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RASSEGNA
24 - 27 settembre 2007
Strasburgo
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Sommario
DIRITTI UMANI
IMMIGRAZIONE
DIRITTI DELLA DONNA/PARI OPPORTUNITÀ
CONSUMATORI
SANITÀ PUBBLICA
TRASPORTI
LIBERA CIRCOLAZIONE DEI SERVIZI
RICERCA E INNOVAZIONE
RELAZIONI ESTERNE
ENERGIA
AFFARI COSTITUZIONALI
AGRICOLTURA
ISTITUZIONI ORDINE DEL GIORNO 10 - 11 OTTOBRE 2007 CODICI DELLE PROCEDURE PARLAMENTARI, ABBREVIAZIONI, GRUPPI POLITICI DEPUTATI AL PARLAMENTO EUROPEO
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Promuovere la moratoria universale sulla pena di morte Il Parlamento esorta la Presidenza e gli Stati membri UE a presentare una risoluzione sulla moratoria in materia di pena di morte all'Assemblea generale delle Nazioni Unite, affinché sia adottata entro la fine dell'anno. Reitera inoltre il proprio appello a coinvolgere quanti più paesi possibile nella sponsorizzazione della risoluzione. Sostiene poi la proclamazione della Giornata europea contro la pena di morte e invita il futuro governo polacco a sostenere pienamente questa iniziativa. Con 504 voti favorevoli, 45 contrari e 14 astensioni, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione - sostenuta da PPE/DE, PSE, ALDE, Verdi/ALE, GUE/NGL e, a titolo individuale, da Roberta ANGELILLI (UEN, IT) - con la quale ricorda che la Presidenza dell'UE ha ricevuto il mandato dal Consiglio di elaborare e presentare, in cooperazione con l'Italia, il testo su una moratoria internazionale in materia di pena di morte da trasmettere all'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Nel sottolineare che, a tutt'oggi, non è stata presentata alcuna risoluzione, esorta la Presidenza e gli Stati membri UE a presentarne una all'apertura della 62ª Assemblea generale delle Nazioni Unite, «affinché essa sia adottata entro la fine di quest'anno». Il Parlamento, inoltre, ribadisce che «il principale contenuto politico della risoluzione» deve essere l'adozione di una moratoria universale «quale passo cruciale verso l'abolizione della pena di morte». Reitera quindi il proprio appello alla Presidenza UE a coinvolgere quanti più paesi possibile nella sponsorizzazione della risoluzione e invita il Consiglio e la Commissione a sostenere la formazione di coalizioni regionali abolizioniste e favorevoli alla moratoria. Occorre inoltre incoraggiare quei paesi che non lo hanno ancora fatto a firmare e ratificare il Secondo protocollo opzionale al Patto internazionale sui diritti civili e politici e il Protocollo n. 13 alla Convenzione europea sui diritti dell'uomo in materia di pena di morte. Il Parlamento ribadisce poi «il suo pieno sostegno» alle istituzioni e agli Stati membri UE per dichiarare, insieme al Consiglio d'Europa, il 10 ottobre di ogni anno "Giornata europea contro la pena di morte". In proposito, deplora la mancanza di unanimità in seno al Consiglio al riguardo e «invita il futuro governo polacco a sostenere pienamente questa iniziativa che rispecchia valori fondamentali dell'Unione europea». D'altra parte, invita tutte le istituzioni e gli Stati membri dell'UE, insieme al Consiglio d'Europa, a continuare a sostenere tale azione ed incarica il suo Presidente di promuovere questa iniziativa politica. Durante il dibattito in Aula (25/9/2007) sono intervenuti i seguenti deputati italiani: Marco PANNELLA (ALDE/ADLE, IT), Monica FRASSONI (Verdi/ALE, IT), Luisa MORGANTINI (GUE/NGL, IT) e Pasqualina NAPOLETANO (PSE, IT). Link utili
Resoconto stenografico del dibattito in Aula (25/9/2007) Riferimenti Risoluzione comune sulla moratoria universale
in materia di pena di morte |
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Birmania: liberare Aung San Suu Kyi e i prigionieri politici Il Parlamento plaude alla coraggiosa azione dei monaci birmani, condanna la repressione delle manifestazioni e chiede il rilascio del Premio Sacharov 1990 Aung San Suu Kyi e degli altri prigionieri politici. Esprimendo orrore per l'uccisione di manifestanti pacifici, auspica la fine del regime repressivo e il ripristino della democrazia sotto l'egida dell'ONU. Criticando il veto cinese e russo all'ONU, sollecita l'UE a definire sanzioni economiche mirate e a sostenere i movimenti democratici. Con 563 voti favorevoli, 3 contrari e 4 astensioni, il Parlamento ha adottato una risoluzione sostenuta da tutti i gruppi (eccetto IND/DEM e ITS) che plaude «alla coraggiosa azione dei monaci birmani e di decine di migliaia di altri manifestanti pacifici contro il regime antidemocratico e repressivo al potere nel Myanmar» e condanna fermamente «la risposta brutale delle autorità birmane». Ribadisce quindi la richiesta di rilasciare immediatamente la signora Aung San Suu Kyi - già vincitrice del Premio Sacharov per la libertà di pensiero attribuitole dal Parlamento nel 1990 - e di accordarle la piena libertà di movimento e di espressione. Il Parlamento, inoltre, «esprime orrore per l'uccisione di manifestanti pacifici», insiste affinché le forze di sicurezza tornino in caserma e chiede di riconoscere la legittimità delle richieste che vengono avanzate per l'assistenza medica internazionale ai feriti nonché di rilasciare i manifestanti arrestati ed altri prigionieri politici. Sollecita poi la fine «dell'attuale processo costituzionale illegittimo» e la sua sostituzione con una Convenzione nazionale pienamente rappresentativa. In proposito, critica il veto cinese e russo su una dichiarazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che condanni l'uso brutale della forza contro dimostranti pacifici da parte del regime «che impedisce alla comunità internazionale di agire» e invita il Consiglio di sicurezza a incaricare il Segretario Generale dell'ONU di avviare un'azione volta ad agevolare la riconciliazione nazionale e una transizione alla democrazia in tale paese. Invita inoltre il Consiglio di sicurezza a garantire che l'Inviato speciale delle Nazioni Unite, Ibrahim Gambari, «possa svolgere al più presto la sua prevista visita nel Myanmar e goda d'illimitata libertà di movimento e di accesso». I deputati invitano poi il Consiglio dell'Unione europea a mettersi urgentemente in contatto con gli Stati Uniti, l'ASEAN e altri membri della comunità internazionale al fine di preparare una serie coordinata di misure addizionali, «comprese sanzioni economiche mirate», da adottare contro il regime al potere nel Myanmar «qualora faccia ricorso alla violenza e non reagisca alla richiesta di ripristinare la democrazia». Alla Commissione europea è invece chiesto di mettere a disposizione i mezzi opportuni nel quadro dello Strumento per la democrazia e i diritti dell'uomo, al fine di sostenere attivamente il movimento a favore della democrazia e le ONG che si adoperano per il ripristino del buon governo nel Myanmar. Link utili Risoluzione del Parlamento europeo sulla Birmania (6/9/2007) Riferimenti Risoluzione comune sulla Birmania (Myanmar) |
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Aprire canali di immigrazione legale per lottare contro quella clandestina Il Parlamento sollecita una direttiva che fissi un quadro comune di diritti e obblighi dei lavoratori immigrati. Sostiene poi ogni misura per attirare lavoratori qualificati, nei limiti stabiliti dai singoli Stati, inclusa la creazione di un permesso di lavoro UE (Carta blu). Ma esprime perplessità sul rilevamento dei dati biometrici. Chiede anche attenzione per i lavoratori stagionali e, rilevando la responsabilità di media e politici, misure per agevolare l'integrazione. Adottando con 557 voti favorevoli, 101 contrari e 22 astensioni la relazione di Lilli GRUBER (PSE, IT), il Parlamento osserva anzitutto che, secondo Eurostat, il numero di cittadini di paesi terzi soggiornanti legalmente nei 27 Stati membri dell'Unione europea ammonta a circa 18,5 milioni (mentre circa 9 milioni di cittadini dell'Unione risiedono in Stati membri diversi dal proprio). E' quindi necessario un approccio globale e coerente in materia d'immigrazione a livello europeo, «poiché una modifica della politica d'immigrazione in uno Stato membro influenza i flussi migratori e l'evoluzione in altri Stati membri». A tale proposito, i deputati si compiacciono del piano d'azione sull'immigrazione legale presentato dalla Commissione. Anche perché, a loro parere, «l'apertura di canali di immigrazione legale contribuirà alla lotta a quella illegale e al traffico di esseri umani», dal momento che i due fenomeni sono strettamente legati. Notano peraltro che i controlli cui è soggetta l'immigrazione legale «sono sempre più severi», e che è quindi «sbagliato far credere che l'immigrazione non sia controllata». Favorevoli alla definizione di condizioni di ingresso e di soggiorno per altre categorie di immigrati economici, compresi i lavoratori non o scarsamente qualificati, i deputati chiedono alla Commissione di procedere ad una previsione a breve e a medio termine del fabbisogno di manodopera supplementare nei vari Stati membri. Tali stime dovrebbero anche tener conto degli immigrati non economici, dei profughi e delle persone che necessitano di un regime di protezione sussidiaria, nonché delle persone che beneficiano del ricongiungimento familiare. Il Parlamento giudica poi «indispensabile» l'adozione di una direttiva quadro generale volta a garantire, ai cittadini di paesi terzi impiegati legalmente in uno Stato membro, «un quadro comune di diritti corredato da un certo numero di obblighi da rispettare». In proposito, ricorda tuttavia la necessità di evitare una gerarchia dei diritti tra le diverse categorie di lavoratori e di proteggere in particolare i lavoratori stagionali e i tirocinanti retribuiti. Approvando inoltre l'idea di un'unica richiesta per un permesso combinato soggiorno/lavoro, i deputati ritengono che la direttiva debba includere proposte che consentano ai migranti di cambiare status o lavoro, pur restando nell'UE. D'altra parte, si interrogano sul riferimento, nel piano d'azione, al rilevamento dei dati biometrici "più avanzati" e, al riguardo, giudicano indispensabile che, in ogni caso, siano «rispettati i principi di proporzionalità e di finalità». Nel concordare, inoltre, sulla necessità di un riconoscimento reciproco dei titoli di studio, ritengono che debbano essere individuate misure volte ad appurare se esiste la possibilità per gli immigrati, al momento del ritorno nel paese d'origine, di trasferire i propri diritti pensionistici e i diritti sociali connessi al lavoro svolto e per i quali è stati chiesto loro di versare contributi. Accogliendo favorevolmente la comunicazione della Commissione sulla migrazione circolare e i partenariati per la mobilità tra l'Unione europea e i paesi terzi, i deputati concordano sulla necessità di evitare gli effetti dannosi della "fuga di cervelli", stimolando invece la "circolazione dei cervelli". Nel sottolineare inoltre l'importanza di istituire relazioni di lavoro stabili e basate sul diritto tra imprese e lavoratori, appoggiano l'idea di prevedere visti di lunga durata per ingressi multipli, nonché la possibilità per gli ex immigrati di ottenere prioritariamente un nuovo permesso di soggiorno in vista di un'ulteriore occupazione temporanea. Il Parlamento appoggia ogni misura volta ad aumentare l'attrattiva dell'Unione agli occhi dei lavoratori maggiormente qualificati, al fine di soddisfare le esigenze del mercato del lavoro europeo. Suggerisce, a tal fine, alla Commissione e agli Stati membri di individuare modalità volte ad accordare immediatamente a tali lavoratori il diritto di circolare liberamente nell'UE e a consentire loro di restare nell'Unione per un periodo di tempo limitato dopo la scadenza del loro contratto di lavoro o dopo un licenziamento, al fine di cercare un'altra occupazione. Sostiene, quindi, ogni misura di semplificazione che agevoli l'entrata di questi lavoratori, «pur lasciando che la definizione delle esigenze specifiche e delle quote in materia di immigrazione economica sia di competenza dello Stato membro». Si dice inoltre favorevole alla creazione di un permesso di lavoro UE (la cosiddetta "Carta blu") «per facilitare la libera circolazione dei "cervelli" in Europa nonché i trasferimenti di personale in seno alle multinazionali». Per chi è in ricerca di un lavoro, invece, chiede alla Commissione di presentare uno studio completo sulla possibile attuazione di un sistema di carta blu. Nel rilevare poi che i lavoratori stagionali di paesi terzi «apportano un contributo essenziale a settori come l'agricoltura, l'edilizia e il turismo», il Parlamento sottolinea la crescente importanza che l'occupazione irregolare in questi settori riveste in diversi Stati membri e si compiace quindi per la proposta di direttiva che introduce sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente nell'UE. Nel contempo, evidenzia «l'importanza cruciale che, nel settore del lavoro stagionale, rivestono la flessibilità e la rapidità delle procedure di assunzione». I lavoratori stagionali che rispettano le norme stabilite per questo tipo di migrazione debbono quindi beneficiare di un accesso prioritario alle altre forme d'immigrazione legale. D'altro lato, i deputati giudicano necessaria una definizione precisa della categoria dei tirocinanti retribuiti (limite d'età, competenza linguistica, periodo massimo di tirocinio, possibilità di conversione di tale status in un permesso di soggiorno di altro tipo, ecc.) nonché l'istituzione di controlli volti ad evitare eventuali abusi di tale status. Propongono poi che ai tirocinanti retribuiti sia rilasciato un permesso di soggiorno europeo da 6 a 12 mesi. In materia di integrazione, il Parlamento ritiene opportuno elaborare un vademecum dei diritti e dei doveri dei lavoratori migranti «per agevolarne la partecipazione alla vita economica, sociale e politica». In proposito, sottolinea come la scuola sia «un luogo fondamentale per il dialogo interculturale». Sollecita poi la Commissione a promuovere il lavoro delle organizzazioni della società civile «a favore della coesistenza multiculturale, del rispetto reciproco e dell'educazione alla pace e alla non-violenza». Ritiene inoltre indispensabile informare gli interessati, prima della loro partenza, in merito alle condizioni e alle possibilità di immigrazione legale nell'Unione e, a tal fine, appoggia la creazione a breve termine di un portale europeo dell'immigrazione su Internet. Sostiene poi i progetti volti a istituire corsi di formazione e di lingue nei paesi di origine per aiutare i migranti a specializzarsi e a meglio rispondere alle necessità di lavoro nell'Unione. Considerando che in qualche decennio l'immigrazione è diventata «un tema di estrema delicatezza politica, che può facilmente essere sfruttato a fini demagogici e populisti», il Parlamento sottolinea infine che gli esponenti politici, a tutti i livelli, «dovrebbero essere consapevoli della loro responsabilità quanto all'utilizzo di un linguaggio corretto in tale ambito». Ed evidenzia la particolare responsabilità dei media, soprattutto dei servizi pubblici europei di radio e televisione, «ai fini della diffusione di un'immagine corretta dell'immigrazione e della lotta contro gli stereotipi». Con 317 voti favorevoli, 357 contrari e 8 astensioni, il Parlamento ha respinto un emendamento suggerito da PPE/DE e UEN che ricordava come gli stessi cittadini dell'UE che intendano soggiornare per più di tre mesi in uno Stato membro diverso da quello di origine debbano, in forza alla normativa comunitaria, «disporre di adeguate risorse economiche» per il sostentamento proprio e della famiglia, «pena l'allontanamento». Un cittadino UE, era anche precisato, può essere allontanato da uno Stato membro «per ragioni di salute pubblica, sicurezza pubblica e condanne penali». Link utili
