi decide cosa è necessario, proporzionato e non discriminatorio? Questa direttiva, ha risposto, «finirà per creare un elevato numero di controversie giudiziarie». Questa situazione, inoltre, sarebbe aggravata dal fatto che nel compromesso non sono esclusi dal campo di applicazione della direttiva i servizi pubblici e i servizi di cittadinanza, dicendosi invece colpito dal fatto che sono escluse le professioni e i servizi finanziari e assicurativi, «vale a dire i poteri forti». I lavoratori autonomi «vengono lasciati al dumping» e, per il deputato, «è facile pensare cosa accadrà». Ha quindi concluso affermando di volere «il nuovo» e invece «ci viene riproposto il vecchio», pertanto ha annunciato il suo voto contrario sulla direttiva e sul «cattivo compromesso». Mario BORGHEZIO (IND/DEM, IT) ha da subito precisato di essere e di restare contrario alla direttiva che, così modificata, pur mitigando le modifiche apportate «non elimina del tutto le gravi conseguenze che essa può determinare in termini di dumping sociale e sopratutto di indebolimento del ruolo e dei poteri degli enti territoriali». Inoltre, la proposta generalizzata di eliminare gli ostacoli all'ingresso dei prestatori di servizi stranieri, per il deputato, «rischia di ridurre nei confronti dei cittadini il livello qualitativo dei servizi erogati» e, in proposito ha citato ad esempio la fornitura dei cibi biologici alle mense scolastiche. Ha poi criticato il fatto che si dovrà dire «addio» a tutta una serie di regolamentazioni che gli Stati e gli enti locali hanno posto a tutela dei consumatori utenti. Questo compromesso, ha aggiunto, spalanca inoltre le porte a un immenso contenzioso e quindi, non servirà certamente a sburocratizzare e snellire il mercato dei servizi. In proposito, ha citato tutti i conflitti che verranno sottoposti all'esame della Corte di giustizia e quindi di una giurisprudenza europea, «di un superdiritto europeo che calpesta il diritto degli Stati e le normative locali, territoriali». Ha poi concluso affermando il proprio voto contrario anche «a questo tentativo di imporre, comunque surrettiziamente», il principio del paese d'origine che, si dice, essere stato mitigato nella direttiva. «Con questa direttiva, il Parlamento europeo rischia di generare un mostro», ha esordito Roberta ANGELILLI (UEN, IT). E' infatti sostanzialmente fallito l'obiettivo di abbattere «quelle odiose barriere burocratiche, che mortificano di fatto la libera circolazione dei servizi». Quel che resta della direttiva, ha spiegato, «è un pasticcio, frutto della logica del compromesso a oltranza che mette insieme quello che insieme non può stare: la liberalizzazione selvaggia e la difesa dei privilegi corporativi di certe categorie e di certi settori». In proposito, ha quindi ricordato che, dal suo campo d'applicazione, restano esclusi «tutti i settori forti» come le telecomunicazioni, i servizi bancari e finanziari, le assicurazioni, i servizi giuridici, mentre la direttiva sarà applicata a tutti «i settori deboli che hanno bisogno di più tutele sociali e che hanno minore capacità di esercitare una rappresentanza e di fare delle pressioni». D'altra parte, ha accolto con favore la rimozione del principio del paese d'origine ed ha auspicato che restino esclusi dal campo d'applicazione tutti i servizi di interesse generale. La deputata ha poi illustrato alcuni emendamenti presentati al testo. Uno di questi è teso a imporre l'obbligo per la Commissione di presentare una relazione al Parlamento europeo sullo stato di attuazione della direttiva al fine di verificare la corretta applicazione e accertare che la direttiva non violi le norme a tutela dei diritti dei lavoratori e dei consumatori. Un altro chiede l'istituzione di un osservatorio nazionale in ogni Stato membro, che elabori una relazione annuale e che verifichi l'applicazione della direttiva affinché essa non violi i diritti dei lavoratori e non determini pratiche di dumping sociale. Questo osservatorio dovrebbe anche vigilare affinché siano applicate ai lavoratori tutte le tutele per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro. Luigi COCILOVO (ALDE/ADLE, IT) ha sostenuto che tutti sono assolutamente convinti dell'esigenza di completare il mercato interno per i servizi, «eliminando ostacoli, incrostazioni e tutele protezionistiche», poiché si tratta di un problema reale e diffuso. Tuttavia, ha aggiunto, le proposte iniziali della Commissione «erano contraddittorie e per molti versi ambigue e sbagliate». L'errore fondamentale, ha spiegato, «è stato aver innescato percezioni opposte e tutte negative». Come, ad esempio, pensare che il rilancio di una competizione virtuosa «si riducesse in sostanza ad un lasciapassare di dumping sociale e democratico». Dall'altro lato, in conseguenza delle più che legittime resistenze nei confronti di queste ambiguità, l'errore è stato di dare la sensazione a molti paesi, soprattutto ai nuovi arrivati, che si volessero consolidare o difendere barriere protezionistiche e ostacoli alla libera circolazione dei servizi. Per il deputato, a partire dai testi di compromesso presentati, è possibile «correggere in modo sostanziale queste contraddizioni e questi difetti». Se una critica è fondata, ha aggiunto, essa riguarda semmai alcune esclusioni e deroghe in settori «che veramente pesano negativamente sulle prospettive di crescita competitiva dei sistemi produttivi, economici e sociali europei», come le attività professionali, i servizi bancari e finanziari e assicurativi e le forniture energetiche. Molti sostengono che la montagna rischia di partorire il topo, ha quindi concluso, rispondendo a tali obiezioni che è «meglio questo rischio che il parto dello scorpione, visto che il veleno depositato nella coda del piccolo animaletto avrebbe soprattutto inquinato l'equilibrio del modello sociale europeo». Stefano ZAPPALÀ (PPE/DE, IT), ha ricordato di essere stato relatore delle direttive sugli appalti pubblici e sulle qualifiche professionali, evidenziando come, nonostante le centinaia di emendamenti, abbiano infine raccolto un ampio consenso in Parlamento sia al Consiglio. Sostenendo che i principi e le finalità alla base delle due direttive sono analoghi, ha fatto notare che «la proposta Prodi non ha colto né i motivi né i contenuti» e quindi il Parlamento ha dovuto riscrivere le due direttive. Tutti noi, ha proseguito, «vogliamo l'apertura dei mercati anche al lavoro, oltre che alle merci e al denaro », ma ciò va fatto armonizzando tra loro i sistemi nazionali e non «stravolgendo tutto e subito». Ha quindi sottolineato che la clausola di revisione a non oltre cinque anni «consente passaggi graduali». Dichiarandosi favorevole a questa direttiva, ha tuttavia auspicato un approccio «cauto, con soluzioni di buon senso politico», senza traumi né scontri ideologici, ribadendo poi di non apprezzare chi, «anziché cercare un compromesso, vuole bocciare l'ipotesi negando con ciò i Trattati». In conclusione ha espresso l'auspicio che «questa direttiva goda di una larga maggioranza». Pier Antonio PANZERI (PSE, IT) ha esordito ricordando il «percorso tortuoso e difficile» della direttiva che, fin dalle sue origini, ha ricevuto forti critiche, sfociate oggi in una grande manifestazione del sindacato europeo per sostenere la necessità in Europa di una direttiva servizi che non completi il mercato interno a scapito della coesione sociale. Per il deputato, il lavoro del Parlamento si è posto l'obiettivo di «contribuire allo sviluppo e alla crescita europea» senza però «mai perdere di vista la dimensione sociale che l'Europa deve avere» e, soprattutto, la necessità di non rimandare «ad un tempo indistinto il processo di armonizzazione». Pur riconoscendo che esistono ancora «alcuni problemi da risolvere» - quali i servizi di interesse economico generale - le modifiche apportate e il compromesso raggiunto «rispondono in buona parte alle questioni poste e alle rivendicazioni avanzate», sia per ciò che riguarda il diritto del lavoro sia per quanto concerne il cosiddetto principio del paese d'origine. Concludendo, ha sottolineato che, fino ad oggi, si è fatto «un buon lavoro», senza sottrarsi al «confronto di merito», ma contribuendo all'«all'identificazione di alcune soluzioni possibili» e che il Parlamento sarà «in campo» anche dopo il voto sulla prima lettura. Lia SARTORI (PPE/DE, IT), dichiarandosi convinta che la direttiva «rappresenti un passo avanti nel completamento del mercato interno», ha annunciato che la sua delegazione voterà a favore. La deputata ha ricordato che il «vero scontro» nell'intero iter della direttiva - ma soprattutto nelle ultime settimane - è stato determinato dalle differenze che esistono all'interno dei 25 Stati membri. Da una parte, ha spiegato, vi è chi vuole una crescita e uno sviluppo «scommettendo e rischiando sul nuovo, sull'innovazione, sulla flessibilità, sulla possibilità di lavorare in un mercato più libero e più aperto». Dall'altro, invece, vi è chi ritiene che «le conquiste realizzate finora si possano meglio difendere richiudendosi al proprio interno». Auspicando che alla conclusione del dibattito risulterà chiaro che la divisione non è stata «fra vecchi e nuovi paesi», ha ribadito il suo appoggio alla direttiva poiché rappresenta un importante «primo piccolo passo avanti». Per Riccardo VENTRE (PPE/DE, IT), l'adozione di questa direttiva, soprattutto se sarà sancita da una larga maggioranza, «è un momento politico di grande importanza» in quanto verrebbe ribadito così il ruolo di mediatore del Parlamento nel processo legislativo tra la «burocrazia europea e le individualità dei singoli Stati». Come mediatori, ha aggiunto, «abbiamo l'obbligo di contemperare le esigenze di liberalizzazione del mercato con i diritti delle fasce sociali più deboli». Pur sostenendo che si sarebbe potuto «fare di più sulla strada della liberalizzazione», ha definito l'accordo del partito popolare europeo e del partito socialista europeo un «buon compromesso sulla strada della liberalizzazione» di un settore che riguarda grandissima parte della nostra economia. Il testo, d'altra parte, potrà essere migliorato e il processo di liberalizzazione potrà proseguire grazie alla clausola di revisione. Link utili
Proposta della Commissione europea Riferimenti
Evelyne
GEBHARDT (PSE, DE) |
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La libertà d'espressione è un diritto fondamentale che va difeso, ma non se ne deve abusare incitando all'odio religioso e alla xenofobia. E' quanto afferma una risoluzione del Parlamento che condanna le violenze e critica la condotta di gruppi estremistici e paesi spesso non democratici che, con il pretesto delle caricature di Maometto, le fomentano. L'Aula deplora la ripresa della propaganda antisemitica, condanna l'omicidio di padre Santoro e sollecita il dialogo interreligioso. Adottando la risoluzione comune - sostenuta da PPE/DE, PSE, Verdi/ALE, ALDE/ADLE e UEN - il Parlamento difende la libertà di espressione «in quanto valore fondamentale dell'UE», tuttavia essa deve essere esercitata nei limiti consentiti dalla legge e dovrebbe coesistere con la responsabilità personale ed essere basata sul rispetto dei diritti e delle sensibilità altrui. Pertanto, i deputati chiedono a tutti coloro che godono della libertà di espressione di impegnarsi a sostenere i valori fondamentali dell'UE - democrazia, pluralismo, tolleranza - e di non abusare di tale libertà «incitando all'odio religioso o divulgando dichiarazioni xenofobe e razziste volte a emarginare le persone, qualunque siano la loro origine o convinzioni religiose». Il Parlamento, inoltre, precisa che la libertà di espressione dovrebbe sempre essere esercitata nei limiti consentiti dalla legge e dovrebbe coesistere con la responsabilità e con il rispetto dei diritti umani, dei sentimenti e delle convinzioni religiose, «indipendentemente dal fatto che riguardino la religione islamica, cristiana, giudaica o qualsiasi altra religione». Per i deputati, d'altra parte, la libertà di espressione e l'indipendenza della stampa, in quanto diritti universali, non possono essere pregiudicate da un singolo o da un gruppo che si ritenga offeso da parole o scritti. Il Parlamento, pertanto, esprime allo stesso tempo la sua considerazione nei confronti di coloro che si sono sentiti offesi dalle caricature del profeta Maometto, «ma sottolinea che nel quadro dell'attuale legislazione europea e nazionale può essere intentata un'azione giudiziaria contro qualsiasi tipo di condotta offensiva». Inoltre, condanna «nel modo più categorico possibile» il fatto che siano state completamente incendiate le ambasciate di alcuni Stati membri dell'UE, nonché le minacce contro gli individui. Al contempo deplora il fatto che alcuni governi non siano stati capaci di impedire la violenza e che altri governi abbiano tollerato attacchi violenti. In proposito, invita quindi i paesi in cui tali incidenti sono avvenuti «a mostrare chiaramente e nella pratica che tali incidenti in futuro non verranno accettati». I deputati, inoltre, sottolineano che molti dei paesi in cui le violenze e le manifestazioni contro le caricature hanno avuto luogo sono paesi nei quali la libertà di espressione, la libertà di parola e la libertà di riunione «sono regolarmente violate». La risoluzione sottolinea inoltre che un boicottaggio contro uno Stato membro «contraddice il fatto che gli accordi commerciali sono sempre stipulati con l'UE nel suo complesso» e, ricordando la clausola di solidarietà del Trattato, esprime tutto il suo sostegno e la sua solidarietà alla Danimarca e ai paesi e alle persone interessati, confrontati con questa situazione «inaudita e difficile». D'altro lato, i deputati accolgono con favore le dichiarazioni e gli sforzi dei leader delle comunità musulmane europee e nel mondo arabo che hanno condannato con fermezza i violenti attacchi perpetrati contro le ambasciate e l'incendio delle bandiere. Nell'esprimere, poi, la sua solidarietà ai giornalisti in Giordania, Egitto e Algeria che «hanno avuto il coraggio» di ripubblicare e di commentare in modo pertinente le vignette, il Parlamento condanna vigorosamente il loro arresto ed esorta i rispettivi governi ad assolverli da tutte le accuse. Inoltre, afferma di sostenere tutte le forze democratiche - i politici, i media e la società civile - che si trovano di fronte a regimi religiosi autoritari o oppressivi e che lottano contro di essi e condanna l'assassinio di padre Santoro da parte di un fanatico religioso in Turchia e anche le morti di tutte le altre vittime della recente violenza. Il Parlamento, poi, pur riconoscendo che le caricature che hanno generato le proteste non favoriscono il dialogo, si rammarica profondamente del fatto che esistano gruppi estremisti organizzati, sia in Europa che nel mondo musulmano, che «hanno un interesse nell'inasprimento delle tensioni attuali» e che «usano le caricature come pretesto per incitare alla violenza e alla discriminazione». In proposito, sottolinea che la maggior parte della popolazione in tutti i paesi interessati ha un'opinione diversa e lotta per la pace, la stabilità e gli scambi economici e culturali. Inoltre, deplora la ripresa, «in forma ancor più accentuata», della propaganda antisemitica e anti-israeliana in alcuni paesi arabi e in Iran e sottolinea che in tali paesi sono regolarmente pubblicate caricature degradanti e