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ANTEPRIMA
7 - 10 luglio 2008 Strasburgo
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L'ordine del giorno della sessione è soggetto a modifiche. Una conferenza
stampa pre-sessione si svolgerà nell'edificio PHS, Una conferenza
stampa per gli ultimi aggiornamenti avrà luogo La seduta in
diretta su
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Sommario ISTITUZIONI GIUSTIZIA E AFFARI INTERNI ALLARGAMENTO RELAZIONI ESTERNE ENERGIA PETIZIONI AMBIENTE TRASPORTI SICUREZZA ALIMENTARE UNIONE ECONOMICA E MONETARIA AFFARI ECONOMICI E MONETARI COMMERCIO ESTERO/INTERNAZIONALE SICUREZZA E DIFESA COOPERAZIONE GIUDIZIARIA ORDINE DEL GIORNO 7 - 10 LUGLIO 2008 CODICI DELLE PROCEDURE PARLAMENTARI, ABBREVIAZIONI, GRUPPI POLITICI |
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Rom: dibattito in Aula sulla banca dati italiana delle impronte digitali - Diverse interrogazioni orali alla Commissione sottoposte da PSE, ALDE, Verdi e GUE apriranno un dibattito in Aula sulla decisione del governo italiano di creare una banca dati delle impronte digitali dei rom. Il Parlamento adotterà una risoluzione.
Nuove norme per additivi, aromi e enzimi alimentari - Il Parlamento adotterà quattro regolamenti volti a armonizzare e aggiornare la normativa su additivi, aromi ed enzimi alimentari. E' anche stabilita una procedura di autorizzazione per queste sostanze, che andranno inserite in elenchi positivi comunitari, se sicure e non ingannevoli per i consumatori. Gli additivi vanno vietati negli alimenti per lattanti e possono continuare ad esserlo per Mortadella e Cotechino tradizionali italiani. E' resa più rigorosa la definizione di aromi "naturali" (relazioni Westlund, Drcar Murco e Doyle).
Martedì 8 luglio
Verso un nuovo assetto del mercato del gas - Una relazione all'esame dell'Aula chiede di separare la proprietà delle attività di produzione e di trasmissione del gas oppure di affidare la rete a un gestore di trasmissione indipendente, interno all'impresa ma totalmente separato a livello contabile e societario. Intende inoltre vietare a soggetti di paesi terzi di controllare la rete di trasmissione. Propone poi di rafforzare la tutela dei consumatori più deboli garantendo loro la sicurezza delle forniture a tariffe preferenziali (relazione La Russa).
Gasdotto Nordstream: evitare a Gazprom di dominare il mercato europeo del gas - Il gasdotto Nordstream risponde alla necessità di soddisfare i fabbisogni energetici dell'UE, ma pone problemi ambientali e geopolitici. Una relazione all'esame dell'Aula chiede di valutare la situazione del mercato derivante dalla sua realizzazione e, se del caso, prendere misure per evitare che Gazprom domini il mercato UE del gas in assenza di pari condizioni per le società europee in Russia. Sollecita inoltre una politica energetica comune e una diversificazione geografica e delle fonti (relazione Libiki).
Quote di emissioni anche per i trasporti aerei, dal 2012 - Il Parlamento è chiamato ad approvare definitivamente una direttiva che, dal 2012, prevede l'inclusione nel sistema comunitario delle emissioni prodotte da tutti i voli in arrivo e in partenza da un aeroporto dell'UE. Sono però previste alcune deroghe per i voli militari, antincendio e di ricerca o effettuati da piccoli aerei o su rotte poco frequentate. L'85% delle quote sarà assegnato gratuitamente e il restante sarà posto all'asta, i cui proventi dovranno finanziare misure ambientali (relazione Liese).
Verso tariffe aeree più trasparenti - Il Parlamento è chiamato a approvare definitivamente un regolamento che rafforza la trasparenza delle tariffe aeree imponendo l'indicazione di tutte le tasse, i diritti e i supplementi. Inoltre, razionalizza le norme vigenti sul rilascio delle licenze ai vettori aerei e sulla libertà di prestare servizi nell'UE. Instaura requisiti più severi in materia di solidità finanziaria delle compagnie e di ricorso al wet lease degli aerei e chiarisce le norme applicabili agli oneri di servizio pubblico (relazione Degutis)
Afghanistan: aumentare le truppe e l'aiuto alla ricostruzione - Una relazione all'esame dell'Aula chiede di aumentare l'influenza politica dell'UE in Afghanistan con un aumento delle truppe nelle zone più difficili e un maggiore sostegno alla ricostruzione e alla società civile. L'UE dovrebbe sostenere la NATO nella lotta al terrorismo, anche se il problema non è solo militare, e promuovere misure per l'emancipazione delle donne. Occorrono poi maggiori risorse per EUPOL, una strategia contro la produzione di oppio e indagini sugli abusi contro i giornalisti (relazione Brie). Fondi sovrani: coordinamento UE e approccio globale - Un'interrogazione orale al Consiglio e alla Commissione aprirà un dibattito in Aula sui fondi sovrani, veicoli di investimento di proprietà dei governi. I deputati chiedono, un coordinamento UE in materia e un approccio globale che affronti la questione della reciprocità nell'apertura dei mercati. Sollecitano poi un'azione nei confronti delle monarchie petrolifere che aumentano lo squilibrio del tasso di cambio euro/dollaro con i loro investimenti. Il Parlamento adotterà una risoluzione.
Mercoledì 9 luglio
Ampliamento: mantenere gli impegni e potenziare la capacità d'integrazione - Gli allargamenti passati sono stati un grande successo. E' quanto sostiene una relazione all'esame dell'Aula ribadendo l'impegno UE verso i paesi candidati che dovranno comunque rispettare i criteri di adesione e risolvere i problemi interni. Chiede all'UE di rafforzare la sua capacità d'integrazione e di prepararsi alle adesioni per non danneggiare la sua coesione interna e la capacità di agire. Propone la creazione di un Commonwealth europeo e di un'Unione del Mar Nero, che includa la Turchia (relazione Brok).
Situazione politica in Zimbabwe - La dichiarazione del Consiglio e della Commissione aprirà un dibattito in Aula sulla crisi politica nello Zimbabwe dopo che Mugabe si è proclamato Presidente nonostante le condanne della comunità internazionale. Il Commissario Michel ha dichiarato l'impossibilità di riconoscere la legittimità delle elezioni, l'Italia ha richiamato il suo ambasciatore e gli USA hanno proposto sanzioni. Il Parlamento europeo, che aveva già criticato la violenza politica post-elettorale, adotterà una risoluzione.
Israele rispetti i diritti dei detenuti palestinesi - Un'interrogazione orale al Consiglio e alla Commissione aprirà un dibattito in Aula sugli 11.000 detenuti palestinesi nelle carceri israeliane. I deputati sottolineano il trattamento «umiliante e degradante» dei detenuti, i maltrattamenti fisici e l'inumanità degli interrogatori, nonché la sistematicità degli arresti e della detenzione di bambini. Chiedono quindi quali misure intende adottare l'UE affinché Israele rispetti il diritto internazionale. Il Parlamento adotterà una risoluzione a settembre.
BCE: i tassi d’interesse non compromettano la crescita - Apprezzando l’operato della BCE nel 2007, specie nel far fronte alla crisi dei subprime, una relazione all’esame dell’Aula sollecita la creazione di un quadro UE per la sorveglianza finanziaria. Rileva poi che ogni ulteriore aumento dei tassi di interesse dovrebbe essere effettuato con cautela per non compromettere la crescita economica, ma gli Stati membri devono attuare riforme strutturali. Chiedendo maggiore coordinamento in materia di cambi, esorta decisioni più trasparenti in seno alla BCE (relazione Schmidt).
Sì a una politica spaziale per la sicurezza UE, ma no alle guerre stellari - Una relazione all'esame dell'Aula rileva l'importanza della dimensione spaziale per la sicurezza dell'UE e sollecita una strategia comune europea nello spazio. Ma esprime preoccupazione per la minaccia di militarizzazione dello spazio e raccomanda il divieto di ricorso alle armi contro i dispositivi spaziali. Chiede un sistema UE di sorveglianza spaziale, la tutela delle infrastrutture a terra, un dialogo con la NATO sulla difesa antimissile e l'interoperabilità dei sistemi di telecomunicazione (relazione von Wogau).
Giovedì 10 luglio
Sarkozy presenta il programma della Presidenza francese - Nicolas Sarkozy illustrerà all'Aula il programma di lavoro che la Presidenza di turno francese intende attuare entro la fine dell'anno. L'esito del referendum in Irlanda ha rimescolato le carte, ma gran parte delle priorità politiche restano ancora valide: cambiamenti climatici e energia, immigrazione, politica di difesa comune, Unione del Mediterraneo e Politica agricola comune dopo il 2013. |
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Giovedì 10 luglio, Nicolas Sarkozy illustrerà all'Aula il programma di lavoro che la Presidenza di turno francese intende attuare entro la fine dell'anno. L'esito del referendum in Irlanda ha rimescolato le carte, ma gran parte delle priorità politiche restano ancora valide: cambiamenti climatici e energia, immigrazione, politica di difesa comune, Unione del Mediterraneo e Politica agricola comune dopo il 2013.
Il Trattato di Lisbona, fortemente voluto dal Presidente francese Nicolas Sarkozy, ha subito una battuta d'arresto a seguito del referendum irlandese. Ma le ratifiche continuano e i Capi di Stato e di governo si sono impegnati, nel corso dell'ultimo Vertice, ad esaminare la situazione e individuare soluzioni nella prossima riunione di ottobre. Subito dopo la rivelazione dei risultati del referendum, il Presidente francese e la cancelliera tedesca, in una dichiarazione congiunta, prendendo atto della volontà degli irlandesi, hanno esortato il proseguimento delle ratifiche e si sono detti convinti che le riforme contenute nel trattato di Lisbona siano necessarie per rendere l'Europa più democratica e più efficace e che le permetteranno di rispondere meglio alle sfide che devono affrontare i suoi cittadini.
Per quanto riguarda il programma della Presidenza, si impernia su quattro priorità identificate da Nicolas Sarkozy: sviluppo sostenibile e energia, immigrazione e asilo, rilancio dell'Europa della difesa e, infine, politica agricola comune. Ma degli sforzi maggiori dovranno essere dedicati anche alla politica per la crescita e l'occupazione, che comprenda misure a favore delle PMI, alla dimensione sociale, il diritto delle donne, la fiscalità, la politica culturale, i trasporti e le telecomunicazioni.
Più in particolare, la Francia auspica trovare un accordo tra i Ventisette sulla lotta ai cambiamenti climatici entro la fine dell'anno e intende poi avanzare proposte per una politica energetica europea che garantisca gli approvvigionamenti, gli investimenti, il risparmio e l'efficienza. Proporrà inoltre, la firma di un "Patto europeo sull'immigrazione e l'asilo" che contempli il miglioramento dei controlli alle frontiere, la gestione dell'immigrazione legale in funzione delle capacità di accoglienza di ogni Stato membro, il rimpatrio degli immigrati illegali (su questo punto è stata appena approvata una direttiva), l'instaurazione di un regime comune di asilo e la promozione dello sviluppo. L'idea sarebbe di procedere verso una progressiva armonizzazione delle diverse legislazioni nazionali.
Il Presidente Sarkozy ha annunciato di voler concludere il processo di ritorno della Francia nella NATO e, parallelamente, intende sviluppare una politica europea della difesa che abbia i seguenti obiettivi: accelerare gli sforzi volti alla standardizzazione e all'interoperabilità delle attrezzature militari, rafforzare il mercato interno delle forniture militare e disporre di una capacità europea di dispiegamento e di pianificazione. La Francia intende inoltre rinnovare la strategia europea della sicurezza per tener conto dell’allargamento dell’Unione e delle nuove minacce quali, ad esempio, la sicurezza alimentare, la sicurezza energetica, la lotta contro la proliferazione e la cyber difesa.
Per quanto riguarda
l'agricoltura, la Presidenza intende anticipare il dibattito
sull'assetto della politica agricola comune a partire dal 2013 per
operare, sin dal 2009, un suo riorientamento. Si tratta, più
precisamente, di definire nuovi meccanismi di mercato, riorientare
gli aiuti per favorire un'agricoltura che produca, garantire una
relazione più equilibrata in seno alle filiere, integrare le
esigenze ambientali e promuovere la ricerca e l'innovazione. Infine,
tra le priorità della Francia figura anche il lancio dell'Unione del
Mediterraneo che dia nuovo slancio al processo di Barcellona. Per quanto riguarda gli altri temi, il governo francese ambisce a far progredire i principi di trasparenza e di responsabilità degli operatori finanziari, rivolgerà la sua attenzione al rafforzamento della competitività dell’economia europea e in particolare delle sue PMI (anche nell'ambito dello Statuto delle piccole imprese). Il rafforzamento della dimensione sociale dell’azione dell’Unione e la mobilità, in particolare quella legata all’educazione e alla formazione lungo tutto l’arco della vita (Comenius, Leonardo ed Erasmus), la politica della ricerca e della dimensione culturale dell’Europa saranno anch’essi al centro dell'azione della Presidenza.
Link utili
Programma della Presidenza francese (in italiano)
Riferimenti
Dichiarazione del Consiglio-Illustrazione del programma della Presidenza francese Dibattito: 10.7.2008 |
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Diverse interrogazioni orali alla Commissione sottoposte da PSE, ALDE, Verdi e GUE apriranno un dibattito in Aula sulla decisione del governo italiano di creare una banca dati delle impronte digitali dei rom. Il Parlamento adotterà una risoluzione.
Al momento della chiusura in redazione erano disponibili solo le interrogazioni di PSE e verdi/ALE.
I deputati del PSE, tra i quali Claudio FAVA (PSE, IT) e Gianni PITTELLA (PSE, IT), chiedono alla Commissione di: 1. valutare se le misure definite dal governo italiano ai fini della raccolta delle impronte digitali della popolazione rom e della creazione di una banca dati biometrica della popolazione rom possano costituire un caso di discriminazione fondata sulla razza, l’origine etnica e la nazionalità, per prevenire ed evitare il quale la Comunità può prendere provvedimenti ai sensi dell'articolo 13 del trattato CE; 2. valutare se la raccolta di impronte digitali della popolazione rom e la creazione di una banca dati rom possano essere considerate compatibili con i diritti fondamentali sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, che, ai sensi dell’articolo 6 del trattato UE, l'Unione e i suoi Stati membri sono obbligati a promuovere e rispettare; valutare inoltre, se del caso, qualsiasi altra questione attinente ai diritti umani fondamentali emersa nel quadro del diritto internazionale; 3. valutare la necessità di manifestare la sua preoccupazione presso le autorità italiane e di adottare provvedimenti, conformemente alle sue prerogative, al fine di evitare ogni tipo di discriminazione diretta alla popolazione rom in Italia nonché di salvaguardare il rispetto dei diritti fondamentali e di promuovere misure di integrazione.
Monica FRASSONI (Verdi/ALE, IT), in nome del suo gruppo, pone invece le domande seguenti:
Link utili
Sito del Ministero dell'Interno
- Comunicato sul Question Time col Ministro Maroni (2/7/2008)
Riferimenti
Interrogazioni orali - Creazione di una banca dati per le impronte digitali dei rom in Italia Docc.:O-0076/2008, O-0078/2008 Procedura: Interrogazione orale Ditito: 7.7.2008 |
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Gli allargamenti passati sono stati un grande successo. E' quanto sostiene una relazione all'esame dell'Aula ribadendo l'impegno UE verso i paesi candidati che dovranno comunque rispettare i criteri di adesione e risolvere i problemi interni. Chiede all'UE di rafforzare la sua capacità d'integrazione e di prepararsi alle adesioni per non danneggiare la sua coesione interna e la capacità di agire. Propone la creazione di un Commonwealth europeo e di un'Unione del Mar Nero, che includa la Turchia.
Gli allargamenti passati sono stati generalmente un grande successo di cui hanno beneficiato sia i vecchi che i nuovi Stati membri dell’UE, poiché «hanno incentivato la crescita economica, promosso il progresso sociale e portato la pace, la stabilità, la libertà e la prosperità». La relazione di Elmar BROK (PPE/DE, DE) ribadisce il fermo impegno del Parlamento europeo nei confronti di tutti i paesi candidati e dei paesi cui sono state fornite chiare prospettive di adesione.
La strategia di allargamento dovrebbe inoltre riflettere gli impegni già assunti, nonché trovare il giusto equilibrio tra gli interessi geostrategici dell'UE, le ripercussioni degli sviluppi politici al di fuori dei suoi confini e la capacità d'integrazione dell'Unione. D'altra parte, i deputati ricordano che gli Stati membri dovrebbero evitare di imporre ai paesi candidati all’adesione standard più elevati rispetto a quelli applicati in alcune zone dell’Unione. Fermo restando che «i paesi candidati dovrebbero rispettare appieno e rigorosamente tutti i criteri di Copenaghen e che l’Unione dovrebbe compiere sforzi per potenziare la propria capacità d’integrazione».
A questo proposito, rilevano che la capacità d'integrazione «è collegata alla capacità dell'Unione, in un momento dato, di stabilire i propri obiettivi politici e quindi di raggiungerli». Tra questi citano, in particolare, la promozione del progresso economico e sociale e di un alto livello di occupazione nei suoi Stati membri, «l'affermazione della propria identità» e la capacità di agire sulla scena internazionale, la promozione dei diritti e degli interessi dei cittadini degli Stati membri e dell'Europa, lo sviluppo di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, la piena salvaguardia e lo sviluppo dell'acquis comunitario e la difesa dei diritti e delle libertà fondamentali.