Comunicazione della Commissione sul piano d'azione
sull'immigrazione legale Riferimenti Dichiarazioni del Consiglio e della Commissione
- Immigrazione, in particolare gli eventi dell'estate e il ruolo di
Frontex |
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Immigrazione illegale: più controlli e rispetto dei diritti umani Un approccio di medio/lungo termine sui flussi migratori, centri di accoglienza temporanei più umani e cooperazione con i paesi terzi. E' quanto chiede il Parlamento europeo invocando più controlli alle frontiere, anche con pattuglie comuni di vigilanza nel Mediterraneo, e la registrazione automatizzata di ingressi e partenze. Occorre poi lottare contro la tratta degli esseri umani e il lavoro clandestino, attuare una politica di riammissione efficace ed evitare regolarizzazioni di massa. Approvando con 418 voti favorevoli, 81 contrari e 8 astensioni la relazione di Javier MORENO SÁNCHEZ (PSE, ES), il Parlamento nota anzitutto che, secondo stime piuttosto divergenti, il numero di cittadini di paesi terzi che soggiornano irregolarmente nell'Unione europea oscilla tra i 4,5 e gli 8 milioni di persone. Accoglie quindi con favore l’approccio della Commissione, in quanto ritiene che l'immigrazione costituisca una sfida a livello europeo e globale che esige una risposta della stessa dimensione. L'Unione, inoltre, deve dotarsi degli strumenti atti a cogliere la triplice opportunità - economica, demografica e sociale - che l'immigrazione potrebbe rappresentare per le nostre società. I deputati, d'altra parte ritengono «inappropriato» un approccio emergenziale alla questione dei flussi migratori, dal momento che questi rappresentano una realtà costante ormai da diversi anni «che richiede quindi un approccio a medio e lungo termine». L'Unione deve quindi condurre azioni coerenti sia all'interno sia all'esterno delle sue frontiere. Ritengono poi che sia responsabilità dei politici attuare una politica coerente ed efficace di lotta contro l'immigrazione clandestina e che qualsiasi misura di lotta contro l'immigrazione clandestina e di controllo delle frontiere esterne deve rispettare le garanzie e i diritti fondamentali delle persone. Il Parlamento, peraltro, sottolinea che gli immigrati irregolari «non devono essere assimilati a delinquenti». E, in proposito, si dice «sconvolto dalle condizioni inumane» di vari centri di detenzione per migranti e richiedenti asilo visitati dalla commissione parlamentare per le libertà pubbliche. Sottolinea pertanto che i centri di accoglienza temporanea per migranti irregolari «devono essere gestiti in modo compatibile con la protezione dei diritti fondamentali». Ribadisce poi la ferma opposizione all'ipotesi di creare centri di questo tipo all'esterno delle frontiere dell'Unione e nelle regioni d'origine dell'immigrazione. Il carattere multidimensionale dell'immigrazione, per i deputati, esige una stretta collaborazione con tutti i paesi terzi interessati, in particolare con quelli del Mediterraneo, dell'Africa sub-sahariana e asiatici, per quanto riguarda la gestione dei flussi migratori e il sostegno alla lotta contro l'immigrazione illegale. Il Parlamento sottolinea come esempio di buone pratiche la conclusione, da parte di alcuni Stati membri, di accordi di cooperazione che individuano il collegamento tra migrazione e sviluppo. Valuta inoltre positivamente l'avvio di un programma europeo sulla migrazione e lo sviluppo in Africa, avente uno stanziamento iniziale di 40 milioni di euro che, tra l'altro, ha permesso l'apertura del primo Centro di informazione e di gestione delle migrazioni nel Mali. Allo stesso tempo rileva l'importanza della cooperazione allo sviluppo quale mezzo per agire sulle cause profonde dei flussi migratori. I deputati sottolineano poi l'importanza del controllo delle frontiere nella lotta contro l'immigrazione clandestina, che dovrebbe realizzarsi «in uno spirito di condivisione delle responsabilità e di solidarietà tra Stati membri», garantendo anche «condizioni di accoglienza dignitose per le persone e nel pieno rispetto del diritto d'asilo e di protezione internazionale» (compreso il principio di non respingimento). FRONTEX deve quindi disporre delle risorse necessarie alle sue attività e dovrebbe stipulare accordi operativi con i paesi vicini dell'Unione e altri paesi terzi. Il Parlamento si compiace inoltre della creazione di squadre di intervento rapido alle frontiere (SIRF), e ricorda che ogni Stato membro è tenuto ad assicurare la presenza di una riserva di personale qualificato. Gli Stati membri dovrebbero poi istituire pattuglie comuni di vigilanza permanenti per tutto l'anno, coordinate da Frontex, in tutte le zone ad alto rischio e in particolare lungo le frontiere marittime, soprattutto quelle meridionali. Nel mandato di Frontex e delle squadre di intervento rapido alle frontiere marittime dell'UE, inoltre, andrebbe aggiunto il salvataggio dei migranti e richiedenti asilo in difficoltà e in pericolo di vita. In proposito, è ricordato l'obbligo di rispettare il diritto internazionale e gli obblighi internazionali in materia di ricerca e salvataggio delle persone in mare. Il Parlamento raccomanda poi il ricorso regolare al sistema d'informazione sui visti e l’applicazione, in futuro, di un sistema di registrazione automatizzata degli ingressi e delle partenze. In proposito, sottolinea anche la necessità di promuovere il rilascio di documenti d'identità sicuri nei paesi d'origine che facilitino l'identificazione degli immigrati clandestini che entrano nel territorio dell'Unione. Ricorda inoltre che lo sviluppo di strumenti biometrici per rafforzare la sicurezza e l'autenticità dei documenti, essenziale nella lotta contro la frode, l'immigrazione clandestina e il traffico di esseri umani, «facilita l'attraversamento delle frontiere da parte dei viaggiatori in buona fede e che esso deve avvenire nel rispetto della protezione dei dati». I deputati si dicono poi convinti che occorre prestare un'attenzione particolare alla lotta contro la tratta di esseri umani e alle vittime di tale traffico, in particolare le persone vulnerabili, le donne e i minori, «facendo della lotta contro i trafficanti una priorità dell'Unione». E' quindi giunta l'ora di fissare obiettivi «chiari e concreti», come quello di dimezzare il numero delle vittime nell'arco dei prossimi dieci anni. Ricordano inoltre che l'immigrazione clandestina comporta il trasferimento di enormi quantità di denaro nelle mani delle mafie implicate nella tratta di esseri umani - che si sono dimostrate più efficaci dell'azione comune europea - e fomenta la corruzione, la frode e lo sfruttamento dei lavoratori immigrati. Riguardo alla lotta contro il lavoro clandestino, accogliendo con favore la proposta di direttiva che introduce sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente nell'UE, il Parlamento invita l'Unione e gli Stati membri a introdurre una serie di sanzioni a carico degli imprenditori ed a potenziare le ispezioni sui luoghi di lavoro con risorse umane e materiali adeguati. Rileva poi l'utilità di campagne d'informazione rivolte a datori di lavoro e lavoratori, che richiamino l'attenzione sull'impatto negativo che il lavoro clandestino può avere sui regimi nazionali di sicurezza sociale, sulle finanze pubbliche, sulla concorrenza leale, sui risultati economici e sui lavoratori stessi. Per i deputati, inoltre, la regolarizzazione in massa degli immigrati clandestini dovrebbe costituire un evento isolato, «in quanto tale misura non risolve i reali problemi di fondo» e, spesso, indica «la mancanza di applicazione di misure adeguate atte ad affrontare un fenomeno che forma parte della società nella maggioranza degli Stati membri». Visto che tali regolarizzazioni possono ripercuotersi nel resto dell'Unione, i deputati auspicano una maggiore collaborazione e solidarietà tra gli Stati membri. Nel ricordare la responsabilità dei paesi d'origine e dei paesi di transito in materia di riammissione, la relazione incoraggia una politica europea di ritorno efficace e rispettosa della dignità e dell'integrità fisica delle persone. Una politica di rimpatrio efficace, infatti, costituisce uno dei fattori deterrenti nei confronti dell'immigrazione clandestina. Chiede inoltre che la proposta di direttiva in materia di rimpatrio sia adottata entro il 2007 e che le regole e le condizioni siano disciplinanti a livello europeo. La Commissione è poi chiamata a procedere ad una valutazione della politica di rimpatrio e a sviluppare, insieme con il Consiglio, accordi europei in materia di riammissione con i paesi terzi interessati. Infine, il Parlamento accoglie con favore le implicazioni istituzionali del progetto di riforma del trattato, in particolare l’estensione della procedura di codecisione e del voto a maggioranza qualificata a tutte le politiche di immigrazione, le precisazioni circa le competenze dell’UE in materia di visti e controlli alle frontiere, l’estensione delle competenze dell’UE in materia di asilo nonché di immigrazione legale e clandestina. Invita poi la Commissione e il Consiglio a partecipare ad una discussione annuale dinanzi al Parlamento sulla politica d'immigrazione dell'Unione europea, sulla base di un rapporto esaustivo sugli sviluppi dell’immigrazione in Europa, corredato di statistiche complete. Link utili
Comunicazione della Commissione sulle priorità politiche nella
lotta contro l'immigrazione clandestina di cittadini di paesi terzi Riferimenti Dichiarazioni del Consiglio e della Commissione
- Immigrazione, in particolare gli eventi dell'estate e il ruolo di
Frontex |
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Dibattito sull'immigrazione legale ed illegale Dichiarazione della Presidenza Manuel LOBO ANTUNES ha esordito sostenendo che la comunicazione della Commissione del dicembre 2005 rappresenta il quadro essenziale per rispondere alla sfida dell'immigrazione con un approccio globale, equilibrato e coerente. Un approccio globale, ha aggiunto, giustificato anche dagli avvenimenti di questa estate alle frontiere meridionali dell'UE. Occorre quindi lottare contro l'immigrazione clandestina e cogliere le opportunità dell'immigrazione legale. Questi, ha insistito, sono «due obiettivi inseparabili». Ha quindi accennato al rafforzamento del controllo realizzato alle frontiere marittime meridionali, all'aiuto bilaterale tra gli Stati membri e alla cooperazione con i paesi terzi vicini, di origine o di transito, nonché alle operazioni di salvataggio. Ha poi sostenuto la necessità di rafforzare Frontex, che ha un ruolo sempre più importante nel controllo alle frontiere, e che in soli due anni ha sviluppato le sue capacità operative. Sottolineando le operazione congiunte realizzate, ha posto sull'accento sull'importanza della rete di pattugliamento che integrerà i sistemi di controllo, nonché sui gruppi di intervento rapido che hanno il compito di venire in aiuto degli Stati membri che devono far fronte a situazioni urgenti e eccezionali. In seguito, ha citato le iniziative legislative n corso, come la proposta di direttiva sulle sanzioni a chi ricorre al lavoro nero, la direttiva sulle norme e sulle procedure comuni per il ritorno negli paesi di origine e gli accordi di riammissione con Russia, Ucraina e taluni paesi dei Balcani. In merito all'immigrazione legale - che deve essere favorita - il Ministro ha sottolineato che la direttiva sui lavoratori migranti prevede un unico permesso di lavoro e di residenza, nonché un permesso di lavoro per i lavoratori altamente qualificati. Sul fronte delle relazioni esterne, ha sottolineato la necessità di prendere in considerazione tutti i paesi vicini e migliorare immigrazione circolare di lunga durata. Questo tema, ha peraltro concluso, sarà affrontato in occasione della conferenza euromediterranea prevista per il prossimo novembre. Dichiarazione della Commissione Franco FRATTINI non ha nascosto il suo ottimismo per i progressi realizzati «in così poco tempo» sul tema dell'immigrazione, anche alla luce dei dubbi sollevati in passato sulla possibilità che l'UE potesse avere una strategia comune in questa materia. Ponendo in risalto che l'approccio globale implica legare strettamente la dimensione esterna con le politiche interne dell'immigrazione, il vicepresidente ha sottolineato che occorre occuparsi anche delle radici profonde che conducono ad un'immigrazione «formata da gente disperata» che «deve abbandonare la propria patria per sopravvivere». Pertanto non si tratta unicamente di una questione di sicurezza, occorre anche «governare l'immigrazione legale ... per contrastare l'immigrazione illegale». Notando come l'Europa abbia bisogno di lavoratori non comunitari, ha tuttavia giudicato pericoloso «dare illusioni facendo grandi numeri che possono avere un effetto attrattivo pericoloso». Ha poi ammonito che «l'immigrazione non può essere l'unica soluzione per far fronte al declino demografico». Non dobbiamo dimenticare, ha sottolineato, «che mentre parliamo di immigrazione da paesi non comunitari conserviamo ancora barriere alla libera circolazione dei lavoratori comunitari». Ha inoltre sottolineato che non bisogna arrendersi al declino demografico, pertanto «gli interventi per aiutare la famiglia e la natalità di noi europei sono altrettanto importanti, in questo quadro, quanto governare i fenomeni di immigrazione da fuori dell'Europa». Il Vicepresidente ha poi annunciato che è stato lanciato il bando di gara per il portale europeo sull'immigrazione. Inoltre, il Fondo europeo per l'integrazione «è finalmente realtà» e la Commissione sta finanziando dei corsi di formazione linguistica e professionale nei paesi di origine. Infatti, se coloro che arrivano non hanno la formazione