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RASSEGNA
1° - 2 febbraio 2006
Bruxelles
Sommario
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Nell'accettare l'esito delle elezioni in Palestina, il Parlamento chiede al nuovo governo di riconoscere Israele, di rinunciare a ogni forma di terrorismo e di mantenere gli impegni sul processo di pace. Altrimenti potrebbero aversi conseguenze sugli aiuti europei destinati allo sviluppo economico della Palestina. D'altra parte, deplorando la decisione di non diffondere il rapporto su Gerusalemme est, è chiesto di cessare la discriminazione dei palestinesi residenti in quella città. Il Parlamento ha adottato una risoluzione comune - sostenuta da PPE/DE, PSE, ALDE/ADLE, Verdi/ALE e UEN - che accoglie con favore il modo in cui si è svolto il processo elettorale in Palestina e, in particolare, l'ampio tasso di partecipazione e il rispetto delle regole internazionali. I deputati, facendo propria la valutazione della missione di osservazione dell'Unione, ritengono inoltre che queste elezioni rappresentano un'altra importante tappa nella costruzione di istituzioni democratiche. Pur affermando di rispettare l'esito delle elezioni, l'Assemblea esorta il nuovo Consiglio Legislativo palestinese e il futuro governo «a riconoscere il diritto di esistere allo Stato di Israele, a rinunciare ad ogni forma di terrorismo e di azione militare». Sono anche sollecitati ad impegnarsi sugli attuali risultati della Road map e sul principio di negoziazione pacifica in vista di una soluzione che contempli due Stati e a cooperare con il Quartetto. I deputati, in proposito, chiedono anche un'urgente iniziativa del Quartetto volta a promuovere il dialogo e i negoziati fra palestinesi e israeliani, ritenendo che la "Road map per la pace" continui a rappresentare una base costruttiva. E' poi sottolineato che il risultato delle elezioni, «che ha profondamente modificato e radicalizzato il contesto politico in Palestina», è innanzitutto l'espressione del desiderio di riforme dei palestinesi e riflette le loro difficili condizioni di vita «sotto l'occupazione» nonché una «forte critica e rancore nei confronti del vecchio governo». Il Parlamento, peraltro, ribadisce che l'impegno dell'UE di rimanere il principale donatore dell'ANP e di continuare ad assistere lo sviluppo economico e il processo democratico della Palestina dipenderà «dalla disponibilità del nuovo governo a denunciare la violenza e riconoscere Israele». E' inoltre riaffermata la sua determinazione a lavorare per la pace e cooperare «con qualunque governo sia disposto a operare con mezzi pacifici». Riguardo alla mancata diffusione della relazione su Gerusalemme est redatta da diplomatici europei che descrive la situazione della città, in particolare le conseguenze della costruzione del muro, e che presenta delle raccomandazioni concrete per affrontare la questione, i deputati si limitano a deplorare che il Parlamento non sia stato informato dei suoi contenuti. D'altra parte, chiedono la sospensione del trattamento discriminatorio nei confronti dei residenti palestinesi e la riapertura delle istituzioni palestinesi a Gerusalemme est. Dibattito in Aula (1/2/2006) Per Mario BORGHEZIO (IND/DEM, IT), che è intervenuto in nome del suo gruppo, «l'Europa raccoglie ciò che ha seminato». «I miliardi profusi verso la Palestina, che sono stati male utilizzati e la cui gestione non è stata monitorata come si doveva», ha spiegato, «hanno prodotto lo tsunami Hamas». Al potere, ha aggiunto, è quindi salita «un'organizzazione terroristica», che ha come fine strategico e dichiarato la creazione dello Stato della sharia, «con tanti saluti alla pace, ai diritti umani, ai diritti delle donne e delle minoranze religiose». Ciò, secondo il deputato, sarebbe confermato dalle numerose ambiguità con cui i dirigenti dell'organizzazione hanno risposto alle nostre domande durante la missione. Hamas, ha poi aggiunto, ha invece fornito una risposta molto chiara, rifiutando tutte le richieste del Quartetto sul Medio Oriente. D'altra parte, secondo il deputato, l'Internazionale socialista si è già espressa a favore di un'apertura verso Hamas, «pur non avendo mai levato la voce contro l'uso scandaloso degli aiuti versati all'Autorità palestinese». Ma la realtà, ha concluso, «è che chi scommette su un'apertura moderata di Hamas consegna definitivamente la Palestina agli integralisti», un destino che, per il deputato, non merita certamente il popolo palestinese, «fatto di gente coraggiosa, umile, intelligente e laboriosa». Luisa MORGANTINI (GUE/NGL, IT) ha esordito esprimendo la propria gratitudine per la sensibilità e l'intelligenza della Commissione e dei capi delle missioni di osservazione. Tuttavia, ha sottolineato che la mancata pubblicazione del documento su Gerusalemme Est e il mancato avvio di opportune iniziative «hanno fornito effettivamente un piccolo aiuto ad Hamas, perché non c'è dubbio che su certe verità non si può tacere». Per la deputata, quella di Hamas è stata una vittoria annunciata. Gran parte della responsabilità, ha spiegato, ricade sulla comunità internazionale che, dopo la firma degli accordi di Oslo, non ha saputo far prevalere e rispettare il diritto internazionale. Ossia, non ha dato attuazione al principio dei "due popoli, due Stati", né ha assicurato un adeguato sostegno politico a Mahmoud Abbas e, contemporaneamente, «non ha esercitato le necessarie pressioni su Israele per impedire la crescita delle colonie e l'annessione di territori». In particolare, la comunità internazionale, pur disponendo della forza necessaria per esercitare pressioni, «non ha saputo assicurare la ripresa concreta dei negoziati». Ciò nondimeno, ha affermato la deputata, «i palestinesi hanno saputo rispondere con un processo e una partecipazione democratici, esprimendo il loro bisogno di vita, di giustizia e di pace». Da donna, ha poi aggiunto, la vittoria di Hamas «è un fatto terribile». Tuttavia, a suo parere, essa rappresenta un voto di protesta contro Al Fatah, «che ha dominato in maniera egemonica la società palestinese per molti anni e non ha saputo realizzare le sue promesse». Ma anche contro la corruzione che, ha però affermato, «è una questione alquanto demagogica». La deputata ha quindi concluso affermando che spetta alla Commissione europea e alla comunità internazionale riavviare e tenere vivo il dialogo, facendo in modo che sia Hamas sia Israele «possano cessare la violenza e riconoscere nella pratica il principio dei due popoli - due Stati». Per Antonio TAJANI (PPE/DE, IT), l'Europa deve avere un obiettivo fondamentale per la costruzione della pace in Medio Oriente e per colpire il terrorismo anche attraverso la politica. Tale obiettivo, ha infatti spiegato, «è la garanzia dell'esistenza e della sicurezza per Israele e della contemporanea nascita di uno Stato palestinese», sostenendo che negli ultimi tempi, «grazie all'azione di Sharon e di Abu Mazen», sono stati compiuti importanti passi avanti in questa direzione. Il successo elettorale di Hamas rischia «di farci tornare indietro» e di «trasformare la Palestina in un nuovo regime teocratico e integralista», ha affermato, sottolineando preoccupazione per le parole di Mohammad Zahar, portavoce di Hamas, che preannunciano un nuovo governo palestinese senza laici, «perché sono portatori di AIDS e omosessualità», così come altre dichiarazioni a proposito di Israele. L'Europa, ha quindi proseguito, «ha il dovere di fare ascoltare la sua voce, con iniziative politiche forti per spingere Hamas a seguire il percorso già intrapreso». Dovrà, inoltre, far capire al nuovo governo che, qualora pensasse di minacciare l'esistenza di Israele, «perderebbe i fondi destinati alla Palestina». Se Hamas sceglierà la via dell'intolleranza, ha insistito, «recherà un grave danno al suo popolo e condizionerà