Risoluzione sulla revisione a medio termine della Strategia di Lisbona
Doc.:
B6-0186/2005
Procedura: Risoluzione
Dibattito: 9.3.2005
Votazione: 9.3.2005
Votazione
Nei prossimi cinque
anni la Strategia di Lisbona dovrà essere la priorità assoluta dell’Unione
europea. E’ quanto chiedono i deputati con la risoluzione adottata a larga
maggioranza a seguito del dibattito tenutosi poco prima sulla revisione
della Strategia (514 voti favorevoli, 110 contrari e 20 astensioni). La
crescita sostenibile e l’occupazione rappresentano i principali obiettivi,
mentre per rafforzare i risultati dell’economia europea è anche essenziale
disporre di una politica sociale e ambientale forte e ben concepita.
Riforme strutturali,
flessibilità del mercato del lavoro, stabilità finanziaria e finanze
pubbliche sane, promozione dello spirito imprenditoriale, semplificazione
del sistema fiscale, sono i principali elementi della «ricetta» suggerita
dal Parlamento. Una ricetta che prevede anche l'ammodernamento dei regimi di
sicurezza sociale, lo sviluppo del mercato unico dei servizi - con
un'attenzione particolare a quelli di interesse generale e alla società
dell'informazione - il completamento delle reti transeuropee, il sostegno ai
giovani e il raddoppio dei fondi destinati alla Ricerca.
Con lo scopo di
definire la posizione del Parlamento europeo in vista del Vertice di
Primavera del 22 e 23 marzo, la risoluzione sollecita uno sforzo
supplementare verso il completamento del mercato interno, sostenendo che il
successo della Strategia dipende anche dalle riforme strutturali da attuare
negli Stati membri. Tali riforme sono infatti considerate «indispensabili al
mantenimento del modello sociale europeo».
Gli obiettivi
economici, sociali e ambientali, secondo i deputati, possono essere
conseguiti garantendo un contesto macroeconomico sostenibile orientato alla
crescita. Ciò è da essi considerata la premessa per la competitività
internazionale. Di detto contesto, osserva il Parlamento, «fanno parte
un'evoluzione dinamica dell'economia e del mercato del lavoro, nonché una
moneta stabile, la riduzione dell'indebitamento pubblico e dei disavanzi
statali, così come un consolidamento sostenibile della previdenza per gli
anziani». Occorre poi promuovere lo spirito imprenditoriale, una cultura di
disponibilità al rischio nonché l'iniziativa e la responsabilità
individuali. Inoltre, è necessario che la legislazione con incidenza
sull'economia sia «trasparente e non burocratica», mentre il sistema fiscale
dovrebbe essere semplice ed equo. La politica economica, poi, deve avere un
«elevato grado di prevedibilità».
Vanno poi promosse
«l'imprenditorialità, la cultura del rischio e l'iniziativa privata» e
mantenuto «comprensibile il quadro normativo che disciplina l'attività
economica evitando che esso sia di ostacolo a quest'ultima». Infine, è
necessario prevedere «un sistema fiscale semplice, equo e quanto meno
oneroso possibile» e garantire un elevato livello di coerenza in politica
economica.
Parallelamente, la
Strategia deve portare ad un mercato del lavoro che «stimoli il dinamismo e
la sicurezza», deve ammodernare i regimi di sicurezza sociale senza
indebolirli, deve considerare le norme sociali e ambientali elevate come un
elemento del modello europeo di concorrenza. La proposta di risoluzione,
poi, nell’evidenziare la necessità di completare il mercato unico nel
settore dei servizi, sottolinea anche il ruolo dei servizi d’interesse
generale nella promozione dell’inserzione sociale, della coesione
territoriale e di un mercato unico efficace. Il Vertice di Primavera è
quindi invitato ad impegnarsi nella definizione di un quadro giuridico sui
servizi d’interesse generale per «garantirne la qualità e l'accesso da parte
di tutti gli europei», nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di
proporzionalità. I deputati, inoltre, chiedono ulteriori sforzi per
eliminare la povertà entro il 2010.
