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RASSEGNA
31 gennaio - 1° febbraio 2007
Bruxelles
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Sommario
SANITÀ PUBBLICA
DIRITTI DELLE DONNE/PARI OPPORTUNITÀ INDUSTRIA ISTITUZIONI ORDINE DEL GIORNO 12 - 15 FEBBRAIO 2007 |
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Moratoria universale sulla pena di morte, subito |
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Nel sostenere l'iniziativa italiana, il Parlamento sollecita una risoluzione ONU a favore di un'immediata e incondizionata moratoria universale sulle esecuzioni capitali. Reputando che l'abolizione della pena di morte contribuisca a rafforzare la dignità dell'uomo, chiede quindi agli Stati membri e alle istituzioni dell'UE di fare il possibile per promuovere tale proposta all'Assemblea generale. Condanna poi l'esecuzione di Saddam Hussein e «lo sfruttamento mediatico della sua impiccagione». Con 591 voti favorevoli, 45 contrari e 31 astensioni, il Parlamento ha adottato una risoluzione comune (sostenuta da PPE/DE, PSE, ALDE/ADLE, Verdi/ALE e GUE/NGL) con la quale ribadisce la sua posizione contro la pena di morte «in tutti i casi e in tutte le circostanze» ed esprime nuovamente il proprio convincimento secondo il quale «l'abolizione della pena di morte contribuisce a rafforzare la dignità dell'uomo e al progressivo sviluppo dei diritti dell'uomo». Il Parlamento, pertanto, chiede che sia applicata «immediatamente e senza condizioni» una moratoria universale sulle esecuzioni, in vista di giungere all'abolizione della pena di morte in tutto il mondo. Sollecita quindi una risoluzione in questo senso dell'attuale Assemblea generale delle Nazioni Unite, che il Segretario generale delle Nazioni Unite dovrebbe poter controllare nella sua applicazione effettiva. In tale contesto, sostiene «fermamente» l'iniziativa della Camera dei deputati e del governo italiani, appoggiata dal Consiglio e dalla Commissione UE nonché dal Consiglio d'Europa e invita la Presidenza UE a adottare con urgenza un'opportuna azione per garantire che tale risoluzione sia presentata in tempi brevi all'attuale Assemblea generale ONU. Inoltre, i deputati sollecitano le istituzioni e gli Stati membri UE a fare quanto possibile, politicamente e diplomaticamente, per garantire il successo di questa risoluzione in seno all'attuale Assemblea generale delle Nazioni Unite. Esortano poi vivamente tutti gli Stati membri UE a ratificare senza indugio il secondo protocollo opzionale alla Convenzione internazionale sui diritti civili e politici, volto alla completa abolizione della pena di morte. Al riguardo, ricordano anche che l'abolizione della pena di morte «è un valore fondamentale dell'Unione europea e un requisito per i paesi che chiedono di aderire all'UE». Il Parlamento, pur osservando che prosegue la tendenza verso l'abolizione della pena di morte a livello mondiale, si dice vivamente preoccupato del fatto che esistono tuttora, o sono state reintrodotte, legislazioni nazionali in decine di paesi del mondo che prevedono la pena capitale e comportano ogni anno l'esecuzione di migliaia di esseri umani. In proposito, i deputati condannano l'esecuzione di Saddam Hussein e «lo sfruttamento mediatico della sua impiccagione» e deplorano il metodo con cui è stata effettuata. Nel corso del dibattito tenutosi il 31 gennaio 2007, sono intervenuti i seguenti deputati italiani: Pasqualina NAPOLETANO (PSE, IT), Marco PANNELLA (ALDE/ADLE, IT), Luisa MORGANTINI (GUE/NGL, IT), Alessandro BATTILOCCHIO (NI, IT) e Carlo CASINI (PPE/DE, IT). La trascrizione dei loro interventi è consultabile attivando il link indicato in appresso. Background Il 1° marzo 1985 è entrato in vigore il Protocollo 6 alla Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo del Consiglio d'Europa e, dal 1997, nessuna sentenza capitale è stata eseguita nei Paesi membri dell’Organizzazione. Tutti i nuovi Stati che aderiscono all’Organizzazione s’impegnano ad introdurre una moratoria immediata sulle esecuzioni e a ratificare il Protocollo. Alcuni meccanismi sono stati istituiti per controllare il rispetto di questi impegni, aiutando al tempo stesso i governi e i parlamenti ad applicarli. La questione della pena capitale figura sempre tra i punti essenziali dei rapporti nazionali stabiliti dalla Commissione di controllo dell’Assemblea. Nel maggio 2002 i Ministri degli Affari Esteri e i Rappresentanti dei 36 Stati membri del Consiglio d’Europa (tra cui l'Italia), riuniti a Vilnius in occasione della 110ª sessione del Comitato dei Ministri dell’Organizzazione, hanno poi firmato il Protocollo n°13 che abolisce la pena di morte in ogni circostanza, anche per gli atti commessi in tempo di guerra o di pericolo imminente di guerra. Nessuna deroga né riserva sono ammesse alle disposizioni di questo