umilianti degli ebrei, il che dimostra che «evidentemente essi non applicano le stesse regole a tutte le comunità religiose». I deputati, pertanto, sollecitano il ritorno a un clima di dialogo costruttivo e pacifico e chiedono l'impegno dei responsabili locali, politici e religiosi per porre fine agli atti di violenza. La promozione del dialogo interculturale e interreligioso e l'avanzamento della comprensione e del rispetto reciproco, a loro parere, rappresentano «una sfida permanente per il mondo globalizzato». Secondo il Parlamento, per lo sviluppo di queste misure occorrerà utilizzare in modo completo il contesto di cooperazione e di dialogo con i paesi partner del Mediterraneo e dell'Asia. In proposito, rammenta che l'Assemblea parlamentare euromediterranea (APEM) costituisce il forum ideale per cooperare a favore di una società democratica, pluralista, tollerante e fondata sui valori dei diritti dell'uomo. Dibattito (15/02/2006) Dichiarazione del Consiglio Per Hans WINKLER la controversia sulle caricature tocca temi che interessano particolarmente l'Unione europea essendo legati alla coesistenza costruttiva tra le religioni. Nel deplorare le violenze, i morti, gli attacchi alle ambasciate e gli appelli al boicottaggio commerciale, il Ministro ha sottolineato che i governi non devono sottrarsi alle loro responsabilità e prendere delle misure per distendere la situazione. Il Consiglio, ha aggiunto, a fine gennaio ha espresso la sua solidarietà nei confronti della Danimarca ed ha messo in luce, al contempo, l'importanza della libertà di stampa e di opinione. Si tratta di un valore che l'Unione difende e che è frutto di tante lotte condotte in passato. Questo diritto, ha però aggiunto, è anche responsabilità dei singoli e delle istituzioni e la Presidenza ha già avviato diverse iniziative. Consiglio e Stati membri, inoltre cercheranno di promuovere il dialogo con il mondo islamico e saranno fatti ulteriori passi per agevolare la rappacificazione. La leadership dell'Unione è necessaria, ha aggiunto, ma nelle nostre società non è pensabile che i governi dettino alla stampa la condotta da seguire. Occorre quindi dimostrare di sostenere una mediazione credibile che concili le diversità culturali. L'Unione, democratica e pluralista, deve far capire alla comunità musulmana che auspica relazioni amichevoli. Per il Ministro è infatti importante che tra le varie religioni regni la fiducia e, in tale contesto, è importante instaurare un dialogo costruttivo. Dichiarazione della Commissione José Manuel BARROSO ha affermato che la pubblicazione delle caricature e le reazioni conseguenti hanno sollevato questioni molto importanti, come il rispetto della sensibilità dei musulmani. L'Islam è una grande religione mondiale che va rispettata. Il Presidente non si è detto preoccupato dalle risposte pacifiche alle vignette, ma lo è per quelle violente perpetrate da una minoranza, che sono state anche condannate da esponenti religiosi musulmani. E' ironico, ha sottolineato, che queste violenze si sono rivolte verso delle delegazioni europee che sono presenti proprio per aiutare quelle popolazioni, mentre il boicottaggio nuoce a tutti quanti. Ha poi espresso la solidarietà della Commissione nei confronti della Danimarca, affermando che l'attacco a uno Stato membro equivale a un attacco a tutta l'Unione europea. Per il Presidente della Commissione, la nostra società si basa sul rispetto della vita e della libertà individuale, nonché sulla separazione tra politica e religione. Tra i nostri valori, ha aggiunto, c'è anche la libertà di espressione che «non è negoziabile». Certamente i pregiudizi e le discriminazioni vanno condannate, ma non spetta ai governi dettare le opinioni degli individui che le esprimono sotto la loro propria responsabilità. La libertà di espressione è anche libertà di satira, come pure la libertà di criticare la satira ed ha dei limiti che sono posti dalle leggi. D'altra parte, ha aggiunto, anche la libertà religiosa non è negoziabile, va rispettata e rappresenta un diritto fondamentale. I musulmani hanno il diritto di praticare la loro fede, come lo hanno tutti i credenti di altre fedi. In tale contesto, l'Unione promuove il dialogo tra le religioni al fine di approfondire la tolleranza e la libertà di espressione. La violenza, invece, «è nemica del dialogo». Interventi in nome dei gruppi politici Hans-Gert POETTERING (PPE/DE, DE) ha affermato che vi deve essere un punto fermo: la libertà di stampa va difesa, come anche i sentimenti dei credenti e i diritti umani. Ciò, a parere del deputato, può essere fatto solo in maniera moderata e, per questo motivo, ha esortato alcuni media islamici a contenere il confronto in atto. I limiti alla libertà di espressione, ha poi aggiunto, «sono definiti dalla libertà e della dignità dell'altro» e la violenza è inaccettabile in ogni situazione. Tra l'altro, ha precisato, le violenze non erano spontanee, ma sono state organizzate - a scoppio ritardato - da regimi che opprimono i loro popoli. Contro la violenza nei confronti di beni e persone, va quindi espressa una condanna inappellabile. Per il leader popolare, d'altra parte, occorre essere concreti, in quanto gli appelli al dialogo non bastano. Ha quindi proposto di sensibilizzare i giovani e istituire una commissione internazionale per esaminare a quali valori ricorrono i libri di testo per descrivere «l'altro». In proposito ha sottolineato come esistono anche molte caricature che attaccano la nostra fede religiosa e i nostri valori. E' necessario poi che l'Assemblea euromediterranea diventi un forum permanente che definisca degli orientamenti per il dialogo tra le culture. Il deputato, ricordando che un leader religioso saudita gli aveva chiesto rassicurazioni su come venivano trattati i musulmani in Europa, ha sottolineato che, in Arabia Saudita, chi intende convertirsi al cristianesimo è punito con la pena di morte. La tolleranza, ha quindi affermato, «non può andare a senso unico». Dicendosi infine solidale con la Danimarca, ha rivolto un appello alla tolleranza, per consentire un futuro migliore basato sul dialogo. Poul Nyrup RASMUSSEN (PSE, DK) ha definito «drammatico» il vedere bandiere bruciate, uccisioni, attacchi alle ambasciate e boicottaggi commerciali. La Danimarca ha alle spalle una storia di tolleranza e rispetto, e ha sempre combattuto per la libertà e lo sviluppo di tutti i popoli. Dopo aver sottolineato l'importanza del dialogo e della comprensione reciproca, il deputato ha d'altra parte affermato che «la libertà di espressione non è soggetta a compromessi», e ciò vale per tutti i popoli e per tutte le religioni. Ha quindi voluto usare la propria libertà di espressione per criticare le caricature pubblicate poiché rispecchiano una mancanza di rispetto ed ha precisato che queste vignette non sono espressione di tutto il popolo danese. Ha poi ricordato che, pur non ricevendo gli ambasciatori dei paesi arabi che avevano chiesto di incontrarlo, il Primo Ministro danese ha usato la propria libertà di espressione per manifestare il suo rispetto nei confronti dell'Islam. Secondo il deputato, occorre adesso ignorare le eventuali nuove provocazioni tese a fomentare il clima di violenza. Bisogna dire «no» a coloro che pensano a un confronto «tra noi e loro», propugnato da estremisti di entrambi i lati. E' quindi necessaria una nuova agenda, alternativa, che intensifichi il dialogo con l'Islam e che porti al rispetto di tutte le religioni. In un mondo globalizzato, ha spiegato, siamo un tutt'uno e non vi è uno scontro di civiltà, si tratta solo «di atti stupidi che fomentano la stupidità». Non bisogna, ha quindi concluso, strumentalizzare le vignette e avviare una politica di cooperazione e assistenza, dimenticando la caricature e promuovendo un dialogo aperto e costruttivo. Karin RIIS-JØRGENSEN (ALDE/ADLE, DK) ha chiesto che sia salvaguardata la libertà di espressione in Europa, ma anche a Kabul e a Teheran. La violenza e il boicottaggio sono inaccettabili, per la deputata, ed è responsabilità di tutti calmare la situazione. Le democrazie liberali, ha aggiunto, devono sostenere il processo di pacificazione, ma la censura non deve essere permessa. La deputata ha anche espresso comprensione per i musulmani che si sono sentiti offesi, tuttavia ha esortato a canalizzare le proteste entro vie legali senza ricorrere alla violenza. Tutti i fedeli, inoltre, devono rispettare i valori delle altre religioni e anche degli atei. La libertà di stampa, ha poi affermato, «non è libertà di offendere» e bisogna operare affinché le relazioni tra le diverse fedi siano buone. Si è poi detta d'accordo con la proposta di un'Alleanza delle civiltà prospettata dal Segretario generale dell'ONU e sugli incontri che intende promuovere il vicepresidente della Commissione, Franco Frattini. Ha quindi concluso che la libertà di stampa è un diritto, non necessariamente un obbligo, che va difeso e se lo si mina si viola un diritto fondamentale. Per Daniel COHN-BENDIT (Verdi/ALE, DE) la libertà disturba e ferisce, ma come politici non si deve cercare di imporre alla stampa dei limiti. E' infatti il buon senso della società a determinare questi limiti. Ai politici spetta il compito di fare delle leggi, anche discutibili, come quelle danese e tedesca in materia di immigrazione, che non rispettano i musulmani. Per il deputato, il diritto di pubblicare caricature può anche non piacere e i musulmani hanno tutto il diritto di protestare, ma non è necessario definire un codice di condotta per la stampa. A suo parere, le fedi religiose vanno rispettate, ma possono anche essere oggetto di satira blasfema in rispetto al principio della libertà. Anche se alcune vignette l'hanno scioccato, ha precisato, altre lo hanno invece fatto sorridere. Il deputato ha quindi espresso solidarietà alle vittime della violenza e ha condannato l'iniziativa di alcune imprese di pubblicare sui media arabi delle pagine in cui precisano di non essere danesi. La religione si prende il diritto di indicare ciò che è giusto o sbagliato, ha concluso, «noi siamo per la libertà di tutti». Francis WURTZ (GUE/NGL, FR) ha affermato che è urgente una riflessione serena e sfumata su tutti gli aspetti del problema. La libertà di espressione non deve essere posta in discussione ma, al contempo, non possono essere accettati, né tanto meno giustificati, gli insulti e la stigmatizzazione. Nessuna regione è al centro del mondo, ha aggiunto, e agiamo tutti sotto lo sguardo di tutta l'umanità, occorre quindi sforzarsi «di vivere in una sorta di civismo planetario, in cui la libertà di ognuno è esercitata nel rispetto di tutti». D'altra parte, le «reazioni sproporzionate» di alcuni Stati arabi hanno il solo scopo di riconquistare il consenso delle popolazioni a favore dei loro dirigenti. I fondamentalisti islamici, ha aggiunto, contendono agli estremisti di destra europei la strumentalizzazione della vicenda per «galvanizzare le rispettive truppe e fare tacere le voci ragionevoli, coraggiose e progressiste». Per il deputato, aldilà dei riprovevoli eccessi, occorre interessarsi a quello che c'è dietro queste proteste: «l'espressione esasperata delle identità ferite da un profondo sentimento d'ingiustizia, di dominazione e d'umiliazione, di cui l'Occidente si è reso responsabile, in Palestina come in Iraq». Gli arabi e i musulmani, ha spiegato, hanno il sentimento di essere scacciati dalla storia e l'Europa ha il compito di costruire un ponte tra le civiltà. A tal fine, il diritto internazionale va applicato nella stessa maniera a tutti gli Stati, senza eccezioni. Jens-Peter BONDE (IND/DEM, DK) ha affermato che le libertà di espressione e religiosa vanno rispettate ed ha ritenuto giusto che il Primo Ministro danese non si sia assunto la responsabilità delle vignette. Per il deputato, infatti, spetta agli editori dimostrare maggiore responsabilità. Nel ricordare che il Ministro degli Esteri ha parlato di dialogo e generosità al posto della violenza, il deputato ha affermato che occorre imparare a rispettare l'Islam, senza dimenticare la libertà d'espressione. Questa, assieme alla libertà religiosa, rappresenta un diritto fondamentale. Dopo aver sottolineato il ruolo che può svolgere l'Assemblea euromediteranea, ha condannato il boicottaggio dei prodotti danesi ed ha affermato che occorre «aprire le nostre menti», poiché siamo in un villaggio globale e bisogna evitare che delle vignette causino una terza guerra mondiale. Tutti, ha concluso, dobbiamo vivere assieme in questo mondo perché «non ne abbiamo un altro a disposizione». Brian CROWLEY (UEN, IE) ha citato un giudice della Corte Suprema americana secondo il quale la libertà di espressione non è un diritto assoluto, i diritti possono essere limitati. La difficoltà del dibattito, a suo parere, sta nel fatto che in Europa vi è il desiderio di garantire che i media godano della libertà di espressione, di fare satira e, in alcuni casi, di insultare. Si tratta, ha spiegato, di una valvola di sicurezza delle democrazie. Nessuno in Aula approva le violenze avvenute in Medio Oriente a causa della pubblicazione delle vignette, tuttavia, sfortunatamente ci si è dimenticati di citare tutte quelle manifestazioni di protesta avvenute in modo pacifico. Dove musulmani e non musulmani non ritenevano che le vignette offendessero le loro fedi religiose in quanto tali, ma li colpissero in quanto esseri umani. Dicendosi scioccato per l'incendio di ambasciate e bandiere, ha quindi aggiunto che la grande sfida per l'Europa è di garantire che non vi siano reazioni violente agli orrori cui si sta assistendo. Particolarmente deplorevole ha giudicato la partecipazione dei giovani a queste violenze. Ribadendo quindi la propria solidarietà alla Danimarca, ha sottolineato con soddisfazione come il Primo Ministro danese abbia affermato che non vi è nessuna intenzione di imporre un controllo governativo o parlamentare sui media. Il deputato ha poi criticato chi pretende vi sia uno scontro di civiltà. Bisogna rendersi conto, ha spiegato, occorrono oggi tolleranza e rispetto che però siano reciproci. Replica del Consiglio Hans WINKLER ha sottolineato come il dibattito in Aula abbia lanciato un forte messaggio a favore del dialogo che guiderà i prossimi lavori del Consiglio. Ha poi ribadito che qualsiasi attacco a uno Stato membro deve essere interpretato come un attacco all'Unione europea nel suo insieme ed ha nuovamente espresso la propria solidarietà alla Danimarca. Il Ministro ha poi affermato di ritenere interessanti alcune idee emerse dalla discussione, come la sensibilizzazione dei giovani, l'esame dei libri di testo e il dialogo tra le culture. L'estremismo non deve trionfare, ha quindi detto, sostenendo ancora una volta che quanto è pubblicato sulla stampa non è responsabilità dei governi. Riferimenti Risoluzione comune su
sul diritto alla libertà di espressione e il rispetto delle
convinzioni religiose |
