L'AGE informa |
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RASSEGNA
12 - 15 dicembre 2005
Strasburgo
Sommario
CONSIGLIO EUROPEO
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Il Presidente del Parlamento europeo, Josep Borrell ha consegnato questo mercoledì il Premio Sacharov 2005 per la libertà di pensiero. Il Premio riconosce i contributi alla difesa dei diritti dell'uomo, alla protezione delle minoranze e alla promozione della democrazia. Quest'anno sono tre gli insigniti del Premio: il movimento d'opposizione cubano "Damas de Blanco", l'avvocato nigeriana Hauwa Ibrahim e l'organizzazione internazionale "Reporter senza frontiere". Aprendo la seduta solenne, il Presidente BORRELL si è rammaricato che, nonostante tutti gli sforzi compiuti, le "Donne in Bianco" non siano potute intervenire alla premiazione a causa della mancata autorizzazione da parte del governo cubano. Purtroppo, ha proseguito, non è la prima volta che ciò accade. Infatti sia Nelson Mandela, che Aung San Suu Kuy, Leyla Zana e Wei Jingshen, in passato, non avevano potuto ritirare il premio. Una nuova seduta solenne, sarà organizzata affinché le vincitrici possano ritirare il loro premio e si farà tutto il possibile per accelerare la procedura. Quest'anno, ha proseguito, il Parlamento europeo ha deciso di conferire il premio a tutti e tre i candidati per le loro iniziative e il loro impegno. «E' una lotta per la democrazia e per un mondo più giusto», ha affermato Borrell. Molti europei credono che la promozione e la difesa dei diritti umani nel mondo sia un diritto acquisito quasi scontato invece, ha aggiunto, per milioni di uomini e donne si tratta solo di «un sogno lontano». Per questo motivo «noi abbiamo una particolare responsabilità nel difendere e promuovere i diritti umani in tutto il mondo». «Sarà Blanca Reyes a rappresentare le "Donne in bianco" che, dal marzo 2003 continuano a manifestare pacificamente nonostante le pressioni e le minacce che sono costrette a subire.» Tale gruppo ha «tutto il nostro appoggio». Il Presidente ha ricordato che il 22 aprile 2004 il Parlamento europeo ha chiesto la liberazione di tutti i prigionieri politici, ma purtroppo il cammino per ottenere tale risultato «è ancora lontano». La storia di molti paesi europei, ha proseguito, «ci ha insegnato che la transizione pacifica non si ottiene incarcerando i dissidenti». Presentando Hauwa Ibrahim, il Presidente ne ha sottolineato la determinazione, ricordando che «la sua forza è il rispetto della legge». Usando il suo talento di avvocato al servizio dello Stato di diritto, ha aggiunto, difende le persone che vivono sotto la costante minaccia di pene crudeli ed inumane in Nigeria, applicate in nome della "Sharia". «Abbiamo seguito con emozione i processi contro Amina Lawal e Safyia Hussain accusate di adulterio», ha proseguito, e Ibrahim è riuscita a far trionfare la legge, esigendo il rispetto della Costituzione e dei Trattati internazionali firmati dalla Nigeria. «Non si può lapidare una donna accusata di adulterio, non si può condannare una giovane all'amputazione», ha esclamato il Presidente ricordando come, in varie occasioni, il Parlamento si sia pronunciato contro queste condanne inumane e contro la pena di morte. Il Presidente, ha poi presentato all'Aula il terzo vincitore, Robert Ménard, Segretario generale di Reporter senza frontiere, già noto all'Assemblea, e con lui tutti i giornalisti presenti. «Non si può avere democrazia senza un'ampia informazione pluralista», ha sottolineato, ed è per questo principio che essi lottano. Sfortunatamente, ha aggiunto, «troppo spesso sono vittime della passione della loro professione». Il Presidente ha poi ricordato all'Aula che, poche settimane fa, Robert Ménard non è stato autorizzato a partecipare al Vertice dell'Informazione tenutosi a Tunisi, in quanto «evidentemente le autorità tunisine temevano la presenza di testimoni». E' paradossale «che ciò accada proprio quando in tutto il mondo si parla dell'importanza fondamentale della conoscenza» e, ha aggiunto, con questo premio si rende omaggio a tutti quei giornalisti che hanno perso la vita e a tutti i loro compagni imprigionati o spariti. «Nemmeno i terroristi con i loro atti atroci potranno sopprimere la libertà d'informazione, base imprescindibile e combustibile irrinunciabile della democrazia», ha affermato il Presidente che ha poi concluso citando Voltaire e Brecht: «la libertà di espressione è un diritto di tutte le persone libere» che distingue la libertà dalla tirannide. Blanca Reyes ha affermato che è con commozione che ritira il Premio assegnato alle "Damas de Blanco" e ha colto l'occasione per salutare tre dei suoi esponenti ora «in esilio» e presenti in tribuna. Il Premio, «inaspettato», rafforzerà l'impegno per la causa di questo movimento spontaneo e senza connotazioni politiche, teso a difendere i 75 familiari imprigionati. Deplorando poi che le «autentiche damas» non hanno potuto presenziare, ha affermato che il governo cubano ha nuovamente dimostrato «la violazione sistematica dei diritti umani» impedendo la partecipazione di cinque donne pacifiche, nonostante avessero adempiuto tutte le numerose - inutili e incomprensibili - trafile burocratiche e malgrado le pressioni esercitate dal Parlamento europeo. Questo, ha però aggiunto, non impedirà a queste donne e ai loro familiari di fare ascoltare le loro voci al mondo intero. Il Premio, ha spiegato, come è successo anche in casi precedenti, non sarà ritirato, ma si continuerà lo sforzo affinché prevalga «la giustizia sociale, la democrazia e la riconciliazione». L'oratrice ha quindi invitato il Parlamento a organizzare al più presto una cerimonia di consegna del premio alla libertà di pensiero a Cuba così da poter ascoltare da moltissime donne la descrizione delle condizioni in cui versano i loro familiari e delle repressioni che subiscono. Ha poi letto un messaggio di congratulazioni con il quale Vaclav Havel sottolineava come l'atteggiamento delle Damas le rendesse degne del riconoscimento del Parlamento europeo e le incoraggerà come l'interessamento del mondo libero lo aveva incoraggiato ai tempi della sua prigionia. Blanca Reyes ha poi spiegato che non avrebbe partecipato alla cena protocollare non per mancanza di rispetto, ma per lanciare, con questo gesto simbolico, un chiaro messaggio «di protesta contro la dittatura cubana». Ha quindi concluso: «non esistono cause impossibili, quando sono ispirate dalla ragione, dalla riconciliazione e dall'amore. Tutte le voci, unite nella diversità, per il diritto alla libertà di pensiero». I deputati, in piedi, le hanno tributato un lungo applauso. Hauwa Ibrahim ha ringraziato tutti gli esponenti del Parlamento per l'accoglienza calorosa e si è detta disponibile, al di là della cerimonia, a lavorare con loro su progetti che riguardano il suo Paese. L'avvocato ha poi voluto spiegare la strategia alla quale ricorre nella sua attività per difendere le donne condannate a morte: essenzialmente si tratta di capire la dinamica della sharia, dei mullah, delle culture e dei valori dei cittadini nonché della società in cui operano. L'azione è sempre mirata, ha spiegato. «Non sappiamo se è in atto uno scontro di civiltà» ha proseguito «sappiamo solo che una donna è condannata a morte e ricorriamo alla legge per difenderla». Si agisce a livello locale, «pensando globale», ha aggiunto. Accennando alle minacce ricevute, ha spiegato che il suo gruppo si difende viaggiando in auto diverse per recarsi in tribunale, variando gli itinerari e non portando mai lo stesso vestito per due giorni di seguito. Ma la cosa più importante, ha aggiunto, è affrontare gli estremisti. Ha poi ricordato che una sua dichiarazione alla radio riguardo al fatto che la sharia non è prevista dal Corano aveva portato i mullah ad accusarla di blasfemia e a sostenerne la lapidazione. Nonostante la paura, aveva chiesto ai mullah di essere ricevuta e, dopo averla ascoltata, questi ultimi avevano concluso che non l'avrebbero più attaccata pubblicamente ma neanche sostenuta. Si è trattato, questo, di un grande successo. L'avvocato ha poi affermato che, avendo lei il privilegio di essere istruita, farà di tutto, anche grazie al premio, per sostenere progetti volti a migliorare l'istruzione nel suo Paese. Dicendosi onorata di ricevere il Premio, ha continuato sostenendo che esso dimostra come il Parlamento non è solo capace di ascoltare ma anche di sostenere e incoraggiare le persone che si battono per i diritti umani. Il suo lavoro, ha poi spiegato, consiste nel lottare per il rispetto dei diritti e della dignità umana contro una sharia che nega il principio dell'uguaglianza di fronte alla legge, pone il problema del rispetto dei diritti fondamentali e dello Stato di diritto nonché del principio della separazione tra Stato e religione. Robert MENARD, segretario generale di Reporter senza Frontiere, si è rallegrato che il Parlamento abbia attribuito un premio che riconosce il lavoro dei giornalisti, «persone alle quali non sono risparmiate critiche» da parte dei deputati. Il Premio, ha aggiunto, dimostra fino a che punto i giornalisti, molti dei quali rischiano la vita tutti i giorni, siano indispensabili per la democrazia. Ha poi voluto ricordare i 74 giornalisti deceduti in Iraq, «il doppio di quanti sono morti in 20 anni di guerra del Vietnam», nonché quelli detenuti dalle truppe americane, senza che si sappia il perché. Ha poi voluto rendere omaggio al giornalista libanese ucciso recentemente. Il Segretario generale ha voluto denunciare la «capacità d'indignarsi a geometria variabile». Come non si capisce oggi, ha esclamato, che è possibile scandalizzarsi sia per i 24 giornalisti imprigionati a Cuba che per quelli arrestati dall'esercito USA. Bisogna, ha aggiunto, essere intransigenti in entrambi i casi. Ha poi anche stigmatizzato l'atteggiamento di alcuni riguardo a Cuba: se Reporter senza frontiere denunce le dittature in Birmania, in Corea del Nord o nel Laos nessuno obietta, appena si tocca Cuba riceviamo «tonnellate di lettere di insulti di gente che trova delle scuse». A prescindere dalla fondatezza o meno dell'embargo USA, ha aggiunto, il problema è che vi sono 300 persone incarcerate per reati d'opinione a Cuba che hanno un solo torto: chiedere la democrazia e contestare l'autorità di Castro. Questo, ha detto, «è inaccettabile, qualunque siano le opinioni politiche». Inoltre, pur ritenendo che il Parlamento sia stato «straordinario» nella mobilizzazione per Florence Aubenas, ha sottolineato come vi siano altri giornalisti non occidentali che non godono della stessa reazione, «come se ci fossero delle vite che valgono più delle altre». E' anche una questione di credibilità di chi si batte per la democrazia. Occorre poi smetterla «con quella specie di cattiva coscienza terzomondista» secondo cui sono i valori occidentali che vanno difesi. I valori della democrazia, ha spiegato, sono universali. La democrazia, ha aggiunto, è battersi per la libertà di espressione degli altri, anche di quelli che, un domani, potranno rappresentare un pericolo per noi stessi. Occorre anche smetterla di far credere agli altri che «noi non viviamo in democrazia». Nella metà de mondo, ha spiegato, non vi è democrazia e non è possibile mettere sullo stesso piano i problemi di concentrazione dei media nei nostri paesi con l'arresto di giornalisti in Cina o in Birmania, non è giusto per chi è imprigionato in Cina. Non bisogna confondere «un paese in cui le restrizioni alla libertà d'espressione sono un'eccezione, con quelli in cui sono la regola». Rivolgendosi ai deputati ha poi notato come essi, nella loro attività, devono anche tenere conto di interessi economici, diplomatici e militari e come non sia possibile che la politica europea sia guidata dai diritti dell'uomo. Tuttavia, ha chiesto loro di rispettare almeno i loro impegni, come applicare le clausole di salvaguardia previste dall'accordo d'associazione con la Tunisia. Ha poi incitato il Parlamento a proseguire tutte le sue iniziative a favore dei diritti dell'uomo, «senza credere un minuto che siano inutili». Il giornalista ha quindi concluso affermando che non ci si deve accontentare del mondo così com'è, occorre battersi contro le ingiustizie. Il Presidente BORRELL ha quindi proceduto alla consegna dei premi. E' stato poi eseguito l'Inno europeo. Link utili
Materiale promozionale Riferimenti Consegna del Premio Sacharov 205 per la libertà
dello spirito (Donne in Bianco (Cuba), Hauwa Ibrahim (Nigeria),
Reporter senza frontiere) |
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E' stata con inconsueta unanimità che tutti i gruppi del Parlamento europeo, assieme alla Commissione, hanno criticato la proposta britannica in merito alle prospettive finanziarie 2007-2013. Assenza di solidarietà, soprattutto nei confronti dei nuovi Paesi e rigidità sullo sconto britannico sono i più frequenti rilievi. Il Presidente BORRELL ha ribadito: «non si devono sottovalutare le parole, quanto è inaccettabile non può essere accettato». Dichiarazione della Commissione Prima di affrontare il tema più controverso, le prospettive finanziarie, il Presidente BARROSO ha accennato agli altri punti in discussione al Vertice di Bruxelles: la sfida della globalizzazione, la strategia di Lisbona, l'immigrazione legale e illegale, il terrorismo e la politica di sviluppo. In merito alle prossime prospettive finanziarie, il Presidente ha affermato che il Vertice sarà l'occasione per dimostrare che l'Unione è capace di rispondere alle aspettative dei cittadini europei. Ha quindi evidenziato come un ulteriore ritardo si ripercuoterà su tutte le politiche comunitarie in un momento in cui l'Europa ha invece bisogno di maggiori ambizioni. Occorre pertanto identificare gli obiettivi e dotarsi dei mezzi per realizzarli. Ogni euro, ha precisato, deve essere utilizzato nel modo migliore per sostenere la crescita e la competitività e per contrastare le minacce alla sicurezza. Il principio della flessibilità, inoltre, è essenziale così come la clausola di revisione. Per il Presidente, il bilancio europeo dovrà essere equo sul fronte delle spese ma anche su quello dei contributi, tenendo conto delle esigenze risultanti dall'ultimo e dal prossimo ampliamento dell'Unione. A tale proposito, ha affermato che creare due strade parallele per i vecchi e i nuovi Stati membri non rappresenta la maniera giusta per giungere ad un'Europa competitiva e coesa. Al contrario, porterebbe ad un'Unione a due velocità. Barroso ha quindi invitato la Presidenza a dimostrare il coraggio e la determinazione necessari per raggiungere un accordo all'altezza delle ambizioni, respingendo le visioni nazionalistiche di una mini Europa. Dichiarazione del Consiglio Douglas ALEXANDER ha esordito sostenendo che sta finendo un anno molto importante segnato dal no alla Costituzione, dai problemi legati alla globalizzazione e dagli attacchi terroristici alle città europee. Ma, ha aggiunto, l'Europa ha saputo rispondere e ha avuto peso a livello internazionale. Il compito principale del Vertice europeo, ha proseguito, è di trovare un accordo sulle prospettive finanziarie 2007-2013, «una sfida chiave della Presidenza, a seguito del mancato accordo