negativamente il risultato elettorale in Israele». Il deputato ha quindi esortato il sostegno di Abu Mazen, auspicandone una visita al Parlamento europeo, e anche la difesa dei diritti dei palestinesi cristiani che rappresentano «una minoranza a rischio di estinzione in Medio Oriente», pur essendo «un importante elemento di pace e di stabilità». Ha quindi concluso chiedendo di lavorare con fiducia affinché «non prevalga il pensiero di Arwan Zaboun, secondo cui i negoziati con Israele sono haram, ovvero sono proibiti dalla religione», dicendosi convinto che «il popolo palestinese non la pensa così». Lilli GRUBER (PSE, IT) ha affermato di rispettare l'esito delle elezioni e di sostenere il Presidente Abu Mazen «nella sua ricerca di un nuovo governo che dica sì al diritto internazionale e no alla violenza». Ha quindi aggiunto che «sembra paradossale minacciare oggi il blocco dei contributi europei all'Autorità Nazionale Palestinese», poiché si corre il rischio che l'Unione europea «sia sostituita da Stati e gruppi molto aggressivi e che Al-Qaida finisca per assoldare soldati e poliziotti palestinesi». La deputata ha poi ricordato che durante il Vertice europeo del 13 giugno del 1980 la Comunità europea aveva riconosciuto l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina. Attraverso il dialogo l'ex organizzazione terroristica, ha aggiunto, «veniva accompagnata sulla via del riconoscimento del diritto all'esistenza di Israele e del processo di pace». Visto il successo elettorale di Hamas, ha quindi detto, «ci troviamo oggi di fronte ad una simile sfida». Considerato che prima delle elezioni gli USA avevano fatto capire che bisognava parlare con Hamas, nonostante si trovasse sulla lista delle organizzazioni terroristiche, ha proseguito, spetta ora al Parlamento europeo «dare il suo contributo costruttivo ed invitare al più presto una delegazione della nuova Assemblea palestinese a Bruxelles». Infatti, ha concluso, «più che di atteggiamenti di minaccia oggi c'é urgente bisogno di iniziative che stabiliscano un clima di fiducia». Link utili Conclusioni del Consiglio affari generali del 30/1/2006 (in inglese) Riferimenti
Risoluzione
comune sull'esito delle elezioni palestinesi (e la situazione a
Gerusalemme est) |
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PESC: le priorità per il 2006 Il Parlamento rivendica un suo maggiore coinvolgimento nella PESC e paventa un ricorso alla Corte di giustizia contro il Consiglio affinché ciò avvenga. I deputati deplorano le riduzioni di spesa proposte dal Consiglio e chiedono una maggiore cooperazione internazionale nella lotta al terrorismo. Sono anche trattati i temi della sicurezza degli approvvigionamenti energetici, delle migrazioni e della Corte penale internazionale, e illustrate le priorità nelle varie aree geografiche del mondo. Prendendo atto dell'esauriente relazione annuale presentata dal Consiglio, il Parlamento deplora che il Consiglio si limiti, finora, a presentare un elenco descrittivo delle attività PESC condotte l'anno precedente. Di conseguenza, è chiesto alla commissione giuridica di vagliare l'opportunità di adire la Corte di giustizia europea per imporre al Consiglio di consultare il Parlamento all'inizio dell'anno sugli aspetti principali e sulle scelte di base da compiere per quell'anno e di riferirgli in seguito se, e in caso affermativo, in quale modo è stato tenuto conto del suo contributo. La relazione del presidente della commissione per gli affari esteri, Elmar BROK (PPE/DE, DE), esorta inoltre il Consiglio a promuovere una politica estera e di sicurezza comune «molto più aperta, trasparente e responsabile», impegnandosi a presentarsi dinanzi alla commissione per gli affari esteri del Parlamento europeo per riferire su tutti i Consigli "Affari generali" e "Relazioni esterne" nonché su tutti i vertici ad alto livello con partner internazionali chiave. Finanziamento della PESC Il Parlamento ritiene che la posizione del Consiglio sulle Prospettive finanziarie 2007-2013 «non rifletta le ambizioni dell'UE come partner globale». Sono quindi deplorate le proposte riduzioni dei livelli di spesa per le azioni e politiche esterne, sia in termini assoluti che di percentuale sulla spesa globale. Detti tagli, infatti, danno «segnali sbagliati circa le priorità programmatiche dell'UE e la sua disponibilità ad operare con risultati positivi nel campo della PESC». E' poi raccomandato che l'accordo interistituzionale riveduto preveda che le spese comuni per le operazioni militari nell'ambito della PESD siano finanziate dal bilancio comunitario, non ricorrendo quindi più ai bilanci suppletivi degli Stati membri. Proposte specifiche su vari aspetti tematici per il 2006 I deputati chiedono che la strategia in materia di sicurezza dell'Unione europea venga aggiornata, mantenendone il duplice approccio civile/militare e i concetti fondamentali di impegno preventivo e multilateralismo efficace. La difesa interna, a loro parere, merita maggiore rilievo nel pensiero strategico europeo e la protezione delle frontiere esterne dell'Unione dovrebbe costituire un elemento importante. Inoltre, la gestione congiunta delle frontiere esterne dovrebbe diventare una parte essenziale della politica europea di vicinato e l'UE dovrebbe acquisire attrezzature comuni per la protezione delle sue frontiere esterne. Pur considerando come grandi minacce per la sicurezza dell'Unione il cambiamento climatico e la diffusione della povertà nel mondo, il Parlamento ritiene tuttavia che la proliferazione delle armi di distruzione di massa debba essere vista come la più grave minaccia per la sicurezza internazionale. Occorre quindi continuare a promuovere un'attuazione coerente della strategia dell'UE a livello internazionale in questo campo. A tal fine dovranno prevedersi le risorse finanziarie necessarie, e porre maggiormente l'accento sulle iniziative per il disarmo nonché sulle questioni relative alla non proliferazione, rafforzando i trattati multilaterali alla base dei regimi di non proliferazione. In proposito, i deputati si rammaricano «per l'incapacità dei principali Stati e governi di raggiungere, nel quadro dell'ONU, un accordo sulla firma di un trattato di non proliferazione delle armi nucleari». Il Parlamento sottolinea l'importanza del ruolo della NATO in relazione alla politica estera e di sicurezza europea ma anche l'interesse vitale per l'Unione europea di procedere ad un rafforzamento della governance globale, delle istituzioni internazionali e del valore del diritto internazionale. In tale contesto, i deputati ritengono che uno degli obiettivi chiave della PESC dovrebbe essere quello di coinvolgere la Cina, l'India e la Russia e pongono in luce «il ruolo insostituibile» che i partner transatlantici dovrebbero svolgere. Nel condannare fermamente gli attentati terroristici che hanno colpito Londra, i deputati ribadiscono che la lotta contro il terrorismo deve essere considerata come una delle priorità dell'Unione e come una componente fondamentale delle sue azioni esterne. Allo stesso tempo, riaffermano l'importanza del rispetto dei diritti umani e delle libertà civili. Sollecitando un rafforzamento della cooperazione internazionale nella lotta contro il terrorismo, è chiesto poi al Consiglio di informare e consultare pienamente la commissione per gli affari esteri e la commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni sulla questione della lista delle organizzazioni terroristiche. Nel riconoscere poi «l'importanza decisiva» delle azioni dell'Unione in materia di prevenzione dei conflitti e di consolidamento della pace, i deputati ribadiscono il loro impegno a lottare contro l'impunità per i crimini di guerra, i crimini contro l'umanità e altre gravi violazioni dei diritti umani, «anche rafforzando il ruolo della Corte penale internazionale». E' inoltre