professionale richiesta e non parlano le lingue dei paesi dove lavorano, sono destinati ad un isolamento sociale». La Commissione, ha poi ricordato, adotterà entro breve due direttive «piuttosto innovative». Una riguarderà i lavoratori altamente qualificati e, attraverso la "Carta blu", intende rendere loro l'Europa più attrattiva, permettendo anche un'immigrazione circolare che evita anche la fuga dei cervelli permanente dai paesi di origine. La seconda, relativa agli altri tipi di lavoratori, prevede la definizione di un unico documento che vale da permesso di lavoro e di soggiorno, aprendo anche un'armonizzazione di diritti sociali, ma lasciando liberi i paesi membri di applicare i regimi nazionali più favorevoli già esistenti. Nel 2008, ha poi aggiunto, la Commissione formulerà proposte dedicate ai lavoratori stagionali e ai periodi di formazione remunerati, anche per agevolare la mobilità di dipendenti di un'azienda con diverse sedi in Europa. Poi, ha sottolineato, «verrà il momento dei lavoratori non qualificati. La categoria più grande, per la quale occorre un approfondimento importante». A questo proposito ha specificato che non si tratterà di proposte legislative, ma piuttosto di «opzioni». In merito alla cooperazione con i paesi d'origine, il vicepresidente ha ribadito l'idea di un'immigrazione circolare ed ha sottolineato che intende mantenere un dialogo aperto con essi. In proposito ha ricordato il prossimo vertice euromediterraneo e il vertice dei capi di governo Europa-Africa. L'Unione offrirà inoltre opportunità di partenariato - cooperation platform - che intendono promuovere la lotta contro il traffico di esseri umani, sradicare la corruzione e governare le opportunità di lavoro. Frattini ha poi sottolineato che l'integrazione «è una parte essenziale delle politiche migratorie» ed ha precisato che occorre contrastare il lavoro nero «che è un motivo di attrazione per l'immigrazione illegale». Bisogna quindi sanzionare gli imprenditori che approfittano degli immigrati clandestini e garantire una politica di rimpatrio rispettosa dei diritti fondamentali delle persone. L'Agenzia europea Frontex, ha proseguito, «ha aiutato a bloccare migliaia di immigrati illegali». Solo quest'estate ha salvato oltre 1.200 persone che sarebbero morte, ma ha anche determinato una riduzione del flusso di immigrati illegali nelle aree dei pattugliamenti. Quindi, ha concluso, «Frontex è stata, è e sarà uno strumento essenziale di questo approccio globale». Interventi dei relatori Per Lilli GRUBER (PSE, IT), l'immigrazione «non è un'emergenza né un fenomeno transitorio». Ha infatti ricordato che nel 2006 i migranti nell'Europa a 27 sono stati 18 milioni e mezzo, sottolineando che l'Unione europea deve definire «politiche strutturali» per affrontare questa sfida che «ci coinvolge tutti», poiché «da soli non andiamo da nessuna parte!». Molto è stato fatto nella lotta all'immigrazione clandestina, «ma non basta». Ha quindi insistito sul fatto che l'immigrazione illegale si contrasta «aprendo innanzitutto canali legali per entrare nell'Unione europea». Ha poi sottolineato che le nostre economie «non potrebbero più funzionare senza i lavoratori immigrati e senza i loro contributi previdenziali il nostro sistema di welfare è destinato alla paralisi, minacciato com'è dal pesante calo demografico». Definendo «un passo importante» il piano d'azione della Commissione, ha precisato che «resta ovviamente ai singoli Stati membri la responsabilità della definizione delle quote d'ingresso». Delle direttive che saranno proposte, la deputata ritiene prioritaria «quella che garantisce innanzitutto un quadro comune di diritti per i migranti», considerando necessario adottarla in codecisione, anche per eliminare il diritto di veto in Consiglio. Ha inoltre evidenziato che la propria relazione chiede di poter disporre di dati statistici armonizzati e affidabili a livello europeo, in quanto «non si può legiferare sull'immigrazione senza conoscerne la reale portata», mentre «senza numeri certi diventa facile strumento di propaganda». Questo fenomeno, ha precisato la relatrice, «va affrontato senza demagogia, senza populismo, senza tabù». E' perciò fondamentale «un maggiore senso di responsabilità da parte dei politici e da parte dei giornalisti quando affrontano un tema così sensibile», poiché entrambi «svolgono un ruolo centrale nel processo di integrazione». L'integrazione, ha poi aggiunto, «è un processo bidirezionale di diritti e doveri da entrambe le parti e che non può prescindere dalla partecipazione attiva degli immigrati alla vita economica, sociale e politica del paese ospitante». Sono quindi fondamentali il diritto a un eguale salario, alla sicurezza sul lavoro ma anche il riconoscimento dei titoli di studio, il diritto alla trasferibilità dei diritti pensionistici e il ricongiungimento familiare, «garantendo alle donne uno status giuridico indipendente dal coniuge». La cosiddetta Carta blu, a suo parere, «può essere un ottimo fattore di attrazione per professionisti di cui l'Europa ha molto bisogno». Ma ha chiesto di avere «qualche dettaglio in più». Inoltre, per i lavoratori non qualificati, i più numerosi, la direttiva sugli stagionali dovrà colmare un vuoto di diritti, offrendo «la possibilità di un acceso prioritario ad altre forme di immigrazione temporanea e permanente». Ha però chiesto quanto si dovrà aspettare per disporre dello studio sui migranti poco o non qualificati. La relatrice ha quindi concluso chiedendo ai governi e al Consiglio «maggiore realismo e maggiore coraggio», poiché «alle paure e alle incertezze delle nostre società sempre più inquiete si risponde con una politica responsabile». «Non esistono frontiere sigillate e non siamo invasi dagli immigrati! L'immigrazione è una necessità e se governata con serietà può diventare una ricchezza in una società civile e rispettosa delle differenze». Per Javier MORENO SÁNCHEZ (PSE, ES), in un'era di globalizzazione, immaginare il futuro dell'Europa e della nostra società senza immigrazione «equivarrebbe ad astrarsi dalla realtà», in quanto la migrazione è necessaria e positiva per la stabilità demografica, la crescita economica e la diversità culturale dell'Unione. Tuttavia, ha sostenuto la necessità di una migrazione legale di cittadini con diritti ed obblighi, «non di schiavi», perché «lo sviluppo ed il successo della politica di immigrazione dipendono, in larga misura, da una lotta decisa contro l'altra faccia della medaglia, l'immigrazione clandestina». Per il relatore, la gestione di tali flussi migratori clandestini ed il suo controllo, peraltro, vanno oltre la capacità di azioni individuali degli Stati membri e sono, senza dubbio, la dimensione più delicata della politica di immigrazione globale e comune che deve sviluppare l'Unione europea. Occorrono inoltre frontiere terrestri, marittime e aeree sicure mediante misure di controllo e di vigilanza integrata. A tal fine, «Frontex e RABIT sono la strada da seguire». Frontex, ha aggiunto, funziona e dove ha operato si sono salvate vite e l'immigrazione clandestina è diminuita sensibilmente. I flussi clandestini, ha notato, «hanno dovuto prendere un'altra rotta, come è avvenuto recentemente in Spagna e in Italia». D'altro canto, ha proseguito, è imperativo stabilire una politica europea di ritorno, nel pieno rispetto dei diritti umani, come uno dei fattori dissuasivi e negoziare accordi di riammissione con i paesi terzi. Occorre pertanto fermezza per arrestare il principale fattore di attrazione dell'immigrazione clandestina: l'occupazione illegale. Ha quindi chiesto agli Stati membri di agire con decisione e di dotarsi di mezzi finanziari adeguati per lottare contro la tratta delle persone. L'azione esterna, inoltre, richiede dialogo e cooperazione con i paesi d'origine e di transito. E' dunque necessario fermare le cause profonde dell'immigrazione clandestina e massimizzare l'impatto delle rimesse degli emigrati. In conclusione ha ribadito che si deve lottare contro l'immigrazione clandestina ma non contro i clandestini «perché non sono delinquenti; emigrare non è un delitto». Ha quindi esortato a porre fine ai discorsi populisti e xenofobi che associano l'immigrazione a insicurezza, delinquenza, terrorismo o disoccupazione. «Nessuno emigra per capriccio, sempre per necessità». Interventi in nome dei gruppi politici Joseph DAUL (PPE/DE, FR) ha sottolineato come spesso l'immigrazione sia confusa con i drammi umani delle centinaia di persone che «hanno sacrificato la loro vita perché sognavano l'Europa». E, in proposito, ha affermato che il rispetto della vita rimane la nostra priorità quando progettiamo la nostra politica d'immigrazione. Sono, infatti, in gioco la coesione della nostra società, la nostra capacità di accoglienza, la nostra determinazione nella lotta al razzismo, all'intolleranza e alla xenofobia. Bisogna però distinguere fra i richiedenti asilo, i rifugiati temporanei e gli immigranti economici, di gran lunga, i più numerosi. In quest'ultima categoria, ha precisato, si deve inoltre distinguere l'immigrazione illegale, di competenza dell'Unione europea, da quella legale, che spetta agli Stati membri. Ha quindi ricordato che il suo gruppo è favorevole a misure rigide contro l'immigrazione illegale - 10-15 milioni di persone risiedono illegalmente sul nostro territorio - perché «l'Europa deve assumersi le proprie responsabilità» e lottare contro chi approfitta della miseria umana. Ma Frontex, il fondo europeo per le frontiere esterne o la creazione di squadre di intervento rapido alle frontiere non sono sufficienti, occorrono più risorse umane e finanziarie. Ricordando che non tutti gli Stati membri sono confrontati ai flussi migratori in ugual misura, ha auspicato che la solidarietà giochi un ruolo importante nell'aiutare gli Stati membri «in prima linea», fornendo mezzi tecnici, logistici e finanziari. Per quanto riguarda invece l'immigrazione legale, Daul ha auspicato un miglior coordinamento fra tutti gli Stati membri. La proposta di una "carta blu" europea ed il progetto d'immigrazione circolare per i lavoratori non qualificati meritano un approfondimento. Claudio FAVA (PSE, IT) ha anzitutto ricordato «la foto di 40 naufraghi appesi per due giorni e per due notti al centro del Mediterraneo ad una rete per tonni». In quel caso, ha proseguito, «salvare la pesca sembrò più importante che salvare la vita di quei disperati che non furono raccolti a bordo di quel peschereccio che li aveva incrociati». Occorre quindi «un approccio globale ma diverso al tema dell'immigrazione», che sappia tenere insieme equilibrio, solidarietà e che non abbia tabù. L'immigrazione, ha aggiunto, non può essere considerata solo un problema di sicurezza: «è una sfida necessaria per l'Europa, è un fattore di integrazione di evoluzione sociale con il quale siamo chiamati a confrontarci». Occorre l'Europa, «purché sia capace di farsi carico di questo tema nella sua complessità» e, in proposito, ha sottolineato che il modo più efficace per arginare l'immigrazione illegale è aprire canali di immigrazione legale «purché vi sia reciprocità di diritti e di obblighi per gli immigrati e per i paesi che li accolgono». Sull'immigrazione illegale, inoltre, occorre stabilire un principio di solidarietà fra gli Stati membri purché riguardi tutti gli Stati membri. Al tempo stesso, è necessario che l'immigrazione clandestina possa essere combattuta creando condizioni nei paesi di provenienza «per risolvere le ragioni della profonda disperazione da cui questa gente fugge». Ha quindi concluso insistendo sul rispetto dei diritti umani, «che resta un punto di riferimento necessario per le nostre politiche». Graham WATSON (ALDE/ADLE, UK) si è chiesto cosa - meglio del caso dei pescatori tunisini - possa illustrare la necessità di una politica comune europea sull'immigrazione. Per ogni tragedia umana che si è compiuta in dieci anni di «disperata inattività», il suo gruppo si è posto una semplice domanda: «quante persone devono morire prima che i governi si rendano conto che alzare il ponte levatoio della fortezza Europa non serve a niente?». Ha quindi proseguito rilevando che nei prossimi 20 anni l'Europa perderà 20 milioni di lavoratori e che i governi nazionali non aiutano le persone delle quali l'Europa ha bisogno per competere nel mercato globale, ed infatti l'85% dei «cervelli migliori» vanno in America e in Australia a causa della nostra burocrazia e delle barriere poste alla libertà di circolazione. Ma ha anche ricordato che su 20 migranti solo 3 hanno delle qualifiche. Di conseguenza, l'unica scelta possibile per regolare questi flussi consiste in un maggiore aiuto nei paesi d'origine. In conclusione, ha ricordato che l'immigrazione «è trascinata da un inebriante cocktail di disperazione e speranza; segue la legge della domanda e dell'offerta ma è in grado - se gestita correttamente - di arricchire l'Europa e darle energia». Per Cristiana MUSCARDINI (UEN, IT) «il vero problema irrisolto rimane impedire all'immigrazione illegale e incontrollata, e definire e garantire in modo univoco il rispetto delle leggi e delle regole vigenti nei paesi dell'Unione». Il problema, ha aggiunto, «continua a rimanere grave»: vi sono sentenze di magistrati, in Germania e in Italia, «che hanno ritenuto non perseguibili i genitori di una ragazza segregata in casa o ininfluente la richiesta di divorzio di una donna più volte picchiata dal marito, in quanto questi fatti rientravano nelle regole e nelle tradizioni dei paesi di provenienza degli immigrati». Grave anche a fronte del progetto di riforma del trattato che prevede sì, la creazione di una politica comune sull'immigrazione «ma che è di là da venire», mentre «per arginare l'immigrazione clandestina abbiamo necessità subito di una politica comune». La deputata ha quindi sottolineato le risorse insufficienti di cui dispone Frontex che, spesso, «non ha i mezzi per potere controllare non solo le frontiere ufficiali ma i confini, perché sono i confini dei nostri paesi che hanno bisogno di maggiore controllo». Per costruire una società giusta, evitando «di snaturare le nostre e altrui identità», occorre «una politica forte per contrastare l'illegalità». Ha quindi chiesto alla Commissione e al Consiglio di rafforzare il controllo dei confini dell'Unione e le leggi armonizzate «per sanzionare con celerità e determinazione i trafficanti di esseri umani e per promuovere migliori accordi con i paesi di provenienza degli immigrati». Difendere i diritti umani e la dignità delle persone, ha concluso, «è in antitesi con politiche deboli che incentivano il pericolo terrorismo e il disagio sociale» e, in proposito, ha osservato che la mancanza di una regola comune per il diritto di asilo aggrava la