politico di giugno». Il Ministro ha quindi affermato che le proposte presentate dalla Presidenza la settimana scorsa rappresentano una sfida per gli Stati membri, così come lo sono quelle nuove che saranno illustrate a fine mattinata. I margini di manovra, ha ammesso, sono molto ristretti, ma si tratta dell'unica base accettabile per ottenere un bilancio moderno e riformato. La Presidenza ha poi brevemente accennato ai vantaggi che la proposta britannica apporterebbe ai nuovi Stati membri. Il Ministro ha infine concluso menzionando gli altri punti all'ordine del giorno del Vertice, insistendo sul tema della sicurezza e sulla strategia per l'Africa. Ha quindi colto l'occasione per condannare senza riserve le nuove affermazioni del Presidente iraniano in merito a Israele. Il Presidente BORRELL è quindi intervenuto per esprimere il suo rammarico sul fatto che la Presidenza non abbia accolto il suo invito ad illustrare all'Aula i contenuti della nuova proposta sulle prospettive finanziarie. Questo fatto, ha aggiunto, riduce la levatura del dibattito. Dichiarazioni a nome dei gruppi Hans-Gert POETTERING (PPE/DE, DE), dopo aver criticato il ritardo con cui si è presentato in Aula il Ministro, ha anche stigmatizzato il fatto che non sia stata presentata la nuova proposta sulle prospettive finanziarie. Ha poi sottolineato che, per avere delle prospettive finanziarie, è necessario l'accordo del Parlamento europeo e che, affinché questo accada, occorre che queste siano accettabili. Il Premier Blair, ha proseguito, è stato molto bravo in termini di comunicazione ma, ha aggiunto, «ci vuole anche sostanza». Il leader dei popolari ha quindi evidenziato che per la Ricerca occorre fare di più, mentre la proposta della Presidenza è addirittura inferiore a quanto ipotizzato a giugno. E' necessario poi promuovere la solidarietà e la coesione tra i vecchi e i nuovi Stati membri. Se ciò non è garantito, l'accordo del Consiglio non potrà essere accettato. Sullo sconto britannico, infine, il deputato ha affermato che non è più accettabile e deve essere ridotto progressivamente fino ad essere eliminato. Il fatto poi di legare tale questione alla riforma della PAC non dovrà portare pregiudizio ai nuovi Stati membri. Per concludere, il deputato ha rilevato la necessità di un chiaro messaggio a favore dell'esistenza di Israele, anche perchè chi la mette in discussione «parla contro l'istituzione di uno Stato palestinese». Martin SCHULZ (PSE, DE) ha dapprima complimentato il Presidente Barroso per la sua lettera inviata al Premier britannico per poi affermare che la proposta della Presidenza non garantisce un'Europa solidale e coesa. Ha poi voluto sottolineare che la crisi europea non è un crisi delle Istituzioni comunitarie - la Commissione e il Parlamento continuano a lavorare e a prendere decisioni - ma dei governi che «non riescono nemmeno a mettersi d'accordo su un ordine del giorno». L'Europa di oggi, ha proseguito, è portata avanti da mercanti che pensano unicamente in termini finanziari. Ricorrendo infine ad un'analogia con il Titanic, rivolgendosi «agli amici laburisti» e al Primo Ministro britannico, ha affermato che la relazione Böge in merito alle prospettive finanziarie fornisce «le coordinate per evitare l'iceberg» e dà la possibilità di cambiare rotta per portare l'Unione in un porto sicuro. Altrimenti non sarà solo un fallimento della Presidenza, ma di tutta l'Europa. Graham WATSON (ALDE/ADLE, UK) ha affermato che i problemi di oggi sono dovuti in parte alla lettera di due anni fa dei sei Stati membri contributori netti che chiedevano di limitare le spese all'1% dell'RNL comunitario. Al contempo, ha però stigmatizzato, chiedevano politiche che non intendevano finanzarie. La Commissione e il Parlamento, ha quindi sostenuto, devono allearsi per respingere un bilancio fondato solo su valutazioni contabili. Un cattivo accordo è inaccettabile, ha detto, come non sarà accettata la creazione di Stati membri di serie A e di serie B. Occorre pensare al bene comune e l'1,03% non è sufficiente per finanziare le politiche comunitarie e l'ampliamento. Il minimo indispensabile, ha spiegato, è l'1,08% se si vogliono finanziare la politica in materia di sicurezza e la strategia di Lisbona.Il leader liberaldemocratico, accennando alle notizie sull'utilizzo del fosforo bianco in Iraq, ha infine affermato che nella lotta al terrorismo occorre garantire il rispetto dei diritti umani. Daniel COHN-BENDIT (Verdi/ALE, DE) ha apprezzato «lo spirito di rivolta» aleggiante in Aula contro il Consiglio, e ha poi sottolineato come più che l'eloquenza di Blair «è eloquente il vuoto straordinario della Presidenza britannica» che ha strumentalizzato il Parlamento in varie occasioni. La Presidenza, ha proseguito, è votata al fallimento e ciò, ha spiegato, non sarebbe preoccupante se non per il fatto che significherebbe anche il fallimento dell'Europa. Il copresidente dei verdi ha poi criticato il fatto che la Presidenza intende sacrificare ciò che è più moderno nel bilancio - lo sviluppo rurale - e, al contrario, pensa a un ritorno al nucleare «che è un'energia del passato, degli anni '60», senza sostenere l'idrogeno. Il deputato ha quindi invitato i colleghi a ripetere ai loro governi le osservazioni fatte in Aula, visto che sono loro «che vogliono spendere poco». Ha poi definito scandaloso quello che accade in sede di Consiglio Ecofin, così come è scandalosa la difesa ad oltranza della PAC. La responsabilità non è solo della Presidenza, ha continuato, ma di tutti i governi. Il deputato ha poi suggerito che se si vuole veramente isolare l'Iran, occorre escluderlo dalla Coppa del Mondo di calcio, «sarebbe l'unica minaccia che può avere qualche effetto». Ha quindi concluso sostenendo che la lotta al terrorismo non è una lotta contro la democrazia, mentre l'azione della CIA crea le condizioni per una sua recrudescenza. Francis WURTZ (GUE/NGL, FR) ha evidenziato come in sei mesi sia cambiato l'atteggiamento del Parlamento nei confronti di Tony Blair: acclamato a giugno, tutti i gruppi hanno poi respinto le sue proposte sul bilancio. Ciò, ha proseguito, dovrebbe far riflettere la Presidenza. La sua «disinvoltura» nei confronti dei partner e, in particolare, dei i nuovi Stati membri, ha «superato la soglia dell'inaccettabile». Come è possibile ipotizzare di trovare una soluzione ai problemi economico-politici interni a discapito dei nuovi Stati membri, «che hanno maggiore bisogno dei fondi comunitari, dichiarandosi al contempo campioni dell'allargamento», ha esclamato. Riguardo alla volontà di riformare la PAC per renderla più equa, citando un articolo del Financial Times, ha affermato che «i grandi principi europei dell'attuale Presidenza si fermano laddove cominciano i grandi interessi interni». Rifacendosi alle affermazioni di Jack Straw secondo cui i fondi previsti per i nuovi paesi corrispondono a due piani Marshall, il deputato ha sostenuto che il solo sconto britannico rappresenta un piano Marshall a favore della quinta potenza economica mondiale. Ha quindi concluso affermando che è giunto i momento di scegliere tra un'integrazione operata attraverso il mercato e una costruzione politica, tra concorrenza selvaggia e solidarietà, tra capitolazione e ambizione. Per Nigel FARAGE (IND/DEM, UK) la questione del bilancio è un esempio di come il Regno Unito sia ora isolato in Europa. Ha poi criticato la spesa comunitaria notando come non sia controfirmata dalla Corte dei conti da ben 11 anni. Ci sarà probabilmente un accordo, ha proseguito, ma nel 2008 sarà rivisto per trattare la questione del rebate britannico. Il deputato ha quindi proposto di prolungare di altri sei mesi la Presidenza britannica così da rendere chiaro a tutti che il Regno Unito non ha spazio nello scacchiere europeo. Non vogliamo i nostri soldi indietro, ha concluso, ma il nostro Paese. Cristiana MUSCARDINI (UEN, IT) si è detta dispiaciuta di «essere venuta a conoscenza della proposta britannica sul quadro finanziario dell'Unione solo al termine del mandato presidenziale». Ha poi deplorato il fatto che questa nuova proposta non sia stata presentata in Aula neppure oggi, dimostrando «veramente poca attenzione a un Parlamento apprezzato a parole e disprezzato nei fatti». D'altra parte, ha aggiunto, «tutti sappiamo che per il rilancio dell'Europa - oggi in difficoltà per una situazione internazionale che ha portato il processo di globalizzazione ad essere guidato e non subito, e che registra gravi inadempienze a delle regole che costituiscono l'unica garanzia per un commercio corretto e una concorrenza leale - occorrono misure politiche ed economiche basate su linee di bilancio idonee». Pertanto avrebbe auspicato un più sereno ed approfondito confronto all'interno del Consiglio e di tutte le Istituzioni europee. Invece, la proposta tardiva, inferiore a quella lussemburghese, «penalizza ulteriormente la possibilità di rilanciare le politiche di sviluppo e le politiche sociali necessarie per affrontare il problema degli oltre quaranta milioni di poveri e degli oltre venti milioni di disoccupati». Per la deputata «la proposta britannica non tiene conto neppure delle diversità geografiche dei Paesi membri», taglierebbe quei fondi strutturali vitali per il Sud e per l'Est dell'Europa, «manca d'ambizione e sminuisce il ruolo dell'Europa nel mondo». Rivolgendosi al Ministro ha quindi affermato che contro il terrorismo «occorre rafforzare le strutture di vigilanza e di lotta» ma anche «migliorare la qualità di vita all'interno e all'esterno dell'Unione». Per questo, occorrono volontà politiche e finanziamenti, «non solo enunciazioni di buone intenzioni». Il fatto che, pur continuando i negoziati, lo stesso Presidente Barroso e i vari Capi di governo abbiano manifestato chiaramente il loro disaccordo sulla proposta britannica, ha aggiunto, «dimostra come tale proposta sia stata presentata probabilmente al termine del mandato proprio perchè sottende la volontà del Regno Unito di non voler affrontare in termine realistici l'antico problema dell'assegno britannico». Per la deputata, «un buon accordo implica per alcuni paesi il saper rinunciare a certi privilegi, anche sostanziosi», che in un determinato momento storico della Comunità e in circostanze precise erano stati loro garantiti e che in quel momento erano ingiustificabili. Ha quindi concluso affermando che «l'Unione, in assenza di un nuovo Trattato, ha estrema necessità di equilibri finanziari che non penalizzino nessuno e che siano prodromo di una nuova politica economica». Interventi dei deputati italiani Luisa MORGANTINI (GUE/NGL, IT), facendo riferimento alla politica di sviluppo, si è detta «piuttosto imbarazzata», poiché sia lei che i colleghi di altre forze politiche avrebbero voluto vedere nel dibattito una causa di discussione più rilevante e «non soltanto l'enunciazione di un documento, che abbiamo elaborato e che è certo positivo». Inoltre, avrebbe auspicato una valutazione, visto che «in realtà sono molti gli elementi positivi contenuti nel consenso europeo sullo sviluppo», sebbene i tagli di bilancio inficino «seriamente la realizzazione anche di questa visione della politica di sviluppo». La deputata ha poi sostenuto che, nonostante ci sia stato un coinvolgimento del Parlamento europeo e del Consiglio, nel documento non «viene contemplata la necessità della democratizzazione delle istituzioni finanziarie internazionali, come anche una valutazione sulle motivazioni della mancata crescita dell'uguaglianza economica». Invece, «crescono la disparità economica e anche le nostre responsabilità per le conseguenze comportate dalle armi di nostra produzione». Per la deputata, non vi è dubbio che il processo di ridefinizione delle politiche di sviluppo, degli strumenti finanziari e del quadro degli accordi economici dell'UE rappresentino una «sfida per il futuro. Pertanto, ha sottolineato come nel documento la questione commerciale occupi «un'importanza predominante». In conclusione, ha affermato che il documento in questione richiederebbe un altro dibattito all'interno del Parlamento poiché nonostante comprenda elementi positivi, «molti altri mancano». Per Roberta ANGELILLI (UEN, IT), «Tony Blair ha deciso di vestire i panni dello sceriffo di Nottingham: drastica riduzione del bilancio e difesa radicale del privilegio dell'assegno inglese». La proposta di Londra rischia quindi di essere «il sigillo di un sonoro fallimento». Pertanto, ha affermato, ci troviamo di fronte ad una crisi molto più profonda: «Blair ha scelto solo di esasperare lo scontro e di far emergere la debolezza dell'Europa e far esplodere le contraddizioni». Il Premier britannico, inoltre, «ha solo evidenziato i problemi di un'Europa dilaniata dagli egoismi, che non vuole fare sforzi per sostenere l'allargamento, incapace di affrontare veramente la sfide del terzo millennio». La deputata ha quindi sottolineato come l'Italia - da paese fondatore dell'Unione - «sia sempre stata disposta a fare sacrifici» e come - da paese contributore netto - «abbia pagato il 25% dell'assegno inglese». Ora, ha concluso, «siamo di fronte ad un bivio: non possiamo pagare solo noi i costi dell'allargamento, questa volta non possiamo essere gli unici a fare un passo indietro». Armando DIONISI (PPE/DE, IT) ha affermato che il prossimo Consiglio europeo «rappresenta una tappa fondamentale» nel difficile processo di costruzione dell'Unione. Ha inoltre sostenuto che un'intesa sulle prospettive finanziarie restituirebbe certezza all'azione politica e fiducia al processo d'integrazione, «un fallimento aprirebbe invece una grave crisi politica». Tuttavia, ha evidenziato che la necessità di un accordo «non deve essere confusa con la disponibilità ad accettare qualsiasi compromesso». Dopo aver ricordato che Blair aveva prospettato il rilancio dell'Europa e forti innovazioni del bilancio, il deputato si è rammaricato che, purtroppo, la proposta di oggi «è modesta e di basso profilo». Inoltre, ha lamentato il fatto che il contributo chiesto all'Italia sarebbe superiore a quello di Francia ed Inghilterra e che pertanto sarebbero le regioni povere dei vecchi Stati ad essere penalizzate. Per il deputato ciò contraddice le premesse del Premier britannico e il Parlamento non può accettare questa proposta. Ha poi dichiarato che l'unica soluzione per uscire dalle ristrettezze nazionali e ridare slancio all'Europa «è trovare un accordo ambizioso che tenga insieme competitività, coesione, solidarietà ed innovazione». In conclusione, il deputato ha voluto citare le parole di «un uomo del futuro», Alcide De Gasperi: «per riunire l'Europa c'è da buttare via un mondo di privilegi, un mondo di pusillanimità e di rancori. Parliamo, scriviamo, insistiamo, non lasciamo un istante di respiro, affinchè l'Europa rimanga all'ordine del giorno». Enrico LETTA (ALDE/ADLE, IT) ha sottolineato l'importanza di questo dibattito perchè «dà voce ad un malcontento che circola in Europa rispetto ad un Vertice europeo che, data la sua impostazione, «non potrà che portare ad un fallimento annunciato». In questo caso, ha aggiunto, per i primi anni della programmazione, ovvero dal 2007 in poi, «sarà impossibile utilizzare efficacemente le risorse e il danno provocato sarà