Rilevano peraltro che il «concetto di capacità di integrazione» comprende quattro elementi. In primo luogo, gli Stati con prospettive di adesione dovrebbero favorire e non compromettere la capacità dell’Unione di mantenere lo slancio verso il raggiungimento dei propri obiettivi politici. Inoltre, il quadro istituzionale dell’UE dovrebbe garantire un governo efficiente ed efficace e le risorse finanziarie dell’Unione dovrebbero consentire di far fronte alle sfide della coesione economica e sociale. Infine, occorre avviare una strategia globale di comunicazione intesa a informare l’opinione pubblica circa le conseguenze dell’allargamento.
La relazione sottolinea
peraltro l’importanza del consolidamento, della condizionalità e
della comunicazione quali principi guida della strategia di
allargamento. D'altro lato, esprime preoccupazione per il fatto che
ulteriori allargamenti, senza un consolidamento ed una preparazione
adeguati, «potrebbero danneggiare la coesione interna dell'UE»,
avere gravi ripercussioni sulla sua capacità di azione - «poiché ne
indebolirebbe le istituzioni» - e rendere gli Stati membri «più
vulnerabili a pressioni esterne e pregiudicare la credibilità
dell'UE sulla scena mondiale». Secondo i deputati, inoltre, la struttura economica e gli interessi di ciascuno dei nuovi Stati membri potrebbero incidere sulla direzione che prenderanno le politiche e il bilancio dell'UE e gli adeguamenti politici richiesti potrebbero ripercuotersi sulla sua stessa natura. Sono quindi convinti del fatto che, prima di poter aderire all'Unione, ogni nuovo Stato membro dovrebbe cercare di risolvere tutti i suoi principali problemi interni, «in particolare quelli concernenti la sua configurazione territoriale e costituzionale».
La relazione sostiene poi che il successo del processo di allargamento (e, di conseguenza, il successo del processo di integrazione politica dell'UE) possa essere realizzato solo in presenza di un sostegno pubblico chiaro e duraturo a favore dell'adesione in ogni paese candidato. I futuri allargamenti, infatti, dovrebbero essere accompagnati da una strategia di comunicazione concertata, che coinvolga tutte le istituzioni dell'UE e i governi degli Stati membri, nonché i rappresentanti della società civile e informi in modo adeguato l’opinione pubblica circa i risultati positivi dei precedenti allargamenti.
Un Commonwealth europeo
Per quanto riguarda i «vicini orientali» che al momento non dispongono di prospettive di adesione, ma che soddisfano determinate condizioni democratiche ed economiche, l'UE dovrebbe creare uno spazio basato su politiche comuni, assistendo tali paesi in un graduale ravvicinamento alle norme UE ed aprendo così la strada a una loro più stretta integrazione nel consesso europeo.
La relazione valuta positivamente il rilancio del "Processo di Barcellona: un'Unione per il Mediterraneo" che considera un «passo avanti nelle relazioni con i nostri vicini meridionali». Questa nuova iniziativa, infatti, rafforza la tesi «a favore di relazioni contrattuali multilaterali specifiche anche con i nostri vicini orientali» che, rispetto ai partner meridionali dell'UE, «hanno chiare ambizioni e prospettive europee». Ricorda poi che, come primo passo, tali relazioni dovrebbero tradursi nella creazione di una zona di libero scambio, cui dovranno far seguito relazioni più strette «secondo il modello di uno Spazio economico europeo Plus (SEE +), di un Commonwealth europeo o di quadri di cooperazione regionale specifici, ad esempio nella regione del Mar Nero».
Un'Unione per il Mar Nero e i Balcani
I deputati ribadiscono, nel contesto dei suddetti quadri di cooperazione regionale, l'importanza di individuare una strategia «più sofisticata e generale» per la regione del Mar Nero che vada oltre l'attuale iniziativa di sinergia e preveda la creazione di una «Unione per il Mar Nero» che dovrebbe comprendere l'UE, la Turchia e tutti gli stati che si affacciano sul Mar Nero, cercando allo stesso tempo il pieno coinvolgimento della Russia. Tale quadro multilaterale dovrebbe non solo offrire ai paesi coinvolti la possibilità di potenziare la loro cooperazione con l'UE in un'ampia gamma di settori politici, ma consentire anche a quest'ultima di svolgere un ruolo più attivo nell'individuare soluzioni pacifiche ai conflitti della regione, contribuendo così positivamente alla sicurezza della zona.
Ricordano poi che, per i paesi
dell'ex Iugoslavia, la piena collaborazione con il Tribunale
penale internazionale per l’ex Iugoslavia costituisce una condizione
irrinunciabile ed esprimono soddisfazione per la firma dell'accordo
di stabilizzazione e associazione con la Serbia e con la
Bosnia-Erzegovina che considerano «un ulteriore passo avanti nel
consolidamento dei legami tra questa regione e l'UE». Chiedono, a
tale riguardo, un'accelerazione dei negoziati per la
liberalizzazione dei visti con i paesi dei Balcani occidentali al
fine di facilitare la loro partecipazione ai programmi comunitari. Link utili
Comunicazione della Commissione sulla "strategia di allargamento
e sfide principali per il periodo 2007-2008"
Riferimenti
Elmar BROK (PPE/DE, DE) Relazione sul documento di strategia di allargamento 2007 presentato dalla Commissione Doc.: A6-0266/2008 Procedura: Iniziativa Dibattito: 9.7.2008 |
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Una relazione all'esame dell'Aula chiede di aumentare l'influenza politica dell'UE in Afghanistan con un aumento delle truppe nelle zone più difficili e un maggiore sostegno alla ricostruzione e alla società civile. L'UE dovrebbe sostenere la NATO nella lotta al terrorismo, anche se il problema non è solo militare, e promuovere misure per l'emancipazione delle donne. Occorrono poi maggiori risorse per EUPOL, una strategia contro la produzione di oppio e indagini sugli abusi contro i giornalisti.
La relazione di André BRIE (GUE/NGL, DE) sottolinea che l'Afghanistan ha avviato un importante e difficile processo di ricostruzione della sua società «dopo 30 anni di storia caratterizzati dall'occupazione sovietica, dalle lotte tra le varie fazioni mujaheddin e dalla repressione del regime talebano» e plaude agli sforzi e ai progressi compiuti nella creazione dello Stato di diritto, della democrazia e della ricerca della stabilità. Sostiene poi che nel paese «l'UE è conosciuta principalmente come organizzazione umanitaria», ma ritiene che essa debba essere considerata anche alla luce della sua maggiore influenza politica. Sollecita quindi strategie affinché l'UE possa «rafforzare la propria visibilità» mediante il conferimento di poteri all'apparato civile, politico e burocratico, «finché l'infrastruttura governativa non avrà raggiunto una fase di maggiore stabilità e permanenza».
Sicurezza e lotta al terrorismo
I deputati sottolineano che la volontà e l'impegno politico dovrebbero essere rafforzati e a ciò dovrebbero seguire non solo la fornitura di ulteriori truppe da combattimento nelle aree più difficili, indipendentemente dalle reticenze nazionali, ma anche sforzi di ricostruzione «urgenti e intensificati» al fine di «consolidare quanto conseguito e di ripristinare la fiducia della popolazione afgana a lungo termine e in modo duraturo». In particolare, ritengono che l'operazione "Enduring freedom" potrebbe essere percepita come «controproducente» se la pressione militare esercitata sugli insorti «non andrà di pari passo con un processo politico potenziato, attraverso il quale le autorità afgane raggiungano tutti i segmenti della popolazione che riconoscono la costituzione e depongono le armi».
La relazione sostiene gli sforzi delle forze NATO per migliorare la sicurezza nel paese e affrontare il terrorismo locale e internazionale ritenendo che la presenza di queste forze sia «essenziale» per garantire il futuro del paese. Esorta l'UE e gli Stati membri a sostenere gli sforzi per combattere il terrorismo, l'estremismo etnico e religioso, il separatismo etnico e qualsiasi azione finalizzata al sovvertimento dell'integrità territoriale, dell'unità dello Stato e della sovranità nazionale. Sottolinea che i problemi principali cui è confrontato il paese risiedono «nel ripristino della sicurezza e nella creazione di uno Stato che funzioni e che i problemi in materia di sicurezza sono «più complessi di quelli di una semplice guerra contro il terrorismo» e necessitano, di conseguenza, «di qualcosa di più di una soluzione militare».
I deputati evidenziano l'urgente necessità di elaborare un approccio equilibrato e sostenibile alla riforma del settore della sicurezza, che preveda l'esistenza di un esercito nazionale e di forze di polizia professionali e sottolineano che il sistema giudiziario afgano ha estremo bisogno di investimenti. Rilevano poi che il mandato EUPOL prevede mansioni volte a "sviluppare i collegamenti tra la polizia e il più ampio Stato di diritto" e sollecitano pertanto il Consiglio e la Commissione a continuare a coordinare rigorosamente le loro rispettive attività. Reputano altrettanto importante un «considerevole» incremento delle risorse previste per EUPOL sia in termini di personale che di finanziamenti ed esprimono il proprio sostegno a favore del programma di 2,5 milioni di euro a titolo dello strumento di stabilità per quanto riguarda misure di riforma della nomina di giudici e procuratori.
La relazione esprime profonda preoccupazione per le sempre più estese attività di coltivazione e traffico di oppio, «che hanno gravi implicazioni a livello politico e nazionale in Afghanistan e nei paesi limitrofi». Sottolinea inoltre che l'economia dell'oppio continua ad essere «una fonte di corruzione e compromette le istituzioni pubbliche», in particolare quelle del settore giudiziario e della sicurezza. Per i deputati, poiché non vi sono evidenti soluzioni immediate e le misure repressive volte ad eliminare tali coltivazioni «non hanno dato i risultati previsti», la comunità internazionale dovrebbe elaborare una strategia di lungo termine mirata al generale sviluppo rurale.
Aiutare la ricostruzione e la società civile
I deputati rilevano che l'Afghanistan è diventato «un banco di prova» per l'aiuto internazionale allo sviluppo e la cooperazione bilaterale e multilaterale e sollecitano un migliore coordinamento degli sforzi della comunità internazionale per fornire aiuti civili «efficaci e sostenibili». Chiedono anche l'elaborazione di un bilancio equilibrato che assegni fondi sufficienti per la ricostruzione civile e gli aiuti umanitari, «dal momento che la creazione della sicurezza e il rispetto dello Stato di diritto sono questioni di fondamentale importanza». Evidenziano poi che occorre mantenere una netta distinzione tra azioni militari e interventi umanitari, «sebbene la sicurezza e lo sviluppo siano interdipendenti in Afghanistan».
I deputati rilevano che, nel processo di stabilizzazione e ricostruzione dell'Afghanistan, l'UE deve ricorrere all'esperienza e competenza derivanti dalle sue missioni e a quelle degli Stati membri che hanno già una presenza militare o civile sul territorio afghano. Sono poi fermamente convinti che le squadre di ricostruzione provinciale debbano concentrarsi su obiettivi specifici legati alla sicurezza, alla formazione e alla collaborazione con le forze militari e di polizia afgane, nonché al sostegno dell'azione del governo centrale nelle aree insicure e che dovrebbe essere potenziata il più possibile la partecipazione locale. Invitano l'UE ad incoraggiare e aiutare gli investitori europei affinché siano coinvolti nella ricostruzione, siano presenti sul territorio e sviluppino le loro attività nel paese.
La relazione sostiene fortemente l'urgente necessità di sviluppare e rafforzare la nascente società civile in Afghanistan e ritiene che saranno necessari molto tempo e molti sforzi per diffondere la consapevolezza dell'importanza dei diritti umani, della democrazia e delle libertà fondamentali, «e in particolare dell'uguaglianza di genere», dell'istruzione e della protezione delle minoranze. I deputati si dicono poi convinti che, per vincere la «cultura della violenza» che prevale nella società afgana, la comunità internazionale dei donatori dovrebbe fornire sostegno finanziario e tecnico ai progetti locali mirati alla riconciliazione.
I deputati, d'altra parte, continuano a nutrire preoccupazione per «le enormi disparità di reddito tra uomini e donne, il basso tasso di alfabetizzazione di queste ultime». Ma anche per le ingiustizie - «dovute a pratiche culturali» - nei confronti di donne e bambine, sia in termini di rifiuto, da parte dei membri della famiglia e della comunità, di accesso ai servizi fondamentali come l'assistenza sanitaria e l'istruzione che di mancanza di opportunità di lavoro, nonché gli elevati livelli di violenza e discriminazione domestica. Evidenziano quindi l'urgente necessità di misure, sostenute dall'UE, volte a garantire che la tutela dei diritti delle donne sia integrata nelle riforme politiche e giuridiche.
Libertà dei mezzi di informazione e moratoria sulla pena capitale
La relazione sottolinea che la libertà dei mezzi di informazione è essenziale per creare una società democratica ed esprime profonda preoccupazione per il crescente numero di aggressioni nei confronti dei giornalisti, invitando le autorità afgane ad indagare seriamente in merito a tali abusi. Infine, i deputati esprimono preoccupazione per l'integrità fisica di Malalai Joya, membro della Wolesi Jirga, ed invitano a revocare gli arresti domiciliari per Latif Pedram, fondatore del Partito nazionale del Congresso dell'Afghanistan. Ribadiscono la loro richiesta quanto all'introduzione della moratoria sulla pena capitale in «un sistema giudiziario non ancora in grado di garantire un giusto processo». Background
Secondo i dati del Ministero della Difesa italiano, per l'Afghanistan è stata autorizzata la partecipazione di 2.350 militari. A seguito degli sviluppi della situazione politico-militare in Afghanistan, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato il 20 dicembre 2001 la Risoluzione n. 1386 con la quale ha autorizzato il dispiegamento nella città di Kabul ed aree limitrofe, per un periodo pari a sei mesi di una Forza multinazionale denominata International Security Assistance Force (ISAF). Entro il prossimo novembre, dovrebbero trasferirsi da Kabul nell'area di Herat 500 soldati italiani e tre elicotteri d'attacco "Mangusta".
Nel quadro della riforma della Polizia afgana, l'UE ha intrapreso l'attività di pianificazione, connessa all'iniziativa PESD, denominata “European Police Afghanistan” (”EUPOL AFGHANISTAN”). Tale iniziativa, finalizzata allo svolgimento delle attività di training, advising e mentoring a favore del personale afgano destinato alle unità dell'Afghan National Police (ANP), e dell'Afghan Border Police (ABP), prevede lo schieramento di uomini dell'Arma dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. L'Italia partecipa poi con personale dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, all'addestramento dell'Afghan National Civil Order Police (ANCOP).
Link utili
Sito del Ministero della Difesa
Riferimenti
André BRIE (GUE/NGL, DE) Relazione sulla stabilizzazione dell'Afghanistan: sfide per l'UE e la comunità internazionale Doc.: A6-0269/2008 Procedura: Iniziativa Dibattito: 8.7.2008 |
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Israele rispetti i diritti dei detenuti palestinesi
Un'interrogazione orale al Consiglio e alla Commissione aprirà un dibattito in Aula sugli 11.000 detenuti palestinesi nelle carceri israeliane. I deputati sottolineano il trattamento «umiliante e degradante» dei detenuti, i maltrattamenti fisici e l'inumanità degli interrogatori, nonché la sistematicità degli arresti e della detenzione di bambini. Chiedono quindi quali misure intende adottare l'UE affinché Israele rispetti il diritto internazionale. Il Parlamento adotterà una risoluzione a settembre.
Nell'interrogazione orale - di cui è prima firmataria Luisa MORGANTINI (GUE/NGL, IT) e sostenuta da numerosi altri deputati italiani - è ricordato che nell'ultima relazione sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi, il relatore speciale delle Nazioni Unite John Dugard afferma che dal 1967 sono stati imprigionati più di 700.000 palestinesi. I deputati rilevano poi che attualmente, nelle carceri israeliane, vi sono circa 11.000 detenuti, tra cui 376 bambini, 118 donne, 44 membri del Consiglio legislativo palestinese e circa 800 persone in detenzione amministrativa.
Sottolineano che, alla fine di gennaio del 2008, vi erano 813 palestinesi in detenzione amministrativa in Israele e che tale tipo di detenzione è stabilito, per periodi rinnovabili di un massimo di sei mesi, esclusivamente a seguito di una decisione amministrativa. Ricordano anche che ciò è consentito dal diritto internazionale, ma soltanto con severe restrizioni alla sua applicazione, «al fine di prevenire il pericolo per la sicurezza nazionale rappresentato da un particolare individuo». I deputati evidenziano che tuttavia Israele non ha mai specificato i criteri in base ai quali viene definito il concetto di "sicurezza nazionale" e, pertanto il suo ricorso alla detenzione amministrativa «viola le restrizioni previste dal diritto internazionale».
Inoltre, la maggior parte dei detenuti palestinesi si trova in carcere in Israele. Tale stato di cose, secondo i deputati, oltre a rendere spesso impossibili le visite dei familiari, viola l'articolo 76 della quarta convenzione di Ginevra, secondo il quale «gli abitanti di un territorio occupato debbono essere detenuti nel paese occupato e, se riconosciuti colpevoli, scontare la pena in tale paese».
I deputati evidenziano poi che i detenuti subiscono un trattamento «umiliante e degradante». Gli interrogatori sono svolti «in modo inumano» e talvolta costituiscono «una forma di tortura». Inoltre, «il cibo scarseggia e vi sono gravi problemi di sovraffollamento». Ricordano che, nel 2007, due relazioni pubblicate da alcune ONG israeliane hanno evidenziato che gli arrestati «subiscono maltrattamenti fisici e vengono privati di necessità fondamentali», come il sonno, per più di 24 ore. Altrettanto preoccupante, a loro parere, è il trattamento riservato ai bambini.
