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ANTEPRIMA
13 - 16 febbraio 2006
Strasburgo
CONFERENZE STAMPA
L'ordine del giorno della sessione è soggetto a modifiche.
Una conferenza stampa per gli ultimi aggiornamenti
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Sommario LIBERA CIRCOLAZIONE DEI SERVIZI DIRITTI FONDAMENTALI RELAZIONI ESTERNE DIRITTI UMANI RICERCA E INNOVAZIONE POLITICA SOCIALE TRASPORTI AGRICOLTURA ENERGIA GIUSTIZIA E AFFARI INTERNI AFFARI ECONOMICI E MONETARI SVILUPPO E COOPERAZIONE PETIZIONI ORDINE DEL GIORNO 13 - 16 FEBBRAIO 2006 CODICI DELLE PROCEDURE PARLAMENTARI, ABBREVIAZIONI DEPUTATI AL PARLAMENTO EUROPEO
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Il Parlamento è consultato sulla proposta di direttiva che stabilisce norme minime per la protezione dei polli allevati per la produzione di carne. I deputati chiedono norme più rigorose a tutela dei volatili e auspicano un'etichetta più completa delle carni, inclusa la loro origine. L'Esecutivo è sollecitato a controllare e, se del caso, vietare l'importazione di polli da paesi terzi provenienti da allevamenti che non rispettano disposizioni in materia di benessere analoghe a quelle europee (relazione Berman). I deputati vedono con favore una riforma dell'attuale normativa sugli aiuti di Stato, giudicata troppo burocratica e poco trasparente. Pur riconoscendone l'utilità, chiedono tuttavia che le sovvenzioni statali siano ridotte e usate meglio. D'altra parte, occorre sostenere le PMI innovative e concentrare gli investimenti nelle infrastrutture. E' poi necessario rivedere le riduzioni subite dalle regioni che hanno patito l'effetto statistico e dare maggiore importanza ai criteri territoriali (relazione Hökmark). La Plenaria esaminerà una relazione sugli effetti della globalizzazione sul mercato interno. I deputati reputano che il completamento del mercato unico, anche dei servizi, è fondamentale per raccogliere la sfida e accrescere la competitività dell'UE. A tal fine, è anche chiesto di definire una vera politica industriale europea e sviluppare strategie per incentivare la ricerca e l'innovazione. Occorrono poi sistemi efficaci per proteggere le proprietà intellettuali e le denominazioni d'origine (relazione Herczog). Il Parlamento è chiamato ad approvare il testo comune - concordato in sede di comitato di conciliazione - sulla direttiva volta a proteggere i lavoratori dai rischi derivanti dalle radiazioni ottiche. Consiglio e Parlamento hanno deciso di escludere dalla normativa le radiazioni naturali come quelle del sole. I datori di lavoro dovranno valutare i rischi e prendere le contromisure. I lavoratori dovranno essere debitamente informati e, in caso di esposizione, avranno diritto a visite mediche (relazione Öry). Martedì 14 febbraio I deputati il rafforzamento e l’inclusione della clausola sui diritti dell’uomo in tutti gli accordi siglati dall’UE, al fine di promuovere più efficacemente i diritti umani e la democrazia nel mondo. Inoltre, avvertono che, se così non fosse, il Parlamento non darà il proprio parere conferme ai nuovi accordi. E’ poi rivendicata una maggiore implicazione del Parlamento nella definizione dei mandati negoziali e nelle procedure di sospensione degli accordi (relazione Agnoletto). La Plenaria esaminerà una relazione che chiede alla Commissione di presentare, entro il 31 luglio 2006, una proposta legislativa tesa a raddoppiare entro il 2020 il ricorso alle energie rinnovabili utilizzate a fini di riscaldamento e di raffreddamento. A tal fine, i deputati propongono una serie di misure e di incentivi, anche fiscali, cui potrebbero ricorrere gli Stati membri. L'obiettivo è garantire la sicurezza degli approvvigionamenti, tutelando l'ambiente (relazione Rothe). Libera circolazione dei servizi e libertà di stabilimento dei prestatori. Sono questi i due principali obiettivi della molto controversa proposta di direttiva tesa a completare il mercato unico dei servizi e che è ora all'esame del Parlamento. Popolari e socialisti sono giunti a un compromesso sul principio del paese d'origine che mitiga notevolmente la proposta originaria, ma anche la relazione della commissione per il mercato interno. I diritti sociali sono la principale preoccupazione (relazione Gebhardt). Mercoledì 15 febbraio La pubblicazione sulla stampa europea di alcune vignette satiriche raffiguranti Maometto ha provocato manifestazioni di protesta e reazioni anche violente da parte di alcune comunità musulmane, soprattutto in Medio oriente, dove ambasciate europee sono state prese d’assalto e saccheggiate. Dopo le dichiarazioni di Consiglio e Commissione, i rappresentanti dei gruppi politici esprimeranno in Aula la loro posizione sul diritto alla libertà d’espressione e al rispetto della fede religiosa. Consiglio e Commissione interverranno in Aula sulla controversia che oppone la comunità internazionale e l'Iran riguardo, in particolare, alle attività nucleari della Repubblica islamica. Tale questione, assieme al tema dei diritti umani e alle dichiarazioni del Presidente Ahmadinejad su Israele erano già state affrontate dai deputati in diverse occasioni. A seguito del dibattito il Parlamento adotterà una risoluzione. Il Parlamento esaminerà in seconda lettura la proposta di direttiva volta ad armonizzare le disposizioni in materia di formazione e rilascio delle licenze dei controllori del traffico aereo, nonché ad agevolare il riconoscimento reciproco delle licenze nazionali. La commissione per i trasporti raccomanda alla Plenaria di approvare la posizione comune del Consiglio, poiché riprende in larga parte gli emendamenti proposti dal Parlamento in prima lettura (relazione De Veyrac) L'Aula esaminerà una relazione che identifica undici elementi strategici su cui fondare la politica forestale europea. Tra questi, figurano misure volte a promuovere la gestione sostenibile delle foreste ed a incoraggiare l'utilizzo di risorse rinnovabili nonché azioni più efficaci per lottare contro gli incendi. E' posto poi l'accento sull'importanza del rimboschimento e la necessità di incentivi fiscali per compensare le attività rispettose dell'ambiente (relazione Kindermann). Prodotti tradizionali di qualità e colture energetiche, folklore e tecnologie dell’informazione, servizi e rinnovo generazionale. Sono queste alcune delle piste suggerite dai deputati con la relazione all’esame della Plenaria al fine di promuovere lo sviluppo rurale nel rispetto delle priorità comunitarie. Più in generale è chiesto di lasciare un più ampio margine di manovra agli Stati membri per adattare le priorità europee alle loro situazioni particolari (relazione McGuinness). Giovedì 16 febbraio Una relazione all'esame della Plenaria auspica che in futuro l'Unione europea garantisca un miglior coordinamento delle proprie posizioni in seno all'FMI, in modo da incidere maggiormente sulle decisioni. Inoltre, appoggia la revisione strategica in corso nell'FMI auspicando tuttavia una modifica delle condizioni imposte per i prestiti che sono state in qualche caso rigide e non sempre coerenti (relazione Hamon).
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Libera circolazione dei servizi e libertà di stabilimento dei prestatori. Sono questi i due principali obiettivi della molto controversa proposta di direttiva tesa a completare il mercato unico dei servizi e che è ora all'esame del Parlamento. Popolari e socialisti sono giunti a un compromesso sul principio del paese d'origine che mitiga notevolmente la proposta originaria, ma anche la relazione della commissione per il mercato interno. I diritti sociali sono la principale preoccupazione. La proposta di direttiva si inserisce nel processo di riforme economiche avviato dal Consiglio europeo di Lisbona allo scopo di fare dell'UE, entro il 2010, «l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e più dinamica del mondo». L'idea della Commissione europea era di realizzare un vero mercato interno dei servizi stabilendo un quadro giuridico volto a eliminare, da un lato, gli ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori di servizi e, dall'altro, le barriere alla libera circolazione dei servizi tra Stati membri. L'obiettivo era anche di garantire ai prestatori e ai destinatari dei servizi la certezza giuridica necessaria all'effettivo esercizio di queste due libertà fondamentali del trattato. La proposta copre un'ampia varietà di attività economiche di servizi, con talune eccezioni. Dopo serrati negoziati, il Partito popolare e quello socialista sono riusciti a accordarsi su 23 emendamenti di compromesso che hanno lo scopo garantire la libera prestazione dei servizi tutelando allo stesso tempo i diritti sociali. L'accordo prevede, in particolare, la rinuncia al principio del paese d'origine e la sua sostituzione con una serie di disposizioni volti a garantire l'eliminazione dalle normative nazionali degli ostacoli che impediscono la fornitura di servizi transfrontalieri. Per principio, le leggi nazionali non dovranno essere discriminatorie e dovranno rispettare i criteri della proporzionalità e della necessità. Le direttive settoriali più specifiche resterebbero d'applicazione e le loro disposizioni non dovrebbero essere adeguate. Nessun accordo è stato possibile, invece, sull'esclusione o meno dei servizi d'interesse generale. Un esame più esaustivo del compromesso figura alla fine dell'articolo. In prima lettura della procedura di codecisione, la commissione per il mercato interno e i consumatori del Parlamento, dopo aver esaminato circa 1.600 emendamenti, ha licenziato la propria posizione che, per molti aspetti, mitiga notevolmente l’impatto della proposta originaria dell'Esecutivo, suggerendo ben 213 emendamenti. Molti di questi sono frutto di un compromesso tra i diversi gruppi politici ma, sui punti più controversi - ossia il principio del paese d'origine e il campo d'applicazione - gli emendamenti sono stati adottati di stretta maggioranza, andando anche contro la posizione della relatrice Evelyne GEBHARDT (PSE, DE). La relazione finale, peraltro, è stata accolta con 25 voti favorevoli, 10 contrari e 5 astensioni. Si prevede, tuttavia, che altre centinaia di emendamenti saranno sottoposte all'esame dell'Aula. Oggetto della direttiva Per i deputati è sì importante realizzare un mercato unico dei servizi ma, contemporaneamente, è anche necessario mantenere «un equilibrio tra apertura dei mercati, servizi pubblici, nonché diritti sociali e del consumatore». La relazione precisa che la direttiva, nello stabilire le disposizioni generali che permettono di agevolare l'esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori di servizi nonché la libera circolazione dei servizi, deve assicurare nel contempo «un elevato livello di qualità dei servizi stessi». Inoltre, precisa che «non riguarda la liberalizzazione dei servizi di interesse economico generale, né la privatizzazione di enti pubblici che prestano tali servizi». Essa, peraltro, non pregiudica le disposizioni comunitarie in materia di concorrenza e aiuti, né le misure adottate a livello comunitario o nazionale volte a tutelare o a promuovere la diversità culturale o linguistica o il pluralismo dei media. La direttiva, per di più, non pregiudica il diritto del lavoro e, in particolare, le disposizioni relative ai rapporti tra le parti sociali, compresi il diritto di svolgere un'azione sindacale e il diritto a contratti collettivi, né le disposizioni nazionali in materia di previdenza sociale vigenti negli Stati membri. Campo d’applicazione I deputati della commissione per il mercato interno hanno profondamente modificato il campo d’applicazione della direttiva, precisando in modo dettagliato quali settori ne sono esclusi. Innanzitutto, essa non sarà d’applicazione ai servizi d’interesse generale «quali definiti dagli Stati membri», a meno che, è spiegato in un considerando, non si tratti di attività economiche «aperte alla concorrenza», ossia alla cui fornitura partecipano anche imprese private. La proposta dell’Esecutivo, invece, contemplava tutte le attività economiche d’interesse generale, prevedendo alcune deroghe, ad esempio, per i servizi postali e quelli relativi alla distribuzione di energia elettrica, gas e acqua. In merito all'esclusione dei “servizi finanziari”, la relazione parlamentare specifica che la direttiva non si applica ai «servizi di natura bancaria, creditizia, assicurativa» né ai «servizi pensionistici professionali o individuali, di investimento o di pagamento». E’ poi confermata l’esclusione dei servizi e delle reti di comunicazione elettronica. D’altra parte, pur mantenendo l’esclusione dei servizi di trasporto (urbani, taxi, ambulanze e portuali), i deputati aprono alla concorrenza paneuropea il trasporto di fondi e di salme. L’elenco dei servizi esclusi è poi allungato con i servizi giuridici già disciplinati da altri strumenti comunitari e con i servizi medico-sanitari, prestati o meno nel quadro di una struttura sanitaria. La relazione, nel ritenere che svolgono «un ruolo fondamentale in sede di formazione delle identità culturali e delle opinioni pubbliche europee», esclude esplicitamente i servizi audiovisivi, a prescindere dal modo di produzione, distribuzione e trasmissione, inclusi i servizi radiofonici e cinematografici. Per i deputati, infatti, la salvaguardia e la promozione della diversità e del pluralismo culturali «postulano misure particolari in grado di tener conto delle specifiche situazioni regionali e nazionali». Non sono comprese nel campo d’applicazione nemmeno le attività di giochi d'azzardo, inclusi i giochi con poste in denaro, le lotterie, i casinò e le transazioni relative a scommesse. Tale esclusione è anche giustificata dai deputati dalla totale impossibilità di attuare una concorrenza transfrontaliera leale tra gli operatori europei senza trattare - in parallelo o preventivamente - le questioni di coerenza della fiscalità fra gli Stati membri. Inoltre, sono escluse le professioni e le attività associate permanentemente o temporaneamente all'esercizio dei poteri pubblici in uno Stato membro, in particolare la professione di notaio. I deputati, poi, escludono del tutto i servizi fiscali dal campo d'applicazione della direttiva, mentre la Commissione prevedeva una serie di eccezioni. Per le attività di trasporto di fondi, di giochi d'azzardo e di recupero giudiziario dei crediti, va precisato, l’Esecutivo prevedeva una deroga transitoria al principio del paese d’origine, in vista di una loro successiva armonizzazione. Relazione con le altre disposizioni del diritto comunitario La relazione parlamentare, inoltre, precisa che, in caso di conflitto tra le disposizioni della direttiva e altre normative comunitarie che disciplinano aspetti specifici dell'accesso all'attività di un servizio e del suo esercizio in settori specifici o per professioni specifiche, «prevalgono e si applicano a tali settori o professioni specifiche» le pertinenti normative comunitarie. Quali, ad esempio, la direttiva relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi, il regolamento sull'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità, la direttiva in merito al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive e la direttiva relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali. Norme sociali per il distacco dei lavoratori I deputati, con un nuovo considerando, puntualizzano che la direttiva non concerne le condizioni di lavoro e di occupazione che si applicano ai lavoratori distaccati per prestare un servizio nel territorio di un altro Stato membro. In tali casi, è precisato, la direttiva 96/71/CE prevede che i prestatori dei servizi debbano conformarsi alle condizioni di occupazione applicabili, in alcuni settori elencati, nello Stato membro in cui viene prestato il servizio. Tra tali condizioni figurano: periodi massimi di lavoro e minimi di riposo, durata minima delle ferie annuali retribuite, tariffe minime salariali, condizioni di cessione temporanea dei lavoratori, salute, sicurezza e igiene sul lavoro, provvedimenti di tutela riguardo alle condizioni di lavoro e di occupazione di gestanti, puerpere, bambini e giovani, parità di trattamento tra uomo e donna nonché altre disposizioni in materia di non discriminazione. Inoltre, è aggiunto che ciò non riguarda solo le condizioni di occupazione stabilite per legge, ma anche quelle stabilite in contratti collettivi o sentenze arbitrali. La direttiva, infine, non dovrebbe impedire agli Stati membri di applicare condizioni di lavoro e condizioni di occupazione a questioni diverse da quelle elencate nella direttiva 96/71/CE per motivi di ordine pubblico. In relazione a queste precisazioni, i deputati della commissione per il mercato interno propongono di sopprimere gli articoli della proposta che prevedono disposizioni specifiche in materia di distacco dei lavoratori e quelle relative al distacco di cittadini di paesi terzi. DEFINIZIONI I deputati, d’altra parte, chiariscono, modificano o introducono nuove definizioni. Ad esempio, con “servizio” s’intende qualsiasi attività economica non salariata «fornita normalmente dietro retribuzione, la quale costituisce il corrispettivo economico della prestazione in questione ed è di norma convenuta tra prestatore e destinatario del servizio». In proposito, è anche precisato che la retribuzione è assente