grave». Per il deputato, tuttavia, è preferibile correre questo rischio, «piuttosto che pregiudicare definitivamente il disegno di un'Europa forte e solidale e piegarsi ad accettare l'Europa minima dell'uno per cento». Quello dell'uno per cento, ha spiegato, «è infatti un cattivo accordo che il Parlamento europeo non può accettare, ed è ancora più grave che questo cattivo accordo avvenga senza una sostanziale riduzione del rimborso britannico». Per crescere, ha proseguito, l'Europa dovrebbe essere competitiva e quindi coesa. Con un bilancio che taglia le spese e fissa il tetto intorno all'uno per cento, un bilancio in cui si garantiscono soltanto i privilegi acquisiti, ha affermato, «non si investe né sulla crescita né sulla competitività né sulla coesione, l'Europa tradisce se stessa». È un'Europa, ha quindi concluso, «che non vogliamo, in cui non ci riconosciamo» e «faremo di tutto affinché il Parlamento bocci un eventuale accordo su questa Europa minima». Replica della Presidenza Douglas ALEXANDER, rispondendo ad alcuni degli interventi, ha sostenuto che, al di là delle critiche, non può essere messo in discussione l'impegno della Presidenza nei confronti del Parlamento, precisando che per 80 volte i ministri si sono presentati in Aula. Ha affermato poi che «un'offerta non coperta, non è un'offerta» e che trovare un'intesa in 25 «è un'impresa titanica». Ha quindi detto di condividere l'opinione secondo cui è meglio non aver nessun accordo piuttosto che un accordo scadente. Ha poi sottolineato il ruolo della Presidenza nel successo ottenuto alla Conferenza sull'ambiente di Montreal e l'impegno in materia di politica di sviluppo. In seguito ha negato vigorosamente che la Presidenza si sia trincerata su posizioni nazionali. In merito alle prospettive finanziarie ha sostenuto che chi critica le proposte britanniche dovrebbe riflettere su cosa si rischia di perdere se non si trova un accordo, soprattutto i nuovi Stati membri. Ha poi difeso la legittimità del rebate a favore del Regno Unito, sostenendo che il contributo britannico in termini percentuali dovrebbe essere simile a quello francese o italiano, mentre la situazione attuale è inaccettabile. Infine, ha voluto puntualizzare che il no alla Costituzione «non è stato solo un rifiuto del testo ma anche del contesto». L'Europa, ha spiegato, deve rispondere alle attese dei cittadini nell'ambito delle sfide poste dalla globalizzazione. Questa risposta, ha spiegato, non sta nel protezionismo ma nell'apertura determinata e ottimista al mondo. Replica della Commissione Il Presidente BARROSO ha sottolineato la preoccupazione e il disagio dei deputati alla vigilia del Vertice, dovuti alla mancanza di ambizione delle proposte britanniche e all'incapacità dell'Unione di dotarsi dei mezzi per vincere la battaglia della globalizzazione. Dicendosi fiducioso che sarà possibile trovare un accordo che apra a prospettive, anche politiche, per edificare l'Europa, ha ribadito che l'intesa deve essere condivisa da tutte e tre le Istituzioni. Barroso si è poi rivolto alla Presidenza per congratularla di essere riuscita a far parlare inglese Martin Schulz, auspicando che questo non sia l'unico successo del semestre. Sottolineando come tutti i gruppi abbiano respinto le proposte sulle prospettive finanziarie, ha chiesto alla Presidenza se gli eletti contano così poco ai suoi occhi ed ha auspicato che tragga le debite conseguenze. Ha poi evidenziato come la maggior parte dei sostenitori di queste proposte sia rappresentata da persone con visioni nazionalistiche ed ha posto in luce la necessità di evitare una sconnessione tra gli obiettivi e i mezzi per raggiungerli. Se si vuole un'Europa moderna, competitiva e aperta, ha aggiunto, occorre investire. Senza un buon accordo al vertice, ha poi ammonito, vi è il rischio di risultare deboli nell'ambito delle trattative commerciali dell'OMC. La Presidenza deve pertanto riflettere strategicamente non solo in termini contabili ma anche politici. Lo sconto britannico, ha aggiunto, sarebbe veramente ingiusto se comportasse un amento della spesa per i paesi più poveri. Ricordando quindi che la Commissione è responsabile di rappresentare l'interesse comunitario generale, il Presidente Barroso ha affermato che è possibile giungere ad un accordo accettabile per l'esecutivo e per il Parlamento se si incrementa la spesa, se si garantisce la solidarietà, se si adegua lo sconto britannico per soddisfare le esigenze dell'ampliamento, se si prevede una vera clausola di revisione che tocchi le spese ma anche le risorse e, infine, se si recepiscono le buone idee del Parlamento come quelle sulla flessibilità. Queste, ha concluso, sono le condizioni per poter raggiungere un accordo e tale impostazione che sarà ribadita al Vertice per un'Europa con suoi obiettivi di solidarietà, senza la quale non può esserci Unione. L'Aula ha quindi tributato un lungo applauso a Barroso, tant'è che il Presidente BORRELL, appena tornato dopo un incontro con i premiati del Premio Sacharov, si è simpaticamente detto stupito di questo evento. Ha poi ricordato che Blair presenzierà alla Conferenza dei Presidenti per spiegare il contenuto della proposta britannica «che il Ministro non ha potuto, o voluto, presentare all'Aula». Il Presidente ha quindi affermato che «non si devono sottovalutare le parole: quanto è inaccettabile non può essere accettato» perché, in caso contrario, si rischia un effetto boomerang. Ha quindi concluso che la frontiera tra l'inaccettabile e l'accettabile «non si misura in micromillimetri». Riferimenti Dichiarazioni del Consiglio e della Commissione - Preparazione del Consiglio europeo (Bruxelles, 15 e 16 dicembre 2005), ivi compresa la strategia di sviluppo |
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Il Presidente ha solennemente firmato, assieme al ministro britannico delle finanze, il Bilancio 2006, l'ultimo dell'attuale periodo di programmazione. Il compromesso cui si è giunti con il Consiglio prevede crediti di pagamento pari a 111,969 miliardi di euro, ossia l'1,01% del reddito nazionale lordo comunitario. Il Consiglio ha accettato di prevedere più fondi per i programmi a favore dell'ambiente e della ricerca, dei giovani, della formazione e delle PMI. Prima di procedere alla firma del bilancio, il Presidente BORRELL ha voluto sottolineare che i crediti d'impegno stanziati per il 2006 corrispondano all'1,09% del reddito nazionale lordo, mentre la base di discussione per le prossime prospettive finanziarie equivale a una media dell'1,03%, ma per 27 Stati membri. Rispetto al 2005, il prossimo esercizio finanziario prevede un aumento dei crediti di pagamento del 5,3%, ossia di 5,7 miliardi di euro. D'altra parte, è importante notare che se non si giunge a un accordo sulle prospettive finanziare 2007-2013, sarà proprio il bilancio 2006 a servire da base per i negoziati relativi ai bilanci annuali successivi. Agricoltura Considerato che il Consiglio ha l'ultima parola sulle spese relative alla Politica agricola comune, i deputati non possono che deplorare i tagli apportati dai Ministri in diverse linee di bilancio. D'altra parte è accolto con favore l'aumento dei finanziamenti destinati al programma alimentare a favore degli indigenti. Azioni strutturali Pur compiacendosi del buon livello di esecuzione osservato in numerosi paesi, i deputati si dicono delusi dai risultati dei nuovi Stati membri. Parlamento e Consiglio, di conseguenza, hanno deciso di non aumentare i pagamenti ma, come per il 2005, sono d'accordo sulla possibilità di rendere disponibili stanziamenti supplementari se ciò si avverasse necessario. Politiche interne Il Consiglio ha accettato la richiesta del Parlamento di prevedere 100 milioni di euro supplementari per una serie di programmi che interessano direttamente i cittadini e che sono ritenuti cruciali per la strategia di Lisbona: Life (ambiente), Socrates (formazione) e programmi di ricerca, PMI, giovani e organizzazioni culturali. Sono previsti, inoltre, 9 milioni di euro in crediti d'impegno per la lotta contro il terrorismo e per l'avvio del sistema di allerta rapido Argus. Azioni esterne Circa 275 milioni di euro sono aggiunti, tramite lo strumento di flessibilità, all'attuale soglia definita dalle prospettive finanziarie per le azioni esterne. Tali fondi supplementari, che erano stati oggetto di un aspro contendere tra i due rami dell'autorità di bilancio, serviranno alla ricostruzione in Iraq e nei paesi colpiti dallo tsunami lo scorso anno. Consentiranno anche di aiutare i paesi ACP colpiti dalla riforma della politica europea in materia di zucchero e di rafforzare la politica estera e di sicurezza comune (PESC). Queste decisioni sono presenti nella relazione di Reimer BÖGE (PPE/DE, DE) sulla mobilizzazione dello strumento di flessibilità. L'importo totale del finanziamento per la PESC nel 2006 è pari 102,6 milioni di euro, ossia 40 milioni in più rispetto al progetto preliminare di bilancio. Potranno così tenersi ogni tre mesi le riunioni d'informazione PESC tra i deputati europei e gli ambasciatori rappresentanti il Consiglio. Link utili Bilancio 2006, documenti procedurali (in inglese) Riferimenti Gianni PITTELLA (PSE, IT)
e Valdis DOMBROVSKIS (PPE/DE, LV) |
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Il Parlamento ha adottato una risoluzione che conferma l'intenzione di condurre una propria indagine in merito ai presunti voli e carceri organizzati dalla CIA in Europa. La risoluzione ammonisce che, qualora fossero provate queste ipotesi, il Parlamento chiederà la sospensione dei diritti in seno all'UE degli Stati membri coinvolti. I deputati ribadiscono poi che la lotta al terrorismo deve essere condotta nel rispetto dei diritti fondamentali e condannano qualsiasi ricorso alla tortura. La risoluzione, adottata con 359 voti favorevoli, 127 contrari e 32 astensioni, premette che «il terrorismo internazionale costituisce una delle maggiori minacce per la società nell'Unione europea e per i suoi valori». D'alta parte, riaffermando la sua determinazione a lottare contro il terrorismo, il Parlamento sottolinea che tale lotta «non può essere vinta sacrificando proprio quei principi che il terrorismo cerca di distruggere, e in particolare che la tutela dei diritti fondamentali non deve mai essere compromessa». Inoltre, si dice convinto che la lotta contro il terrorismo debba essere condotta con mezzi legali e che questo nuovo tipo di guerra debba essere vinta nel rispetto del diritto internazionale e con un atteggiamento responsabile da parte dei governi e dell'opinione pubblica. Per tale motivo, «condanna energicamente» qualsiasi ricorso alla tortura, inclusi i trattamenti crudeli, inumani o degradanti e ricorda che il trattato sull'Unione europea impone a quest'ultima e agli Stati membri il rispetto dei diritti fondamentali. I deputati esprimono quindi «profonda preoccupazione» dinanzi alle ipotesi formulate riguardo al ruolo della CIA nel rapimento illegale, nel trasporto, nella detenzione segreta e nella tortura di persone sospettate di terrorismo, nonché dinanzi alla presunta esistenza di luoghi segreti di detenzione della CIA all'interno del territorio dell'Unione europea e di paesi candidati. Consiglio e Commissione sono inoltre invitati a fornire chiarimenti in merito ad articoli di stampa in cui viene fatto riferimento a un accordo che l'Unione europea avrebbe concluso con gli Stati Uniti nel 2003 per consentire a questi ultimi l'accesso a strutture di transito "speciali" (tra cui è menzionata la base di Aviano). Inoltre, i governi interessati sono invitati a mettere in atto «ogni sforzo» per indagare sulle affermazioni fatte finora. I deputati, facendo anche seguito alla decisione della Conferenza dei Presidenti, ritengono che il Parlamento europeo debba condurre una propria inchiesta parlamentare che dovrebbe come minimo essere svolta per il tramite di una commissione temporanea per accertare, fra l'altro:
Qualora queste indagini confermassero le ipotesi secondo cui uno degli Stati membri avrebbe fornito assistenza, con atti od omissioni, ad agenti operanti per conto di altri governi in un siffatto contesto, il Parlamento annuncia la sua determinazione ad avviare la procedura che prevede la possibilità di sospendere taluni diritti, tra cui il diritto di voto al Consiglio. Il Trattato prevede l'avvio di questa procedura contro gli Stati membri in cui si verificano violazioni gravi e persistenti dei diritti fondamentali o ve ne sia il rischio. Il mandato e la composizione della commissione saranno determinati dalla Conferenza dei Presidenti dei gruppi politici in occasione della riunione che si terrà il 9 gennaio. Questi dovranno poi essere confermati dalla Plenaria nel corso della successiva sessione (16-19 gennaio). In occasione del dibattito tenutosi la vigilia, sono intervenuti in Aula i seguenti deputati italiani: Giusto CATANIA (GUE/NGL, IT), Romano LA RUSSA (UEN, IT), Mario BORGHEZIO (IND/DEM, IT), Claudio FAVA (PSE, IT), Lilli GRUBER (PSE, IT). La trascrizione dei loro interventi è disponibile sul sito del Parlamento europeo (cfr. link utili). Link utili
Dibattito in Plenaria (14/12/2005) |