sottolineata l'urgente esigenza di bloccare la diffusione della povertà nel mondo, di lottare contro la stigmatizzazione e la discriminazione e di combattere le grandi malattie. Per quanto riguarda gli aspetti relativi alle migrazioni, inclusa la questione dell'immigrazione illegale, il Parlamento ritiene che essi debbano costituire un elemento molto rilevante dell'azione esterna dell'Unione, nelle sue relazioni sia con i paesi d'origine sia con quelli di transito. A Consiglio e Commissione è quindi chiesto di essere informato regolarmente in materia. L'Assemblea sottolinea l'importante dimensione di politica estera delle questioni di sicurezza energetica. Per tale motivo, raccomanda un aggiornamento delle politiche di sicurezza dell'Unione europea che presti un'attenzione particolare alla soluzione del problema della crescente dipendenza dell'Unione dall'energia e da altre forniture strategiche provenienti da paesi e regioni sempre più instabili. In tale contesto, dovranno essere posti in evidenza i possibili scenari futuri e andrà sottolineata la questione dell'accesso alle fonti alternative ed al loro sviluppo. Per di deputati, la recente interruzione e le riduzioni delle forniture di energia decise unilateralmente dalla Russia richiedono dall'UE «una risposta strategica». La Commissione è quindi invitata a presentare una Comunicazione che tratti gli aspetti di politica estera e di vicinato della politica in materia di energia. Dovrà poi tenersi conto delle preoccupazioni di taluni Stati membri per quanto concerne il loro approvvigionamento energetico, «dato che quest'ultimo può essere utilizzato come strumento politico». Priorità del Parlamento nelle varie aree geografiche per il 2006 Il Mediterraneo, il partenariato transatlantico, il Medio Oriente, i Balcani e l'Europa orientale nonché le situazioni di conflitto, la promozione della pace, la sicurezza in tutti i suoi aspetti, la prosecuzione della lotta contro il terrorismo, il disarmo e la non proliferazione delle armi di distruzione di massa, per i deputati, «devono restare al centro della PESC nel 2006». Inoltre, il Parlamento ritiene che gli allargamenti successivi dell'Unione e lo sviluppo di un'autentica politica europea di vicinato debbano rimanere tra le priorità dell'agenda politica dell'Unione nel 2006. D'altra parte, è deplorato che spesso le risoluzioni e le relazioni del Parlamento riguardanti le varie aree geografiche di interesse per l'Unione non siano state prese in considerazione dal Consiglio e dalla Commissione. I deputati chiedono inoltre che la clausola dei diritti umani e della democrazia sia estesa a tutti i nuovi accordi tra l'Unione europea e i paesi terzi e ritengono necessaria una maggiore partecipazione del Parlamento alla redazione dei mandati di negoziato relativi a tali accordi. La relazione sollecita il Consiglio a fare della prospettiva dell'UE per i Balcani una delle grandi priorità, in quanto la futura adesione dei paesi dei Balcani occidentali «rappresenterà un ulteriore passo verso la riunificazione dell'Europa». Per i deputati, poi, il Consiglio deve svolgere un ruolo attivo affinché si possa individuare una soluzione costruttiva, basata sul diritto internazionale e sulle pertinenti risoluzioni dell'ONU, per affrontare la questione del futuro status del Kosovo. Si tratterà, in particolare, di rispettarne l'integrità territoriale, definendo in modo adeguato i diritti delle minoranze, senza mettere a repentaglio tutta la politica dell'Unione nei confronti dei Balcani e contribuendo a consolidare la pace, la stabilità e la sicurezza nella regione. L'UE, inoltre, dovrebbe essere pronta ad assumere la responsabilità della missione di polizia nel Kosovo. In merito alla missione EUFOR in Bosnia ed Erzegovina, il Parlamento ritiene che la cooperazione con le Nazioni Unite vada sostanzialmente rafforzata e che quella con la NATO debba essere resa più efficace sulla base dell'esperienza acquisita nel corso delle recenti operazioni civili e militari dell'UE. Invita poi il Consiglio e la Commissione a svolgere un ruolo attivo nel processo di riforma costituzionale in atto nella Bosnia-Erzegovina. L'obiettivo dovrebbe essere di pervenire a un accordo fra le forze politiche e la pubblica opinione circa l'opportunità di andare oltre il quadro istituzionale previsto dagli accordi di Dayton, di snellire e razionalizzare l'attuale architettura istituzionale per creare uno Stato più efficiente e autosostenibile, anche nella prospettiva della futura integrazione europea, e di creare le condizioni per una democrazia rappresentativa che elimini le attuali divisioni etniche. L'attuale partenariato con la Russia, per il Parlamento, «è più pragmatico che strategico», poiché «riflette interessi economici comuni senza realizzare progressi nel settore dei diritti umani e dello Stato di diritto». A tale proposito si attende risultati concreti dalle consultazioni bilaterali recentemente avviate sui diritti umani e ritiene che un partenariato autentico debba innescare un vero processo di pace in Cecenia. Anche con la Cina è necessario migliorare le relazioni, in modo tale da compiere progressi non solo nel settore commerciale ed economico, ma anche sulle questioni relative ai diritti umani e alla democrazia. Altrimenti, deve essere mantenuto l'embargo sulle armi. Inoltre, occorre cooperare più strettamente in ambito OMC per risolvere i gravi problemi commerciali bilaterali e ottenere che la Cina rispetti le norme internazionali di tale organizzazione. Per quanto riguarda il Medio Oriente, la relazione chiede al Consiglio di rinnovare gli sforzi, nel contesto del Quartetto, per rilanciare i negoziati tra israeliani e palestinesi. I deputati, poi, accolgono con favore l'azione comune PESC relativa alla missione integrata dell'Unione europea sullo stato di diritto per l'Iraq e chiedono che ulteriori azioni siano finanziate a titolo del bilancio comunitario. Il Parlamento, inoltre, ribadisce l'invito all'Iran a adottare tutte le misure necessarie per riacquistare la fiducia della comunità internazionale, e «appoggia vigorosamente la posizione dell'AIEA». E' inoltre sottolineata la necessità che l'Unione e gli Stati Uniti collaborino strettamente in questo ambito e mantengano una politica coerente nei confronti dell'intera regione, incentrata sia sul popolo e sul regime iraniani sia sull'obiettivo finale, che è quello della democratizzazione del paese. Nella politica comunitaria nei confronti dell'Afghanistan nei prossimi anni, per i deputati, deve continuare a svolgere un ruolo di primo piano la promozione della solidarietà nazionale, della stabilità, della pace, della democrazia e di uno sviluppo economico svincolato dalla produzione di oppio. Dicendosi favorevoli all'espansione dell'ISAF, sotto comando NATO, sottolineano anche che la priorità attuale è quella di combattere il terrorismo e di garantire la sicurezza delle frontiere. Insistono quindi che questa missione sia effettuata nel quadro di un chiaro mandato dell'ONU. L'operazione "Enduring Freedom" condotta dagli Stati Uniti, inoltre, non deve fondersi con la missione di ricostruzione ISAF. Lo sviluppo dell'Africa, per il Parlamento, deve essere una priorità dell'azione esterna dell'Unione, la quale deve assumere un ruolo di guida nella promozione della pace, della stabilità, della prosperità, del buon governo (in particolar modo attraverso la lotta alla corruzione) e del rispetto dei diritti umani in tale regione. E' poi espressa profonda preoccupazione per il fatto che la comunità internazionale non sia in grado di reagire adeguatamente ai crimini di guerra e alle violazioni dei diritti umani su grande scala «che possono essere interpretati come un genocidio nel Darfur». Periodo di riflessione e scelte di base della PESC per il 2006 Per il Parlamento il periodo di riflessione sul processo di ratifica del trattato costituzionale rappresenta «un'ottima occasione per individuare ed esaminare ulteriormente eventuali carenze nei settori PESC/PESD» e per trovare il modo di farvi fronte in maniera adeguata, innanzitutto sfruttando appieno i trattati in vigore e, in secondo luogo, applicando, a tempo debito, le nuove disposizioni costituzionali. A tale riguardo, è deplorato l'atteggiamento di taluni Stati membri che, malgrado l'adozione della Costituzione da parte del Consiglio europeo, hanno fatto ricorso, per motivi interni, al diritto di veto su importanti questioni di politica estera. La PESC, per i deputati, non può essere ridotta a una semplice appendice delle politiche estere dei singoli Stati membri e, pertanto, tutti gli Stati membri dovrebbero agire in modo costruttivo in conformità dello spirito della Costituzione, per consentire all'UE di svolgere un ruolo efficace sulla scena mondiale. Link utili Relazione annuale del Consiglio Riferimenti