nelle attività svolte dallo Stato o da un’autorità regionale o locale, in campo sociale, culturale e giudiziario e, pertanto, non rientrano in tale definizione i corsi impartiti nell’ambito della pubblica istruzione da istituti pubblici e privati o la gestione dei regimi di previdenza sociale non impegnati in attività economiche. I "servizi d'interesse economico generale", invece, sono quelli qualificati in quanto tali dallo Stato membro e che sono soggetti a specifici obblighi di servizio pubblico imposti al prestatore di servizi dallo Stato membro interessato al fine di rispondere a determinati obiettivi di interesse pubblico. Il “prestatore” è qualsiasi persona fisica, avente la cittadinanza di uno Stato membro, o qualsiasi persona giuridica, stabilita in conformità con la legge di detto Stato membro, che offre o fornisce un servizio. Per evitare il ricorso a società di facciata, sono poi specificati i criteri per poter considerare un’impresa come “stabilita”: occorre esercitare effettivamente un'attività economica a tempo indeterminato mediante un’installazione stabile e con un'adeguata infrastruttura a partire dalla quale viene effettivamente offerto un servizio. Una semplice casella postale, quindi, «non costituisce uno stabilimento». Con “Stato membro di destinazione”, infine, si intende il paese in cui un servizio è fornito ed eseguito «su base transfrontaliera in modo saltuario» da un prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro. LIBERA PRESTAZIONE DI SERVIZI E PRINCIPIO DEL PAESE D’ORIGINE Come detto in precedenza, il principio del “paese d’origine” proposto dalla Commissione rappresenta uno dei punti più controversi e contestati del progetto di direttiva. I deputati della commissione per il mercato interno, facendo propri gli emendamenti proposti da PPE/DE, ALDE/ADLE e UEN, non hanno seguito la relatrice - sostenuta da PSE e Verdi - che intendeva distinguere tra il diritto di prestare un servizio (da acquisire nel paese d'origine) e la prestazione stessa del servizio (da sottoporre alla legislazione dello Stato di destinazione). D'altra parte, hanno modificato ampiamente gli articoli ad esso relativi e, pur conservandone la sostanza, hanno soppresso proprio i termini “paese d’origine” da tutto il testo della direttiva. Il testo parlamentare stabilisce innanzitutto che gli Stati membri devono rispettare il diritto dei prestatori di servizi di fornire un servizio in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di stabilimento. Nell'esercizio della loro attività, poi, «i prestatori di servizi sono soggetti esclusivamente alle disposizioni dello Stato membro di stabilimento relative all'accesso ad un'attività di servizio e al suo esercizio, in particolare quelle che disciplinano lo stabilimento e le attività del prestatore di servizi, il suo comportamento, la qualità o il contenuto del servizio, le norme e le certificazioni». A differenza di quanto proposto dalla Commissione, che contemplava l’esclusiva responsabilità dello «Stato membro d’origine» nel controllo dell’attività e dei servizi offerti del prestatore, i deputati conferiscono allo Stato membro di destinazione la facoltà di adottare delle misure di controllo riguardanti l’esecuzione del servizio nei casi che derogano al principio generale. Inoltre, è precisato che gli Stati membri in cui si sposta un prestatore, per evitare determinati rischi nel luogo in cui il servizio è prestato, mantengono la facoltà di applicare «requisiti specifici» in relazione all’esercizio della sua attività, il cui rispetto «è indispensabile per garantire il mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica o per la protezione della salute pubblica e dell'ambiente». Le deroghe Nella sua proposta, la Commissione prevedeva 23 deroghe generali, tre transitorie e tre per casi individuali. I deputati, oltre a modificare quelle generali, propongono anche di sopprimere quelle transitorie. Queste ultime, infatti, decadono visto che i casi contemplati o sono stati inclusi con effetto immediato nel campo d’applicazione della direttiva (trasporto di fondi) o ne sono stati esclusi definitivamente (giochi d’azzardo) oppure sono diventati oggetto di una deroga permanente (recupero giudiziario dei crediti). Per quanto riguarda le deroghe generali, i deputati precisano che valgono per i «servizi d’interesse economico generale» in un altro Stato membro. Tra questi sono compresi i servizi postali, quelli di trasmissione, distribuzione e fornitura di energia elettrica e di gas (per quest’ultimo sono esentati anche i servizi di stoccaggio), quelli di distribuzione e fornitura dell’acqua e di gestione delle acque reflue, nonché quelli relativi al trattamento dei rifiuti (che non erano compresi nella proposta originaria). Una deroga generale vale anche per le materie disciplinate dalle direttive sul distacco dei lavoratori e per le disposizioni che determinano la legislazione applicabile in materia di lavoratori subordinati, per il controllo legale dei conti nonché, come accennato, per le attività di recupero giudiziario dei crediti. La deroga, inoltre, sarebbe applicata alle qualifiche professionali disciplinate dal titolo sulla libera prestazione dei servizi della direttiva sul riconoscimento delle qualifiche professionali, ai requisiti fissati dagli Stati membri (dove il servizio è prestato) che riservano un’attività ad una particolare professione. In sostanza, gli Stati membri potranno continuare ad applicare le norme che riservano alcune attività a particolari professioni, come ad esempio le consulenze giuridiche agli avvocati e la sperimentazione animale ai veterinari. E’ valida anche per tutte le disposizioni di diritto internazionale privato, in particolare quelle relative al trattamento dei rapporti obbligatori contrattuali e extracontrattuali, compresa la forma dei contratti. Per di deputati, infatti, le relazioni contrattuali tra prestatore e cliente non dovrebbero rientrare nel campo d’applicazione della direttiva che ha lo scopo di aprire i mercati. Spetta invece al diritto civile risolvere le dispute fra le parti. In questi casi, i deputati, preferiscono affidarsi al diritto privato internazionale, secondo cui si applica la legislazione nazionale del consumatore ai contratti firmati da un consumatore, mentre nel caso di contratti B2B si lascia la scelta del diritto alle parti contraenti. D’altra parte i deputati hanno soppresso la deroga prevista per gli atti per i quali la legge richiede l’intervento di un notaio, in quanto molti servizi prestati da queste figure professionali sono forniti su base giuridica vincolante e, quindi, non possono essere considerati alla stregua di quelli previsti sul libero mercato. Restrizioni vietate Gli Stati membri non possono imporre requisiti che limitano a un destinatario l'utilizzazione di un servizio fornito da un prestatore stabilito in un altro Stato membro. Non possono quindi imporre l'obbligo di ottenere un'autorizzazione dalle autorità competenti o di effettuare una dichiarazione presso di esse. Non è nemmeno possibile limitargli le possibilità di detrazione fiscale o la concessione di aiuti finanziari a causa del fatto che il prestatore è stabilito in un altro Stato membro o in funzione del luogo di esecuzione della prestazione. Infine, è vietato l’assoggettamento del destinatario ad imposte discriminatorie o sproporzionate sull'attrezzatura necessaria per ricevere un servizio a distanza proveniente da un altro Stato membro. SEMPLIFICAZIONE AMMINISTRATIVA E INFORMAZIONE La direttiva prevede una serie di misure volte ad agevolare la prestazione di servizi transfrontalieri, eliminando regimi, procedure e formalità di autorizzazione eccessivamente onerosi «che ostacolano la libertà di stabilimento e la creazione di nuove società di servizi». I deputati condividono questa impostazione ma chiariscono diversi suoi aspetti. Più in particolare, è chiesto agli Stati membri, d'intesa con la Commissione, di introdurre, se necessario e possibile, moduli europei armonizzati, equivalenti ai certificati, agli attestati e ad altri documenti in materia di stabilimento che sanciscono il rispetto di un requisito nello Stato membro di destinazione. D’altra parte, gli Stati membri che chiedono ad un prestatore o ad un destinatario di fornire un qualsiasi documento attestante il rispetto di un particolare requisito, dovranno accettare i documenti rilasciati da un altro Stato membro che abbiano valore equivalente o dai quali risulti che il requisito in questione è rispettato. Di norma, inoltre, non potranno imporre la presentazione di documenti rilasciati da un altro Stato membro sotto forma di originale, di copia conforme o di traduzione autenticata. Tre anni dopo l'entrata in vigore della presente direttiva, peraltro, gli Stati membri dovranno istituire un punto di contatto denominato “sportello unico” che, secondo i deputati, dovranno essere coordinati dalla Commissione attraverso uno sportello europeo. In queste strutture, ogni prestatore di servizi potrà espletare una serie di procedure e formalità necessarie per poter svolgere le attività di servizio di sua competenza - come dichiarazioni, notifiche o domande di autorizzazione presso le autorità competenti, comprese le domande di iscrizione in registri, ruoli, banche dati, o ordini professionali - oppure inoltrare le domande di autorizzazione necessarie all'esercizio delle attività di servizio di sua competenza. Attraverso gli sportelli unici, inoltre, gli Stati membri dovranno garantire ai prestatori e ai destinatari di prendere agevolmente conoscenza di una serie di informazioni relative alle procedure e alle formalità, alle coordinate delle autorità competenti, alle condizioni di accesso ai registri e alle banche dati pubblici, nonché alle informazioni concernenti le possibilità di ricorso disponibili e gli estremi delle associazioni presso le quali possono ricevere assistenza. Dopo tre anni dall’entrata in vigore della direttiva - e non entro il 31 dicembre 2008 come proposto dalla Commissione - tutte le procedure e le formalità dovranno poter essere espletate anche a distanza e per via elettronica. LIBERTA’ DI STABILIMENTO La direttiva prevede anche una semplificazione delle procedure di autorizzazione per l'accesso alle attività di servizi e il loro esercizio. Gli Stati membri possono prevedere un regime di autorizzazione, se ciò non comporta una discriminazione nei confronti del prestatore, se l’obiettivo perseguito non può essere conseguito tramite una misura meno restrittiva e se la sua necessità è giustificata da «motivi imperativi di interesse generale». Con quest’ultima nozione i deputati intendono, tra gli altri, la tutela dell'ordine, della sicurezza e della salute pubblici, la protezione dei consumatori, dei destinatari dei servizi, dei lavoratori e dell'ambiente, la salute degli animali, la proprietà intellettuale, la salvaguardia del patrimonio storico e artistico nazionale, gli obiettivi della politica sociale e gli obiettivi della politica culturale. I regimi di autorizzazione, d’altra parte, devono basarsi su criteri che inquadrino l'esercizio del potere di valutazione da parte delle autorità competenti «affinché non sia utilizzato in modo arbitrario o discrezionale». Più in particolare, i criteri devono essere non discriminatori, giustificati da un motivo imperativo di interesse generale e ad esso commisurati, precisi e inequivocabili, oggettivi, resi pubblici in precedenza e, hanno aggiunto i deputati, trasparenti e accessibili. L'autorizzazione che, in principio, ha durata illimitata, deve permettere al prestatore di accedere all’attività di servizio o di esercitarla su tutto il territorio nazionale, anche mediante l’apertura di agenzie, di succursali, di filiali o di uffici. Ciò non vale nei casi in cui un motivo imperativo di interesse generale giustifichi la necessità di un’autorizzazione specifica per ogni installazione o di un'autorizzazione limitata ad una specifica parte del territorio nazionale. Gli Stati membri, inoltre, non potranno subordinare l'accesso ad un'attività di servizi e il suo esercizio sul loro territorio al rispetto di una serie di requisiti fondati, ad esempio, sulla nazionalità del prestatore o del suo personale o sulla sede della società. Non si potrà neanche ricorrere al divieto di essere stabilito in diversi Stati membri o di essere iscritto nei registri o nell'albo professionale di diversi Stati membri. Oppure, non si potrà imporre l'obbligo di presentare una garanzia finanziaria o di sottoscrivere un'assicurazione presso un prestatore o presso un organismo stabilito sul territorio degli Stati membri in questione, né quello di essere già stato iscritto per un determinato periodo nei registri degli Stati membri in questione o di aver esercitato in precedenza l'attività sul loro territorio per un determinato periodo. IL COMPROMESSO TRA POPOLARI E SOCIALISTI In merito all'oggetto della direttiva, l'accordo precisa che la direttiva in questione non riguarda la liberalizzazione dei servizi di interesse economico generale «assegnati a entità pubbliche o private», né la privatizzazione di enti pubblici che prestano servizi. Essa, inoltre, non riguarda l'abolizione dei monopoli che prestano servizi, né gli aiuti concessi dagli Stati membri in base alle norme europee sulla concorrenza. La direttiva, poi, non pregiudica la facoltà per gli Stati membri di definire, in conformità alle norme europee, che cosa intendono per servizi d'interesse economico generale, come questi servizi debbono essere organizzati e finanziati e a quali disposizioni specifiche sono soggetti. Il provvedimento, è aggiunto, non pregiudica nemmeno le norme penali degli Stati membri (ma è vietato ricorrere ad esse per aggirare le disposizioni della direttiva), né i servizi a finalità sociale, come quelli destinati alle famiglie e ai bambini nonché i servizi di istruzione e culturali che tipicamente perseguono obiettivi sociali oppure il sostegno per gli alloggi sociali. E' anche precisato che la direttiva non si applica e non pregiudica il diritto del lavoro che riguarda, ad esempio, disposizioni legali e contrattuali sulle condizioni di assunzione e di lavoro, compresi gli aspetti sanitari e di sicurezza e le relazioni tra datori di lavoro e dipendenti. In particolare, deve essere pienamente rispettato il diritto di negoziare, concludere, estendere e applicare i contratti collettivi, e il diritto di sciopero. Parimenti, non sono messe in discussione le legislazioni in materia di sicurezza sociale degli Stati membri. La direttiva, è infine specificato, non deve essere interpretata in modo tale da pregiudicare in qualsiasi modo i diritti fondamentali riconosciuti dagli Stati membri e della Carta europea. Riguardo al campo d'applicazione della direttiva, il compromesso prevede l'esclusione delle agenzie di lavoro interinale, dei servizi di sicurezza e segnala quindi la necessità di armonizzare pienamente le norme sullo stabilimento per definire un quadro legale in merito all'attuazione del mercato interno in questi settori. Inoltre, in merito all'esclusione dei servizi medico-sanitari, è precisato che questi comprendono anche quelli farmaceutici. Peraltro, tali servizi devono essere forniti ai pazienti da professionisti qualora queste attività sono professioni regolamentate negli Stati membri in cui è prestato il servizio. Riguardo ai servizi di trasporto, il compromesso specifica che la loro esclusione vale anche per i trasporti urbani, per i taxi e le ambulanze. Parimenti sono esclusi i servizi portuali. Il compromesso conferma che deve essere garantita ai prestatori la libertà di prestazione di servizi in uno Stato membro diverso da quello di stabilimento, il quale deve assicurare il libero accesso e il libero esercizio dell'attività di servizio sul suo territorio. Inoltre, gli Stati membri non devono ostacolare la prestazione di servizi imponendo requisiti discriminatori, ingiustificati e sproporzionati. La discriminazione, in particolare, non deve essere fondata sulla nazionalità o sulla sede sociale. I requisiti, poi, sono ritenuti giustificati solamente per motivi di pubblica sicurezza, protezione dell'ambiente e della salute. Il compromesso, inoltre, elenca una lunga serie di requisiti che sono considerati incompatibili con la libertà di prestazione dei servizi. Nell'elenco, ad esempio, figurano gli obblighi di stabilirsi sul territorio dove si presta il servizio o di ottenere un'autorizzazione, inclusa la registrazione in un albo professionale, fatti salvi però i casi previsti dalla stessa direttiva e da altre disposizioni comunitarie. E' anche vietato imporre al prestatore di aprire un ufficio o una sede sul proprio territorio oppure di possedere un documento d'identità emesso dalle autorità locali. Ad eccezione che per motivi sanitari e di sicurezza, non è nemmeno possibile vietare al prestatore di usare il proprio materiale necessario alla fornitura del servizio. D'altra parte, queste disposizioni non ostano a che gli Stati membri in cui è prestato un servizio impongano requisiti specifici giustificati con motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di politica sociale, di protezione dei consumatori oppure di tutela dell'ambiente e della salute. Lo stesso vale per quanto riguarda le condizioni di assunzione, inclusi gli accordi collettivi.
