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RESOCONTO

 

4 settembre 2008

Bruxelles

 

 

 


Israele garantisca i diritti dei prigionieri palestinesi

 

Pur sostenendo le legittime preoccupazioni di Israele in materia di sicurezza, il Parlamento chiede che i diritti previsti dalle norme internazionali siano garantiti a tutti i prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Plaude quindi alle recenti scarcerazioni, ritenendole di buon auspicio ai negoziati di pace. Al contempo, invita l'Autorità palestinese a fare il possibile per evitare atti terroristici e sollecita iniziative per la liberazione del caporale israeliano Gilad Shalit.

 

Con 416 voti favorevoli, 136 contrari e 61 astensioni, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sostenuta da PSE, ALDE, Verdi/ALE e GUE/NGL che sottolinea come, attualmente, più di 11.000 palestinesi, tra cui centinaia di donne e bambini, siano rinchiusi nelle carceri e nei centri di detenzione israeliani, con l'impossibilità, spesso, di beneficiare del diritto di visita da parte delle loro famiglie. Nota inoltre che circa un migliaio di questi prigionieri sono detenuti in base a "ordini di detenzione amministrativa", con la possibilità di fare ricorso, «ma senza capi d'accusa, senza processo e senza godere del diritto alla difesa». Esprime poi preoccupazione in merito alle relazioni sui diritti umani che «indicano che i prigionieri palestinesi sono vittime di abusi e torture».

 

Pertanto invita Israele a garantire il rispetto degli standard minimi in materia di detenzione, a istituire dei processi per tutti i detenuti, a porre fine al ricorso alla "detenzione amministrativa" e a adottare misure adeguate per la detenzione dei minori e per le visite in carcere, in conformità delle norme internazionali. Infatti, pur riconoscendo che negli ultimi anni Israele «ha subito molti attacchi terroristici mortali contro la propria popolazione civile» e sostenendo «le legittime preoccupazioni» di Israele in materia di sicurezza, il Parlamento reputa che tutti i prigionieri «debbano essere trattati nel pieno rispetto dello Stato di diritto», poiché «la lotta contro il terrorismo non giustifica le violazioni del diritto umanitario».

 

In tale contesto, il Parlamento plaude alla recente decisione del governo israeliano di liberare alcuni prigionieri palestinesi, «poiché si tratta di un gesto positivo per rafforzare l'Autorità palestinese e per instaurare un clima di fiducia reciproca». Anche perché il rilascio di un numero considerevole di prigionieri palestinesi nonché il rilascio immediato dei membri del Consiglio legislativo palestinese detenuti «potrebbe rappresentare un passo concreto verso la creazione di un clima di fiducia reciproca al fine di conseguire progressi sostanziali nel quadro dei negoziati di pace».

 

D'altro canto, il Parlamento invita l'Autorità palestinese «a fare tutto il possibile per evitare atti violenti o terroristici, specie ad opera di ex detenuti e in particolare di bambini». Chiede inoltre che Israele e Hamas adottino delle iniziative ai fini «dell'immediata liberazione del caporale israeliano Gilad Shalit».

 

Infine, convinto che il rafforzamento delle relazioni UE-Israele debba essere coerente e collegato al rispetto, da parte israeliana, degli obblighi internazionali, il Parlamento plaude alla decisione di istituire una sottocommissione per i diritti dell'uomo a pieno titolo nell'ambito del Consiglio di associazione UE-Israele. Chiede poi di consultare ampiamente e coinvolgere pienamente le organizzazioni per i diritti dell'uomo e le ONG in Israele e nei Territori palestinesi occupati per quanto attiene «al monitoraggio dei progressi compiuti da Israele ai fini del rispetto dei suoi obblighi ai sensi del diritto internazionale».

 

 

Link utili

 

Relazione del relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967 (in inglese)

 

 

Riferimenti

 

Risoluzione comune sulla situazione dei detenuti palestinesi nelle carceri israeliane

Procedura: Risoluzione comune

Dibattito: 9.7.2008

Votazione: 4.9.2008

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Rendere il regime di sanzioni UE più efficace e coerente

 

Il Parlamento chiede un regime sanzionatorio UE più coerente ed efficace che, prevalendo sugli interessi commerciali, colpisca comportamenti contrari alla sicurezza e ai diritti umani e che causano danni volontari e irreversibili all'ambiente. Occorre poi inserire una clausola sui diritti umani in tutti gli accordi UE e privilegiare sanzioni mirate, corredate di misure a sostegno della società civile. La redazione di liste nere antiterrorismo deve garantire il rispetto dei diritti fondamentali.