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Il Parlamento ha fatto proprio l'accordo negoziato con il Consiglio in materia di conservazione dei dati delle comunicazioni elettroniche. L'accordo verte, in particolare, sui tipi di dati che possono essere conservati e sul periodo di conservazione degli stessi. I contenuti delle comunicazioni non potranno essere conservati e chi subirà un pregiudizio per l'illecito trattamento dei dati personali potrà chiedere il risarcimento dei danni. L'Aula ha adottato a larga maggioranza tutti gli emendamenti di compromesso concordati dai due maggiori gruppi del Parlamento, PPE/DE e PSE, con il Consiglio che, tra l'altro, erano stati sostenuti dal il Vicepresidente della Commissione Franco Frattini durante il dibattito in plenaria. La relazione ha ottenuto 378 voti favorevoli, 197 contrari e 30 astensioni. Al termine della votazione il relatore Alexander ALVARO (ALDE/ADLE, DE), scontento del risultato, ha dichiarato di ritirare il proprio nome dalla relazione. In precedenza, con 428 voti contrari, 161 favorevoli e 13 astensioni, il Parlamento non aveva accolto la mozione avanzata da Verdi e GUE/NGL di respingere la proposta di direttiva. La direttiva potrà quindi essere adottata formalmente nelle prossime settimane, a meno di tre mesi dalla pubblicazione della proposta da parte della Commissione. Nella versione licenziata dal Parlamento, la direttiva ha l'obiettivo di armonizzare le disposizioni degli Stati membri relative agli obblighi, per i fornitori di servizi di comunicazione elettroniche accessibili al pubblico o di una rete pubblica di comunicazione, in materia di conservazione di determinati dati «da essi generati o trattati», allo scopo di garantirne la disponibilità a fini di ricerca, accertamento e perseguimento di reati gravi, «quali definiti da ciascuno Stato membro nella propria legislazione nazionale». La proposta originale, invece, trai i reati gravi citava, a titolo esemplificativo, la criminalità organizzata e il terrorismo. Inoltre, la conservazione dei dati era prevista anche a scopo di prevenzione. Un emendamento alla risoluzione legislativa, fatto proprio dall'Aula, precisa che la direttiva, per quanto riguarda l'accesso ai dati, «costituisce solo un primo passo necessario» e invita il Consiglio ad una leale collaborazione in vista di una rapida adozione di garanzie adeguate sulla protezione dei dati e sul loro trattamento. Tipi di dati che potranno essere conservati I dati che è possibile conservare non riguardano in alcun modo il contenuto delle comunicazioni. Infatti, gli Stati membri sono autorizzati a conservare esclusivamente quelli necessari per rintracciare ed identificare la fonte di una comunicazione, per rintracciare e identificare la destinazione di una comunicazione, per determinare la data, l’ora e la durata di una comunicazione, per determinare il tipo di comunicazione, per determinare le attrezzature di comunicazione degli utenti, per determinare l’ubicazione delle apparecchiature di comunicazione mobile. Ciò si applica alle comunicazioni effettuate con telefoni fissi e mobili ma anche a quelle via Internet (accesso, posta elettronica e telefonate), compresi i tentativi di comunicazione non riusciti. Periodo di conservazione Mentre la Commissione proponeva di conservare per 12 mesi i dati relativi alla telefonia e per 6 mesi quelli effettuati tramite Internet, il compromesso autorizza gli Stati membri a conservare tutti i tipi di dati, indistintamente, per un periodo da un minimo di 6 a un massimo di 24 mesi. Alla fine di tale periodo i dati conservati dovranno essere distrutti, «fatta eccezione per quelli consultati e preservati». D'altra parte, agli Stati membri è consentita la possibilità di prorogare «per un periodo limitato» tale durata, qualora si trovino ad affrontare «circostanze particolari». In tal caso, le misure adottate in questo senso andranno notificate alla Commissione e comunicate agli Stati membri, «motivandone l'introduzione». Spetta poi all'Esecutivo approvarle o respingerle, entro sei mesi dalla notifica, «dopo aver accertato se costituiscano o meno un mezzo di discriminazione arbitraria o di restrizione occulta degli scambi fra gli Stati membri e se rappresentino o meno un ostacolo al funzionamento del mercato interno». Accesso ai dati, sicurezza della conservazione e diritto al risarcimento Gli Stati membri dovranno garantire che i dati conservati «siano trasmessi solo alle autorità nazionali competenti, in casi specifici e conformemente alle legislazioni nazionali». Il processo da seguire e le condizioni da adempiere per potere avervi accesso dovranno essere definiti da ogni Stato membro nella legislazione nazionale. Questo processo, inoltre, dovrà conformarsi alle esigenze di proporzionalità e «con riserva delle disposizioni in materia del diritto dell'Unione o del diritto pubblico internazionale, in particolare la Convenzione europea dei diritti dell'uomo, secondo l'interpretazione della Corte europea dei diritti dell'uomo». Ogni Stato membro, inoltre, dovrà garantire che i dati conservati siano soggetti a adeguate misure tecniche e organizzative intese a garantire che l'accesso ad essi sia effettuato soltanto da persone autorizzate. Le autorità competenti saranno determinate dagli stessi Stati membri. Inoltre, dovranno designare una o più autorità pubbliche quali responsabili per quanto concerne la sicurezza dei dati conservati. Dette autorità dovranno esercitare le loro funzioni «in totale indipendenza». Ogni Stato membro, inoltre, dovrà adottare le misure necessarie per garantire che le misure nazionali di attuazione in materia di ricorsi giurisdizionali, responsabilità e sanzioni siano pienamente attuate con riferimento al trattamento di dati. In particolare, ciascuno Stato membro definirà le misure necessarie per garantire che l'accesso o il trasferimento intenzionale di dati conservati, che non sia autorizzato dalle disposizioni nazionali, sia passibile di sanzioni, «segnatamente a carattere amministrativo o penale, che sono efficaci, proporzionate e dissuasive». D'altra parte, è precisato che resta valido il diritto al risarcimento - previsto dalla legislazione comunitaria - di cui godono le persone che hanno subito un danno in conseguenza di un trattamento illecito dei dati personali raccolti in forza alla direttiva. Rimborso dei costi Il compromesso ha soppresso la proposta della Commissione che imponeva agli Stati membri di rimborsare ai fornitori di servizi di comunicazione i costi supplementari sostenuti per adempiere agli obblighi ad essi incombenti in forza alla direttiva. Entrata in vigore e clausola di revisione Gli Stati membri dovranno attuare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva al più tardi entro 18 mesi dalla sua adozione, contro i 15 proposti dalla Commissione. D'altra parte, entro tre anni da quella data la Commissione dovrà presentare al Parlamento europeo e al Consiglio, «tenendo conto degli ulteriori sviluppi delle tecnologie della comunicazione elettronica e degli elementi statistici ad essa forniti», una valutazione dell’applicazione della direttiva e del suo impatto sugli operatori economici e sui consumatori. Questa analisi avrà lo scopo di determinare se è necessario modificare le disposizioni della direttiva, in particolare per quanto riguarda le categorie di dati che possono essere conservati e i periodi di conservazione. I risultati della valutazione sono messi a disposizione del pubblico. Link utili
Proposta della Commissione Riferimenti Alexander Nuno ALVARO (ALDE/ADLE,
DE) |
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Le persone disabili e a mobilità ridotta hanno gli stessi diritti di tutti gli altri cittadini alla libera circolazione, alla libertà di scelta e alla non discriminazione. Divieto di negare l'imbarco e obbligo di assistenza gratuita ai disabili e alle persone con mobilità ridotta sono i cardini del regolamento. In caso di violazione di questi principi potranno essere applicate delle sanzioni. Il testo approvato dal Parlamento è sostenuto anche dal Consiglio e, quindi, entrerà presto in vigore. La proposta all'esame della Plenaria mira a definire una normativa comunitaria dettagliata riguardo all'assitenza, nell'ambito dei trasporti aerei, delle persone a mobilità ridotta e il finanziamento dei costi supplementari. La proposta fa parte di un pacchetto di misure volte a tutelare maggiormente i viaggiatori. Gli emendamenti approvati dall'Aula sono il frutto di un accordo tra PSE, PPE/DE, ALDE/ADLE, Verdi/ALE e GUE/NGL, e condivisi dal Consiglio. Il provvedimento potrà quindi essere adottato formalmente nelle prossime settimane. Adottata con 506 voti favorevoli, 6 contrari e 1 astensione, la relazione di Robert EVANS (PSE, UK), così come delineata dal compromesso, rafforza le disposizioni previste dall'Esecutivo per assicurare in modo certo che le persone con limitata autonomia non subiscano discriminazioni di sorta. Innanzitutto, come richiesto dai deputati, è precisato che il testo normativo non si applica solo alle «persone a mobilità ridotta», bensì anche ai disabili. Un emendamento precisa che può essere considerata tale «qualsiasi persona la cui mobilità sia ridotta, nell’uso del trasporto, a causa di qualsiasi disabilità fisica (sensoriale o locomotoria, permanente o temporanea), disabilità o incapacità intellettiva, o per qualsiasi altra causa di disabilità, o per ragioni di età, e la cui condizione richieda un’attenzione adeguata e un adattamento del servizio fornito a tutti i passeggeri per rispondere alle esigenze specifiche di detta persona». Più in generale, per i deputati, nella progettazione di nuovi aeroporti e terminal, come pure nell'ambito di ampi lavori di ristrutturazione, i gestori aeroportuali dovrebbero, ove possibile, tener conto delle esigenze delle persone disabili e delle persone a mobilità ridotta. Analogamente, i vettori aerei dovrebbero, ove possibile, tener conto di tali esigenze in sede di progettazione e di ammodernamento degli aeromobili. Divieto di negare l'imbarco Il principio basilare del regolamento è che le persone disabili e le persone a mobilità ridotta dovrebbero avere accesso al trasporto e non essere escluse a causa della loro disabilità o mancanza di mobilità, se non nel caso di ragioni giustificate di sicurezza previste dalla legge. Pertanto, un vettore aereo, un suo agente o un operatore turistico, non può rifiutare di accettare una prenotazione o di imbarcare un passeggero «per motivi di disabilità o mobilità ridotta». Il compromesso, d'altra parte, chiarisce in quali casi è possibile derogare a tale norma al fine di evitare decisioni arbitrarie o discriminatorie. Oltre che per i motivi di sicurezza, possono essere invocate le dimensioni dell'aeromobile o dei suoi portelloni che rendono fisicamente impossibile l'imbarco o il trasporto di disabili e di persone a mobilità ridotta. In questi casi, devono essere offerte agli interessati delle alternative accettabili. Al disabile e alla persona che lo accompagna deve inoltre essere offerto il rimborso del biglietto o la possibilità di prenotare un altro volo, come previsto da un altro regolamento comunitario. Dovere di assistenza Quando una persona disabile o una persona a mobilità ridotta si presenta per la partenza in un aeroporto, al gestore aeroportuale «incombe la responsabilità» di garantire assistenza, senza oneri aggiuntivi. La richiesta di assistenza per le esigenze particolari della persona in questione devono però essere notificate al vettore aereo o al suo agente o all’operatore turistico almeno quarantotto ore prima dell’ora di partenza del volo. Il compromesso prevede che il gestore aeroportuale debba fornire esso stesso tale assistenza. In alternativa, «mantenendo la propria responsabilità», è possibile subappaltare tale servizio a un terzo. Il gestore aeroportuale, inoltre, può sottoscrivere contratti di questo tipo di propria iniziativa o su richiesta, anche del vettore aereo, previa consultazione degli utenti aeroportuali e tenendo conto dei servizi esistenti. L'assistenza che deve essere fornita ai disabili e alle persone con mobilità ridotta riguarda l'imbarco e lo sbarco mettendo a disposizione ascensori e sedie a rotelle, l'aiuto negli spostamenti verso il banco del check in o la sala per il ritiro bagagli, o per raggiungere l'uscita d'imbarco (anche in caso di coincidenze) o verso le toilette, ma anche l'assistenza nelle operazioni di check in e di registrazione del bagaglio, o per espletare le procedure di immigrazione e doganali. Ad eccezione degli aeroporti con un transito annuo di passeggeri commerciali inferiore a 150.000 unità, il gestore dovrà fissare norme di qualità per l’assistenza e stabilire le risorse necessarie per rispettarle, in cooperazione con gli utenti aeroportuali. Chi paga? Per finanziare tale assistenza, il gestore aeroportuale può applicare «su una base non discriminatoria» una tassa specifica ai vettori aerei che utilizzano l’aeroporto. Questa tassa specifica deve essere «ragionevole, commisurata ai costi, trasparente» e stabilita dal gestore aeroportuale di concerto con gli utenti dell'aeroporto, attraverso il comitato degli utenti aeroportuali, ove presente o con altri enti appropriati. La tassa è ripartita fra i vettori aerei che utilizzano l'aeroporto in proporzione al numero totale di passeggeri che ciascuno di essi trasporta da e verso l’aeroporto in questione. Formazione I vettori aerei e i gestori aeroportuali devono garantire che tutto il personale e il personale dei subappaltatori che lavora all'aeroporto e fornisce un'assistenza diretta alle persone disabili e ai passeggeri a mobilità ridotta «sia in grado di soddisfare le necessità» delle persone con diversi gradi di disabilità o di problemi di mobilità. Inoltre, devono fornire tirocini di parità di trattamento dei disabili e di consapevolezza della disabilità al proprio personale che lavora all'aeroporto e che è a contatto diretto con i viaggiatori e, infine, garantire che al momento dell'assunzione di nuovo personale, questi ricevano una formazione in materia di disabilità e corsi di aggiornamento periodici. Informazione e reclami Gli Stati membri dovranno adottare delle misure volte a informare le persone disabili e le persone a mobilità ridotta dei loro diritti istituiti dal regolamento e della possibilità di sporgere reclamo presso l'organismo o gli organismi designati. Gli Stati membri, inoltre, dovranno istituire un sistema sanzionatorio in caso di violazione del regolamento. Queste sanzioni, che possono prevedere il pagamento di un indennizzo all'interessato, devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive. Entrata in vigore Il regolamento sarà d'applicazione due anni dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale, ad eccezione degli articoli che sanciscono il divieto di rifiutare il trasporto che si applicheranno un anno dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale. Link utili Proposta della Commissione Riferimenti Robert EVANS (PSE, UK) |
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Eurobollo: casello più caro per i