situazione. Per Jean LAMBERT (Verdi/ALE, UK) siamo chiaramente coscienti che «l'immigrazione è uno degli aspetti della vita», una forza per lo sviluppo, tuttavia si deve trovare uno status per coloro che attualmente non possono rientrare nei loro paesi d'origine a causa dei conflitti. Ha quindi chiesto agli Stati membri maggiore onestà sulla necessità di lavoratori migranti per la loro economia e di non «versare lacrime di coccodrillo» per gli immigrati quando votano per politiche commerciali che non permettono potenziali miglioramenti della situazione. Ha quindi rilevato come EQUAL sia stato in grado di fornire alcuni «esempi fantastici» su come utilizzare le capacità degli immigrati nel rispetto dei diritti e della parità di trattamento. E, concludendo, ha sottolineato che non si tratta di una mera questione di libertà di circolazione ma anche di affrontare il razzismo e la xenofobia. Giusto CATANIA (GUE/NGL, IT) ha affermato che, se le politiche dell'Unione europea fossero consequenziali alle parole del vicepresidente Frattini, si riterrebbe d'accordo con lui «ma, purtroppo, non è così». Ha quindi spiegato che le politiche UE «hanno prima parlato il linguaggio dei respingimenti, della criminalizzazione dei migranti, di politiche repressive, di agitazione dello spettro dell'invasione e ora, finalmente, cominciamo a parlare di politiche per gli ingressi». A suo parere, inoltre, la politica legale sull'immigrazione «è fondamentale per combattere l'immigrazione irregolare, impedire la tratta degli esseri umani, evitare le traversate della speranza, impedire che il Mediterraneo sempre più sia un cimitero a cielo aperto». Pertanto, prima di proporre politiche di respingimento, «bisognerebbe discutere di come allargare i canali legali per gli ingressi e di come farsi carico della sfida demografica». In riferimento alla necessità di 20 milioni di immigrati entro il 2030 stimata dalla Commissione europea, il deputato ha sottolineato che ciò non implica che tutti siano qualificati. A suo parere, inoltre, occorre fare una valutazione su quale sarà la politica di respingimento: «pensare a 18 mesi di detenzione amministrativa, credo che in sé sia un delitto e una violazione sistematica dei diritti umani». Bisognerebbe anche analizzare le politiche di Frontex: «quest'anno abbiamo speso 45 milioni di euro; Frontex ha 90 dipendenti e ha fatto 4 interventi in mare durante quest'estate». Non ci si può quindi ritenere soddisfatti della politica attuata da Frontex, «che ha privilegiato il respingimento piuttosto che i salvataggi». Ha quindi concluso sostenendo che «i salvataggi devono essere una priorità» e ha chiesto informazioni circa la vicenda dei sette pescatori tunisini «che sono stati in galera in Italia per avere salvato 44 migranti». Roger KNAPMAN (IND/DEM, UK) ha contrapposto la tendenza dell'Unione europea a «centralizzare» la politica dell'immigrazione con quella della Svizzera che invece la affida ai suoi Cantoni. Il governo federale svizzero ed i Cantoni ogni anno decidono sulle quote dei migranti ed hanno respinto l'idea di un'agenzia centrale. Inoltre, la Confederazione elvetica si focalizza sull'integrazione degli immigrati, con uffici per l'integrazione su tutto il territorio. Il sistema svizzero funzionata perché viene deciso sia in base ai bisogni locali sia in base a quelli nazionali, ma anche in quanto le comunità locali - che non sono senza volto o burocrazia centralizzata - sono responsabili per l'integrazione degli immigrati sulla base delle loro necessità. Per Alessandro BATTILOCCHIO (NI, IT), «promuovere e regolare l'immigrazione legale è l'unica soluzione attuabile, non solo per combattere la criminalità collegata ai flussi migratori ma anche per tutelare e garantire i diritti delle persone». Come qualunque altro cittadino europeo, ha aggiunto, «gli immigrati dovranno essere integrati e inseriti nel contesto delle rispettive comunità con conseguenti diritti e doveri da rispettare». Ha quindi sottolineato l'importanza per l'Europa «di garantire, anche con risorse adeguate, centri di accoglienza dignitosi, formazione per il nostro personale, accesso all'informazione per i cittadini stranieri sui propri diritti e doveri, pene pesanti per coloro che sfruttano l'immigrazione illegale e, soprattutto, massima cooperazione tra i paesi membri». Per il deputato, infine, occorre assicurare a Frontex le risorse e coinvolgere il più attivamente possibile gli altri paesi vicini toccati dai flussi migratori. Interventi dei deputati italiani Alfredo ANTONIOZZI (PPE/DE, IT) ha anzitutto ringraziato il vicepresidente della Commissione per aver presentato un piano d'azione «che rappresenta finalmente un solco importante sul quale dibattere e lavorare per il futuro sull'immigrazione legale». Ha poi osservato che la relazione in esame è «un testo equilibrato frutto di utili negoziazioni e di importanti emendamenti di compromesso tra i vari gruppi politici che ci consentono di poter puntare a un sostegno diffuso» e, quindi, di sostenere anche il lavoro futuro della Commissione europea. In proposito, ha voluto sottolineare che la posizione del suo gruppo «ha rappresentato un importante elemento di equilibrio e di concretezza» e che i punti chiave del PPE/DE sono stati confermati. Tra questi ha ricordato «l'impegno a un deciso e fermo contrasto all'immigrazione illegale, il supporto dato ad un maggiore legame tra immigrazione legale e illegale e alla ricerca di maggiori strumenti di dialogo e di integrazione per gli immigrati». Si tratta, ha aggiunto, di una relazione «europea», poiché «guarda al fenomeno dell'immigrazione come un qualcosa che deva essere affrontato congiuntamente, sia nei suoi aspetti positivi che negativi, da tutti i partner europei, che devono essere solidali tra loro e quindi affrontare con lo stesso grado di attenzione e di decisione anche problemi che colpiscono maggiormente determinati paesi». Il naufragio di una barca di clandestini, che si verifichi alle porte della Sicilia o delle Isole Canarie o di un altro luogo, ha spiegato, «deve rappresentare un problema comune». Ha quindi concluso sostenendo la necessità di una politica di coordinamento del fenomeno immigrazione a livello europeo, ma ha ribadito «il pieno rispetto delle competenze nazionali in materia di gestione degli aspetti quantitativi e dei flussi di immigrazione». Mario BORGHEZIO (UEN, IT) ha anzitutto ammonito «sui rischi delle regolarizzazioni facili» ed ha sottolineato la necessità di sostenere con ben altri mezzi Frontex, che ha già ottenuto qualche risultato concreto. A suo parere, inoltre, la politica della Francia - «che va nella giusta direzione» - potrebbe essere di esempio. Ha poi condiviso alcune scelte delle magistrature, come quelle che in Italia «si comincia a sequestrare le case affittate ai clandestini». Misure concrete, ha aggiunto, «che dovrebbero diventare misure di carattere europeo». «Ma dalla sinistra buonista e aperturista», ha proseguito scusandosi con la relatrice, «sentiamo un sofisma», che stupisce sentire «da una persona intelligente come lei». Ossia, che «si combatte la clandestinità aprendo le porte all'immigrazione legale, mentre «è piuttosto vero il contrario!». «E' estirpando il bubbone della clandestinità che si apre lo spazio e anche l'accettabilità e la tollerabilità, anche nei numeri, di un'immigrazione regolare, pulita, trasparente». Ha quindi concluso interrogando la relatrice: «Ha mai sentito parlare di mafia? E' vero che nella sua relazione questa parola non c'è! Non c'è la parola terrorismo, ma mafia e terrorismo guadagnano e si ingrassano sulle morti e sui traffici dei poveri clandestini. Dovreste capirlo anche voi, non è difficile!». |
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Fare di più contro la discriminazione razziale Il Parlamento sollecita i governi ad applicare effettivamente e correttamente la direttiva europea antidiscriminazione. Chiede quindi di assicurare l'accesso delle minoranze etniche all'istruzione e ai servizi sanitari di base, garantendo loro pari trattamento nelle politiche occupazionali. Occorre inoltre sensibilizzare i cittadini, aiutare le ONG che operano in questo campo e disporre di dati affidabili e comparabili. Ai rom va garantita una protezione sociale particolare. Approvando con 500 voti favorevoli, 46 contrari e 24 astensioni la relazione di Kathalijne BUITENWEG (Verdi/ALE, NL), il Parlamento reitera l'importanza della direttiva 2000/43/CE "che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica". Ricorda infatti che essa «costituisce uno standard minimo» e deve quindi funzionare da fondamento «su cui costruire una politica antidiscriminatoria completa». Gli Stati membri applichino correttamente la direttiva Tale direttiva, sottolineano i deputati, mira a stabilire un quadro per la lotta alle discriminazioni fondate sulla razza o l’origine etnica al fine di consolidare il principio dell'uguaglianza di fronte alla legge, delle pari opportunità e della parità di trattamento negli Stati membri, nel pieno rispetto del principio di sussidiarietà e conformemente alle rispettive tradizioni e prassi nazionali. Nell'accogliere quindi con favore la comunicazione della Commissione sull’applicazione, rilevano che sarebbe utile disporre anche della descrizione dettagliata del recepimento delle disposizioni della direttiva nel diritto nazionale. In tale contesto, il Parlamento sollecita gli Stati membri a trasporre quanto prima tutta la legislazione antidiscriminazione comunitaria e «ad utilizzare tutte le disposizioni che comprendano azioni positive per garantire l'uguaglianza nella pratica». Infatti, pur notando con soddisfazione che la maggior parte degli Stati membri agisce al fine di attuare la direttiva, si dice deluso «che soltanto alcuni abbiano adeguatamente trasposto in pieno tutte le sue norme». Osserva, in particolare, che in molti paesi numerose disposizioni della direttiva - come le definizioni di discriminazione diretta e indiretta, le molestie e l'onere della prova - «non sono state trasposte correttamente». Esprime poi preoccupazione per il fatto che gli Stati membri «abbiano esentato dal campo di applicazione della direttiva molte più aree di attività di quanto sia desiderabile o giustificabile». Il Parlamento chiede inoltre agli Stati membri di sviluppare e attuare piani d'azione nazionali volti a combattere il razzismo e la discriminazione, «che comprendano una parte concernente la raccolta e il controllo dei dati in settori politici fondamentali quali la parità e la non-discriminazione, l'inclusione sociale, la coesione comunitaria, l'integrazione, il genere, l'istruzione e l'occupazione». La Commissione è invece invitata a presentare un piano d’azione specifico sui meccanismi e metodi di osservazione e descrizione dell’impatto delle misure di attuazione nazionali. Al riguardo, sottolinea l’importanza di sviluppare meccanismi per la raccolta di dati sulla discriminazione nei rapporti di lavoro, «ponendo l'enfasi sul lavoro clandestino, non dichiarato, scarsamente retribuito e non assicurato». Istruzione, servizi sanitari e occupazione Il Parlamento sollecita poi gli Stati membri a adottare una serie di standard minimi per garantire l'accesso dei minori appartenenti a minoranze etniche - soprattutto le ragazze - all'istruzione di elevata qualità e a pari condizioni. Dovrebbero inoltre approvare una legislazione positiva che renda obbligatorio porre fine alla segregazione nelle scuole e redigere programmi dettagliati per porre fine all'istruzione separata e di qualità inferiore impartita a ragazzi e ragazze appartenenti a minoranze etniche. Allo stesso tempo, gli Stati membri dovrebbero garantire che tutte le persone appartenenti a minoranze etniche - in particolare le donne - abbiano accesso ai servizi sanitari di base, preventivi e d'urgenza. Andrebbero quindi organizzate e attuate politiche che garantiscano il pieno accesso delle comunità più emarginate al sistema sanitario, anche organizzando corsi di formazione e di sensibilizzazione per gli operatori sanitari, «per porre fine ai pregiudizi esistenti». I governi sono poi esortati a garantire pari trattamento e opportunità nel quadro delle politiche occupazionali e di inclusione sociale «per diminuire i tassi estremamente elevati di disoccupazione» che si registrano soprattutto tra le donne appartenenti a minoranze etniche, «eliminando in particolare i gravi ostacoli posti dalla discriminazione diretta nelle procedure di assunzione». Sensibilizzare i cittadini e aiutare ONG e organi di parità I deputati esprimono preoccupazione per il basso livello di sensibilizzazione sulla normativa antidiscriminazione tra i cittadini e invitano quindi la Commissione e gli Stati membri a intensificare i loro sforzi per migliorare la situazione. Ricordano inoltre agli Stati membri il loro obbligo di divulgare tra i cittadini le informazioni pertinenti e di incoraggiare e promuovere campagne di sensibilizzazione in merito alla legislazione nazionale vigente e agli organismi attivi nella lotta contro la discriminazione. In proposito, sottolineano che le norme sono efficaci «soltanto quando i cittadini sono coscienti dei loro diritti ed hanno un accesso facile ai tribunali», poiché il sistema di protezione fornito dalla direttiva «dipende dall'iniziativa dei cittadini». Il Parlamento chiede poi che gli Stati membri diano risorse e poteri alle ONG che operano per informare i cittadini e fornire loro assistenza legale in caso di discriminazione nonché agli organi di parità così che possano adempiere in maniera efficace alle loro importanti funzioni. La Commissione, peraltro, dovrebbe controllare con cura il funzionamento indipendente degli organi di parità, i quali devono ricevano adeguate risorse finanziarie per essere in grado di assicurare almeno l'esame gratuito dei ricorsi nel caso in cui i ricorrenti non dispongano di risorse finanziarie. Agli Stati membri è poi raccomandato di permettere agli organi di parità di avviare procedimenti giurisdizionali o parteciparvi in veste di "amicus curiae". Disporre di dati affidabili e omogenei, garantendo la privacy Il Parlamento invita gli Stati membri a raccogliere e fornire informazioni e dati pertinenti, affidabili e comparabili all'Agenzia dell'Unione europea per i diritti fondamentali. La Commissione dovrebbe invece studiare con attenzione le varie questioni giuridiche e i parametri sulla questione della raccolta di dati e presentare proposte per migliorare la registrazione dei casi di discriminazione. I deputati ritengono infatti necessario che i 27 Stati membri mettano a disposizione serie comparabili di dati, «essenziali per formare una piattaforma solida sulla quale articolare la politica necessaria». D'altra parte, nel ricordare l'applicabilità delle direttive sulla protezione dei dati, sottolineano che garanzie addizionali dovrebbero essere fornite per quelli sulla razza e sull'appartenenza etnica, in quanto «potrebbero essere distolti e utilizzati per altri fini nel settore della giustizia e degli affari interni, ad esempio per attività di profiling etnico». Ribadiscono quindi la richiesta di approvare una decisione quadro sulla protezione dei dati. Il Parlamento, inoltre, invita gli Stati membri a rendere disponibili al pubblico statistiche dettagliate su reati di stampo razzista e ad elaborare indagini sulla criminalità e/o sulle vittime della criminalità. La Commissione, invece, dovrebbe studiare e fornire dati riguardanti le discriminazioni multiple, nonché controllare con attenzione la discriminazione occulta basata su "criteri occupazionali genuini e determinanti", sull'interazione fra le discriminazioni basate sull'applicazione di questa esenzione per motivi religiosi nel quadro della direttiva sull'occupazione e le sue conseguenze per la razza e l'appartenenza etnica, prestando particolare attenzione alla discriminazione nel campo dell'istruzione. I rom e gli allargamenti dell'UE Il Parlamento, infine, ritiene che la comunità rom, insieme ad altre comunità etniche riconosciute, «necessiti una protezione sociale particolare», soprattutto in seguito all'allargamento, «poiché si sono riacutizzati i problemi di sfruttamento, discriminazione ed esclusione nei loro confronti». Tutte le Istituzioni dell'Unione europea, d'altra parte, sono invitate a continuare ad utilizzare, quale criterio fondamentale per valutare la preparazione dei paesi candidati all'adesione all'Unione europea, la situazione delle minoranze etniche - e in particolare delle donne - in tali paesi. L'Aula ha respinto tutti i 31 emendamenti alla relazione presentati dal gruppo ITS, i quali non hanno mai raccolto più di 53 voti favorevoli. Link utili