Elmar BROK (PPE/DE, DE) |
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Cuba liberi subito i prigionieri politici Il Parlamento ha adottato una risoluzione comune che sollecita il rilascio immediato dei prigionieri politici e reclama il rispetto delle libertà fondamentali a Cuba. Commissione e Consiglio devono poi adoperarsi affinché sia posto termine all'accanimento contro l'opposizione politica sull'Isola. I deputati chiedono inoltre alle autorità cubane di consentire ai premi Sacharov 2002 e 2005 - Oswaldo Payá Sardiñas e le "Damas de blanco" - di potersi presentare dinanzi al Parlamento. Sostenuta da PPE/DE, PSE, ALDE/ADLE, Verdi/ALE e UEN, la risoluzione comune è stata adottata con 560 voti favorevoli, 33 contrari e 19 astensioni. Essa, innanzitutto, deplora che le autorità cubane non abbiano dato i segnali significativi che l'Unione europea chiede da tempo per quanto concerne il pieno rispetto delle libertà fondamentali - in particolare della libertà di espressione e di associazione politica - e condanna pertanto «la recrudescenza della repressione, come anche l'aumento del numero di prigionieri di coscienza». Il Parlamento ritiene infatti «inconcepibile» che a Cuba continuino ad essere imprigionate persone sulla base dei loro ideali e dell'attività politica pacifica che conducono, e chiede il «rilascio immediato» di tutti i prigionieri politici di coscienza. In proposito, i deputati sottolineano che sono tuttora detenuti, «in condizioni subumane», decine di giornalisti indipendenti, dissidenti pacifici e difensori dei diritti dell'uomo appartenenti all'opposizione democratica, legati per la maggior parte al progetto Varela, e in alcuni casi gravemente malati. Pertanto, Consiglio e Commissione sono esortati a continuare ad adottare tutte le iniziative necessarie per esigere la liberazione dei prigionieri politici e porre immediatamente termine «all'accanimento contro l'opposizione politica e i difensori dei diritti dell'uomo». I deputati, inoltre, sottolineano che la questione del rispetto dei diritti dell'uomo dovrebbe essere sollevata, in particolare, da ogni visitatore di alto livello dell'Unione europea. Secondo l'Assemblea, tali fatti «deludono le aspirazioni di miglioramento delle relazioni fra l'Unione europea e Cuba», che rappresenta l'obiettivo principale dei cambiamenti apportati alle misure complementari della posizione comune del Consiglio. A quest'ultimo è quindi chiesto di agire di conseguenza. Visto anche che la difesa dell'universalità e dell'indivisibilità dei diritti dell'uomo, inclusi i diritti civili, politici, economici, sociali e culturali, «continua ad essere uno dei principali obiettivi dell'Unione europea». Il Parlamento condanna infine il divieto di spostamento imposto alle "Damas de blanco" nonostante fossero state espletate tutte le formalità necessarie per consentire la loro presenza alla cerimonia di consegna del Premio Sacharov 2005. Sollecita quindi le autorità cubane a permettere loro di lasciare immediatamente l'isola per accettare l'invito del Parlamento europeo. Lo stesso vale per il vincitore del Premio Sakharov 2002, Oswaldo Payá Sardiñas. Link utili
Dichiarazione del Consiglio sulle relazioni dell'Unione con Cuba
(13/5/2005) Riferimenti
Risoluzione
comune sulla posizione dell'UE nei confronti del governo cubano |
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Il Parlamento chiede azioni concrete di prevenzione e un approccio intransigente nei confronti di tutte le forme di violenza contro le donne. Per i deputati, vanno adeguatamente puniti gli stupri coniugali, i delitti d'onore e i responsabili delle mutilazioni genitali, che siano parenti o medici. Occorre anche assicurare una protezione e un'assistenza migliori alle vittime della violenza di genere, nonché monitorare attentamente il traffico di esseri umani attraverso tutte le frontiere. La violenza degli uomini contro le donne non costituisce solo un reato ma anche un grave problema per la società nonché una violazione dei diritti umani. E' quanto afferma la relazione d'iniziativa di Maria CARLSHAMRE (ADLE/ADLE, SE) - adottata dalla Plenaria con 545 voti favorevoli, 13 contrari e 56 astensioni - sottolineando che la violenza contro le donne è un fenomeno universale «collegato all'iniqua distribuzione del potere tra i generi che ancora caratterizza la nostra società». La relazione ricorda inoltre che una dichiarazione dell'ONU definisce la violenza contro le donne come "ogni atto di violenza fondata sul genere che abbia come risultato, o che possa probabilmente avere come risultato, un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, che avvenga nella vita pubblica o nel privato". Oltre all'adozione di misure a favore delle vittime della violenza, affermano i deputati, sono necessarie strategie proattive e preventive indirizzate ai perpetratori degli atti di violenza e a quelli a rischio di divenirlo, unitamente a «sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive». Gli Stati membri sono quindi esortati ad assicurare alle vittime il diritto ad un accesso sicuro alla giustizia e alla sua effettiva applicazione, anche prevedendo indennizzi. Dovrebbero inoltre adottare misure adeguate per assicurare una protezione e un'assistenza migliore. Intransigenza verso la violenza domestica Notando come la violenza degli uomini ai danni delle donne viene spesso perpetrata di nascosto, nel contesto domestico, e che tale situazione può sussistere per la mancanza di sanzioni adeguate da parte della società, il Parlamento raccomanda alla Commissione e agli Stati membri di adottare «un approccio intransigente» nei confronti di tutte le forme di violenza contro le donne. A tale riguardo chiede di riconoscere come reato la violenza sessuale coniugale e rendere punibile lo stupro all'interno del matrimonio. E' poi sottolineato che la violenza degli uomini contro le donne colpisce anche i bambini. La relazione, inoltre, ricorda che il Vicepresidente della Commissione europea Franco Frattini, nel suo discorso al Parlamento europeo il 21 giugno 2005, ha riferito che si valutano in almeno 700-900 le donne che muoiono in Europa ogni anno a causa della violenza dei loro partner e che tale cifra è da considerarsi sottovalutata. Uno studio su larga scala in Svezia, Germania e Finlandia mostra che almeno il 30-35% delle donne tra i 16 e i 67 anni sono state vittime, almeno una volta, di violenza fisica o sessuale. Facendo propri degli emendamenti proposti dal PSE, inoltre, il Parlamento ritiene che le donne vittime della violenza di genere dovrebbero essere considerate come «gruppi prioritari per l'accesso ai programmi per la concessione di case popolari». L'Assemblea chiede inoltre agli Stati membri di adottare misure adeguate per assicurare una protezione e un'assistenza migliori alle vittime della violenza di genere, sviluppando