Protocollo. Attualmente, l’Assemblea parlamentare spera di estendere la proibizione della pena capitale ai Paesi che dispongono dello statuto d’osservatori presso l’Organizzazione, in particolare Giappone e Stati Uniti. Intanto, nel 1998 l'Unione europea, come parte integrante della sua politica in materia di diritti umani, aveva deciso di rafforzare le sue attività internazionali contro la pena capitale. Aveva quindi stilato delle linee guida sull'approccio cui attenersi nell'ambito delle discussioni multilaterali e bilaterali. In seguito, la Carta dei Diritti fondamentali dell'UE (adottata a Nizza nel dicembre 2000) ha sancito che «nessuno può essere condannato alla pena di morte, né giustiziato». La Carta, che è diventata la parte seconda del progetto di Trattato costituzionale, afferma poi che «nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti». L'abolizione della pena di morte, d'altra parte, è un requisito cui devono attenersi i paesi candidati all'adesione all'Unione europea. Tutti i candidati devono infatti controfirmare i due pertinenti protocolli alla Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo del Consiglio d'Europa. Lo scorso 27 luglio 2006 la Camera dei deputati italiana aveva approvato all'unanimità una risoluzione che chiedeva al governo italiano di presentare alla prossima Assemblea generale delle Nazioni Unite, dopo aver consultato i partner dell'UE, una proposta di risoluzione per una moratoria universale in materia di pena di morte, al fine di abolire completamente la pena capitale nel mondo. Lo scorso mese di dicembre, su iniziativa italiana, i Ministri degli esteri dell'UE hanno ribadito che il Consiglio «si oppone fermamente alla pena di morte in tutti i casi». L'UE, è indicato nella loro dichiarazione, «continuerà a prodigarsi per incoraggiare i paesi che ancora conservano la pena capitale ad abolirla» e «solleverà nuovamente la questione in tutte le sedi pertinenti». E così è stato fatto in occasione dell'Assemblea generale dell'ONU dello stesso mese, in occasione della quale ha presentato una dichiarazione sulla pena di morte che è stata poi controfirmata da 85 paesi di tutti i continenti. Il 9 gennaio 2007 il governo italiano e il Consiglio d'Europa hanno deciso di collaborare per raccogliere il massimo sostegno possibile a favore dell'attuale iniziativa in questo senso promossa in seno all'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Nella riunione del 22 gennaio 2007 il Consiglio Affari generali dell'Unione europea ha convenuto che a New York la Presidenza tedesca dell'UE avrebbe verificato le possibilità e modalità per riaprire il dibattito e deliberare sulla proposta di moratoria universale in materia di pena capitale. Dal 10 ottobre 2003 - su iniziativa dell'ONG World Coalition against the death penalty - si celebra la giornata mondiale contro la pena di morte. Questa ONG, peraltro, si riunirà in congresso dal 1° al 3 febbraio 2007, a Parigi. La pena di morte nel mondo Dai dati elaborati dalla ONG "Nessuno tocchi Caino" risulta che i paesi o i territori che hanno deciso di abolire la pena di morte - per legge o in pratica - sono oggi 142. Di questi, i paesi totalmente abolizionisti sono 90; gli abolizionisti per crimini ordinari sono 10. La Russia, in quanto membro del Consiglio d’Europa è impegnata ad abolirla e, nel frattempo, attua una moratoria delle esecuzioni. Quelli che hanno introdotto una moratoria delle esecuzioni sono 5, mentre i paesi abolizionisti di fatto, che non eseguono cioè sentenze capitali da oltre dieci anni, sono 37. I paesi che mantengono la pena di morte sono 54 (a fronte dei 60 del 2004 e dei 61 del 2003) ma solo 24 di questi paesi hanno effettuato esecuzioni nel 2005 (a fronte dei 26 del 2004 e dei 30 del 2003). Di conseguenza, è diminuito anche il numero delle esecuzioni nel mondo. Nel 2005 sono state almeno 5.494 (a fronte delle almeno 5.530 del 2004). Dei 54 paesi in cui vige la pena di morte, 43 sono paesi dittatoriali, autoritari o illiberali. In questi paesi, nel 2005, sono state compiute almeno 5.420 esecuzioni, pari al 98,7% del totale mondiale. Un paese solo, la Cina, ne ha effettuate almeno 5.000, circa il 91% del totale mondiale. L’Iran ne ha effettuate almeno 113, l’Arabia Saudita almeno 90, la Corea del Nord almeno 75, il Pakistan 42, il Vietnam almeno 27, la Giordania 15, Mongolia, Uganda e Singapore 8, Kuwait e Yemen almeno 7, l’Uzbekistan 2. Per quanto riguarda l'Europa, l'unico paese che ha eseguito sentenze capitali (2) è stata la Bielorussia. Nel continente africano, vi sono state esecuzioni in Uganda (8), Libia (6), Sudan (4) e Somalia (1). Sono 11 i paesi democratici in cui vige la pena di morte. Cinque di essi, nel 2005 hanno proceduto a delle esecuzioni capitali: Stati Uniti (60), Mongolia (almeno 8), Taiwan (3), Indonesia (2) e Giappone (1). Link utili