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Il Parlamento ha adottato una risoluzione comune con la quale condanna le dichiarazioni del Presidente iraniano contro Israele e esige dall'Iran che cessi di fornire sostegno a gruppi terroristici. I deputati, appoggiando le risoluzioni dell'AIEA e l'iniziativa UE-3, chiedono anche la sospensione di tutte le attività nucleari e la ratifica del trattato di non proliferazione ed auspicano anche l'instaurazione di una zona senza armi nucleari nel Medio Oriente. L'Aula ha respinto degli emendamenti che si opponevano al ricorso ad azioni militari in Iran. La risoluzione - sostenuta dal PPE/DE, dal PSE, dall'LADE/ADLE e dall'UEN - ribadisce innanzi tutto la sua condanna alle «dichiarazioni minacciose» del Presidente Ahmedinejad contro Israele, «che non alimentano la fiducia nelle intenzioni del governo iraniano di assumere un ruolo pacifico e costruttivo in Medio Oriente». Nel criticare il recente incontro del Presidente Ahmedinejad con rappresentanti della Jihad islamica palestinese nel corso del suo viaggio in Siria, i deputati esigono che l'Iran «cessi immediatamente e totalmente di fornire sostegno a gruppi terroristici». D'altra parte, l'Assemblea esprime «profonda preoccupazione» in merito all'attuale atteggiamento delle autorità iraniane nei confronti del programma nucleare, in particolare la rimozione dei sigilli da numerosi impianti nucleari e la decisione di riprendere le attività relative all'arricchimento. In tale contesto, i deputati appoggiano la risoluzione del Consiglio dei governatori dell'AIEA, in cui si critica l'Iran per il non rispetto della raccomandazione dell'AIEA e si sottolinea la mancanza di fiducia rispetto al fatto che il programma nucleare iraniano sia destinato esclusivamente ad obiettivi pacifici. E' anche sostenuta la sua decisione di chiedere al Direttore generale dell'AIEA di riferire al Consiglio di sicurezza dell'ONU. E' quindi necessario che l'Iran ripristini «una piena e durevole» sospensione di tutte le attività di arricchimento e rigenerazione, riconsideri la costruzione di un reattore di ricerca moderato ad acqua pesante, ratifichi velocemente e riprenda l'applicazione integrale del Protocollo addizionale e, in termini generali, metta in atto le misure di trasparenza richieste dal Direttore generale dell'AIEA. Peraltro, pur riconoscendo il diritto dell'Iran di sviluppare un programma nucleare in conformità al Trattato di non proliferazione, il Parlamento ribadisce la sua richiesta al governo iraniano di astenersi da ogni minaccia nei confronti di qualsiasi Stato e di agire nel rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite. Il coinvolgimento del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, per i deputati, costituisce un passo necessario per valutare l'attuale situazione ed è chiesto un potenziamento del ruolo dell'AIEA. La questione, per il Parlamento, va risolta in conformità delle norme del diritto internazionale e, a tal fine, è necessario un approccio improntato alla cooperazione e alla trasparenza nei confronti dell'AIEA da parte del governo iraniano. In tale ambito sostiene l'impegno dell'UE-3 volto a prevenire la proliferazione di armi nucleari e invita tutte le parti interessate a fare il possibile per giungere ad una soluzione negoziata della controversia nucleare prima del 6 marzo 2006, quando sarà presentata la prossima relazione del Direttore generale dell'AIEA. L'Aula inoltre sottolinea l'importanza della collaborazione con gli USA, la Russia, la Cina e i paesi non allineati al fine di esaminare concetti complementari volti al conseguimento di un accordo globale con l'Iran sulle sue strutture nucleari e il loro uso, «che tenga conto delle preoccupazioni iraniane in materia di sicurezza». L'Iran è pertanto invitato «ad esaminare seriamente» la proposta russa - condivisa dall'UE-3 - relativa al processo di arricchimento dell'uranio, «che offrirebbe al paese la possibilità di avanzare nel proprio programma nucleare in un quadro multilaterale». D'altra parte, il Parlamento considera che l'instaurazione di una zona senza armi nucleari nel Medio Oriente potrebbe costituire un importante passo avanti per rispondere alle preoccupazioni in materia di sicurezza dei paesi della regione. Il Parlamento, infine, invitando l'Iran a sfruttare le sue enormi riserve energetiche e le competenze tecnologiche esistenti nel paese per investire nello sviluppo delle energie rinnovabili e nell'uso moderno e razionale delle energie fossili, chiede alla Commissione di attuare ogni misura necessaria nel quadro dell'Iniziativa europea per la democrazia e i diritti umani. Si tratterebbe, più in particolare, di intensificare i contatti e la cooperazione con la società civile iraniana, i mezzi di informazione indipendenti e l'opposizione democratica, e di sostenere la democrazia e il rispetto per i diritti umani in Iran. Va infine notato che il Parlamento non ha accolto un emendamento della GUE/NGL, né un'altro simile sostenuto da verdi e socialisti, che affermava l'opposizione ad ogni azione militare, anche preventiva, o minaccia di ricorso alla forza. Riferimenti
Risoluzione
comune sul confronto tra l'Iran e la comunità internazionale |
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Continuare le riforme in vista dell'adesione della Bosnia e Erzegovina all'UE Il Parlamento ha adottato una risoluzione che, pur riconoscendo i notevoli progressi compiuti dalla Bosnia Erzegovina, raccomanda profonde riforme istituzionali per poter garantire la prospettiva europea del Paese. Nel sollecitare la piena cooperazione con il Tribunale penale internazionale, i deputati chiedono anche il superamento delle divisioni etniche e misure che agevolino il rimpatrio dei profughi. Occorre poi riformare la pubblica amministrazione e lottare contro la corruzione. Una chiara prospettiva europea Il Parlamento ricorda che l'agenda di Salonicco afferma in modo inequivocabile che il futuro dei Balcani occidentali è nell'Unione europea. Tuttavia, rileva che, sebbene siano stati compiuti notevoli progressi, la Bosnia e Erzegovina con il suo attuale quadro istituzionale e costituzionale non potrà raggiungere la necessaria incorporazione dell'acquis dell'Unione europea e l'integrazione nell'UE. Alle autorità è quindi chiesto di continuare le discussioni su eventuali riforme istituzionali, che dovrebbero avere come obiettivo l'inclusione dei valori della democrazia, dei diritti dell'uomo e dell'uguaglianza dei cittadini di Bosnia ed Erzegovina tra di loro. Ma occorre anche semplificare le strutture statali e consolidare l'autosostenibilità dello Stato, «superando le divisioni etniche» che persistono nella regione. In proposito, il Parlamento esprime apprezzamento per l'avvio dei negoziati sull'accordo di stabilizzazione e di associazione (SAA) e sottolinea che il ritmo dei negoziati dipende dalla capacità delle tre maggiori comunità del paese - bosniaci, serbi e croati - di concordare un programma di riforme e dalla capacità del paese di attuarle. L'avvio dei negoziati, per i deputati, rappresenta infatti un ulteriore stimolo ad una riforma costituzionale e alla creazione di istituzioni statali pienamente efficienti, trasparenti e stabili che possano prendere le decisioni necessarie per adottare e attuare i criteri e i valori dell'UE nella legislazione. Pertanto Consiglio e Commissione sono invitati ad impegnarsi in misura maggiore nella riflessione comune sulle riforme istituzionali, sostenendo le forze politiche del paese e i cittadini nella ricerca del consenso. Inoltre, il Parlamento rileva che le prossime elezioni parlamentari, previste per ottobre 2006, «saranno cruciali per il futuro della Bosnia ed Erzegovina e il suo cammino verso l'integrazione europea» ed invita tutti i leader politici, i partiti e le autorità a preparare e adottare le riforme e le misure necessarie per garantire elezioni eque, libere e democratiche. D'altra parte, è ribadito che la piena cooperazione con il Tribunale penale internazionale per l'ex Iugoslavia «costituisce una condizione preliminare per instaurare relazioni più strette con l'Unione europea» nonché un elemento fondamentale per la completa riconciliazione tra tutte le diverse componenti della società bosniaca, «al fine di lenire le ferite del recente tragico passato». I deputati, nel frattempo, ribadiscono l'invito a una maggiore cooperazione con i paesi della regione sul controllo frontaliero nel quadro di una più ampia strategia del pilastro UE giustizia e affari interni per la regione e si aspettano una progressiva agevolazione dei criteri relativi ai visti, ritenuta un presupposto per tale processo. Superare le divisioni etniche e permettere il rimpatrio dei profughi Per il Parlamento è urgente creare sistemi educativi moderni, «non segregazionisti», e promuovere misure di inclusione economica e sociale per i profughi ritornati in Bosnia ed Erzegovina. Infatti, nota che, nonostante gli enormi progressi compiuti in molti campi, il Paese è tuttora profondamente diviso da demarcazioni etniche e il processo di riconciliazione non è ancora ultimato. I colloqui avviati al fine di modificare la Costituzione e che dovrebbero concludersi entro il prossimo marzo, secondo i deputati, devono condurre a un modello costituzionale e istituzionale che «superi le divisioni etniche e riconosca i diritti individuali piuttosto che i diritti collettivi». E' quindi sostenuta l'iniziativa di istituire la Commissione per la verità e la riconciliazione, con lo scopo di superare il recente passato e di affrontare i problemi della giustizia e dell'indennizzo, al fine di giungere alla riconciliazione tra tutte le componenti della società bosniaca. Alle autorità governative è poi chiesto di attuare nuove e sostenute iniziative volte a completare il processo del rimpatrio dei profughi e dei rifugiati. Si tratterebbe, soprattutto, di creare le condizioni che rendano «sostenibile» questo ritorno in termini di sicurezza delle persone, accesso agli aiuti di ricostruzione, occupazione, cure sanitarie, pensioni, servizi ed educazione. In tale contesto, il Parlamento accoglie positivamente l'accordo recentemente firmato tra Croazia, Bosnia ed Erzegovina e Serbia-Montenegro sul ritorno dei rifugiati e sulle riparazioni per i danni alle proprietà, considerandolo una tappa importante per la soluzione del problema di circa tre milioni di rifugiati e sfollati interni. La Commissione e gli Stati membri, d'altra parte, sono invitati a non ridurre ulteriormente i loro contributi ai progetti di ricostruzione delle abitazioni e di sviluppo economico sostenibile e, ove possibile, a subordinare i doni, i prestiti e gli investimenti all'offerta di posti di lavoro a chi ritorni. Proseguire le riforme Il Parlamento sottolinea alle autorità e alle istituzioni competenti l'importanza di onorare gli impegni presi per dare esecuzione e completare le riforme dei mezzi di trasmissione pubblici, della polizia, della difesa e della sicurezza, adottando tutte le leggi necessarie. A tale riguardo, peraltro, valuta positivamente le riforme in materia di polizia, difesa, IVA e radiotelevisione pubblica, sollecitando la loro rapida attuazione. Tuttavia, mette in evidenza la necessità di un piano d'azione globale per la riforma della pubblica amministrazione in grado di potenziare la capacità di attuazione delle riforme e ne chiede anche un altro per la lotta alla corruzione. Il governo, inoltre, dovrebbe prestare maggiore attenzione ai fabbisogni speciali delle zone rurali e lavorare con la Commissione per attuare una riforma a favore di un'efficace politica di sviluppo agricolo e rurale. Riferimenti
Risoluzione
comune sulle prospettive della Bosnia Erzegovina |
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L’Aula ha adottato una relazione che chiede il rafforzamento e l’inclusione della clausola sui diritti dell’uomo in tutti gli accordi siglati dall’UE, al fine di promuovere più efficacemente i diritti umani e la democrazia nel mondo. I deputati avvertono che, se così non fosse, il Parlamento non darà il proprio parere conferme ai nuovi accordi. E’ poi rivendicata una maggiore implicazione del Parlamento nella definizione dei mandati negoziali e nelle procedure di sospensione degli accordi. Sin dai primi anni ’90 l’UE ha inserito nei suoi accordi con i paesi terzi, che fossero di natura commerciale o di associazione, una clausola che sancisce come il rispetto dei principi democratici e dei diritti umani fondamentali costituisca un loro elemento essenziale. Il non rispetto di questa clausola prevede la possibilità di infliggere sanzioni che possono andare dal rinvio di progetti in corso fino all’embargo commerciale. La clausola è ormai presente in 50 accordi che riguardano 120 paesi ma, anche se la sua introduzione ha portato talvolta alla sospensione o alla non entrata in vigore di taluni accordi, la sua applicazione è stata piuttosto limitata. Con la relazione di Vittorio Emanuele AGNOLETTO (GUE/NGL, IT), il Parlamento si compiace anzitutto della pratica generale di inserire clausole relative ai diritti dell'uomo e alla democrazia nei suoi accordi internazionali, che considera «un elemento fondamentale della politica estera dell'UE». D’altra parte, è chiesto che sia aumentata la trasparenza quando è il momento di applicare la clausola democratica e che vi sia una maggiore partecipazione del Parlamento europeo. Nel ritenere che spetti all’UE vigilare affinché un paese terzo rispetti le norme internazionali in materia di diritti umani al momento della firma dell'accordo, i deputati sottolineano che uno dei motivi che hanno compromesso l'applicazione della clausola «è la genericità della sua stessa formulazione». Essa, infatti, non individua modalità precise di interventi "in positivo" e "in negativo" nell'ambito della cooperazione UE-paesi terzi, «lasciando il campo al Consiglio e alle esigenze nazionali degli Stati membri rispetto a quelle più generali dei diritti umani». Viceversa, il Parlamento plaude all'esperienza sin qui maturata in relazione alla clausola democratica contenuta negli Accordi di Cotounou con i paesi ACP che, portando anche alla sospensione temporanea della cooperazione economica e commerciale con alcuni paesi ACP per violazioni gravi dei diritti umani, ha rafforzato «la determinazione e la credibilità dell'Unione europea». Perfezionare la clausola Occorre pertanto elaborare un nuovo testo di "clausola modello", tale da perfezionare l'attuale formulazione, per garantire un approccio «più coerente, efficace e trasparente alla politica europea dei diritti umani negli accordi con i paesi terzi». Il testo dovrebbe tener conto di una serie di principi. In primo luogo, la promozione della democrazia, dei diritti umani, compresi i diritti delle minoranze, dello stato di diritto e della "good-governance" devono essere un elemento fondamentale della cooperazione multilaterale. Inoltre, deve essere chiaro che le parti hanno l'obbligo di conformarsi alle norme che costituiscono un "elemento essenziale" dell'accordo. In particolare, dovrebbero impegnarsi a promuovere i diritti fondamentali definiti dalle diverse dichiarazioni e convenzioni dell'ONU e delle sue agenzie specializzate, come l’Ufficio Internazionale del Lavoro (OIL). In proposito, il Parlamento ricorda che l'Unione europea è tenuta a dedicare particolare attenzione all'attuazione di politiche per l'uguaglianza di genere e per i diritti della donna e deve impegnarsi anche contro ogni discriminazione basata sull'orientamento sessuale o concernente i diritti dei disabili. Contemporaneamente, dovrà essere accertato che le autorità dei paesi terzi «rispettano i diritti fondamentali dei propri cittadini di non subire arresti arbitrari, torture, esecuzioni e, in via prioritaria, di aver accesso a tribunali imparziali. La clausola, poi, dovrebbe