Comunicazione della Commissione sull’applicazione della
direttiva 2000/43/CE del 29 giugno 2000, che attua il principio
della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla
razza e dall'origine etnica Riferimenti Kathalijne BUITENWEG (Verdi/ALE, NL) |
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Più impegno a favore delle donne in carriera Appoggiare le carriere delle donne, colmare il divario salariale uomo-donna, introdurre uno statuto specifico dei coniugi che partecipano a attività autonome e promuovere il lavoro a tempo pieno. E' quanto chiede il Parlamento invitando a proteggere la maternità e a lottare contro gli stereotipi. Sollecita poi attenzione per le immigrate, sottolineando l'importanza di garantire che siano consapevoli dei valori e delle leggi europee e delle convenzioni sociali in materia di parità di genere. Approvando la relazione di Piia-Noora KAUPPI (PPE/DE, FI), il Parlamento accoglie con favore gli sforzi della Commissione volti ad intensificare le sue azioni di promozione della parità tra donne e uomini. Ma sottolinea che sono necessari ulteriori sforzi e ulteriori misure «per superare schemi decisionali e operativi obsoleti, specialmente in campo amministrativo» e per migliorare l'integrazione della dimensione di genere in tutti gli ambiti politici. Invita inoltre la Commissione ad effettuare uno studio sull'applicazione negli Stati membri della legislazione comunitaria nel campo delle pari opportunità e a prendere misure adeguate in caso di mancata trasposizione o di infrazione. I deputati insistono poi sulla necessità di «appoggiare le donne nella loro carriera professionale». In proposito, rilevano l'importanza della conciliazione tra vita lavorativa, vita privata e vita familiare, che «costituisce uno degli elementi chiave ai fini dell’aumento occupazionale e della riduzione dell’onere dell’invecchiamento demografico». E chiedono alla Commissione di concentrarsi specificamente sulle barriere che dissuadono le donne dall’accedere a lavori di alto livello, al fine di valutare la dimensione strutturale di tale fenomeno. Occorre anche affrontare il «grave deficit democratico» connesso con gli ostacoli alla partecipazione delle donne alla politica e alla loro presenza nei quadri superiori della pubblica amministrazione. Osservando che il divario salariale di genere registra una media del 15% nell'UE e del 30% in alcuni paesi europei, il Parlamento esorta la Commissione e gli Stati membri a «adottare misure rigorose intese a ridurre il divario retributivo di genere». Ciò, a suo parere, dimostra che non vi è stato alcun progresso reale nell'applicazione del principio della parità di retribuzione per lavoro di pari valore, introdotto 30 anni fa dalla direttiva 75/117/CEE. Ritiene inoltre che la Commissione dovrebbe sviluppare l'analisi e l'integrazione della dimensione di genere in relazione all'impatto delle riforme pensionistiche sulla vita delle donne nell'UE, «al fine di individualizzare i diritti pensionistici, i regimi di sicurezza sociale nonché i regimi fiscali». Ribadisce inoltre la richiesta di definire uno status giuridico specifico dei coniugi partecipanti a un'attività autonoma, affinché non siano più lavoratori non riconosciuti e vengano affiliati ai regimi di previdenza sociale che li copra in caso di malattia, invalidità, infortuni e vecchiaia. E' anche essenziale migliorare la qualità della vita delle donne che vivono nelle zone rurali, garantendo loro servizi di formazione e istruzione e infrastrutture a sostegno alla famiglia e all'infanzia. I deputati, notano poi che il 32,3% delle donne nell'UE lavora a tempo parziale rispetto ad appena il 7,4% degli uomini. Esortano quindi gli Stati membri e le parti sociali a far sì che tutte le donne che desiderano lavorare a tempo pieno possano vedersi offrire impieghi corrispondenti invece che lavori a tempo parziale «spesso precari e insicuri». D'altra parte, incoraggiano la Commissione a presentare nel 2008 una comunicazione che proponga ulteriori misure da adottare a tutti i livelli al fine di introdurre, entro il 2010, un'assistenza all’infanzia per il 90% dei bambini di età compresa fra i 3 anni e l'età dell'obbligo scolastico e per almeno il 33% dei bambini di età inferiore a tre anni. Inoltre, il Parlamento chiede ai governi di proporre misure specifiche atte a combattere le ineguaglianze tra donne e uomini «causate da schemi occupazionali interrotti», dovuti in particolare a congedi per maternità o per assistenza a persone a carico, e di ridurre i loro effetti negativi sulla carriera, la retribuzione e i diritti pensionistici. Sollecita quindi gli Stati membri a mutualizzare i costi delle indennità di maternità e di congedo parentale per assicurare che le donne «non rappresentino più una fonte di manodopera più costosa rispetto agli uomini». Il Parlamento sottolinea anche la necessità di prevedere azioni formative durante il congedo parentale per poter far fronte all’evoluzione delle esigenze professionali ed esorta la Commissione e gli Stati membri a adottare misure intese a promuovere sia il congedo parentale per gli uomini che il congedo di paternità. I governi dovrebbero inoltre lottare, insieme con le parti sociali, contro le discriminazioni di cui sono vittime le donne incinte nel mercato del lavoro e adottare tutte le misure necessarie al fine di assicurare un «livello elevato di protezione della maternità». Esortando l'adozione di misure volte a prevenire le molestie sessuali e morali sul luogo di lavoro e a intervenire qualora si verifichino, il Parlamento raccomanda la definizione di misure di sensibilizzazione a livello europeo per una tolleranza zero nei confronti di insulti sessisti e di rappresentazioni degradanti della donna nei media e nelle comunicazioni commerciali. I deputati, insistendo infatti sulla necessità di avviare politiche volte a lottare contro gli stereotipi di genere, chiedono alla Commissione di incoraggiare i mezzi d'informazione a promuovere l'uguaglianza di genere e a evitare di dare un'immagine stereotipata delle donne e degli uomini. Occorre anche agire nel campo dell'istruzione fin dalla prima età, «eliminandoli dai programmi scolastici e dai libri di testo, sensibilizzando insegnanti e studenti e incoraggiando i ragazzi e le ragazze a seguire percorsi educativi non tradizionali». Il Parlamento chiede poi che venga prestata attenzione specifica alla situazione delle donne appartenenti a minoranze etniche e delle donne immigrate, «poiché la loro emarginazione è rafforzata dalla discriminazione multipla al di fuori e all’interno delle loro proprie comunità». Raccomanda quindi l'adozione di piani d'azione integrati nazionali che consentano di affrontare in modo efficace la discriminazione multipla e sottolinea l'importanza di assicurare che gli immigrati in arrivo nell'Unione europea «siano consapevoli dei valori e delle leggi vigenti, nonché delle convenzioni sociali» in materia di parità di genere nel paese ospitante, per «evitare situazioni di discriminazione imputabili alla mancanza di consapevolezza culturale». Infine, i deputati sollecitano la Commissione a concentrarsi su strumenti e meccanismi atti a prevenire lo sfruttamento dei lavoratori migranti, inclusi il riconoscimento e il rispetto dei diritti umani fondamentali dei migranti irregolari, «invece di basarsi sulla repressione». La esortano anche a cooperare con gli Stati membri per la raccolta di dati pertinenti e per l'attuazione di misure che consentano di prevenire il traffico di esseri umani a fini di sfruttamento sessuale e di lavoro forzato. Link utili
Relazione della Commissione europea sulla parità tra donne e
uomini - 2007 Riferimenti Piia-Noora KAUPPI (PPE/DE, FI) |
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Giocattoli cinesi: indicazione dell'origine e marchio di sicurezza Il Parlamento sollecita la rapida indicazione del paese d'origine sui prodotti importati, la revisione della direttiva sulla sicurezza dei giocattoli e la creazione di un marchio europeo per la sicurezza dei consumatori. Occorre poi rendere più credibile il marchio CE e chiarire le responsabilità di produttori e importatori in caso di abusi, anche con sanzioni. E' poi necessario aumentare l'efficacia del sistema RAPEX, rafforzare la cooperazione con i paesi terzi, in particolare con la Cina. Approvando con 660 voti favorevoli, 18 contrari e 7 astensioni una risoluzione comune sulla sicurezza dei giocattoli sostenuta da tutti i gruppi politici (eccetto IND/DEM e ITS), il Parlamento europeo sottolinea che la responsabilità di un elevato livello di protezione dei consumatori «è una priorità politica e sociale che spetta al legislatore». Nota poi che, nel 2006, il 48% dei prodotti non sicuri individuati provenivano dalla Cina, il 21% dall'UE e il 17% non aveva un'origine precisa. Il 24% di tutti i prodotti non sicuri individuati, inoltre, è costituito da giocattoli per bambini, di cui una parte assai elevata proviene dalla Cina. Nel ritenere che i consumatori «abbiano diritto a conoscere l'origine dei prodotti importati nell'UE» e che le autorità di sorveglianza debbano disporre di idonee informazioni con le quali rintracciare l'origine dei prodotti, il Parlamento invita il Consiglio a adottare «senza indugio» l'attuale proposta della Commissione relativa ad un regolamento del Consiglio sull'indicazione del paese di origine di taluni prodotti importati da paesi terzi. Esorta poi il Consiglio e la Commissione ad incrementare gli scambi di informazione e la cooperazione transfrontaliera al fine di controllare e distruggere le importazioni di prodotti contraffatti. Il Parlamento invita inoltre la Commissione a presentare la prevista revisione della direttiva sulla sicurezza dei giocattoli (88/378/CE) entro la fine di quest'anno, garantendo che essa comprenda efficaci ed efficienti requisiti in materia di sicurezza dei prodotti. In proposito, sottolinea la necessità di disposizioni molto più dettagliate per garantire la sicurezza dei prodotti e far sì che i consumatori «siano convinti che tali prodotti possano essere usati in modo sicuro». In tale ambito chiede che sia posto un divieto incondizionato di talune sostanze chimiche pericolose che siano cancerogene, mutagene e tossiche. Invita poi la Commissione a migliorare le misure di applicazione della direttiva, «comprese efficaci sanzioni per il mancato rispetto». Per i deputati, la Commissione deve anche assicurare che il marchio CE «sia garanzia di rispetto della normativa tecnica UE» e, al riguardo, sottolineano che il marchio CE «non è mai stato concepito come un marchio di sicurezza a livello UE». Pertanto, esortano la Commissione a valutare il valore aggiunto connesso alla creazione di un Marchio europeo per la sicurezza del consumatore (a complemento del marchio CE) per tutti gli operatori economici, al fine di aiutare il consumatore «a compiere una scelta informata dei prodotti». Questo marchio, è peraltro precisato, deve essere volontario e, quando adottato da un produttore, dovrebbe sostituire tutti i marchi di sicurezza nazionali. Il Parlamento sollecita inoltre la Commissione e gli Stati membri a creare una forte credibilità per il marchio CE attraverso la tempestiva adozione delle proposte legislative presentate per un «controllo obbligatorio e una sorveglianza del mercato più rigorosi» nonché mediante un adeguato controllo doganale e consoni meccanismi di applicazione. Ma la Commissione deve anche intervenire «fermamente», insieme agli Stati membri, «per tutelare i diritti dei consumatori ogniqualvolta vi sia la prova di un comportamento e/o di un utilizzo doloso di marchi di origine fraudolenti o fuorvianti da parte di produttori e importatori stranieri». Occorre quindi chiarire la responsabilità dei produttori e importatori in caso di uso improprio del marchio CE e infliggere «adeguate sanzioni» per gli abusi e per l'uso improprio di altri marchi volontari. I deputati invitano poi la Commissione ad aumentare l'efficacia del sistema RAPEX per garantire che gli Stati membri individuino il maggior numero di prodotti non sicuri, per farli ritirare o richiamare dal mercato. Dovrebbe inoltre includere il monitoraggio e la notifica al sistema RAPEX, per consentire di misurare l'efficacia delle azioni di richiamo dei prodotti. Occorre poi chiarire, caso per caso, la procedura sui divieti di importazione, qualora gli standard in materia di sicurezza siano regolarmente elusi, mentre la Commissione dovrebbe poter bandire i beni di consumo dal mercato UE se questi prodotti si rivelano non essere sicuri. Il Parlamento sottolinea poi la necessità di rafforzare la cooperazione con i paesi terzi che sono grandi esportatori di beni di consumo verso l'UE e, in particolare, con la Cina, fornendo assistenza tecnica per applicare le norme in materia di salute e sicurezza lungo l'intera filiera nonché di migliorare la cooperazione doganale». Chiede poi alla Commissione di chiarire la sua attuale politica commerciale contemplando i prodotti potenzialmente pericolosi in generale, nonché tessili e giocattoli, in particolare. La Commissione è anche invitata ad includere standard comuni in materia di salute e sicurezza nei negoziati della prossima generazione di accordi di partenariato e cooperazione e di accordi di libero scambio nonché ad istituire meccanismi per monitorare le modalità in cui tali standard vengono rispettati. Agli Stati membri, il Parlamento chiede di garantire una rigorosa applicazione delle leggi sui prodotti, e in particolare delle leggi sulla sicurezza dei giocattoli, e di incrementare gli sforzi per migliorare la sorveglianza dei mercati e, soprattutto, le ispezioni a livello nazionale. Dovrebbero anche predisporre risorse sufficienti per essere in grado di effettuare controlli completi ed efficaci. Link utili