Al più tardi cinque anni dopo l'entrata in vigore della direttiva, infine, la Commissione dovrà presentare una relazione sull'applicazione di queste disposizioni e, eventualmente, proporre misure di armonizzazione riguardo ai servizi rientranti nel campo d'applicazione della direttiva. La posizione del governo italiano Il ministro italiano delle politiche comunitarie, Giorgio LA MALFA, in un incontro tenutosi nel novembre scorso con gli eurodeputati italiani aveva affermato che il Governo non aveva nessuna riserva pregiudiziale nei confronti della proposta di direttiva. In quell'occasione aveva anche sottolineato che i servizi rappresentano il 70% dell'economia in termini di prodotto e occupazione, ma solo il 20% degli scambi intra-UE. Il campo d'applicazione della direttiva deve quindi essere il più ampio possibile, fatti salvi i pubblici poteri e la libertà di ciascun Stato membro di fornire servizi ai propri cittadini in un regime non economico. Il Ministro aveva anche accolto favorevolmente l'idea della commissione per il mercato interno di sostituire il termine "principio del paese d'origine" con il richiamo del Trattato alla libertà di fornire servizi, mantenendo però il criterio secondo il quale il prestatore è soggetto alle regole del paese in cui è stabilito. D'altra parte, aveva giudicato «ambiguo» l'emendamento sull'esclusione delle professioni, ritenendo che esso non autorizzi l'esclusione in toto delle professioni dal campo d'applicazione. Esclusione che, comunque, il Governo non vedrebbe con favore. In merito alla controversia sul dumping sociale, il Ministro aveva sottolineato che il riferimento alla direttiva sul distacco dei lavoratori deve fugare i timori. In effetti, essa prevede che al lavoratore distaccato si applichi tutta la normativa - previdenziale, sociale, contrattuale e di sicurezza - del paese di destinazione. Deputati italiani della commissione per il mercato interno Membri titolari Marco RIZZO (GUE/NGL, IT),
Vicepresidente Membri sostituti Pier Luigi BERSANI (PSE, IT) Link utili
Proposta della Commissione europea Riferimenti Evelyne GEBHARDT (PSE, DE) |
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La pubblicazione sulla stampa europea di alcune vignette satiriche raffiguranti Maometto ha provocato manifestazioni di protesta e reazioni anche violente da parte di alcune comunità musulmane, soprattutto in Medio oriente, dove ambasciate europee sono state prese d’assalto e saccheggiate. Dopo le dichiarazioni di Consiglio e Commissione, i rappresentanti dei gruppi politici esprimeranno in Aula la loro posizione sul diritto alla libertà d’espressione e al rispetto della fede religiosa. A seguito degli eventi legati alla pubblicazione delle vignette satiriche, il Presidente del Parlamento, Josep BORRELL, anche in veste di Presidente dell’Assemblea euromediterranea, ha dichiarato che «l’Unione europea difende i valori sui quali poggia e la libertà d’espressione è uno di questi valori». Tuttavia, ha aggiunto, «questa libertà ha dei limiti che riguardano il rispetto delle fedi religiose e le sensibilità culturali degli altri». Per il Presidente la libertà di espressione deve evitare qualsiasi offesa, «soprattutto da parte di chi ha una responsabilità particolare nella difesa dei suoi valori». Nel capire che per molti musulmani le vignette pubblicate costituiscono «un insulto alla loro credenze», il Presidente ha tuttavia «condannato fermamente il ricorso alla violenza e l’incitazione a ricorrervi contro beni e persone dell’Unione europea». Al contempo, ha affermato di considerare inaccettabile «la strumentalizzazione di queste pubblicazioni con lo scopo di suscitare reazioni violente». La Presidenza dell’Assemblea euromediterranea, dal canto suo, ha deplorato profondamente l’offesa ai sentimenti religiosi della comunità musulmana ed ha rivolto un appello a favore di un ricorso responsabile alla libertà d’espressione e della libertà di stampa. Inoltre, ha condannato qualsiasi mancanza di rispetto nei confronti delle religioni così come ogni tentativo di incitamento all’odio religioso. Al contempo, la Presidenza ha condannato con fermezza il ricorso alla violenza contro le rappresentanze diplomatiche europee. In un comunicato, il cancelliere austriaco Wolfgang Schûssel ha duramente condannato l'invito di organi musulmani ad organizzare un concorso di caricature sull'Olocausto ed ha rivolto un appello affinché cessi «questa spirale di reciproche provocazioni e offese». Il cancelliere ha poi spiegato che «non vogliamo uno scontro delle culture, bensì pace fra le diverse culture» e si è quindi appellato al senso di responsabilità di tutti i politici, i rappresentanti delle religioni e i giornalisti affinché si adoperino per porre l'attenzione «non sul confronto ma sulla comprensione, il rispetto e dialogo». Né le caricature denigratorie di Maometto né la negazione dell'Olocausto o barzellette vergognose su di esso, ha osservato, «si addicono a un mondo caratterizzato dalla convivenza delle culture e delle religioni». Per dare un segnale positivo al mondo islamico in risposta alle polemiche suscitate dalle vignette su Maometto, l'Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza dell'UE, Javier Solana, farà la prossima settimana una lunga visita in Medio Oriente. Nei giorni precedenti, il Vicepresidente della Commissione europea, Franco FRATTINI, aveva affermato di capire «il sentimento di offesa, di frustrazione e di dolore che colpisce la comunità musulmana», notando come ciò non aiuti certamente il dialogo interreligioso e interculturale. D’altra parte, aveva sottolineato che la libertà di espressione e, conseguentemente, il diritto di critica è «un principio sacrosanto» su cui si fonda l’Europa. Ha però personalmente ritenuto poco opportuna la pubblicazione delle vignette, «anche se il bersaglio della satira non è una religione, bensì un’interpretazione distorta e manipolata di essa, quella che i terroristi usano per fare proselitismo tra i giovani e fanatizzarli, in qualche caso fino all’omicidio-suicidio». Tuttavia, aveva aggiunto, ciò non giustifica assolutamente le reazioni contro la Danimarca, altri paesi o l’Unione europea. Violenze, ricatti, appelli al boicottaggio dei prodotti danesi o addirittura alla limitazione della libertà di stampa, ha detto, sono del tutto inaccettabili e non aiutano certo «la comprensione fra le comunità». Il vicepresidente aveva infine affermato che «non c’è dialogo con chi minaccia il principio universale della libertà, con chi vuole fare paura. Non c’è dialogo senza libertà». Riferimenti Dichiarazioni del Consiglio e della Commissione
- Diritto alla libertà d'espressione e al rispetto della fede
religiosa |
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Consiglio e Commissione interverranno in Aula sulla controversia che oppone la comunità internazionale e l'Iran riguardo, in particolare, alle attività nucleari della Repubblica islamica. Tale questione, assieme al tema dei diritti umani e alle dichiarazioni del Presidente Ahmadinejad su Israele erano già state affrontate dai deputati in diverse occasioni. A seguito del dibattito il Parlamento adotterà una risoluzione. E' da diversi mesi, ormai, che le relazioni dell'Iran con la comunità internazionale sono tese. E' stata l'ascesa alla presidenza del conservatore religioso Ahmadinejad, nell'agosto 2005, ad innescare la miccia. Pochi giorni dopo essere entrato in carica, infatti, l'Iran ha rimosso i sigilli apposti agli impianti di arricchimento dell'uranio, suscitando grande preoccupazione in tutto il mondo, anche perché gli appelli dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (AIEA) sono rimasti inascoltati e i negoziati avviati da emissari europei si sono bruscamente arenati. Successivamente, le clamorose dichiarazioni del Presidente sulla rimozione di Israele dalle carte geografiche non ha fatto che aggiungere benzina sul fuoco, indignando la comunità internazionale. Le istituzioni europee hanno seguito da vicino l'evoluzione della situazione, prendendo in diverse occasioni posizioni molto dure nei confronti dell'Iran ma cercando sempre di tenere aperta la via del dialogo. Nell'ottobre 2005, il Parlamento ha adottato a larghissima maggioranza una risoluzione che chiedeva la sospensione delle attività nucleari e invitava l'Iran a cooperare con l'AIEA. In caso contrario, ammoniva, non sarebbe possibile giungere a una conclusione di un accordo commerciale e di cooperazione tra l'UE e tale paese. I deputati, peraltro, escludevano il ricorso a una soluzione militare. Il mese successivo, il Parlamento reagiva fermamente contro le dichiarazioni del Presidente in merito alla distruzione di Israele e reiterava l'auspicio che fosse trovata una soluzione diplomatica sulla questione nucleare. Le Presidenze britannica e austriaca, così come i Capi di Stato e di governo, hanno anch'esse più volte reagito alla condotta della Repubblica islamica, mentre l'AIEA adottava diverse risoluzioni. Con l'ultima di queste, approvata dal Consiglio dei governatori a inizio febbraio (con i soli voti contrari di Cuba, Siria e Venezuela), prevede di coinvolgere il Consiglio di sicurezza dell'ONU. Link utili
Risoluzione dell'AIEA del 4 febbraio 2006 (inglese) Riferimenti Dichiarazioni del Consiglio e della Commissione
- L'Iran a fronte della comunità internazionale |
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L’Aula esaminerà una relazione che chiede il rafforzamento e l’inclusione della clausola sui diritti dell’uomo in tutti gli accordi siglati dall’UE, al fine di promuovere più efficacemente i diritti umani e la democrazia nel mondo. I deputati avvertono che, se così non fosse, il Parlamento non darà il proprio parere conferme ai nuovi accordi. E’ poi rivendicata una maggiore implicazione del Parlamento nella definizione dei mandati negoziali e nelle procedure di sospensione degli accordi. Sin dai primi anni ’90 l’UE ha inserito nei suoi accordi con i paesi terzi, che fossero di natura commerciale o di associazione, una clausola che sancisce come il rispetto dei principi democratici e dei diritti umani fondamentali costituisca un loro elemento essenziale. Il non rispetto di questa clausola prevede la possibilità di infliggere sanzioni che possono andare dal rinvio di progetti in corso fino all’embargo commerciale. La clausola è ormai presente in 50 accordi che riguardano 120 paesi ma, anche se la sua introduzione ha portato talvolta alla sospensione o alla non entrata in vigore di taluni accordi, la sua applicazione è stata piuttosto limitata. La relazione di Vittorio Emanuele AGNOLETTO (GUE/NGL, IT), adottata dalla commissione per gli affari esteri con un solo voto contrario e due astensioni, si compiace anzitutto della pratica generale di inserire clausole relative ai diritti dell'uomo e alla democrazia nei suoi accordi internazionali, che considera «un elemento fondamentale della politica estera dell'UE». D’altra parte, è chiesto che sia aumentata la trasparenza quando è il momento di applicare la clausola democratica e che vi sia una maggiore partecipazione del Parlamento europeo. Nel ritenere che spetti all’UE vigilare affinché un paese terzo rispetti le norme internazionali in materia di diritti umani al momento della firma dell'accordo, i deputati sottolineano che uno dei motivi che hanno compromesso l'applicazione della clausola «è la genericità della sua stessa formulazione». Essa, infatti, non individua modalità precise di interventi "in positivo" e "in negativo" nell'ambito della cooperazione UE-paesi terzi, «lasciando il campo al Consiglio e alle esigenze nazionali degli Stati membri rispetto a quelle più generali dei diritti umani». Viceversa, i deputati plaudono all'esperienza sin qui maturata in relazione alla clausola democratica contenuta negli Accordi di Cotounou con i paesi ACP che, portando anche alla sospensione temporanea della cooperazione economica e commerciale con alcuni paesi ACP per violazioni gravi dei diritti umani, ha rafforzato «la determinazione e la credibilità dell'Unione europea». Perfezionare la clausola Occorre pertanto elaborare un nuovo testo di "clausola modello", tale da perfezionare l'attuale formulazione, per garantire un approccio «più coerente, efficace e trasparente alla politica europea dei diritti umani negli accordi con i paesi terzi». Il testo dovrebbe tener conto di una serie di principi. In primo luogo, la promozione della democrazia, dei diritti umani, compresi i diritti delle minoranze, dello stato di diritto e della "good-governance" devono essere un elemento fondamentale della cooperazione multilaterale. Inoltre, deve essere chiaro che le parti hanno l'obbligo di conformarsi alle norme che costituiscono un "elemento essenziale" dell'accordo. In particolare, le parti dovrebbero impegnarsi a promuovere i diritti fondamentali definiti dalle diverse dichiarazioni e convenzioni dell'ONU e delle sue agenzie specializzate, come l’Ufficio Internazionale del Lavoro (OIL). In proposito, è ricordato che l'Unione europea è tenuta a dedicare particolare attenzione all'attuazione di politiche per l'uguaglianza di genere e per i diritti della donna e si impegna anche contro ogni discriminazione basata sull'orientamento sessuale o concernente i diritti dei disabili. La clausola, poi, dovrebbe contenere una procedura di consultazione tra le parti, che illustri dettagliatamente i meccanismi politici e giuridici cui ricorrere in caso di richiesta di sospensione della cooperazione bilaterale per violazioni ripetute e/o sistematiche dei diritti umani «in spregio del diritto internazionale». In proposito, è sottolineato che la sospensione è una "extrema ratio" nei rapporti tra l'UE e paesi terzi e che pertanto andrebbe sviluppato un chiaro sistema di sanzioni per offrire misure alternative. La clausola, nondimeno, dovrebbe includere i dettagli di un meccanismo che consenta la temporanea sospensione dell'accordo di cooperazione come pure un "meccanismo di avvertimento" in risposta a una sua violazione. Infine, dovrebbe basarsi sulla reciprocità tenendo conto sia del territorio dell'Unione europea che di quello del paese terzo. Estensione a tutti gli accordi, altrimenti niente parere conforme La relazione chiede che la clausola relativa ai diritti dell'uomo e alla democrazia sia estesa a tutti i nuovi accordi tra l'Unione europea ed i paesi terzi, «siano essi industrializzati o in via di sviluppo», e comprenda anche accordi settoriali, aiuti commerciali, tecnici o finanziari, sull'esempio di quanto fatto con i paesi ACP. Va inoltre estesa la dimensione positiva della clausola sui diritti umani, ricorrendo a misure efficaci per contribuire al godimento dei diritti umani da parte delle rispettive parti e al loro interno, prevedendo una valutazione e un monitoraggio continui dell'attuazione dell'accordo per quanto concerne il godimento dei diritti umani e adottando un approccio imperniato sui diritti umani in sede di attuazione di tutti gli aspetti dell'accordo. I deputati, peraltro, avvertono che il Parlamento non sarà più disposto a concedere il proprio parere conforme a nuovi accordi internazionali se questi non contengono una clausola relativa ai diritti dell'uomo e alla democrazia. Inoltre, chiedono che il Parlamento partecipi alla definizione del mandato negoziale relativo a nuovi accordi con paesi terzi, soprattutto all'elaborazione delle loro finalità politiche e di promozione dei diritti umani. E’ poi deplorato che il Parlamento non sia coinvolto nel processo decisionale concernente l'avvio di una consultazione o la sospensione di un accordo. Per tale motivo, la relazione insiste fermamente sulla necessità che il Parlamento possa codecidere in questo settore e nella decisione di sospendere eventuali ed adeguate misure negative già imposte ad un paese ("sospensione della sospensione"). Riferimenti Vittorio Emanuele AGNOLETTO (GUE/NGL, IT) |