programmi di azione specifici in materia di occupazione a loro favore affinché possano inserirsi nel mercato del lavoro, garantendo così la loro indipendenza economica. Rifiuto dei delitti d'onore Vista la differenza tra i tipi di violenza secondo le tradizione culturali e l'origine etnica o sociale, l'Assemblea raccomanda agli Stati membri di non accettare alcun riferimento a pratiche culturali in casi di violenza contro le donne, delitti d'onore e mutilazioni genitali. Inoltre, nel considerare che i cosiddetti delitti d'onore nonché i matrimoni forzati sono una realtà anche nell'UE, sollecita gli Stati membri a adottare misure adeguate per promuovere l'azione penale nei confronti dei perpetratori dei delitti d'onore e dei loro complici. E' chiesto poi di sviluppare programmi e ricerche destinati a donne appartenenti a comunità con specificità culturali o a gruppi etnici minoritari, allo scopo di ottenere un prospetto delle forme particolari di violenza che subiscono, prevedendo metodi adeguati per affrontarli. L'Unione è quindi invitata ad affrontare il problema dei delitti d'onore, che è divenuto un problema europeo con implicazioni transfrontaliere, mentre il Commissario Franco Frattini dovrebbe dare seguito alla sua promessa di organizzare una conferenza europea in materia. Stop alle mutilazioni genitali femminili Prendendo atto della realtà europea riguardo alla mutilazione genitale femminile, la Plenaria invita gli Stati membri ad adottare misure adeguate per far cessare tale pratica, sottolineando che la prevenzione e il divieto della mutilazione genitale femminile e l'incriminazione dei perpetratori «devono divenire una priorità in tutte le politiche e i programmi pertinenti dell'UE». Inoltre, a tale riguardo, chiede alla Commissione di concepire un approccio strategico complessivo a livello europeo. I deputati esortano quindi l'applicazione di disposizioni legislative specifiche riguardanti la mutilazione genitale femminile, come il ritiro dell'autorizzazione ad esercitare nei confronti di medici che effettuano tale pratica e l'assicurazione che i genitori siano considerati giuridicamente responsabili quando vengono praticate mutilazioni dei genitali nei confronti di minori. Prostituzione Per i deputati, l'emarginazione e la povertà sono cause fondamentali della prostituzione e dell'aumento della tratta delle donne. È quindi chiesto di monitorare attentamente il traffico di esseri umani attraverso tutte le frontiere e di combattere l'idea secondo la quale la prostituzione è equiparabile allo svolgimento di un lavoro. Sensibilizzazione Per i deputati, un motivo importante per cui le donne non denunciano di essere vittime di violenza, oltre alla situazione economica, «è il mito tenace nella società che vede le donne responsabili della violenza o considera la questione di natura privata, nonché il desiderio di preservare il rapporto coniugale e la famiglia». Al fine di sollevare questo «velo di segretezza», chiedono quindi agli Stati membri di adottare misure volte a una sensibilizzazione collettiva e individuale sulla violenza contro le donne. Gli Stati membri, inoltre, sono invitati a sviluppare programmi di sensibilizzazione e di informazione del pubblico sulla violenza domestica e a ridurre gli stereotipi sociali sulla posizione delle donne nella società attraverso i sistemi di istruzione e i mezzi d'informazione. Alla Commissione, invece, è chiesto di istituire un programma "Lotta contro la violenza" quale parte separata del programma generale "Diritti fondamentali e giustizia" per il periodo 2007-2013. Statistiche affidabili Secondo i deputati, la violenza contro le donne rappresenta un fattore importante nel contesto del traffico di esseri umani ai fini di sfruttamento sessuale o di altro tipo e della prostituzione. In proposito, citano dei sondaggi secondo cui il 65-90% delle donne che si prostituiscono sono state vittime di aggressioni sessuali nell'infanzia o più tardi. Considerando che a livello dell'UE non è stato condotto alcuno studio dettagliato sui costi e sulle conseguenze sociali e umane della violenza contro le donne, è auspicata la creazione di metodologie, definizioni e criteri armonizzati, in cooperazione con l'Eurostat, l'Agenzia per i diritti fondamentali e il futuro Istituto europeo per l'uguaglianza di genere, al fine di raccogliere dati comparabili e compatibili in tutta l'UE. A tale riguardo, è ritenuta della massima importanza l'esistenza di statistiche affidabili sulle denunce presentate dalle donne alle forze dell'ordine sui trattamenti brutali ed inumani subiti, tanto più che, poiché le suddette denuncie non sono di solito verbalizzate se le autorità decidono di non darvi seguito, le statistiche sono attualmente inesatte e inaffidabili. Alla Commissione e agli Stati membri è quindi chiesto di stabilire un sistema unico di registrazione dei casi di maltrattamento, da parte di tutte le autorità competenti, quali le autorità giudiziarie e di polizia, gli ospedali e i servizi sociali, in modo da garantire una registrazione comune dei dati e migliorare le possibilità di utilizzarle. Molestie e violenze sessuali in Italia Da un'indagine realizzata dall'ISTAT nel 2002, risulta che oltre la metà delle donne di età compresa tra i 14 e i 59 anni ha subito almeno una molestia sessuale, un ricatto sessuale sul lavoro o una violenza, tentata o consumata, nel corso della vita (55,4%). Sono più di mezzo milione (520 mila), quelle che nel corso della loro vita hanno subito almeno una violenza tentata o consumata, ossia il 2,9% del totale delle donne di 14-59 anni. Inoltre, sono 373 mila (il 3,1%) le donne di 15-59 anni che nel corso della vita lavorativa sono state sottoposte a ricatti sessuali sul posto di lavoro: in particolare l’1,8% per essere assunte e l’1,8% per mantenere il posto di lavoro o avanzare di carriera. Gli autori delle violenze (tentate o consumate) sono soprattutto persone conosciute, se non addirittura intime, delle vittime: nel corso della vita, solo il 18,3% delle vittime è stata violentata da un estraneo e il 14,2% da un conoscente di vista. Per il resto sono gli amici ad essere più frequentemente i violentatori (23,5%), seguiti dai datori o colleghi di lavoro (15,3%), dai fidanzati/ex fidanzati (6,5%), dai coniugi/ex coniugi (5,3%). Nel caso poi delle sole violenze consumate, l’autore è un amico delle vittime addirittura nel 23,8% dei casi, il coniuge o il convivente (o l’ex coniuge/convivente) per il 20,2% e il fidanzato o l’ex fidanzato per il 17,4%, mentre le violenze da parte di estranei riguardano appena il 3,5% delle donne che hanno subito violenza sessuale. Soltanto il 7,4% delle donne che ha subito una violenza tentata o consumata nel corso della vita ha denunciato il fatto (9,3% negli ultimi tre anni). La quota di sommerso è dunque altissima. Le donne che hanno subito una violenza consumata hanno indicato maggiormente la paura di essere giudicate e non credute e la paura di essere trattate male e con poca riservatezza, la paura di non aver denunciato per imbarazzo, vergogna o per un senso di colpa. Le vittime, inoltre, riferiscono di non aver denunciato perché temevano per la propria incolumità o non volevano che il violentatore fosse mandato in prigione. Link utili
Comunicazione
della Commissione
- Diritti fondamentali e giustizia Riferimenti
Maria
CARLSHAMRE (ALDE/ADLE, SE) |