 

Approvando con 546 voti favorevoli, 36 contrari e 40 astensioni la relazione di Hélène FLAUTRE (Verdi/ALE, FR), il Parlamento osserva anzitutto che la disparità delle basi giuridiche per l'attuazione della politica di sanzioni della UE ne ostacola la trasparenza e la coerenza e, di conseguenza, la sua credibilità. Deplora inoltre che a tutt'oggi non sia stato condotto alcun esercizio di valutazione, né studio di impatto della politica UE in materia di sanzioni e che sia pertanto molto difficile misurarne gli effetti e l'efficacia sul campo.

 

Il Parlamento ricorda poi che, pur non esistendo una definizione ufficiale di sanzione, nel quadro della Politica estera di sicurezza comune, le sanzioni e le misure restrittive sono considerate «misure che interrompono o riducono, parzialmente o totalmente le relazioni diplomatiche o economiche con uno o più paesi terzi, volte a modificare talune attività o politiche, quali le violazioni del diritto internazionale o dei diritti dell'uomo».

 

Per i deputati, il ricorso alle sanzioni deve essere previsto in caso di comportamenti da parte delle autorità, di entità non statali o di persone fisiche e giuridiche «che pregiudicano gravemente la sicurezza e i diritti delle persone, o in caso di assodata interruzione o stallo di tutte le relazioni contrattuali e/o diplomatiche per cause imputabili a terzi». Sottolineano poi che le violazioni dei diritti dell'uomo dovrebbero costituire una base sufficiente per l'applicazione di sanzioni, poiché rappresentano anch'esse una minaccia alla sicurezza e alla stabilità. Chiedono inoltre al Consiglio e alla Commissione di includere anche «qualsiasi danno volontario e irreversibile all'ambiente» tra le ragioni che possono dar luogo all'adozione di sanzioni, ritenendo che ciò si configuri come una minaccia per la sicurezza e una violazione grave dei diritti dell'uomo.

 

Il Parlamento, d'altra parte, si rammarica del fatto che l'UE abbia spesso applicato la sua politica sanzionatoria in modo incoerente, «riservando un trattamento differenziato a paesi terzi che in realtà hanno una situazione simile in materia di diritti umani e di democrazia, e si sia quindi esposta alla critica di adottare "due pesi e due misure"». A tale riguardo sottolinea che l'applicazione e la valutazione delle sanzioni da parte dell'UE per violazioni di diritti dell'uomo debba in linea di principio «prevalere su eventuali pregiudizi derivanti dalla loro applicazione agli interessi commerciali dell'Unione europea e dei suoi cittadini». In proposito, si rammarica della riluttanza di alcuni Stati membri ad opporsi a importanti partner come la Russia.

 

D'altra parte, il Parlamento si compiace dell'inserimento sistematico delle clausole relative ai diritti dell'uomo e insiste sull'inclusione di uno specifico meccanismo di esecuzione in tutti i nuovi accordi bilaterali (anche settoriali) firmati con i paesi terzi. Tuttavia, esorta Commissione e Stati membri a non proporre accordi commerciali di libero scambio e/o accordi di associazione - anche se provvisti di clausole sui diritti dell'uomo - ai governi dei paesi in cui vengono commesse massicce violazioni. Considera, peraltro, che una persistente violazione dei diritti dell'uomo che non dia luogo ad alcuna misura appropriata né restrittiva pregiudichi gravemente la strategia dell'Unione in materia di diritti umani, la sua politica di sanzioni e la sua credibilità.

 

I deputati ritengono poi che il mantenimento o meno delle sanzioni debba dipendere dal raggiungimento dei loro obiettivi, la cui natura può essere comunque rafforzata o modificata sulla base di una valutazione fondata su chiari parametri di riferimento. Inoltre, a loro parere, l'efficacia delle sanzioni deve essere analizzata sia in termini di efficacia intrinseca delle misure, ossia la loro capacità di esercitare un impatto sulle attività delle persone coinvolte, sia di efficacia politica, ovvero la capacità di indurre l'abbandono o di modificare le attività o le politiche che ne hanno motivato l'adozione. Il Parlamento, peraltro, si esprime contro l'applicazione di sanzioni generalizzate ed indiscriminate che comportano l'isolamento totale della popolazione. Insiste, dunque, affinché qualsiasi sanzione adottata contro le autorità statali sia sistematicamente accompagnata da un sostegno alla società civile del paese coinvolto.