Direttiva 88/378/CEE sulla sicurezza dei giocattoli Riferimenti Risoluzione comune sulla sicurezza dei prodotti
e, in particolare, dei giocattoli |
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Il Parlamento chiede una strategia globale contro il cancro Prevenzione, individuazione precoce, diagnosi e cure palliative. Per il Parlamento, sono questi i quattro fattori su cui deve imperniarsi la strategia di lotta contro il cancro. Occorre inoltre incoraggiare e incentivare la ricerca, nonché promuovere campagne d'informazione e la diffusione di buone pratiche. Se il cancro sarà affrontato mediante una strategia globale, presto non costituirà più la principale causa di morte in Europa. E' quanto sostiene una dichiarazione approvata dal Parlamento dopo essere stata sottoscritta da almeno 419 deputati. Il Parlamento invita il Consiglio e la Commissione a formulare una strategia di questo tipo imperniata sui quattro fondamentali fattori di controllo: prevenzione, individuazione precoce, diagnosi, cura e follow-up, e cure palliative. I deputati invitano la Commissione a rivedere la normativa e le misure comunitarie in materia, a rivalutarle e modificarle alla luce dei nuovi progressi scientifici. Dovrebbe inoltre, incoraggiare la ricerca e l'innovazione nei settori della prevenzione primaria e della individuazione precoce del cancro e garantire che la normativa comunitaria preveda incentivi per l'industria e la ricerca, al fine di assicurare il proseguimento delle ricerche già in corso, nuove generazioni di farmaci e nuovi trattamenti per la prevenzione e il controllo del cancro. Occorre inoltre promuovere campagne d'informazione per il grande pubblico e per tutto il personale sanitario e assicurare, attraverso reti, la diffusione di buone pratiche per garantire ai cittadini l'accesso alle migliori cure disponibili. |
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Ferrovie: liberalizzazione delle tratte internazionali e maggiore tutela dei passeggeri contro i ritardi Nuova vitalità e maggiore competitività del mercato ferroviario. Sono questi gli obiettivi della direttiva approvata dal Parlamento che, a partire dal 2010, aprirà l'accesso alle infrastrutture ferroviarie a nuovi operatori, permettendo loro anche il cabotaggio. L'Aula ha poi approvato un regolamento che impone risarcimenti in caso di ritardo, obbligo d'informazione, garanzie ai passeggeri disabili e norme di qualità dei servizi. E' anche istituita una licenza UE per macchinisti. Nel marzo 2004 la Commissione ha presentato un pacchetto di quattro proposte, costituenti il cosiddetto "Terzo pacchetto ferroviario", che riguardavano una direttiva sull'accesso al mercato, un regolamento sui diritti e sugli obblighi per i passeggeri e una direttiva sulla certificazione dei macchinisti. Dopo aver respinto in prima lettura una proposta di regolamento sul trasporto merci, il Parlamento, sulla base di un accordo raggiunto in sede di comitato di conciliazione, ha dato il via libera definitivo ai primi tre provvedimenti. Approvando con 541 voti favorevoli, 66 contrari e 20 astensioni la relazione di Georg JARZEMBOWSKI (PPE/DE, DE), il Parlamento ha dato il via libera definitivo alla direttiva sulla "ripartizione della capacità di infrastruttura ferroviaria e sull'imposizione dei diritti per l'utilizzo dell'infrastruttura ferroviaria". Questa, in sostanza, intende favorire nuove iniziative nel campo dei treni internazionali a lunga percorrenza, promuovendo la concorrenza tra le imprese ferroviarie, anche per renderle capaci di affrontare quella esercitata dalle compagnie aeree a basso costo. Il provvedimento prevede quindi di concedere alle imprese ferroviarie, entro il 1° gennaio 2010, il diritto di accesso all'infrastruttura di tutti gli Stati membri per l’esercizio di servizi di trasporto internazionale di passeggeri. Il diritto di accesso all'infrastruttura degli Stati membri per i quali la parte del trasporto internazionale di passeggeri per ferrovia rappresenta più del 50% del fatturato viaggiatori delle imprese ferroviarie nello Stato membro in questione dev'essere concesso, invece, entro il 1° gennaio 2012. Durante lo svolgimento di questo servizio, le imprese ferroviarie avranno anche il diritto di operare il cabotaggio, ossia la possibilità di far salire e scendere passeggeri in stazioni situate lungo il percorso internazionale, compreso in stazioni situate nel medesimo Stato membro. Lo scopo è di garantire a questi servizi la possibilità di essere economicamente validi e di non mettere i potenziali concorrenti in una situazione sfavorevole rispetto agli operatori presenti sul mercato che possono già usufruire di questa possibilità. E’ tuttavia precisato che ciò «non dovrebbe essere usato per determinare l'apertura del mercato dei servizi di trasporto nazionale di passeggeri», bensì «servire semplicemente le fermate ausiliarie al percorso internazionale». La direttiva dovrebbe pertanto interessare i servizi finalizzati principalmente a trasportare i passeggeri sulle tratte internazionali. E’ anche specificato che vale la regola della reciprocità. La direttiva infatti non dovrebbe essere intesa nel senso dell'istituzione dell'obbligo, per gli Stati membri, di concedere prima del 1° gennaio 2010 diritti di accesso alle imprese ferroviarie dotate di licenza in uno Stato membro in cui non sono concessi diritti di natura analoga. D’altra parte, agli Stati membri sarà permesso limitare il diritto d'accesso al mercato qualora questo compromettesse l'equilibrio economico di contratti di servizio pubblico. Inoltre, la direttiva sottolinea che per incoraggiare gli investimenti in servizi che utilizzano infrastrutture specializzate, come ad esempio i collegamenti ad alta velocità, occorre che i richiedenti siano in grado di pianificare ed esigere la certezza del diritto che rifletta l'importanza degli investimenti a lungo termine e di ampia portata. Per tale motivo dovrebbe essere loro normalmente consentito di concludere contratti quadro per una durata di quindici anni. L'applicazione della direttiva dovrà essere valutata sulla base di una relazione che la Commissione presenterà due anni dopo la data di apertura del mercato dei servizi di trasporto internazionale di passeggeri. Con l'approvazione della relazione di Dirk STERCKX (ALDE/ADLE, BE), il Parlamento ha poi adottato il progetto comune in merito al regolamento su diritti e obblighi dei passeggeri nel trasporto ferroviario. Il regolamento - che entrerà in vigore nell'autunno 2009 (ossia due anni dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale) - riguarda in particolare le disposizioni in merito ai requisiti minimi per le informazioni da fornire ai passeggeri prima, durante e dopo il viaggio, alle condizioni contrattuali, alla responsabilità delle imprese ferroviarie in caso di incidenti, ritardi o soppressioni di treni (compresi i risarcimenti), alle condizioni per l'assistenza alle persone a mobilità ridotta, alle norme di qualità e alla gestione del rischio. Quando entrerà in vigore il regolamento, tutti i passeggeri del trasporto ferroviario godranno di una serie di diritti fondamentali. Tuttavia, gli Stati membri potranno esonerare i servizi ferroviari nazionali di lunga distanza da talune disposizioni del regolamento per un periodo iniziale di cinque anni, eventualmente estendibile per due ulteriori periodi massimi di cinque anni. Ma alle disposizioni che riguardano, ad esempio, la responsabilità delle aziende nei confronti dei passeggeri e dei relativi bagagli e il diritto al trasporto per le persone disabili o a mobilità ridotta, non si potrà derogare. I servizi urbani, suburbani e regionali potranno invece godere di una deroga illimitata. Uno dei principali punti che opponeva Parlamento e Consiglio riguardava il campo di applicazione del regolamento. A seguito dei negoziati, i deputati hanno ottenuto che il provvedimento si applichi a tutti i viaggi e servizi ferroviari forniti in tutta la Comunità da imprese ferroviarie titolari di licenza e, quindi, non solo alle tratte internazionali come inizialmente ipotizzato dal Consiglio. In forza al regolamento, un passeggero può chiedere all'impresa ferroviaria un indennizzo in caso di ritardo tra il luogo di partenza e il luogo di destinazione indicati sul biglietto. I risarcimenti minimi ammontano al 25% del prezzo del biglietto in caso di ritardo compreso tra 60 e 119 minuti e al 50% in caso di ritardo pari o superiore a 120 minuti. Il risarcimento del prezzo del biglietto dovrà essere effettuato entro un mese dalla presentazione della relativa domanda, mediante buoni e/o altri servizi oppure in denaro se così richiede il passeggero. Il risarcimento del prezzo del biglietto non potrà essere soggetto a detrazioni per i costi legati alla transazione finanziaria quali tasse, spese telefoniche o valori bollati. Il passeggero, d’altra parte, non avrà diritto a risarcimenti se è informato del ritardo prima dell'acquisto del biglietto o se il ritardo nell'ora di arrivo prevista proseguendo il viaggio su un servizio diverso o in base a itinerario alternativo rimane inferiore a 60 minuti. Inoltre, qualora sia ragionevolmente prevedibile che il ritardo all'arrivo alla destinazione finale prevista dal contratto di trasporto sarà superiore a 60 minuti, il passeggero può scegliere immediatamente tra ottenere il rimborso integrale del biglietto, proseguire il viaggio o seguire un itinerario alternativo (a condizioni di trasporto simili) verso la destinazione finale, non appena possibile oppure a una data successiva. In caso di ritardo superiore a 60 minuti, i passeggeri avranno anche il diritto di richiedere gratuitamente pasti e bevande, una sistemazione in albergo (se necessario) e il trasporto verso di esso, nonché un trasporto alternativo se il servizio ferroviario non può proseguire. Gli Stati membri che concedono deroghe al regolamento dovranno incoraggiare le imprese ferroviarie, in consultazione con le organizzazioni che rappresentano i passeggeri, a introdurre accordi per il risarcimento e l'assistenza in caso di gravi interruzioni del servizio. Le imprese ferroviarie e i rivenditori di biglietti, inoltre, saranno tenuti ad informare i passeggeri dei relativi diritti e obblighi derivanti dal regolamento. Le prime, dovranno almeno fornire le informazioni circa i servizi a bordo, i ritardi, le principali coincidenze e le questioni relative alla sicurezza tecnica e dei passeggeri. Se questi ultimi lo richiedono, dovranno essere messi a conoscenza delle condizioni generali applicabili al contratto, degli orari e delle condizioni per il viaggio più veloce e per la tariffa più bassa, nonché della disponibilità di posti fumatori/non fumatori e della loro tipologia (prima o seconda classe, cuccette, ecc.). Ma dovranno essere comunicate anche, le procedure per il recupero dei bagagli smarriti e per la presentazione di reclami, le condizioni di accesso per le biciclette e la disponibilità a bordo di infrastrutture per i disabili e per le persone a mobilità ridotta. A questo proposito, va notato che un intero capo del regolamento è dedicato alle disposizioni volte a tutelare i passeggeri disabili o a mobilità ridotta. Lo scopo è di garantire a queste persone l’accesso al trasporto ferroviario «a condizioni comparabili a quelle degli altri cittadini». Un'impresa ferroviaria, un venditore di biglietti o un tour operator, ad esempio, non potranno rifiutare di accettare una prenotazione o di emettere un biglietto per una persona con disabilità o a mobilità ridotta o chiedere che tale persona sia accompagnata da altri, a meno che ciò non sia strettamente necessario. Non potranno poi essere richieste maggiorazioni sul prezzo del biglietto. I disabili dovranno inoltre poter contare sull'accessibilità delle stazioni, delle banchine, del materiale rotabile e degli altri servizi che, nel caso di nuova costruzione o importante ristrutturazione, dovrebbero essere resi accessibili eliminando progressivamente gli ostacoli fisici e gli impedimenti funzionali. Questi passeggeri avranno diritto ad essere informati preventivamente sull’accessibilità e, in linea di principio, potranno contare su un’assistenza gratuita in stazione e a bordo dei treni. Se l'impresa ferroviaria è responsabile della perdita totale o parziale o del danneggiamento di sedie a rotelle o altre attrezzature specifiche, «non si applicano limiti finanziari». Le società ferroviarie, infine, dovranno definire delle norme di qualità del servizio e pubblicare una relazione annuale - da diffondere su Internet - in cui dichiareranno in quale misura esse siano state rispettate. Le norme minime dovranno riguardare le informazioni e i biglietti, la puntualità dei treni e i principi generali in caso di perturbazioni del traffico, la soppressione di treni, la pulizia delle carrozze (qualità dell’aria, igiene degli impianti sanitari, ecc.) e delle stazioni. Così come l’indagine sul grado di soddisfazione della clientela, il trattamento di reclami, rimborsi e indennità per il mancato rispetto delle norme di qualità del servizio e l’assistenza fornita alle persone con disabilità o a mobilità ridotta. Approvando infine la relazione di Gilles SAVARY (PSE, FR), il Parlamento approva il progetto comune relativo alla direttiva che stabilisce le condizioni e le procedure per la certificazione dei macchinisti addetti alla condotta dei locomotori e dei treni nel sistema ferroviario della Comunità. Le sue disposizioni - che entreranno in vigore nell'autunno 2009 - mirano principalmente ad agevolare la mobilità dei macchinisti fra gli Stati membri e da un'impresa ferroviaria all’altra e, in termini generali, agevolare il riconoscimento delle licenze e dei certificati complementari armonizzati da parte di tutti i soggetti operanti nel settore ferroviario. Entro un anno dall'entrata in vigore della direttiva, la Commissione dovrà adottare, in base a un progetto elaborato dall'Agenzia, un modello comunitario per la licenza di macchinista valida su tutto il territorio della Comunità. Per ottenere la licenza, i macchinisti dovranno avere almeno vent'anni, aver completato con successo almeno nove anni di istruzione (primaria e secondaria), aver completato con esito positivo una formazione di base e dimostrare le proprie competenze professionali generali. Dovranno anche comprovare l'idoneità fisica e psicologica. Un macchinista che deve comunicare con il gestore dell'infrastruttura per questioni cruciali di sicurezza dovrà essere in possesso di un certificato che, tra l'altro, comprovi le sue cognizioni linguistiche nella lingua indicata dal gestore dell'infrastruttura. Queste cognizioni devono consentirgli di comunicare in modo attivo ed efficace in situazioni di routine, critiche o d'emergenza. Dovrà quindi essere in grado di far fronte a situazioni pratiche in cui si presenta un elemento imprevisto, descrivere e partecipare a una conversazione semplice. Infine, l'Agenzia ferroviaria europea dovrà individuare, in una relazione da presentare entro diciotto mesi dall'entrata in vigore della direttiva, il profilo e i compiti degli altri membri del personale viaggiante addetti a mansioni essenziali ai fini della sicurezza, le cui qualifiche professionali contribuiscono di conseguenza alla sicurezza ferroviaria, e che dovrebbero essere disciplinati a livello comunitario mediante un sistema di licenze e/o di certificati analogo al sistema istituito per i macchinisti. Sulla base di tale relazione la Commissione dovrà presentare entro trenta mesi una relazione e, se del caso, formulare una proposta legislativa. Link utili