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La Plenaria esaminerà una relazione sugli effetti della globalizzazione sul mercato interno. I deputati reputano che il completamento del mercato unico, anche dei servizi, è fondamentale per raccogliere la sfida e accrescere la competitività dell'UE. A tal fine, è anche chiesto di definire una vera politica industriale europea e sviluppare strategie per incentivare la ricerca e l'innovazione. Occorrono poi sistemi efficaci per proteggere le proprietà intellettuali e le denominazioni d'origine. La relazione di Edit HERCZOG (PSE, HU) ritiene che la globalizzazione non andrebbe considerata esclusivamente come un fattore negativo «foriero di frammentazione sociale», ma anche come un quadro che offre «nuove opportunità sotto forma di accesso al mercato mondiale». D'altra parte, è anche sottolineato, la globalizzazione minaccia di rendere l'UE dipendente dallo sviluppo del commercio mondiale, ed è per tale ragione che «la gestione politica dovrebbe sostenere gli effetti positivi sul mercato interno ed eliminare quelli negativi». In tale contesto, i deputati ritengono che il completamento del mercato interno rappresenti la risorsa più importante dell'UE per «massimizzare i vantaggi della globalizzazione», e ne rilevano quindi l'importanza. Oltre che per i settori finanziario e del lavoro, sottolineano che la creazione di un mercato interno dei servizi è fondamentale per realizzare gli obiettivi della strategia di Lisbona e, quindi, per accrescere la competitività dell'Unione europea sul mercato mondiale. Alla Commissione è poi chiesto di monitorare «segni di protezionismo» negli Stati membri, informandone regolarmente il Parlamento. Mantenere lo stile di vita europeo Ciò nondimeno, sono anche poste in rilievo le preoccupazioni espresse dall'Esecutivo a proposito dell'impatto della globalizzazione sui lavoratori europei. E' infatti notato che la sfida della liberalizzazione degli scambi con paesi terzi che applicano norme poco rigorose in materia di lavoro e ambiente «costituisce una sfida considerevole per la competitività dell'economia europea e richiede enormi adeguamenti dei modelli economici e sociali europei». Tuttavia, è anche precisato che l'Unione deve realizzare gli obiettivi che si prefigge «senza abbandonare i suoi valori storici e sociali e senza rinunciare agli standard elevati che caratterizzano lo stile di vita europeo». Per i deputati, tuttavia, la strategia di Lisbona in quanto piano economico generale può risultare insufficiente per affrontare la globalizzazione. Pertanto chiedono che siano sviluppate altre linee d'azione specifiche «per smorzare gli effetti negativi della globalizzazione e contribuire a trarre vantaggio dai suoi effetti positivi» (come il Fondo di adeguamento alla globalizzazione). Commissione e Stati membri sono quindi sollecitati a definire strategie efficaci «che consentano di salvaguardare i valori europei in un ambiente globale competitivo e di attuare tali valori nella definizione di politiche globali». Verso un'autentica politica industriale europea La Commissione, d'altra parte, è invitata a vigilare sulla competitività dell'industria dell'UE nel suo insieme, a sviluppare un'autentica politica industriale dell'UE e ad avviare un processo di vaglio dei settori particolarmente interessati dalla globalizzazione. In proposito, i deputati riconoscono l'esigenza di creare un ambiente sano e propizio alle piccole e medie imprese e di rafforzare la loro posizione e il loro accesso all'innovazione e a strumenti finanziari. Il mercato interno, poi, deve esercitare sufficiente attrattiva da risultare la migliore scelta disponibile per le imprese e gli investitori globali. Istruzione, ricerca e innovazione come fattori competitivi Consiglio e Stati membri sono sollecitati a mantenere e sviluppare «la tradizione europea di eccellenza» e, quindi, ad assicurare in via prioritaria l'instaurazione di un sistema educativo di alto livello corredato della rispettiva base finanziaria per la ricerca e lo sviluppo e per l'innovazione. Nel riconoscere poi la necessità di un sistema comune di gestione della conoscenza, dotato di strumenti efficaci di protezione, così come la necessità di un programma efficace per convertire l'innovazione in investimenti e in valore economico, i deputati sottolineano che occorre proteggere i diritti di proprietà intellettuale e industriale. Ciò può essere realizzato anche mediante la creazione di sistemi integrati ed efficienti di concessione di brevetti e attraverso una regolamentazione e un controllo efficaci per quanto riguarda la contraffazione, al fine di tutelare gli interessi economici europei. In proposito, sono chiesti anche l'applicazione di regole chiare in materia di etichettatura e il rispetto delle denominazioni d'origine. Politica commerciale Alla Commissione è chiesto di potenziare l'accesso preferenziale al mercato dell'UE per quei paesi terzi che abbiano ratificato e applicato in modo adeguato le convenzioni internazionali fondamentali in materia di lavoro e ambiente nonché di accordare un ulteriore accesso preferenziale al mercato ai paesi che abbiano adottato una legislazione in materia di protezione sociale e ambientale e di rispetto delle diversità culturali. D'altra parte, l'Esecutivo è invitato a procedere ad una valutazione dell'impatto sul mercato interno di un'ulteriore apertura multilaterale dei mercati nei settori dell'agricoltura, dell'industria e dei servizi, e a condividere i risultati di tale valutazione con i vari soggetti interessati prima di formulare la sua strategia di negoziazione commerciale nell'ambito dei negoziati commerciali internazionali. Libera circolazione dei lavoratori La relazione plaude agli Stati membri che hanno aperto il proprio mercato del lavoro ai cittadini dei nuovi Stati membri, «fornendo così un contributo significativo allo sviluppo di un mercato interno dell'occupazione, caratterizzato da maggiore mobilità e maggiore concorrenza». Gli Stati membri che ancora mantengono restrizioni al riguardo, d'altra parte, sono invitati a eliminare gli ostacoli che si frappongono alla libera circolazione dei lavoratori. Link utili Comunicazione della Commissione: I valori europei nel mondo globalizzato Riferimenti Edit HERCZOG (PSE, HU) |
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Il Parlamento è chiamato ad approvare il testo comune - concordato in sede di comitato di conciliazione - sulla direttiva volta a proteggere i lavoratori dai rischi derivanti dalle radiazioni ottiche. Consiglio e Parlamento hanno deciso di escludere dalla normativa le radiazioni naturali come quelle del sole. I datori di lavoro dovranno valutare i rischi e prendere le contromisure. I lavoratori dovranno essere debitamente informati e, in caso di esposizione, avranno diritto a visite mediche. La direttiva stabilisce prescrizioni minime di protezione dei lavoratori contro i rischi per la loro salute e la loro sicurezza che derivano, o possono derivare, dall'esposizione alle radiazioni ottiche artificiali durante il lavoro. Essa riguarda, in particolare, i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori dovuti agli effetti nocivi sugli occhi e sulla cute derivanti dall'esposizione alle radiazioni ottiche artificiali. La direttiva fissa quindi dei limiti all'esposizione e chiede ai datori di lavoro di procedere a delle valutazioni dei rischi. Sono poi previste delle misure volte a garantire i diritti dei lavoratori all'informazione, alla formazione, alla consultazione e a dei controlli sanitari. L'insieme delle disposizioni, non mirano solo ad assicurare la salute e la sicurezza di ciascun lavoratore considerato individualmente, ma anche a creare per tutti i lavoratori della Comunità una piattaforma minima di protezione che eviti possibili distorsioni di concorrenza. Le delegazioni del Consiglio e del Parlamento hanno concordato, in sede di comitato di conciliazione, un testo comune che i deputati suggeriscono all'Aula di approvare, poiché ritengono che gran parte degli emendamenti proposti dal Parlamento in seconda lettura sia stata accolta e che sugli altri siano stati raggiunti compromessi soddisfacenti. I principali punti di attrito tra le due istituzioni riguardavano la protezione dalle esposizioni alle radiazioni ottiche naturali nonché l'obiettivo e l'attuazione della sorveglianza sanitaria. La direttiva tutela i lavoratori da qualsiasi radiazione ottica elettromagnetica nella gamma di lunghezze d'onda comprese tra 100 nm e 1 mm, il cui spettro si suddivide in radiazioni ultraviolette, radiazioni visibili e radiazioni infrarosse. Di conseguenza, non sono compresi nel campo d'applicazione, le radiazioni ionizzanti come i raggi X o gamma, né i campi elettromagnetici del tipo microonde o frequenze radio. No alle radiazioni naturali In seconda lettura, il Parlamento attribuiva alle autorità nazionali - e non all'Unione - il compito di determinare se e come i datori di lavori dovessero valutare i rischi per la salute legati all'esposizione alle radiazioni naturali emesse dal sole nonché quali misure avrebbero dovuto prendere. Il Consiglio, invece, riteneva che i datori di lavoro non dovessero solamente valutare i rischi, ma anche definire un piano d'azione da applicare in caso di identificazione di un rischio. L'accordo cui sono giunte le due delegazioni esclude dal campo d'applicazione della direttiva qualsiasi riferimento alle radiazioni naturali e lo restringe quindi alle sole radiazioni artificiali. Questa decisione ha preso corpo anche dal fatto che i Servizi giuridici di tutte e tre le Istituzioni avevano sostenuto che la protezione dei lavoratori dalle esposizioni alle radiazioni ottiche naturali è già contemplata dalla direttiva quadro concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (89/391/CEE). Questa direttiva, infatti, impone agli Stati membri di garantire che i datori di lavoro adottino tutte le misure necessarie per garantire «la sicurezza e la salute dei lavoratori in tutti gli aspetti connessi con il lavoro». Valutazione dei rischi Il datore di lavoro, in caso di lavoratori esposti a sorgenti artificiali di radiazioni ottiche, dovrà valutare e, se necessario, misurare e/o calcolare i livelli delle radiazioni ottiche a cui possono essere esposti i lavoratori, in modo da identificare e mettere in pratica le misure richieste per ridurre l'esposizione ai limiti applicabili. In occasione di queste valutazioni, che dovranno essere realizzate a intervalli «idonei», dovrà essere prestata particolare attenzione al livello, alla gamma di lunghezze d'onda e alla durata dell'esposizione a sorgenti artificiali di radiazioni ottiche e ai valori limite di esposizione. Ma anche a qualsiasi effetto sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori appartenenti a gruppi a rischio particolarmente esposti, nonché a qualsiasi eventuale effetto sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori risultante dalle interazioni sul posto di lavoro tra le radiazioni ottiche e le sostanze chimiche fotosensibilizzanti e a qualsiasi effetto indiretto come l'accecamento temporaneo, le esplosioni o il fuoco. Dovrà, inoltre, tenersi conto dell'esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate per ridurre i livelli di esposizione alle radiazioni ottiche artificiali e, per quanto possibile, delle informazioni adeguate raccolte nel corso della sorveglianza sanitaria. Andranno poi considerate le sorgenti multiple di esposizione alle radiazioni ottiche artificiali e le informazioni fornite dai fabbricanti delle sorgenti di radiazioni ottiche e delle relative attrezzature di lavoro. Disposizioni miranti ad eliminare o a ridurre i rischi Tenuto conto del progresso tecnico e della disponibilità di misure per controllare il rischio alla fonte, è chiesto che i rischi derivanti dall'esposizione alle radiazioni ottiche artificiali siano «eliminati alla fonte o ridotti al minimo». I datori di lavoro, sulla base della valutazione dei rischi dovranno quindi definire e attuare dei piani d'azione che riguardano misure tecniche e/o organizzative destinate ad evitare l'esposizione che superi i valori limite. Questi piani, più in particolare dovranno tenere conto della progettazione e della struttura dei luoghi e delle postazioni di lavoro, di altri metodi di lavoro che riducono i rischi derivanti dalle radiazioni ottiche, della scelta di attrezzature che emettano meno radiazioni ottiche e delle misure tecniche per ridurre l'emissione delle radiazioni ottiche, incluso se necessario l'uso di dispositivi di sicurezza, schermatura o analoghi meccanismi di protezione della salute. Ma andrebbero anche definiti degli opportuni programmi di manutenzione delle attrezzature di lavoro, dei luoghi e delle postazioni di lavoro e andrebbe presa in considerazione la limitazione della durata e del livello dell'esposizione. Per facilitare l'attuazione della direttiva alla Commissione è chiesto di redigere una guida pratica destinata ai datori di lavoro e, in particolare, ai responsabili delle PMI. Informazione e formazione dei lavoratori Il datore di lavoro dovrà anche garantire che i lavoratori esposti ai rischi derivanti dalle radiazioni ottiche artificiali sul luogo di lavoro e/o i loro rappresentanti ricevano le informazioni e la formazione necessarie in relazione al risultato della valutazione dei rischi. Sorveglianza sanitaria Gli Stati membri saranno tenuti ad adottare le misure necessarie per garantire l'adeguata sorveglianza sanitaria dei lavoratori, con l'obiettivo di prevenire e di scoprire tempestivamente effetti negativi sulla salute, nonché prevenire rischi a lungo termine per la salute e rischi di malattie croniche derivanti dall'esposizione a radiazioni ottiche. Qualora sia scoperta un'esposizione ai valori limite, il lavoratore interessato avrà il diritto a una visita medica conformemente alla legislazione ed alla prassi nazionali. Tale visita medica potrà essere effettuata anche quando la sorveglianza sanitaria riveli che un lavoratore soffre di una malattia o effetto nocivo sulla salute identificabili che possono essere attribuiti all'esposizione a radiazioni ottiche artificiali sul luogo di lavoro. Sanzioni Gli Stati membri sono tenuti a prevedere l'applicazione di sanzioni adeguate in caso di violazione della normativa nazionale adottata ai termini della presente direttiva. Le sanzioni dovranno essere effettive, proporzionate e dissuasive. Background L'originale proposta della Commissione data del 1993 e prevedeva delle prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici quali il rumore, le vibrazioni meccaniche, le radiazioni ottiche, i campi e le onde elettromagnetici. Nel 1999, tuttavia, il Consiglio ha deciso di dividere la proposta iniziale nelle sue parti costituenti e di adottare una singola direttiva per ogni tipo di agente fisico. Il Parlamento e il Consiglio hanno quindi adottato a loro volta la direttiva 2002/44/CE sulle vibrazioni, la direttiva 2003/10/CE sul rumore e la direttiva 2004/40/CE sui campi elettromagnetici. La proposta di direttiva sulla protezione dei lavoratori dai rischi derivanti dall'esposizione alle radiazioni ottiche è quindi l'ultima parte restante della proposta iniziale della Commissione, che si è rivelata però anche la più difficile da risolvere. Link utili
Testo comune approvato dal comitato di conciliazione Riferimenti Csaba ŐRY (PPE/DE, HU) |