 

I deputati sottolineano infatti la necessità di corredare le sanzioni economiche mirate di opportune misure nei confronti degli operatori dell'UE che collaborano con le persone implicate. Tali sanzioni, peraltro, dovrebbero essere applicate da tutte le persone fisiche e giuridiche che svolgono un'attività commerciale nell'UE, inclusi i cittadini di paesi terzi. Invitano poi a limitare l'applicazione delle "deroghe straordinarie" al congelamento dei beni. Consiglio e Commissione, inoltre, dovrebbero vagliare le possibilità e i modi di utilizzo in modo costruttivo dei redditi congelati delle autorità sanzionate, per esempio assegnando le risorse alle vittime di violazioni dei diritti umani utilizzandole a favore dello sviluppo. Gli Stati membri, d'altro canto, dovrebbero adottare un approccio concertato all'applicazione delle restrizioni di viaggio e delle relative clausole di esonero.

 

Inoltre, i deputati sono del parere che l'azione coordinata della comunità internazionale abbia un impatto più forte «delle azioni disparate e squilibrate degli Stati o delle entità regionali» e apprezzano quindi che la politica sanzionatoria della UE continui a basarsi sul principio della preferenza del regime delle Nazioni Unite. Sottolineano inoltre la necessità di una analisi approfondita di ciascuna situazione specifica prima dell'adozione di sanzioni, al fine di valutare il potenziale impatto delle diverse sanzioni e di individuare le più efficaci alla luce di tutti gli altri fattori pertinenti e di esperienze comparabili. Chiedono poi agli Stati membri che siedono nel Consiglio di Sicurezza dell'ONU di cercare sistematicamente di internazionalizzare le sanzioni emanate dall'Unione europea e di coinvolgere il Parlamento in tutte le fasi del processo sanzionatorio.

 

Nel quadro della lotta al terrorismo, il Parlamento sottolinea che le procedure di redazione delle liste nere, a livello sia di Unione europea che di Nazioni Unite, «sono lacunose sotto il profilo della sicurezza del diritto e dei ricorsi giudiziari». Invita quindi il Consiglio e la Commissione a riesaminare l'attuale procedura di inserimento o eliminazione dalle liste nere, al fine di rispettare i diritti umani procedurali e sostanziali di persone e entità incluse negli elenchi. In particolare, per quanto riguarda il diritto a un ricorso efficace dinanzi a un organo indipendente e a un giusto processo, incluso il diritto di essere informato sulle accuse mosse e le decisioni prese, così come quello a ottenere un indennizzo per qualsiasi violazione dei diritti umani/il diritto alla vita. Chiede inoltre agli Stati membri di promuovere una siffatta revisione nell'ambito dei meccanismi delle Nazioni Unite al fine di garantire il rispetto dei diritti fondamentali in sede di applicazione di sanzioni mirate.

 

Rammaricandosi infine che nessuno degli organi giudiziari possa valutare l'opportunità delle liste nere, poiché le prove a supporto di tali elenchi si basano innanzitutto su informazioni in possesso dei servizi segreti, il Parlamento ritiene che «la fondamentale discrezione non debba trasformarsi in impunità nel caso del non rispetto delle leggi internazionali» e chiede agli Stati membri della UE di assicurare un efficace controllo parlamentare sul lavoro dei servizi segreti. Ribadisce ciononostante che il sistema delle liste antiterrorismo, sempre che rispetti l'ultima giurisprudenza della Corte di giustizia, «è uno strumento pertinente della politica dell'Unione europea in materia di lotta al terrorismo».

 

 

Riferimenti

 

Hélène FLAUTRE (Verdi/ALE, FR)

Relazione sulla valutazione delle sanzioni UE in quanto parte delle azioni e delle politiche della UE in materia di diritti dell'uomo

Procedura: Iniziativa

Dibattito: 3.9.2008

Votazione: 4.9.2008

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Trasporto merci sostenibile e intermodale, priorità alle ferrovie

 

Il Parlamento chiede di promuovere un trasporto merci più sostenibile migliorando la logistica, integrando i corridoi transfrontalieri su rotaia e applicando il principio "chi usa e inquina, paga". Sollecita più investimenti nelle infrastrutture e norme minime di qualità per quelle ferroviarie, nonché l'introduzione di standard intermodali stabili, un migliore collegamento dei porti alle vie terrestri, una tariffazione stradale interoperabile e la semplificazione delle procedure amministrative.