contenere una procedura di consultazione tra le parti, che illustri dettagliatamente i meccanismi politici e giuridici cui ricorrere in caso di richiesta di sospensione della cooperazione bilaterale per violazioni ripetute e/o sistematiche dei diritti umani «in spregio del diritto internazionale». In proposito, è sottolineato che la sospensione è una "extrema ratio" nei rapporti tra l'UE e paesi terzi e che pertanto andrebbe sviluppato un chiaro sistema di sanzioni per offrire misure alternative. Secondo il Parlamento, inoltre, la clausola dovrebbe includere i dettagli di un meccanismo che consenta la temporanea sospensione dell'accordo di cooperazione come pure un "meccanismo di avvertimento" in risposta a una sua violazione. Infine, dovrebbe basarsi sulla reciprocità, rendendo così l'UE e i paesi terzi «reciprocamente responsabili per tutte le loro politiche in materia di diritti dell'uomo e libertà fondamentali. Estensione a tutti gli accordi, altrimenti niente parere conforme del PE Il Parlamento chiede che la clausola relativa ai diritti dell'uomo e alla democrazia sia estesa a tutti i nuovi accordi tra l'Unione europea ed i paesi terzi, «siano essi industrializzati o in via di sviluppo», e comprenda anche accordi settoriali, aiuti commerciali, tecnici o finanziari, sull'esempio di quanto fatto con i paesi ACP. Va inoltre estesa la dimensione positiva della clausola sui diritti umani, ricorrendo a misure efficaci per contribuire al godimento dei diritti umani da parte delle rispettive parti e al loro interno, prevedendo una valutazione e un monitoraggio continui dell'impatto dell'accordo stesso sul godimento dei diritti umani e adottando un approccio imperniato sui diritti umani in sede di attuazione di tutti gli aspetti dell'accordo. I deputati, peraltro, avvertono che il Parlamento non sarà più disposto a concedere il proprio parere conforme a nuovi accordi internazionali se questi non contengono una clausola relativa ai diritti dell'uomo e alla democrazia. Inoltre, chiedono che il Parlamento partecipi alla definizione del mandato negoziale relativo a nuovi accordi con paesi terzi, soprattutto all'elaborazione delle loro finalità politiche e di promozione dei diritti umani. E’ poi deplorato che il Parlamento non sia coinvolto nel processo decisionale concernente l'avvio di una consultazione o la sospensione di un accordo. Per tale motivo, la relazione insiste fermamente sulla necessità che il Parlamento possa codecidere in questo settore e nella decisione di sospendere eventuali ed adeguate misure negative già imposte ad un paese ("sospensione della sospensione"). Infine, in riferimento alla politica di vicinato, il Parlamento chiede che gli accordi riconoscano reciprocamente il diritto di inviare osservatori elettorali. A questo proposito, è precisato che affinché possano essere considerate democratiche, libere ed eque, occorre che le elezioni osservino delle condizioni preliminari come, tra l'altro, il rispetto dei diritti civili e della libertà di espressione e informazione, la parità di accesso ai mezzi di informazione e il rispetto del pluralismo politico, «in modo da offrire agli elettori un'autentica possibilità di scelta». Riferimenti
Vittorio
Emanuele AGNOLETTO (GUE/NGL, IT) |
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Il completamento del mercato unico, anche dei servizi, è fondamentale per accrescere la competitività dell'UE. A tal fine, il Parlamento chiede lo sviluppo di una vera politica industriale europea e di strategie per la ricerca e l'innovazione. Ma anche linee d'azione specifiche per attutire gli effetti negativi della globalizzazione e contribuire a trarre vantaggio dai suoi effetti positivi. Occorrono poi sistemi efficaci per proteggere le proprietà intellettuali e le denominazioni d'origine. La relazione di Edit HERCZOG (PSE, HU) sugli effetti della globalizzazione sul mercato interno ritiene che la globalizzazione non andrebbe considerata esclusivamente come un fattore negativo «foriero di frammentazione sociale», ma anche come un quadro che offre «nuove opportunità sotto forma di accesso al mercato mondiale». D'altra parte, è anche sottolineato, che la globalizzazione minaccia di rendere l'UE dipendente dallo sviluppo del commercio mondiale, ed è per tale ragione che «la gestione politica dovrebbe sostenere gli effetti positivi sul mercato interno ed eliminare quelli negativi». In tale contesto, il Parlamento reputa che il completamento del mercato interno rappresenti la risorsa più importante dell'UE per «massimizzare i vantaggi della globalizzazione», e ne rileva quindi l'importanza. Oltre che per i settori finanziario e del lavoro, i deputati sottolineano che la creazione di un mercato interno dei servizi è fondamentale per realizzare gli obiettivi della strategia di Lisbona e, quindi, per accrescere la competitività dell'Unione europea sul mercato mondiale. Alla Commissione è poi chiesto di monitorare «segni di protezionismo» negli Stati membri, informandone regolarmente il Parlamento. Mantenere lo stile di vita europeo Ciò nondimeno, sono anche poste in rilievo le preoccupazioni espresse dall'Esecutivo a proposito dell'impatto della globalizzazione sui lavoratori europei. Il Parlamento nota infatti che la sfida della liberalizzazione degli scambi con paesi terzi che applicano norme poco rigorose in materia di lavoro e ambiente «costituisce una sfida considerevole per la competitività dell'economia europea e richiede enormi adeguamenti dei modelli economici e sociali europei». Tuttavia, è anche precisato che l'Unione deve realizzare gli obiettivi che si prefigge «senza abbandonare i suoi valori storici e sociali e senza rinunciare agli standard elevati che caratterizzano lo stile di vita europeo». Per i deputati, tuttavia, la strategia di Lisbona in quanto piano economico generale può risultare insufficiente per affrontare la globalizzazione. Pertanto chiedono che siano sviluppate altre linee d'azione specifiche «per smorzare gli effetti negativi della globalizzazione e contribuire a trarre vantaggio dai suoi effetti positivi» (come il Fondo di adeguamento alla globalizzazione). Commissione e Stati membri sono quindi sollecitati a definire strategie efficaci «che consentano di salvaguardare i valori europei in un ambiente globale competitivo e di attuare tali valori nella definizione di politiche globali». Verso un'autentica politica industriale europea La Commissione, d'altra parte, è invitata a vigilare sulla competitività dell'industria dell'UE nel suo insieme, a sviluppare un'autentica politica industriale dell'UE e ad avviare un processo di vaglio dei settori particolarmente interessati dalla globalizzazione. In proposito, il Parlamento riconosce l'esigenza di creare un ambiente sano e propizio alle piccole e medie imprese e di rafforzare la loro posizione e il loro accesso all'innovazione e a strumenti finanziari. Il mercato interno, poi, deve esercitare sufficiente attrattiva da risultare la migliore scelta disponibile per le imprese e gli investitori globali. Istruzione, ricerca e innovazione come fattori competitivi Consiglio e Stati membri sono sollecitati a mantenere e sviluppare «la tradizione europea di eccellenza» e, quindi, ad assicurare in via prioritaria l'instaurazione di un sistema educativo di alto livello corredato della rispettiva base finanziaria per la ricerca e lo sviluppo e per l'innovazione. Nel riconoscere poi la necessità di un sistema comune di gestione della conoscenza, dotato di strumenti efficaci di protezione, così come la necessità di un programma efficace per convertire l'innovazione in investimenti e in valore economico, i deputati sottolineano che occorre proteggere i diritti di proprietà intellettuale e industriale. Ciò può essere realizzato anche mediante la creazione di sistemi integrati ed efficienti di concessione di brevetti e attraverso una regolamentazione e un controllo efficaci per quanto riguarda la contraffazione, al fine di tutelare gli interessi economici europei. In proposito, il Parlamento chiede anche l'applicazione di regole chiare in materia di etichettatura e il rispetto delle denominazioni d'origine. Politica commerciale I deputati chiedono alla Commissione di potenziare l'accesso preferenziale al mercato dell'UE per quei paesi terzi che hanno ratificato e applicato in modo adeguato le convenzioni internazionali fondamentali in materia di lavoro e ambiente nonché di accordare un ulteriore accesso preferenziale al mercato ai paesi che abbiano adottato una legislazione in materia di protezione sociale e ambientale e di rispetto delle diversità culturali. D'altra parte, l'Esecutivo è invitato a procedere ad una valutazione dell'impatto sul mercato interno di un'ulteriore apertura multilaterale dei mercati nei settori dell'agricoltura, dell'industria e dei servizi, e a condividere i risultati di tale valutazione con i vari soggetti interessati prima di formulare la sua strategia di negoziazione commerciale nell'ambito dei negoziati commerciali internazionali. Libera circolazione dei lavoratori La relazione plaude agli Stati membri che hanno aperto il proprio mercato del lavoro ai cittadini dei nuovi Stati membri, «fornendo così un contributo significativo allo sviluppo di un mercato interno dell'occupazione, caratterizzato da maggiore mobilità e maggiore concorrenza». Gli Stati membri che ancora mantengono restrizioni al riguardo, d'altra parte, sono invitati a eliminare gli ostacoli che si frappongono alla libera circolazione dei lavoratori. Link utili Comunicazione della Commissione: I valori europei nel mondo globalizzato Riferimenti
Edit
HERCZOG (PSE, HU) |
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Il Parlamento ha approvato la direttiva volta a proteggere i lavoratori dai rischi derivanti dalle radiazioni ottiche. Il testo, frutto di un compromesso tra Consiglio e Parlamento esclude dalla normativa le radiazioni naturali come quelle del sole. I datori di lavoro, inoltre, dovranno valutare i rischi e prendere le contromisure, mentre i dipendenti dovranno essere debitamente informati e, in caso di esposizione, avranno diritto a visite mediche. La direttiva stabilisce prescrizioni minime di protezione dei lavoratori contro i rischi per la loro salute e la loro sicurezza che derivano, o possono derivare, dall'esposizione alle radiazioni ottiche artificiali durante il lavoro. Essa riguarda, in particolare, i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori dovuti agli effetti nocivi sugli occhi e sulla cute derivanti dall'esposizione alle radiazioni ottiche artificiali. Nel fissare dei limiti all'esposizione, chiede ai datori di lavoro di procedere a delle valutazioni dei rischi. Sono poi previste delle misure volte a garantire i diritti dei lavoratori all'informazione, alla formazione, alla consultazione e a dei controlli sanitari. L'insieme delle disposizioni, non mirano solo ad assicurare la salute e la sicurezza di ciascun lavoratore considerato individualmente, ma anche a creare per tutti i lavoratori della Comunità una piattaforma minima di protezione che eviti possibili distorsioni di concorrenza. Le delegazioni del Consiglio e del Parlamento al comitato di conciliazione avevano concordato un testo comune che l'Aula ha approvato con 570 voti favorevoli, 16 contrari e 49 astensioni. La relazione di Csaba ŐRY (PPE/DE, HU), infatti, considera che gran parte degli emendamenti proposti dal Parlamento in seconda lettura sia stata accolta e che sugli altri siano stati raggiunti compromessi soddisfacenti. I principali punti di attrito tra le due istituzioni riguardavano la protezione dalle esposizioni alle radiazioni ottiche naturali (come il sole) nonché l'obiettivo e l'attuazione della sorveglianza sanitaria. No alle radiazioni naturali La direttiva tutela i lavoratori da qualsiasi radiazione ottica elettromagnetica nella gamma di lunghezze d'onda comprese tra 100 nm e 1 mm, il cui spettro si suddivide in radiazioni ultraviolette, radiazioni visibili e radiazioni infrarosse. Di conseguenza, non sono compresi nel campo d'applicazione, le radiazioni ionizzanti come i raggi X o gamma, né i campi elettromagnetici del tipo microonde o frequenze radio. Dalla direttiva è stato eliminato qualsiasi riferimento alle radiazioni naturali, pertanto il suo campo d'applicazione sarà limitato alle sole radiazioni artificiali. Questa decisione è anche scaturita dal fatto che i Servizi giuridici di tutte e tre le Istituzioni avevano sostenuto che la protezione dei lavoratori dalle esposizioni alle radiazioni ottiche naturali è già contemplata dalla direttiva quadro concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (89/391/CEE). Questa direttiva, infatti, impone agli Stati membri di garantire che i datori di lavoro adottino tutte le misure necessarie per garantire «la sicurezza e la salute dei lavoratori in tutti gli aspetti connessi con il lavoro». In seconda lettura, il Parlamento attribuiva alle autorità nazionali - e non all'Unione - il compito di determinare se e come i datori di lavori dovessero valutare i rischi per la salute legati all'esposizione alle radiazioni naturali emesse dal sole nonché quali misure avrebbero dovuto prendere. Il Consiglio, invece, riteneva che i datori di lavoro non dovessero solamente valutare i rischi, ma anche definire un piano d'azione da applicare in caso di identificazione di un rischio. Valutazione dei rischi Il datore di lavoro, in caso di lavoratori esposti a sorgenti artificiali di radiazioni ottiche, dovrà valutare e, se necessario, misurare e/o calcolare i livelli delle radiazioni ottiche a cui possono essere esposti i lavoratori, in modo da identificare e mettere in pratica le misure richieste per ridurre l'esposizione ai limiti applicabili. In occasione di queste valutazioni, che dovranno essere realizzate a intervalli «idonei», dovrà essere prestata particolare attenzione al livello, alla gamma di lunghezze d'onda e alla durata dell'esposizione a sorgenti artificiali di radiazioni ottiche e ai valori limite di esposizione. Ma anche a qualsiasi effetto sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori appartenenti a gruppi a rischio particolarmente esposti, nonché a qualsiasi eventuale effetto sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori risultante dalle interazioni sul posto di lavoro tra le radiazioni ottiche e le sostanze chimiche fotosensibilizzanti e a qualsiasi effetto indiretto come l'accecamento temporaneo, le esplosioni o il fuoco. Dovrà, inoltre, tenersi conto dell'esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate per ridurre i livelli di esposizione alle radiazioni ottiche artificiali e, per quanto possibile, delle informazioni adeguate raccolte nel corso della sorveglianza sanitaria. Andranno poi considerate le sorgenti multiple di esposizione alle radiazioni ottiche artificiali e le informazioni fornite dai fabbricanti delle sorgenti di radiazioni ottiche e delle relative attrezzature di lavoro. Disposizioni miranti ad eliminare o a ridurre i rischi Tenuto conto del progresso tecnico e della disponibilità di misure per controllare il rischio alla fonte, è chiesto che i rischi derivanti dall'esposizione alle radiazioni ottiche artificiali siano «eliminati alla fonte o ridotti al minimo». I datori di lavoro, sulla base della valutazione dei rischi dovranno quindi definire e attuare dei piani d'azione