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Il Parlamento dà il via libera alla direttiva sull'eurobollo da applicare per l'uso delle infrastrutture di trasporto a carico degli autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci. Parlamento e Consiglio sono giunti a un compromesso che consente l'armonizzazione dei sistemi di calcolo dei pedaggi. Questi saranno basati sui principi "chi usa paga" e "chi inquina paga". I mezzi pesanti, più vecchi e inquinanti, potranno quindi pagare pedaggi fino a quattro volte più elevati di quelli nuovi. La proposta della Commissione mira ad armonizzare le tariffe di trasporto in tutti gli Stati membri al fine di consolidare il mercato interno e giungere ad un sistema di tariffazione equo per l’utilizzo delle infrastrutture, basato sui principi "chi usa paga" e "chi inquina paga", accompagnato dall’internalizzazione dei costi relativi alle infrastrutture e dei costi esterni per tutte le modalità di trasporto. Si tratta anche di definire metodi omogenei per il calcolo dei costi relativi alle modalità di trasporto e strumenti concernenti la politica dei trasporti destinati ai governi, basati sui costi delle infrastrutture, volti a favorire l'utilizzo di modalità di trasporto con il minor impatto ambientale nonché di promuovere nuovi investimenti nelle infrastrutture dei trasporti. Il compromesso negoziato con i Consiglio dalla relatrice Corien WORTMANN-KOOL (PPE/DE, NL) - e sostenuto da PPE/DE, PSE, ALDE/ADLE, GUE/NGL e UEN - tocca tutte le principali questioni: costi esterni, applicazione territoriale della direttiva, tipi di mezzi interessati e differenziazione dei pedaggi. Costi esterni Il compromesso prevede che entro e non oltre due anni dall'entrata in vigore della direttiva, la Commissione deve presentare un modello universalmente applicabile, trasparente e comprensibile per la valutazione dei costi esterni che serva da base per il futuro calcolo della tassazione sulle infrastrutture. Il modello, peraltro, dovrà essere corredato di una valutazione d'impatto dell'internalizzazione dei costi esterni per tutte le modalità di trasporto e di una strategia per la graduale applicazione del modello a tutte le modalità di trasporto. La relazione e il modello, infine, dovranno essere accompagnati dalle pertinenti proposte, tese a modificare la direttiva. Inoltre, entro cinque anni dalla sua entrata in vigore, la Commissione dovrà presentare una relazione sull'attuazione e sugli effetti della direttiva, tenendo conto degli sviluppi in campo tecnologico e dell'evoluzione della densità di circolazione - compreso l'utilizzo dei veicoli di peso tra 3,5 e 12 tonnellate. Nell'ambito di questa analisi andranno valutati il relativo impatto sul mercato interno, anche nelle regioni insulari e senza sbocco sul mare, i livelli di investimento nel settore e il contributo al raggiungimento degli obiettivi di una politica dei trasporti sostenibile. A tale scopo, gli Stati membri devono trasmettere le informazioni necessarie alla Commissione in tempo utile. Applicazione territoriale Gli Stati membri potranno conservare o introdurre pedaggi e/o diritti di utenza sulla rete stradale transeuropea o su parte di essa solo alle condizioni definite dal regolamento. Tuttavia, è concesso loro anche il diritto di applicare pedaggi e/o diritti di utenza a strade che non fanno parte della rete stradale transeuropea, comprese quelle «parallele sulle quali il traffico può essere deviato dalla rete stradale transeuropea e/o che sono in concorrenza diretta con alcune parti di tale rete», a condizione che «l'imposizione di pedaggi su tali strade non discrimini contro il traffico internazionale e non provochi distorsioni della concorrenza tra operatori». Tipi di mezzi interessati Uno Stato membro può scegliere di mantenere o introdurre pedaggi e/o diritti d'utenza applicabili solo ai veicoli aventi un peso totale a pieno carico autorizzato di 12 tonnellate. Qualora scelga di applicare pedaggi e/o diritti d'utenza ai veicoli al di sotto di tale limite di peso, si applicano le disposizioni della direttiva. Il compromesso precisa, inoltre, che pedaggi e/o diritti d'utenza possono essere applicati a tutti i veicoli sopra le 3,5 tonnellate a partire dal 2012. D'alta parte, è lasciata la possibilità agli Stati membri di derogare a questa disposizione se ritengono che l'estensione dei pedaggi ai veicoli al di sotto di 12 tonnellate possa generare effetti negativi sulla libera circolazione del traffico, sull'ambiente, sui livelli acustici, sulla salute o se comporta costi amministrativi superiori del 30% dei proventi addizionali generati. Differenziazione dei pedaggi Le aliquote dei pedaggi possono essere differenziate in funzione della categoria di emissione EURO, «inclusi i livelli di PM e NOx», purché nessun pedaggio sia superiore del 100% al pedaggio richiesto per veicoli equivalenti che ottemperano alle norme di emissione più rigorose. Tale differenziazione può anche essere applicata in funzione dell'ora, del giorno o della stagione, purché nessun pedaggio sia superiore del 100% rispetto al pedaggio imposto durante l'ora, il giorno o la stagione meno costosi o, qualora il periodo meno costoso sia a tariffa zero, la penalità per l'ora, il giorno o la stagione più cari non sia superiore del 50% del livello di pedaggio che sarebbe altrimenti applicabile all'autoveicolo in questione. Per i nuovi pedaggi che saranno introdotti dopo il 2010, gli Stati membri saranno tenuti a differenziare le aliquote conformemente a quanto sopra esposto. Il compromesso, tuttavia, introduce la possibilità di derogare a queste disposizioni se vi è il rischio di minare la coerenza del sistema di pedaggi a livello nazionale, se ciò è tecnicamente impraticabile o se porta a una deviazione del traffico dei veicoli più inquinanti dalle reti transeuropee, con i conseguenti effetti sulla sicurezza stradale e sulla salute pubblica. Utilizzo dei proventi Infine, un emendamento precisa che gli Stati membri possono decidere in merito alla destinazione delle entrate derivanti dai proventi dell'infrastruttura stradale. Per garantire lo sviluppo della rete dei trasporti nel suo insieme, queste entrate dovrebbero essere utilizzate a favore del settore dei trasporti e dell'ottimizzazione di tutto il sistema dei trasporti. Link utili
Commenti della Commissione sulla posizione comune Riferimenti Corien WORTMANN-KOOL (PPE/DE,
NL) |
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Il Parlamento suggerisce nuove idee in vista della revisione della normativa sugli aiuti di Stato a finalità regionale. La relazione di Miloš KOTEREC (PSE, SK) chiede che sia prestata particolare attenzione alle zone con gravi svantaggi naturali o demografici e che siano definiti indicatori che consentano di rilevare meglio il divario dello sviluppo regionale. Le piccole e medie imprese devono poter contare su aiuti maggiori. La Commissione è in procinto di finalizzare un progetto di comunicazione in materia di aiuti di Stato a finalità regionali per il periodo 2007-2013. In tale contesto, il Parlamento ha suggerito all'Esecutivo idee volte a migliorare il testo. Gli aiuti di Stato hanno un impatto sulla coesione economica, sociale e territoriale nell'ambito dell'Unione europea. Pertanto, va considerato che tutti gli Stati membri hanno ridotto tali aiuti e li hanno riorientati verso obiettivi orizzontali in linea con la strategia UE. In tutto, solo il 10% circa degli aiuti di Stato complessivi è disciplinato dagli orientamenti per gli aiuti regionali. Per i deputati, gli aiuti di Stato possono fornire uno stimolo positivo per lo sviluppo economico in una regione in ritardo di sviluppo. Aiuti immutati anche a partire del 2007? Il Parlamento prende atto del progetto di comunicazione della Commissione in merito agli orientamenti sugli aiuti di Stato regionali a livello nazionale per il 2007-2013. D'altro lato chiede alla Commissione di non adottare alcuna comunicazione sugli aiuti di Stato a finalità regionale finché non verranno fissate le prospettive finanziarie per l'Unione europea e fino a quando il bilancio per la politica regionale e di coesione non sarà stato deciso. La relazione ritiene che, sulla base del principio di equità, i massimali dell'intensità degli aiuti di tutte e tre le categorie del Trattato dovrebbero restare immutati nel nuovo periodo di programmazione rispetto al precedente periodo 2000-2006. Inoltre, chiede che il differenziale non superi i dieci punti percentuali allo scopo di evitare fenomeni di delocalizzazione e conseguenti competizioni distruttive tra le aree svantaggiate degli Stati membri. Più aiuti per le regioni svantaggiate I deputati ritengono che le regioni più periferiche dovrebbero ricevere automaticamente lo status di regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso o si abbia una grave forma di sottoccupazione. Suggeriscono, tuttavia che la medesima attenzione sia accordata alle regioni che soffrono di gravi svantaggi permanenti naturali, geografici o demografici. Inoltre, è sottolineata l'importanza di tutte le dimensioni della coesione ed è chiesto che venga prestata particolare attenzione alle zone rurali, alle zone in transizione industriale, alle aree urbane in declino, e alle regioni che soffrono di gravi svantaggi permanenti naturali o demografici, come le regioni a bassissima densità demografica e le regioni insulari, transfrontaliere e di montagna. E' chiesto tuttavia alla Commissione di prendere in considerazione la definizione di criteri specifici che permettano di individuare le regioni succitate ed offrire loro un livello di aiuti proporzionato ai problemi che devono fronteggiare. Il Parlamento ritiene che le regioni ad effetto statistico devono mantenere il loro status per garantire loro lo stesso trattamento che viene riservato alle regioni degli obiettivi di convergenza dalle disposizioni generali dei fondi strutturali e del fondo di coesione. Pertanto chiede che la regolamentazione relativa alle regioni a effetto statistico venga mantenuta sino alla fine del periodo di programmazione, vale a dire fino al 2013, senza procedere ad alcuna revisione dello status fino al 2009. La relazione ritiene positivo che la Commissione intenda utilizzare il tasso di disoccupazione quale indicatore di sostegno per le zone idonee che dovranno essere definite dagli Stati membri. Nonostante ciò, sottolinea la necessità di introdurre indicatori che consentano di rilevare i fenomeni di divario dello sviluppo regionale, per permettere agli Stati membri di misurare meglio il grado relativo di benessere delle aree per l’ammissibilità al loro sostegno. D'altra parte, facendo proprio un emendamento del PSE, l'Aula ha soppresso un emendamento suggerito dalla commissione parlamentare che specificava la natura di questi indicatori aggiuntivi. Il Parlamento prende atto dell'assegnazione addizionale di zone ammissibili secondo i massimali per paese determinati dalla Commissione, la quale tiene anche conto delle variazioni in materia di disoccupazione tra le regioni. Tuttavia, invita la Commissione ad adottare criteri di ripartizione che tengano in considerazione lo svantaggio relativo di alcuni Stati membri, evitando di penalizzare «fortemente» quelli che presentano significativi ed oggettivi divari interni. Chiede, pertanto che siano adottati gli stessi criteri di ripartizione e gli stessi correttivi previsti negli orientamenti attualmente in vigore. Inoltre, il Parlamento si compiace del fatto che gli aiuti al funzionamento che non siano degressivi e limitati nel tempo continueranno ad essere autorizzati nelle regioni che soffrono di svantaggi permanenti. Sistema di transizione e maggiore sostegno alle PMI La Commissione è invitata ad assicurare che le autorità competenti delle regioni siano autorizzate, applicando il principio della partnership, a dare la priorità ai progetti di investimento di particolare interesse per le loro regioni. Al fine di evitare una diminuzione troppo brutale della popolazione coperta, il Parlamento chiede che venga istituito un sistema di transizione per le zone che possono beneficiare di aiuti volti ad agevolare il loro sviluppo. Esprime inoltre la propria soddisfazione per la proposta della Commissione di permettere agli Stati membri di utilizzare gli aiuti di Stato regionali per affrontare particolari problemi economici «che si manifestano con un PIL più basso, una più elevata disoccupazione e altri indicatori riconosciuti» dando loro la possibilità di concedere aiuti di Stato anche a grandi aziende. In questo contesto, approva la concessione di vantaggi a favore delle PMI. Tuttavia, i deputati sottolineano l'utilità di altri indicatori che consentono di valutare meglio le difficoltà di sviluppo di talune regioni. Viene approvato poi, che la Commissione permetta agli Stati membri di attribuire sostanziali importi addizionali di aiuti di Stato regionali alle PMI. Si propone, d'altra parte, di uniformare verso l'alto tale maggiorazione prevedendo una percentuale unica, pari al 20%, sia per le piccole che per le medie imprese, al fine di non disincentivare i processi di crescita delle piccole imprese. In proposito, il Parlamento si compiace della nuova forma di aiuti per le piccole imprese nelle regioni assistite, nonché delle disposizioni specifiche relative alle regioni a scarsa densità di popolazione e alle piccole isole nell'ambito dei criteri di compatibilità di tali aiuti. Ed approva, l'intenzione dell'Esecutivo di estendere le esenzioni in blocco dalla notifica preliminare per forme trasparenti di aiuti di investimento regionale. Inoltre, si raccomanda che i massimali per le esenzioni in blocco tengano conto dell'inflazione. Investimenti per minimo cinque anni Il Parlamento chiede alla Commissione di precisare con maggior chiarezza il concetto di spese ammissibili per permettere una definizione più accurata delle relative categorie e lasciar decidere agli Stati membri in merito all'ammissibilità delle spese. Inoltre, esprime la propria soddisfazione in quanto la Commissione riconosce che gli aiuti regionali possono essere variabili e la invita ad effettuare uno studio per valutare quale sia il genere di aiuto di Stato più vantaggioso per lo sviluppo regionale, con meno rischi di provocare distorsioni della concorrenza. Il Parlamento riconosce che l'obbligo di mantenere gli investimenti nell'ambito delle regioni è stato fissato ad un livello generale per un minimo di 5 anni dopo la loro realizzazione. Pertanto, chiede che questa regola sia applicata con una certa flessibilità, «in modo da non soffocare l'innovazione attraverso la sostituzione degli impianti o delle attrezzature che sono diventate obsolete nel corso di questo periodo». La Commissione è poi invitata a definire gli orientamenti comunitari per il recupero degli aiuti, qualora tali obblighi non vengano rispettati. Infine, la relazione ritiene che gli aiuti UE concessi per il trasferimento all'estero di aziende non rappresentano alcun valore aggiunto europeo e quindi andrebbero evitati. Riferimenti Miloš KOTEREC (PSE, SK) |
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Tra la crescita mondiale della domanda energetica e l'esaurimento delle risorse, diventa urgente la necessità di risparmiare l'energia. Un passo avanti in questa direzione è stato fatto dal Parlamento che ha confermato il suo accordo con il Consiglio in merito a una direttiva che ha lo scopo di incoraggiare gli Stati membri a economizzare l'energia e a sfruttarla in maniera più efficace sia nelle abitazioni che nel settore pubblico. Il Parlamento ha fatto propri gli emendamenti di compromesso negoziati con il Consiglio in merito alla proposta di direttiva sull'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici. Agli Stati membri è chiesto di risparmiare, tra il 2008 e il 2017, il 9% dell'energia fornita agli utilizzatori finali e di conferire al settore pubblico un ruolo esemplare. I consumatori dovranno disporre di bollette dettagliate e frequenti per consentire loro di regolare il proprio consumo energetico. La proposta della Commissione riguarda una nuova direttiva volta ad accrescere l'uso efficiente ed efficace, in termini di costi, dell'energia nell'Unione nonché a favorire misure per l'efficienza energetica e a promuovere il mercato dei servizi energetici. La proposta fissa un quadro composto da definizioni, strumenti, obiettivi metodologici e obblighi comuni, sia per il settore pubblico che per quello privato. Più in particolare, è definito un obiettivo generale di risparmio energetico nell'uso finale da conseguire nei settori domestico, agricolo, commerciale e pubblico, nonché nei trasporti (esclusi quelli marittimi e aerei) e nell'industria (esclusa quella ad alta intensità energetica). Le forme di energie interessate sono l'elettricità, il gas, il combustibile da riscaldamento e per i mezzi di trasporto. Anche per il settore pubblico sono previste della misure, tenuto conto del contributo che esso può dare al conseguimento di questo obiettivo complessivo. Rappresentanti del Parlamento e del Consiglio sono riusciti a definire 49 emendamenti di compromesso - sostenuti da PPE/DE, PSE, Verdi/ALE, GUE/NGL - che, confermati dall'Aula, permettono di chiudere la procedura a questo stadio. Dal 2008, risparmiare il 9% in nove anni Il compromesso chiede agli Stati membri di risparmiare il 9% dell'energia