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Il Parlamento esaminerà in seconda lettura la proposta di direttiva volta ad armonizzare le disposizioni in materia di formazione e rilascio delle licenze dei controllori del traffico aereo, nonché ad agevolare il riconoscimento reciproco delle licenze nazionali. La commissione per i trasporti raccomanda alla Plenaria di approvare la posizione comune del Consiglio, poiché riprende in larga parte gli emendamenti proposti dal Parlamento in prima lettura. L'obiettivo ultimo della proposta è di aumentare i livelli di sicurezza e migliorare il funzionamento del sistema di controllo del traffico aereo nella Comunità tramite il rilascio di una licenza comunitaria di controllore del traffico aereo. La proposta si inserisce ed integra la legislazione tesa alla creazione di un cielo unico europeo. In tale contesto, nel 2004 sono stati approvati quattro regolamenti che apportano modifiche sostanziali al settore della gestione del traffico aereo e interessano gli aspetti istituzionali, economici, tecnici e sociali del pacchetto "cielo unico europeo". Nel marzo 2005, in prima lettura, il Parlamento aveva proposto 21 emendamenti alla proposta della Commissione. In seguito al voto in seduta plenaria sono stati avviati incontri informali tra il Parlamento, la Commissione e il Consiglio che sono sfociati in un compromesso. Nel mese di novembre, il Consiglio ha quindi adottato una posizione comune - sostenuta anche dalla Commissione - che è molto vicina a quella del Parlamento. E' per tale motivo che la relazione di Christine DE VEYRAC (PPE/DE, FR) raccomanda alla Plenaria di approvare la posizione comune senza ulteriori modifiche. Ambito di applicazione La direttiva si applicherà agli allievi controllori del traffico aereo e ai controllori del traffico aereo «che esercitano la loro attività sotto la responsabilità di fornitori di servizi di navigazione aerea che offrono i loro servizi prevalentemente a movimenti di aeromobili del traffico aereo generale». Rispetto alla proposta della Commissione, l’impatto della direttiva sul traffico aereo civile controllato da prestatori di servizi che operano principalmente nel settore del traffico aereo militare è stato ridefinito per fare sì che l’approccio utilizzato sia in linea con quello adottato nel quadro della legislazione relativa al cielo unico europeo. Con "servizi di controllo del traffico aereo", si intendono i servizi prestati al fine di prevenire collisioni fra aeromobili e, nell'area di manovra, collisioni fra aeromobili ed eventuali ostacoli, nonché al fine di accelerare e mantenere un flusso ordinato di traffico aereo. Il "fornitore di servizi di navigazione aerea" è invece il soggetto pubblico o privato che fornisce i servizi di navigazione aerea per il traffico generale. Per "traffico aereo generale" s'intende l'insieme dei movimenti di aeromobili civili, nonché l'insieme dei movimenti di aeromobili di Stato (compresi gli aeromobili militari, dei servizi doganali e della polizia) quando questi movimenti sono svolti secondo le procedure dell'ICAO. Questioni sociali In risposta alle preoccupazioni espresse dal Parlamento europeo, un considerando precisa che la direttiva non avrà alcun effetto sulle disposizioni nazionali in vigore che regolano il rapporto di lavoro tra controllori e datori di lavoro e che l’adozione di nuove misure di applicazione comporterà la consultazione delle parti sociali a livello europeo. Requisiti linguistici In molti inconvenienti e incidenti la comunicazione è d’importanza fondamentale. Per questo motivo l’ICAO ha stabilito dei requisiti in tema di competenze linguistiche al fine di ottenere una licenza. In forza alla direttiva, gli Stati membri devono provvedere affinché i controllori del traffico aereo comprovino la capacità «di comprendere e parlare l’inglese a un livello soddisfacente». Il requisito di base proposto dalla Commissione in materia di competenze linguistiche è stato mantenuto. I controllori dovranno quindi possedere un livello operativo 4 di conoscenza della lingua inglese. Tuttavia, come auspicato dal Parlamento, gli Stati membri che lo ritengono necessario possono esigere anche la conoscenza della lingua locale, cui ricorrere, soprattutto, per comunicare con i servizi di emergenza. La posizione comune, in seguito alle richieste del Parlamento, autorizza ugualmente gli Stati membri a esigere il livello avanzato (livello 5) per motivi tassativi di sicurezza. La competenza linguistica dev'essere attestata da un certificato rilasciato in seguito a una valutazione obiettiva e trasparente approvata dall'autorità nazionale di vigilanza. Un allegato della direttiva descrive dettagliatamente il tipo di comunicazione che un controllore deve essere in grado di realizzare e le capacità linguistiche necessarie per ogni livello operativo. Miglioramento del riconoscimento reciproco Le licenze e tutte le qualifiche, le menzioni riportate su queste ultime e gli attestati linguistici e medici che vi sono associati sono chiaramente soggetti al principio del reciproco riconoscimento senza condizioni. Tuttavia, uno Stato membro può decidere di riconoscere solo le licenze dei titolari che hanno raggiunto l'età minima di 21 anni. Inoltre, il titolare di una licenza che eserciti la propria attività in uno Stato membro diverso da quello in cui la licenza è stata rilasciata ha il diritto di sostituire la propria licenza con una licenza rilasciata dallo Stato membro nel quale esercita la sua attività. Ruolo delle autorità nazionali di controllo L’autorità nazionale che ha rilasciato le licenze, le qualifiche e le relative menzioni è la sola abilitata a ritirarle. L’autorità nazionale dello Stato membro nel quale il controllore esercita la sua attività è tuttavia responsabile della conservazione delle qualifiche e delle menzioni e può inoltre sospenderle in via provvisoria. Disposizioni transitorie applicabili agli attuali titolari di licenze Le condizioni richieste in materia di limite di età e di formazione per accedere alla professione, nonché il requisito relativo al completamento di una formazione iniziale riconosciuta, non sono applicabili agli attuali titolari di licenze. Sanzioni Gli Stati membri dovranno stabilire le norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate a norma della direttiva e prendere tutti i provvedimenti necessari per garantirne l'attuazione. Le sanzioni dovranno essere effettive, proporzionate e dissuasive. Link utili Posizione comune del Consiglio Riferimenti Christine DE VEYRAC (PPE/DE,
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Il Parlamento è consultato sulla proposta di direttiva che stabilisce norme minime per la protezione dei polli allevati per la produzione di carne. I deputati chiedono norme più rigorose a tutela dei volatili e auspicano un'etichetta più completa delle carni, inclusa la loro origine. L'Esecutivo è sollecitato a controllare e, se del caso, vietare l'importazione di polli da paesi terzi provenienti da allevamenti che non rispettano disposizioni in materia di benessere analoghe a quelle europee. La proposta della Commissione intende migliorare il benessere degli animali nell’allevamento intensivo di polli mediante norme tecniche e di gestione per gli stabilimenti, compresi un potenziamento della sorveglianza sugli allevamenti e un maggiore flusso d’informazioni tra produttore, autorità competenti e macello sulla base di un monitoraggio riguardante specificamente l’aspetto del benessere. Al settore, fino ad oggi, si applicano solo le norme generali della direttiva 98/58/CE riguardante la protezione degli animali negli allevamenti. Densità limitata La direttiva si applica ai polli allevati per la produzione di carne, ma non agli stabilimenti con meno di 100 animali, a quelli con gruppi di polli da riproduzione e agli incubatoi. Gli Stati membri, d'altra parte, restano liberi di adottare misure più rigorose. La Commissione propone che nelle singole unità degli stabilimenti sia rispettata una densità di polli per metro quadro che non superi i 30 chilogrammi di peso vivo. I deputati, pur concordando su tale limite, chiedono che la densità massima sia calcolata come media degli ultimi tre gruppi per consentire una leggera variazione nel peso degli animali, dovuta a fattori indipendenti dalla volontà dell'allevatore, come ad esempio un ritardo nella macellazione. Tuttavia, per ogni gruppo, la densità non potrà superare i 32 kg/m2. Se l'allevatore si attiene a norme supplementari, specificate in un altro allegato, la Commissione lasciava la facoltà agli Stati membri di derogare alla norma generale, consentendo loro di fissare una densità di 38 kg/m2. I deputati, come nel caso precedente, inseriscono invece il principio della media, stabilendo a 40 kg il limite per singolo gruppo. Tuttavia, chiedono che, a partire dal 2013, la densità di allevamento degli animali non possa superare i 34 kg/m2 e, prevedendo sempre il gioco della media, limitano la densità per un qualsiasi gruppo a 36 kg/m2. Le norme sulla densità non si applicano però ai polli allevati all’aperto. Altre norme In un allegato della direttiva è specificata una serie di norme dettagliate che debbono essere rispettate in tutti gli stabilimenti riguardo agli abbeveratoi, alla somministrazione del mangime, allo strame, alla ventilazione, al riscaldamento, al rumore e alla luce. Ma anche in materia di ispezioni, di pulizia, di tenuta dei registri e di interventi chirurgici. A tale proposito, i deputati estendono a tutti gli stabilimenti, intensivi o meno, le disposizioni relative ai sistemi di ventilazione, riscaldamento e raffreddamento. Ad esempio, la temperatura interna non potrà superare quella esterna di più di 3 gradi, quando quest'ultima è superiore a 30° C, mentre l'umidità relativa non potrà superare il 70%, quando la temperatura esterna è inferiore a 10° C. Inoltre, elevano da 20 a 50 lux l'intensità dell'illuminazione priva di sfarfallio negli edifici in cui sono allevati i polli durante le ore di luce e sopprimono la facoltà di troncare il becco ai polli per prevenire «plumofagia e cannibalismo». Etichettatura della carne di pollo Non oltre i sei mesi successivi alla data di adozione della presente direttiva, al posto dei due anni proposti dalla Commissione, quest'ultima dovrà presentare al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulla possibile introduzione di «un sistema di etichettatura specifico, armonizzato e obbligatorio a livello comunitario per la carne, i prodotti della carne e i preparati di carne di pollo». Tale relazione dovrà essere basata sul rispetto dei criteri relativi al benessere degli animali e, aggiungono i deputati, «corredata di chiare informazioni sulle norme di produzione e sull'origine del prodotto». A loro parere, inoltre, sull'etichetta dovranno figurare la densità di allevamento dei polli negli stabilimenti, l'età dell'animale o altri parametri di cui il consumatore auspica si tenga conto. Per i deputati, d'altra parte, i sistemi volontari per l’etichettatura della carne di pollo meritano di essere fortemente incoraggiati dalle organizzazioni dei produttori, dalle autorità competenti degli Stati membri e dalla Commissione «poiché rispondono ad una domanda crescente da parte dei consumatori». La chiarezza delle informazioni fornite, infatti, consente di operare una scelta responsabile al momento dell'acquisto, nell'interesse dell'allevatore, del consumatore e degli animali. La relazione dovrà anche considerare le possibili implicazioni socioeconomiche, gli effetti sulle controparti economiche della Comunità e la conformità del sistema di etichettatura con le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio. Infine, dovrà essere accompagnata da proposte legislative adeguate, tenendo conto di tali considerazioni e dell’esperienza ottenuta dagli Stati membri nell’applicazione dei sistemi di etichettatura volontari. Sanzioni Gli Stati membri dovranno definire le norme sulle sanzioni applicabili alle infrazioni delle disposizioni nazionali adottate in base alla direttiva e prendere tutte le misure necessarie per garantirne l’attuazione. Le sanzioni dovranno essere efficaci, proporzionate e dissuasive. I deputati, in proposito, aggiungono che, salvo in casi manifesti di abbandono o di maltrattamento che richiedono un intervento immediato, le sanzioni dovranno essere anche graduali. Per i deputati, inoltre, la Commissione dovrà adoperarsi per stabilire una norma ai sensi della quale gli esportatori che immettono carne di pollo sul mercato europeo dovrebbero soddisfare gli stessi requisiti in materia di benessere animale cui si attengono gli allevatori europei. Occorre quindi che l'Esecutivo controlli e, se del caso, vieti l'importazione di polli da paesi terzi provenienti da allevamenti che non rispettano disposizioni in materia di benessere analoghe a quelle che saranno adottate dall'Unione europea. L'allevamento di polli in Europa e in Italia L’allevamento di polli per la produzione di carne è un comparto importante del settore dell’allevamento nell’UE. Ciò è dimostrato dal fatto che ogni anno nell’UE a 15 sono macellati più di 4 miliardi di polli per produrre carne, un numero di animali superiore a quello di ogni altro sistema di allevamento. Con l’adesione dei dieci nuovi Stati membri il 1° maggio 2004, la quota è aumentata di circa il 18%. La produzione degli allevamenti italiani è più che sufficiente a rispondere alla domanda dei consumatori nazionali. In Italia operano 6.000 allevamenti, 173 macelli, 517 imprese di prima e seconda lavorazione e 1.000 mangimifici che danno complessivamente lavoro ad 80.000 addetti, per una produzione complessiva di 1,13 milioni di tonnellate di carne ed un fatturato di 3,3 milioni di euro. Link utili Riferimenti Thijs BERMAN (PSE, NL) |
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Gestione dei rischi in agricoltura Il Parlamento esaminerà una relazione sulla gestione dei rischi in agricoltura che chiede più attenzione ai rischi derivanti dalla liberalizzazione degli scambi e alle crisi causate dalle restrizioni imposte dai paesi terzi alle esportazioni di prodotti UE. Sono poi difesi gli strumenti di intervento nei settori dell’ortofrutta e del vino. Nel chiedere aiuti per l’acquisto di combustibili, è accettato il principio del cofinanziamento delle misure anticrisi, ma non con l’1% della modulazione. Pur compiacendosi dell'approccio adottato dalla Commissione che consiste nell'esaminare diverse opzioni per la gestione dei rischi e delle crisi, la relazione d’iniziativa di GRAEFE ZU BARINGDORF (Verdi/ALE, DE) formula però riserve quanto alla filosofia che sottende alcune proposte, «improntate esclusivamente alla compensazione e all'indennizzo». La Commissione è quindi invitata a dare più spazio a misure preventive per ridurre i rischi ed evitare le crisi, come il ricorso alla vaccinazione e un migliore controllo sulle importazioni illegali. Per conferire maggiore coerenza alla politica di gestione dei rischi e delle crisi, secondo i deputati, occorre fare in modo che le imprese assicurative, pubbliche o private, svolgano la loro attività di assicurazione diretta per la copertura dei rischi assicurabili sia autonomamente sia nell'ambito di un regime di assicurazione agricola. Gli Stati, invece, dovrebbero limitarsi alla copertura dei rischi connessi a calamità naturali non assicurabili e, a certe condizioni, andrebbe consentito il finanziamento statale di tali attività. Inoltre, occorre autorizzare gli aiuti di Stato a sostegno dei premi di assicurazione e il finanziamento statale della riassicurazione delle imprese assicurative, a condizione di inserirsi nel quadro comunitario. In caso di adozione di un quadro comune per la politica delle assicurazioni e degli indennizzi nel settore agricolo sarebbe possibile prevedere un finanziamento comunitario a copertura di parte dei costi relativi alla costituzione e al funzionamento dei sistemi di tutela del reddito agricolo. Oppure, il finanziamento nazionale e quello comunitario dovranno essere resi compatibili con le normative attuali o future stabilite nell'ambito dell'accordo dell'OMC. Inoltre, potrebbero essere finanziati esclusivamente i sistemi che soddisferanno gli standard minimi nel quadro della politica comune o che rispetteranno uno scadenzario degli adeguamenti necessari. Le proposte della Commissione, secondo i deputati, non tengono sufficientemente conto dei rischi e delle possibili crisi connessi alla liberalizzazione dei mercati agricoli nell'ambito dei negoziati dell'OMC. L’Esecutivo è quindi invitato a valutare più attentamente strumenti e misure intesi a prevenire e affrontare efficacemente il crollo dei prezzi, le crisi dei mercati, la perdita di reddito per gli agricoltori e tutti gli ostacoli che si frappongono al proseguimento della loro attività. Ma dovrebbe anche effettuare un'analisi del ruolo delle misure che aumentano i prezzi di costo nel settore del benessere degli animali e all'ambiente. Occorre inoltre che le proposte della Commissione tengano conto delle situazioni di crisi che colpiscono gravemente i produttori comunitari e derivano da restrizioni instaurate da paesi terzi alle esportazioni dei prodotti agricoli dell'Unione europea. Pertanto, i deputati invitano la Commissione a completare di conseguenza la definizione di situazione di crisi. Dichiarandosi decisamente contrari a rinunciare alle preferenze comunitarie, i deputati ritengono inoltre «assolutamente indispensabile» esaminare attentamente gli strumenti e le misure europee e nazionali per prevenire i rischi e gestire le crisi. Al riguardo è segnalata soprattutto la possibilità di orientare l'offerta per evitare una sovrapproduzione e un crollo dei prezzi. Per questo motivo, ritengono che siano ancora giustificate le misure previste dalle organizzazioni comuni di mercato (OCM) in settori particolarmente sensibili come quello della produzione di frutta e verdura e reputa necessario mantenerle nell'ambito dell'imminente riforma dell'OCM degli ortofrutticoli. La Commissione è inoltre invitata ad instaurare un meccanismo di salvataggio al quale si potrebbe ricorrere nelle situazioni di crisi che colpiscono, oltre all'OCM della carne bovina, anche altri settori come gli ortofrutticoli, il vino, la carne suina e il pollame. A tale scopo andrebbe valutata l'efficacia di talune misure specifiche quali l'aiuto allo stoccaggio in caso di crollo dei prezzi, l'aiuto alla trasformazione finalizzato al decongestionamento del mercato, l'adozione di misure di promozione come quelle a cui si è ricorso dopo la crisi della BSE e l'aiuto alla riduzione volontaria della produzione. In considerazione dello smantellamento