Negli ultimi anni l'arresto, gli interrogatori e la detenzione di bambini palestinesi sono divenuti «sistematici». I deputati rilevano che, alla fine del luglio 2007, in Israele, erano detenuti circa 385 bambini palestinesi e che essi sono, in genere, processati in base allo stesso regime militare previsto per gli adulti, in evidente violazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo (UNCRC), entrata in vigore in Israele nel novembre 1991 e di cui Israele rifiuta tuttavia l'applicabilità al territorio palestinese.
I deputati rivolgono quindi al Consiglio e alla Commissione le seguenti domande:
Firmatari italiani dell'interrogazione
Vittorio Agnoletto, Vincenzo Aita, Alessandro Battilocchio, Giovanni Berlinguer, Marco Cappato, Giusto Catania, Luigi Cocilovo, Umberto Guidoni, Luisa Morgantini, Roberto Musacchio, Pasqualina Napoletano, Mauro Zani.
Link utili
Relazione del relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967 (in inglese)
Riferimenti
Interrogazioni orali - Detenuti palestinesi nelle carceri israeliane Docc.: O-0040/2008 e O-0041/2008 Procedura: Interrogazione orale Dibattito: 9.7.2008 |
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Situazione politica in Zimbabwe
Una dichiarazione del Consiglio e della Commissione aprirà un dibattito in Aula sulla crisi politica nello Zimbabwe dopo che Mugabe si è proclamato Presidente nonostante le condanne della comunità internazionale. Il Commissario Michel ha dichiarato l'impossibilità di riconoscere la legittimità delle elezioni, l'Italia ha richiamato il suo ambasciatore e gli USA hanno proposto sanzioni. Il Parlamento europeo, che aveva già criticato la violenza politica post-elettorale, adotterà una risoluzione.
Il 29 maggio si sono aperte le urne nello Zimbabwe per le elezioni presidenziali dopo una campagna elettorale segnata da violenze. L'opposizione a Mugabe, Presidente da 28 anni, risultava in vantaggio e i risultati sono stati diffusi dopo cinque settimane. Tuttavia, il leader dell'opposizione Morgan Tsvangirai è stato costretto a ritirarsi dalle elezioni e il 27 giugno Mugabe si è presentato come unico candidato al ballottaggio, facendosi poi proclamare vincitore con l'85% dei voti.
Forte è lo sdegno della comunità internazionale. Lo scorso 1° luglio, Louis Michel, Commissario europeo per lo sviluppo e gli aiuti umanitari, ha dichiarato l'impossibilità di riconoscere la legittimità del risultato delle elezioni «date le condizioni in cui si è svolto il secondo turno». Ha poi sottolineato che la vittoria di Mugabe è stata semplicemente un «esercizio di conquista del potere» ed è ben lontana dallo spirito di cambiamento e di rinascita cui si assiste oggi in Africa. Ha poi invitato le organizzazioni africane competenti, in particolare il Vertice dell'Unione africana, a trovare una soluzione politica alla crisi, ricordando che «qualsiasi soluzione dovrebbe riflettere la volontà del popolo dello Zimbabwe», che deve essere espressa in condizioni democratiche accettabili. Infine, ha rilevato il pieno appoggio della Commissione europea all'Unione africana e a coloro che affrontano la situazione in questo modo.
Lo scorso 24 aprile, in una risoluzione, il Parlamento europeo ha ribadito la necessità di rispettare la volontà democratica del popolo dello Zimbabwe e ha esortato «tutti coloro che intendono partecipare al futuro del paese a cooperare con le forze del cambiamento democratico». Ha poi condannato «con forza» la violenza politica post-elettorale e le violazioni dei diritti dell'uomo a danno dei sostenitori dei partiti di opposizione.
Gli USA hanno redatto una bozza di risoluzione per il Consiglio di sicurezza dell'ONU che prevede sanzioni contro lo Zimbabwe e il testo sarà votato nei prossimi giorni. Inoltre, i leader dell'Unione africana riuniti in vertice il 30 giugno e 1° luglio a Sharm el Sheikh, in Egitto, hanno approvato una risoluzione che prevede il passaggio ad un governo di unità nazionale di transizione.
In Italia, a fine giugno, il ministro degli Esteri Franco Frattini ha disposto il richiamo a Roma per consultazioni dell'ambasciatore ad Harare. Una nota della Farnesina spiega che «la proposta di ritiro degli ambasciatori da parte dei Paesi membri dell'Unione Europea avanzata alla riunione ministeriale G8 di Kyoto riveste un significato politico». Aggiunge poi che l'iniziativa italiana è «in linea con l'orientamento di assoluta fermezza e riprovazione condiviso dalla comunità internazionale, a cominciare dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, e ogni governo ha a sua volta il diritto di aderirvi, fermo restando il riconoscimento che si deve all'opera svolta sul posto dai funzionari dell'UE».
Link utili
Risoluzione del Parlamento europeo sullo Zimbabwe (24 aprile 2008)
Riferimenti
Dichiarazioni del Consiglio e della Commissione - Situazione in Zimbabwe Dibattito: 9.7.2008 |
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Cina: dopo il terremoto e alla vigilia delle Olimpiadi
Le dichiarazione del Consiglio e della Commissione apriranno un dibattito in Aula sulla situazione in Cina dopo il terremoto e alla vigilia dei Giochi olimpici. Il Parlamento, con precedenti risoluzioni, aveva condannato la brutale repressione delle manifestazioni tibetane dello scorso aprile e aveva espresso le sue condoglianze per le vittime del grave terremoto del 12 maggio. Il Parlamento adotterà una risoluzione.
Lo scorso aprile, il Parlamento ha adottato una risoluzione condannando la brutale repressione delle manifestazioni dei tibetani. Chiedeva un'indagine ONU e il rilascio delle persone arrestate. Sollecitava poi una posizione comune UE sulla partecipazione all'inaugurazione dei Giochi olimpici, disertando l'evento se non fosse ripreso il dialogo con il Dalai Lama. Chiedeva anche alla Cina di aprire il Tibet alla stampa estera e di rispettare gli impegni sui diritti umani e delle minoranze.
A seguito del grave terremoto che ha colpito, lo scorso 12 maggio, la Cina sud-meridionale, il Parlamento ha adottato una risoluzione, esprimendo le sue condoglianze per le vittime del terremoto. Plaudendo alla risposta rapida delle autorità per venire in aiuto delle vittime, chiedeva di agevolare il lavoro delle ONG. Esortava inoltre l'UE a fornire aiuti d'emergenza, l'assistenza tecnica necessaria e aiuti alla ricostruzione. Chiedeva poi lo sviluppo di un efficace sistema di allerta rapido per preparare la popolazione a fronteggiare terremoti e altre calamità naturali.
Link utili
Risoluzione del Parlamento europeo del 10 aprile 2008 sulla
situazione in Tibet
Riferimenti
Dichiarazioni del Consiglio e della Commissione - Situazione in Cina dopo il terremoto e prima delle Olimpiadi Dibattito: 9.7.2008 |
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Verso un nuovo assetto del mercato del gas
Una relazione all'esame dell'Aula chiede di separare la proprietà delle attività di produzione e di trasmissione del gas oppure di affidare la rete a un gestore di trasmissione indipendente, interno all'impresa ma totalmente separato a livello contabile e societario. Intende inoltre vietare a soggetti di paesi terzi di controllare la rete di trasmissione. Propone poi di rafforzare la tutela dei consumatori più deboli garantendo loro la sicurezza delle forniture a tariffe preferenziali.
Dopo essersi pronunciato sul mercato dell'elettricità durante la scorsa sessione, il Parlamento dovrà esaminare - in prima lettura - una direttiva relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e un regolamento sulle condizioni di accesso alle reti di trasporto del gas naturale. Il mercato interno del gas, la cui progressiva realizzazione in tutta la Comunità è in atto dal 1999, ha lo scopo di offrire a tutti i consumatori dell'UE, privati o imprese, una reale libertà di scelta, creare nuove opportunità commerciali e intensificare gli scambi transfrontalieri, in modo da conseguire una maggiore efficienza, prezzi competitivi e più elevati livelli di servizio, contribuendo anche alla sicurezza degli approvvigionamenti ed allo sviluppo sostenibile.
La relazione di Romano LA RUSSA (UEN, IT) chiede anzitutto che le norme stabilite dalla direttiva per il gas naturale (compreso quello liquefatto, GNL) si applichino «in modo non discriminatorio» anche al biogas e al gas derivante dalla biomassa o a altri tipi di gas. Purché «tali gas possano essere iniettati nel sistema del gas naturale e trasportati attraverso tale sistema senza porre problemi di ordine tecnico o di sicurezza».
Disaggregazione della proprietà per produzione e trasmissione (unbundling)
La legislazione vigente impone la disaggregazione giuridica e funzionale delle operazioni di rete dalle attività di approvvigionamento e generazione o di produzione. Gli Stati membri hanno rispettato tale obbligo applicando strutture organizzative diverse. Vari Stati hanno creato imprese completamente separate per la gestione della rete, mentre altri hanno costituito un’entità giuridica all’interno di un’impresa integrata. L'Italia vi ha proceduto nel 2000 dando attuazione al "Decreto Letta" (si veda il background). Tuttavia, attualmente, non è possibile garantire a tutte le imprese della Comunità il diritto di vendere gas in tutti gli Stati membri a condizioni identiche e senza subire discriminazioni o svantaggi. In particolare, non esiste ancora in tutti gli Stati membri un accesso non discriminatorio alla rete né un livello di controlli di pari efficacia da parte dei regolatori nazionali, in quanto il vigente quadro normativo non è sufficiente.
La Commissione propone quindi di operare una separazione della proprietà, la quale implica che il proprietario della rete venga designato come gestore della rete e operi indipendentemente dalle imprese di fornitura e di produzione, per risolvere nel modo più efficace l'intrinseco conflitto d'interessi connaturato alle imprese verticalmente integrate e per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti. Tuttavia, in deroga a tale principio, propone di lasciare agli Stati membri la possibilità di istituire "gestori di sistema indipendenti" dagli interessi della fornitura e della produzione (ISO, Indipendent system operator). Per i deputati, invece, se un'impresa è integrata verticalmente, occorre dare agli Stati membri la possibilità di scegliere tra la separazione delle strutture proprietarie (unbundling proprietario) e l'istituzione di un "gestore di trasmissione indipendente" (ITO - Indipendent trasmission operator).
Più in particolare, per quanto riguarda l'unbundling, i deputati propongono di vietare alla stessa persona o alle stesse persone, individualmente o congiuntamente, di controllare, direttamente o indirettamente, un'impresa che esercita l'attività di produzione o l'attività di fornitura e, al contempo, di controllare o detenere partecipazioni o esercitare diritti su un gestore di sistemi di trasmissione. E viceversa. Gli Stati membri, d'altra parte, possono concedere deroghe a condizione che i gestori dei sistemi di trasmissione non facciano parte di un'impresa verticalmente integrata. Inoltre, la stessa persona o le stesse persone non possono essere autorizzate a nominare membri del consiglio di vigilanza, del consiglio di amministrazione o degli organi che rappresentano legalmente l'impresa di un gestore di sistemi di trasmissione e a direttamente o indirettamente esercitare un controllo o detenere partecipazioni o esercitare diritti sull'attività di produzione o l'attività di fornitura. E viceversa. Un emendamento, peraltro, propone di non considerare come una stessa persona lo Stato o un altro ente pubblico o due enti pubblici separati che esercitano il controllo su un gestore di sistemi di trasmissione o un sistema di trasmissione e il controllo su un’impresa che svolge attività di produzione o attività di fornitura.
Un altro emendamento, invece, vieta alla stessa persona o alle stesse persone di gestire il sistema di trasporto mediante un contratto di gestione o di esercitare influenza con qualsiasi altra modalità di non proprietà e, al contempo, di esercitare direttamente o indirettamente un controllo o detenere partecipazioni o esercitare diritti su un’impresa che svolge attività di produzione o attività di fornitura.
Con un lungo emendamento, poi, i deputati inseriscono il concetto di "gestore di trasmissione indipendente". Ossia di un soggetto interno all'azienda stessa ma totalmente separato a livello contabile e societario, che possieda infrastrutture e personale adeguati e che disponga «di poteri decisionali effettivi, indipendenti dall'impresa verticalmente integrata». Le società aventi funzioni di produzione o fornitura, inoltre, non possono detenere partecipazioni azionarie del gestore di trasmissione, e viceversa, né avere la facoltà di nominare responsabili della gestione o membri di organi amministrativi del gestore di trasmissione, né tanto meno di prendere parte agli organi decisionali.
Infine, i deputati accolgono la proposta della Commissione di vietare il controllo di una o più persone di paesi terzi sui sistemi di trasmissione o sui gestori di sistemi di trasmissione. Suggeriscono tuttavia di prevedere la possibilità di deroghe in virtù di accordi conclusi con paesi terzi finalizzati a instaurare un quadro comune per gli investimenti nel settore energetico e ad aprire il mercato di uno Stato terzo alle imprese comunitarie.
Il Consiglio dei Ministri, nel frattempo, ha raggiunto un accordo politico di massima su tale questione che, pur esplicitando la preferenza per "l'unbundling proprietario" e non escludendo il ricorso a "gestori di sistema indipendenti" (ISO, Indipendent system operator), prevede anche la possibilità per le aziende integrate verticalmente di non vendere la proprietà della rete e di ricorrere a un "gestore di trasmissione indipendente" (ITO, Indipendent Transmission Operator) interno all'azienda stessa ma totalmente separato a livello contabile e societario. Per il Consiglio, questo sistema va applicato sia al mercato del gas sia a quello dell'elettricità. Per quest'ultimo, invece, il Parlamento ha proposto di procedere unicamente all'unbundling proprietario.
Obblighi di servizio pubblico e tutela dei consumatori, soprattutto dei più vulnerabili
L'attuale normativa prevede
che, nel pieno rispetto delle pertinenti disposizioni del trattato,
gli Stati membri possono, nell'interesse economico generale, imporre
alle imprese che operano nel settore del gas obblighi relativi al
servizio pubblico concernenti la sicurezza, compresa la
sicurezza degli approvvigionamenti, la regolarità, la qualità e il
prezzo delle forniture, nonché la tutela dell'ambiente, compresa
l'efficienza energetica e la protezione del clima. I deputati
chiedono di sopprimere il riferimento al prezzo delle forniture tra
le considerazioni degli obblighi di servizi pubblico, per insistere
invece sulla tutela dei clienti più vulnerabili. A questi ultimi,
secondo i deputati, gli Stati membri devono assicurare un'adeguata
protezione comprendente misure idonee a permettere loro di evitare
l'interruzione delle forniture, anche attraverso particolari
condizioni di pagamento.
Un altro emendamento chiede agli Stati membri di adottare misure adeguate per affrontare la povertà energetica mediante piani d'azione nazionali allo scopo di assicurare che il numero di persone in situazione di povertà energetica diminuisca in termini reali. Tali misure, è precisato, potranno comprendere prestazioni a titolo dei regimi previdenziali e un sostegno ai miglioramenti in termini di efficienza energetica e alla produzione di energia ai prezzi più bassi possibili. La Commissione dovrà fornire orientamenti per monitorare l'incidenza di tali misure sulla povertà energetica e sul funzionamento del mercato. La definizione di povertà energetica dovrà essere elaborata a livello nazionale.
In forza alla direttiva vigente gli Stati membri devono attuare misure idonee a realizzare gli obiettivi della coesione economica e sociale. I deputati precisano che tali misure devono mirare a ridurre il costo del gas fornito a clienti civili a basso reddito e garantire le stesse condizioni a clienti che vivono in zone isolate, nonché gli obiettivi della tutela ambientale. Queste, è anche specificato, possono includere misure di efficienza energetica e di gestione della domanda e misure per combattere il cambiamento climatico e garantire la sicurezza dell'approvvigionamento. Possono anche comprendere, in particolare, la concessione di incentivi economici adeguati, facendo eventualmente ricorso a tutti gli strumenti nazionali e comunitari esistenti per la manutenzione e costruzione della necessaria infrastruttura di rete, compresa la capacità di interconnessione.
Per promuovere l'efficienza energetica, inoltre, un emendamento chiede alle autorità nazionali di regolamentazione di incaricare le imprese di gas naturale a introdurre formule tariffarie «che aumentino per i maggiori livelli di consumo», e di sostenere l’introduzione di misure miranti a ottimizzare l’uso del gas, particolarmente nelle ore di punta. Tali formule tariffarie, combinate con l’introduzione di contatori e reti intelligenti, dovranno promuovere un comportamento di efficienza energetica e i costi più bassi possibili, in particolare quelli che soffrono di povertà energetica.
Inoltre, i deputati propongono di rafforzare i diritti dei consumatori, soprattutto in materia di informazione sulle tariffe, sull'eventuale possibilità di rescindere il contratto «senza alcuna penalizzazione» e sull'indennizzo e sulle modalità di rimborso in caso di servizio di qualità inferiore a quanto concordato. Vanno poi garantite le informazioni sui diritti dei consumatori, in fattura o sui siti web, sui loro consumi effettivi e sulle possibilità di ricorso. Ai clienti va inoltre data la possibilità di cambiare fornitore senza «sostenere spese». Gli Stati membri, secondo i deputati, devono anche provvedere affinché tutti i clienti abbiano il diritto di essere riforniti di gas da un fornitore, purché quest'ultimo sia d'accordo, a prescindere dallo Stato membro in cui opera. A tal riguardo, gli Stati membri dovranno adottare tutte le misure necessarie affinché le imprese riconosciute come fornitrici in un altro Stato membro possano approvvigionare i loro cittadini senza dover ottemperare a ulteriori condizioni.