Orientamenti per una politica dell'Unione europea nei confronti
dei paesi terzi in materia di pena di morte Riferimenti Risoluzione comune sull'iniziativa a favore
della moratoria universale in materia di pena di morte |
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Obesità: più frutta, verdura e sport, no alla "fat tax" |
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Campagne di informazione, etichette chiare sugli alimenti, rilancio del consumo di frutta e verdura, progetti di ricerca, educativi e sportivi. Ma anche cibi biologici nelle mense scolastiche e modifica o adozione di norme che incidono sulla salute, come quelle in materia di pubblicità sugli alimenti destinati ai bambini. E’ questa la ricetta del Parlamento per affrontare il problema dell'obesità nell’UE, ammonendo però contro lo «zelo eccessivo» e sottolineando il ruolo dei nutrizionisti. Adottando con 620 voti favorevoli, 24 contrari e 14 astensioni la relazione di Frédérique RIES (ALDE/ADLE, BE), il Parlamento chiede che la lotta all'obesità «venga ormai considerata una priorità politica dell'Unione europea e dei suoi Stati membri», e ne sottolinea il carattere multifattoriale «che richiede un approccio globale ai diversi settori d'intervento». Compiacendosi poi dell'impegno della Commissione a favore di un'alimentazione sana, dell'attività fisica e della lotta all'obesità e alle principali patologie collegate all'alimentazione, i deputati si rammaricano «profondamente» del fatto che l'obesità colpisca un numero sempre crescente di persone e che, se questa tendenza dovesse persistere, le conseguenze in termini di salute pubblica, evitabili con misure adeguate, «saranno incalcolabili». Nota infatti che, nell'Unione europea, il numero di persone affette da obesità è drasticamente aumentato nel corso degli ultimi 30 anni e circa il 27% degli uomini e il 38% delle donne sono oggi considerati persone obese o in sovrappeso. L’obesità colpisce anche più di cinque milioni di bambini, mentre il suo tasso di crescita, con circa 300.000 nuovi casi ogni anno, «è allarmante». Il costo delle malattie legate ai problemi di sovrappeso, è stimato fra il 4 e il 7% della spesa complessiva degli Stati membri in materia di sanità. Il Parlamento appoggia senza riserve l'avvio, nel marzo 2005, della Piattaforma d'azione europea sulla dieta, l'attività fisica e la salute e accoglie con soddisfazione il dialogo permanente avviato con i diversi settori industriali, le autorità degli Stati membri e le ONG da parte dei servizi della Commissione. E, compiacendosi degli impegni volontari già proposti dai soggetti che partecipano alla Piattaforma, chiede alla Commissione di presentare quanto prima in un Libro bianco misure concrete volte a ridurre il numero di persone in sovrappeso e obese al più tardi dal 2015. Raccomanda poi agli Stati membri di riconoscere ufficialmente l'obesità come malattia cronica, «in modo da evitare qualsiasi forma di stigmatizzazione e discriminazione delle persone obese, e di garantire che esse possano ricevere cure adeguate nell'ambito dei rispettivi servizi sanitari nazionali». Norme più restrittive in materia di pubblicità La relazione condanna la frequenza e l'intensità delle campagne televisive pubblicitarie e promozionali per alimenti destinati esclusivamente ai bambini e sottolinea che tali pratiche commerciali «non favoriscono abitudini alimentari sane e andrebbero quindi regolamentate a livello comunitario modificando la direttiva Televisione senza frontiere». Il Parlamento, inoltre, invita la Commissione a definire - nell’ambito della Piattaforma - impegni volontari o autoregolatori che pongano fine alla pubblicità di alimenti con un elevato tenore di grassi, zuccheri e sale destinati ai bambini ma, «qualora tale autoregolazione non apporti cambiamenti», dovrebbe presentare proposte legislative. Ciò vale anche per le nuove forme di pubblicità destinata ai bambini, come l'invio di messaggi a telefoni cellulari, giochi on-line e sponsorizzazione su terreni da gioco. A termine, i deputati auspicano che si giunga a un "gentleman agreement" fra la Commissione e le industrie dei media europei che preveda, per i prodotti destinati ai bambini, un'informazione obbligatoria nei diversi mezzi mediatici (televisione, cinema, Internet e videogiochi) consistente in messaggi sanitari e ludici volti a sensibilizzare i giovani europei all'importanza della pratica sportiva e al consumo di frutta e verdura per mantenersi in salute. Su proposta dei gruppi PPE/DE, ALDE/ADLE e UEN, tuttavia, il Parlamento ha soppresso il paragrafo che chiedeva l'introduzione di controlli in tutta la Comunità intesi a limitare la pubblicità televisiva di alimenti di questo tipo nelle fasce orarie in cui molti bambini guardano la televisione. Migliorare i prodotti e le etichette