tariffario di vasta portata concordato nell'ambito dell'OMC per i prodotti agricoli, è poi raccomandato che le condizioni di accesso al mercato siano definite a titolo di misura preventiva così da evitare un dumping economico, ecologico e sociale. I prelievi alle importazioni di prodotti agricoli, inoltre, sono considerati ancora giustificati quando le condizioni di produzione sono tali da violare i diritti dell'uomo nonché gli accordi internazionali e la legislazione europea relativa alla tutela dell'ambiente e degli animali. Il ricavato di tali prelievi, è proposto, potrebbe essere utilizzati per garantire la sicurezza alimentare e prevenire le crisi nei paesi in via di sviluppo interessati. I deputati, d’altra parte, ritengono accettabile un cofinanziamento delle misure volte ad evitare i rischi e a far fronte alle crisi da parte della Commissione, degli Stati membri, dell'industria agricola e delle aziende agricole, «purché possa avere un carattere vincolante e non comporti disuguaglianze fra Stati membri e gruppi di agricoltori». Tuttavia, sono contrari alla proposta della Commissione di finanziare la gestione dei rischi e delle crisi solo attraverso l'1% della modulazione. Piuttosto, è indispensabile un aumento dei fondi per la prevenzione delle crisi, compresa la riserva e pertanto è proposto di derogare al principio dell'annualità di bilancio per far fronte alle oscillazioni del fabbisogno in situazioni di crisi. L’Esecutivo è poi invitato ad elaborare un'analisi quantitativa che consenta una valutazione attendibile degli effetti della carenza di petrolio che si profila, nonché a definire possibili scenari al fine di affrontare il problema, prevedendo la possibilità di concedere un aiuto all'acquisto dei combustibili in periodi di abnorme aumento dei prezzi. Inoltre, andrebbe resa al contempo più attraente per i produttori la coltivazione di piante energetiche, aumentando sostanzialmente gli aiuti per ettaro di produzione. Calamità naturali: cofinanziamento da parte di assicurazioni private La relazione accoglie con soddisfazione le considerazioni della Commissione relative al cofinanziamento dei premi assicurativi versati dagli agricoltori per l'assicurazione contro le calamità naturali o per il sostegno a sistemi di riassicurazione. Questa soluzione, pero’ richiede maggiori finanziamenti sia da parte del bilancio comunitario che dei bilanci nazionali rispetto alla modulazione proposta dell'1% e andrebbe quindi prevista la possibilità di sostenere questa formula facendo ricorso ai bilanci nazionali. La Commissione è poi invitata a creare un sistema di assicurazione pubblico, finanziato dall'Unione europea, per ognuno dei singoli settori e modi di produzione, e a instaurare un sistema di riassicurazione coerente e accessibile a tutti gli Stati membri nel quadro della politica agricola comune. Fondi di mutualizzazione dei rischi Condividendo l’idea ella Commissione di promuovere i fondi di mutualizzazione dei rischi costituiti dai produttori, i deputati segnalano al riguardo «la grande importanza» delle organizzazioni di produttori, «che possono ottenere una migliore copertura in ragione della ripartizione dei rischi e della concentrazione degli interessi rispetto ai mercati finanziari e alle assicurazioni private». Sono poi sottolineati i vantaggi della responsabilità collettiva nel caso di fondi settoriali o intersettoriali e alla Commissione è rivolto un invito ad esaminare le possibilità di tutelare gli agricoltori da crolli dei prezzi attraverso mercati a termine e garanzie dei prezzi, ovvero dalle perdite di merci facendo ricorso a regimi di assicurazione privati. Sono inoltre indispensabili misure di accompagnamento a livello nazionale e comunitario per incoraggiare gli apporti e i contributi del settore privato mediante agevolazioni fiscali e creditizie e facilitare così la partecipazione dei produttori ai previsti fondi di mutualizzazione dei rischi. Fornitura di una copertura di base contro le crisi dei redditi Nel prendere atto delle proposte della Commissione sulla fornitura di una copertura di base contro le crisi dei redditi, i deputati ritengono che tale questione vada esaminata nell'ambito della futura riforma della PAC. In proposito, peraltro, sottolineano le difficoltà incontrate nel verificare e individuare il danno subito e le perdite di reddito e, pertanto, ritengono che un tale sistema comporterebbe pesanti formalità amministrative e costi elevati. Di conseguenza, la Commissione è invitata a non prevedere, in caso di crisi, aiuti pubblici al reddito che siano in concorrenza con i regimi assicurativi privati ma, piuttosto, «a rendere molto più affidabili ed efficaci tali regimi attraverso adeguati sistemi di controllo che li responsabilizzino». Link utili Comunicazione della Commissione al Consiglio relativa alla gestione dei rischi e delle crisi nel settore agricolo Riferimenti Friedrich-Wilhelm GRAEFE zu BARINGDORF
(Verdi/ALE, DE) |
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Strategia per lo sviluppo rurale: combinare tradizione e innovazione Prodotti tradizionali di qualità e colture energetiche, folklore e tecnologie dell’informazione, servizi e rinnovo generazionale. Sono queste alcune delle piste suggerite dai deputati con la relazione all’esame della Plenaria al fine di promuovere lo sviluppo rurale nel rispetto delle priorità comunitarie. Più in generale è chiesto di lasciare un più ampio margine di manovra agli Stati membri per adattare le priorità europee alle loro situazioni particolari. Gli orientamenti strategici per il periodo di programmazione che va dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013 individuano i settori di interesse per la realizzazione delle priorità comunitarie, in particolare in relazione agli obiettivi di sostenibilità fissati dal Consiglio europeo di Göteborg e alla luce della strategia di Lisbona rinnovata per la crescita e l’occupazione. Sulla base degli orientamenti strategici, ciascuno Stato membro dovrebbe elaborare la propria strategia nazionale di sviluppo rurale, che costituirà il quadro di riferimento per la preparazione dei programmi di sviluppo rurale. Più in particolare, gli orientamenti strategici comunitari per lo sviluppo rurale serviranno a: - individuare e definire di comune accordo i settori in cui l’erogazione del sostegno comunitario a favore dello sviluppo rurale crea il maggior valore aggiunto a livello comunitario; - correlarsi alle principali priorità dell’Unione e dar loro un’attuazione concreta nella politica dello sviluppo rurale; - garantire la coerenza con le altre politiche dell’Unione, in particolare con le politiche della coesione e dell’ambiente; - accompagnare l’attuazione della nuova politica agricola comune orientata al mercato e la necessaria ristrutturazione sia nei nuovi che nei vecchi Stati membri. A quest’ultimo proposito la relazione di Mairead McGUINNESS (PPE/DE, IE) aggiunge che dovrà anche tenersi conto delle aspettative dei consumatori «in termini di sanità, sicurezza e qualità». Ma per i deputati gli orientamenti dovranno anche garantire la continuità tra gli attuali programmi di sviluppo rurale e quelli che prenderanno il via nel 2007. A loro parere, inoltre, in sede di elaborazione dei programmi nazionali di sviluppo rurale, gli Stati membri devono disporre «della flessibilità necessaria» per adeguare le priorità comunitarie e adattarle alle particolari condizioni esistenti nel loro territorio. Miglioramento della competitività dei settori agricolo e forestale Al fine di migliorare la competitività del settore, le azioni chiave dovranno tendere a agevolare l’innovazione e l’accesso alla ricerca e sviluppo, incoraggiare l’adozione e la diffusione delle TIC, stimolare un’imprenditorialità dinamica e migliorare le prestazioni ambientali dell’agricoltura e della silvicoltura. Si tratterà anche di adeguare l’offerta alla domanda e migliorare l’integrazione della catena alimentare e di sviluppare nuovi sbocchi per i prodotti agricoli e silvicoli. I deputati ritengono che questo obiettivo può essere conseguito soprattutto attraverso sistemi di controllo della qualità, lo sviluppo e l'applicazione di protocolli comuni, l'informazione dei consumatori e il miglioramento della riconoscibilità dei prodotti agricoli. Le azioni in parola, a loro parere, contribuiranno anche a migliorare l'immagine dei prodotti europei oltre i confini dell'Europa. In particolare, precisano, dovrebbero essere promossi i prodotti locali e regionali. Inoltre, tra i nuovi sbocchi, i deputati reputano necessario promuovere, oltre ai biocarburanti, anche i prodotti con caratteristiche specifiche, come quelli di qualità e di origine controllata. Per quanto riguarda la sostenibilità ambientale, poi, ritengono necessario potenziare la produzione biologica e la produzione di specialità regionali secondo metodi tradizionali sostenibili. Ma i deputati ritengono anche che occorre sostenere le iniziative locali, come i mercati agricoli locali e i programmi di approvvigionamento locale di alimenti di qualità, che la Commissione non aveva considerato. Altrettanto importante, poi, è migliorare il rinnovo generazionale. Migliorare l’ambiente e le zone di campagna In questo campo, gli Stati membri sono invitati a considerare prioritari la promozione dei servizi ambientali e le pratiche agricole rispettose della biodiversità e dell’ambiente nonché la conservazione del paesaggio naturale e agricolo e il consolidamento del contributo dell’agricoltura biologica. I deputati, inoltre, pongono l’accento sulla promozione del settore forestale e sulla prevenzione dei disastri naturali. Ma anche sulla promozione delle energie rinnovabili e della ricerca sulle colture energetiche. Migliorare la qualità della vita nelle zone rurali e promuovere la diversificazione dell'economia rurale Le azioni chiave che andrebbero promosse dovrebbero mirare a incrementare i tassi di attività e di occupazione, incoraggiare l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro, sviluppare le microimprese e l'artigianato, incoraggiare lo sviluppo del turismo, sviluppare l’offerta e l’uso innovativo di fonti di energie rinnovabili e incoraggiare l’adozione e la diffusione delle TIC. I deputati, oltre a ciò, insistono sulla necessità di salvaguardare e sviluppare i servizi per trattenere la popolazione e accogliere nuovi abitanti, e reputano opportuno incoraggiare il rinnovo e lo sviluppo dei centri rurali con la diversificazione dell’attività economica. A loro parere occorre poi mettere l’accento sulle competenze rurali e sulle iniziative in materia di qualità, come i protocolli e le etichette, formando i giovani a tal fine. Infine, è necessario preservare la cultura rurale, riscoprendo e tutelando l’artigianato, la gastronomia, le specialità agricole, il folklore e l’architettura rurale. Link utili Riferimenti Mairead McGUINNESS (PPE/DE, IE) |
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Verso una strategia forestale per l'UE L'Aula esaminerà la relazione di Heinz KINDERMANN (PSE, DE) che identifica undici elementi strategici su cui fondare la politica forestale europea. Tra questi, figurano misure volte a promuovere la gestione sostenibile delle foreste ed a incoraggiare l'utilizzo di risorse rinnovabili nonché azioni più efficaci per lottare contro gli incendi. E' posto poi l'accento sull'importanza del rimboschimento e la necessità di incentivi fiscali per compensare le attività rispettose dell'ambiente. Benché non esista una base giuridica per la politica forestale comune, i deputati osservano che sulle foreste è costantemente aumentato l'influsso delle più diverse politiche comunitarie. La Commissione e il Consiglio dovrebbero quindi esaminare in modo oggettivo la possibilità di creare una base giuridica distinta per il bosco nei trattati dell'UE o in un progetto di futuro trattato. Inoltre, sostengono l'iniziativa della Commissione di elaborare un piano d'azione dell'UE per la gestione forestale sostenibile, da realizzare nell'arco di cinque anni. Nel sottolineare l'importanza di ecosistemi forestali intatti per la preservazione della biodiversità conformemente agli impegni assunti nell'ambito di accordi internazionali, è poi messo l'accento sulla necessità dell'UE di perseguire un approccio coordinato e coerente nella politica internazionale e comunitaria in materia ambientale. Proteggere le foreste I deputati sostengono che le misure di prevenzione degli incendi previste dalla politica per lo sviluppo rurale stanno risultando insufficienti per far fronte a tale fenomeno, che è la principale causa di deterioramento dei boschi nell'UE. A tale riguardo, invitano la Commissione e gli Stati membri a prevedere nel piano d'azione dell'UE misure per prevenire i rischi e per affrontare le catastrofi di particolare gravità (incendi, tempeste, insetti e siccità). Chiedono, inoltre, in vista del prossimo periodo di programmazione finanziaria, che gli Stati membri e le regioni europee rivedano le loro azioni di lotta e prevenzione contro gli incendi al fine di rendere più dinamiche le misure in vigore, la cui gestione, in numerosi casi, risulta scadente. Più in particolare, agli Stati membri è suggerito di adottare un'impostazione integrata per la protezione dei boschi contro gli incendi, con misure come la raccolta e lo sfruttamento della biomassa forestale residua, il divieto temporaneo di cambiamento della destinazione del suolo incendiato per evitare le speculazioni in seguito agli incendi e la creazione di procure speciali competenti per perseguire i reati ambientali. E' poi sottolineato che il rimboschimento è uno strumento fondamentale nella lotta contro la desertificazione. Ricorrere al rimboschimento con specie native, inoltre, contribuisce al mantenimento della biodiversità, diminuisce il rischio di incendi e può contribuire alla tutela delle aree limitrofe dei siti della rete Natura 2000. Cambiamento climatico e energie sostenibili Considerando che le foreste contribuiscono ad attenuare il riscaldamento globale e l'effetto serra, e quindi a rispettare gli obbiettivi ambientali dell'UE, è ritenuto essenziale riconoscere la loro importanza al fine di attenuare il cambiamento climatico e che l'Unione europea porti avanti attività di ricerca, di promozione dell'immagine del legno e di scambio di informazioni in tale campo. L'UE è poi sollecitata a promuovere l'utilizzazione del legname come risorsa rinnovabile e a utilizzare i prodotti dell'industria forestale. La biomassa, specialmente a base di legno, dovrebbe inoltre essere inserita nelle misure politiche per lo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili (cogenerazione di elettricità e calore, carburanti biologici) e, in tale contesto, gli Stati membri sono invitati a prendere in esame quali siano le possibilità per agevolare a livello fiscale la produzione di calore a partire dal legno. D'altra parte, è ricordato che il potenziamento del ricorso alle energie rinnovabili basate sui prodotti forestali contribuirà ad attenuare il deficit energetico dell'UE. Competitività del settore forestale Vista la necessità di promuovere la competitività del settore forestale, i deputati accolgono con favore il fatto che siano stati previsti incentivi per promuovere le fusioni volontarie di piccole imprese forestali. Inoltre, segnalano che il rafforzamento delle organizzazioni dell'economia forestale privata aiuterebbe i proprietari privati di boschi a mettere a punto la propria strategia forestale sostenibile. È poi richiamata l'attenzione sulle fonti di reddito derivanti dai prodotti delle foreste diversi dal legno come il sughero, i funghi e le bacche o la fornitura di servizi come l'agriturismo e la caccia, fonti che vengono finora utilizzate solo parzialmente. Inoltre è chiesto che vengano realizzati degli studi sull'opportunità di introdurre misure fiscali tese ad esercitare una differenziazione positiva a livello tributario a favore dei produttori le cui incidenze negative sull'ambiente siano minori. I deputati, infatti ritengono che l'attività di prevenzione degli incendi e della desertificazione, il rimboschimento con specie native, la promozione della biodiversità, la gestione sostenibile dei boschi naturali e la promozione di servizi ambientali, come la tutela del sistema idrologico e la lotta all'erosione, «costituiscano esternalità positive che tali produttori forniscono alla società e che vanno pertanto debitamente compensate». Promuovere le attività di ricerca e sviluppo I deputati chiedono il potenziamento delle attività di ricerca e sviluppo legate al settore forestale nonché al ruolo multifunzionale di quest'ultimo, specie