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Sì alla deregolamentazione dei formati degli imballaggi ma per meno prodotti. E' quanto sostiene il Parlamento con l'adozione della relazione riguardo alla proposta di direttiva sulle quantità nominali dei prodotti preconfezionati. Oltre che per il vino, l'alcol, il caffè e lo zucchero, i deputati ritengono infatti preferibile mantenere una limitazione del numero dei formati per la pasta secca, il riso, il burro e il latte, al fine di tutelare meglio i consumatori, soprattutto i più sfavoriti. Frutto di un'ampia consultazione dei settori interessati, la proposta ha l'obiettivo di abrogare una serie di norme introdotte a partire dagli anni '70 sui formati degli imballaggi e, quindi, sulle quantità nominali obbligatorie di numerosi articoli preconfezionati: prodotti alimentari, bevande, detergenti, vernici, mangimi, etc. Lo scopo è anche di consolidare in un solo atto quelle norme che resteranno in vigore per alcune merci. Si tratta di un ritorno al passato giustificato dalla necessità di rispondere meglio alle esigenze dei consumatori, garantendo loro maggiore scelta e permettendo lo sviluppo di nuovi prodotti e formati. Inoltre, attraverso la semplificazione legislativa e la riduzione delle formalità amministrative, si intende aumentare il gioco della concorrenza e la competitività delle imprese, soprattutto piccole e medie. Adottando in prima lettura della procedura di codecisione la relazione di Jacques TOUBON (PPE/DE, FR), il Parlamento amplia il numero di prodotti che devono continuare ad essere presentati in imballaggi preconfezionati con una capacità definita. Ai vini, alle bevande alcoliche, al caffè solubile e allo zucchero bianco, sono infatti aggiunte le paste secche alimentari, il riso, il latte, il burro, il caffè torrefatto (macinato o non macinato, anche decaffeinato) e lo zucchero bruno. Più in particolare, le paste alimentari secche ed il riso dovranno essere venduti solamente in confezioni di 125, 250 e 500 grammi e di 1, 1.5, 2, 3, 4, 5 e 10 chili. Queste limitazioni, per i deputati, sono giustificate da uno studio d'impatto che dimostrerebbe come una deregolamentazione che porterebbe ad una riduzione delle marche proposte e, quindi, della scelta, condurrebbe svantaggi notevoli per i consumatori più vulnerabili (anziani, malvedenti, disabili). Nel caso del latte, i deputati ritengono che la liberalizzazione dei formati rischia di ingannare i consumatori inducendoli ad acquistare bottiglie meno care senza accorgersi che il volume è inferiore. Per tale motivo, dovrà essere venduto in confezioni di 100, 200, 250, 500 e 750 millilitri oppure da un litro o un litro e mezzo. Il Parlamento, peraltro, precisa che la direttiva non si applica ai prodotti venduti nei duty free e nemmeno al pane preconfezionato, ai grassi spalmabili e al tè «cui continuano ad applicarsi le disposizioni nazionali sulle quantità nominali». Secondo i deputati, infatti, visto che il confezionamento di cibi di prima necessità differisce molto spesso a seconda dello Stato membro, è importante tutelare i consumatori mantenendo le attuali norme nazionali sulle quantità nominali. Inoltre, con una totale deregolamentazione, spiegano i deputati, i costi per le piccole e medie imprese che cercano di competere con i supermarket e le società più grandi sarebbero probabilmente sproporzionati e in taluni casi proibitivi. La soluzione proposta, invece, dovrebbe consentire di mantenere le norme nazionali sugli imballaggi, senza impedire le importazioni di prodotti preconfezionati, di qualsiasi peso o volume, provenienti da altri paesi UE. La Commissione europea propone che tali deroghe restino valide per 20 anni. I deputati, invece, ritengono che sia più appropriato introdurre una clausola di revisione applicabile la prima volta dopo otto anni (e successivamente ogni dieci), dal momento che oggi non si può sapere quali saranno le condizioni di mercato in un'epoca così lontana. Background L'armonizzazione delle norme nazionali sulle quantità nominali dei prodotti preconfezionati è attualmente facoltativa sul mercato nazionale ma obbligatoria per i prodotti di esportazione. D'altra parte, la storica sentenza della Corte di giustizia sul Cassis de Dijon impone agli Stati membri di accettare nei propri mercati i prodotti legalmente fabbricati e commercializzati in un altro Stato membro. Inoltre, l'introduzione del prezzo per unità di misura, dalla fine degli anni '90, permette ai consumatori di paragonare i prezzi al litro e al chilo di tutti i prodotti proposti in diversi formati. La proposta della Commissione abroga quindi tutte le dimensioni degli imballaggi attualmente in vigore a titolo dell’armonizzazione facoltativa disciplinata dalle direttive 75/106/CEE e 80/232/CEE e mantiene in settori molto specifici alcune delle norme vigenti fondate sull’armonizzazione totale, escludendo quindi le disposizioni nazionali e vietando agli Stati membri di legiferare in materia. Le dimensioni obbligatorie si mantengono in alcuni settori, ma sono introdotte alcune modifiche. Link utili Riferimenti
Jacques TOUBON (PPE/DE, FR) |
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Nove ore di guida al giorno e cinquantasei settimanali, tachigrafi digitali obbligatori, ma anche pause e periodi di riposo regolari e controlli più frequenti. E' quanto prevede la nuova normativa in materia sociale nel settore dei trasporti, assieme a un elenco delle violazioni comuni, che si applicherà presto nell'UE. Il Parlamento ha infatti approvato l'accordo con il Consiglio che attualizza e semplifica le attuali norme per garantire parità di concorrenza e una migliore sicurezza stradale. I provvedimenti adottati dal Parlamento hanno lo scopo di attualizzare e semplificare la normativa relativa all'armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada nonché di definire le norme minime per la loro applicazione. Lo scopo ultimo è di pareggiare le condizioni di concorrenza fra i diversi modi di trasporto terrestre, in particolare quello su strada, nonché di migliorare le condizioni di lavoro e la sicurezza stradale. Facendo propri i suggerimenti del relatore di Helmuth MARKOV (GUE/NGL, DE), il Parlamento ha approvato quindi i testi comuni definiti a seguito dei negoziati con il Consiglio in sede di comitato di conciliazione. Sul regolamento, le principali divergenze riguardavano l'uso dei tachigrafi digitali, le pause e i periodi di riposo, la definizione del tempo di guida e il trasporto internazionale. In merito alla direttiva, i principali punti di discordia tra il Parlamento e il Consiglio erano l'armonizzazione delle sanzioni in caso di infrazione alla legislazione, la frequenza dei controlli e il riferimento alla direttiva sull'organizzazione dell'orario di lavoro. Armonizzazione delle norme sociali Il regolamento si applica al trasporto su strada di merci, effettuato da veicoli di massa massima ammissibile, compresi eventuali rimorchi o semirimorchi, superiore a 3,5 tonnellate, e a quello di passeggeri effettuato da veicoli che, in base al loro tipo di costruzione e alla loro attrezzatura, sono atti a trasportare più di nove persone compreso il conducente e destinati a tal fine. Sono però previste delle deroghe, ad esempio, per i veicoli di proprietà delle forze armate o per quelli usati in operazioni di emergenza e salvataggio oppure adibiti a usi medici. "Periodo di guida", "tempo di guida" e "altre mansioni" Il periodo di guida giornaliero non deve superare 9 ore, ma può essere esteso di un'ora non più di due volte nell'arco della settimana. Quello settimanale, poi, non deve superare 56 ore. Il periodo di guida complessivamente accumulato in un periodo di due settimane consecutive, inoltre, non potrà superare 90 ore. In ogni caso, la durata massima del lavoro settimanale, stabilita dalla direttiva 2002/15, non potrà superare il limite di 60 ore. Il Parlamento ha convinto il Consiglio ad inserire una nuova definizione di "tempo di guida" che, associata a quella di "altre mansioni", tiene conto dell'affaticamento dei conducenti e contribuisce a favorire una maggiore sicurezza stradale. Infatti, contabilizza come "altre mansioni" il tempo speso da un conducente a guidare un veicolo che non rientra nel campo d'applicazione del regolamento (la sua vettura