Solidarietà e cooperazione regionale
In forza all'attuale normativa, gli Stati membri devono garantire il controllo della sicurezza degli approvvigionamenti, in particolare, per quanto riguarda l'equilibrio tra domanda e offerta sul mercato nazionale, il livello della domanda attesa in futuro e delle scorte disponibili, la prevista capacità addizionale in corso di programmazione o costruzione, nonché la qualità e il livello di manutenzione delle reti, come pure le misure per far fronte ai picchi della domanda e alle carenze di uno o più fornitori.
I deputati accolgono la proposta della Commissione intesa a incentivare la collaborazione degli Stati membri per promuovere la solidarietà regionale e bilaterale, al fine di proteggere la sicurezza dell'approvvigionamento di gas naturale del mercato interno. Precisano, tuttavia, che nel fare ciò occorre evitare di imporre «un onere eccessivo ai soggetti operanti sul mercato». Tale cooperazione, in ogni caso, potrà riguardare situazioni che comportano una grave perturbazione dell'approvvigionamento che colpisce uno Stato membro e comprende il coordinamento delle misure di emergenza nazionali, l'individuazione e, se del caso, lo sviluppo o l'ammodernamento delle interconnessioni delle reti di elettricità e di gas naturale, nonché le condizioni e le modalità pratiche dell'assistenza reciproca. In merito alla cooperazione regionale, un emendamento chiede alle autorità di regolamentazione degli Stati membri di collaborare tra di loro «per armonizzare la configurazione del mercato» e integrare i mercati nazionali quanto meno a uno o più livelli regionali «come primo passo intermedio verso un mercato interno pienamente liberalizzato». In particolare, dovrebbero promuovere la cooperazione dei gestori delle reti a livello regionale e facilitare l'integrazione a livello regionale «al fine di creare un mercato interno competitivo, di agevolare l'armonizzazione dei rispettivi quadri giuridici, normativi e tecnici, e innanzitutto di integrare le "isole del gas" che persistono nell’Unione europea». Gli Stati membri dovrebbero inoltre promuovere la cooperazione delle autorità nazionali di regolamentazione a livello transfrontaliero e regionale.
Background - il gas in Italia e in Europa
Il consumo interno lordo di energia in Italia ha registrato dal 2002 al 2007 un aumento medio annuo dello 0,5%, passando da 188 Mtep a 194 Mtep (milioni di tonnellate equivalenti petrolio). La quota del gas naturale sui consumi energetici del paese è passata dal 31% del 2002 al 36% del 2007. Il gas naturale ha rappresentato la fonte combustibile fossile interessata dalla crescita più rapida, con un aumento medio annuo pari al 3,8%. Il consumo di gas naturale dal 2002 al 2007 è passato da 70,5 miliardi di metri cubi a 84,9 miliardi nel 2007. Circa il 66% di tale crescita è dovuta allo sviluppo nel settore della produzione termoelettrica, con un incremento complessivo del 51% (da 22,6 miliardi di metri cubi nel 2002 a 34,1 miliardi di metri cubi nel 2007). Nello stesso periodo, il consumo relativo al settore residenziale e commerciale ha registrato una crescita contenuta ma costante con un aumento pari a 3,1 miliardi di metri cubi, raggiungendo 28,5 miliardi nel 2007 (stime). Il settore industriale e gli altri settori minori - con 21,4 miliardi di metri cubi - hanno invece complessivamente conosciuto una sostanziale stabilità tra il 2002 ed il 2007.
La crescita della domanda di gas naturale dal 2002 al 2007 è stata soddisfatta facendo ricorso in modo consistente alle importazioni, che sono cresciute da circa 59 a circa 74 miliardi di metri cubi. Il ruolo delle importazioni sulle disponibilità complessive nel periodo è così passato, al netto dello stoccaggio, dall'80% all'88%.
Snam Rete Gas è il principale operatore nel trasporto e dispacciamento del gas naturale in Italia ed e’ l’unico operatore italiano che svolge il servizio di rigassificazione di gas naturale liquefatto (GNL). Il sistema di trasporto del gas ha un’estensione complessiva di oltre 33.00 chilometri, di cui 31.081 di proprietà di Snam Rete Gas, che utilizza 10 centrali di compressione con lo scopo di aumentare la pressione del gas nelle condotte e riportarla al valore necessario per assicurarne il flusso. Dal dicembre 2001 Snam Rete Gas è quotata alla Borsa di Milano e i suoi principali azionisti (ad aprile 2008) sono Eni (50,03%), Investitori Istituzionali (29,74%), Investitori Retail (8,14%), Banca d'Italia (2,1%). Snam Rete Gas possiede il 9,99% di azioni proprie.
Il quadro normativo nel quale opera Snam Rete Gas trae origine in via preliminare dal D.Lgs n. 164/00 (Decreto Letta) che, recependo nell’ordinamento italiano la Direttiva 98/30/CE (prima direttiva gas), ha essenzialmente introdotto l’obbligo di separazione societaria delle attività di trasporto e dispacciamento del gas naturale da tutte le altre attività del settore del gas. Più in particolare, il decreto prevede la liberalizzazione e lo sviluppo della concorrenza nelle attività di importazione, produzione e vendita del gas e la regolamentazione delle attività di trasporto e dispacciamento, stoccaggio e distribuzione, in modo che tali servizi siano resi ai terzi a parità di condizioni e a tariffe regolamentate. Prevede inoltre la separazione societaria delle attività di trasporto, dispacciamento e distribuzione di gas naturale da tutte le altre attività del settore del gas e l’accesso alle reti di trasporto e distribuzione, agli stoccaggi di rigassificazione e agli stoccaggi a condizioni trasparenti e non discriminatorie, a favore dei clienti che ne hanno fatto richiesta.
Tenuto conto del mancato recepimento della seconda direttiva gas adottata a livello UE (n. 55/30/CE), L’Autorità’ per l’Energia Elettrica e il Gas ha emanato la Delibera n. 11/07 sugli “Obblighi di separazione amministrativa e contabile (unbundling) per le imprese operanti nei settori dell’energia elettrica e il gas”. La Delibera ha disciplinato ex novo la materia richiamandosi alle disposizioni della direttiva UE ed inserendo un'ulteriore forma di separazione, il cosiddetto unbundling funzionale, che prevede l'affidamento dell’esercizio delle attività ritenute essenziali per la liberalizzazione a un gestore indipendente.
Secondo dati pubblicati dalla Commissione europea, i principali operatori sul mercato del gas italiano sono ENI 43,9%, Gruppo Enel 15,4%, Gruppo Edison 7,7%, Gruppo AEM 2,6%, Gruppo Hera 2,5%, E.ON 1,5% e Gaz de France 1,5%. La Stogit (100% ENI) opera nelle attività di stoccaggio, mentre Italgas (100% ENI) detiene il 32% del mercato della distribuzione, operando in un regime di unbundling amministrativo e contabile dal 1999.
A livello europeo, il gas naturale rappresenta il 24% del mix energetico e partecipa a un quinto della produzione elettrica. La domanda di gas è cresciuta del 35% negli ultimi 10 anni, ma solo il 37% del gas è prodotto negli Stati membri, mentre le importazioni riguardano circa il 63%. I principali paesi fornitori dell'Unione europea sono la Federazione russa (29%), la Norvegia (17%), l'Algeria (13%), la Nigeria e il Qatar (ciascuno 1%).
Link utili
Direttiva 2003/55 relativa a norme comuni per il mercato interno
del gas naturale (testo consolidato)
Riferimenti
Romano LA RUSSA (UEN, IT) Relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2003/55/CE relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale Doc.: A6-0257/2008 Procedura: Codecisione, prima lettura Dibattito: 8.7.2008 |
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Agevolare il trasferimento delle ecotecnologie alle imprese
Una relazione all'esame dell'Aula sollecita una politica UE sulle tecnologie energetiche. Rilevando la necessità di ridurre il costo dell'energia verde, chiede un migliore trasferimento di tecnologie alle imprese e invita il settore privato a investire di più nella ricerca. Sostiene le proposte Iniziative industriali europee su energia eolica, solare e bioenergia, nonché per la cattura del carbonio e la fissione nucleare, e chiede più risorse per l'efficienza energetica e le fonti rinnovabili.
Una politica europea sulle tecnologie energetiche e l'adeguatezza della sua base finanziaria sono fondamentali per conseguire gli obiettivi dell'UE in materia di energia e cambiamento climatico entro il 2020. E' quanto sostiene la relazione di Jerzy BUZEK (PPE/DE, PL), sottolineando la necessità di sviluppare e applicare tecnologie energetiche innovative, a basso costo e a basse emissioni di carbonio, l'efficienza energetica e l'energia rinnovabile, «essenziali per ridurre il costo per l'abbattimento delle emissioni e creare nuovi mercati per l'industria dell'UE, garantendo un impegno globale per affrontare il cambiamento climatico». Rileva inoltre che tecnologie a basse emissioni possono contribuire al raggiungimento di un «nuovo accordo internazionale sul cambiamento climatico atto a sostituire il regime del protocollo di Kyoto».
I deputati si rammaricano tuttavia per il fatto che il Piano strategico europeo per le tecnologie energetiche (Piano SET) si concentri soprattutto sulle misure orientate all'offerta e trascuri quelle idonee a ridurre la domanda di energia, come i risparmi di energia e l'efficienza energetica. Chiedono quindi che l'efficienza energetica occupi un posto di maggior rilievo nel Piano, «dato che si tratta del settore che vanta le più grandi potenzialità per riduzioni delle emissioni efficaci sotto il profilo dei costi nel medio periodo». Sottolineano poi che nuove tecnologie possono facilitare la diversificazione delle fonti energetiche, ridurre la domanda di energia e fornire metodi meno inquinanti e più sicuri a sostegno della sicurezza degli approvvigionamenti energetici.
Agevolare il trasferimento tecnologico alle imprese e sostenere le energie pulite
Secondo i deputati, è essenziale ridurre il costo dell'energia «verde» e dare forte impulso all'innovazione nel settore energetico, migliorando il processo di trasferimento tecnologico dai centri di ricerca alle imprese, riducendo i tempi di penetrazione sul mercato e ponendo fine «all'attuale inerzia tecnologica e regolamentare», nonché migliorando l'interconnessione delle reti. Sono favorevoli alla costituzione di un gruppo direttivo di alto livello e all'introduzione di un sistema di informazione trasparente e facilmente accessibile per tali tecnologie, in particolare per le PMI.
Sollecitano inoltre il settore privato a investire maggiormente nelle attività di ricerca ed a assumersi più rischi, «essendo questa una condizione preliminare perché l'UE possa porsi all'avanguardia in questo settore». Chiedono poi maggiori risorse a favore del partenariato con l'industria «per incoraggiare gli investimenti del settore privato nelle tecnologie a basse emissioni di carbonio», associando anche le PMI, in particolare nell'ambito delle tecnologie per sistemi di approvvigionamento energetico diffusi.
La relazione chiede un maggiore supporto a favore delle tecnologie a basse emissioni di carbonio e plaude alle proposte Iniziative industriali europee (EII), sottolineando comunque la necessità di accrescere il sostegno alla ricerca e allo sviluppo delle tecnologie che saranno necessarie nel lungo periodo, ponendo l'accento in particolare su quelle nel campo dell'energia solare, «che possono far divenire l'Europa indipendente sul piano energetico». Sostiene inoltre «con forza» le proposte EII concernenti l'energia eolica, solare e la bioenergia, nonché la cattura, il trasporto e lo stoccaggio del biossido di carbonio, le reti elettriche e la fissione nucleare. Chiede di intensificare la ricerca nel campo dei biocombustibili e sottolinea l'importanza di sviluppare, su larga scala, la conversione di biomassa in gas per produrre idrogeno e combustibili sintetici liquidi. Inoltre, le EII sulla fissione nucleare, secondo i deputati, dovrebbero «garantire continuità e comprendere attività di R&S sulle tecnologie di terza e quarta generazione».
Un finanziamento adeguato e coordinato
I deputati invitano inoltre ad ampliare la ricerca e a rafforzare l'istruzione e la formazione. Chiedono quindi una cooperazione coordinata con gli Stati membri e ritengono che gli strumenti comunitari operanti a livello nazionale, come i Fondi strutturali, possano sostenere la ricerca, lo sviluppo e le capacità di innovazione. Ribadiscono poi che il piano SET dovrà creare capacità di ricerca e di innovazione in campo energetico su scala europea, ritenendo che «la soluzione risieda parzialmente nella creazione di strutture di ricerca europee». Invitano pertanto il Foro per la strategia europea in materia di infrastrutture di ricerca (ESFRI) ad identificare le necessità europee in fatto di strutture di ricerca nel campo delle tecnologie energetiche innovative, come le tecnologie in materia di energie rinnovabili.
I deputati attendono la comunicazione della Commissione sul finanziamento delle nuove tecnologie a basse emissioni di carbonio e delle nuove tecnologie CCS. Ritengono che il Piano SET non dovrebbe essere finanziato attraverso la riassegnazione di finanziamenti messi a disposizione del settore energetico nell'ambito del FP7 e del CIP, ma occorrerebbero «significative risorse aggiuntive a favore delle tecnologie nel campo dell'efficienza energetica e delle energie rinnovabili».
Chiedono quindi con urgenza un finanziamento e un sostegno adeguati a favore della R&S, della dimostrazione e della commercializzazione delle nuove tecnologie a basse emissioni e senza emissioni di carbonio affinché, a partire dal 2009, siano spesi «ogni anno almeno 2 miliardi del bilancio dell'UE per sostenere tali tecnologie indipendentemente dal FP7 e dal CIP». Infine, sollecitano proposte relative a risorse supplementari nella revisione intermedia del quadro finanziario 2007-2013.
Link utili
Comunicazione della Commissione - "Piano strategico europeo per
le tecnologie energetiche: Verso un futuro a bassa emissione di
carbonio"
Riferimenti
Jerzy BUZEK (PPE/DE, PL) Relazione sul Piano strategico europeo per le tecnologie energetiche Doc.: A6-0255/2008 Procedura: Iniziativa Dibattito: 8.7.2008 |
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Il gasdotto Nordstream risponde alla necessità di soddisfare i fabbisogni energetici dell'UE, ma pone problemi ambientali e geopolitici. Una relazione all'esame dell'Aula chiede di valutare la situazione del mercato derivante dalla sua realizzazione e, se del caso, prendere misure per evitare che Gazprom domini il mercato UE del gas in assenza di pari condizioni per le società europee in Russia. Sollecita inoltre una politica energetica comune e una diversificazione geografica e delle fonti.
Nord Stream è un progetto infrastrutturale che sarà realizzato nell'area del Baltico. La costruzione del gasdotto nordeuropeo avrà ripercussioni tecnogeniche su un corridoio sottomarino lungo 1.200 km e largo circa 2 km e interesserà un'area di 2.400 km², divenendo pertanto il più grande sito di costruzione sottomarina al mondo. La relazione di Marcin LIBICKI (UEN, PL) ricorda che esso è solo uno dei molti progetti di infrastruttura del gas che consentiranno di sostituire carburanti fossili più nocivi per l'ambiente.
Il progetto, secondo i deputati, avrà un'ampia dimensione strategica e politica sia per l'UE che per la Russia e contribuirà a soddisfare i futuri fabbisogni energetici dell'UE. Sottolineano tuttavia che il principio di reciprocità deve essere rispettato appieno in termini di investimento, qualora l'interdipendenza tra l'UE e la Russia si sviluppi in un partenariato. Precisano poi che i paesi terzi traggono maggiore profitto dal mercato aperto europeo, mentre agli investitori europei in Russia «non sono concessi simili vantaggi». La relazione esorta quindi la Commissione, nell'ambito delle proprie competenze, a valutare la situazione in termini di concorrenza del mercato provocata dalla possibile realizzazione del gasdotto Nord Stream e, laddove necessario, a prendere misure intese a «evitare che Gazprom assuma un ruolo dominante sui mercati del gas europei qualora non siano accordati alle società europee pari diritti di ingresso sul mercato energetico russo».
Politica energetica comune e diversificazione dei fornitori e delle fonti
I deputati ricordano che il progetto, insieme ad altri gasdotti complementari, dovrebbe essere pianificato nello spirito di una politica estera energetica europea comune. Sottolineano peraltro che la sicurezza energetica deve essere considerata «un componente essenziale della sicurezza globale dell'UE», la cui definizione «non dovrebbe limitarsi esclusivamente all'assenza di produzione interna dell'UE ma dovrebbe anche tenere in considerazione gli aspetti geopolitici della dipendenza dalle importazioni e le relative possibili conseguenze delle interruzioni legate a motivi politici».
Tenendo poi conto della crescente dipendenza dell'UE da un numero limitato di fonti energetiche, di fornitori e di rotte di trasporto, i deputati ritengono essenziale sostenere iniziative volte alla loro diversificazione, sia geografica sia mediante lo sviluppo di alternative sostenibili. Sottolineano peraltro che il terzo pacchetto energetico ridurrà la dipendenza energetica di ogni Stato membro poiché, in un mercato completamente liberalizzato e integrato, «nessuno Stato può essere disconnesso da un fornitore di un paese terzo».
Una valutazione d'impatto ambientale indipendente
I deputati rilevano le preoccupazioni espresse da alcuni Stati membri in merito alla costruzione e alla manutenzione del gasdotto, sottolineando che l'area del Baltico è patrimonio comune dei paesi che vi si affacciano e «non una questione attinente alle relazioni bilaterali tra gli Stati». A tale riguardo, si oppongono all'attuazione del progetto nella scala proposta «senza il previo consenso degli Stati litorali» ed invitano la Commissione, il Consiglio e gli Stati membri ad avvalersi di tutti gli strumenti giuridici a loro disposizione per evitare la costruzione del gasdotto nordeuropeo, «qualora sia evidente il rischio di un disastro ambientale nell'area del Mar Baltico».