per lo sviluppo sostenibile della biodiversità, inserendo i progetti centrali di ricerca in materia nel VII programma quadro di ricerca dell'Unione europea ovvero nei corrispondenti programmi degli Stati membri, nonché il sostegno alla piattaforma tecnologica bosco-legname-carta già in atto. Gestione sostenibile delle foreste Tenendo presente che, a livello comunitario, la politica di sviluppo dello spazio rurale è lo strumento principale per l'attuazione della strategia forestale, la relazione invita la Commissione e gli Stati membri a tener maggiormente conto degli obbiettivi e delle misure previsti dalla strategia forestale dell'UE per una gestione sostenibile delle foreste al momento di elaborare i programmi di sviluppo rurale. In tale contesto, i deputati pongono l'accento sull'importanza delle azioni di formazione e qualificazione degli operatori forestali e chiedono che i programmi comunitari siano maggiormente utilizzati nel settore forestale. I boschi in Italia Nel nostro Paese vi sono poco meno di 7 milioni di ettari quadrati di foreste, di cui 4 milioni in zone montane. Circa 4 milioni di ettari appartengono a privati, mentre il resto è detenuto, in ordine decrescente, dai comuni, dallo Stato e dalle Regioni e, infine, da altri enti. Nel 2000 il volume dei prelievi legnosi, in bosco e fuori foresta, ha complessivamente raggiunto i 9,2 milioni di metri cubi. Il legname da opera rappresenta il 40,9% delle utilizzazioni totali, dentro e fuori foresta, ma è la legna da ardere che rappresenta la maggiore destinazione dei prelievi totali (59,1%). Nel 2000 la perdita di boschi dovuta ad incendi ha interessato complessivamente una superficie pari a 59.956 ettari, mentre nel 1999 per lo stesso fenomeno sono andati perduti 28.136 ettari (+113,%). Il numero degli eventi accertati nel 2000 è stato pari 8.527 contro i 4.058 del 1999 (+110,1%). Il 77,1% delle superfici percorse dal fuoco nel 2000 risulta localizzato nel Mezzogiorno con un’incidenza sul patrimonio forestale del 2,2%, contro lo 0,3% registrato nelle aree del Nord- Centro. Il 58,1% degli eventi registrati nel 2000 ha natura dolosa ed ha interessato il 77,8% delle superfici complessivamente colpite. Infatti solo per cause volontarie sono andati bruciati nel 2000 ben 46.622 ettari di bosco localizzati in gran parte (77,8%) nelle regioni meridionali. L’incidenza delle cause naturali è invece del tutto marginale, sia in termini di numero di eventi (0,8%) che di superficie coinvolta (0,5%). D'altra parte, a cause involontarie va attribuita la perdita dell’8% delle superfici incendiate ed un altro 13,8%ad altre cause non classificabili. Link utili Comunicazione della Commissione sull'attuazione della strategia forestale dell'UE Riferimenti Heinz KINDERMANN (PSE, DE) |
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La Plenaria esaminerà la relazione di Mechtild ROTHE (PSE, DE) che chiede alla Commissione di presentare, entro il 31 luglio 2006, una proposta legislativa tesa a raddoppiare entro il 2020 il ricorso alle energie rinnovabili utilizzate a fini di riscaldamento e di raffreddamento. A tal fine, i deputati propongono una serie di misure e di incentivi, anche fiscali, cui potrebbero ricorrere gli Stati membri. L'obiettivo è garantire la sicurezza degli approvvigionamenti, tutelando l'ambiente. In Europa il 50% del fabbisogno energetico totale viene utilizzato per il riscaldamento. Anche la richiesta di condizionamento d'aria aumenta molto rapidamente. Per i deputati, d'altra parte, il grande potenziale delle fonti energetiche rinnovabili nell'ambito del riscaldamento e del condizionamento non è pienamente sfruttato. Per tale motivo, i deputati chiedono alla Commissione di presentare, entro il 31 luglio 2006, una proposta legislativa sull'incremento della quota di energie rinnovabili a fini di riscaldamento e propongono una serie DI misure volte a raggiungere questo traguardo. Obiettivi della proposta L'obiettivo della proposta è di far crescere la quota delle fonti energetiche rinnovabili utilizzate nell'UE nel settore del riscaldamento e del raffreddamento, portandola dall'attuale livello del 10% circa ad una quota «realistica e ambiziosa» pari ad almeno 20% entro il 2020. Questo incremento mira a contribuire «in modo sostanziale» alla sicurezza dell'approvvigionamento energetico europeo, in particolare riducendo la dipendenza dell'Europa dal petrolio e dal gas e diminuendo i costi energetici per gli usi domestici e professionali dei consumatori. Oltre a ciò, intende contribuire alla creazione di posti di lavoro e al miglioramento delle condizioni ambientali, nonché alla netta diminuzione del fabbisogno di energia convenzionale dell'UE. Per garantire il conseguimento dell'obiettivo europeo, andrebbero definiti «obiettivi nazionali vincolanti» che tengano conto delle attuali differenze tra gli Stati membri per quanto riguarda le quote di fonti energetiche rinnovabili nel settore del riscaldamento e del raffreddamento nonché del potenziale di ciascuna tecnologia di riscaldamento e raffreddamento. Entro un anno dall'entrata in vigore della direttiva, gli Stati membri dovrebbero adottare dei piani d'azione volti al conseguimento dei propri obiettivi. Questi piani andrebbero rinnovati ogni tre anni e presentati alla Commissione. Inoltre, agli Stati membri andrebbe imposto di garantire un quadro giuridico chiaro per l'autorizzazione, il controllo e la certificazione dello sfruttamento delle fonti energetiche rinnovabili a fini di riscaldamento e raffreddamento. Strumenti finanziari nazionali e incentivi In linea di principio, gli incentivi finanziari dovrebbero essere istituiti dagli Stati membri conformemente al principio di sussidiarietà. Questi strumenti, d'altra parte, dovrebbero limitare il sostegno nel tempo (con una riduzione graduale) e garantire la sicurezza degli investimenti a lungo termine nonché «condizioni di finanziamento affidabili e coerenti». Inoltre, dovrebbero assicurare un finanziamento efficace e sistematico per lo sfruttamento del potenziale esistente e il conseguimento degli obiettivi, nonché accelerare la redditività delle tecnologie FER (fonti energetiche rinnovabili) mediante la realizzazione di una produzione su vasta scala. Per quelle tecnologie rinnovabili che non raggiungono un elevato livello di penetrazione, gli Stati membri potrebbero ricorrere a meccanismi d'incentivazione, come vantaggi fiscali o deroghe per gli impianti FER e le collegate reti di riscaldamento e raffreddamento. Ma potrebbero anche fornire aiuti diretti agli investimenti o adottare norme che promuovono o impongono l'obbligo di utilizzare sistemi FER, impianti di cogenerazione, sistemi di riscaldamento/raffreddamento locale e di teleriscaldamento/teleraffreddamento da energie rinnovabili, nelle nuove costruzioni o nelle ristrutturazioni di edifici. I deputati, al riguardo, precisano che i combustibili utilizzati in tale quadro «non dovrebbero essere tassati». Misure di accompagnamento Gli Stati membri dovrebbero incoraggiare il settore pubblico ad accordare priorità all'approvvigionamento di riscaldamento e raffreddamento da fonti energetiche rinnovabili nel quadro degli appalti pubblici. Occorre poi intensificare gli sforzi nel settore della ricerca per permettere una maggiore penetrazione del mercato delle fonti energetiche rinnovabili. Da parte sua, l'UE potrebbe incoraggiare l'utilizzo dei fondi strutturali e di coesione per sostenere e promuovere lo sfruttamento delle fonti energetiche rinnovabili a fini di riscaldamento e raffreddamento. Oltre a ciò, dovrebbe organizzare campagne di informazione su scala UE. Alla Commissione, infine, è chiesto di collaborare con gli Stati membri affinché siano introdotte, entro il 2012, norme edilizie minime per tutte le abitazioni private, basate su norme relative all'energia passiva (al di sotto di 10kW/m2). Procedura Queste proposte sono state fatte nel quadro di una procedura poco utilizzata, che permette al Parlamento europeo di chiedere alla Commissione di presentargli delle proposte legislative (Articolo 39 del Regolamento PE). La proposta di risoluzione della commissione per l'industria deve ancora essere approvata da una maggioranza di deputati. Link utili Risoluzione del Parlamento sulla quota di fonti energetiche rinnovabili nell'UE e le proposte di azioni concrete (29 settembre 2005). Riferimenti Mechtild ROTHE (PSE, DE) |
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L’Aula esaminerà una proposta di regolamento che stabilisce norme sul traffico frontaliero locale ai confini terrestri esterni dell’Unione. La relazione di Mihael BREJC (PPE/DE, SI) propone numerosi emendamenti tesi a garantire controlli efficaci senza recare disturbo alla vita degli abitanti della zona. Ai visti speciali, i deputati preferiscono il rilascio di lasciapassare che consentono un soggiorno continuativo massimo di tre mesi in un raggio che va da 30 a 50 km. Scopo del regolamento proposto è stabilire norme comuni relative ai criteri e alle condizioni per istituire un regime di traffico frontaliero locale ai confini terrestri esterni degli Stati membri. A tal fine, i deputati suggeriscono di introdurre un documento specifico che autorizza i residenti frontalieri ad attraversare la frontiera nell'ambito di detto regime. Questo documento, denominato "lasciapassare per traffico frontaliero locale" (LTFL), andrebbe a sostituire il sistema di visti speciale proposto dalla Commissione. Va subito precisato che tale legislazione non dovrebbe avere conseguenze per l'Italia, poiché la sua unica frontiera esterna è con la Svizzera che, come noto, gode di uno statuto particolare. Con il termine “traffico frontaliero locale” si intende il passaggio regolare della frontiera terrestre esterna di uno Stato membro da parte di residenti frontalieri per soggiornare nella zona di confine, dovuto, ad esempio, a motivi sociali, culturali o economici comprovati ovvero a legami familiari e per un periodo non superiore ai limiti temporali stabiliti dal regolamento stesso. D’altra parte, per “frontiera terrestre esterna” si intende il confine terrestre comune fra uno Stato membro e un paese terzo limitrofo. I deputati, inoltre, precisano il concetto di “residenti frontalieri”. Con questo termine si intendono i cittadini di paesi terzi residenti legalmente nella zona di frontiera di un paese confinante con uno Stato membro da un periodo precisato negli accordi bilaterali, di durata non inferiore a un anno. In casi eccezionali e debitamente motivati, specificati negli accordi bilaterali, tale periodo può essere accettato anche se inferiore a un anno. Per poter attraversare la frontiera terrestre esterna di uno Stato membro limitrofo, nell'ambito del traffico frontaliero locale, i residenti frontalieri oltre a disporre del lasciapassare non devono essere considerati pericolosi per l'ordine pubblico, la sicurezza interna, la salute pubblica o le relazioni internazionali di uno degli Stati membri e in particolare - hanno aggiunto i deputati - non debbono essere segnalati nelle banche dati nazionali degli Stati membri ai fini della non ammissione per gli stessi motivi. La validità del lasciapassare è limitata alla zona di frontiera dello Stato membro di rilascio, ossia alla zona che si estende per non più di 30 chilometri oltre la frontiera. All'interno di questa zona, gli Stati interessati dovranno precisare nei loro accordi bilaterali i distretti amministrativi locali da considerarsi come zona di frontiera. La porzione di distretto che si situi a più di 30 km - ma non oltre i 50 - dalla linea di frontiera è da considerarsi parte della zona di frontiera. La Commissione consentiva invece un margine supplementare di soli 5 km. Il lasciapassare per traffico frontaliero locale avrebbe una validità minima di un anno e una validità massima di cinque anni. Mentre la proposta dell’Esecutivo consentiva il soggiorno nella zona di frontiera di uno Stato membro limitrofo per un periodo massimo di sette giorni consecutivi e per un totale di tre mesi in un semestre, i deputati suggeriscono che gli accordi bilaterali debbano precisare la durata massima autorizzata di ciascun soggiorno ininterrotto che, comunque, non deve superare i tre mesi. I principali emendamenti proposti dai deputati sono stati concordati con il Consiglio, pertanto non è escluso che la nuova normativa possa essere adottata in prima lettura. Link utili Riferimenti Mihael BREJC (PPE/DE, SI) |
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I deputati vedono con favore una riforma dell'attuale normativa sugli aiuti di Stato, giudicata troppo burocratica e poco trasparente. Pur riconoscendone l'utilità, chiedono tuttavia che le sovvenzioni statali siano ridotte e usate meglio. D'altra parte, occorre sostenere le PMI innovative e concentrare gli investimenti nelle infrastrutture. E' poi necessario rivedere le riduzioni subite dalle regioni che hanno patito l'effetto statistico e dare maggiore importanza ai criteri territoriali. La relazione di Gunnar HÖKMARK (PPE/DE, SE) all'esame della Plenaria premette che l'economia di mercato «è il metodo più efficiente per assegnare risorse limitate» e, quindi, che l'aiuto di Stato dovrebbe essere «l'ultimo strumento al quale far ricorso». Inoltre, osservando che, in base ad alcune stime, l'importo totale degli aiuti di Stato concessi ogni anno nell'Unione europea equivale a più del 50% del suo bilancio annuale, i deputati ritengono che i sussidi debbano essere «spesi responsabilmente», con un buon rapporto costi/benefici, anche perché sono «finanziati dai contribuenti». Governance e Trasparenza La relazione accoglie con favore l'intenzione della Commissione di ammodernare le prassi e le procedure relative agli aiuti di Stato, poiché ritiene necessaria una riforma globale della politica in materia di aiuti statali. Le attuali pratiche e procedure in materia di aiuti di Stato, infatti, presentano carenze e sono troppo burocratiche. Pertanto, i deputati vedono con favore l'introduzione di orientamenti sulle migliori pratiche in materia di procedure per gli aiuti di Stato, finalizzate alla definizione di procedure di notifica più rapide e più efficienti. Gli aiuti di Stato, peraltro, dovrebbero avere sempre obiettivi chiaramente definiti, essere proporzionati e, soprattutto, temporanei. Mentre le disposizioni ad essi attinenti dovrebbero essere semplici, trasparenti ed efficaci. La giustificazione per la concessione degli aiuti di Stato, poi, dovrebbe essere rivista a intervalli regolari e appropriati, mentre vanno garantiti «controlli efficaci e severi» per assicurare una concorrenza equa e la trasparenza, nonché per evitare discriminazioni. Per tale ragione, i deputati sostengono «con forza» l'idea di formare una rete più fitta di organi di controllo, per esempio Corti dei conti degli Stati membri, in grado di promuovere la coerenza nell'applicazione delle norme sugli aiuti di Stato. D'altra parte, è ritenuto essenziale che, al momento di valutare la compatibilità con il trattato degli aiuti di Stato, sia instaurato un giusto equilibrio tra gli effetti negativi degli aiuti sulla concorrenza e i loro effetti positivi in termini di interesse europeo comune. Nello stabilire le norme comunitarie, vista la globalizzazione dell'economia, è inoltre «fondamentale» tenere conto delle condizioni della concorrenza internazionale. La relazione, poi, lamenta il fatto che le sanzioni per la mancata notifica siano attualmente addossate soltanto ai beneficiari e non agli Stati membri. Pertanto la Commissione dovrebbe studiare nuovi meccanismi deterrenti per rimediare all'applicazione scorretta, da parte degli Stati membri, delle norme sugli aiuti di Stato, e stabilire sanzioni adeguate al riguardo. Pur apprezzando l'obiettivo della Commissione di perfezionare il proprio approccio economico in relazione alle procedure per gli aiuti di Stato, i deputati chiedono però all'Esecutivo di chiarire i limiti del concetto di "fallimento del mercato" e la sua interazione con le prescrizioni costitutive del divieto dell'aiuto di Stato. La relazione, inoltre, mette in guardia contro il potenziale effetto «nocivo» degli aiuti di Stato che potrebbero incentivare alcune imprese a spostarsi da uno Stato membro all'altro per fare "subsidy shopping" (ossia a fare incetta di sovvenzioni), «senza che ciò abbia alcun beneficio per gli obiettivi comuni dell'Unione europea». Nel ricordare l'iniziativa del Vicepresidente della Commissione, Siim Kallas, volta a introdurre maggiore trasparenza nella procedura di concessione dei sussidi agricoli, chiedendo agli Stati membri di pubblicare su Internet l'identità di tutti i beneficiari e gli