fornita agli utilizzatori finali nei nove anni successivi all'entrata in vigore della direttiva, da conseguire tramite servizi energetici e ad altre misure di miglioramento dell'efficienza energetica. Gli Stati membri dovranno quindi adottare «misure efficaci sotto il profilo costi-benefici, praticabili e ragionevoli, a contribuire al conseguimento di detto obiettivo». D'altra parte, contrariamente a quanto auspicato dai deputati, tale obiettivo non sarà vincolante. E' vero però che gli Stati membri dovranno adottare piani pluriennali in materia di efficienza energetica (PAEE) nei quali andranno stabiliti degli obiettivi intermedi e la strategia per realizzarli. Gli obiettivi intermedi dovranno essere realistici e coerenti con l'obiettivo nazionale indicativo globale di risparmio energetico e saranno valutati dalla Commissione. La direttiva, nei suoi allegati, indica il metodo con cui definire e calcolare gli obiettivi nazionali di risparmio e riporta anche alcuni esempi di misure di miglioramento dell'efficienza energetica ammissibili. E' poi precisato che il risparmio energetico nazionale a fronte dell'obiettivo nazionale indicativo «è misurato a partire dal 2008». Ruolo esemplare del settore pubblico Il settore pubblico, come richiesto dai deputati, dovrà dare l'esempio. A tal fine, gli Stati membri dovranno assicurare che esso prenda misure di miglioramento dell'efficienza energetica, privilegiando quelle efficaci sotto il profilo costi-benefici «che generano il maggior risparmio energetico nel minor lasso di tempo». Tali misure saranno adottate al livello nazionale, regionale e/o locale opportuno, sotto forma di iniziative legislative e/o accordi volontari o altri strumenti di effetto equivalente. Per agevolare tale processo, gli Stati membri saranno tenuti a pubblicare degli orientamenti in materia di efficienza energetica e risparmio energetico, quale possibile criterio di valutazione in sede di aggiudicazione di appalti pubblici. Essi dovranno anche consentire ed agevolare lo scambio di migliori prassi tra gli enti del settore pubblico. Informazione dei consumatori Gli Stati membri, inoltre, dovranno garantire un maggiore impegno per promuovere l'efficienza degli usi finali dell'energia e dovranno stabilire condizioni e incentivi adeguati affinché gli operatori del mercato forniscano agli utenti finali informazioni e consulenza sull'efficienza degli usi finali dell'energia. Vi sono anche altri emendamenti di questo genere tesi a garantire una migliore informazione ai consumatori. Questi, ad esempio, potranno disporre di bollette dettagliate, «basate sul consumo effettivo», ed emesse con una frequenza tale da permettere loro di regolare il proprio consumo energetico. La Commissione, inoltre, dovrà garantire che le informazioni sulle migliori prassi in materia di risparmio energetico negli Stati membri siano scambiate e ampiamente diffuse. Entrata in vigore e valutazione d'impatto Il compromesso stabilisce che gli Stati membri dovranno trasporre la direttiva nel diritto nazionale entro due anni, tuttavia è chiesto loro di trasmettere i loro primi piani d'azione alla Commissione non oltre il 30 giugno 2007. Il secondo piano d'azione andrà trasmesso entro il 30 giugno 2011 e il terzo entro il 2014. Entro due anni dall'entrata in vigore della direttiva, la Commissione pubblicherà una valutazione d'impatto sui costi/benefici «al fine di esaminare i nessi esistenti tra le norme, le regole e le politiche dell'UE e le misure in materia di efficienza degli usi finali di energia». Link utili
Commenti della Commissione sulla posizione comune del Consiglio Riferimenti Mechtild ROTHE (PSE, DE) |
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Le migliaia di tonnellate di batterie e di accumulatori esauriti che ogni anno sono rilasciati nell'ambiente danneggiano la natura e la salute umana. Questi prodotti, infatti, contengono sostanze pericolose come il mercurio, il piombo e il cadmio. Il Parlamento chiede una legislazione europea più severa e che incentivi la raccolta e il riciclaggio di questi prodotti. I consumatori devono essere debitamente informati. La necessità di adottare emendamenti a maggioranza assoluta ha attenuato le divergenze emerse in occasione del voto in commissione parlamentare tra i deputati e il Consiglio. Talvolta, è stata l'assenza di identità di vedute in seno agli stessi gruppi politici su talune questioni che ha reso molto difficile il raggiungimento della maggioranza richiesta. Nella relazione approvata dall'Aula, tuttavia, restano alcuni elementi che, se non accettati dagli Stati membri, potrebbero comportare il ricorso alla procedura di conciliazione. Per i deputati, l'obiettivo della direttiva dev'essere «in via prioritaria» la prevenzione dell'uso dei metalli pesanti nelle pile e negli accumulatori nonché la raccolta, il trattamento, il riciclaggio e lo smaltimento di tutti i rifiuti di pile e accumulatori. Essa, inoltre, deve essere tesa a migliorare l'efficienza ambientale delle pile e degli accumulatori nonché delle attività di tutti gli operatori che intervengono nel ciclo di vita delle apparecchiature elettriche ed elettroniche, quali produttori, distributori e consumatori, e in particolare degli operatori che partecipano direttamente al trattamento dei rifiuti di pile e accumulatori. In quest'ottica, il Parlamento chiede agli Stati membri di promuovere la ricerca e incoraggiare i produttori a migliorare l'efficienza ambientale complessiva delle pile e degli accumulatori lungo l'intero ciclo di vita. Dovrebbero anche favorire lo sviluppo e la commercializzazione di pile e accumulatori contenenti minori quantità di sostanze pericolose ovvero contenenti sostanze meno inquinanti, in particolare in sostituzione del mercurio, del cadmio e del piombo. Incentivare la raccolta Approvando un emendamento proposto dalla commissione ambiente, il Parlamento chiede agli Stati membri di adottare le misure necessarie «per promuovere al massimo la raccolta differenziata di rifiuti di pile e accumulatori» e «per evitare lo smaltimento finale dei rifiuti» di questi prodotti, «così da realizzare il massimo riciclaggio possibile». Tuttavia, l'Aula non ha raccolto sufficienti suffragi per sostenere gli obiettivi di raccolta più ambiziosi proposti dalla commissione parlamentare e, pertanto, sono confermati quelli stabiliti dalla posizione comune del Consiglio: 25% in sei anni dall'entrata in vigore della direttiva e 45% entro dieci anni (il progetto di relazione proponeva, rispettivamente, 40 e 60%). Con "tasso di raccolta" per un determinato Stato membro in un determinato anno civile, si intende la percentuale ottenuta dividendo il peso dei rifiuti di pile e accumulatori portatili raccolti in detto anno civile per le vendite annuali medie, in peso, di pile e accumulatori portatili immessi in commercio in detto Stato membro nel corso di tale anno civile e dei due anni civili precedenti. Il Parlamento, inoltre, ha inserito una disposizione con la quale si impone agli Stati membri di provvedere affinché i distributori siano tenuti a riprendere gratuitamente dagli utilizzatori finali le pile portatili usate. Ai governi, inoltre, è consentito di ricorrere a strumenti economici, come aliquote d'imposta differenziate, per promuovere la raccolta di rifiuti di pile e accumulatori contenenti meno sostanze inquinanti. In proposito, tuttavia, i deputati insistono affinché tali disposizioni non violino le norme del mercato interno né distorcano la concorrenza. Chiedono inoltre che le parti interessate siano consultate prima dell'introduzione di siffatti provvedimenti. Divieti limitati Deputati e Consiglio auspicano entrambi l'eliminazione delle batterie e degli accumulatori che contengono più dello 0,005% di mercurio (rispetto al peso totale) e 0,002% di cadmio, due sostanze altamente tossiche. Gli emendamenti presentati per bandire anche le batterie che contengono più dello 0,004% di piombo non hanno però raccolto la maggioranza necessaria. D'altra parte, gli Stati membri dovranno provvedere affinché le pile e gli accumulatori possano essere incorporati in apparecchi «soltanto se facilmente rimovibili da parte del consumatore, una volta usati». Tutti gli apparecchi in cui sono incorporati pile o accumulatori, inoltre, dovrebbero essere accompagnati da istruzioni che indicano come rimuovere senza pericolo tali pile o accumulatori. L'auspicio è che, con tali misure, le pile non siano buttate nella spazzatura assieme agli apparecchi. Tale disposizione, tuttavia, prevede talune eccezioni (apparecchi scientifici e professionali, congegni medici, ecc.). Trattamento e riciclaggio Il Parlamento, confermando quando chiesto in prima lettura, suggerisce obiettivi concreti per il riciclaggio: una volta raccolte, le batterie al piombo dovrebbero essere riciclate al 65% e quelle al nichel-cadmio al 75%. I prodotti pericolosi così raccolti potranno quindi essere reintrodotti nei processi di fabbricazione oppure stoccati in depositi concepiti per evitare qualsiasi contaminazione dell'ambiente. Per tutti gli altri tipi di batterie, il volume del riciclaggio dovrebbe essere pari al 55% (contro il 50% avanzato dal Consiglio). Le efficienze minime di riciclaggio proposte devono essere valutate periodicamente e adeguate alla migliore tecnologia disponibile e al progresso tecnico e scientifico. In proposito, un emendamento chiede agli Stati membri di promuovere «lo sviluppo di nuove tecnologie di riciclaggio e di trattamento e la ricerca di metodi di riciclaggio ecocompatibili e con un buon rapporto costi/efficacia per tutti i tipi di pile e di accumulatori». Finanziamento Il Parlamento considera che i produttori dovrebbero finanziare i costi derivanti dalla raccolta, dal trattamento e dal riciclaggio, compreso quelli sostenuti per campagne pubbliche d'informazione su tali questioni. Anche i costi di raccolta, trattamento, riciclaggio e smaltimento ecologicamente corretto dei rifiuti di pile e accumulatori immessi in commercio prima dell'entrata in vigore della presente direttiva ("rifiuti storici") sono a carico dei produttori. Inoltre, i deputati hanno soppresso il riferimento alle norme "de minimis" per evitare che i produttori, anche più piccoli, si sottraggano alle loro responsabilità. Informazione e etichettatura Un emendamento alla posizione comune del Consiglio chiede agli Stati membri di garantire che i distributori di pile o accumulatori portatili informino gli utilizzatori finali della possibilità di lasciare le pile o gli accumulatori portatili esauriti presso i loro punti vendita. Inoltre, dovranno assicurare che la capacità di tutte le pile, gli accumulatori e i pacchi batterie sia indicata su di essi in modo visibile, leggibile e indelebile. Link utili
Commenti della Commissione alla posizione comune Riferimenti Hans BLOKLAND (IND/DEM,
NL) |
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Il Parlamento ha adottato due relazioni sul grado di preparazione della Bulgaria e della Romania in vista dell'adesione all'UE. I deputati, pur ribadendo l'auspicio di integrare i due paesi nel 2007 e compiacendosi dei progressi realizzati sinora, chiedono alle autorità bulgare e rumene di prendere misure concrete per rimediare alla corruzione, alla criminalità organizzata e per migliorare l'integrazione delle minoranze etniche nella società. Obiettivi comuni I deputati affermano che l'adesione di Romania e Bulgaria costituisce un obiettivo comune dell'Unione europea, che consentirà di portare a termine il quinto allargamento dell'Unione, favorito dal grande movimento di liberazione nell'Europa centrale e orientale. Pertanto, confermano che il desiderio del Parlamento europeo è di vedere i due paesi aderire all'Unione il 1° gennaio 2007, nella misura in cui le condizioni stipulate nel trattato di adesione saranno soddisfatte da entrambi. D'altra parte, esprime al contempo l'auspicio che l'adesione della Romania e della Bulgaria avvenga in maniera solidale, «pur sottolineando che le domande dei due paesi dovranno in definitiva essere esaminate e valutate sulla base dei rispettivi meriti». Inoltre, contano di poter proseguire la cooperazione «fruttuosa» tra il Parlamento, la Commissione e il Consiglio nelle decisioni relative ai progressi di Bulgaria e Romania verso l'adesione UE. A questo proposito, la relazione ricorda che il Parlamento dovrà essere pienamente associato in tutti i casi in cui si prospetti l'attivazione di una delle clausole di salvaguardia contenute nel trattato di adesione. I deputati, d'altra parte, si compiacciono per l'arrivo dei 18 osservatori bulgari e dei 35 rumeni che, dal 26 settembre scorso, partecipano alle attività parlamentari. Romania: lotta alla corruzione e minoranze etniche La relazione di Pierre MOSCOVICI (PSE, FR) accoglie con favore gli «importanti progressi compiuti» dalla Romania, in particolare per quanto attiene alla libertà di espressione, alla giustizia, all'integrazione delle minoranze, alla tutela dell'infanzia, alla restituzione delle proprietà e alla politica della concorrenza. Nonostante ciò, ribadisce che bisogna compiere ulteriori sforzi per portare a termine la riforma dell'amministrazione pubblica, per garantire un buon funzionamento del sistema giudiziario e per completare l'applicazione dell'acquis comunitario. Il Parlamento reputa che la lotta alla corruzione, in particolare quella ad alto livello, debba essere una delle «principali priorità» per la Romania, da portare avanti con determinazione, tramite un'applicazione rigorosa della legge. I deputati, nel prendere atto con soddisfazione dei miglioramenti compiuti dalle autorità rumene nel settore della tutela dell'infanzia, invitano il governo rumeno a risolvere i casi delle richieste di adozione internazionale presentate durante la moratoria del giugno 2001. Tutti i casi, è precisato, dovranno essere esaminati alla luce della Convenzione ONU sui diritti del bambino e della legge rumena sullo status giuridico dell'adozione. D'altra parte, il Parlamento chiede al governo rumeno di compiere nuovi sforzi nell'applicazione della legislazione ambientale e di adottare e applicare la legislazione veterinaria, al fine di garantire la sicurezza alimentare e prevenire la trasmissione delle malattie animali. In tale contesto, con un emendamento proposto dall'ALDE/ADLE, è chiesto all'Esecutivo e al Consiglio di sostenere il governo rumeno nello sforzo di tutelare l'ambiente unico del delta del Danubio. La relazione constata che l'applicazione delle leggi antidiscriminatorie e delle misure adottate dalla Romania a favore dei rom rappresenta un «passo avanti». Ritiene però che lo sforzo volto a realizzare l'integrazione di questa popolazione debba essere proseguito, accertandosi che i media vi siano pienamente associati. Pertanto, il Parlamento esprime la propria delusione per i continui ritardi nell'adozione della legge sulle minoranze. Inoltre, è ribadita la necessità di adottare misure addizionali per garantire la protezione della minoranza ungherese, «in conformità dei principi di sussidiarietà e di autonomia culturale». Le autorità rumene sono quindi invitate a sostenere pienamente il miglioramento del livello di istruzione di questa minoranza, fornendo