I deputati sottolineano che varie decine di mesi di lavoro in un'area che potrebbe interessare sino a 2.400 km² rappresentano «una seria minaccia per la biodiversità» e il numero di habitat, nonché per la sicurezza e il corretto funzionamento del trasporto marittimo nella regione. Invitano quindi a commissionare una reale valutazione d'impatto ambientale da parte di un organismo indipendente, con l'approvazione di tutti gli Stati litorali ed insistono affinché il Consiglio si attivi per pervenire a valutazioni d'impatto ambientale obbligatorie nelle relazioni tra l'UE e i paesi terzi.
Alla luce dei seri rischi ambientali e dei costi elevati del progetto, la relazione chiede infine di esaminare tracciati alternativi per il gasdotto. Rileva poi l'assenza di qualsiasi strategia per far fronte alle avarie strutturali e alle minacce esterne alla sicurezza del gasdotto e la mancanza di strutture istituzionali che rispondano adeguatamente ai temi di sicurezza ambientale e geopolitica legati al progetto.
Link utili
Risoluzione del Parlamento europeo su una politica estera comune
dell'Europa in materia di energia (26 settembre 2007) dell’ambiente marino
Riferimenti
Marcin LIBICKI (UEN, PL) Relazione sull'impatto ambientale del gasdotto di cui è prevista la realizzazione nel Mar Baltico per collegare Russia e Germania (Petizioni 0614/2007 e 0952/2007) Doc.: A6-0255/2008 Procedura: Iniziativa Dibattito: 8.7.200 |
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Il Parlamento è chiamato ad approvare definitivamente una direttiva che, dal 2012, prevede l'inclusione nel sistema comunitario delle emissioni prodotte da tutti i voli in arrivo e in partenza da un aeroporto dell'UE. Sono però previste alcune deroghe per i voli militari, antincendio e di ricerca o effettuati da piccoli aerei o su rotte poco frequentate. L'85% delle quote sarà assegnato gratuitamente e il restante sarà posto all'asta, i cui proventi dovranno finanziare misure ambientali.
La direttiva 2003/87/CE ha istituito un sistema che consente lo scambio delle quote di emissione di gas a effetto serra all'interno della Comunità al fine di promuovere la riduzione di dette emissioni secondo criteri di validità in termini di costi e di efficienza economica. Il protocollo di Kyoto della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) impone ai paesi sviluppati di limitare o ridurre le emissioni dei gas ad effetto serra generati dal trasporto aereo. L'obiettivo della proposta della Commissione è proprio quello di ridurre l'impatto esercitato dal trasporto aereo sui cambiamenti climatici inserendo le emissioni prodotte dalle attività di questo modo di trasporto nel sistema comunitario di scambio delle quote.
Sulla base di un compromesso negoziato con il Consiglio dal relatore Peter LIESE (PPE/DE, DE), il Parlamento è chiamato ad approvare definitivamente le modifiche alla suddetta direttiva che, se confermate dall'Aula, si applicheranno a partire dal gennaio 2012. Così, da quella data, le emissioni prodotte «da tutti i voli in arrivo e in partenza» da un aeroporto comunitario dovrebbero essere inserite nel sistema comunitario, evitando in tal modo distorsioni della concorrenza tra voli europei e non europei.
Tuttavia, saranno esclusi dal sistema i voli effettuati esclusivamente per trasportare, nell'ambito di un viaggio ufficiale, un monarca regnante (o i membri più prossimi della sua famiglia), un capo di Stato, i capi di governo o i ministri di un paese non membro dell'UE. Non sono nemmeno compresi i voli militari effettuati da aeromobili militari e i voli delle autorità doganali e di polizia, quelli effettuati a fini di ricerca e soccorso, i voli per attività antincendio e quelli umanitari e per servizi medici d'emergenza autorizzati. Restano fuori anche i voli di addestramento effettuati al solo fine di ottenere un brevetto o un'abilitazione, quelli realizzati ai fini della ricerca scientifica o per verificare, collaudare o certificare aeromobili o apparecchiature sia a bordo che a terra, nonché quelli effettuati da un aeromobile con una massa massima al decollo certificata inferiore a 5.700 kg. Sono esclusi inoltre i voli effettuati nel quadro di obblighi di servizio pubblico imposti su rotte per le quali la capacità offerta non supera i 30.000 posti l'anno, nonché i voli realizzati da vettori commerciali che o operano meno di 243 voli per tre quadrimestri consecutivi oppure che generano un totale annuale di emissioni inferiore a 10.000 tonnellate. Quest'ultima possibilità non può però essere applicata ai voli delle autorità pubbliche europee.
Certificati di emissioni: 85% gratuiti e il resto all'asta
In base al compromesso, la
quantità totale di quote da assegnare agli operatori aerei
per il periodo compreso tra il 1° gennaio 2012 e il 31 dicembre 2012
è equivalente al 97% delle emissioni storiche del trasporto aereo
(media 2004-2006). In proposito il Consiglio proponeva una
percentuale del 100%, mentre i deputati avevano suggerito il 90%. A
partire dal 1° gennaio 2013 e, in mancanza di modifiche, per ogni
periodo successivo, la quantità totale di quote da assegnare agli
operatori aerei scenderebbe al 95% (sempre contro il 100% proposto
dal Consiglio) della media storica, moltiplicata per il numero di
anni che costituiscono il periodo. Il compromesso prevede inoltre che l'85% dei certificati di emissione siano attribuiti gratuitamente sulla base di criteri stabiliti a livelli UE, e che il restante 15% sia messo all'asta. Il Consiglio aveva inizialmente proposto che fosse messo all'asta il 10%, mentre i deputati suggerivono di attribuire con questo metodo il 25%. Questa percentuale di quote messa all'asta, è precisato, potrà essere aumentata nel quadro del riesame generale della presente direttiva.
Per ogni anno, a partire dal 2013, il 3% della quantità totale di quote di emissioni da assegnare dovrà essere accantonato in una riserva speciale destinata agli operatori aerei che cominciano ad esercitare un'attività di trasporto aereo o i cui dati relativi alle tonnellate-chilometro sono aumentati mediamente di oltre il 18%, purché l'attività non sia «una continuazione integrale o parziale di un'attività di trasporto aereo esercitata in precedenza da un altro operatore aereo». A ognuno di questi operatori non potranno essere assegnate più di un milione di quote.
Spetterà agli Stati membri stabilire l'uso che deve essere fatto dei proventi derivanti dalla vendita all'asta di quote, ma la direttiva precisa che tali proventi dovrebbero essere utilizzati «per lottare contro i cambiamenti climatici nell'Unione europea e nei paesi terzi». Ad esempio, per ridurre le emissioni di gas a effetto serra, per adattarsi all'impatto dei cambiamenti climatici, per alimentare un fondo di ricerca e sviluppo volto a mitigare e a promuovere l'adeguamento, in particolare nel campo dell'aeronautica e del trasporto aereo, o per ridurre le emissioni attraverso trasporti a basse emissioni e per coprire i costi derivanti dalla gestione del sistema comunitario. I proventi, come richiesto dai deputati, potrebbero anche essere utilizzati per finanziare il Fondo globale per l'efficienza energetica e le energie rinnovabili, nonché per misure volte a evitare la deforestazione.
Sanzioni
Se un operatore aereo non rispetta le prescrizioni della presente direttiva nemmeno in seguito all'imposizione di misure coercitive, il suo Stato membro di riferimento può chiedere alla Commissione di decidere di imporgli un divieto operativo. Qualsiasi richiesta dovrà contenere la prova che l'operatore aereo non ha rispettato i suoi obblighi, i dettagli sulla misura coercitiva adottata da tale Stato membro, una giustificazione dell'imposizione di un divieto operativo a livello comunitario e una raccomandazione sulla portata del divieto operativo a livello comunitario e sulle eventuali condizioni per la sua applicazione.
Link utili
Posizione comune del Consiglio
Riferimenti
Peter LIESE (PPE/DE, DE) Relazione relativa alla posizione comune del Consiglio in vista dell'adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2003/87/CE al fine di includere le attività di trasporto aereo nel sistema comunitario di scambio delle quote di emissioni dei gas a effetto serra Doc.: A6-0220/2008 Procedura: Raccomandazione per la seconda lettura Dibattito: 8.7.2008 |
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Il Parlamento è chiamato a approvare definitivamente un regolamento che rafforza la trasparenza delle tariffe aeree imponendo l'indicazione di tutte le tasse, i diritti e i supplementi. Inoltre, razionalizza le norme vigenti sul rilascio delle licenze ai vettori aerei e sulla libertà di prestare servizi nell'UE. Instaura requisiti più severi in materia di solidità finanziaria delle compagnie e di ricorso al wet lease degli aerei e chiarisce le norme applicabili agli oneri di servizio pubblico.
Il relatore Arūnas DEGUTIS (ALDE/ADLE, LT) proporrà all'Aula di approvare la posizione comune negoziata con il Consiglio riguardo al regolamento che fissa norme comuni per la prestazione di servizi aerei nella Comunità, poiché questa accoglie gran parte delle proposte avanzate dal Parlamento nel corso della sua prima lettura. Se i deputati sottoscrivono l'accordo, il regolamento potrà entrare in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'UE. Visti i tempi tecnici necessari, sembra però difficile che le nuove disposizioni si possano già applicare a partire da questa estate.
Il regolamento consolida e razionalizza il contenuto dei provvedimenti vigenti sul rilascio delle licenze ai vettori aerei, sulla libertà di prestare servizi aerei nella Comunità e sulla tariffazione di detti servizi. Al tempo stesso instaura requisiti più severi in materia di solidità finanziaria dei vettori aerei e di ricorso al wet lease dell'aeromobile (la prestazione di un servizio aereo utilizzando un aeromobile e un equipaggio appartenenti ad una compagnia differente). Chiarisce inoltre le norme applicabili agli oneri di servizio pubblico riguardo alle rotte aeree, elimina le incoerenze tra il mercato interno dell'aviazione e i servizi destinati a paesi terzi e semplifica le norme sulla ripartizione del traffico tra gli aeroporti che servono la stessa città o la stessa conurbazione. Infine, la proposta rafforza la trasparenza in materia di tariffe aeree offerte a passeggeri e clienti merci.
Tariffe libere, chiare e trasparenti
Il regolamento dà facoltà ai vettori aerei comunitari e, per reciprocità, ai vettori aerei dei paesi terzi di fissare liberamente le tariffe aeree passeggeri e merci per i servizi aerei intracomunitari, fatte salve le disposizioni in materia di oneri di servizio pubblico. Prevede inoltre che gli Stati membri non possono operare discriminazioni in base alla nazionalità o all'identità dei vettori aerei e devono consentire a quelli UE di fissare tariffe aeree passeggeri e merci per i servizi tra il proprio territorio e un paese terzo. Precisa, peraltro, che sono abrogate «tutte le restanti limitazioni in materia di fissazione delle tariffe, comprese quelle relative alle rotte verso paesi terzi, derivanti da accordi bilaterali tra gli Stati membri».
Il regolamento prescrive che - qualsiasi sia la forma di offerta e pubblicità, anche su Internet - le tariffe disponibili dovranno precisare le condizioni ad esse applicabili per i servizi in partenza da un aeroporto situato nella Comunità. Per consentire poi ai clienti di confrontare efficacemente i prezzi dei servizi offerti dalle diverse linee aeree, il prezzo finale da pagare dovrà sempre essere indicato e includere «tutte le tariffe aeree ... le tasse, i diritti ed i supplementi inevitabili e prevedibili al momento della pubblicazione».
Più precisamente, dovranno
essere specificati almeno la tariffa aerea, le tasse, i diritti
aeroportuali e «altri diritti, tasse o supplementi connessi ad
esempio alla sicurezza o ai carburanti». I supplementi di prezzo
opzionali, invece, dovranno essere comunicati «in modo chiaro,
trasparente e non ambiguo» all'inizio di qualsiasi processo di
prenotazione e la loro accettazione dovrà avvenire «sulla base
dell'esplicito consenso dell'interessato» ("opt-in"). Gli Stati
membri dovranno garantire l'osservanza di tutte le norme
summenzionate e prescrivere sanzioni - «effettive, proporzionate e
dissuasive» - per le loro violazioni. Condizioni per ottenere una licenza d'esercizio e solidità finanziaria
Per poter effettuare servizi di trasporto aereo di passeggeri e merci nella Comunità, le imprese devono ottenere una licenza d'esercizio che è conferita a condizione che siano rispettati taluni requisiti. Tra questi figura l'obbligo di avere il principale centro di attività in uno Stato membro dell'UE, essere titolare di un certificato di operatore aereo, disporre di uno o più aeromobili e avere come attività principale la prestazione di servizi aerei. Inoltre, gli Stati membri e/o i cittadini degli Stati membri devono detenere oltre il 50% dell'impresa, salvo quanto previsto da un accordo con un paese terzo in cui prenda parte la Comunità.
Per ottenere la licenza è poi necessario rispettare determinate condizioni finanziarie. Più in particolare, un'impresa che richiede per la prima volta la licenza deve essere in grado di dimostrare di poter far fronte in qualsiasi momento ai propri impegni effettivi e potenziali per un periodo di ventiquattro mesi dall'inizio delle operazioni, e ai costi fissi e operativi connessi per un periodo di tre mesi senza tener conto delle entrate derivanti da dette operazioni. Per consentire la verifica di questi presupposti, l'impresa dovrà presentare un piano economico relativo ad almeno tre anni di attività, fornendo una serie di informazioni riguardo ai bilanci, alle previsioni di spesa e di entrate, ai costi di avviamento, alle fonti di finanziamento, agli azionisti, ecc..
Dopo due anni dal rilascio, l'autorità competente dovrà riesaminare l'osservanza di tali prescrizioni. Le compagnie aeree dovranno inoltre notificare in anticipo i loro programmi relativi all'attivazione di un nuovo servizio verso una località non precedentemente servita e qualunque altra modifica sostanziale dell'attività (compresi i cambiamenti del tipo o del numero di aeromobili utilizzati), le eventuali fusioni o acquisizioni previste e le modifiche nell'assetto azionario che riguardino dal 10% in su del capitale complessivo.
D'altro canto, l'autorità competente, sulla base della propria verifica, potrà sospendere o revocare la licenza d'esercizio se ritiene che un vettore aereo UE «non è più in grado di far fronte ai propri impegni effettivi e potenziali per un periodo di dodici mesi». Tuttavia, potrà rilasciare una licenza provvisoria di massimo un anno «in attesa della ristrutturazione finanziaria», purché «non sussistano pericoli per la sicurezza» e vi sia la prospettiva realistica di una ristrutturazione finanziaria «soddisfacente entro tale periodo di tempo». D'altro canto, dovrà procedere «senza indugio» a una valutazione approfondita della situazione finanziaria «qualora sussistano chiari segnali dell'esistenza di problemi di natura finanziaria oppure vi siano in corso procedimenti per insolvenza o di natura analoga».
Oneri di servizio pubblico
Il regolamento stabilisce i principi generali per gli oneri di servizio pubblico. Più in particolare, sancisce che uno Stato membro può imporre oneri di servizio pubblico riguardo ai servizi aerei di linea effettuati tra un aeroporto comunitario e un aeroporto che serve una regione periferica o in via di sviluppo all'interno del suo territorio o una rotta a bassa densità di traffico verso un qualsiasi aeroporto nel suo territorio. A condizione però che tale rotta «sia considerata essenziale per lo sviluppo economico e sociale della regione servita dalll'aeroporto stesso». Tale onere, è precisato, può essere imposto esclusivamente per garantire che su tale rotta siano prestati servizi aerei di linea minimi rispondenti a determinati criteri di continuità, regolarità, tariffazione o capacità minima, «cui i vettori aerei non si atterrebbero se tenessero conto unicamente del loro interesse commerciale».
Il regolamento fissa inoltre i
criteri per valutare l'adeguatezza di onere di servizio pubblico e
le modalità (gara d'appalto) per assicurarlo. Prevede inoltre che
uno Stato membro possa compensare un vettore aereo selezionato in
misura non superiore all'importo necessario per coprire i costi
netti sostenuti per la prestazione ... tenendo conto dei ricavi
conseguenti ottenuti ... e di un margine di profitto ragionevole». Noleggio di aerei, con o senza equipaggio (wet e dry lease)
Un vettore aereo comunitario può avere a propria disposizione uno o più aeromobili utilizzati in base a un contratto di dry o wet lease (noleggio senza o con equipaggio) che deve essere soggetto ad approvazione preventiva in base al diritto comunitario o nazionale sulla sicurezza aerea. Le compagnie UE possono quindi impiegare aeromobili immatricolati nella Comunità in base a contratti di wet lease, salvo quando ciò comporti rischi per la sicurezza.
Possono anche ricorrere ad aerei immatricolati in un paese terzo purché siano autorizzati dall'autorità competente per il rilascio delle licenze che dovrà verificare se il vettore aereo UE dimostra «in modo convincente» il rispetto di tutte le norme di sicurezza equivalenti a quelle comunitarie o nazionali. Inoltre, dovrà giustificare tale scelta con esigenze eccezionali, nel qual caso l'approvazione sarebbe concessa per massimo sette mesi (prorogabile per altrettanto), oppure dovrà dimostrare che il contratto serve a soddisfare esigenze di capacità stagionali che non possono essere ragionevolmente soddisfatte attraverso un contratto con un aereo comunitario. O ancora, dovrà dimostrare che il contratto è necessario per superare difficoltà operative non risolvibili ricorrendo ad aerei comunitari, nel qual caso l'approvazione sarebbe limitata alla durata strettamente necessaria per il superamento delle difficoltà.