che riguardano misure tecniche e/o organizzative destinate ad evitare l'esposizione che superi i valori limite. Questi piani, più in particolare dovranno tenere conto della progettazione e della struttura dei luoghi e delle postazioni di lavoro, di altri metodi di lavoro che riducono i rischi derivanti dalle radiazioni ottiche, della scelta di attrezzature che emettano meno radiazioni ottiche e delle misure tecniche per ridurre l'emissione delle radiazioni ottiche, incluso se necessario l'uso di dispositivi di sicurezza, schermatura o analoghi meccanismi di protezione della salute. Ma andrebbero anche definiti degli opportuni programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, dei luoghi e delle postazioni di lavoro e andrebbe presa in considerazione la limitazione della durata e del livello dell'esposizione. Per facilitare l'attuazione della direttiva alla Commissione è chiesto di redigere una guida pratica destinata ai datori di lavoro e, in particolare, ai responsabili delle PMI. Informazione e formazione dei lavoratori Il datore di lavoro dovrà anche garantire che i lavoratori esposti ai rischi derivanti dalle radiazioni ottiche artificiali sul luogo di lavoro e/o i loro rappresentanti ricevano le informazioni e la formazione necessarie in relazione al risultato della valutazione dei rischi. Sorveglianza sanitaria Gli Stati membri saranno tenuti a adottare le misure necessarie per garantire l'adeguata sorveglianza sanitaria dei lavoratori, con l'obiettivo di prevenire e di scoprire tempestivamente effetti negativi sulla salute, nonché prevenire rischi a lungo termine per la salute e rischi di malattie croniche derivanti dall'esposizione a radiazioni ottiche. Qualora sia scoperta un'esposizione ai valori limite, il lavoratore interessato avrà il diritto a una visita medica conformemente alla legislazione ed alla prassi nazionali. Tale visita medica potrà essere effettuata anche quando la sorveglianza sanitaria riveli che un lavoratore soffre di una malattia o effetto nocivo sulla salute identificabili che possono essere attribuiti all'esposizione a radiazioni ottiche artificiali sul luogo di lavoro. Sanzioni Gli Stati membri sono tenuti a prevedere l'applicazione di sanzioni adeguate in caso di violazione della normativa nazionale adottata ai termini della presente direttiva. Le sanzioni dovranno essere effettive, proporzionate e dissuasive. Background L'originale proposta della Commissione data del 1993 e prevedeva delle prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici quali il rumore, le vibrazioni meccaniche, le radiazioni ottiche, i campi e le onde elettromagnetici. Nel 1999, tuttavia, il Consiglio ha deciso di dividere la proposta iniziale nelle sue parti costituenti e di adottare una singola direttiva per ogni tipo di agente fisico. Il Parlamento e il Consiglio hanno quindi adottato a loro volta la direttiva 2002/44/CE sulle vibrazioni, la direttiva 2003/10/CE sul rumore e la direttiva 2004/40/CE sui campi elettromagnetici. La proposta di direttiva sulla protezione dei lavoratori dai rischi derivanti dall'esposizione alle radiazioni ottiche è quindi l'ultima parte restante della proposta iniziale della Commissione, che si è rivelata però anche la più difficile da risolvere. Link utili
Testo comune
approvato dal comitato di conciliazione Riferimenti
Csaba ŐRY
(PPE/DE, HU) |
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Facendo propria la posizione del Consiglio, l'Aula ha adottato la proposta di direttiva volta ad armonizzare le disposizioni in materia di formazione e rilascio delle licenze dei controllori del traffico aereo, nonché ad agevolare il riconoscimento reciproco delle licenze nazionali. L'obiettivo ultimo è di aumentare i livelli di sicurezza nei cieli e negli aeroporti europei. Per ottenere la licenza, i controllori di volo dovranno comprendere e parlare l’inglese a un livello soddisfacente. La direttiva si inserisce ed integra la legislazione tesa alla creazione di un cielo unico europeo. In tale contesto, nel 2004 sono stati approvati quattro regolamenti che apportano modifiche sostanziali al settore della gestione del traffico aereo e interessano gli aspetti istituzionali, economici, tecnici e sociali del pacchetto "cielo unico europeo". Nel marzo 2005, in prima lettura, il Parlamento aveva proposto 21 emendamenti alla proposta della Commissione. In seguito al voto in seduta plenaria sono stati avviati incontri informali tra il Parlamento, la Commissione e il Consiglio che sono sfociati in un compromesso. Nel mese di novembre, il Consiglio ha quindi adottato una posizione comune - sostenuta anche dalla Commissione - che è molto vicina a quella del Parlamento. E' per tale motivo che il Parlamento ha adottato la relazione di Christine DE VEYRAC (PPE/DE, FR) senza proporre ulteriori modifiche alla direttiva. Ambito di applicazione La direttiva si applicherà agli allievi controllori del traffico aereo e ai controllori del traffico aereo «che esercitano la loro attività sotto la responsabilità di fornitori di servizi di navigazione aerea che offrono i loro servizi prevalentemente a movimenti di aeromobili del traffico aereo generale». Rispetto alla proposta della Commissione, l’impatto della direttiva sul traffico aereo civile controllato da prestatori di servizi che operano principalmente nel settore del traffico aereo militare è stato ridefinito per fare sì che l’approccio utilizzato sia in linea con quello adottato nel quadro della legislazione relativa al cielo unico europeo. Con "servizi di controllo del traffico aereo", si intendono i servizi prestati al fine di prevenire collisioni fra aeromobili e, nell'area di manovra, collisioni fra aeromobili ed eventuali ostacoli, nonché al fine di accelerare e mantenere un flusso ordinato di traffico aereo. Il "fornitore di servizi di navigazione aerea" è invece il soggetto pubblico o privato che fornisce i servizi di navigazione aerea per il traffico generale. Per "traffico aereo generale" s'intende l'insieme dei movimenti di aeromobili civili, nonché l'insieme dei movimenti di aeromobili di Stato (compresi gli aeromobili militari, dei servizi doganali e della polizia) quando questi movimenti sono svolti secondo le procedure dell'ICAO. Questioni sociali In risposta alle preoccupazioni espresse dal Parlamento europeo, un considerando precisa che la direttiva non avrà alcun effetto sulle disposizioni nazionali in vigore che regolano il rapporto di lavoro tra controllori e datori di lavoro e che l’adozione di nuove misure di applicazione comporterà la consultazione delle parti sociali a livello europeo. Requisiti linguistici In molti inconvenienti e incidenti la comunicazione è d’importanza fondamentale. Per questo motivo l’ICAO ha stabilito dei requisiti in tema di competenze linguistiche al fine di ottenere una licenza. In forza alla direttiva, gli Stati membri devono provvedere affinché i controllori del traffico aereo comprovino la capacità «di comprendere e parlare l’inglese a un livello soddisfacente». Il requisito di base proposto dalla Commissione in materia di competenze linguistiche è stato mantenuto. I controllori dovranno quindi possedere un livello operativo 4 di conoscenza della lingua inglese. Tuttavia, come auspicato dal Parlamento, gli Stati membri che lo ritengono necessario possono esigere anche la conoscenza della lingua locale, cui ricorrere, soprattutto, per comunicare con i servizi di emergenza. La posizione comune, in seguito alle richieste del Parlamento, autorizza ugualmente gli Stati membri a esigere il livello avanzato (livello 5) per motivi tassativi di sicurezza. La competenza linguistica dev'essere attestata da un certificato rilasciato in seguito a una valutazione obiettiva e trasparente approvata dall'autorità nazionale di vigilanza. Un allegato della direttiva descrive dettagliatamente il tipo di comunicazione che un controllore deve essere in grado di realizzare e le capacità linguistiche necessarie per ogni livello operativo. Miglioramento del riconoscimento reciproco Le licenze e tutte le qualifiche, le menzioni riportate su queste ultime e gli attestati linguistici e medici che vi sono associati sono chiaramente soggetti al principio del reciproco riconoscimento senza condizioni. Tuttavia, uno Stato membro può decidere di riconoscere solo le licenze dei titolari che hanno raggiunto l'età minima di 21 anni. Inoltre, il titolare di una licenza che eserciti la propria attività in uno Stato membro diverso da quello in cui la licenza è stata rilasciata ha il diritto di sostituire la propria licenza con una licenza rilasciata dallo Stato membro nel quale esercita la sua attività. Ruolo delle autorità nazionali di controllo L’autorità nazionale che ha rilasciato le licenze, le qualifiche e le relative menzioni è la sola abilitata a ritirarle. L’autorità nazionale dello Stato membro nel quale il controllore esercita la sua attività è tuttavia responsabile della conservazione delle qualifiche e delle menzioni e può inoltre sospenderle in via provvisoria. Disposizioni transitorie applicabili agli attuali titolari di licenze Le condizioni richieste in materia di limite di età e di formazione per accedere alla professione, nonché il requisito relativo al completamento di una formazione iniziale riconosciuta, non sono applicabili agli attuali titolari di licenze. Sanzioni Gli Stati membri dovranno stabilire le norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate a norma della direttiva e prendere tutti i provvedimenti necessari per garantirne l'attuazione. Le sanzioni dovranno essere effettive, proporzionate e dissuasive. Link utili Posizione comune del Consiglio Riferimenti
Christine DE VEYRAC (PPE/DE, FR) |
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Consultato sulla proposta di direttiva che stabilisce norme minime per la protezione dei polli, il Parlamento chiede norme più severe a tutela dei volatili e auspica etichette armonizzate e più complete delle carni, per consentire scelte consapevoli ai consumatori. I deputati, inoltre, incoraggiano i sistemi di etichettatura volontari. E' poi sollecitato il divieto di importare polli allevati in paesi terzi senza rispettare disposizioni sul benessere analoghe a quelle europee. La proposta della Commissione intende migliorare il benessere degli animali nell’allevamento intensivo di polli mediante norme tecniche e di gestione per gli stabilimenti, compresi un potenziamento della sorveglianza sugli allevamenti e un maggiore flusso d’informazioni tra produttore, autorità competenti e macello sulla base di un monitoraggio riguardante specificamente l’aspetto del benessere. Al settore, fino ad oggi, si applicano solo le norme generali della direttiva 98/58/CE riguardante la protezione degli animali negli allevamenti. Densità limitata La direttiva si applica ai polli allevati per la produzione di carne, ma non agli stabilimenti con meno di 100 animali, a quelli con gruppi di polli da riproduzione e agli incubatoi. Gli Stati membri, d'altra parte, restano liberi di adottare misure più rigorose. La Commissione propone che nelle singole unità degli stabilimenti sia rispettata una densità di polli per metro quadro che non superi i 30 chilogrammi di peso vivo. I deputati, pur concordando su tale limite, chiedono che la densità massima sia calcolata come media degli ultimi tre gruppi per consentire una leggera variazione nel peso degli animali, dovuta a fattori indipendenti dalla volontà dell'allevatore, come ad esempio un ritardo nella macellazione. Tuttavia, per ogni gruppo, la densità non potrà superare i 32 kg/m2. Se l'allevatore si attiene a norme supplementari, specificate in un altro allegato, la Commissione lasciava la facoltà agli Stati membri di derogare alla norma generale, consentendo loro di fissare una densità di 38 kg/m2. I deputati, come nel caso precedente, inseriscono invece il principio della media, stabilendo a 40 kg il limite per singolo gruppo. Tuttavia, chiedono che, a partire dal 2013, la densità di allevamento degli animali non possa superare i 34 kg/m2 e, prevedendo sempre il gioco della media, limitano la densità per un qualsiasi gruppo a 36 kg/m2. Le norme sulla densità non si applicano però ai polli allevati all’aperto. Altre norme In un allegato della direttiva è specificata una serie di norme dettagliate che debbono essere rispettate in tutti gli stabilimenti riguardo agli abbeveratoi, alla somministrazione del mangime, allo strame, alla ventilazione, al riscaldamento, al rumore e alla luce. Ma anche in materia di ispezioni, di pulizia, di tenuta dei registri e di interventi chirurgici. A tale proposito, il Parlamento estende a tutti gli stabilimenti, intensivi o meno, le disposizioni relative ai sistemi di ventilazione, riscaldamento e raffreddamento. Ad esempio, la temperatura interna non potrà superare quella esterna di più di 3 gradi, quando quest'ultima è superiore a 30° C, mentre l'umidità relativa non potrà superare il 70%, quando la temperatura esterna è inferiore a 10° C. Inoltre, elevano da 20 a 50 lux l'intensità dell'illuminazione priva di sfarfallio negli edifici in cui sono allevati i polli durante le ore di luce e sopprimono la facoltà di troncare il becco ai polli per prevenire «plumofagia e cannibalismo». Il mangime, infine, dovrà essere sempre disponibile oppure andrà somministrato a intervalli fissi, senza poter essere ritirato prima di 12 ore dal momento previsto per la macellazione. Etichettatura della carne di pollo Non oltre i sei mesi successivi alla data di adozione della presente direttiva, al posto dei due anni proposti dalla Commissione, quest'ultima dovrà presentare al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulla possibile introduzione di «un sistema di etichettatura specifico, armonizzato e obbligatorio a livello comunitario per la carne, i prodotti della carne e i preparati di carne di pollo». Tale relazione dovrà essere basata sul rispetto dei criteri relativi al benessere degli animali e, aggiungono i deputati, «corredata di chiare informazioni sulle norme di produzione e sull'origine del prodotto». A loro parere, inoltre, sull'etichetta dovranno figurare la densità di allevamento dei polli negli stabilimenti, l'età dell'animale o altri parametri di cui il consumatore auspica si tenga conto. Per i deputati, d'altra parte, i sistemi volontari per l’etichettatura della carne di pollo meritano di essere fortemente incoraggiati dalle organizzazioni dei produttori, dalle autorità competenti degli Stati membri e dalla Commissione «poiché rispondono ad una domanda crescente da parte dei consumatori». La chiarezza delle informazioni fornite, infatti, consente di operare una scelta responsabile al momento dell'acquisto, nell'interesse dell'allevatore, del consumatore e degli animali. La relazione dovrà anche considerare le possibili implicazioni socioeconomiche, gli effetti sulle controparti economiche della Comunità e la conformità del sistema di etichettatura con le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio. Infine, dovrà essere accompagnata da proposte legislative adeguate, tenendo conto di tali considerazioni e dell’esperienza ottenuta dagli Stati membri nell’applicazione dei sistemi di etichettatura volontari. Sanzioni Gli Stati membri dovranno definire le norme sulle sanzioni applicabili alle infrazioni delle disposizioni nazionali adottate in base alla direttiva e prendere tutte le misure necessarie per garantirne l’attuazione. Le sanzioni dovranno essere efficaci, proporzionate e dissuasive. I deputati, in proposito, aggiungono che, salvo in casi manifesti di abbandono o di maltrattamento che richiedono un intervento immediato, le sanzioni dovranno essere anche graduali. Stesse norme per i paesi terzi Per i deputati, inoltre, la Commissione dovrà adoperarsi per stabilire una norma ai sensi della quale gli esportatori che immettono carne di pollo sul mercato europeo dovrebbero soddisfare gli stessi requisiti in materia di benessere animale cui si attengono gli allevatori europei. Facendo proprio un emendamento proposto dall'ALDE/ADLE, è pertanto chiesto all'Esecutivo di organizzare azioni volte a incoraggiare gli importatori comunitari di carne di pollo e a richiedere dai loro fornitori il rispetto degli standard europei sul benessere degli animali. Occorre poi che la Commissione controlli e, se del caso, vieti l'importazione di polli da paesi terzi provenienti da allevamenti che non rispettano disposizioni in materia di benessere analoghe a quelle che saranno adottate dall'Unione europea. L'allevamento di polli in Europa e in Italia L’allevamento di polli per la produzione di carne è un comparto importante del settore dell’allevamento nell’UE. Ciò è dimostrato dal fatto che ogni anno nell’UE a 15 sono macellati più di 4 miliardi di polli per produrre carne, un numero di animali superiore a quello di ogni altro sistema di allevamento. Con l’adesione dei dieci nuovi Stati membri il 1° maggio 2004, la quota è aumentata di circa il 18%. La produzione degli allevamenti italiani è più che sufficiente a rispondere alla domanda dei consumatori nazionali. In Italia operano 6.000 allevamenti, 173 macelli, 517 imprese di prima e seconda lavorazione che danno complessivamente lavoro a 180mila addetti per una produzione complessiva di 1,13 milioni di tonnellate di carne e un fatturato complessivo di 3,5 miliardi di euro, circa il 6,5% del valore dell'intera agricoltura italiana. Link utili Riferimenti