 

Tra il 1995 e il 2005, il trasporto merci è già aumentato di circa il 30% più rapidamente del prodotto interno lordo, soprattutto a causa della crescita del trasporto stradale ed aereo rispetto ad altre modalità. Approvando con 541 voti favorevoli, 6 contrari e 15 astensioni la relazione di Michael CRAMER (Verdi/ALE, DE), il Parlamento incoraggia quindi la Commissione, gli Stati membri e l'industria a sostenere in futuro una politica del trasporto merci più sostenibile, in termini di mobilità, per l'ambiente, il clima, l'economia, la sicurezza e gli interessi sociali.

 

A tal fine occorre promuovere l'applicazione di sistemi di logistica più efficienti nell'ambito della graduale integrazione dei corridoi prioritari transfrontalieri per il trasporto di merci su rotaia, dei punti nodali e delle reti convenzionali. E' anche necessario promuovere, per tutti i modi di trasporto, il principio "chi usa e inquina paga". Condivide inoltre il parere della Commissione secondo cui comodalità e intermodalità «rimangono fattori chiave per creare un sistema di trasporto merci europeo sostenibile ed efficiente».

 

Sottolineando che l'UE ha risorse e competenze limitate per il miglioramento dei mercati di trasporto merci, i deputati sollecitano i ministri dei Trasporti ad occuparsi della questione degli investimenti infrastrutturali, trovando almeno un accordo sul coordinamento dei piani nazionali d'investimento in relazione ai loro rispettivi corridoi. Esortano poi la Commissione a concentrare il cofinanziamento dell'UE sull'efficienza, l'interoperabilità e il potenziamento delle infrastrutture ferroviarie e dei nodi intermodali, nonché di tutti gli altri modi di trasporto merci. In proposito, l'Aula ha respinto la richiesta di «riservare almeno il 40% delle risorse comunitarie alle infrastrutture di trasporto su rotaia». Inoltre, fin d’ora, occorre esaminare la posizione dei trasporti all'interno del Bilancio per garantire adeguati investimenti futuri in infrastrutture strategiche.

 

In relazione ai contratti pluriennali per la qualità delle infrastrutture ferroviarie, il Parlamento incoraggia la Commissione a definire condizioni quadro per norme minime di qualità a livello europeo. Propone poi agli Stati membri di legare la disponibilità di risorse per la costruzione, l'estensione e la manutenzione delle infrastrutture ferroviarie a queste norme qualitative, «considerandole pacchetti inseparabili», in modo da contribuire a una maggiore efficienza e al risparmio dei costi.

D'altra parte, il Parlamento ritiene che le reti dedicate al trasporto merci dovrebbero utilizzare le attuali reti destinate al traffico convenzionale, «ora rese più libere grazie ai progressi conseguiti nell’ambito dei treni ad alta velocità». Più in particolare, sostiene che le reti di trasporto merci su rotaia devono basarsi sui corridoi per il trasporto merci più “utili al mercato”, tenendo conto degli attuali corridoi ERTMS (sistema europeo di gestione del traffico ferroviario) e delle reti TEN-T (trasporto transeuropeo). E invita l’Agenzia ferroviaria europea a garantire che tali tratte divengano interoperabili. Allo stesso tempo, esorta la Commissione a sostenere i progetti concernenti l’uso differenziato delle linee ad alta velocità, ad esempio per il trasporto di merci leggere.

 

Il Parlamento chiede poi alla Commissione di definire i "corridoi verdi" «quali progetti esemplari di mobilità e intermodalità, finalizzati al passaggio a modi rispettosi dell'ambiente, alla riduzione della totalità degli incidenti, delle congestioni, del rumore, dell'inquinamento locale tossico e non tossico, delle emissioni di CO2 e del consumo dell'energia e del territorio, nonché all'accresciuta utilizzazione di fonti energetiche rinnovabili (in particolare l'energia eolica e solare) in conformità della legislazione dell'Unione europea, dei suoi obiettivi e dei sistemi di trasporto intelligenti». In tale contesto, sollecita maggiori incentivi per promuovere la sostenibilità ambientale di tutti i modi di trasporto, «favorendo una loro combinazione ottimale in termini di efficienza, al fine di ridurre al minimo l'impatto sull'ambiente, soprattutto nei "corridoi verdi"».