Accesso alle rotte
In forza al regolamento, gli Stati membri dovranno astenersi dall'assoggettare a qualsivoglia permesso o autorizzazione la prestazione di servizi aerei intra-UE da parte dei vettori aerei comunitari i quali, come regola generale, hanno la facoltà di operare in tutta la Comunità, visto che il provvedimento abroga tutte le limitazioni alla libertà di prestare servizi derivanti da accordi bilaterali tra gli Stati membri. Nell'effettuazione di tali servizi, inoltre, le compagnie aeree potranno combinare servizi aerei e stipulare accordi di code sharing, «fatte salve le norme comunitarie in materia di concorrenza che si applicano alle imprese». Gli Stati membri, inoltre, dovranno consentire analoghi accordi per servizi aerei verso, da e attraverso qualsiasi aeroporto del loro territorio da o verso qualsiasi destinazione nei paesi terzi. Potranno tuttavia imporre delle limitazioni, specie se il paese terzo interessato non consente analoghe opportunità commerciali ai vettori aerei comunitari.
Distribuzione del traffico tra aeroporti
Il regolamento dà la possibilità agli Stati membri di regolamentare la distribuzione del traffico aereo tra aeroporti, purché ciò non comporti discriminazioni tra le destinazioni all'interno della Comunità oppure basate sulla nazionalità o sull'identità del vettore aereo. Inoltre, gli aeroporti in questione devono servire la stessa città ed essere dotati di adeguate infrastrutture di trasporto che offrano un collegamento diretto, in meno di novanta minuti. Devono inoltre essere collegati l'uno all'altro e alla città che devono servire da servizi di trasporto pubblico «frequenti, affidabili ed efficienti» e offrire ai vettori aerei i servizi necessari.
Link utili
Posizione comune del Consiglio Riferimenti
Arūnas DEGUTIS (ALDE/ADLE, LT) Relazione relativa alla posizione comune del Consiglio in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme comuni per la prestazione di servizi aerei nella Comunità (rifusione) Doc.: A6-0264/2008 Procedura: Codecisione, seconda lettura Dibattito: 8.7.2008 |
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Trasporto aereo: seggiolini per i baby passeggeri
Un'interrogazione orale alla Commissione aprirà un dibattito in Aula sui dispositivi di sicurezza per bambini nel trasporto aereo. I deputati sottolineano che le cinture di sicurezza ad anello possono determinare la morte del bambino o procurargli lesioni gravi e che proteggere il bambino stringendolo fra le braccia «è fisicamente impossibile». Chiedono quindi dispositivi di sicurezza certificati e la previsione obbligatoria di seggiolini di sicurezza, come già previsto per le automobili.
I deputati ricordano che il 29 aprile la Commissione ha trasmesso al Parlamento un progetto di regolamento che modifica il regolamento (CEE) n. 3922/91 del Consiglio per quanto riguarda le regole tecniche e procedure amministrative comuni applicabili al trasporto aereo commerciale (mediante velivoli) (UE OPS). La norma UE OPS 1.730, al punto 3, autorizza l’impiego di un sistema di vincolo per bambini «approvato unicamente dall’autorità nazionale del paese del vettore aereo, senza ulteriori specificazioni». I deputati sottolineano poi che la sicurezza dei bambini di età inferiore a due anni «è limitata dal fatto che non hanno diritto a un proprio posto a sedere».
Di conseguenza, i metodi comunemente utilizzati sono due. In primo luogo, le ”cinture di sicurezza ad anello”, che assicurano il bambino all’adulto che lo accompagna. Da ricerche scientifiche e test effettuati in Canada, Australia, Stati Uniti e Germania risulta tuttavia che tali cinture «possono determinare la morte del bambino o procurargli lesioni gravi». I deputati rilevano peraltro che il regolamento attuale potrebbe tradursi in un impiego su scala più ampia delle cinture ad anello da parte delle compagnie aeree. L'altro metodo utilizzato è poi quello del "bambino tenuto in grembo”, come raccomandato in Germania. Secondo i deputati, però, nell’eventualità di un incidente aereo, proteggere il bambino stringendolo fra le braccia «è fisicamente impossibile».
I deputati sottolineano inoltre che molti decessi di bambini di età inferiore a due anni non appaiono nelle statistiche, «poiché spesso le vittime degli incidenti vengono registrate unicamente in base a un conteggio che si riferisce ai sedili dell'aereo». Alla luce di tale situazione, Eva LICHTENBERGER (Verdi/ALE, AT), in nome della commissione per i trasporti e il turismo, rivolge le seguenti domande alla Commissione:
Link utili Sito della Commissione sul trasporto aereo
Riferimenti Interrogazione orale - Regole tecniche e procedure amministrative applicabili al trasporto aereo commerciale (mediante velivoli) (UE OPS) / uso di dispositivi di sicurezza (sistemi di vincolo) per bambini (OPS 1.730) Doc.:O-0075/2008 Procedura: Interrogazione orale Dibattito: 8.7.2008 |
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Una strategia europea per la mobilità urbana
Una relazione all'esame dell'Aula sollecita una strategia generale sulla mobilità urbana intesa a ridurre il ricorso massiccio all'automobile privata e promuovere il passaggio a modalità più sostenibili. Chiede inoltre di incentivare la redazione di piani di mobilità urbani, l'introduzione di norme e orientamenti UE su pedaggi e mobilità dei disabili, lo scambio di migliori prassi e lo sviluppo di tecnologie pulite. Rilevando la responsabilità dei cittadini, sollecita campagne di informazione.
Accogliendo con favore il Libro verde della Commissione sui trasporti urbani, la relazione di Reinhard RACK (PPE/DE, AT) ritiene necessario definire «nettamente» gli ambiti di competenza riconoscendo che le autorità locali sono libere di adottare le proprie politiche di mobilità «purché esse non violino la pertinente legislazione nazionale e comunitaria». Sostenendo che un'azione concertata sulla mobilità urbana all'interno della Comunità può offrire un chiaro valore aggiunto, i deputati ritengono che l'Unione europea debba definire una strategia generale sulla mobilità urbana intesa «a ridurre il ricorso massiccio all'automobile privata e a promuovere il passaggio verso modalità di trasporto sostenibili», così come a sostenere gli impegni comunitari in materia di tutela ambientale e ridurre le emissioni di gas a effetto serra.
Al riguardo, la relazione sollecita lo sviluppo di uno schema europeo globale integrato in materia di mobilità urbana, che serva da quadro comune di riferimento e che rappresenti un chiaro incentivo per le città e per le zone urbane a redigere piani di mobilità urbana «sostenibili, integrati e comprensivi». Occorre inoltre procedere alla raccolta di dati affidabili, redigere un inventario della normativa comunitaria vigente e valutarne l'attuazione negli Stati membri. Andrebbe inoltre stilato un inventario delle iniziative locali e creata una "Piattaforma europea per la mobilità urbana" o qualsiasi altro forum efficace che riunisca tutti i dati, le prassi eccellenti e le informazioni di politica della mobilità urbana. Si dovrebbero inoltre valutare i costi esterni dei diversi vettori stradali e verificare le possibilità di internalizzarli.
Nel ritenere necessario che l'Unione europea tenga in considerazione le esigenze specifiche dei trasporti urbani in tutti i settori politici in cui può intervenire come legislatore, la relazione chiede l'introduzione di regolamentazioni e/o orientamenti europei specifici in materia di standardizzazione e armonizzazione. Più in particolare, per quanto riguarda la concezione e il funzionamento delle zone verdi e dei pedaggi (da decidere a livello locale), i requisiti tecnici e organizzativi per l'interoperabilità dei diversi vettori di trasporto, la mobilità di disabili, anziani, persone con figli in tenera età e delle persone socialmente più vulnerabili, il miglioramento della sicurezza stradale e, infine, l'accessibilità e l'interoperabilità delle tecnologie ITS per il loro uso in tutta l'Unione europea.
I deputati sollecitano poi la promozione dello scambio di prassi migliori, specialmente per quanto riguarda l'utilizzazione ottimale delle infrastrutture esistenti, l'adozione di soluzioni di trasporto multimodale e mobilità (strada, rotaia, vie navigabili), i sistemi di fatturazione integrati che semplificano l'accesso a modi diversi di trasporto e le soluzioni co-modali, l'elaborazione di piani su misura di mobilità sostenibile, soluzioni innovative per un trasporto efficiente delle merci ed i servizi di trasporto sostenibili destinati alla mobilità dei turisti nelle aree urbane. Ma anche orientamenti per una politica di contratti pubblici ecologicamente consapevole, il miglioramento dei trasporti pubblici puliti di passeggeri, la promozione di catene di mobilità sostenibile (percorso a piedi - bicicletta - carsharing - carpooling - taxi-mobilità collettiva/pubblica) e la migliore organizzazione dei trasporti a breve raggio.
Vanno anche condivise le migliori prassi riguardo alle misure di gestione del traffico (per esempio il telelavoro o orari flessibili di lavoro e di apertura delle scuole), alle misure intese a promuovere la mobilità virtuale (quali ad esempio l'e-learning, l'e-banking, i teleacquisti e le teleconferenze), all'introduzione di zone ecologiche e di sistemi di pedaggio, alle politiche e pratiche in materia di parcheggi (come l'introduzione di sistemi di guida al parcheggio) e al miglioramento e alla diffusione dell'applicazione di sistemi di traffico intelligenti. Allo stesso tempo, la relazione sottolinea la necessità della ricerca e dello sviluppo nel campo del trasporto sostenibile, in particolare la necessità di promuovere il progresso tecnologico nello sviluppo di tecnologie pulite per gli autoveicoli. Invita pertanto la Commissione e il Consiglio a investire in sistemi di trasporto urbano «puliti, più efficienti, orientati ai consumatori e sicuri» e a adottare misure per creare un mercato per tali sistemi. Anche perchè l'UE deve svolgere un ruolo nello sviluppo e nella promozione dei sistemi di trasporti intelligenti (STI) e nel finanziamento di tecnologie innovative, in quanto possono fornire un contributo significativo ad esempio al miglioramento della sicurezza stradale e del flusso del traffico e all'efficienza logistica.
La relazione reputa necessario che lo sviluppo urbano e la pianificazione urbanistica procedano in maniera integrata, tenendo conto delle attuali e future necessità di trasporto urbano. Nell'ambito dello sviluppo e l'ammodernamento delle grandi città, inoltre, andrebbe privilegiata l'introduzione di collegamenti ferroviari veloci tra i centri cittadini e i terminal fluviali, ferroviari e aeroportuali e in particolare con le regioni periferiche. Data l'urbanizzazione sempre più rapida, occorre anche prestare maggiore attenzione alle periferie, alle aree periurbane e alle conurbazioni.
La relazione sottolinea poi la responsabilità individuale dei cittadini e ritiene necessario incoraggiarli «a soppesare con spirito critico il loro comportamento come utenti della strada». Anche perché quasi tutti i cittadini possono modificare le proprie abitudini, ad esempio per quanto riguarda l'uso dell'auto privata e di mezzi di trasporto alternativi (pedonale, bicicletta o trasporti pubblici) «dando quindi il proprio contributo individuale per migliorare la pulizia e la qualità della vita delle zone urbane». Al contempo occorre che le autorità nazionali, regionali e locali «offrano opzioni alternative di mobilità per facilitare questi cambiamenti» ed è necessario incrementare le campagne di informazione e di educazione per sensibilizzare i cittadini, in particolare i più giovani, sul proprio comportamento. In tale contesto, i deputati sottolineano l'importanza del crescente successo della "Giornata senza macchine" nell'ambito della settimana della mobilità indetta dall'UE.
L'Unione europea, per i deputati, può fornire un importante contributo al finanziamento di misure nel settore dei trasporti urbani di passeggeri e merci, per esempio con mezzi dei Fondi strutturali e di coesione. La relazione invita inoltre la Commissione ad elaborare specifici strumenti di economia di mercato che creino un contesto generale equilibrato, per rendere possibile la mobilità sostenibile nei centri urbani. D'altra parte, nel contesto del prossimo riesame del bilancio, il finanziamento di progetti con fondi dell'Unione europea dovrebbe essere vincolato più rigidamente a condizioni e requisiti relativi ai trasporti sostenibili e alla protezione ambientale.
Link utili
Libro Verde- Verso una nuova cultura della mobilità urbana
Riferimenti
Reinhard RACK (PPE/DE, AT) Relazione sul tema "Verso una nuova cultura della mobilità urbana" Doc.: A6-0252/2008 Procedura: Iniziativa Dibattito: 8.7.2008 |
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Il Parlamento adotterà quattro regolamenti volti a armonizzare e aggiornare la normativa su additivi, aromi ed enzimi alimentari. E' anche stabilita una procedura di autorizzazione per queste sostanze, che andranno inserite in elenchi positivi comunitari, se sicure e non ingannevoli per i consumatori. Gli additivi vanno vietati negli alimenti per lattanti e possono continuare ad esserlo per Mortadella e Cotechino tradizionali italiani. E' resa più rigorosa la definizione di aromi "naturali".
Sulla base di un compromesso negoziato con il Consiglio, il Parlamento è chiamato a adottare definitivamente quattro regolamenti volti a armonizzare, chiarire e aggiornare l’attuale normativa in materia di additivi, enzimi e aromi alimentari e a stabilire una procedura uniforme di autorizzazione per queste sostanze. Oltre a voler sostituire una decina di atti applicabili in questo campo, il pacchetto mira a garantire il buon funzionamento del mercato interno, assicurando al contempo un livello elevato di protezione della vita e della salute umana. Se l'Aula sottoscrive il compromesso, i regolamenti potranno essere applicati, per ogni legislazione alimentare settoriale, due anni dopo l'adozione delle disposizioni di attuazione settoriali.
Procedura di autorizzazione uniforme e trasparente
Un primo regolamento istituisce una procedura di autorizzazione uniforme, centralizzata, efficace e trasparente basata su una valutazione dei rischi effettuata dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (l'EFSA) e su una gestione dei rischi nella quale la Commissione e gli Stati membri intervengono nell'ambito della procedura del comitato di regolamentazione. Ciò comporterà un'armonizzazione delle disposizioni di legge degli Stati membri relative all'uso degli additivi, degli enzimi e degli aromi alimentari sotto forma di elenchi positivi delle sostanze autorizzate che la Commissione dovrebbe stabilire. Fatte salve talune eccezioni, le sostanze già autorizzate dovranno progressivamente essere sottoposte a una nuova valutazione dei rischi.
La procedura uniforme definisce inoltre le modalità dell'aggiornamento degli elenchi, le quali definiscono anche i criteri in base ai quali le sostanze possono essere incluse. L'aggiornamento comprende l'aggiunta o il ritiro di una sostanza nell'elenco comunitario, nonché l'aggiunta, il ritiro o la modifica delle condizioni, caratteristiche o restrizioni che sono connesse alla presenza di una sostanza nell'elenco comunitario. La procedura di aggiornamento può essere avviata dalla Commissione o a seguito di una domanda da parte di uno Stato membro o di una persona interessata, e si conclude con l'adozione di un regolamento della Commissione. Come richiesto dai deputati, se il progetto di regolamento non è conforme al parere dell'EFSA, la Commissione dovrà fornire una spiegazione dei motivi delle divergenze.
Entro i ventiquattro mesi seguenti l'adozione di ogni legislazione alimentare settoriale, la Commissione dovrà adottare le misure di attuazione del regolamento, per quanto riguarda in particolare il contenuto, la redazione e la presentazione della domanda, le modalità di controllo della validità della domanda e la natura delle informazioni che devono figurare nel parere dell'Autorità. Quest'ultima, peraltro, dovrà rendere pubblici i suoi pareri e le domande di parere ricevute.
Additivi negli alimenti, ma solo se necessari e non inducono in errore i consumatori
Un altro regolamento stabilisce norme relative agli additivi alimentari utilizzati negli alimenti, al fine di assicurare un efficace funzionamento del mercato interno e, al contempo, garantire un elevato livello di tutela della salute umana e dei consumatori, compresa la protezione degli interessi dei consumatori e le pratiche leali nel commercio degli alimenti, tenendo conto, se del caso, della tutela dell'ambiente. A tal fine, stabilisce degli elenchi comunitari degli additivi alimentari autorizzati, le condizioni d'uso degli additivi e le norme relative all'etichettatura degli additivi alimentari commercializzati come tali.
Per "additivo alimentare" s'intende qualsiasi sostanza abitualmente non consumata come alimento in sé e non utilizzata come ingrediente caratteristico di alimenti la cui aggiunta intenzionale ad alimenti abbia uno scopo tecnologico nella fabbricazione, nella trasformazione, nella preparazione, nel trattamento, nell'imballaggio, nel trasporto o nella conservazione degli stessi. In base alla funzione tecnologica che l'additivo alimentare esercita nel prodotto alimentare, sono definite una serie di "categorie funzionali", tra le quali figurano gli edulcoranti, i coloranti, i conservanti, gli antiossidanti, gli emulsionanti, gli esaltatori di sapidità, i gas d'imballaggio, gli stabilizzanti, gli addensanti e gli agenti lievitanti.
Il regolamento indica anche una serie di sostanze che non possono essere considerate additivi alimentari, come ad esempio monosaccaridi, bisaccaridi od oligosaccaridi e gli alimenti contenenti tali sostanze utilizzati per le loro proprietà dolcificanti, basi per gomma da masticare, taluni amidi, gelatina alimentare, proteine del latte e glutine, caseina e inulina. Dovrebbero essere escluse dal campo d'applicazione anche le sostanze considerate additivi alimentari quando sono utilizzate per dare un aroma o un sapore o per fini nutrizionali, come succedanei del sale, vitamine o minerali, nonché le sostanze considerate alimenti che possono essere utilizzate per una funzione tecnica, come il cloruro di sodio o lo zafferano utilizzato come colorante.