La risoluzione,
inoltre, in diversi punti affronta argomenti specifici. In particolare, essa
chiede nuove iniziative volte a creare un ambiente favorevole alle imprese e
a sviluppare la società dell’informazione. Ma sono anche sollecitati anche
la presentazione di una nuova iniziativa volta a garantire eque condizioni
di concorrenza fra tutti gli operatori e tutte le forme di energia, nonché
il rapido completamento delle reti transeuropee, così come l’aumento del
sostegno alle tecnologie e alle innovazioni «verdi». Il Parlamento ritiene
che un accordo soddisfacente sulla nuova legislazione REACH «fornirebbe un
buon esempio del funzionamento della Strategia di Lisbona».
La risoluzione,
inoltre, «riconosce il valore aggiunto unico» che la politica regionale
rappresenta nell’attuazione degli obiettivi di Lisbona e ricorda che sono
necessari mezzi finanziari adeguati per rilevare questa sfida efficacemente.
Pertanto, insiste affinché le prospettive finanziarie 2007-2013 riflettano
tale ruolo. D'altra parte, le spese agricole destinate allo sviluppo rurale
e, in particolare, alla formazione dei giovani agricoltori, rappresentano
per i deputati un aspetto essenziale della Strategia di Lisbona.
Il Parlamento chiede
poi alla Commissione di proporre strategie che consentano il miglioramento
del funzionamento dei mercati del lavoro. In tale contesto, precisa che un
loro funzionamento più flessibile deve mirare ad un aumento delle
possibilità di trovare un'occupazione, con speciale attenzione alle esigenze
specifiche delle PMI. Inoltre, insistendo particolarmente sul sostegno ai
giovani, pone l’accento sull’istruzione e sulla formazione. D'altra parte i
deputati invitano l'Esecutivo e gli Stati membri a sviluppare necessarie
misure, «di ampio respiro», a sostegno di piani pensionistici a
capitalizzazione che siano complementari a quelli esistenti.
Anche la Ricerca ha un
ruolo importante da giocare nella Strategia di Lisbona. La risoluzione
sottolinea quindi che gli Stati membri dovrebbero impegnarsi ad aumentare la
loro spesa per la ricerca fino al 3% del reddito nazionale (2% a favore del
settore privato e 1% per quello pubblico). Questo obiettivo andrebbe
raggiunto attraverso il raddoppio dei fondi europei dedicati alla ricerca e
con l’istituzione del Consiglio Europeo della Ricerca. D’altra parte,
andrebbero intensificati gli sforzi volti a proporre un brevetto UE
«efficace dal punto di vista dei costi, meno oneroso e ben funzionante», che
offra certezza giuridica e maggiori possibilità alle PMI, stimolando
veramente la ricerca e lo sviluppo in Europa.
I deputati chiedono
poi che tutte le proposte legislative siano conformi agli obiettivi di
Lisbona. Andrebbero inoltre utilizzati indicatori meno numerosi, ma «di
migliore qualità», volti a verificare i progressi economici, sociali e
ambientali. In tale ambito, suggeriscono la definizione di una banca dati
accessibile al pubblico che indichi «il tasso di recepimento» da parte di
ciascuno Stato membro delle norme relative alla Strategia di Lisbona, nonché
i parametri di riferimento e le migliori pratiche per i programmi
cofinanziati.
Infine, la risoluzione
insiste sulla necessità che, sull’Agenda di Lisbona, vi sia una forte
collaborazione tra il Parlamento europeo e la Commissione e tra il primo e i
parlamenti nazionali. Ma anche la partecipazione delle autorità regionali e
locali è essenziale per il successo del progetto. Ricordando la conferenza
interparlamentare prevista per il 16 e il 17 marzo, la risoluzione invita
quindi il Vertice a presentare una proposta per rafforzare la dimensione
parlamentare della Strategia di Lisbona.
Interventi a nome dei
gruppi
Hans-Gert
POETTERING (PPE/DE, DE) ha sottolineato l'importanza del dibattito e
ringraziato tutti colori che vi hanno partecipato. Per il leader dei
popolari, le priorità sono la crescita e il lavoro e, in tale contesto, è
necessario recuperare il gap di competitività con i principali
concorrenti, primi fra tutti gli USA. A sostegno della sua tesi ha quindi
proceduto ad un paragone di alcuni indicatori socioeconomici tra l'Unione e
gli Stati Uniti - produttività per occupato, tasso di occupazione degli
anziani, spesa per la ricerca - dove l'Europa risulta sempre indietro.