I deputati ritengono che l'applicazione del regolamento relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari - che permetterà al consumatore di disporre di informazioni affidabili, veritiere e coerenti sulle caratteristiche nutrizionali dei prodotti alimentari - dovrebbe avvenire in modo tale da stimolare l'industria alimentare a rinnovare e a migliorare i propri prodotti. La direttiva sull'etichettatura nutrizionale dei prodotti alimentari deve invece essere urgentemente rivista per includervi, come minimo, la richiesta di indicare la presenza e la quantità di sostanze nutritive e la natura dei grassi. Il Parlamento, inoltre, invita la Commissione a elaborare e introdurre un sistema comunitario di etichettatura di indicazioni nutrizionali sulla parte anteriore della confezione, rilevando che un messaggio coerente ai consumatori richiede un certo grado di armonizzazione in questo ambito e che tali messaggi devono avere una base scientifica. Convinti che la riformulazione dei prodotti sia un valido strumento per ridurre il consumo di grassi, di zuccheri e di sale nella nostra dieta e compiacendosi delle iniziative intraprese in tal senso da un certo numero di industrie e rivenditori, i deputati invitano inoltre la Commissione, gli Stati membri, i produttori, i rivenditori e i ristoratori ad intensificare gli sforzi volti a ridurre tali sostanze negli alimenti. Educazione alimentare precoce. Cibi biologici nelle mense scolastiche. Il Parlamento ritiene che si debba prestare un'attenzione particolare all'infanzia, ossia alla «fase della vita in cui vengono acquisite gran parte delle abitudini alimentari». Incoraggia quindi gli Stati membri a riconoscere che l'educazione in materia di alimentazione e salute fin dalla più giovane età «è fondamentale ai fini della prevenzione del sovrappeso e dell'obesità». E' quindi «essenziale» che l'ambiente scolastico, e soprattutto le mense scolastiche, sensibilizzi i ragazzi all'educazione alimentare, «impartendo nozioni elementari di cucina e sui cibi», e promuova l'esercizio regolare di un'attività fisica e uno stile di vita sano. I deputati chiedono pertanto agli Stati membri di stanziare fondi sufficienti per la ristorazione nelle scuole, in modo da consentire alle mense scolastiche «di servire pasti appena cucinati, preferibilmente con prodotti biologici o provenienti da colture regionali», e promuovere abitudini alimentari sane fin dai primi anni di vita. Ma non solo, gli Stati membri sono anche incoraggiati a garantire che i bambini dispongano di strutture adeguate per esercitare attività sportive e fisiche a scuola. D'altra parte, facendo proprio un emendamento proposto dal PPE/DE, il Parlamento sottolinea «il rischio rappresentato da uno zelo eccessivo» per quanto concerne la lotta all'obesità e, in proposito, ritiene che i buoni esempi debbano essere dati ai bambini e agli adolescenti che sono sensibili alle pressioni dei coetanei, «onde evitare ulteriori disordini dell'alimentazione, come l'anoressia nervosa e la bulimia». In tale contesto, è quindi precisato, i professionisti del settore sanitario devono avere un ruolo importante nel promuovere i benefici che una dieta equilibrata e un'attività fisica regolare possono avere per la salute e nell'individuare eventuali rischi. Gli Stati membri sono quindi invitati a promuovere la professione del nutrizionista mediante il reciproco riconoscimento delle qualifiche professionali e la definizione delle condizioni di accesso a tale professione e garantendo una formazione professionale scientifica. Rilanciare il consumo di frutta e verdura, no alla "fat tax" Dicendosi fortemente preoccupato per la diminuzione del consumo di frutta e verdura in Europa, il Parlamento considera «indispensabile» una riforma dell'Organizzazione comune dei mercati dei prodotti ortofrutticoli che preveda, tra l'altro, «obiettivi di rilancio del consumo di questo tipo di alimenti ad elevato valore dietetico». Di fronte al calo del tenore nutritivo di frutta e verdura prodotte in Europa, inoltre, chiede alla Commissione e al Consiglio di adottare le misure necessarie, nell'ambito della revisione della politica agricola comunitaria nel 2008, in modo da considerare il valore nutritivo degli alimenti un criterio importante. In quella sede, occorrerà poi migliorare la qualità della produzione alimentare e fornire incentivi ad una sana alimentazione nel quadro delle politiche di sviluppo rurale. Auspicando poi una maggiore coerenza tra la politica agricola comune e le politiche sanitarie avviate dall'UE, il Parlamento chiede alla Commissione di controllare rigorosamente che le sovvenzioni europee concesse ad alcuni settori industriali «non servano in alcun caso a finanziare campagne promozionali che presentino in una luce favorevole prodotti altamente calorici». D’altra