Thijs
BERMAN (PSE, NL) |
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Tradizione e innovazione per favorire lo sviluppo rurale Prodotti tradizionali di qualità e colture energetiche, folklore e tecnologie dell’informazione, servizi e rinnovo generazionale. Sono questi gli ingredienti della ricetta suggerita dal Parlamento al fine di promuovere lo sviluppo rurale e migliorare l'ambiente e la qualità della vita in campagna. I deputati chiedono anche sistemi di controllo della qualità e il miglioramento della riconoscibilità dei prodotti agricoli. Più in generale è chiesto di lasciare un più ampio margine di manovra agli Stati membri per adattare le priorità europee alle loro situazioni particolari. Gli orientamenti strategici per il periodo di programmazione che va dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013 individuano i settori di interesse per la realizzazione delle priorità comunitarie, in particolare in relazione agli obiettivi di sostenibilità fissati dal Consiglio europeo di Göteborg e alla luce della strategia di Lisbona rinnovata per la crescita e l’occupazione. Sulla base degli orientamenti strategici, ciascuno Stato membro dovrebbe elaborare la propria strategia nazionale di sviluppo rurale, che costituirà il quadro di riferimento per la preparazione dei programmi di sviluppo rurale. Più in particolare, gli orientamenti strategici comunitari per lo sviluppo rurale serviranno a:
La relazione di Mairead McGUINNESS (PPE/DE, IE) - approvata dal Parlamento con 455 favorevoli, 16 contrari, 10 astensioni - aggiunge che dovrà anche tenersi conto delle aspettative dei consumatori «in termini di sanità, sicurezza e qualità». Ma per i deputati gli orientamenti dovranno inoltre garantire la continuità tra gli attuali programmi di sviluppo rurale e quelli che prenderanno il via nel 2007. A loro parere, poi, in sede di elaborazione dei programmi nazionali di sviluppo rurale, gli Stati membri devono disporre «della flessibilità necessaria» per adeguare le priorità comunitarie e adattarle alle particolari condizioni esistenti nel loro territorio. Miglioramento della competitività dei settori agricolo e forestale Al fine di migliorare la competitività del settore, le azioni chiave dovranno tendere a agevolare l’innovazione e l’accesso alla ricerca e sviluppo, incoraggiare l’adozione e la diffusione delle TIC, stimolare un’imprenditorialità dinamica e migliorare le prestazioni ambientali dell’agricoltura e della silvicoltura. Si tratterà anche di adeguare l’offerta alla domanda e migliorare l’integrazione della catena alimentare e di sviluppare nuovi sbocchi per i prodotti agricoli e silvicoli. I deputati ritengono che questo obiettivo può essere conseguito soprattutto attraverso sistemi di controllo della qualità, lo sviluppo e l'applicazione di protocolli comuni, l'informazione dei consumatori e il miglioramento della riconoscibilità dei prodotti agricoli. Le azioni in parola, a loro parere, contribuiranno anche a migliorare l'immagine dei prodotti europei oltre i confini dell'Europa. In particolare, precisano, dovrebbero essere promossi i prodotti locali e regionali. Inoltre, tra i nuovi sbocchi, i deputati reputano necessario promuovere, oltre ai biocarburanti, anche i prodotti con caratteristiche specifiche, come quelli di qualità e di origine controllata. Per quanto riguarda la sostenibilità ambientale, poi, ritengono necessario potenziare la produzione biologica e la produzione di specialità regionali secondo metodi tradizionali sostenibili. Ma i deputati ritengono anche che occorre sostenere le iniziative locali, come i mercati agricoli locali e i programmi di approvvigionamento locale di alimenti di qualità, che la Commissione non aveva considerato. Altrettanto importante, poi, è migliorare il rinnovo generazionale. Migliorare l’ambiente e le zone di campagna In questo campo, gli Stati membri sono invitati a considerare prioritari la promozione dei servizi ambientali e le pratiche agricole rispettose della biodiversità e dell’ambiente nonché la conservazione del paesaggio naturale e agricolo e il consolidamento del contributo dell’agricoltura biologica. I deputati, inoltre, pongono l’accento sulla promozione del settore forestale e sulla prevenzione dei disastri naturali. Ma anche sulla promozione delle energie rinnovabili e della ricerca sulle colture energetiche. Migliorare la qualità della vita nelle zone rurali e promuovere la diversificazione dell'economia rurale Le azioni chiave che andrebbero promosse dovrebbero mirare a incrementare i tassi di attività e di occupazione, incoraggiare l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro, sviluppare le microimprese e l'artigianato, incoraggiare lo sviluppo del turismo, sviluppare l’offerta e l’uso innovativo di fonti di energie rinnovabili e incoraggiare l’adozione e la diffusione delle TIC. I deputati, oltre a ciò, insistono sulla necessità di salvaguardare e sviluppare i servizi per trattenere la popolazione e accogliere nuovi abitanti, e reputano opportuno incoraggiare il rinnovo e lo sviluppo dei centri rurali con la diversificazione dell’attività economica. A loro parere occorre poi mettere l’accento sulle competenze rurali e sulle iniziative in materia di qualità, come i protocolli e le etichette, formando i giovani a tal fine. Infine, è necessario preservare la cultura rurale, riscoprendo e tutelando l’artigianato, la gastronomia, le specialità agricole, il folklore e l’architettura rurale. Link utili Riferimenti
Mairead
McGUINNESS (PPE/DE, IE) |
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Verso una migliore gestione dei rischi in agricoltura Il Parlamento ha adottato una relazione d'iniziativa sulla gestione dei rischi in agricoltura che chiede più attenzione ai rischi derivanti dalla liberalizzazione degli scambi e alle crisi causate dalle restrizioni imposte dai paesi terzi alle esportazioni di prodotti UE. Sono poi difesi gli strumenti di intervento nei settori dell’ortofrutta e del vino. Nel chiedere aiuti per l’acquisto di combustibili, è accettato il principio del cofinanziamento delle misure anticrisi, ma non con l’1% della modulazione. Pur compiacendosi dell'approccio adottato dalla Commissione che consiste nell'esaminare diverse opzioni per la gestione dei rischi e delle crisi, la relazione d’iniziativa di GRAEFE ZU BARINGDORF (Verdi/ALE, DE) adottata dal Parlamento formula però delle riserve quanto alla filosofia che sottende alcune proposte, «improntate esclusivamente alla compensazione e all'indennizzo». La Commissione è quindi invitata a dare più spazio a misure preventive per ridurre i rischi ed evitare le crisi, come il ricorso alla vaccinazione e un migliore controllo sulle importazioni illegali. Per conferire maggiore coerenza alla politica di gestione dei rischi e delle crisi, secondo il Parlamento, occorre fare in modo che le imprese assicurative, pubbliche o private, svolgano la loro attività di assicurazione diretta per la copertura dei rischi assicurabili sia autonomamente sia nell'ambito di un regime di assicurazione agricola. Gli Stati, invece, dovrebbero limitarsi alla copertura dei rischi connessi a calamità naturali non assicurabili e, a certe condizioni, andrebbe consentito il finanziamento statale di tali attività. Inoltre, occorre autorizzare gli aiuti di Stato a sostegno dei premi di assicurazione e il finanziamento statale della riassicurazione delle imprese assicurative, a condizione di inserirsi nel quadro comunitario. In caso di adozione di un quadro comune per la politica delle assicurazioni e degli indennizzi nel settore agricolo sarebbe possibile prevedere un finanziamento comunitario a copertura di parte dei costi relativi alla costituzione e al funzionamento dei sistemi di tutela del reddito agricolo. Oppure, il finanziamento nazionale e quello comunitario dovranno essere resi compatibili con le normative attuali o future stabilite nell'ambito dell'accordo dell'OMC. Inoltre, potrebbero essere finanziati esclusivamente i sistemi che soddisferanno gli standard minimi nel quadro della politica comune o che rispetteranno uno scadenzario degli adeguamenti necessari. Le proposte della Commissione, secondo i deputati, non tengono sufficientemente conto dei rischi e delle possibili crisi connessi alla liberalizzazione dei mercati agricoli nell'ambito dei negoziati dell'OMC. L’Esecutivo è quindi invitato a valutare più attentamente strumenti e misure intesi a prevenire e affrontare efficacemente il crollo dei prezzi, le crisi dei mercati, la perdita di reddito per gli agricoltori e tutti gli ostacoli che si frappongono al proseguimento della loro attività. Ma dovrebbe anche effettuare un'analisi del ruolo delle misure che aumentano i prezzi di costo nel settore del benessere degli animali e all'ambiente. Occorre inoltre che le proposte della Commissione tengano conto delle situazioni di crisi che colpiscono gravemente i produttori comunitari e derivano da restrizioni instaurate da paesi terzi alle esportazioni dei prodotti agricoli dell'Unione europea. Pertanto, i deputati invitano l'Esecutivo a completare di conseguenza la definizione di situazione di crisi. In considerazione dello smantellamento tariffario di vasta portata concordato nell'ambito dell'OMC per i prodotti agricoli, è poi raccomandato che le condizioni di accesso al mercato siano definite a titolo di misura preventiva così da evitare un dumping economico, ecologico e sociale. I prelievi alle importazioni di prodotti agricoli, inoltre, sono considerati ancora giustificati quando le condizioni di produzione sono tali da violare i diritti dell'uomo nonché gli accordi internazionali e la legislazione europea relativa alla tutela dell'ambiente e degli animali. Il ricavato di tali prelievi, è proposto, potrebbe essere utilizzati per garantire la sicurezza alimentare e prevenire le crisi nei paesi in via di sviluppo interessati. Dichiarandosi decisamente contrari a rinunciare alle preferenze comunitarie, i deputati ritengono inoltre «assolutamente indispensabile» esaminare attentamente gli strumenti e le misure europee e nazionali per prevenire i rischi e gestire le crisi. Al riguardo è segnalata soprattutto la possibilità di orientare l'offerta per evitare una sovrapproduzione e un crollo dei prezzi. Per questo motivo, il Parlamento ritiene che siano ancora giustificate le misure previste dalle organizzazioni comuni di mercato (OCM) in settori particolarmente sensibili e reputa quindi necessario mantenerle nell'ambito dell'imminente riforma dell'OCM degli ortofrutticoli. La Commissione è inoltre invitata ad instaurare un meccanismo di salvataggio al quale si potrebbe ricorrere nelle situazioni di crisi che colpiscono, oltre all'OCM della carne bovina, anche altri settori come gli ortofrutticoli, il vino, la carne suina e il pollame. A tale scopo andrebbe valutata l'efficacia di talune misure specifiche quali l'aiuto allo stoccaggio in caso di crollo dei prezzi, l'aiuto alla trasformazione finalizzato al decongestionamento del mercato, l'adozione di misure di promozione come quelle a cui si è ricorso dopo la crisi della BSE e l'aiuto alla riduzione volontaria della produzione. I deputati, d’altra parte, ritengono accettabile un cofinanziamento delle misure volte ad evitare i rischi e a far fronte alle crisi da parte della Commissione, degli Stati membri, dell'industria agricola e delle aziende agricole, «purché possa avere un carattere vincolante e non comporti disuguaglianze fra Stati membri e gruppi di agricoltori». Tuttavia, sono contrari alla proposta della Commissione di finanziare la gestione dei rischi e delle crisi solo attraverso l'1% della modulazione. Piuttosto, è indispensabile un aumento dei fondi per la prevenzione delle crisi, compresa la riserva e pertanto è proposto di derogare al principio dell'annualità di bilancio per far fronte alle oscillazioni del fabbisogno in situazioni di crisi. L’Esecutivo è poi invitato ad elaborare un'analisi quantitativa che consenta una valutazione attendibile degli effetti della carenza di petrolio che si profila, nonché a definire possibili scenari al fine di affrontare il problema, prevedendo la possibilità di concedere un aiuto all'acquisto dei combustibili in periodi di abnorme aumento dei prezzi. Inoltre, andrebbe resa al contempo più attraente per i produttori la coltivazione di piante energetiche, aumentando sostanzialmente gli aiuti per ettaro di produzione. Calamità naturali: cofinanziamento da parte di assicurazioni private La relazione accoglie con soddisfazione le considerazioni della Commissione relative al cofinanziamento dei premi assicurativi versati dagli agricoltori per l'assicurazione contro le calamità naturali o per il sostegno a sistemi di riassicurazione. Questa soluzione, però richiede maggiori finanziamenti sia da parte del bilancio comunitario che dei bilanci nazionali rispetto alla modulazione proposta dell'1% e andrebbe quindi prevista la possibilità di sostenere questa formula facendo ricorso ai bilanci nazionali. La Commissione è poi invitata a creare un sistema di assicurazione pubblico, finanziato dall'Unione europea, per ognuno dei singoli settori e modi di produzione, e a instaurare un sistema di riassicurazione coerente e accessibile a tutti gli Stati membri nel quadro della politica agricola comune. Fondi di mutualizzazione dei rischi Condividendo l’idea ella Commissione di promuovere i fondi di mutualizzazione dei rischi costituiti dai produttori, i deputati segnalano al riguardo «la grande importanza» delle organizzazioni di produttori, «che possono ottenere una migliore copertura in ragione della ripartizione dei rischi e della concentrazione degli interessi rispetto ai mercati finanziari e alle assicurazioni private». Sono poi sottolineati i vantaggi della responsabilità collettiva nel caso di fondi settoriali o intersettoriali e alla Commissione è rivolto un invito ad esaminare le possibilità di tutelare gli agricoltori da crolli dei prezzi attraverso mercati a termine e garanzie dei prezzi, ovvero dalle perdite di merci facendo ricorso a regimi di assicurazione privati. Il Parlamento ritiene inoltre che siano indispensabili delle misure di accompagnamento a livello nazionale e comunitario per incoraggiare gli apporti e i contributi del settore privato mediante agevolazioni fiscali e creditizie e facilitare così la partecipazione dei produttori ai previsti fondi di mutualizzazione dei rischi. Fornitura di una copertura di base contro le crisi dei redditi Nel prendere atto delle proposte della Commissione sulla fornitura di una copertura di base contro le crisi dei redditi, i deputati ritengono che tale questione vada esaminata nell'ambito della futura riforma della PAC. In proposito, peraltro, sottolineano le difficoltà incontrate nel verificare e individuare il danno subito e le perdite di reddito e, pertanto, ritengono che un tale sistema comporterebbe pesanti formalità amministrative e costi elevati. Di conseguenza, la Commissione è invitata a non prevedere, in caso di crisi, aiuti pubblici al reddito che siano in concorrenza con i regimi assicurativi privati ma, piuttosto, «a rendere molto più affidabili ed efficaci tali regimi attraverso adeguati sistemi di controllo che li responsabilizzino». Link utili Comunicazione della Commissione al Consiglio relativa alla gestione dei rischi e delle crisi nel settore agricolo Riferimenti