Il deputato ha quindi
evidenziato alcuni punti della risoluzione sulla Strategia di Lisbona che il
suo gruppo sostiene. In particolare ha insistito sulla promozione
dell'imprenditorialità, della cultura del rischio e dell'iniziativa privata,
attraverso la creazione di un ambiente economico favorevole, accompagnato da
un sistema fiscale giusto. A livello macroeconomico, inoltre, bisogna
puntare alla crescita garantendo finanze pubbliche sane mentre la riforma
del Patto di stabilità deve restare un elemento fondamentale del sistema.
Il rappresentante dei
popolari ha quindi concluso che solo muovendosi verso una flessibilità
dell'economia, verso le riforme strutturali e la riduzione della burocrazia,
si potranno promuovere la solidarietà e una politica sociale ragionevole e
lungimirante.
Martin SCHULZ (PSE,
DE) ha esordito sottolinenando che la realizzazione degli obiettivi di
Lisbona non dev'essere solo il progetto principale della Commissione, ma di
tutte le Istituzioni e, soprattutto degli Stati membri. Si tratta, infatti,
di un progetto globale al quale tutti devono contribuire. A tal fine è
necessario che i cittadini capiscano che la Strategia di Lisbona rappresenta
un progetto per rafforzare il modello sociale europeo.
Le priorità
dell'Unione sono cambiate rispetto alle origini, ha proseguito l'oratore, ed
è necessario che ai cittadini sia ben chiaro qual è il valore aggiunto
europeo nell'affrontare le sfide globali. I socialdemocratici, ha aggiunto,
condividono la Strategia ma, non avendo ancora prodotto gli effetti sperati,
occorre compiere progressi. Attraverso la risoluzione in votazione, ha
quindi sottolineato, il Parlamento si associa alle altre Istituzioni ma sono
soprattutto gli Stati membri che «devono fare la loro parte».
Il deputato ha quindi
insistito sul nesso esistente tra le Prospettive finanziarie e la Strategia
di Lisbona, stigmatizzando la linea di chi dice voler raggiungere gli
obiettivi con meno risorse. La Commissione, ha aggiunto, deve essere ferma e
determinata nel sostenere che gli obiettivi delle Prospettive finanziarie
devono essere funzionali alla Strategia. Migliorare la legislazione,
sostenere le PMI, proteggere l'ambiente, garantire prodotti di qualità ed
aumentare la competitività, ha quindi concluso, sono elementi che hanno lo
scopo di creare occupazione e garantire la sicurezza sociale.
Graham WATSON (ALDE/ADLE,
UK) ha chiamato gli Stati membri ad assumersi le loro responsabilità,
sottolineando la necessità per il Presidente della Commissione di
beneficiare della volontà politica del Consiglio e del sostegno in
Parlamento.
Dopo aver evidenziato
le visioni a suo parere sbagliate della destra e le divisioni della sinistra
sui temi economici (globalizzazione, liberalizzazione dei servizi, ruolo
dello Stato), ha affermato che i liberali e democratici europei rimarranno
uniti a sostegno dell'agenda dell'Esecutivo. A condizione però che sia
riconosciuto «che le forze favorevoli alla crescita e a nuovi posti di
lavoro si trovano nell'imprenditorialità, nella risolutezza a fare un buon
prodotto e a fornire un ottimo servizio nuovo». La vera competitività
nell'economia globale, ha spiegato, «consiste nell'attirare capitale di
investimento, sostenere nuove idee e nuovi progetti».
Dicendosi quindi
favorevole alla proposta REACH, così come all'impegno di limitare le
emissioni degli aerei nella direttiva sulla riduzione delle emissioni, il
leader liberaldemocratico ha affermato che occorre anche proteggere i
cittadini dalle frodi o dai fallimenti. Bisogna inoltre fornire condizioni
eque di concorrenza, non solo fra società, ma anche fra società e cittadino,
e per tale motivo il suo gruppo ha appoggiato la direttiva sulle prassi
commerciali sleali ed è favorevole ad una maggiore libertà e certezza per le
transazioni transfrontaliere.