parte, i deputati si dicono convinti che una politica di incentivi - riduzione dei prezzi, alleggerimento fiscale e altri tipi di sovvenzioni - sia preferibile ad un sistema di tassazione maggiorata dei prodotti calorici ("fat tax") che, in ultima analisi, «penalizzerebbe le famiglie europee a più basso reddito». Più in generale, invitano la Commissione a proporre un quadro politico e regolamentare che metta a disposizione le migliori fonti di sostanze nutritive e altri componenti alimentari benefici e consenta ai consumatori europei di raggiungere e mantenere un'alimentazione ottimale. Integrare l'alimentazione e l'attività fisica nelle altre politiche comunitarie Considerando essenziale che la promozione di un'alimentazione sana e dell'attività fisica costituisca una priorità politica anche nell’ambito della politica agricola, dei trasporti, dell’occupazione, della ricerca, dell’istruzione e dello sport, la relazione invita la Commissione ad effettuare valutazioni d'impatto delle relative politiche proposte onde determinarne l'incidenza sulla salute pubblica e gli obiettivi nutrizionali. I deputati, inoltre, ritengono essenziale rendere permanenti le dotazioni di bilancio del Programma di azione comunitaria nel settore della sanità pubblica e suggeriscono di utilizzare i fondi strutturali anche per investimenti in infrastrutture che favoriscano l'attività fisica, i trasporti sicuri e i giochi all'aria aperta. Chiedono poi che, nell'ambito del settimo Programma quadro di Ricerca e sviluppo, la lotta contro l’obesità continui non solo a beneficiare della cooperazione transnazionale tra ricercatori nel settore tematico dell'alimentazione, dell'agricoltura e della biotecnologia, ma possa anche essere oggetto di una ricerca comune a più discipline. Link utili
Libro Verde della Commissione "Promuovere le diete sane e
l'attività fisica: una dimensione europea nella prevenzione di
sovrappeso, obesità e malattie croniche" Riferimenti Frédérique RIES (ALDE/ADLE, BE) |
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Donne in carriera: aiutare le madri e riconoscere la professionalità Il Parlamento chiede maggiore impegno per promuovere le pari opportunità delle donne nella società, anche grazie all'istruzione. Sono quindi sollecitate misure per incentivare le madri a proseguire gli studi, per eliminare ogni discriminazione - anche salariale - nelle carriere e per conciliare meglio vita familiare e professionale. Va poi garantita un'adeguata istruzione alle immigrate, rifiutando ogni relativismo culturale e religioso che possa violare i loro diritti fondamentali. «L'istruzione e la formazione di ragazze e donne è un diritto umano e un elemento essenziale per il pieno godimento di tutti gli altri diritti sociali, economici, culturali e politici». E' quanto afferma il Parlamento con la relazione di Věra FLASAROVÁ (GUE/NGL, CZ), sottolineando che, in Europa, nei settori dell'istruzione e della ricerca, seppure il numero di donne diplomate (59%) sia superiore a quello degli uomini, la loro presenza diminuisce costantemente man mano che avanzano nella carriera. «La cura della casa e della famiglia spettano ancora in ampia misura alle donne» - continua la relazione - «di conseguenza il tempo a loro disposizione per un'ulteriore formazione e per l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita è limitato». Per tale ragione, il Parlamento invita gli Stati membri a facilitare l'accesso all'istruzione per le donne e gli uomini che si occupano dei figli, e per i genitori che hanno interrotto il processo di ottenimento di una qualifica per avere figli. Inoltre, raccomanda agli Stati membri di adeguare i loro programmi di studio alle esigenze dei giovani che hanno un'occupazione e delle persone, in particolare ragazze e donne, che si occupano di figli piccoli o sono in congedo di maternità. Approvando la riforma del sistema universitario realizzata a seguito della Strategia di Lisbona che fornisce alle giovani donne la possibilità di proseguire la loro istruzione attraverso l'apprendimento continuo, i deputati raccomandano agli Stati membri di elaborare programmi più flessibili per l'istruzione e l'apprendimento. Così, infatti, anche le madri e le donne che lavorano possono avere la possibilità di proseguire la loro istruzione nell'ambito di programmi che si adattino ai loro orari. Inoltre, la relazione sottolinea la necessità di rivedere i piani di studio a tutti i livelli d'istruzione e il contenuto dei libri di testo, verso un orientamento più soddisfacente dei requisiti di una politica di genere equilibrata. Il Parlamento ricorda inoltre che persiste un divario tra le retribuzioni femminili e maschili. Le donne, infatti, guadagnano mediamente il 15% in meno degli uomini e ciò, per i deputati, è dovuto «sia al mancato rispetto della legislazione