Progetto comune sulle infrastrutture ferroviarie Riferimenti Georg JARZEMBOWSKI
(PPE/DE, DE) |
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Servizi transfrontalieri: più garanzie per i consumatori Il Parlamento sollecita più chiarezza sugli obblighi dei prestatori di servizi che operano al di fuori delle loro frontiere. Chiede di accrescere la fiducia dei consumatori in tali servizi attraverso standard qualitativi europei e sollecita la Commissione a considerare l'introduzione di uno strumento teso a favorire le azioni collettive su base transfrontaliera. Va poi imposta un'informazione adeguata su prezzi, condizioni contrattuali e mezzi di ricorso in caso di lacune o ritardi nei servizi. Approvando con 526 voti favorevoli, 38 contrari e 13 astensioni la relazione di Lasse LEHTINEN (PSE, FI), il Parlamento incoraggia anzitutto «lo sviluppo di misure intese a completare il mercato interno dei servizi», ritenendo necessario un regime più uniforme per quanto attiene agli obblighi dei prestatori di servizi, dal momento che il mercato dei servizi sta assumendo sempre più carattere transfrontaliero. Per i deputati, infatti, chiarendo il sistema giuridico degli obblighi dei prestatori di servizi nell'UE, «si aumenterà la concorrenza e si offriranno maggiori possibilità di scelta ai consumatori», senza creare nel contempo ostacoli ingiustificati alla libera prestazione dei servizi nel mercato interno. In proposito, il Parlamento deplora che l'attuale commistione di strumenti legislativi, che vede affiancati alle norme sui conflitti di legge gli strumenti del mercato interno, e l'incapacità di determinare chiaramente la loro interazione, «fanno sì che né il consumatore né il prestatore di servizi siano sempre in grado di sapere con esattezza quale regime giuridico sia applicabile a ciascun aspetto della loro attività». Vale a dire, se si applichi il diritto civile del paese ospite o del paese d'origine, il regime regolamentare del paese ospite o quello del paese d'origine. Si dice poi convinto che la creazione di un mercato interno dei servizi basato sui diritti fondamentali di stabilimento e di fornitura dei servizi «presuppone che le misure pertinenti siano chiare, sia dal punto di vista giuridico che da quello pratico». D'altra parte, per quanto concerne la prestazione di servizi, il Parlamento nota che i consumatori «non sono protetti dall'acquis comunitario allo stesso modo che nel caso dell'acquisto di merci». Al riguardo, sottolinea che, quando i consumatori nutrono incertezze circa la sicurezza e la qualità dei servizi, essi «tendono a erigere barriere mentali» nei confronti dei prestatori stranieri e «si astengono quindi dall'avvalersi di servizi transfrontalieri». Invita poi la Commissione a tenere presente che, per quanto attiene agli obblighi dei prestatori di servizi, «non si dovrebbero fare differenze tra prestatori pubblici e privati»: dovrebbero entrambi essere soggetti alle direttive sulla protezione dei consumatori. La Commissione dovrebbe anche verificare attentamente il recepimento e l'attuazione della legislazione orizzontale e settoriale, attuale e futura, sulla responsabilità dei prestatori di servizi transfrontalieri. Ma anche prendere in considerazione misure come l'introduzione di standard a livello UE, quale strumento per promuovere la sicurezza dei servizi e garantire i diritti dei consumatori in relazione ai servizi transfrontalieri forniti da Stati membri. Facendo proprio un emendamento proposto dall'ALDE, infine, il Parlamento chiede alla Commissione di considerare attivamente l'introduzione di uno strumento giuridico comunitario per favorire le azioni collettive da parte dei consumatori su base transfrontaliera, in modo da facilitare loro l'accesso alle vie legali. L'Aula, inoltre, invita la Commissione a presentare, entro un anno, un programma di lavoro che permetta di valutare l'impatto sugli obblighi dei prestatori di servizi transfrontalieri della legislazione attuale e futura relativa al mercato interno. Dovrebbe anche valutare la necessità di un eventuale strumento orizzontale di ampio respiro «per armonizzare le disposizioni sulla prestazione di servizi transfrontalieri», al fine di garantire un elevato livello di protezione dei consumatori. Questo strumento, precisano i deputati, dovrebbe contemplare almeno norme generali di base che impongano un'informazione adeguata in merito ai prezzi, alle condizioni contrattuali e ai mezzi di ricorso in caso di lacune o ritardi nei servizi. Link utili
Studio sugli obblighi dei prestatori di servizi transfrontalieri
pubblicato nel marzo 2007 e richiesto dalla commissione per il
mercato interno e la protezione dei consumatori (inglese) Riferimenti Lasse Antero LEHTINEN (PSE, FI) |
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Istituto europeo di tecnologia: promuovere l'innovazione Il Parlamento accoglie con favore la proposta di creare un Istituto europeo di tecnologia ma, ritenendo che l'innovazione debba essere il suo principale obiettivo, chiede di modificarne il nome in conseguenza. Nell'invitare il Consiglio a negoziare sulle fonti di finanziamento dell'Istituto, suggeriscono di avviare una fase pilota che si concentri sui grandi temi prioritari come il cambiamento climatico, la mobilità sostenibile, l'efficienza energetica. Approvando la relazione di Reino PAASILINNA (PSE, FI), il Parlamento accoglie con favore la proposta di creare un Istituto europeo di tecnologia, ma chiede che il suo nome venga cambiato in: Istituto europeo di innovazione e tecnologia. I deputati ritengono infatti che l'Europa abbia bisogna di maggiore innovazione per restare competitiva a livello mondiale e garantire la crescita dell'occupazione e il principale obiettivo dell'Istituto, pertanto, deve essere di contribuire alla capacità d'innovazione. Poiché l'Istituto «dovrebbe essere un fiore all'occhiello per l'innovazione e la ricerca europee», il Parlamento ritiene opportuno che la sua sede sia ubicata «nei pressi degli attuali centri europei di eccellenza e di prestigio accademico, onde beneficiare al meglio delle infrastrutture esistenti». Il punto più controverso riguarda il finanziamento. La dotazione di bilancio complessiva è stimata a 2,4 miliardi di euro per i primi sei anni, da finanziare con fondi pubblici e privati. I deputati concordano con la Commissione nel ritenere che il bilancio comunitario dovrà coprire 308,7 milioni di euro. Lo scorso 19 settembre, peraltro, la Commissione ha proposto una revisione delle prospettive finanziarie 2007-2013 al fine di garantire il finanziamento di Galileo e dell'EIT. E' su questa base che saranno avviati negoziati tra il Parlamento e il Consiglio. Un emendamento precisa che i finanziamenti vanno reperiti, fra l'altro, tra i crediti non utilizzati dagli Stati membri o ricorrendo a prestiti della Banca europea per gli investimenti (BEI) e non sottraendo risorse ai programma comunitari, come proposto dalla Commissione. Anzi, il Parlamento chiede esplicitamente che nessun contributo sia fornito ai costi per la costituzione e/o amministrazione direttamente connessi con l'IET o le CCI ("comunità delle conoscenze e dell'innovazione") da parte del Programma quadro di ricerca e sviluppo tecnologico, del Programma quadro per la competitività e l'innovazione e del Programma per l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita. Per quanto riguarda la struttura, la proposta prevede un comitato direttivo incaricato di selezionare le Università, gli organismi di ricerca, le società e gli altri attori che andranno a costituire i partenariati chiamati "comunità delle conoscenze e dell'innovazione" (CCI). Contrariamente alla Commissione, i deputati sostengono che l'IET e i CCI debbono essere autonomi sotto il profilo giuridico. Anche se questi ultimi disporranno di un'autonomia generale per definire la propria organizzazione interna e il loro metodo di lavoro, i deputati intendono fissare le norme basilari riguardo alla loro composizione. A loro parere, infatti, ogni CCI dovrebbe essere costituito da almeno tre organizzazioni partner situate in almeno due Stati membri diversi. Dovrebbe inoltre vedere la partecipazione di almeno un istituto di istruzione superiore e una società privata. Il Parlamento ha poi respinto l'idea che l'IET potesse rilasciare propri diplomi e titoli. Propone invece che il logo dell'Istituto sia affiancato ai titoli attribuiti da Università che fanno parte dei CCI. D'altra parte, ritiene che, entro due anni dall'entrata in vigore del regolamento, sia necessario procedere mediante una «fase pilota», designando due o tre CCI, per valutare adeguatamente il funzionamento del progetto. Durante tale fase pilota, il comitato direttivo sceglierà CCI in settori che aiutano a far fronte alle sfide attuali e future, quali il cambiamento climatico, la mobilità sostenibile, l'efficienza energetica e la prossima generazione di tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Dopo l'adozione della sua prima "Agenda strategica per l'innovazione" (ASI) - un nuovo elemento suggerito dai deputati - l'IET potrà selezionare ulteriori CCI. L'Agenda strategica per l'innovazione dovrà evidenziare i settori strategici a lungo termine dell'IET nei settori di potenziale interesse fondamentale a livello economico e societario, suscettibili di generare il più elevato valore aggiunto in termini di innovazione a livello UE. Una strategia più concreta e dettagliata dovrà essere elaborata nei programmi di lavoro triennali, consentendo all'IET di rispondere agli sviluppi interni ed esterni nei settori della scienza, della tecnologia, dell'innovazione e di altri campi pertinenti. La prima ASI della durata di 7 anni dovrà essere elaborata entro il 31 dicembre 2011 e successivamente ogni 7 anni. Prima di procedere all'adozione della relazione, il Parlamento non aveva accolto la proposta avanzata dal gruppo Verde/ALE di respingere la proposta della Commissione. Ha anche respinto un emendamento dello stesso gruppo che chiedeva di accollare al bilancio comunitario l'intero fabbisogno finanziario stimato per i primi sei anni di attività dell'EIT (2,367 miliardi di euro). Antefatti Nel febbraio 2003, il presidente Barroso ha esposto l’idea di creare un Istituto europeo di tecnologia (l’IET), in occasione della revisione di metà percorso della strategia di Lisbona. L’IET deve essere considerato come un elemento di una strategia globale destinata a mobilitare la conoscenza e l’innovazione a favore della crescita e dell’occupazione. Sarebbe l’espressione concreta della volontà comunitaria di creare un ambiente propizio all’innovazione e all’eccellenza nell’Unione. Con l’IET si intende incoraggiare e promuovere l’innovazione mediante attività strategiche transdisciplinari e interdisciplinari di ricerca e d’istruzione in settori che rivestono un interesse essenziale per l’economia e la società, nonché attraverso lo sfruttamento, a vantaggio dell’UE, dei risultati della conoscenza generati in tal modo. L’Istituto dovrebbe accogliere una “massa critica” di risorse umane e materiali in questi settori della conoscenza, attraendo e conservando gli investimenti del settore privato nell’innovazione, nell’istruzione e nella ricerca e sviluppo, nonché studenti a livello di master, dottorandi e ricercatori in qualunque fase della loro carriera e provenienti sia dal settore scientifico sia dal mondo delle imprese. Link utili Proposta della Commissione Riferimenti Reino PAASILINNA (PSE, FI) |