le risorse finanziarie necessarie. E' poi espressa «preoccupazione» in relazione al fatto che le leggi elettorali contengono ancora misure discriminatorie e, a questo proposito, si auspica che la legge sulle minoranze venga adottata il più presto possibile, nel rispetto dei criteri politici. Bulgaria: Criteri politici ed economici La relazione di Geoffrey VAN ORDEN (ALDE/ADLE, UK) si compiace con i governi bulgari che si sono succeduti per la costanza del loro impegno e dei passi avanti compiuti in vista dell'adesione all'UE. Inoltre, i deputati rilevano che la Bulgaria continua a soddisfare i criteri politici e sollecitano il Paese ad investire «al massimo» nell'impegno politico, finanziario ed amministrativo. La relazione ricorda poi al governo bulgaro la necessità di raddoppiare gli sforzi per sviluppare le proprie capacità amministrative e giudiziarie ad un livello che consenta di applicare e far rispettare l'acquis, con particolare riferimento alla strategia della lotta alla corruzione e al proseguimento delle indispensabili ed urgenti riforme del sistema giudiziario. Nel rilevare che la Bulgaria occupa una posizione strategica, i deputati raccomandano che si facciano nuovi sforzi soprattutto per migliorare tutti gli aspetti del controllo di frontiere, con misure per la lotta contro la criminalità organizzata, la tratta degli esseri umani e il narcotraffico. In proposito, viene espressa preoccupazione per «l'impudenza» di taluni elementi della criminalità organizzata bulgara, il loro disprezzo della legge e il modo in cui sfidano l'autorità dello Stato. Altrettanto preoccupante è giudicata l'impunità di cui godono, nel corso degli ultimi anni, gli esecutori di una serie di gravi assassini. E' quindi rilevata con inquietudine «la debole percentuale di atti criminali gravi condannati penalmente». I deputati ribadiscono i notevoli progressi compiuti dalla Bulgaria al fine di creare un ambiente imprenditoriale favorevole agli investimenti e alla crescita. Ma sottolineano «nuovamente» l'importanza di un apparato giudiziario e di amministrazione pubblica affidabili, per l'instaurarsi di un clima economico sano e forte, in particolare a beneficio delle PMI. E' anche raccomandata l'attuazione di misure volte a rendere flessibile il mercato del lavoro, a favorire l'innovazione, ad aumentare la mobilità della manodopera e a migliorare i programmi di istruzione e di formazione. D'altra parte, la relazione manifesta la speranza che la Bulgaria soddisfi gli obblighi assunti per la chiusura delle unità 3 e 4 della centrale di Kozloduy e invita il Consiglio e la Commissione a garantire che ciò avvenga. La relazione si compiace d'altra parte per le pratiche adottate dalla Bulgaria per migliorare l'integrazione dei rom nella società. Tuttavia evidenzia il fatto che le riforme fondamentali per combattere la discriminazione in materia di istruzione, di alloggi e cure sanitarie «devono essere ancore realizzate». Ma, nonostante ciò, ritiene che si debba dare maggiore attenzione al "Piano d'azione per l'attuazione del programma quadro per l'integrazione paritaria dei rom nella società bulgara 2005-2006". Infatti, i deputati sottolineano che qualsiasi politica d'integrazione deve essere attuata con la piena partecipazione e cooperazione delle comunità rom. Link utili Relazione globale di verifica della Commissione del 2005 sulla Bulgaria e la Romania Riferimenti Geoffrey VAN ORDEN (PPE/DE, UK) |
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Crescita, occupazione e competitività, risorse finanziarie sufficienti, ambiente, politiche per le famiglie e per l'infanzia, sono alcune delle priorità delineate dal Parlamento nella risoluzione sul programma legislativo della Commissione. I deputati chiedono anche di garantire la sicurezza e gestire l'immigrazione nel rispetto dei diritti umani, riflettere sulle frontiere UE considerandone la capacità di assorbimento, agevolare la ratifica della Costituzione e avvicinare l'Europa ai cittadini. Adottata di stretta misura - 255 voti favorevoli, 251 contrari e 32 astensioni - la risoluzione del Parlamento sottoscrive l'orientamento generale del programma legislativo e di lavoro della Commissione per il 2006. I deputati si dicono «fermamente» convinti che il modo migliore di rispondere alla sfida della globalizzazione «consiste nel liberare tutto il potenziale dell'Europa e nel promuovere i suoi valori comuni a livello interno e nel mondo». Pertanto, le istituzioni dell'UE e le autorità degli Stati membri sono invitate a contribuire pienamente alla realizzazione di tale programma a seconda delle loro competenze e responsabilità. Crescita, occupazione e competitività I deputati si compiacciono dell'importanza cruciale attribuita agli incentivi alla crescita e all'occupazione tra le priorità della Commissione e dell'enfasi posta sulla modernizzazione dell'economia europea. Sottolineano anche l'importanza fondamentale dell'attuazione della strategia di Lisbona rivista, e del necessario sviluppo delle risorse umane, della conoscenza, dell'innovazione e della ricerca. In tale contesto, il Parlamento chiede «fermamente» che i nuovi programmi quadro per la ricerca e per la competitività e l'innovazione siano dotati di risorse finanziarie sufficienti, come pure l'iniziativa I-2010. Altrettanto fermamente sollecita, per le piccole e medie imprese che generano due terzi dei posti di lavoro, misure di snellimento della burocrazia e una legislazione semplice e chiara, «che non deve intralciare la crescita e l'innovazione». La Commissione è poi invitata ad assicurare una tutela adeguata dei diritti di proprietà intellettuale e a presentare «senza indugio» una proposta relativa a un brevetto comunitario unico, «che garantirebbe una maggiore certezza giuridica e promuoverebbe l'innovazione». I deputati, inoltre, sottolineano la necessità di pianificare una realizzazione in tempi molto brevi dei grandi progetti di reti transeuropee di trasporto (RTE-T), «il cui finanziamento dovrà essere coperto sia dal bilancio europeo, sia, per quanto possibile, da partenariati pubblico-privato». Prospettive finanziarie La risoluzione insiste sulla necessità che le Prospettive finanziarie 2007-2013 costituiscano la base dell'ulteriore sviluppo di un'Unione europea forte. Il Parlamento si attende quindi che la Commissione difenda la propria posizione, secondo cui le prospettive finanziarie debbono essere fissate a un livello sufficiente per finanziare le priorità politiche dell'UE. Ambiente e energia La Commissione è invitata a continuare a svolgere un ruolo di primo piano nella lotta contro i mutamenti climatici, «sviluppando strategie intese ad inserire l'aviazione nei regimi europei di scambio di quote di emissioni». L'Esecutivo dovrebbe anche definire «un quadro che spiani la strada a ulteriori impegni in termini di riduzione delle emissioni per il dopo Kyoto», a partire dal 2012, e prevedere «nuovi incentivi per l'utilizzo di strumenti orientati ai mercati al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati». Il Parlamento, d'altra parte, accoglie con favore l'impulso dato alla politica energetica, e in particolare il progetto di Libro verde volto a garantire fonti energetiche sicure, competitive e sostenibili. Famiglia, Politica sociale e sanitaria La risoluzione sottolinea la necessità di prevedere una politica di sostegno alle famiglie e di promuovere un ambiente favorevole ai bambini, allo scopo di conciliare meglio la vita professionale e la vita familiare. A tal fine propone una revisione della direttiva sul congedo parentale «nell'ottica di potenziarne la pertinenza e l'efficacia». Il Parlamento, inoltre, plaude al progetto della Commissione di presentare una comunicazione relativa ai diritti dell'infanzia, «che le offrirebbe la possibilità di rimediare alla "invisibilità" di tali diritti a livello di UE». D'altra parte, i deputati si compiacciono del fatto che il 2006 sia stato proclamato "Anno europeo della mobilità dei lavoratori" e invitano quindi la Commissione ad essere più attiva nel difendere e promuovere il diritto dei lavoratori di tutti gli Stati membri alla libera circolazione. E' anche sottolineata l'importanza dell'istruzione e della formazione, come gli strumenti più indicati per migliorare le possibilità offerte ai cittadini di trovare lavoro in nuovi ambiti occupazionali. All'Esecutivo è poi chiesto di proporre soluzioni a più lungo termine per far fronte alle sfide della globalizzazione. La Commissione è invitata ad applicarsi con maggiore impegno all'elaborazione di una politica coerente in materia di emergenze sanitarie, disabilità, mobilità e informazione dei pazienti. Sicurezza e immigrazione Il Parlamento sottolinea che una maggiore sicurezza per i cittadini «non deve mai compromettere la tutela dei loro diritti fondamentali». La Commissione, d'altra parte, dovrebbe continuare a privilegiare le misure di lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata, annettendo particolare importanza ai progressi sul versante del finanziamento del terrorismo e affrontando contemporaneamente il problema della radicalizzazione. Inoltre, dovrebbe proseguire senza indugio il lavoro che sta svolgendo in vista dell'elaborazione di definizioni comuni – chiare sul piano giuridico e meglio formulate – di taluni reati gravi a carattere transfrontaliero (terrorismo, traffico di droga, tratta di esseri umani, riciclaggio di denaro sporco, criminalità, ecc.). I deputati ritengono che la lotta all'immigrazione clandestina - «condotta conformemente alle tradizioni umanitarie del nostro continente» - e l'integrazione degli immigrati regolari, «dovrebbero essere due facce della stessa medaglia». Pertanto la Commissione è invitata a prendere tutte le misure atte a favorire una sana gestione di questa problematica fondamentale. Il Parlamento, convinto della necessità di una politica europea comune in materia dei visti, insiste sulla necessità di uno sforzo congiunto per ridurre l'immigrazione illegale, in particolare rafforzando le capacità di controllo alle frontiere, migliorando i sistemi informatici e utilizzando maggiormente i dati biometrici, ad esempio VIC e SIS II. L'Europa in quanto partner mondiale Per il Parlamento, il processo di allargamento deve proseguire conformemente agli impegni assunti. Tuttavia, invita la Commissione ad avviare una riflessione sulle frontiere esterne dell'Unione europea, prendendo in considerazione la capacità di assorbimento dell'Unione. E' inoltre rinnovata la sua richiesta alla Commissione di dare «un orientamento più politico» al ruolino di marcia di preadesione per i Balcani occidentali, «concentrandosi sugli incentivi e sulle necessità specifiche di ognuno dei paesi in questione». In proposito è anche sottolineato che i paesi che progrediscono sulla via delle riforme e soddisfano i criteri di Copenaghen - comprese la cooperazione con il tribunale penale internazionale per la ex Iugoslavia e la cooperazione regionale - «avranno una prospettiva di adesione commisurata». Per quanto riguarda le questioni legate ai negoziati commerciali multilaterali in sede di OMC, il Parlamento sottolinea che è essenziale, per quanto riguarda l'accesso al mercato dei prodotti industriali, ottenere la riduzione e l'eliminazione dei dazi elevati. Ritiene inoltre che anche il settore dei servizi costituisca un elemento chiave dei negoziati di Doha, «dato che l'apertura dei mercati in tale settore presenta un notevole potenziale». I deputati, d'altra parte, invitano la Commissione a seguire costantemente e attentamente l'andamento e l'evoluzione delle proprie relazioni commerciali con la Cina, «per garantire il rispetto delle regole della concorrenza leale, delle clausole sociali e ambientali, nonché dei principi dell'OMC circa i diritti di proprietà». Compiacendosi della nuova strategia per l'Africa, il Parlamento chiede un duplice approccio nei confronti di questo Continente, rivolto da un lato agli Stati più efficienti, attribuendo loro i mezzi per massimizzare gli sforzi intesi a conseguire gli Obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM) e, dall'altro, agli Stati più fragili, avvalendosi di strumenti politici differenziati, adattati a un contesto più complesso. Ravvicinare l'Europa ai cittadini, ratifica della Costituzione Il Parlamento insiste sull'urgente necessità che l'Europa comunichi in modo più efficace con i suoi cittadini e invita pertanto la Commissione ad impegnarsi più attivamente per colmare l'attuale "deficit di comunicazione" e per rafforzare la fiducia dei cittadini nel progetto europeo, segnatamente mostrando loro il valore aggiunto dell'Europa nella vita quotidiana. Inoltre, accoglie con favore il piano "D" della Commissione per la democrazia, il dialogo e il dibattito, ma sollecita una campagna ed una strategia interistituzionali adeguatamente coordinate «per agevolare l'adozione di una Costituzione europea, sulla base del progetto attuale di trattato costituzionale». In proposito, i deputati precisano che esso è già stato ratificato da più della metà degli Stati membri che rappresentano oltre il 50% della popolazione dell'Unione. Il Parlamento sottolinea anche l'esigenza di accelerare la semplificazione e il consolidamento della legislazione UE e di intensificare gli sforzi per una più efficace attività di normazione, una rapida trasposizione e una corretta applicazione della legislazione UE. Allo scopo di garantire una maggiore trasparenza nelle procedure decisionali delle istituzioni europee, i deputati chiedono che le riunioni legislative del Consiglio siano pubbliche. Chiede poi alla Commissione di avvalersi con maggiore coerenza delle analisi di impatto, che devono tassativamente tenere conto del costo dell'assenza di misure e delle alternative possibili alla normazione pubblica. A tal fine, andrebbe creata un'agenzia europea indipendente per effettuare tali analisi. L'Esecutivo, inoltre, dovrebbe portare avanti l'attuale processo di riforma interna, «al fine di assicurare la massima trasparenza e responsabilità nell'utilizzazione delle risorse finanziarie pubbliche». In proposito, è ricordata la decisione unanime con cui il Parlamento sollecitava la Commissione ad intraprendere l'elaborazione di un codice di buona condotta amministrativa comune a tutte le istituzioni e a tutti gli organismi comunitari. Link utili Programma legislativo e di lavoro della Commissione per il 2006 Riferimenti Risoluzione comune sul programma legislativo e
di lavoro della Commissione per il 2006 |
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Massimo Vari è il nuovo membro
italiano della Corte dei conti |