Il regolamento prevede la compilazione di due elenchi comunitari degli additivi che possono essere immessi sul mercato in quanto tali e utilizzati negli alimenti nonché di quelli che possono essere utilizzati in altri additivi, enzimi e aromatizzanti alimentari alle condizioni d'impiego ivi specificate. Per essere incluso in tali elenchi, un additivo deve soddisfare una serie di condizioni ed essere giustificato da altri fattori legittimi pertinenti, tra cui i fattori ambientali. Più in particolare, l'uso degli additivi alimentari «deve essere sicuro, deve rispondere ad una necessità tecnologica, non deve indurre in errore i consumatori e deve presentare un vantaggio per questi ultimi». Pertanto, il consumatore non deve essere tratto in inganno riguardo alla natura, alla freschezza, alla qualità degli ingredienti impiegati, alla genuinità del prodotto o al carattere naturale del processo di produzione, oppure alla qualità nutrizionale del prodotto, incluso - come richiesto dai deputati - «il suo contenuto di frutta e verdura».
Inoltre, un additivo alimentare deve presentare vantaggi per i consumatori e quindi mirare a conservare la qualità nutrizionale degli alimenti, fornire gli ingredienti o i costituenti necessari per la fabbricazione di alimenti destinati a consumatori con esigenze dietetiche particolari e accrescere la capacità di conservazione o la stabilità di un alimento o migliorarne le proprietà organolettiche, «a condizione di non alterare la natura, la sostanza o la qualità dell'alimento in modo da indurre in errore i consumatori». Un additivo, comunque, non può essere utilizzato «per occultare gli effetti dell'impiego di materie prime difettose o di pratiche o tecniche inappropriate o non igieniche nel corso di una di queste operazioni». Sono fissate condizioni specifiche per edulcoranti e coloranti.
Per ogni additivo alimentare incluso negli elenchi comunitari dovranno essere indicati gli alimenti ai quali può essere aggiunto, le condizioni d'impiego (inclusa la quantità utilizzabile) e, se del caso, le restrizioni alla sua vendita diretta ai consumatori finali. Le specifiche degli additivi alimentari relative, in particolare, all'origine, ai criteri di purezza e a ogni altra informazione necessaria, dovranno essere adottate all'atto della prima inclusione dell'additivo alimentare negli elenchi UE.
In linea generale, il regolamento vieta l'impiego di additivi alimentari negli alimenti non trasformati e negli alimenti per lattanti e per la prima infanzia, compresi in quelli dietetici o con scopi medici speciali, tranne nei casi espressamente specificati. Il regolamento permette infine agli Stati membri di continuare a vietare l'impiego di determinate categorie di additivi alimentari negli alimenti tradizionali prodotti sul loro territorio. Per quanto riguarda l'Italia, tutte le categorie di additivi possono continuare ad essere vietate nella "Mortadella" tradizionale italiana e nel "Cotechino e zampone" tradizionale italiano, tranne i conservanti, gli antiossidanti, i regolatori dell'acidità, gli esaltatori di sapidità, gli stabilizzanti e i gas d'imballaggio. Aromi, più rigore nella definizione di quelli "naturali"
Un terzo regolamento stabilisce norme relative agli aromi alimentari e agli ingredienti alimentari con proprietà aromatizzanti destinati a essere utilizzati negli e sugli alimenti. Esso si applica agli aromi utilizzati o destinati a essere utilizzati negli e sugli alimenti, agli ingredienti alimentari con proprietà aromatizzanti, agli alimenti contenenti aromi e/o agli ingredienti alimentari con proprietà aromatizzanti e ai materiali di base per aromi e/o ai materiali di base per ingredienti alimentari con proprietà aromatizzanti. Non si applica, invece, alle sostanze aventi esclusivamente un sapore dolce, aspro o salato, agli alimenti crudi e agli alimenti non composti e ai miscugli quali, ma non esclusivamente, spezie e/o erbe fresche, essiccate o congelate, alle miscele di tè e miscele per tisane nella loro forma originale se non sono stati utilizzati come ingredienti alimentari.
Per "aromi" s’intendono i prodotti non destinati ad essere consumati nella loro forma originale, che sono aggiunti agli alimenti al fine di conferire o modificare un aroma e/o sapore, nonché i prodotti contenenti o fabbricati con sostanze aromatizzanti, preparazioni aromatiche, aromi ottenuti per trattamento termico, aromatizzanti di affumicatura, precursori degli aromi o altri aromi o miscele di aromi. In forza al regolamento, possono essere utilizzati negli o sugli alimenti solo gli aromi o gli ingredienti alimentari con proprietà aromatizzanti che, in base ai dati scientifici disponibili, non presentano un rischio per la salute dei consumatori e il cui uso «non induce in errore il consumatore». Laddove possibile, inoltre, occorre prestare attenzione alle eventuali conseguenze negative per i gruppi vulnerabili. Come per gli additivi, anche per gli aromi sono definite le modalità per la compilazione dell'elenco e le informazioni che vi devono figurare, come le condizioni d'uso, nonché le norme sull'etichettatura. Attualmente sono circa 2600 gli aromi registrati
A quest'ultimo proposito, sono anche previste delle disposizioni specifiche per l'uso del termine "naturale". Più in particolare il termine "naturale" può essere utilizzato per descrivere un aroma «solo se il componente aromatizzante contiene esclusivamente preparazioni aromatiche e/o sostanze aromatizzanti naturali» e, accogliendo quanto richiesto dal Parlamento in prima lettura, può essere utilizzato in associazione ad un riferimento ad un alimento, ad una categoria di alimenti o ad una fonte d’aroma vegetale o animale «solo se la totalità o almeno il 95% del componente aromatizzante è stato ottenuto dal materiale di base a cui è fatto riferimento» (la Commissione proponeva il 90%).
Enzimi
Come per gli additivi e per gli aromi, un quarto regolamento stabilisce un elenco comunitario degli enzimi alimentari autorizzati, le condizioni d'uso e le norme relative all'etichettatura. Per "enzima alimentare" s'intende un prodotto ottenuto da vegetali, animali o microrganismi o prodotti derivati nonché un prodotto ottenuto mediante un processo di fermentazione tramite microrganismi che contiene uno o più enzimi in grado di catalizzare una specifica reazione biochimica e che è aggiunto ad alimenti per uno scopo tecnologico in una qualsiasi fase di fabbricazione, trasformazione, preparazione, trattamento, imballaggio, trasporto o conservazione degli stessi. Il regolamento non si applica agli enzimi alimentari utilizzati nella produzione di additivi alimentari e di coadiuvanti tecnologici, né alle colture microbiche che sono tradizionalmente utilizzate nella produzione di alimenti e che possono incidentalmente produrre enzimi ma non sono utilizzate in modo specifico per produrli.
Soltanto gli enzimi alimentari
inclusi nell'elenco comunitario possono essere immessi sul mercato
in quanto tali e utilizzati negli alimenti e, per esserlo, il tipo
d'impiego proposto non deve porre problemi di sicurezza per la
salute dei consumatori, mentre l'impiego deve rispondere
ragionevolmente ad una necessità tecnologica e non deve indurre in
errore i consumatori. Link utili
Posizione comune del Consiglio - procedura uniforme di
autorizzazione per gli additivi, gli enzimi e gli aromi alimentari
Riferimenti
Åsa WESTLUND (PSE, SE) Relazione relativa alla posizione comune del Consiglio in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce una procedura uniforme di autorizzazione per gli additivi, gli enzimi e gli aromi alimentari Doc.: A6-0179/2008 & Relazione relativa alla posizione comune del Consiglio in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo agli additivi alimentari Doc.: A6-0180/2008 & Mojca DRČAR MURKO (ALDE/ADLE, SI) Relazione relativa alla posizione comune del Consiglio in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo agli aromi e ad alcuni ingredienti alimentari con proprietà aromatizzanti destinati a essere utilizzati negli e sugli alimenti e che modifica i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 1576/89 e (CEE) n. 1601/91, il regolamento (CE) n. 2232/96 e la direttiva 2000/13/CE Doc.: A6-0177/2008 & Avril DOYLE (PPE/DE, IE) Relazione relativa alla posizione comune del Consiglio in vista dell'adozione del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo agli enzimi alimentari e che modifica la direttiva 83/417/CEE del Consiglio, il regolamento (CE) n. 1493/1999 del Consiglio, la direttiva 2000/13/CE, la direttiva 2001/112/CE del Consiglio e il regolamento (CE) n. 258/97 Doc.: A6-0176/2008 Procedura: Codecisione, seconda lettura Dibattito: 7.7.2008 |
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Apprezzando l’operato della BCE nel 2007, specie nel far fronte alla crisi dei subprime, una relazione all’esame dell’Aula sollecita la creazione di un quadro UE per la sorveglianza finanziaria. Rileva poi che ogni ulteriore aumento dei tassi di interesse dovrebbe essere effettuato con cautela per non compromettere la crescita economica, ma gli Stati membri devono attuare riforme strutturali. Chiedendo maggiore coordinamento in materia di cambi, esorta decisioni più trasparenti in seno alla BCE.
La relazione di Olle SCHMIDT (ALDE/ADLE, SE) sul rapporto annuale della Banca centrale europea (BCE) per il 2007 constata anzitutto - «con soddisfazione» - che a dieci anni dal varo dell’Unione economica e monetaria (UEM) sia la BCE sia l’euro «godono di rispetto e accettazione generale sul panorama economico mondiale» e osserva come l’euro «abbia acquistato pregio di valuta globale quasi al pari del dollaro americano». Rammenta inoltre che il trattato CE distingue esplicitamente tra gli obiettivi della BCE in materia di stabilità dei prezzi e quelli di sostegno alle politiche economiche generali. Obiettivi che, per i deputati, «non possono essere semplicemente considerati surrogabili». La relazione evidenzia poi «l'importanza dell'indipendenza della BCE» nell'assolvere questo duplice incarico.
Un quadro UE per la sorveglianza finanziaria
In merito alla stabilità finanziaria, i deputati riconoscono «l’eccellente operato» della BCE nella gestione delle perturbazioni dei mercati finanziari scatenate dalla crisi dei mutui sub-prime americani, come l'immissione di liquidità sul mercato di un importo pari a 95 miliardi di euro mediante asta a tasso fisso al 4% che, assieme ad altre operazioni «ha centrato l’obiettivo di stabilizzare i tassi di interesse a brevissimo termine». Per i deputati, tali interventi sono un’ulteriore testimonianza del valore di una politica monetaria comune prevista dalla BCE mirante a stabilizzare l’economia in periodi di instabilità.
Vista la crescente complessità degli strumenti finanziari e la scarsa trasparenza delle esposizioni degli istituti finanziari, la relazione sottolinea la necessità di istituire un quadro UE per la sorveglianza finanziaria, che preveda anche il coinvolgimento della BCE, e invita l'Eurogruppo a rafforzare le sue competenze e il coordinamento nell'ambito delle questioni relative alla regolamentazione e alla supervisione dei mercati finanziari. Esorta inoltre la BCE ad analizzare e valutare le conseguenze della crisi finanziaria e a verificare se dispone degli strumenti adeguati a gestire una crisi finanziaria transfrontaliera in Europa e di quali poteri necessiti al fine di migliorare la vigilanza macroprudenziale nell'area dell'euro. Evidenzia poi le accresciute esigenze di cooperazione fra banche nazionali e autorità di vigilanza «allo scopo di sostenere la stabilità dei mercati finanziari», visto in particolare il crescente livello di integrazione dei sistemi finanziari.
Tassi d’interesse, inflazione e parità euro/dollaro
Alla luce della recente
correzione della crescita attesa, la relazione sottolinea che,
«qualsiasi ulteriore aumento dei tassi di interesse dovrebbe essere
effettuato con cautela per non compromettere la crescita economica».
Osserva peraltro che, al fine di sostenere la ripresa economica, gli
Stati membri devono attuare le riforme strutturali e le attività
d'investimento necessarie. Riconoscendo poi la crescente spinta
verso l'alto dell'inflazione, alla quale contribuiscono in
particolare i prezzi dei prodotti alimentari e dell'energia, chiede
alla BCE di intensificare il dialogo con le banche centrali
nazionali su tale questione «al fine di richiamare una forte
attenzione sulla stabilità dei prezzi a livello globale». Nel prendere atto dell'apprezzamento dell'euro rispetto al dollaro americano, i deputati rilevano l'obiettivo della stabilità dei prezzi ma, al contempo, riconoscono che cambiamenti repentini e notevoli nel tasso di cambio della moneta unica «non dovrebbero ostacolare la capacità della BCE di gestire la propria politica monetaria, di fronte a una causa di inflazione o, in alternativa, difficili prospettive di crescita per i paesi che dipendono dall'esportazione». Invitano quindi la BCE a seguire da vicino tali sviluppi e, se del caso, a adottare le misure necessarie, mentre l’Eurogruppo, la Commissione e la stessa BCE dovrebbero rafforzare il coordinamento delle loro azioni nel settore della politica sui tassi di cambio.
Trasparenza e processi decisionali efficaci
La relazione rammenta il costante appello ad una maggiore trasparenza in seno alla BCE e si compiace dei miglioramenti in tale settore già posti in essere e chiede alla BCE di fornire al Parlamento e al pubblico un resoconto annuale delle misure adottate per migliorare le sue prestazioni. Per i deputati, dovrebbe anche illustrare con chiarezza se il consenso in merito alle decisioni prese è stato raggiunto agevolmente oppure con maggiori difficoltà dovute al permanere di opinioni divergenti.
I deputati esortano poi la BCE a presentare le proprie idee di riforma strutturale del Consiglio direttivo, visto che a partire dal 1° gennaio 2009 il numero di governatori dovrebbe essere superiore a 15. Osservano peraltro «la crescente urgenza» di riforme, dato il costante aumento del numero dei paesi partecipanti all'area dell'euro. E, in proposito, sostengono il suggerimento precedente della BCE secondo cui il peso economico degli Stati membri partecipanti «dovrebbe rappresentare il fattore preponderante in vista della rotazione dei diritti di voto e che, a fini di efficienza, sarebbe opportuno restringere il numero dei membri dotati di potere decisionale».
Una sola voce nei forum internazionali
La relazione sostiene un potenziamento dello sviluppo dell'area dell'euro che si esprima all'unisono nei forum internazionali. Osservando una solida ascesa nello status dell'euro quale valuta di levatura internazionale, rileva infatti che la rappresentanza dell'UE sul fronte degli affari economici e monetari nelle sedi internazionali «non rispecchia adeguatamente il reale peso economico dell'area dell'euro». E ciò, per i deputati, può rappresentare «un ostacolo alla capacità di influire in maniera più significativa sulle questioni finanziarie in ambito internazionale». Pertanto esortano misure concrete necessarie a istituire una rappresentanza unitaria dell'area dell'euro in seno alle istituzioni finanziarie internazionali quali il FMI.
Background – dati economici 2007 citati dalla relazione
- il PIL dell’area dell’euro è cresciuto del 2,6 % (a fronte di un incremento del 2,7 % registrato nel 2006); - il tasso di inflazione si è assestato al 2,1% rispetto al 2,2% del 2006 «malgrado il contesto economico fosse caratterizzato da notevoli pressioni al rialzo dei prezzi»; - la BCE ha apportato ulteriori adeguamenti ai tassi di interesse nel 2007 fino a raggiungere il 4,0% di giugno da un tasso pari al 3,5% del dicembre 2006, mantenendo invariato tale livello nel corso del secondo semestre, - il tasso di cambio dell’euro si è apprezzato del 6,3% in termini nominali reali, e tale apprezzamento è stato particolarmente pronunciato nei confronti del Dollaro americano (11,8%), - la prevista crescita dell'inflazione nell'area dell'euro ad una percentuale variabile fra il 2,0% e il 3,0% nel corso del 2008, essenzialmente sulla scia dell'attuale tendenza al rialzo dei prezzi delle materie prime, cui farà seguito una diminuzione ad un valore più moderato oscillante fra l'1,2% e il 2,4% nel 2009. Link utili
Rapporto
annuale 2007 della BCE
Riferimenti
Olle SCHMIDT (ALDE/ADLE, SE) Relazione sulla relazione annuale della BCE per il 2007 Doc.: A6-0241/2008 Procedura: Iniziativa Dibattito: 9.7.2008 |
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Un'interrogazione orale al Consiglio e alla Commissione aprirà un dibattito in Aula sui fondi sovrani, veicoli di investimento di proprietà dei governi. I deputati chiedono, un coordinamento UE in materia e un approccio globale che affronti la questione della reciprocità nell'apertura dei mercati. Sollecitano poi un'azione nei confronti delle monarchie petrolifere che aumentano lo squilibrio del tasso di cambio euro/dollaro con i loro investimenti. Il Parlamento adotterà una risoluzione.
I deputati rilevano che i fondi sovrani - veicoli di investimento di proprietà dei governi che impiegano fondi statali in eccedenza - stanno aumentando rapidamente, così come le controversie politiche e i rischi potenziali che questi stessi fondi comportano. Sottolineano che «la crisi dei mutui subprime e le sue conseguenze hanno, inaspettatamente, fatto luce sulla pratica dei fondi sovrani» e nuove opportunità sono emerse per tali fondi, «alcuni dei quali sono andati in soccorso di grandi banche».