 

I deputati chiedono che il rispetto ovvero l'introduzione di standard intermodali stabili per quanto concerne dimensioni e peso di veicoli, container e impianti di carico «siano considerati d’importanza strategica per un trasferimento del trasporto merci alla rotaia». Esortano inoltre le autorità internazionali ed europee a normalizzare le tecniche orizzontali, che contribuirebbero a un più agevole trasferimento dai mezzi pesanti alla rotaia come pure su binari a scartamento diverso, al fine di una maggiore efficienza e di una riduzione dei costi. Al riguardo sottolineano l'importanza di adottare in tempi rapidi una norma mondiale per le unità di carico intermodali.

 

Ritengono inoltre che un migliore collegamento dei porti marittimi e interni con la rete ferroviaria e stradale dell'hinterland «costituisca una componente importante dell'infrastruttura dei trasporti» e sottolineano l'importante ruolo delle piattaforme interne e dei bacini di carenaggio. Rilevano poi che gli investimenti in terminali nell'hinterland «possono essere realizzati in modo flessibile e rapido, eliminando le strozzature nella rete intermodale globale».

 

Il Parlamento rileva la necessità dell'uniformazione e della semplificazione delle procedure amministrative delle autorità interessate al mercato del trasporto merci, nonché della semplificazione delle regole e procedure doganali alle frontiere. Esorta quindi la Commissione a chiedere alle pertinenti associazioni e organizzazioni internazionali di mettere a punto un documento intermodale unico. Sottolinea poi l’estrema importanza della tariffazione stradale interoperabile per l’efficienza del trasporto merci in Europa.

 

Infine, convinto che la logistica del trasporto merci nello spazio urbano necessiti di un approccio specifico, il Parlamento auspica uno scambio di buone pratiche fra le città, al fine di identificare modalità sostenibili per rifornire gli spazi urbani. Suggerisce pertanto che la Commissione, al più tardi entro la fine del 2008, proponga un programma per rafforzare la cooperazione fra gli Stati membri responsabili dei progetti in tale settore, al fine di agevolare e valutare soluzioni agli attuali blocchi, con particolare riferimento al trasporto merci, tenendo debito conto del valore aggiunto del fattore logistico.


 

Link utili

 

Comunicazione della Commissione - L'Agenda dell'UE per il trasporto merci: rafforzare l'efficienza, l'integrazione e la sostenibilità del trasporto di merci in Europa
Comunicazione della Commissione - Piano di azione per la logistica del trasporto merci
Comunicazione della Commissione - Verso una rete ferroviaria a priorità merci
Comunicazione della Commissione - Contratti pluriennali per la qualità delle infrastrutture ferroviarie

 

 

Riferimenti

 

Michael CRAMER (Verdi/ALE, DE)

Relazione sul trasporto di merci in Europa

Procedura: Iniziativa

Dibattito: 3.9.2008

Votazione: 4.9.2008

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Ingrid Betancour in seduta solenne al Parlamento europeo

 

Accogliendo l'invito del Presidente del Parlamento europeo, Hans-Gert Pöttering, Ingrid Betancourt interverrà in Aula nel corso di una seduta solenne che si terrà l'8 ottobre 2008 a Bruxelles. Pöttering lo ha annunciato oggi alla Conferenza dei presidenti dei gruppi politici.

 

Il Presidente Pöttering ha dichiarato: «sono felice che Ingrid Betancourt abbia accettato il nostro invito al Parlamento europeo. Siamo orgogliosi del suo coraggio ed emozionati in quanto il Parlamento avrà l'opportunità di renderle omaggio».

 

Ingrid Betancour era stata rapita dalle Forze rivoluzionarie armate della Colombia (FARC) il 23 febbraio 2002 e liberata dalla prigionia sei anni e mezzo dopo grazie all'operazione "Jaque", insieme con altri 14 ostaggi (tre americani e 11 poliziotti e soldati colombiani).

 

Dal suo rilascio, Ingrid Betancout si è attivamente impegnata per la liberazione degli ostaggi rimanenti ed è in questa prospettiva che si inquadra la sua visita al Parlamento europeo.

 

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