L'equilibrio è
fondamentale, ha proseguito, pertanto ha formulato serie riserve per quanto
riguarda la direttiva sulla brevettabilità dei software «che sembra
beneficiare più alle multinazionali che i piccoli inventori». «I
paraventi devono proteggere l'innovazione piuttosto che soffocare la
concorrenza», ha spiegato, e senza un regime di proprietà intellettuale
coerente in tutta l'Unione europea potranno essere create solo poche nuove
società europee. Accennando poi al mercato unico dei servizi, il deputato
ritiene che esso deve essere «il cuore della strategia di Lisbona per
fornire la crescita e i posti di lavoro». Tuttavia, evidenziando la
grande differenza fra il funzionamento del mercato e la fornitura di servizi
pubblici, ha affermato che la direttiva sui servizi dovrà essere modificata
in questo senso.
Il deputato ha quindi
dichiarato di sostenere gli sforzi della Commissione per far decollare
l'economia europea, tuttavia ha affermato di non ignorare le debolezze dei
progressi economici che vengono misurate solo in termini quantitativi. Per
migliorare la crescita economica, gli aspetti sociali e ambientali del
Continente, ha quindi concluso, «Lisbona deve combinare flessibilità,
equità e lungimiranza».
Monica FRASSONI
(Verdi/ALE, IT) ha affermato che se si paragonano la risoluzione che deve
essere votata e l'intervento del Presidente della Commissione «non
possiamo che felicitarci del fatto che sulla questione del riequilibrio
delle tre dimensioni della strategia di Lisbona e di Goteborg esista un
accordo vasto, almeno di principio». Eppure, ha proseguito la deputata,
ciò non appare «sufficiente per partecipare al compromesso politico che
si sta definendo».
Nonostante alcune
proposte dei Verdi siano state introdotte nella risoluzione comune, ha
quindi spiegato la copresidente dei Verdi, mancano «una scelta chiara su
quali dovranno essere gli strumenti europei di cui dobbiamo disporre per
realizzare i nostri obiettivi» nonché le garanzie sulla capacità e sulla
volontà della Commissione, ma anche del Parlamento, «a resistere a coloro
che non credono alla necessità di un governo europeo dell'economia».
Questi, ha sottolineato, «premono per una rinazionalizzazione delle
politiche di coesione e per una riforma al ribasso del mercato del lavoro
nonché per un'ulteriore riduzione del bilancio dell'Unione».
La preoccupazione di
trovare un compromesso, ha quindi aggiunto, ha portato ad una risoluzione
per certi versi contraddittoria che confonde il messaggio invece di renderlo
più convincente. La deputata ha portato ad esempio la questione fiscale:
«nessuno ama pagare le tasse», ha spiegato, «ma noi non siamo
d'accordo con l'obiettivo di ridurre le tasse al minimo e in modo
indiscriminato perché questo si tradurrebbe solo nell'aumento delle
disuguaglianze sociali». Ciò che occorre è invece «una riforma
fiscale che riduca il costo del lavoro e tassi altro».
La deputata ha poi
sottolineato come la risoluzione sia «notevolmente moderata» e
«anche ambigua» rispetto a tre argomenti importanti «sui quali ci
sarà una dura battaglia nei prossimi mesi»: la direttiva sui servizi, il
regolamento Reach e la direttiva sulla brevettabilità del software. Secondo
l'esponente Verde la direttiva Bolkestein deve essere ritirata «per
ricominciare sul piede giusto e cioè con una direttiva sui servizi di
interesse generale», mentre il regolamento Reach rappresenta, nella sua
forma attuale, «un compromesso appena sufficiente fra le ragioni, certo
importanti dell'industria e quelle prioritarie della salute e dell'ambiente».
Un compromesso, ha
insistito, che la Commissione, ma anche il Parlamento europeo, «devono
difendere con le unghie e con i denti dalla lobby aggressiva di un'industria
chimica che non capisce che organizzare un sistema efficiente e credibile di
controlli è il modo migliore per assicurarne la competitività».