sulla parità retributiva, sia ad una serie di disuguaglianze strutturali quali, ad esempio, segregazione del mercato del lavoro, differenze negli schemi lavorativi, accesso all'istruzione e alla formazione, sistemi impari di valutazione e di retribuzione nonché stereotipi». D'altra parte, chiedono agli Stati membri di favorire l'accesso delle donne a posizioni di responsabilità e a livello decisionale in imprese pubbliche e private, prestando un'attenzione particolare ai posti accademici. E' infine evidenziato il problema delle donne appartenenti a minoranze nazionali, in particolare alla minoranza Rom, e ai gruppi di immigrati. Contro questa doppia discriminazione, i deputati chiedono a Consiglio, Commissione e Stati membri di adottare tutte le misure necessarie per tutelare i diritti di queste donne e per combattere le discriminazioni cui esse devono far fronte nella loro comunità d'origine «rifiutando qualsiasi forma di relativismo culturale e religioso suscettibili di violare i diritti fondamentali delle donne». Background Nel 2004 otto studentesse su dieci in istituti di istruzione superiore degli Stati membri dell’UE hanno completato gli studi. Si tratta di un numero più elevato rispetto a quello dei ragazzi, che corrisponde soltanto a tre quarti del totale. Secondo dati statistici pubblicati dal Ministero dell'Istruzione, anche in Italia le ragazze sembrano avere minori difficoltà: quelle che portano a termine le scuole secondarie superiori sono il 76% di quante avevano cominciato il percorso (nove punti percentuali in più rispetto ai loro compagni). Le donne diplomate superano gli uomini (57,2%), ma risultano le più penalizzate nella ricerca di un’occupazione, qualunque sia il titolo di studio acquisito. In genere, il numero di donne e ragazze che proseguono gli studi o che sono impegnate in una carriera accademica è in diminuzione. Il tasso di conseguimento di un diploma, calcolato in accordo con gli standard internazionali, vede il nostro Paese posizionarsi al di sopra di Spagna e Svezia ed ex aequo con la Francia (82%). In Europa, la percentuale femminile nell’istruzione di livello universitario è del 59% rispetto al 41% di quella maschile, solo il 43% di coloro cui vengono conferiti titoli dottorali e il 15% di coloro cui vengono conferiti titoli professionali è costituito da donne. In Italia, il numero di donne laureate ogni 100 laureati è 57, raggiungono la maggioranza tra gli studenti fuori corso, e tra i laureati stranieri (provenienti soprattutto da paesi europei) il 62,4% è donna. Le retribuzioni dei laureati sono il punto dolente del nostro Paese. L'incremento di reddito che in Italia fanno registrare i trenta-quarantenni con una laurea, rispetto ai coetanei con il solo diploma di scuola secondaria, è infatti più contenuto che negli altri Paesi. Per quanto riguarda le donne, nella fascia di età 30-44 anni, queste fanno in generale registrare retribuzioni inferiori a quelle degli uomini. Da dati OCSE relativi al 2001, con una retribuzione per le laureate pari al 67% di quella maschile, l’Italia si colloca davanti a Regno Unito (66%), Germania (59%) e USA (58%), ma dietro alla Spagna (79%), al Portogallo (75%), all'Irlanda e alla Francia (69%). Link utili
Comunicazione della Commissione - Una strategia quadro per la
non discriminazione e le pari opportunità per tutti Riferimenti Věra FLASAROVÁ (GUE/NGL, CZ) |
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Verso uno statuto europeo delle PMI Il Parlamento sollecita la definizione di uno statuto della società privata europea (SPE) al fine, soprattutto, di agevolare le piccole e medie imprese europee nelle loro attività transfrontaliere. Al riguardo formula una serie di raccomandazioni che riguardano, tra le altre cose, la strutturazione della forma societaria, il capitale iniziale, l'organizzazione e le responsabilità degli amministratori. Per i deputati, alle SPE dovrebbe applicarsi in via esclusiva la normativa UE. L’esigenza di uno statuto della società privata europea è stata di recente espressa in occasione di un’audizione della commissione giuridica del Parlamento, che ha avuto luogo il 22 giugno 2006. Secondo i deputati, questo statuto potrebbe infatti offrire alle piccole e medie imprese europee una forma giuridica societaria capace di agevolare le loro attività transfrontaliere. Adottando la relazione di Klaus-Heiner LEHNE (PPE/DE, DE), il Parlamento chiede alla Commissione europea di sottoporre al Parlamento, nel corso del 2007, una proposta legislativa sullo statuto della SPE che sia in linea con una serie di raccomandazioni indicate dai deputati. La relazione puntualizza che, mentre la società europea per azioni (SE) interessa il segmento delle grandi società di capitali, la SPE si rivolge alle piccole e medie imprese. Secondo i deputati la fase di elaborazione