personale, per esempio) per recarsi, o per tornare, al veicolo che userà nell'ambito del suo lavoro. Pause e periodi di riposo La frequenza della pause sarà aumentata. Il compromesso raggiunto, prevede infatti che dopo ogni periodo di quattro ore e mezza il conducente dovrà osservare un'interruzione di almeno 45 minuti consecutivi, a meno che non inizi un periodo di riposo. Questa interruzione, tuttavia, può essere sostituita da un'interruzione di almeno 15 minuti, seguita da un'altra di almeno 30 minuti, intercalate sul periodo di guida in modo da assicurare l'osservanza della regola generale. Un'intesa è stata poi trovata sulla definizione di "periodo di riposo giornaliero regolare": ogni periodo di riposo ininterrotto di almeno 11 ore. In alternativa, il riposo giornaliero regolare può essere preso in due periodi, il primo dei quali deve essere di almeno 3 ore senza interruzione e il secondo di almeno 9 ore senza interruzione. Al riguardo, il Parlamento era favorevole a fissarlo a 12 ore, ma ha accettato la posizione del Consiglio per agevolare il raggiungimento di un accordo globale. Altre disposizioni prendono in considerazione periodi di riferimento più lunghi che consentono, entro certi limiti, di rendere più flessibile l'applicazione della norma. Il tempo impiegato dal conducente per rendersi sul luogo ove prende in consegna un veicolo, o per ritornarne se il veicolo non si trova nel luogo di residenza del conducente né presso la sede di attività del datore di lavoro da cui egli dipende, non è considerato come periodo di riposo o interruzione, a meno che il conducente si trovi su una nave traghetto o un convoglio ferroviario e disponga di una branda o di una cuccetta. Tachigrafi digitali L'accordo prevede che, entro 20 giorni dalla pubblicazione del regolamento, tutti i veicoli nuovi messi in circolazione per la prima volta dovranno essere equipaggiati di un tachigrafo digitale, di più difficile falsificazione. I conducenti, inoltre, dovranno possedere una carta intelligente (smart card). Visti i tempi tecnici, le nuove disposizioni dovrebbero entrare in vigore nel mese di maggio 2006. Accordo AETR Per quanto riguarda il campo d'applicazione territoriale del regolamento in relazione all'Accordo europeo rispetto alle prestazioni lavorative degli equipaggi dei veicoli addetti ai trasporti internazionali su strada (AETR), Consiglio e Parlamento hanno convenuto che i veicoli immatricolati in un paese terzo che non è parte dell'AETR dovranno conformarsi lo stesso alle sue disposizioni, e non a quelle del regolamento, quando si spostano all'interno dell'Unione. Tuttavia, è stato anche deciso che le disposizioni dell'AETR dovranno essere allineate a quelle del regolamento, affinché quest'ultimo possa essere applicato a tali veicoli sui tragitti comunitari. In una dichiarazione, la Commissione e il Consiglio si sono impegnati a raggiungere questo obiettivo entro due anni dall'entrata in vigore del regolamento. Se ciò non fosse possibile, la Commissione proporrà misure idonee per affrontare la situazione. Applicazione delle disposizioni in materia sociale La direttiva chiede agli Stati membri di istituire un sistema di controlli «adeguati e regolari» dell'applicazione corretta e coerente delle disposizioni su descritte, sia su strada che nei locali delle imprese di tutte le categorie di trasporti. Controlli minimi Il Consiglio ha ceduto alle insistenze del Parlamento volte ad aumentare i controlli effettuati dagli Stati membri. Dal 2008 saranno quindi pari ad almeno il 2% dei giorni lavorativi dei conducenti e, del 2010, ad almeno il 3%. Il Consiglio proponeva il 2% nel 2009 e il 3% nel 2011. La Commissione, inoltre, sarà autorizzata ad elevare la percentuale fino al 4%, a partire dal 2012. È stato altresì concordato che almeno il 15% dei giorni lavorativi oggetto di verifica saranno sottoposti a controlli stradali e almeno il 30% a controlli presso la sede delle imprese. A partire dal 2008 tali cifre saranno aumentate rispettivamente al 30% e al 50%. I controlli saranno pertanto eseguiti principalmente presso la sede delle imprese, dove è possibile compiere ispezioni più accurate di quelle stradali. I controlli su strada, peraltro, saranno realizzati in luoghi diversi e a qualsiasi ora e dovranno coprire una rete stradale sufficientemente ampia per rendere più difficile evitarli. I giorni di lavoro, poi, saranno controllati con un sistema di rotazione casuale, per garantire il necessario equilibrio geografico. Violazioni comuni ma senza armonizzazione delle sanzioni Il Consiglio non ha accettato alcun riferimento all'armonizzazione delle sanzioni, sostenendo che queste ultime rientravano nella potestà degli Stati membri. Ciononostante, su insistenza del Parlamento, il Consiglio ha accettato di includere nell'allegato alla direttiva un elenco non esaustivo di violazioni comuni, che rispecchia gli elementi principali presenti nell'emendamento del Parlamento. Tra le violazioni contenute nell'elenco figurano il superamento dei periodi massimi di guida giornalieri, settimanali o quindicinali, la mancata osservanza del periodo di riposo minimo giornaliero o settimanale, la mancata osservanza della pausa minima nonché la mancata ottemperanza, per quanto attiene al tachigrafo, dei requisiti stabiliti dalla normativa UE. La Commissione si è inoltre impegnata in una dichiarazione a fornire, in futuro, un elenco maggiormente dettagliato, che integrerà le violazioni summenzionate con limiti di valore specifici, il cui superamento costituirà una violazione grave. Direttiva 2002/15/CE sull'organizzazione dell'orario di lavoro per gli autotrasportatori Questo aspetto ha costituito il principale ostacolo al raggiungimento di una soluzione negoziale. Il Consiglio ha continuato a difendere la propria posizione comune, rifiutando di inserire un collegamento alla direttiva sull'orario di lavoro 2002/15/CE che avrebbe permesso alle autorità di controllo degli Stati membri di eseguire ispezioni per verificare se i limiti all'orario di lavoro, fissati dalla direttiva, fossero stati rispettati, consentendo, ad esempio, di tenere conto dell'affaticamento dei conducenti provocato dalle operazioni di carico e scarico dei veicoli. Tutte le proposte di compromesso avanzate dalla delegazione del Parlamento europeo sulla questione sono state respinte dal Consiglio. Alla fine le due istituzioni hanno concordato di porre l'accento, in un considerando della direttiva, sull'importanza della direttiva sull'orario di lavoro per la creazione di un mercato comune della sicurezza stradale e delle condizioni di lavoro. È stato inoltre aggiunto un nuovo considerando, il quale afferma che sarebbe opportuno affrontare, attraverso l'applicazione della direttiva sull'orario di lavoro, il problema dei rischi derivati dall'affaticamento dei conducenti. Accordo AETR In seguito all'accordo raggiunto con il Consiglio sull'ambito territoriale di applicazione del regolamento rispetto all'AETR, il Parlamento ha accettato di ritirare il proprio emendamento equivalente alla proposta di direttiva. Le controparti hanno inoltre concordato l'avvio di negoziati tra la Comunità e i paesi terzi interessati in merito all'applicazione di norme equivalenti a quelle stabilite nella direttiva. In attesa della conclusione di tali negoziati, gli Stati membri riporteranno nelle comunicazioni alla Commissione i dati relativi ai controlli eseguiti sui veicoli di paesi terzi. La Commissione e gli Stati membri hanno inoltre ribadito in una dichiarazione congiunta l'intenzione di compiere ogni sforzo possibile per garantire che, entro 2 anni dall'entrata in vigore della direttiva, le disposizioni dell'AETR siano ravvicinate a quelle della direttiva. In caso contrario la Commissione proporrà azioni idonee a risolvere la questione. Link utili
Testo comune del regolamento del Parlamento europeo e del