Schierandosi quindi contro la brevettabilità del software, ha poi spiegato,
significa indicare che l'innovazione made in Europe «si fa
assicurando la libertà e la circolazione del sapere e non garantendo grosse
multinazionali e i loro monopoli».
Sul testo della
risoluzione, ha poi affermato la deputata, «plana un'ambiguità di fondo»
su qual sia il vero valore aggiunto dell'Unione rispetto all'azione dei
governi nazionali. Secondo i Verdi, ha quindi spiegato, il valore aggiunto è
dato dalla capacità di sapere investire in strumenti di crescita immateriali
come l'educazione, la cultura, sfruttando risorse rinnovabili e soluzioni
sostenibili. Si tratta anche di abbandonare «progressivamente settori che
consumano e sprecano risorse come le grandi infrastrutture e l'agricoltura
intensiva» e «che generano un rischio elevato per la salute e
l'ambiente come l'energia nucleare, gli OGM, i prodotti chimici dannosi per
noi e per gli altri animali». E' su queste scelte, ha quindi concluso,
«che noi saremo con voi, quando sarà possibile farlo, e contro di voi e
con i cittadini europei quando non ci sarà possibile farlo».
Francis WURTZ (GUE/NGL,
FR) ha ammonito che il «nuovo slancio per la crescita e l'occupazione»
auspicato dal Presidente della Commissione potrà rivelarsi un boomerang per
le Istituzioni. I cittadini, infatti, respingono questo modello in quanto
sono prossimi «all'overdose di liberismo». Precisando che il suo
gruppo non si batte contro l'Europa, ma per una sua «trasformazione
profonda», l'oratore ha quindi affermato che non si riconosce nella
risoluzione sottoposta al voto. Per tale ragione, ha concluso, il gruppo ha
presentato un testo alternativo.
Lars WOHLIN
(IND/DEM, SE) ha sottolineato che i progetti europei possono ridurre il
bisogno di finanziamenti statali dei singoli paesi membri, pertanto «un
maggiore finanziamento dell'Unione europea non deve necessariamente portare
a un aumento della pressione fiscale». Ritenendo inoltre che Lisbona
debba essere finanziata fondamentalmente dai paesi membri stessi, ha quindi
affermato che il processo «non deve essere un trampolino di lancio per un
gran numero di nuovi progetti a livello europeo che richiedono finanziamenti
da paesi membri».
«Quanto più l'Unione
europea punta ad ampliare le sue burocrazie, tanto più cresce il settore
pubblico nei paesi membri»,
ha detto. La Commissione dovrebbe prendere l'iniziativa di lasciare studiare
ricercatori indipendenti ed economisti su come funziona il moltiplicatore
burocratico nell'Unione europea perché è «importante porre fine a questo
processo, con meno direttive e con più accordi volontari».
Cristiana
MUSCARDINI (UEN, IT) ha esordito affermando che gli obiettivi di Lisbona
non potranno realizzarsi «se l'Unione non cambierà radicalmente il modo
di affrontare i problemi economici e sociali che caratterizzano in Europa e
nel resto del mondo la società contemporanea». L'economia di mercato
globalizzata in cui viviamo, ha spiegato, sostiene solo in apparenza la
libera concorrenza perché, in verità, quest'ultima «presuppone che le
basi di partenza siano uguali o quantomeno equiparabili». Questo
presupposto, per la deputata, non esiste come non esiste una politica per la
mobilità in tutti i vari settori «che possa contribuire a rilanciare la
competitività e perciò l'occupazione».
Per guidare il sistema
che si è imposto con il mercato globale, ha aggiunto, occorre che la
politica, la finanza e l'economia trovino regole nuove rispetto a quelle che
disciplinavano il mercato prima della globalizzazione, «solo la miopia o
l'incapacità di comprendere le conseguenze di un'informazione globalizzata
con internet può fare continuare a credere alle Istituzioni europee che
basti incontrarsi, denunciare sulla carta una serie di propositi perché
questi si realizzino». Non è quindi sufficiente fare piani pluriennali
calati dall'alto: «la storia ci insegna che nel secolo scorso l'economia
di qualche potenza è stata travolta dalla realtà e cioè da piani
centralizzati che erano splendidi solo sulla carta». Le realtà non sono
condizionate dai piani, ha detto, vale piuttosto il contrario: «sono i
piani che devono tener conto della realtà».