I deputati, quindi, rivolgono al Consiglio e alla Commissione le seguenti domande:
Riferimenti
Interrogazioni orali sulla risposta dell'Unione europea alla sfida dei fondi sovrani Docc.: O-0067/2008 e O-0068/2008 Procedura: Interrogazione orale Dibattito: 8.7.2008 |
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Un'interrogazione orale alla Commissione aprirà un dibattito in Aula sulla controversia tra Boeing ed Airbus. I deputati chiedono aggiornamenti sul caso nell'OMC e di conoscere le possibili conseguenze che potrà avere sulla capacità dell'industria dell'UE di competere nelle gare pubbliche d'appalto. Si interrogano poi sulla prospettiva di nuove norme dopo che gli Stati Uniti hanno dichiarato di rinunciare all'accordo bilaterale del 1992 tra UE e Stati Uniti per i grandi aeromobili civili.
Helmuth MARKOV (GUE/NGL, DE), in nome della commissione per il commercio internazionale, rivolge le seguenti domande alla Commissione:
Antefatti
E' dal 2004 che Unione europea e Stati Uniti si affrontano alla OMC sugli aiuti concessi ai loro campioni della costruzione aerea, Airbus e Boeing. Il 6 ottobre del 2004 i due paesi hanno, infatti, entrambi depositato, presso l'organo di composizione delle controversie del WTO, delle domande di consultazione per stabilire se tali sostegni avessero danneggiato o meno i costruttori e se fossero compatibili con le norme sul commercio internazionale.
La battaglia aerea, in realtà, è stata aperta dagli USA, i quali hanno accusato Germania, Francia, Regno Unito e Spagna e, di conseguenza, l'UE, di concedere delle sovvenzioni incompatibili con gli obblighi derivanti dall'appartenenza alla OMC. Più in particolare, gli USA hanno puntato il dito verso il finanziamento della ricerca e della concezione di aerei civili di grandi dimensioni, gli aiuti alla modernizzazione del sito di costruzione dell'A380, i prestiti BEI a condizioni preferenziali per la ricerca per una serie di velivoli, la copertura dei debiti accumulati dalla Deutsche Airbus e la partecipazione al capitale della società degli Stati membri e dell'UE.
Il contrattacco europeo sottolinea, invece, che il governo americano sovvenziona la Boeing da numerosi anni, principalmente finanziandone i costi di ricerca e sviluppo attraverso la NASA, il Dipartimento della Difesa, il Dipartimento del Commercio e altre agenzie governative. Dal 1992, accusa l'UE, la Boeing ha ricevuto quasi 23 miliardi di dollari di sovvenzioni americane. Il governo continua inoltre a concedere alla Boeing circa 200 milioni di dollari l'anno sotto forma di sovvenzioni all'esportazione nel quadro dell’Extraterritorial Income Exclusion Act (legge che disciplina l'esclusione dei redditi extraterritoriali, succeduta alla legge sulle “FSC” - Foreign Sales Corporations), nonostante una decisione dell’OMC che dichiara espressamente illegali tali sovvenzioni. Denuncia, inoltre, sovvenzioni massicce, dell'ordine di 3,2 miliardi di dollari, fra l'altro sotto forma di riduzioni ed esoneri fiscali e di finanziamenti di infrastrutture di sostegno per lo sviluppo e la produzione del velivolo 7E7 della Boeing, noto come “Dreamliner”.
Nel mese di luglio del 2007, in vista di un'audizione alla OMC, la Commissione ha risposto alle accuse americane secondo le quali Airbus avrebbe ricevuto 205 miliardi di dollari di aiuti. Tale valutazione, per la Commissione, non è, infatti, esatta dato che è superiore 8 volte alla capitalizzazione di EADS (25,8 miliardi di dollari) ed è 12 volte l'importo dei suoi attivi (18,4 miliardi di dollari). Gli USA arrivano a tale stima con gli interessi delle sovvenzioni dal 1967. La Commissione ha affermato che, applicando il calcolo in tal modo, l'UE potrebbe valutare a 305 miliardi di dollari gli aiuti USA a Boeing, invece dei 23,7 miliardi di dollari contestati. Il calcolo americano, inoltre, include tra gli aiuti alla ricerca e sviluppo quelli concessi ad altri partners o ad attività non legate a Airbus. Ha poi ricordato che molti modelli di Airbus, contrariamente a quanto sostenuto dagli USA, sono stati lanciati con condizioni private di finanziamento migliori.
Ha inoltre sottolineato che i buoni risultati finanziari di Boeing per gli ordini e gli utili smentiscono la tesi secondo cui Boeing sarebbe stata danneggiata. Al contrario, alla riunione del panel arbitrale di settembre, la Commissione ha cercato di dimostrare che le cospicue sovvenzioni attribuite a Boeing hanno consentito a quest'ultimo di praticare una politica dei prezzi aggressiva per i propri aerei, riducendo le vendite e facendo perdere quote di mercato ad Airbus. L'UE afferma, inoltre, di poter dimostrare che Boeing ha beneficiato di sovvenzioni illegali all'esportazione e che gli Stati Uniti hanno penalizzato gli interessi europei.
Il Panel istituito nell'OMC dovrebbe completare il suo lavoro il prossimo luglio.
Link utili
Sito della Commissione europea
Riferimenti
Interrogazione orale sulle controversie tra Airbus e Boeing nell'ambito dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) Doc.: O-0033/2008 Procedura: Interrogazione orale Dibattito: 7.7.2008 |
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Una relazione all'esame dell'Aula rileva l'importanza della dimensione spaziale per la sicurezza dell'UE e sollecita una strategia comune europea nello spazio. Ma esprime preoccupazione per la minaccia di militarizzazione dello spazio e raccomanda il divieto di ricorso alle armi contro i dispositivi spaziali. Chiede un sistema UE di sorveglianza spaziale, la tutela delle infrastrutture a terra, un dialogo con la NATO sulla difesa antimissile e l'interoperabilità dei sistemi di telecomunicazione.
Sottolineando che l'UE non dispone di un'infrastruttura spaziale comune per scopi di sicurezza e di difesa, la relazione di Karl von WOGAU (PPE/DE, DE) rileva l'importanza della dimensione spaziale per la sicurezza dell'UE e la necessità di una strategia comune per la difesa degli interessi europei nello spazio. Sottolinea poi la necessità di dispositivi spaziali affinché le attività politiche e diplomatiche dell'UE possano basarsi su informazioni «indipendenti, affidabili ed esaurienti» a sostegno delle sue politiche di prevenzione dei conflitti, delle operazioni di gestione delle crisi e della sicurezza mondiale.
Invita peraltro gli Stati membri a condividere e a scambiarsi le informazioni geospaziali necessarie a una valutazione comunitaria autonoma delle minacce e li esorta a rendere compatibili i loro diversi tipi di radar, satelliti ottici e per i rilevamenti meteorologici e sistemi di ricognizione. Chiede poi un accesso «sicuro, indipendente e sostenibile» allo spazio per l'UE, «quale premessa per l'autonomia dei propri interventi» e raccomanda che i satelliti europei non commerciali siano lanciati in orbita da vettori europei, «preferibilmente a partire dal territorio dell'Unione». Gli investimenti strategici a lungo termine nei nuovi vettori europei dovrebbero quindi essere fatti quanto prima, per «tenere il passo con la crescente concorrenza internazionale».
No alla militarizzazione dello spazio
I deputati si compiacciono dell'adozione della politica spaziale europea da parte del Consiglio, ma deplorano allo stesso tempo l'assenza di qualsiasi riferimento alla minaccia di militarizzazione dello spazio e, ribadendo l'importanza del principio dell'utilizzo a scopi pacifici dello spazio, esprimono preoccupazione in tal senso. Insistono infatti sulla necessità di assicurare che «in nessuna circostanza la politica spaziale europea contribuisca alla militarizzazione e all'armamento generale dello spazio», e invitano tutti gli attori internazionali «ad astenersi dall'utilizzare apparecchiature offensive nello spazio». In proposito, esprimono particolare inquietudine per «le azioni distruttive nei confronti dei satelliti, come ad esempio il sistema antisatellitare collaudato dalla Cina e per le ricadute sulla sicurezza nello spazio del forte incremento di detriti spaziali».
La relazione raccomanda pertanto l'adozione su base volontaria di strumenti internazionali giuridicamente vincolanti intesi a vietare l'impiego di armi contro i dispositivi spaziali e lo stazionamento di armi nello spazio. Chiede inoltre il rafforzamento del regime giuridico internazionale al fine di disciplinare e tutelare l'utilizzo dello spazio per scopi pacifici, invitando la Conferenza delle Nazioni Unite sul disarmo ad elaborare un accordo multilaterale sulla prevenzione della corsa al riarmo nello spazio e chiedendo alle istituzioni dell'UE di convocare una conferenza di revisione del Trattato sullo spazio extra-atmosferico.
Sistema di sorveglianza spaziale, protezione delle infrastrutture e difesa antimissile
I deputati sostengono inoltre la creazione di un sistema europeo di sorveglianza spaziale per «tenere sotto controllo le infrastrutture spaziali, i detriti spaziali e altre eventuali minacce». Deplorano poi il fatto che gli Stati membri non abbiano accesso ai dati istantanei sul lancio di missili balistici a livello mondiale e chiedono quindi l'avvio di progetti mirati alla messa a punto di un sistema satellitare di allerta precoce in grado di rilevare il lancio di missili balistici. Sottolineando poi la vulnerabilità dei dispositivi spaziali strategici e delle infrastrutture che consentono di accedere allo spazio, quali ad esempio i vettori e i porti spaziali, i deputati evidenziano la necessità di proteggerli in maniera adeguata mediante una difesa terrestre contro i missili di teatro, aerei e sistemi di sorveglianza spaziale. Si dicono inoltre favorevoli alla condivisione dei dati con partner internazionali nell'eventualità che «i satelliti siano messi fuori uso da un'azione del nemico».
La relazione esorta poi l'UE e la NATO ad avviare un dialogo strategico sulla politica spaziale e la difesa antimissile, in particolare sulla complementarietà e l'interoperabilità dei sistemi per le comunicazioni satellitari, la sorveglianza spaziale e il sistema di allerta precoce contro i missili balistici, nonché la protezione delle forze europee mediante un sistema di difesa contro i missili di teatro, tenendo presente «l'imperativo giuridico di evitare qualsiasi azione che possa risultare incompatibile con il principio dell'uso pacifico dello spazio». L'UE e gli USA dovrebbero inoltre avviare un dialogo strategico sull'impiego dei dispositivi spaziali ed assumere un ruolo di guida a livello globale.
Sottolineando la necessità di comunicazioni satellitari per le missioni PESD e le missioni degli Stati membri sotto mandato delle Nazioni Unite, della NATO e di altre organizzazioni analoghe, i deputati chiedono la reciproca interoperabilità degli attuali e dei futuri sistemi satellitari per le telecomunicazioni a disposizione degli Stati membri ed insistono sulla possibilità di realizzare risparmi mediante l'uso in comune delle infrastrutture terrestri a supporto dei diversi sistemi nazionali di telecomunicazione. Chiedono poi agli Stati membri di analizzare la possibilità di elaborare un "codice della strada" giuridicamente o politicamente vincolante per gli operatori spaziali, unitamente a un regime di gestione del traffico spaziale.
Programmi comuni per la politica spaziale europea
I deputati sottolineano che la spesa per le attività spaziali europee in comune prevista nel bilancio dell'UE nel periodo 2007-2013 ammonta «all'incirca a 5,25 miliardi di euro, pari a una spesa media annua di 750 milioni di euro per il periodo in questione». Si dicono però preoccupati per la mancanza di coordinamento tra gli Stati membri, «che comporta una penuria di risorse, imputabile a un'inutile duplicazione delle attività» e sono pertanto favorevoli all'idea di avviare programmi comuni, «che consentiranno nel lungo termine di ridurre i costi». Evidenziando poi la grande importanza del finanziamento a titolo del bilancio comunitario, come nel caso del progetto Galileo, chiedono di prevedere una dotazione operativa per i dispositivi spaziali a sostegno della PESD e degli interessi europei in materia di sicurezza.
Background - L'Agenzia Spaziale Europea
La missione dell'Agenzia Spaziale Europea (ESA) consiste nello sviluppo delle capacità spaziali europee. Il suo compito, infatti, è quello di delineare il programma spaziale europeo e di attuarlo. I progetti dell'Agenzia sono concepiti per scoprire quanto più possibile sulla Terra, l'ambiente spaziale circostante e il Sistema solare e l'Universo in generale, ma puntano anche allo sviluppo di tecnologie e servizi satellitari e alla promozione delle industrie europee. Inoltre, l'ESA collabora attivamente con le organizzazioni spaziali extra-europee.
Gli stati membri dell'ESA sono 17 (Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Spagna, Svezia e Svizzera. Canada e Ungheria partecipano ad alcuni progetti in base ad accordi di cooperazione). Ha sede a Parigi, ma dispone anche di centri operativi e direzionali in altri paesi europei. L' ESRIN (European Space Research Institute), ad esempio, si trova a Frascati, nei pressi di Roma. Le sue responsabilità includono la raccolta, l'archiviazione e la distribuzione di dati satellitari ai partner dell'ESA. Oltre a ciò, la struttura agisce come centro di informazione tecnologica per l'intera agenzia.
Le attività statutarie dell'ESA (programmi di astronomia e attività generali di bilancio) sono finanziate con il contributo economico di tutti gli Stati membri dell'agenzia, calcolato in base al prodotto interno lordo di ciascun paese. Oltre a ciò, l'ESA conduce un certo numero di programmi opzionali a cui i singoli paesi partecipano liberamente, decidendo il livello di sostegno destinato a ciascuno di tali programmi.
Link utili
Risoluzione del Consiglio
sulla politica
spaziale europea (21/5/2007)
Riferimenti
Karl von WOGAU (PPE/DE, DE) Relazione su Spazio e sicurezza Doc.: A6-0250/2008 Procedura: Iniziativa Dibattito: 9.7.2008 |
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Il Parlamento è ostacolato nella tutela delle sue prerogative dinnanzi ai tribunali nazionali. E' quanto sostiene la relazione all'esame dell'Aula chiedendo di dare seguito alla richiesta di avviare una procedura di infrazione contro gli Stati membri in caso di violazione delle prerogative del Parlamento e di garantire la piena efficacia della loro difesa giuridica. Suggerisce poi di modificare lo Statuto della Corte di giustizia UE e di favorire la collaborazione con le giurisdizioni nazionali.
Il Parlamento europeo è sprovvisto di personalità giuridica e, di conseguenza, è spesso ostacolato nella tutela delle sue prerogative dinnanzi ai tribunali nazionali da problemi peculiari alla sua natura specifica. E' quanto sostiene la relazione di Giuseppe GARGANI (PPE/DE, IT), invitando la Commissione a tener conto delle eventuali richieste del Parlamento di avviare «la procedura di infrazione contro qualsiasi Stato per violazione delle prerogative parlamentari» e chiedendo che il Commissario responsabile trasmetta una motivazione esaustiva nel caso in cui il collegio dei Commissari decidesse di non avviare l'azione richiesta.
I deputati suggeriscono inoltre di modificare lo Statuto della Corte di giustizia in modo tale da assicurare al Parlamento il diritto di depositare le proprie osservazioni dinanzi alla Corte «in tutti quei casi in cui direttamente o indirettamente siano messe in discussione le sue prerogative», affinché il suo coinvolgimento, qualora esso non sia formalmente parte nel processo, non sia lasciato alla discrezionalità della Corte di giustizia.
Invitano poi a svolgere un esame approfondito per stabilire se il Parlamento europeo può domandare il parere della Corte di giustizia circa la compatibilità di un accordo previsto con le disposizioni del trattato nei casi in cui le sue prerogative siano seriamente minacciate. In questo modo il Parlamento potrebbe chiedere alla Corte di giustizia di pronunciarsi sulla compatibilità di un certo atto di diritto nazionale con il diritto comunitario primario, «ferma restando l'esclusiva facoltà della Commissione di avviare o meno una procedura di infrazione contro lo Stato che abbia eventualmente commesso una violazione».
La relazione incarica la commissione competente di elaborare una modifica all'articolo 121 del regolamento (sui ricorsi davanti alla Corte di giustizia n.d.r.) in modo da coprire tutti i procedimenti giudiziari dinnanzi a qualsiasi giurisdizione e a prevedere una procedura semplificata da seguire in caso di azioni in giudizio dinnanzi alla Corte di giustizia con procedimento accelerato o d'urgenza. Invita peraltro la Commissione a proporre le opportune misure legislative intese a garantire la piena efficacia della difesa giuridica, da parte del Parlamento, delle proprie prerogative.
Infine, la relazione sottolinea che il Parlamento non è provvisto di strumenti diretti di difesa delle sue prerogative dinanzi ai tribunali nazionali, soprattutto nel caso in cui si formi un giudicato nazionale contrario alle stesse, non potendo né partecipare ai procedimenti giudiziari nazionali, né adire direttamente la Corte di giustizia, a difesa delle sue statuizioni. I deputati ritengono quindi opportuno favorire una politica di collaborazione con le giurisdizioni nazionali, «già foriera in alcuni Stati membri di buoni risultati», sviluppando delle pratiche processuali che consentano al Parlamento di «partecipare ai procedimenti giudiziari che si svolgono davanti alle giurisdizioni nazionali ed aventi ad oggetto le proprie prerogative».
Riferimenti Giuseppe GARGANI (PPE/DE, IT) Relazione sulla difesa delle prerogative del Parlamento europeo dinanzi ai tribunali nazionali Doc.: A6-0222/2008 Procedura: Iniziativa Relazione senza discussione ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento del Parlamento |
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Ordine del giorno 7 - 10 luglio 2008 Strasburgo L'ordine del giorno, che può subire modifiche, è disponibile sul sito.
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