Friedrich-Wilhelm GRAEFE zu BARINGDORF (Verdi/ALE, DE) |
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Linee guida per una strategia forestale europea Il Parlamento propone L'Aula esaminerà che identifica undici elementi strategici su cui fondare la politica forestale europea. Tra questi, figurano misure volte a promuovere la gestione sostenibile delle foreste ed a incoraggiare l'utilizzo di risorse rinnovabili nonché azioni più efficaci per lottare contro gli incendi. E' posto poi l'accento sull'importanza del rimboschimento e la necessità di incentivi fiscali per compensare le attività rispettose dell'ambiente. La relazione di Heinz KINDERMANN (PSE, DE) - approvata dal Parlamento con 356 voti favorevoli, 47 contrari e 18 astensioni - nota che sulle foreste è costantemente aumentato l'influsso delle più diverse politiche comunitarie, nonostante non esista una base giuridica per la politica forestale comune. La Commissione e il Consiglio dovrebbero quindi esaminare in modo oggettivo la possibilità di creare una base giuridica distinta per il bosco nei trattati dell'UE o in un progetto di futuro trattato. Inoltre, sostengono l'iniziativa della Commissione di elaborare un piano d'azione dell'UE per la gestione forestale sostenibile, da realizzare nell'arco di cinque anni. Nel sottolineare l'importanza di ecosistemi forestali intatti per la preservazione della biodiversità conformemente agli impegni assunti nell'ambito di accordi internazionali, è poi messo l'accento sulla necessità dell'UE di perseguire un approccio coordinato e coerente nella politica internazionale e comunitaria in materia ambientale. Proteggere le foreste Il Parlamento sostiene che le misure di prevenzione degli incendi previste dalla politica per lo sviluppo rurale stanno risultando insufficienti per far fronte a tale fenomeno, che è la principale causa di deterioramento dei boschi nell'UE. A tale riguardo, invita la Commissione e gli Stati membri a prevedere nel piano d'azione dell'UE delle misure per prevenire i rischi e per affrontare le catastrofi di particolare gravità (incendi, tempeste, insetti e siccità). Chiede, inoltre, in vista del prossimo periodo di programmazione finanziaria, che gli Stati membri e le regioni europee rivedano le loro azioni di lotta e prevenzione contro gli incendi al fine di rendere più dinamiche le misure in vigore, la cui gestione, in numerosi casi, risulta scadente. Più in particolare, agli Stati membri è suggerito di adottare un'impostazione integrata per la protezione dei boschi contro gli incendi, con misure come la raccolta e lo sfruttamento della biomassa forestale residua, il divieto temporaneo di cambiamento della destinazione del suolo incendiato per evitare le speculazioni in seguito agli incendi e la creazione di procure speciali competenti per perseguire i reati ambientali. E' poi sottolineato che il rimboschimento è uno strumento fondamentale nella lotta contro la desertificazione. Ricorrere al rimboschimento con specie native, inoltre, contribuisce al mantenimento della biodiversità, diminuisce il rischio di incendi e può contribuire alla tutela delle aree limitrofe dei siti della rete Natura 2000. Cambiamento climatico e energie sostenibili Considerando che le foreste contribuiscono ad attenuare il riscaldamento globale e l'effetto serra, e quindi a rispettare gli obbiettivi ambientali dell'UE, è ritenuto essenziale riconoscere la loro importanza al fine di attenuare il cambiamento climatico. L'Unione europea, inoltre, dovrebbe sviluppare le attività di ricerca, di promozione dell'immagine del legno e di scambio di informazioni in tale campo. L'UE è poi sollecitata a promuovere l'utilizzazione del legname come risorsa rinnovabile e a utilizzare i prodotti dell'industria forestale. La biomassa, specialmente a base di legno, dovrebbe inoltre essere inserita nelle misure politiche per lo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili (cogenerazione di elettricità e calore, carburanti biologici) e, in tale contesto, gli Stati membri sono invitati a prendere in esame quali siano le possibilità per agevolare a livello fiscale la produzione di calore a partire dal legno. D'altra parte, è ricordato che il potenziamento del ricorso alle energie rinnovabili basate sui prodotti forestali contribuirà ad attenuare il deficit energetico dell'UE. Competitività del settore forestale Vista la necessità di promuovere la competitività del settore forestale, il Parlamento accoglie con favore il fatto che siano stati previsti incentivi per promuovere le fusioni volontarie di piccole imprese forestali. Inoltre, segnala che il rafforzamento delle organizzazioni dell'economia forestale privata aiuterebbe i proprietari privati di boschi a mettere a punto la propria strategia forestale sostenibile. È poi richiamata l'attenzione sulle fonti di reddito derivanti dai prodotti delle foreste diversi dal legno come il sughero, i funghi e le bacche o la fornitura di servizi come l'agriturismo e la caccia, fonti che vengono finora utilizzate solo parzialmente. Inoltre è chiesto che vengano realizzati degli studi sull'opportunità di introdurre misure fiscali tese ad esercitare una differenziazione positiva a livello tributario a favore dei produttori le cui incidenze negative sull'ambiente siano minori. I deputati, infatti ritengono che l'attività di prevenzione degli incendi e della desertificazione, il rimboschimento con specie native, la promozione della biodiversità, la gestione sostenibile dei boschi naturali e la promozione di servizi ambientali, come la tutela del sistema idrologico e la lotta all'erosione, «costituiscano esternalità positive che tali produttori forniscono alla società e che vanno pertanto debitamente compensate». Promuovere le attività di ricerca e sviluppo I deputati chiedono il potenziamento delle attività di ricerca e sviluppo legate al settore forestale nonché al ruolo multifunzionale di quest'ultimo, specie per lo sviluppo sostenibile della biodiversità, inserendo i progetti centrali di ricerca in materia nel VII programma quadro di ricerca dell'Unione europea ovvero nei corrispondenti programmi degli Stati membri, nonché il sostegno alla piattaforma tecnologica bosco-legname-carta già in atto. Gestione sostenibile delle foreste Tenendo presente che, a livello comunitario, la politica di sviluppo dello spazio rurale è lo strumento principale per l'attuazione della strategia forestale, il Parlamento invita la Commissione e gli Stati membri a tener maggiormente conto degli obbiettivi e delle misure previsti dalla strategia forestale dell'UE per una gestione sostenibile delle foreste al momento di elaborare i programmi di sviluppo rurale. In tale contesto, i deputati pongono l'accento sull'importanza delle azioni di formazione e qualificazione degli operatori forestali e chiedono che i programmi comunitari siano maggiormente utilizzati nel settore forestale. I boschi in Italia Nel nostro Paese vi sono poco meno di 7 milioni di ettari quadrati di foreste, di cui 4 milioni in zone montane. Circa 4 milioni di ettari appartengono a privati, mentre il resto è detenuto, in ordine decrescente, dai comuni, dallo Stato e dalle Regioni e, infine, da altri enti. Nel 2000 il volume dei prelievi legnosi, in bosco e fuori foresta, ha complessivamente raggiunto i 9,2 milioni di metri cubi. Il legname da opera rappresenta il 40,9% delle utilizzazioni totali, dentro e fuori foresta, ma è la legna da ardere che rappresenta la maggiore destinazione dei prelievi totali (59,1%). Nel 2000 la perdita di boschi dovuta ad incendi ha interessato complessivamente una superficie pari a 59.956 ettari, mentre nel 1999 per lo stesso fenomeno sono andati perduti 28.136 ettari (+113,%). Il numero degli eventi accertati nel 2000 è stato pari 8.527 contro i 4.058 del 1999 (+110,1%). Il 77,1% delle superfici percorse dal fuoco nel 2000 risulta localizzato nel Mezzogiorno con un’incidenza sul patrimonio forestale del 2,2%, contro lo 0,3% registrato nelle aree del Nord- Centro. Il 58,1% degli eventi registrati nel 2000 ha natura dolosa ed ha interessato il 77,8% delle superfici complessivamente colpite. Infatti solo per cause volontarie sono andati bruciati nel 2000 ben 46.622 ettari di bosco localizzati in gran parte (77,8%) nelle regioni meridionali. L’incidenza delle cause naturali è invece del tutto marginale, sia in termini di numero di eventi (0,8%) che di superficie coinvolta (0,5%). D'altra parte, a cause involontarie va attribuita la perdita dell’8% delle superfici incendiate ed un altro 13,8%ad altre cause non classificabili. Link utili Comunicazione della Commissione sull'attuazione della strategia forestale dell'UE Riferimenti
Heinz
KINDERMANN (PSE, DE) |
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Adottando la relazione di Mechtild ROTHE (PSE, DE), il Parlamento chiede alla Commissione di presentare, entro il 31 luglio 2006, una proposta legislativa tesa a raddoppiare entro il 2020 il ricorso alle energie rinnovabili utilizzate a fini di riscaldamento e di raffreddamento. A tal fine, i deputati propongono una serie di misure e di incentivi, anche fiscali, cui potrebbero ricorrere gli Stati membri. L'obiettivo è garantire la sicurezza degli approvvigionamenti, tutelando l'ambiente. In Europa il 50% del fabbisogno energetico totale viene utilizzato per il riscaldamento. Anche la richiesta di condizionamento d'aria aumenta molto rapidamente. Per i deputati, d'altra parte, il grande potenziale delle fonti energetiche rinnovabili nell'ambito del riscaldamento e del condizionamento non è pienamente sfruttato. Per tale motivo, il Parlamento chiede alla Commissione di presentare, entro il 31 luglio 2006, una proposta legislativa sull'incremento della quota di energie rinnovabili a fini di riscaldamento e propongono una serie di misure volte a raggiungere questo traguardo. Obiettivi della proposta L'obiettivo della proposta è di far crescere la quota delle fonti energetiche rinnovabili utilizzate nell'UE nel settore del riscaldamento e del raffreddamento, portandola dall'attuale livello del 10% circa ad una quota «realistica e ambiziosa» pari ad almeno 20% entro il 2020. Questo incremento mira a contribuire «in modo sostanziale» alla sicurezza dell'approvvigionamento energetico europeo, in particolare riducendo la dipendenza dell'Europa dal petrolio e dal gas e diminuendo i costi energetici per gli usi domestici e professionali dei consumatori. Oltre a ciò, intende contribuire alla creazione di posti di lavoro e al miglioramento delle condizioni ambientali, nonché alla netta diminuzione del fabbisogno di energia convenzionale dell'UE. Per garantire il conseguimento dell'obiettivo europeo, andrebbero definiti «obiettivi nazionali efficaci» che tengano conto delle attuali differenze tra gli Stati membri per quanto riguarda le quote di fonti energetiche rinnovabili nel settore del riscaldamento e del raffreddamento nonché del potenziale di ciascuna tecnologia di riscaldamento e raffreddamento. Entro un anno dall'entrata in vigore della direttiva, gli Stati membri dovrebbero adottare dei piani d'azione volti al conseguimento dei propri obiettivi. Questi piani andrebbero rinnovati ogni tre anni e presentati alla Commissione. Inoltre, agli Stati membri andrebbe imposto di garantire un quadro giuridico chiaro per l'autorizzazione, il controllo e la certificazione dello sfruttamento delle fonti energetiche rinnovabili a fini di riscaldamento e raffreddamento. Strumenti finanziari nazionali e incentivi In linea di principio, gli incentivi finanziari dovrebbero essere istituiti dagli Stati membri conformemente al principio di sussidiarietà. Questi strumenti, per il Parlamento, dovrebbero limitare il sostegno nel tempo (con una riduzione graduale) e garantire la sicurezza degli investimenti a lungo termine nonché «condizioni di finanziamento affidabili e coerenti». Inoltre, dovrebbero assicurare un finanziamento efficace e sistematico per lo sfruttamento del potenziale esistente e il conseguimento degli obiettivi, nonché accelerare la redditività delle tecnologie FER (fonti energetiche rinnovabili) mediante la realizzazione di una produzione su vasta scala. Per quelle tecnologie rinnovabili che non raggiungono un elevato livello di penetrazione, gli Stati membri potrebbero ricorrere a meccanismi d'incentivazione, come vantaggi fiscali o deroghe per gli impianti FER e le collegate reti di riscaldamento e raffreddamento. Ma potrebbero anche fornire aiuti diretti agli investimenti o adottare norme che promuovono o impongono l'obbligo di utilizzare sistemi FER, impianti di cogenerazione, sistemi di riscaldamento/raffreddamento locale e di teleriscaldamento/teleraffreddamento da energie rinnovabili, nelle nuove costruzioni o nelle ristrutturazioni di edifici. I deputati, al riguardo, precisano che i combustibili utilizzati in tale quadro «non dovrebbero essere tassati». Misure di accompagnamento Gli Stati membri dovrebbero incoraggiare il settore pubblico ad accordare priorità all'approvvigionamento di riscaldamento e raffreddamento da fonti energetiche rinnovabili nel quadro degli appalti pubblici. Occorre poi intensificare gli sforzi nel settore della ricerca per permettere una maggiore penetrazione del mercato delle fonti energetiche rinnovabili. Da parte sua, l'UE potrebbe incoraggiare l'utilizzo dei fondi strutturali e di coesione per sostenere e promuovere lo sfruttamento delle fonti energetiche rinnovabili a fini di riscaldamento e raffreddamento. Oltre a ciò, dovrebbe organizzare campagne di informazione su scala UE. Infine, va sottolineato che non hanno raccolto la maggioranza qualificata dei voti richiesti i paragrafi che chiedevano alla Commissione di estendere a tutti gli edifici di oltre 200 metri quadrati le disposizioni previste dalla direttiva 2002/91 sul rendimento energetico totale e l'impiego di energie rinnovabili e di collaborare con gli Stati membri affinché fossero introdotte, entro il 2012, norme edilizie minime per tutte le abitazioni private, basate su norme relative all'energia passiva (al di sotto di 10kW/m2). Procedura Queste proposte sono state fatte nel quadro di una procedura poco utilizzata, che permette al Parlamento europeo di chiedere alla Commissione di presentargli delle proposte legislative (Articolo 39 del Regolamento PE). La proposta di risoluzione della commissione per l'industria deve ancora essere approvata da una maggioranza di deputati. Link utili Risoluzione del Parlamento sulla quota di fonti energetiche rinnovabili nell'UE e le proposte di azioni concrete (29 settembre 2005). Riferimenti