della statuto della SE si è rivelata lunga e complicata, e il mercato non ha ancora adottato tale modello quale forma giuridica per le società per azioni. A loro parere, uno dei motivi di tale situazione è che la SE non rappresenta una forma giuridica unitaria a livello europeo, ma i molteplici rinvii al diritto nazionale l’hanno resa «un’opera incompiuta, aumentando l’incertezza giuridica e determinando ripercussioni negative sui costi». Lo statuto della SPE, secondo i deputati, dovrebbe evitare tali inconvenienti. In merito alla strutturazione della forma societaria, il Parlamento ritiene che lo statuto della SPE dovrebbe «contenere il più possibile norme comunitarie, rinunciare a riferimenti alle legislazioni nazionali ed essere pertanto ideato come uno statuto uniforme ed organico». Raccomanda, quindi, che alla SPE siano applicate, «in via esclusiva», le disposizioni di diritto societario previste dal regolamento sullo statuto della SPE, sottraendo i settori di diritto societario disciplinati in tale regolamento dalla sfera normativa degli Stati membri. Ciò - è spiegato - vale in particolare per la natura giuridica, la capacità giuridica e la capacità d'agire, la costituzione, la trasformazione e lo scioglimento, la denominazione o la ragione sociale e per quanto riguarda la governance in generale. Riguardo alle modalità di costituzione, il Parlamento ritiene che la SPE dovrebbe poter essere creata ex-novo, o a partire da una società esistente, o a seguito di una fusione tra società o ancora nell'ambito di una società sussidiaria comune. Inoltre, la società privata europea dovrebbe poter essere trasformata in società europea. Il capitale iniziale della SPE, suggerisce poi il Parlamento, dovrebbe essere ripartito in quote, con un determinato valore nominale, mentre il capitale minimo dovrebbe essere pari a 10.000 euro. E' anche precisato che tale capitale minimo, determinando l'entità della responsabilità dei soci, non deve essere necessariamente versato. Il Parlamento propone poi che la SPE abbia almeno un amministratore e che gli amministratori vengano nominati con decisione dei soci o nell'Atto costitutivo. Su di essi, inoltre, non deve gravare alcuna interdizione emessa da un tribunale o da un'autorità amministrativa di uno Stato membro all'assunzione di questa funzione. L'amministratore o gli amministratori, è anche raccomandato, devono essere responsabili singolarmente o come debitori solidali nei confronti della società, di tutti gli atti contrari alle disposizioni di diritto civile o penale applicabili alla società. E' poi precisato che gli organi societari dovrebbero essere responsabili come debitori solidali per il danno che viene causato alla SPE in caso di riduzione del capitale. In materia di rendicontazione, il Parlamento ritiene che la SPE dovrebbe sottostare alle norme armonizzate di rendiconti annuali contenute in due direttive comunitarie. Sulla possibilità di trasformazione, raccomanda che a una SPE sia consentito di procedere a fusioni, trasferimento di sede, scissione e cambiamento di forma in una società anonima europea, sempre nell'ambito di una legislazione comunitaria già armonizzata. Dovrebbe inoltre essere consentita la trasformazione di società nazionali in SPE, «mantenendo i vigenti diritti dei lavoratori». Infine, l'ultima raccomandazione riguarda gli amministratori delle SPE, i quali dovrebbero essere tenuti, in presenza di uno stato di insolvenza, a sollecitare «senza colpevoli esitazioni» (entro e non oltre tre settimane) l'avvio di una procedura fallimentare. In caso di inadempimento a tale obbligo, secondo i deputati, dovrebbero rispondere direttamente ed in solido ai creditori che abbiano subito un danno. Background di procedura Secondo l'art. 39 del regolamento del Parlamento, quest'ultimo può chiedere alla Commissione di presentargli ogni adeguata proposta per l'adozione di nuovi atti o la modifica di atti esistenti (ai sensi dell'articolo 192.2 del trattato CE), approvando una risoluzione sulla base di una relazione di iniziativa della commissione competente. La risoluzione deve essere approvata a maggioranza dei deputati che compongono il Parlamento (393 voti). Il Parlamento può nel contempo stabilire un termine per la presentazione di tale proposta. Prima di avviare la procedura, la commissione competente deve accertare che nessuna proposta del genere sia in fase di preparazione, in quanto i preparativi di tale proposta non sono iniziati o sono indebitamente ritardati. Riferimenti Klaus-Heiner LEHNE (PPE/DE,
DE) |