Consiglio relativo all'armonizzazione di alcune disposizioni in
materia sociale nel settore dei trasporti su strada e che modifica i
regolamenti (CEE) n. 3821/85 e (CE) n. 2135/98 del Consiglio e
abroga il regolamento (CEE) n. 3820/85 Riferimenti
Helmuth
MARKOV (GUE/NGL, DE) |
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Il Parlamento ha adottato una risoluzione che chiede il miglioramento dei controlli sulla spesa comunitaria. Questo compito, per i deputati, spetta innanzitutto agli Stati membri che devono assumersi la piena responsabilità dei fondi messi loro a disposizione. In tale contesto, è sottolineata l'importanza delle dichiarazioni nazionali, la cui assenza compromette il raggiungimento di un accordo sulle nuove prospettive finanziarie. La risoluzione ricorda innanzitutto che il Parlamento aveva già proposto che a ogni Stato membro fosse imposto di presentare una dichiarazione formale di trasparenza ex ante e una dichiarazione annuale di affidabilità ex post per quanto riguarda il proprio uso dei finanziamenti comunitari. La Corte dei conti europea, infatti, ha potuto dimostrare chiaramente che i principali problemi per quanto riguarda la legalità e la regolarità delle varie transazioni si trovano soprattutto a livello degli Stati membri. I deputati esprimono quindi la loro soddisfazione per il sostegno dato dalla Commissione ai nuovi strumenti proposti e riconoscono che l'Esecutivo ha deciso che la questione della garanzia senza riserve sia una delle sue priorità strategiche per il periodo fino al 2009. Il Parlamento, d'altra parte, si dice fermamente convinto che non occorrano più controlli ma che sia necessario migliorare quelli esistenti e che la garanzia debba essere principalmente a carico degli Stati membri e non essere concessa tramite maggiori controlli in loco da parte della Commissione. Inoltre, i deputati ritengono che, senza forti progressi verso un'effettiva attuazione da parte degli Stati membri di sistemi di verifica e di controllo e senza un fermo impegno mirante ad affrontare le carenze identificate in tali sistemi, la Commissione non sarà in grado di ottenere informazioni adeguate in merito alla legalità e alla regolarità delle transazioni. Le dichiarazioni a livello nazionale, per i deputati, sono invece uno strumento importante e semplice per migliorare l'esecuzione dei sistemi di verifica e di controllo e sono essenziali per aumentare la responsabilità degli Stati membri. Sottolineano inoltre che il principio fondamentale auspicato dal Parlamento è che le competenti autorità politiche nell'ambito degli Stati membri «assumano una completa responsabilità per i fondi messi a loro disposizione». Nel richiamare l'attenzione sulla «massima importanza» di un'effettiva applicazione dei sistemi di verifica e di controllo, il Parlamento ritiene poi che sia impossibile realizzare una dichiarazione di garanzia senza riserve in assenza di miglioramenti significativi per quanto riguarda l'esecuzione dei sistemi di verifica e di controllo degli Stati membri. Nelle attuali circostanze, deplora quindi che continueranno le critiche sul bilancio UE e sul modo in cui gli stanziamenti vengono utilizzati da "Bruxelles". E' infine ricordato che, in mancanza delle dichiarazioni nazionali richieste, il Parlamento avrebbe difficoltà ad accettare un nuovo accordo interistituzionale sulle nuove prospettive finanziarie per il periodo 2007-2013. Il Consiglio è quindi invitato a rivedere le sue conclusioni dell'8 novembre 2005, al fine di aprire la strada a un dialogo costruttivo con il Parlamento sulle nuove prospettive finanziarie e allo scopo di stabilire sistemi efficaci di verifica e di controllo sulla spesa UE negli Stati membri, «che in fin dei conti è quello i contribuenti europei si aspettano». Link utili Risoluzione del Parlamento europeo (12 aprile 2005) - Discarico 2003: Sezione III del bilancio generale Riferimenti
Risoluzione
sulle dichiarazioni nazionali di gestione |
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A seguito dell'interrogazione orale della commissione per la pesca al Consiglio e del relativo dibattito in Aula, il Parlamento ha adottato una risoluzione che sollecita l'adozione delle misure applicabili alle risorse di pesca del Mediterraneo. I deputati, infatti, deplorano vivamente l'atteggiamento passivo del Consiglio su questo argomento. Il Parlamento ricorda di aver già da tempo adottato una relazione sulla proposta di regolamento relativa alle misure di gestione per lo sfruttamento delle risorse di pesca nel Mar Mediterraneo, frutto di un compromesso conseguito grazie a una stretta collaborazione con la Commissione. Ciononostante, il Consiglio non ha ancora adottato alcuna decisione in materia. L'Assemblea, pertanto, esprime preoccupazione per «l'atteggiamento passivo» dei Ministri, che è interpretato come «una mancanza di interesse per il Mar Mediterraneo», il quale, invece, dal punto di vista della pesca, «è riconosciuto come una delle regioni più varie e complesse sotto il profilo sia biologico che ecologico, sociale ed economico». Inoltre, se non verrà adottata rapidamente alcuna decisione, ammoniscono i deputati, c'è il rischio che non vengano rispettati gli obblighi internazionali di gestione della pesca dell'UE, in particolare nel settore delle ORP per il Mediterraneo (CGPM e ICCAT). Le sole misure di gestione applicabili attualmente alla pesca nel Mar Mediterraneo, è inoltre ricordato, risalgono al 1994, mentre per gli altri mari dell'Unione esistono misure che consentono una pesca responsabile. Per i deputati, ciò ha creato un'evidente discriminazione tra i pescatori europei, anche in considerazione dell'assenza di un regolamento specifico per il Mediterraneo. Di conseguenza, chiedono al Consiglio di provvedere affinché siano adottate «quanto prima» le misure di gestione applicabili alle risorse alieutiche del Mediterraneo. Link utili
Relazione del Parlamento europeo - Sfruttamento sostenibile
delle risorse della pesca nel Mediterraneo Riferimenti
Risoluzione
sull'adozione di misure di gestione applicabili alle risorse
alieutiche del Mediterraneo |
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Aprendo la seduta il Presidente BORRELL ha espresso il cordoglio del Parlamento per le vittime del disastro aereo che ha colpito 42 militari slovacchi di ritorno da una missione di pace in Kosovo e per le persone decedute o disperse a seguito del crollo del tetto di una struttura fieristica in Polonia. Ha poi informato che ha indirizzato una lettera di condoglianze a entrambi i governi e le bandiere dei due paesi sono state poste a mezz'asta. L'Aula ha quindi osservato un minuto di silenzio. Altri documenti approvati
I risultati
delle votazioni sono consultabili sul
sito del Servizio Stampa del Parlamento europeo. |
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Ordine del giorno 13 - 16 febbraio 2006 Strasburgo Lunedì 13 febbraio 2006 (17:00 - 22:00)
Martedì 14 febbraio 2006 (9:00 - 11:50, 15:00 - 17:00, 21:00 - 24:00)
(12:00 - 13:00 ) Votazione
(15:00 - 17:00)
(17:00 - 17:30)
(17:30 - 19:00)
Mercoledì 15 febbraio 2006 (9:00 - 11:20, 15:00 - 17:30)
(11:30 - 12:00) Votazione
(12:00 - 12:30)
(12:30 - 13:00) Seguito della votazione
(17:30 - 19:00)
21:00 - 24:00)
Giovedì 16 febbraio 2006 (10:00 - 13:00, 15:00 - 16:00) Votazione
(16:00 - 17:00)
(17:00 - 18:00) Votazione
L'ordine del giorno può subire modifiche. |
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Codici delle procedure parlamentari
Abbreviazioni - Gruppi politici: vedere di seguito
Gruppi politici
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Deputati uscenti: Ursula STENZEL (PPE/DE, AT) con effetto dal 1° febbraio 2006 Deputati entranti:
Glenis
WILLMOTT (PSE, UK) con effetto dal 1° gennaio 2006 |
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