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Consultato sulla nomina di otto nuovi membri della Corte dei conti, a scrutinio segreto, il Parlamento ha adottato con 514 voti favorevoli, 33 contrari e 40 astensioni, la relazione di José Javier POMÉS RUIZ (PPE/DE, ES) che esprime parere positivo alla nomina del candidato italiano, Massimo Vari. Il curriculum e le risposte al questionario di Massimo Vari sono allegati al progetto di relazione esaminato dall'Aula (cliccare sul relativo link). Background - nomina dei membri della Corte dei conti Regolamento del Parlamento europeo (Articolo 101) Le personalità designate come membri della Corte dei conti sono invitate a fare una dichiarazione dinanzi alla commissione competente e a rispondere alle domande rivolte dai deputati. La commissione vota separatamente, a scrutinio segreto, su ciascuna candidatura. La commissione competente trasmette al Parlamento una raccomandazione relativa alla nomina dei candidati proposti, sotto forma di relazione contenente una proposta di decisione separata per ciascuna candidatura. La votazione in Aula ha luogo entro due mesi dalla ricezione delle candidature a meno che il Parlamento, su richiesta della commissione competente, di un gruppo politico o di almeno trentasette deputati, decida altrimenti. Il Parlamento vota separatamente, a scrutinio segreto, su ciascuna candidatura e decide a maggioranza dei voti espressi. Qualora il Parlamento abbia espresso parere negativo su una singola candidatura, il Presidente invita il Consiglio a ritirare la proposta e a presentare al Parlamento una nuova proposta. Trattato di Amsterdam (articolo 247) La Corte dei conti è composta di quindici membri. I membri della Corte dei conti sono scelti tra personalità che fanno o hanno fatto parte, nei rispettivi paesi, delle istituzioni di controllo esterno o che possiedono una qualifica specifica per tale funzione. Essi devono offrire tutte le garanzie d'indipendenza. I membri della Corte dei conti sono nominati per un periodo di sei anni dal Consiglio, che delibera all'unanimità, previa consultazione del Parlamento europeo. I membri della Corte dei conti possono essere nuovamente nominati. I membri designano tra di loro, per tre anni, il presidente della Corte dei conti. Il mandato del presidente è rinnovabile. I membri della Corte dei conti esercitano le loro funzioni in piena indipendenza, nell'interesse generale della Comunità. Nell'adempimento dei loro doveri, essi non sollecitano né accettano istruzioni da alcun governo né da alcun organismo. Essi si astengono da ogni atto incompatibile con il carattere delle loro funzioni. I membri della Corte dei conti non possono, per la durata delle loro funzioni, esercitare alcun'altra attività professionale, remunerata o meno. Fin dal loro insediamento, essi assumono l'impegno solenne di rispettare, per la durata delle loro funzioni e dopo la cessazione di queste, gli obblighi derivanti dalla loro carica ed in particolare i doveri di onestà e delicatezza per quanto riguarda l'accettare, dopo tale cessazione, determinate funzioni o vantaggi. A parte rinnovamenti regolari e i decessi, le funzioni dei membri della Corte dei conti cessano individualmente per dimissioni volontarie o per dimissioni d'ufficio dichiarate dalla Corte di giustizia conformemente alle disposizioni del paragrafo 7. L'interessato è sostituito per la restante durata del mandato. Salvo il caso di dimissioni d'ufficio, i membri della Corte dei conti restano in carica fino a quando non si sia provveduto alla loro sostituzione. I membri della Corte dei conti possono essere destituiti dalle loro funzioni oppure essere dichiarati decaduti dal loro diritto alla pensione o da altri vantaggi sostitutivi soltanto se la Corte di giustizia constata, su richiesta della Corte dei conti, che essi non sono più in possesso dei requisiti necessari o non soddisfano più agli obblighi derivanti dalla loro carica. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, fissa le condizioni di impiego, in particolare stipendi, indennità e pensioni, del presidente e dei membri della Corte dei conti. Esso fissa altresì, deliberando a maggioranza qualificata, tutte le indennità sostitutive di retribuzione. Le disposizioni del protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee applicabili ai giudici della Corte di giustizia sono applicabili anche ai membri della Corte dei conti. Link utili:
Progetto di relazione sulla nomina di Massimo Vari Riferimenti José Javier POMÉS RUIZ (PPE/DE, ES) |
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Il Parlamento chiede una riforma della base dell'imposta sulle società europee per assicurare la parità di trattamento tra imprese, la semplificazione amministrativa e la riduzione dei costi nonché per favorire maggiori investimenti, competitività, crescita e nuova occupazione. E' sostenuta l'instaurazione di una base imponibile comune consolidata a livello europeo per le grandi società e l'applicazione sperimentale e ponderata del sistema della "tassazione dello Stato di residenza" alle PMI. Adottata con 392 voti favorevoli, 121 contrari e 89 astensioni, la relazione di Pier Luigi BERSANI (PSE, IT) constata che le imprese europee attive nel mercato interno sono intralciate da ostacoli fiscali, da problemi di doppia imposizione e da elevati costi di conformità quando investono o operano all'interno di un altro Stato membro. D'altra parte, è evidenziato come gli ostacoli posti dalla grande diversità delle basi imponibili applicate a livello nazionale alle imprese che hanno attività transfrontaliere nell'Unione europea, si ripercuotano negativamente sulla crescita economica e sulla competitività delle imprese, sia nel mercato interno che sul mercato internazionale. I deputati, pertanto, ribadiscono che occorre una più stretta cooperazione tra gli Stati membri in tema di basi imponibili delle società per eliminare gli ostacoli fiscali legati a problematiche specifiche quali la compensazione transfrontaliera dei profitti e delle perdite, la fissazione dei prezzi di trasferimento ai fini fiscali, le operazioni di fusione ed acquisizione, le operazioni transfrontaliere di ristrutturazione e il pagamento dei dividendi tra società consociate. E' inoltre affermata la necessità di una riforma della base dell'imposta sulle società per le quelle operanti nel mercato interno per far progredire la nuova strategia di Lisbona, così da assicurare la parità di trattamento tra imprese, la semplificazione amministrativa e la riduzione dei costi e favorire maggiori investimenti, competitività delle imprese, crescita e creazione di occupazione. In tale contesto, il Parlamento accoglie positivamente le nuove proposte della Commissione riguardanti l'instaurazione di una base imponibile comune consolidata a livello europeo per le grandi società e l'applicazione sperimentale e ponderata del sistema della "tassazione dello Stato di residenza" alle PMI. D'altra parte, tuttavia, si rammarica che alcuni Stati membri ancora si oppongano alla necessità di una maggiore cooperazione in materia fiscale. Una base imponibile comune consolidata per le società a livello europeo I deputati sottolineano l'importanza di adottare una base imponibile comune consolidata «che risponda alle esigenze di maggiore integrazione del mercato interno» ed appoggiano la proposta della Commissione. Si dicono inoltre convinti che l'introduzione di una base imponibile comune consolidata per le società stabilite sul territorio di almeno due Stati membri - che permetta di determinare il reddito imponibile secondo un insieme di regole comuni definite a livello europeo applicabili al singolo gruppo societario - «costituisca la soluzione migliore per affrontare efficacemente gli ostacoli fiscali posti alle attività transfrontaliere delle imprese». L'introduzione di una base imponibile comune consolidata, è poi ribadito, non pregiudica in alcun modo le prerogative fondamentali degli Stati membri in materia fiscale, e in particolare il loro diritto a fissare le aliquote delle imposte societarie nazionali. Tuttavia, i deputati ritengono che l'armonizzazione delle basi imponibili delle società «creerà le premesse per politiche pubbliche e fiscali più trasparenti e consentirà un utilizzo ottimale dei capitali, favorendo in tal modo la realizzazione degli obiettivi di Lisbona». In effetti, a loro parere, tale armonizzazione consentirebbe l'eliminazione delle barriere poste dai diversi regimi fiscali nazionali, la semplificazione amministrativa e la riduzione degli oneri burocratici e dei costi di conformità, la creazione di condizioni comuni e di parità di trattamento per le società che hanno sedi in diversi Stati membri e l'eliminazione dei problemi speculari della doppia tassazione e dell'evasione fiscale. Il modo migliore per giungere alla creazione di una base imponibile comune consolidata a livello europeo, per i deputati, è la definizione di un quadro di norme comuni per mezzo di un regolamento che preveda l'elaborazione di un metodo di consolidamento, nonché di un meccanismo di ripartizione, tra gli Stati membri interessati, della base imponibile, che permettano alle società di compensare e consolidare globalmente i profitti e le perdite a livello di tutta l'Unione europea. Altrimenti, è proposto di ricorrere al meccanismo della cooperazione rafforzata per consentire alla grande maggioranza dei paesi europei di progredire in questo campo, offrendo agli altri Stati membri la possibilità di parteciparvi in una fase successiva. Il Parlamento preconizza «un approccio graduale». In un primo tempo si tratterebbe di introdurre una base imponibile comune consolidata facoltativa, che lasci alle imprese la scelta tra le basi imponibili nazionali esistenti e la base imponibile a livello europeo. In seguito si procederebbe ad una valutazione finalizzata a vagliare l'opportunità di un passaggio ad una base imponibile comune consolidata obbligatoria. La legislazione europea in materia, per i deputati, dovrebbe quanto meno definire i principi fiscali comuni di riferimento a livello europeo, l'insieme delle norme e dei meccanismi necessari alla definizione di una base imponibile comune europea, le norme relative alla modalità di realizzazione del consolidamento dei gruppi societari, i principi contabili sottostanti la determinazione del reddito imponibile ai fini fiscali, il meccanismo di ripartizione del gettito fiscale derivante dalla base imponibile comune consolidata adottata dai gruppi societari tra gli Stati membri interessati. L'Aula ha tuttavia soppresso il paragrafo con il quale la commissione per i problemi economici e monetari esortava la Commissione e gli Stati membri a far sì che i tempi necessari al raggiungimento di un accordo tecnico e politico per l'introduzione della base imponibile comune consolidata fossero «stringenti e finalizzati all'obiettivo di avere una proposta legislativa da parte della Commissione entro il 2007». Il sistema della tassazione dello Stato di residenza per le PMI Il Parlamento constata che le PMI «non riescono a godere pienamente dei vantaggi derivanti dal mercato interno» e che il loro potenziale di crescita «si scontra con gli ostacoli derivanti dalla complessità amministrativa e dagli elevati costi di conformità dei diversi sistemi fiscali nazionali» che incidono proporzionalmente in modo molto maggiore sulle PMI che sulle grandi imprese. Pertanto, i deputati ritengono che si possa giungere ad una notevole semplificazione attraverso l'applicazione del sistema della tassazione dello Stato di residenza, con riserva della conclusione di accordi bilaterali o multilaterali tra gli Stati membri che affrontino tutte le questioni tecniche e instaurino un meccanismo di ripartizione del gettito fiscale tra le varie amministrazioni fiscali nazionali interessate onde evitare una concorrenza fiscale dannosa. I deputati, inoltre, sostengono la proposta della Commissione concernente l'azione pilota basata su questo sistema, che dà la possibilità alle PMI di calcolare l'utile imponibile della società madre e di tutte le filiali e controllate stabilite in altri Stati membri partecipanti al progetto, applicando le norme fiscali vigenti nel suo Stato di residenza. D'altra parte, deplorano che gli Stati membri «non manifestino il dovuto interesse ed impegno» per l'eliminazione degli ostacoli fiscali alle attività delle PMI e non si attivino per la messa in opera dell'azione pilota proposta dalla Commissione. Pertanto, li esortano, in particolare quelli con regioni transfrontaliere integrate economicamente, ad aderire all'azione pilota fornendo così esperienze utili e riproducibili. Riferimenti Pier Luigi BERSANI (PSE,
IT) |
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Marta VINCENZI (PSE, IT) ha ricordato che una nave cementiera è affondata il 2 dicembre al largo del porto di La Spezia, nel Golfo dei Poeti, «stupendo golfo del Mediterraneo». L'equipaggio si è salvato, ha spiegato, e il sistema Sidarc ha segnalato idrocarburi fuoriusciti per circa novantamila litri. La messa in sicurezza, ha aggiunto, costerà almeno due milioni di euro e l'intervento durerà alcuni mesi. Pur notando che i soccorsi e la professionalità sono stati «eccellenti», la deputata ha sottolineato «l'urgenza di controlli più severi» perché «si trattava di una carretta del mare, registrata al registro navale ucraino che viaggiava con documenti in regola». Ha chiesto quindi di valutare la possibilità di un'inchiesta tecnica del dopo incidente per determinare cause e responsabilità, ma anche di considerare questo caso all'interno del pacchetto di proposte Erika II «perché davvero si possa dire che vengono controllati i controllori». Giusto CATANIA (GUE/NGL, IT) ha affermato che l'Italia è tornata in primo piano nel dibattito odierno. Dopo i fatti del calciatore Zoro, ha sottolineato che «sporco negro, non è considerata un'offesa». Stigmatizzando come «addirittura un calciatore sia andato sotto la curva inneggiando a simbologie fasciste», il deputato ha sostenuto che le responsabilità politiche «sono evidenti». Tutto questo, ha spiegato, è «riconducibile a una responsabilità precisa da parte delle autorità politiche che sempre più tendono a criminalizzare l'immigrazione». Il deputato ha quindi citato l'esempio - «molto grave» - accaduto di recente: un cittadino marocchino, sospettato di essere in Italia un pericoloso terrorista, dopo essere stato sottoposto a due gradi di giudizio ed essere stato per tutte e due le volte assolto, è stato espulso dal territorio nazionale perché ritenuto pericoloso per la sicurezza nazionale. Giudicando questo fatto «grave», ha aggiunto che non si hanno notizie precise di dove sia finito questo cittadino marocchino e che sembra sia ora detenuto in una prigione marocchina «dove notoriamente non vengono salvaguardati i diritti umani». Ha quindi concluso affermando che i «paesi membri non debbono farsi complici delle torture commesse da paesi terzi». Altri documenti approvati I risultati delle votazioni sono consultabili
sul
sito del Servizio Stampa del Parlamento europeo. |
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Codici delle procedure parlamentari
Abbreviazioni - Gruppi politici: vedere di seguito
Gruppi politici
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Deputato entrante: Hanna FOLTYN-KUBICKA (UEN, PL) con effetto dal 7 dicembre 2005. Composizione dei gruppi politici Dal 13 dicembre 2005 Zbigniew Krzysztof KUZMIUK, Zdzislaw Zbigniew PODKANSKI e Janusz WOJCIECHOWSKI non sono più membri del gruppo PPE/DE avendo aderito al gruppo UEN. Dal 15 dicembre 2005 Sylwester CHRUSZCZ, Maciej Marian GIERTYCH e Bernard Piotr WOJCIECHOWSKI non sono più membri del gruppo IND/DEM e ora fanno parte dei NI. |
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