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Rinnovo delle commissioni parlamentari e elezione degli uffici di Presidenza Nell'ambito del consueto turn over che si realizza ogni metà legislatura, il Parlamento ha adottato una decisione sulla composizione delle commissioni parlamentari e delle sottocommissioni. A margine della Plenaria, ogni commissione ha poi eletto il proprio Presidente e i quattro vicepresidenti. Due sono i deputati italiani che hanno ottenuto la presidenza e nove quelli che sono stati eletti vicepresidenti. Sulla base di una proposta della Conferenza dei Presidenti dei gruppi politici, il Parlamento ha approvato la composizione nominativa delle venti commissioni permanenti e delle due sottocommissioni. Le riunioni costitutive di questi organi parlamentari, ossia l'elezione del Presidente e dei quattro vicepresidenti di ogni commissione, hanno avuto luogo a margine della seduta il 31 gennaio e il 1° febbraio. Segue l'elenco dei Presidenti e dei Vicepresidenti, nonché dei deputati italiani membri titolari e sostituti delle diverse commissioni. Commissione per gli affari esteri (86 membri) Presidente: Jacek SARYUSZ-WOLSKI (PPE/DE, PL)
Commissione per lo sviluppo (36 membri) Presidente: Josep BORRELL FONTELLES (PSE, ES)
Commissione per il commercio internazionale (33 membri) Presidente: Helmuth MARKOV (GUE/NGL, DE)
Commissione per i bilanci (50 membri) Presidente: Reimer BÖGE (PPE/DE, DE)
Commissione per il controllo dei bilanci (40 membri) Presidente: Herbert BÖSCH (PSE, AT)
Commissione per i problemi economici e monetari (51 membri) Presidente: Pervenche BERÈS (PSE, FR)
Commissione per l'occupazione e gli affari sociali (52 membri) Presidente: Jan ANDERSSON (PSE, SE)
Commissione per l'ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare (68 membri) Presidente: Miroslav OUZKÝ (PPE/DE, CZ)
Commissione per l'industria, la ricerca e l'energia (54 membri) Presidente: Angelika NIEBLER (PPE/DE, DE)
Commissione per il mercato
interno e la protezione dei consumatori Presidente: Arlene MCCARTHY (PSE, UK)
Commissione per i trasporti e il turismo (51 membri) Presidente: Paolo COSTA (ALDEADLE, IT)
Commissione per lo sviluppo regionale (57 membri) Presidente: Gerardo GALEOTE (PPE/DE, ES)
Commissione per l'agricoltura e lo sviluppo rurale (47 membri) Presidente: Neil PARISH (PPE/DE, UK)
Commissione per la pesca (40 membri) Presidente: MORILLON (ALDE/ADLE, FR)
Commissione per la cultura e l'istruzione (38 membri) Presidente: Nikolaos
SIFUNAKIS (PSE, EL)
Commissione giuridica (28 membri) Presidente: Giuseppe GARGANI (PPE/DE, IT)
Commissione per le libertà
civili, la giustizia e gli affari interni Presidente: Jean-Marie CAVADA (ALDE/ADLE, FR)
Commissione per gli affari costituzionali (29 membri) Presidente: Jo LEINEN (PSE, DE)
Commissione per i diritti
della donna e l'uguaglianza di genere Presidente: Anna ZÁBORSKÁ (PPE/DE, SK)
Commissione per le petizioni (40 membri) Presidente: Marcin LIBICKI (UEN, PL)
Sottocommissione per i diritti dell'uomo (36 membri) Presidente: Hélène FLAUTRE (Verdi/ALE, FR)
Sottocommissione per la sicurezza e la difesa (36 membri) Presidente: Karl VON WOGAU
(PPE/DE, DE)
Link utili Sito delle commissioni parlamentari Riferimenti Proposte della Conferenza dei presidenti -
Nomine nelle commissioni parlamentari |
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Il Presidente Peottering ha voluto rendere omaggio a Hrant Dink, il giornalista turco di origini armene ucciso il 19 gennaio scorso a Instanbul. Il Presidente ha reso omaggio a Hrant Dink, il giornalista turco di origini armene ucciso a Istanbul il 19 gennaio scorso. Molto attivo sulla questione armena, ha ricordato il Presidente, era stato spesso attaccato dai nazionalisti ed anche accusato dalla giustizia turca. Accogliendo con favore la determinazione annunciata dal governo turco riguardo alla ricerca del colpevole, il Presidente ha sottolineato che al funerale del giornalista, oltre alle migliaia di persone presenti, ha partecipato anche una delegazione del Parlamento europeo. Questo triste avvenimento, ha auspicato il Presidente, dovrebbe portare il governo turco a portare avanti le riforme giudiziarie tese a una migliore tutela della libertà di espressione. L'Aula ha quindi osservato un minuto di silenzio. I testi di tutti i documenti approvati sono reperibili sul sito del Parlamento europeo. |
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Ordine del giorno 12 - 15 febbraio 2007 Strasburgo Lunedì 12 febbraio 2007 (17:00 - 22:00)
Martedì 13 febbraio 2007 (10:00 - 11:50)
(12:00 – 13:00) Votazione
(15:00 - 17:30)
(17:30 - 19:00)
(21:00 - 24:00)
Mercoledì 14 febbraio 2007 (9:00 - 11:20)
(11:30 - 12:00)
(12:00 - 12:30)
(12:30 - 13:00) Seguito della votazione (15:00 – 18:00, 21:00 – 24:00)
Giovedì 15 febbraio 2007 (10:00 - 11:50, 15:00 – 16:00)
(12:00 - 13:00) Votazione
(16:00 – 17:00)
(17::00) Votazione
L'ordine del giorno può subire modifiche. |
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Codici delle procedure parlamentari
Abbreviazioni
Gruppi politici
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