Mechtild
ROTHE (PSE, DE) |
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I deputati vedono con favore una riforma dell'attuale normativa sugli aiuti di Stato, giudicata troppo burocratica e poco trasparente. Pur riconoscendone l'utilità, chiedono tuttavia che gli aiuti statali siano ridotti e usati meglio. D'altra parte, occorre sostenere le PMI innovative e gli investimenti nelle infrastrutture, tutelando l'ambiente. E' poi necessario rivedere le riduzioni subite dalle regioni che hanno patito l'effetto statistico e dare maggiore importanza ai criteri territoriali. La relazione di Gunnar HÖKMARK (PPE/DE, SE) all'esame della Plenaria premette che l'economia di mercato «è il metodo più efficiente per assegnare risorse limitate» e, quindi, che l'aiuto di Stato dovrebbe essere «l'ultimo strumento al quale far ricorso». Inoltre, osservando che, in base ad alcune stime, l'importo totale degli aiuti di Stato concessi ogni anno nell'Unione europea equivale a più del 50% del suo bilancio annuale, i deputati ritengono che i sussidi debbano essere «spesi responsabilmente», con un buon rapporto costi/benefici, anche perché sono «finanziati dai contribuenti». In proposito, il Parlamento invita la Commissione ad esaminare se i tassi massimi di aiuto in teoria possibili «non siano troppo elevati in un'ottica di economia di mercato», dato che «un livello così elevato di finanziamento consente di fondare una società senza capitale proprio». Governance e Trasparenza La relazione accoglie con favore l'intenzione della Commissione di ammodernare le prassi e le procedure relative agli aiuti di Stato, poiché ritiene necessaria una riforma globale della politica in materia di aiuti statali. Questa revisione, secondo il Parlamento andrebbe realizzata, in particolare, «per mezzo dell'accresciuta certezza giuridica, ritoccando l'approccio economico, aumentando la trasparenza mediante la consultazione delle parti in causa e migliorando la procedura di assegnazione». Le attuali pratiche e procedure in materia di aiuti di Stato, infatti, presentano carenze e sono troppo burocratiche. Pertanto, i deputati vedono con favore l'introduzione di orientamenti sulle migliori pratiche in materia di procedure per gli aiuti di Stato, finalizzate alla definizione di procedure di notifica più rapide e più efficienti. Gli aiuti di Stato, peraltro, dovrebbero avere sempre obiettivi chiaramente definiti, essere proporzionati e, soprattutto, temporanei. Mentre le disposizioni ad essi attinenti dovrebbero essere semplici, trasparenti ed efficaci. La giustificazione per la concessione degli aiuti di Stato, poi, dovrebbe essere rivista a intervalli regolari e appropriati, mentre vanno garantiti «controlli efficaci e severi» per assicurare una concorrenza equa e la trasparenza, nonché per evitare discriminazioni. Per tale ragione, i deputati sostengono «con forza» l'idea di formare una rete più fitta di organi di controllo, per esempio Corti dei conti degli Stati membri, in grado di promuovere la coerenza nell'applicazione delle norme sugli aiuti di Stato. D'altra parte, è ritenuto essenziale che, al momento di valutare la compatibilità con il trattato degli aiuti di Stato, sia instaurato un giusto equilibrio tra gli effetti negativi degli aiuti sulla concorrenza e i loro effetti positivi in termini di interesse europeo comune. Nello stabilire le norme comunitarie, vista la globalizzazione dell'economia, è inoltre «fondamentale» tenere conto delle condizioni della concorrenza internazionale. La relazione, poi, lamenta il fatto che le sanzioni per la mancata notifica siano attualmente addossate soltanto ai beneficiari e non agli Stati membri. Pertanto la Commissione dovrebbe studiare nuovi meccanismi deterrenti per rimediare all'applicazione scorretta, da parte degli Stati membri, delle norme sugli aiuti di Stato, e stabilire sanzioni adeguate al riguardo. Pur apprezzando l'obiettivo della Commissione di perfezionare il proprio approccio economico in relazione alle procedure per gli aiuti di Stato, i deputati chiedono però all'Esecutivo di chiarire i limiti del concetto di "fallimento del mercato" e la sua interazione con le prescrizioni costitutive del divieto dell'aiuto di Stato. La relazione, inoltre, mette in guardia contro il potenziale effetto «nocivo» degli aiuti di Stato, nazionali ed europei, che potrebbero incentivare alcune imprese a spostarsi da uno Stato membro all'altro per fare "subsidy shopping" (ossia a fare incetta di sovvenzioni), «senza che ciò abbia alcun beneficio per gli obiettivi comuni dell'Unione europea». Nel ricordare l'iniziativa del Vicepresidente della Commissione, Siim Kallas, volta a introdurre maggiore trasparenza nella procedura di concessione dei sussidi agricoli, chiedendo agli Stati membri di pubblicare su Internet l'identità di tutti i beneficiari e gli importi concessi, la relazione raccomanda che tale sistema sia esteso a tutte le sovvenzioni statali. A tutti gli Stati membri è quindi raccomandato di imporre alle imprese la pubblicazione dei dettagli sulle sovvenzioni ricevute «al fine di consentire agli azionisti di meglio valutare le prestazioni reali dell'impresa», soprattutto nel caso in cui gli aiuti di Stato siano decurtati. Aiuti regionali e regioni a effetto statistico Compiacendosi della proposta della Commissione volta a rivedere gli orientamenti sugli aiuti regionali nazionali, i deputati esprimono l'auspicio che tale revisione sia strettamente collegata alla riforma dei Fondi strutturali per il periodo 2007-2013. Inoltre, sottolineano che la riforma degli aiuti regionali «deve attribuire una maggiore importanza ai criteri territoriali», in modo da operare una distinzione fra aree geografiche dell'Unione europea con una solida economia, aree colpite dalle difficoltà della riconversione industriale e aree con svantaggi naturali permanenti. Pur valutando che gli aiuti di Stato si siano dimostrati un efficace strumento sulla via verso un'effettiva convergenza dei redditi delle varie regioni dell'Unione europea, i deputati ritengono che la loro concessione debba essere permessa «solo quando l'aiuto generi un valore aggiunto che non si potrebbe ottenere con alcuna altra misura politica e che vada a beneficio di una regione». Va quindi adottato un approccio più efficiente alla concessione degli aiuti regionali, che si concentri sugli investimenti nelle infrastrutture e sugli aiuti orizzontali nelle regioni svantaggiate o meno sviluppate dell'Unione europea, compresa l'introduzione di condizioni fiscali vantaggiose per periodi transitori non superiori a cinque anni. La Commissione, d'altra parte, dovrebbe vigilare affinché gli aiuti di Stato nazionali ed europei non diano luogo a distorsioni concorrenziali tra regioni degli Stati membri e non finanzino delocalizzazioni intraeuropee «che si traducono in particolare nella soppressione di posti di lavoro in una regione a beneficio di un'altra». E' poi segnalata la necessità di mantenere adeguate possibilità di sostegno per le regioni colpite da un effetto statistico. Pertanto, i deputati reputano necessaria una revisione delle riduzioni degli aiuti di Stato alle regioni colpite dall'effetto statistico, che hanno tratto vantaggio da un relativo aumento dei redditi a seguito dell'allargamento, ma non hanno raggiunto una crescita o una convergenza effettiva, e che presentano elevati tassi di disoccupazione. Innovazione, R&S e sviluppo delle tecnologie ambientali Nonostante riconosca il ruolo che possono avere nell'innovazione, la relazione sottolinea tuttavia che gli aiuti destinati a ricerca e sviluppo non devono dar luogo a distorsioni della concorrenza, in particolare favorendo gli operatori aventi una posizione consolidata sul mercato. Tali aiuti, inoltre, non dovrebbero favorire singole imprese e, per tale ragione, la Commissione è esortata a indirizzarli verso i "centri dell'innovazione". In tale contesto, è poi evidenziata l'esigenza di superare le barriere fiscali e regolamentari negli Stati membri che ostacolano lo sviluppo delle imprese innovative e di recente creazione, nonché di promuovere lo sviluppo delle PMI innovative appena avviate o di recente creazione mediante, fra l'altro, adeguati incentivi fiscali. Approvando un emendamento proposto dai Verdi, il Parlamento rileva che lo sviluppo delle tecnologie ambientali nell'UE, e in particolare nel settore dell'energia, «è stato ostacolato dai notevoli aiuti statali per i combustibili fossili e l'energia nucleare». I deputati, inoltre, affermano di credere «profondamente» nel principio che i costi esterni debbano essere inseriti nel prezzo dell'energia proveniente da diverse fonti e che questo principio debba essere una base per la revisione degli orientamenti agli aiuti statali dell'UE. La Commissione e gli Stati membri, inoltre, sono invitati ad accelerare l'introduzione di misure volte a ridurre gli aiuti statali dannosi per l'ambiente e quindi a eliminarli completamente. Servizi di interesse economico generale Per i deputati il finanziamento dei servizi di interesse economico generale costituisce un aiuto di Stato solo nei casi in cui il criterio dell'adeguata compensazione non è, o non si può dimostrare che sia, soddisfatto. Alla luce della crescente importanza dei partenariati tra settore pubblico e settore privato per la creazione di infrastrutture nelle regioni meno sviluppate, la Commissione è poi esortata a prestare particolare attenzione alla questione della concessione di aiuti di Stato per tali partenariati, in particolare, attraverso una regolamentazione finalizzata a renderne più semplice il ricorso. Inoltre, osservando che le imprese di servizio pubblico di piccole dimensioni sono esentate dall'applicazione della normativa sugli aiuti di Stato, i deputati esprimono dubbi sull'opportunità di distinguere tra piccole e grandi imprese ai fini della valutazione della norma sugli aiuti di Stato. Di conseguenza, chiedono che la valutazione della Commissione sia basata sull'impatto degli aiuti di Stato sul mercato interessato, piuttosto che sulle dimensioni dell'impresa di servizio pubblico in questione. Esenzioni per categoria La relazione sostiene l'adozione di una regolamentazione generale sulle esenzioni per categoria da parte della Commissione, che abbia lo scopo di semplificare e consolidare le esenzioni esistenti (in particolare sulla formazione, le PMI e l'occupazione) e di integrare una gamma più ampia di esenzioni, segnatamente per il sostegno delle PMI e della R&S, purché le sovvenzioni incrociate a partire da piccole imprese verso grandi imprese siano debitamente monitorate e vietate. Questa regolamentazione, inoltre, dovrà consistere in disposizioni chiare, dettagliate e inequivocabili, «che assolutamente non compromettano l'obiettivo prioritario di una riduzione generalizzata degli aiuti di Stato». D'altra parte, i deputati accolgono con favore la proposta di alzare la soglia de minimis e, in proposito, suggeriscono di raddoppiarla fino a giungere a 200.000 euro. La Commissione, in tale contesto, dovrà anche affrontare il problema del controllo del cumulo. Background - Gli aiuti di Stato in Italia L'importo degli aiuti concessi nell'UE nel 2003, espresso in percentuale del PIL, è sostanzialmente diverso da Stato a Stato (dallo 0,10% in Lettonia al 2,76% in Polonia e Repubblica Ceca). In Italia questo tasso è pari allo 0,54%, leggermente inferiore alla media comunitaria (UE a 15). Si noti che il tasso di aiuti italiano ha subito un netto decremento dal 1992, quando si attestava all'1,71%. Il livello più basso è stato raggiunto nel 2000 (0,48%), ma è poi risalito progressivamente negli anni seguenti. Tra i "grandi" paesi europei, il tasso italiano è superiore solamente a quello britannico che è pari allo 0,26%. Quello spagnolo si attesta allo stesso livello, mentre quello francese è dello 0,57% e quello tedesco dello 0,77%. Link utili
Comunicazione
della Commissione:
"Aiuti di Stato meno numerosi e più mirati: itinerario di riforma
degli aiuti di Stato 2005 2009" Riferimenti
Gunnar
HÖKMARK (PPE/DE, SE) |
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Mojca DRČAR MURKO (ALDE/ADLE, SI) ha denunciato una legge adottata dal Parlamento italiano il 9 febbraio scorso che concede la cittadinanza italiana a cittadini sloveni e croati, «interferendo così in modo flagrante sulla sovranità» dei due Stati. Per la deputata si tratta, di fatto, di una «rioccupazione» di territori che l'Italia aveva ceduto, dopo la disfatta dell'Asse Roma-Berlino, in forza a una serie di trattati siglati dopo la seconda guerra mondiale. Si è quindi appellata al Presidente Ciampi affinché ponga il veto a questa legge che rappresenta una «minaccia per la pace e la sicurezza dell'Europa». Il provvedimento in questione riguarda modiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, «concernenti il riconoscimento della cittadinanza italiana ai connazionali dell'Istria, di Fiume e della Dalmazia e loro discendenti». Pasqualina NAPOLETANO (PSE, IT) ha voluto attirare l'attenzione dell'Aula sull'uccisione di diversi missionari in Burundi, Filippine e Angola e, soprattutto, sull'omicidio di Don Andrea in Turchia. Riguardo a quest'ultimo, la deputata ha voluto rendere omaggio «all'uomo e al suo sacrificio», anche perchè si iscrive «nel clima di tensione tra il mondo islamico e l'Europa». «In suo nome», la deputata ha quindi chiesto che il Parlamento ricordi «il messaggio di quest'uomo» ed ha rivolto l'invito «a promuovere chi vuole rompere questo circolo dell'odio», dicendosi sicura che esiste una grande maggioranza di uomini e di donne «di buona volontà, sia musulmani sia cristiani, ma anche atei e laici». Link utili Scheda del Disegno di legge di iniziativa parlamentare (Sito del Senato della Repubblica) Altri documenti approvati
I risultati
delle votazioni sono consultabili sul
sito del Servizio Stampa del Parlamento europeo. |
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Codici delle procedure parlamentari
Abbreviazioni - Gruppi politici: vedere di seguito
Gruppi politici
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