Quando a Lisbona si
parlò di una società della conoscenza, ha poi aggiunto, furono tralasciati
alcuni problemi «quali la definizione di regole che possono garantire una
conoscenza corretta e non manipolata o utilizzata a fini illegittimi».
Inoltre, Lisbona non potrà decollare se tra gli obiettivi dell'Unione non
verranno individuati e attuati gli strumenti per aiutare effettivamente i
paesi in via di sviluppo e «cioè riportarli alla democrazia, al rispetto
dei diritti umani, ai diritti dei lavoratori e dell'infanzia».
Per raggiungere questo
obiettivo, ha quindi concluso la copresidente dell'UEN, l'Europa deve
modificare i suoi rapporti con quei paesi «dove i lavoratori non hanno
una previdenza sociale e nessuna tutela giuridica e i bambini sono costretti
a lavorare e non giocare» e deve essere perseguita la tutela
dell'ambiente e cioè creato un modello sociale europeo.
Dibattito
Guido SACCONI (PSE,
IT) ha spiegato che ritiene importante la convergenza che si è manifestata
fra la Presidenza del Consiglio, la Commissione e il Parlamento, perché
dimostra che si è compreso che la qualità sociale e ambientale dello
sviluppo non rappresenta un limite o un ostacolo, bensì un fattore della
competitività. Inoltre, per rilanciare davvero la strategia di Lisbona tutti
convengono che «bisogna creare un protagonismo diffuso, fino ai livelli
locali», responsabilizzando in primo luogo le politiche nazionali,
governi e parlamenti, e le opinioni pubbliche. Egli ha quindi espresso
l'auspicio che, in occasione del Vertice, ciò «si traduca in azioni
concrete».
Tuttavia, il deputato,
«una volta tanto», ha espresso un dissenso rispetto alla collega
Monica Frassoni perché, fra i motivi che lei ha addotto per non
identificarsi nel progetto di risoluzione, ha anche citato il fatto che
metterebbe a rischio il regolamento Reach. L'oratore ha quindi ricordato il
suo attaccamento al progetto chiedendo che non sia considerato «un
simbolo del male o del bene» perché ciò presuppone «che poi alla fine
ci siano vincitori e vinti», mentre è necessario che tutti risultino
vincitori «con grande sforzo di sintesi e di accordo».
Mario MAURO (PPE/DE,
IT), volendo aiutare a risolvere il problema di superare l'enunciazione di
principio per arrivare a fatti più concreti, ha voluto illustrare un esempio
sul tema del capitale umano, «che tutti dicono essere strategico per il
recupero della competitività». Egli ha quindi ricordato che, nella
scorsa legislatura, constatando che il 94,5% delle Scuole europee era
collegato ad Internet ma solo il 25% degli insegnanti era capace di
utilizzare le nuove tecnologie ai fini dell'insegnamento, si era «a lungo
vagheggiato dell'azione e-learning».
Vagheggiando di quest'azione,
ha proseguito, si era detto che i governi avrebbero dovuto e potuto
intervenire valorizzando le risorse - che si immaginavano raggiungessero 30
miliardi di euro - attraverso un sistema di priorità che consentisse loro di
risolvere questo tema legato al capitale umano. Una volta constatata
l'inerzia dei governi si è deciso che fosse la Commissione a intervenire con
un programma e, ha quindi aggiunto, «a quel punto i miliardi sono
diventati milioni», ossia «una cifra risibile per risolvere il
problema». Quindi, ha concluso, «l'enunciazione è rimasta di
principio e la priorità è rimasta ideologica e non è mai diventata priorità
di bilancio».
Il deputato ha
pertanto chiesto che la Commissione sia in grado di responsabilizzare chi
governa e di favorire gli interventi sul capitale umano, affinché non accada
che l'Europa «rimanga custode del capitale animale piuttosto che
promotore del capitale umano», tenuto conto che il bilancio dell'Unione
«ci impone, nelle misura del 50% di provvedere giustamente
all'agricoltura».
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