importi concessi, la relazione raccomanda che tale sistema sia esteso a tutte le sovvenzioni statali. A tutti gli Stati membri è quindi raccomandato di imporre alle imprese la pubblicazione dei dettagli sulle sovvenzioni ricevute «al fine di consentire agli azionisti di meglio valutare le prestazioni reali dell'impresa», soprattutto nel caso in cui gli aiuti di Stato siano decurtati. Aiuti regionali Compiacendosi della proposta della Commissione volta a rivedere gli orientamenti sugli aiuti regionali nazionali, i deputati esprimono l'auspicio che tale revisione sia strettamente collegata alla riforma dei Fondi strutturali per il periodo 2007-2013. Inoltre, sottolineano che la riforma degli aiuti regionali «deve attribuire una maggiore importanza ai criteri territoriali», in modo da operare una distinzione fra aree geografiche dell'Unione europea con una solida economia, aree colpite dalle difficoltà della riconversione industriale e aree con svantaggi naturali permanenti. Pur valutando che gli aiuti di Stato si siano dimostrati un efficace strumento sulla via verso un'effettiva convergenza dei redditi delle varie regioni dell'Unione europea, i deputati ritengono che la loro concessione debba essere permessa «solo quando l'aiuto generi un valore aggiunto che non si potrebbe ottenere con alcuna altra misura politica e che vada a beneficio di una regione». Va quindi adottato un approccio più efficiente alla concessione degli aiuti regionali, che si concentri sugli investimenti nelle infrastrutture e sugli aiuti orizzontali nelle regioni svantaggiate o meno sviluppate dell'Unione europea, compresa l'introduzione di condizioni fiscali vantaggiose per periodi transitori non superiori a cinque anni. E' poi segnalata la necessità di mantenere adeguate possibilità di sostegno per le regioni colpite da un effetto statistico. Pertanto, i deputati reputano necessaria una revisione delle riduzioni degli aiuti di Stato alle regioni colpite dall'effetto statistico, che hanno tratto vantaggio da un relativo aumento dei redditi a seguito dell'allargamento, ma non hanno raggiunto una crescita o una convergenza effettiva, e che presentano elevati tassi di disoccupazione. Innovazione e R&S Nonostante riconosca il ruolo che possono avere nell'innovazione, la relazione sottolinea tuttavia che gli aiuti destinati a ricerca e sviluppo non devono dar luogo a distorsioni della concorrenza, in particolare favorendo gli operatori aventi una posizione consolidata sul mercato. Tali aiuti, inoltre, non dovrebbero favorire singole imprese e, per tale ragione, la Commissione è esortata a indirizzarli verso i "centri dell'innovazione". In tale contesto, è poi evidenziata l'esigenza di superare le barriere fiscali e regolamentari negli Stati membri che ostacolano lo sviluppo delle imprese innovative e di recente creazione, nonché di promuovere lo sviluppo delle PMI innovative appena avviate o di recente creazione mediante, fra l'altro, adeguati incentivi fiscali. Servizi di interesse economico generale Per i deputati il finanziamento dei servizi di interesse economico generale costituisce un aiuto di Stato solo nei casi in cui il criterio dell'adeguata compensazione non è, o non si può dimostrare che sia, soddisfatto. Alla luce della crescente importanza dei partenariati tra settore pubblico e settore privato per la creazione di infrastrutture nelle regioni meno sviluppate, la Commissione è poi esortata a prestare particolare attenzione alla questione della concessione di aiuti di Stato per tali partenariati, in particolare, attraverso una regolamentazione finalizzata a renderne più semplice il ricorso. Inoltre, osservando che le imprese di servizio pubblico di piccole dimensioni sono esentate dall'applicazione della normativa sugli aiuti di Stato, i deputati esprimono dubbi sull'opportunità di distinguere tra piccole e grandi imprese ai fini della valutazione della norma sugli aiuti di Stato. Di conseguenza, chiedono che la valutazione della Commissione sia basata sull'impatto degli aiuti di Stato sul mercato interessato, piuttosto che sulle dimensioni dell'impresa di servizio pubblico in questione. Esenzioni per categoria La relazione sostiene l'adozione di una regolamentazione generale sulle esenzioni per categoria da parte della Commissione, che abbia lo scopo di semplificare e consolidare le esenzioni esistenti (in particolare sulla formazione, le PMI e l'occupazione) e di integrare una gamma più ampia di esenzioni, segnatamente per il sostegno delle PMI e della R&S, purché le sovvenzioni incrociate a partire da piccole imprese verso grandi imprese siano debitamente monitorate e vietate. Questa regolamentazione, inoltre, dovrà consistere in disposizioni chiare, dettagliate e inequivocabili, «che assolutamente non compromettano l'obiettivo prioritario di una riduzione generalizzata degli aiuti di Stato». D'altra parte, i deputati accolgono con favore la proposta di alzare la soglia de minimis e, in proposito, suggeriscono di raddoppiarla fino a giungere a 200.000 euro. La Commissione, in tale contesto, dovrà anche affrontare il problema del controllo del cumulo. Gli aiuti di Stato in Italia L'importo degli aiuti concessi nell'UE nel 2003, espresso in percentuale del PIL, è sostanzialmente diverso da Stato a Stato (dallo 0,10% in Lettonia al 2,76% in Polonia e Repubblica Ceca). In Italia questo tasso è pari allo 0,54%, leggermente inferiore alla media comunitaria (UE a 15). Si noti che il tasso di aiuti italiano ha subito un netto decremento dal 1992, quando si attestava all'1,71%. Il livello più basso è stato raggiunto nel 2000 (0,48%), ma è poi risalito progressivamente negli anni seguenti. Tra i "grandi" paesi europei, il tasso italiano è superiore solamente a quello britannico che è pari allo 0,26%. Quello spagnolo si attesta allo stesso livello, mentre quello francese è dello 0,57% e quello tedesco dello 0,77%. Link utili
Comunicazione della Commissione: "Aiuti di Stato meno numerosi e
più mirati: itinerario di riforma degli aiuti di Stato 2005 2009" Riferimenti Gunnar HÖKMARK (PPE/DE, SE) Statistiche sulla struttura e sull’attività delle consociate estere L’Aula esaminerà in prima lettura della procedura di codecisione la relazione di Enrico LETTA (ALDE/ADLE, IT) sulla proposta di regolamento in merito alle statistiche comunitarie sulla struttura e sull’attività delle consociate estere. I deputati chiedono di garantire al Parlamento una reale facoltà di revoca dei poteri di esecuzione della Commissione. La proposta di regolamento istituisce un quadro comune per la produzione sistematica di statistiche comunitarie sulla struttura e sull’attività delle consociate estere. Con il termine “consociata estera” si intende «un’impresa residente nel paese di rilevazione dei dati controllata da un’unità istituzionale non residente in tale paese, oppure un’impresa non residente nel paese di rilevazione dei dati controllata da un’unità istituzionale residente in tale paese». La relazione adottata dalla commissione economica e monetaria presenta un emendamento volto a garantire pieni poteri di revoca al Parlamento europeo, in linea con BASILEA II. Fatte salve le misure di esecuzione già approvate, è quindi chiesto di sospendere l'applicazione delle disposizioni richiedenti l'adozione di norme tecniche, modifiche e decisioni allo scadere di un periodo di due anni dall'adozione del regolamento e non oltre il 1° aprile 2008. Su proposta della Commissione, il Parlamento europeo e il Consiglio potranno rinnovare le disposizioni in oggetto secondo la procedura di codecisione. I deputati chiedono, d’altra parte, che sia riservata particolare considerazione al principio secondo cui i benefici delle misure di esecuzione devono superare i relativi costi nonché al principio in base al quale ogni onere finanziario supplementare a carico degli Stati membri o delle imprese dovrebbe mantenersi entro limiti ragionevoli. Inoltre, limitano e illustrano con maggiore chiarezza la portata delle prerogative della Commissione per quanto riguarda le misure di esecuzione. Link utili Riferimenti Enrico LETTA (ALDE/ADLE, IT) |
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La relazione di Benoît HAMON (PSE, FR) auspica che in futuro l'Unione europea garantisca un miglior coordinamento delle proprie posizioni in seno all'FMI, in modo da incidere maggiormente sulle decisioni. Inoltre, appoggia la revisione strategica in corso nell'FMI auspicando tuttavia una modifica delle condizioni imposte per i prestiti che sono state in qualche caso rigide e non sempre coerenti. I deputati riconoscono che l'FMI continua a svolgere un ruolo importante e si compiacciono della revisione strategica in corso, ritenendosi favorevoli ad un riorientamento delle politiche dell'FMI che ponga l'accento sul suo ruolo fondamentale «di stabilizzatore delle fluttuazioni dei cambi a livello globale e di prestatore di ultima istanza per i paesi che si trovano in gravi difficoltà con la bilancia dei pagamenti». Ritenendo però che la mancanza di coordinamento dell'Unione europea nell'FMI non gli consente di incidere sulle decisioni adottate in modo proporzionato al suo peso economico, la relazione invita le istituzioni europee a garantire un'unità di voto dell'area euro o, se possibile, della Comunità europea. D'altra parte, se l'UE a 25 fosse membro dell'FMI potrebbe disporre del 31,92% dei diritti di voto e, così, supererebbe gli Stati Uniti che, con il 17,11% è attualmente il principale "azionista". I deputati ritengono che sia opportuna una revisione della distribuzione delle quote e dei diritti di voto in seno agli organi direttivi dell'FMI in modo da renderli più rappresentativi della condizione economica internazionale. Suggeriscono anche una ponderazione dei voti più adeguata alle economie in via di sviluppo e emergenti. D'altra parte, è notato, ciò andrebbe anche nell'interesse della legittimità dell'istituzione. Anche le questioni relative allo sviluppo sono state trattate dai deputati che chiedono una maggiore coerenza tra i programmi dell'FMI e gli OSM (Obiettivi di Sviluppo del Millennio). A proposito della liberalizzazione dei sistemi finanziari dei paesi in via di sviluppo che chiedono prestiti, la relazione auspica una «liberalizzazione graduale, sequenziale e stabile adattata alle loro capacità istituzionali, consentendo così una regolazione e una gestione efficace dei movimenti dei capitali». Ritengono altresì che i paesi in via di sviluppo non dovrebbero essere tenuti ad aprire i loro mercati alle importazioni dall'estero in modo totale e senza restrizioni e che essi dovrebbero potere instaurare una protezione di alcune industrie, in modo da favorire uno sviluppo duraturo. Inoltre, è sostenuto che i negoziati per l'apertura dei mercati di questi paesi non debbano farsi al di fuori del quadro dei negoziati dell'OMC in modo da garantire loro la libertà di trattare il grado di apertura del mercato che sono disposti a concedere. I deputati, pur sottolineando la necessità di far buon uso dei prestiti, ritengono che le condizioni imposte dall'FMI per i prestiti sono state in qualche caso rigide e non sempre coerenti con le particolari circostanze locali. A tale riguardo, raccomandano che nell'attuale revisione delle condizioni previste dall'FMI per i prestiti destinati ai paesi a basso reddito, la riduzione della povertà sia posto come obiettivo prioritario. Infine, i deputati si compiacciono dell'importanza attribuita dall'FMI al miglioramento dei livelli di istruzione e di salute nei paesi in via di sviluppo, sottolineando però che l'incremento della spesa pubblica, accompagnato dal miglioramento della governance, della lotta contro la corruzione e dell'uso efficiente delle risorse, resta il modo più sicuro per ridurre le disparità d'accesso ai beni e a diritti fondamentali come la salute e l'istruzione. Link utili Relazione del direttore operativo dell'FMI sulla strategia a medio termine del Fondo (settembre 2005) (inglese) Riferimenti Benoît HAMON (PSE, FR) |
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L’Aula esaminerà una relazione sulla controversa vicenda della confisca di auto importate in Grecia e delle severe sanzioni finanziarie inflitte ai loro proprietari, tra i quali figurano diversi italiani. I deputati, dando seguito a petizioni presentate al Parlamento, esortano formalmente le autorità greche ad attenersi al principio delle proporzionalità e ad indennizzare i cittadini coinvolti. Se ciò non avviene, la Commissione è invitata a procedere con l’azione presso la Corte di giustizia. La commissione per le petizioni ha esaminato, nel corso degli ultimi anni, un numero considerevole di petizioni relative alla confisca di automobili da parte delle autorità greche e ha deciso di portare tale questione in plenaria. I firmatari delle petizioni (o petenti), tra i quali figurano anche diversi italiani, fanno riferimento a una serie di irregolarità verificatesi in Grecia quando le autorità doganali, sospettando che i veicoli dei firmatari immatricolati all'estero venissero illegalmente importati e utilizzati in Grecia, hanno confiscato tali veicoli. Ai petenti, diversi dei quali saranno presenti a Strasburgo per il voto della relazione, sono state inoltre inflitte multe astronomiche (fissate in funzione della cilindrata dei veicoli) per ogni automobile che essi hanno importato senza dichiararlo. Si sono visti anche imporre una importante maggiorazione dei diritti doganali e delle altre tasse che, secondo le autorità doganali, essi hanno intenzionalmente evaso. La procedura, nota il relatore Michael CASHMAN (PSE, UK), ha causato ai firmatari gravi problemi di salute e perdite finanziarie considerevoli. Le sanzioni, in molti casi, hanno infatti superato di gran lunga il prezzo di acquisto iniziale del veicolo. Nonostante le ripetute proteste dinanzi a varie autorità giudiziarie in Grecia, la sentenza della Corte di giustizia europea nella causa Paraskevas Louloudakis contro Elliniko Dimosio (C-262/99) e l'azione in giustizia della Commissione europea contro la Repubblica ellenica (causa C-156/04), il problema della confisca delle automobili non è ancora stato risolto. La relazione chiede che gli Stati membri esercitino il loro potere sanzionatorio conformemente al diritto comunitario e ai suoi principi generali e, di conseguenza, al principio di proporzionalità. I deputati della commissione per le petizioni, inoltre, ritengono che per promuovere le libertà garantite dai trattati, si debba anche tenere conto della buona fede del trasgressore in sede di fissazione della sanzione. E’ poi condannato il fatto che un numero molto considerevole di veicoli sia stato sequestrato, confiscato e venduto all'asta. Ciò, a parere dei deputati, è infatti incompatibile con i principi della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e non è giustificato dai requisiti di primaria importanza dell'applicazione e della prevenzione, tenendo conto della gravità dell'infrazione. Osservano inoltre che, come la Corte di giustizia ha evidenziato in precedenza, esistono altri modi - diversi dalla confisca - per sanzionare questo tipo di irregolarità. La confisca dei veicoli e il fatto che i firmatari siano stati privati della loro utilizzazione per vari anni è infatti ritenuto contrario al diritto alla proprietà e alla libertà di circolazione, mentre i firmatari hanno il diritto di essere adeguatamente indennizzati, tenendo presente il pregiudizio arrecato ai loro mezzi di sussistenza e alla loro reputazione. Le autorità greche sono quindi invitate a conformarsi «senza indugi» agli obblighi previsti per la Repubblica ellenica nel trattato e a rispettare le regole definite nella legislazione comunitaria. In caso contrario, è chiesto alla Commissione di procedere senza indugio con la sua azione in giustizia contro la Repubblica ellenica. Riferimenti Michael CASHMAN (PSE, UK) |
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Ordine del giorno 13 - 16 febbraio 2006 Strasburgo Lunedì 13 febbraio 2006 (17:00 - 22:00)
Martedì 14 febbraio 2006 (9:00 - 11:50)
(12:00 - 13:00 ) Votazione
(15:00 - 17:30, 21:00-24:00)
(17:30 - 19:00)
Mercoledì 15 febbraio 2006 (9:00 - 11:20, 15:00 - 17:30)
(11:30 - 12:00) Votazione
(12:00 - 12:30)
(12:30 - 13:00) Seguito della votazione
(17:30 - 19:00)
21:00 - 24:00)
Giovedì 16 febbraio 2006 (10:00 - 13:00, 15:00 - 16:00) Votazione
(16:00 - 17:00)
(17:00 - 18:00) Votazione
L'ordine del giorno può subire modifiche. |
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Codici delle procedure parlamentari
Abbreviazioni - Gruppi politici: vedere di seguito
Gruppi politici
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