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Verso una politica estera dell'energia Il Parlamento invoca la creazione di una politica estera comune in materia di energia e, in tale ambito, la nomina di un Alto rappresentante. Sollecita anche la diversificazione delle fonti e dei fornitori, nonché un maggiore sviluppo delle energie rinnovabili. Chiedendo la creazione di nuovi mercati regionali, caldeggia una cooperazione rafforzata con i principali paesi produttori, di transito e consumatori, in particolare nel Mediterraneo e nel Mar Caspio. Approvando con 553 voti favorevoli, 103 contrari e 27 astensioni la relazione di Jacek SARYUSZ-WOLSKI (PPE/DE, PL), il Parlamento sottolinea anzitutto che la sicurezza energetica «deve essere vista come una componente essenziale della sicurezza globale dell'Unione europea» nonché come un «elemento chiave per il proseguimento dello sviluppo economico e sociale in Europa». Nota inoltre che, a causa dell'attuale crescente dipendenza energetica da paesi fortemente instabili e non democratici, «gli sforzi compiuti per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti a livello esclusivamente nazionale si sono rivelati insufficienti». Per i deputati è quindi necessario creare una politica energetica comune che riguardi la regolamentazione del mercato interno e gli aspetti esterni e che «tenga conto degli interessi politici ed economici di tutti gli Stati membri». A loro parere, peraltro, una politica estera comune in materia di energia - basata sulla solidarietà e la diversificazione nonché sulla promozione della sostenibilità - «creerebbe sinergie atte a garantire la sicurezza delle forniture all'Unione europea e accrescerebbe la forza, la capacità di intervento in questioni di politica estera e la credibilità di quest'ultima come attore mondiale». E' pertanto necessario elaborare disposizioni concrete, da inserire nei trattati, che portino alla creazione di una politica estera comune dell'Europa in materia di energia che contempli la sicurezza degli approvvigionamenti, il transito e gli investimenti connessi alla sicurezza energetica, la promozione dell'efficienza e dei risparmi energetici nonché di fonti energetiche pulite e rinnovabili. Il Parlamento sottolinea che una tale politica deve anche contribuire alla promozione e all'attuazione dei valori e degli interessi dell'Unione europea, nonché dei principali obiettivi della propria politica estera, vale a dire la salvaguardia della pace, il primato dei diritti dell'uomo, della democrazia e dello Stato di diritto. Riconoscendo poi che la dipendenza dell'UE dalle importazioni energetiche «può avere notevoli conseguenze sull'indipendenza del proprio processo decisionale in altri settori strategici», i deputati invitano il Consiglio e la Commissione a definire, entro la fine del 2007, «una precisa tabella di marcia che porti alla messa a punto di una politica di questo tipo e che indichi gli obiettivi, i traguardi e le azioni a breve, medio e lungo termine». Con 403 voti favorevoli, 248 contrari e 26 astensioni, il Parlamento propone inoltre di nominare, non appena entrerà in vigore il nuovo trattato di riforma, un Alto rappresentante per la politica estera sull'energia «responsabile del coordinamento di tutte le politiche rientranti nell'ambito della politica estera comune dell'Europa in materia di energia». Questi, agendo sotto l'autorità del «neoistituito e rafforzato» Alto Rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, contribuirebbe infatti alla capacità dell'UE di tutelare i propri interessi di sicurezza energetica nei negoziati con i partner esterni. Per i deputati la sicurezza degli approvvigionamenti a prezzi accessibili e prevedibili deve costituire uno degli obiettivi principali dell'UE. Ritengono quindi essenziale sostenere le iniziative prioritarie per diversificare le fonti e i fornitori di energia. A quest'ultimo proposito, si dicono favorevoli a dare la priorità a tutti i progetti volti a creare nuovi corridoi di trasporto che diversifichino sia i fornitori che gli itinerari, come il corridoio energetico UE/Mar Caspio/Mar Nero e, in particolare il gasdotto Nabucco. La priorità deve inoltre essere attribuita alla infrastruttura di gas naturale liquefatto, all'interconnessione delle reti elettriche e al completamento dei raccordi euro-mediterranei dell'infrastruttura elettrica e del gas nonché alla realizzazione di nuovi progetti di infrastruttura petrolifera di interesse europeo, come i progetti Odessa-Danzica e Costanza-Trieste. D'altra parte, il Parlamento esorta la Commissione a considerare l'opportunità di estendere ad altri paesi terzi la Comunità europea dell'energia (che comprende l'UE e l'Europa sud-orientale) e di creare nuovi mercati energetici regionali sul modello di questa Comunità, come una comunità energetica euromediterranea, «per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti». Allo stesso tempo, tuttavia, sostiene l'intenzione della Commissione di adottare idonee misure per prevenire gli investimenti incontrollati da parte di aziende estere nazionalizzate nel settore energetico dell'UE (in particolare le reti di trasmissione del gas e dell'elettricità). Il Parlamento chiede poi una cooperazione rafforzata con i principali paesi produttori, di transito e consumatori e, in particolare, con l'Algeria, l'Egitto e gli altri paesi produttori della regione del Mashreq/Maghreb. Invita inoltre l'UE ad intrattenere con i paesi in via di sviluppo un dialogo sulle questioni energetiche al fine di promuovere la decentralizzazione delle energie rinnovabili, l'accessibilità all'energia e la sostenibilità nonché l'infrastruttura energetica d'interesse comune. Suggerisce anche la creazione di un partenariato per la sicurezza energetica con gli USA e sottolinea l'importanza della Turchia come snodo di transito per la diversificazione delle forniture di gas all'Unione europea. I deputati appoggiano poi le iniziative della Commissione per sviluppare un dialogo più stretto in materia di energia con i paesi del Caucaso meridionale, della regione del Caspio e dell'Asia centrale nonché del Bacino Mediterraneo e del Medio Oriente. Chiedono inoltre che venga intensificato il dialogo con la Cina, l'India, il Brasile e con altri paesi emergenti e in via di sviluppo, al fine di costruire un mercato globale dell'energia stabile e prevedibile, basato su regole eque e trasparenti e che miri inoltre ad unire gli sforzi nella lotta contro il riscaldamento globale e il mantenimento dello sviluppo sostenibile Nel sottolineare l'importanza del partenariato energetico UE-Russia, il Parlamento richiama l'attenzione sul fatto che questo «può basarsi soltanto sul principio di non discriminazione ed equo trattamento e su condizioni di mercato paritarie». A suo parere, inoltre, l'UE dovrebbe negoziare un documento quadro formale sulle relazioni con la Russia in materia di energia nel contesto del nuovo accordo di partenariato e cooperazione. Sottolinea poi che la ratifica russa del trattato sulla Carta dell'energia «costituirebbe una dimostrazione visibile e tangibile dell'impegno della Russia a fornire energia in modo affidabile e a cooperare nel settore dell'energia in base a principi e valori comuni». Consiglio e Commissione sono invitati anche a fare uso della loro influenza per convincere la Russia ad impegnarsi a creare mercati aperti, equi e trasparenti per la produzione e la fornitura di energia. Secondo il Parlamento è infine necessario dare priorità alle fonti energetiche rinnovabili ed ecologicamente sicure. Ritiene infatti che la potenziale dipendenza dai biocombustibili «sia altrettanto preoccupante della dipendenza dalle forniture esterne di petrolio o di gas». Invita quindi la Commissione, insieme con i partner dell'UE, a sviluppare un regime globale di certificazione in grado di garantire la sostenibilità della produzione e dell'utilizzo di biocombustibili. Gli incentivi all'uso di biocarburanti e di biomassa non devono infatti rappresentare una minaccia per la sicurezza alimentare globale né comportare ulteriori pressioni sulle foreste naturali, l'estensione delle monocolture e l'aggravamento del cambiamento climatico con la distruzione delle foreste tropicali. Link utili Comunicazione della Commissione - Le relazioni esterne nel settore dell'energia: dai principi all'azione Riferimenti Jacek Emil SARYUSZ-WOLSKI
(PPE/DE, PL) |
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Fonti rinnovabili contro la petrolio-dipendenza e l'inquinamento L'Aula chiede il miglioramento dell'attuale quadro normativo per produrre da fonti rinnovabili il 20% dell'energia consumata nell'UE, entro il 2020. Occorre inoltre creare un ambiente di mercato favorevole, investire in infrastrutture, incoraggiare la ricerca e incentivare - anche fiscalmente - i biocarburanti e l'acquisto di auto a basse emissioni di CO2. Ma senza penalizzare la gestione forestale sostenibile, la biodiversità e la produzione alimentare. Escluso ogni riferimento al nucleare. Approvando a larghissima maggioranza la relazione di Britta THOMSEN (PSE, DK), il Parlamento invita la Commissione a presentare, al più tardi entro la fine del 2007, una proposta concernente un quadro legislativo per le energie rinnovabili (da adottare in codecisione) che rafforzi e migliori l'attuale normativa. La Commissione, è precisato, dovrebbe proporre un approccio settoriale che stabilisca «obiettivi vincolanti, chiari e realistici» per i settori dell'elettricità, dei trasporti e del riscaldamento e raffreddamento. Anche perché i deputati ritengono che le fonti energetiche rinnovabili costituiscono un elemento chiave di un mix energetico sostenibile, contribuendo alla riduzione della dipendenza dalle importazioni e alla diversificazione del mix di combustibili, alla riduzione delle emissioni di CO2 e di altro tipo, allo sviluppo di nuove tecnologie innovative ed alle opportunità di occupazione e di sviluppo regionale. Per promuovere le fonti rinnovabili, il Parlamento sollecita l'istituzione e l'attuazione di piani d'azione per le energie rinnovabili (PAR) a livello comunitario e nazionale, che contemplino obiettivi settoriali per incoraggiare gli investimenti, l'innovazione e la ricerca in tutti i settori. Questi PAR, inoltre, dovrebbero essere sottoposti ad una valutazione strategica approfondita dell'impatto ambientale e affrontare specificamente «la necessità di riconciliare la produzione di energia rinnovabile con altre questioni ambientali (gestione forestale sostenibile, biodiversità, prevenzione del degrado del suolo, emissioni di gas ad effetto serra, ecc.)». E alla Commissione è quindi chiesto di assicurare che la legislazione comunitaria sull’energia rinnovabile e i PAR includano criteri e disposizioni volti a prevenire i conflitti tra i diversi usi della biomassa. Il Parlamento invita poi la Commissione e gli Stati membri a raggiungere quanto prima un accordo sulla distribuzione dell'obiettivo del 20% di energie rinnovabili e chiede di raddoppiare, entro il 2020, la quota di elettricità prodotta a partire dalle energie rinnovabili. In tale ambito, precisa che ogni Stato membro dovrebbe essere libero di scegliere le fonti energetiche rinnovabili più appropriate. Pertanto chiede la definizione di una serie di tappe per i PAR e la loro revisione ogni tre anni, affinché la Commissione possa adottare misure entro il 2020 se uno Stato membro non adempisse ai suoi obblighi. Allo stesso tempo, i deputati deplorano che le autorità regionali e locali nell'UE «continuino a mostrare insufficiente interesse a sfruttare e utilizzare fonti di energia rinnovabili», e che l'obiettivo UE di una quota del 12% di energie rinnovabili nel mix energetico comunitario entro il 2010 molto probabilmente non sarà raggiunto. La Commissione e gli Stati membri sono poi invitati a contribuire alla creazione di un ambiente di mercato favorevole alle energie rinnovabili, che promuova attivamente la produzione decentralizzata e l’uso di questo tipo di energia. I deputati ritengono infatti indispensabile integrare rapidamente le energie rinnovabili nel mercato interno dell'energia. Un accesso trasparente, equo e prioritario alle reti è inoltre un requisito essenziale per una riuscita integrazione e un'espansione della produzione energetica da fonti rinnovabili. L'accesso alle reti e le procedure di pianificazione devono inoltre essere ulteriormente semplificati e armonizzati. Gli Stati membri devono poi compiere maggiori sforzi per ridurre gli oneri amministrativi. Occorre inoltre investire in un'infrastruttura e in una gestione di rete aggiuntiva, flessibile e intelligente per migliorare il funzionamento del sistema, migliorare la sicurezza dell'approvvigionamento, ridurre i costi per i consumatori e migliorare l'accesso alle energie rinnovabili e la loro produzione. Per creare condizioni di mercato favorevoli alle energie rinnovabili, d'altra parte, i deputati chiedono di abolire «sovvenzioni irragionevoli» e incoraggiare l'uso dinamico degli appalti pubblici in seno all'Unione europea. Si contribuirebbe, così, a ridurre i costi delle tecnologie di efficienza energetica e di quelle relative alle energie rinnovabili. Ritengono inoltre che un regime di sostegno armonizzato, efficace ed efficiente, debba costituire l'obiettivo a lungo termine in Europa, pur riconoscendo che i regimi di sostegno nazionali siano necessari per mantenere la fiducia degli investitori. Nell'auspicare l'elaborazione di una politica dei trasporti globale, rispettosa dell'ambiente e socialmente ed economicamente sostenibile, il Parlamento esorta gli Stati membri a fissare obiettivi ambiziosi in relazione all'utilizzo di fonti di energia rinnovabili nei trasporti pubblici e il graduale aumento degli standard relativi all'efficienza dei combustibili nel settore dei trasporti. Sottolineando poi che la produzione di automobili più efficienti dal punto di vista dei consumi continua ad essere il modo migliore per ridurre le emissioni di CO2 e il consumo di petrolio, plaude quindi alla proposta di riesame della direttiva sulla qualità dei carburanti. I deputati si rallegrano inoltre della proposta della Commissione tesa a promuovere i biocarburanti e altre energie rinnovabili destinate ai trasporti imponendo un obiettivo vincolante del 10%, a condizione però «che si possa dimostrare che tali carburanti sono prodotti in modo sostenibile». La Commissione è peraltro invitata ad elaborare un sistema di certificazione dei biocarburanti (europei ed extracomunitari), completo e obbligatorio. Tale sistema dovrebbe assicurare che la loro produzione non comporti, direttamente o indirettamente, una perdita di biodiversità e di risorse idriche, la diminuzione delle riserve di carbonio (a causa di cambiamenti nell'uso dei terreni) o problemi sociali come il rincaro dei prodotti alimentari. A quest'ultimo proposito, i deputati ritengono che occorra ricercare il giusto equilibrio tra la produzione alimentare e quella energetica. Il Parlamento riconosce che gli incentivi fiscali sono un importante strumento per modificare le scelte dei consumatori e farli passare da combustibili fossili a biocombustibili. Incoraggia pertanto gli Stati membri a prendere in considerazione un incentivo fiscale che renda i biocarburanti una scelta economicamente razionale. Attraverso incentivi fiscali, gli Stati membri dovrebbero anche sostenere l'acquisto di automobili a basse emissioni di CO2. E, in proposito, ritenendo che l'uso di automobili elettriche e a idrogeno svolgerà un ruolo importante in futuro, invitano la Commissione ad includere le automobili elettriche ibride nel piano strategico dell'UE in materia di energia e tecnologia. La relazione ricorda poi che il 40% di tutta l'energia dell'UE è utilizzato negli edifici e che «esiste un enorme potenziale per ridurre questo consumo in modo che le energie rinnovabili possano coprire tutto il fabbisogno di energia in questo settore». Invita quindi la Commissione a definire entro la fine del 2007 un programma di attuazione per la diffusione su vasta scala di case e edifici ad energia passiva e ad energia positiva netta. Dovrebbe anche assicurare che qualsiasi proposta di direttiva quadro per le energie rinnovabili contenga efficaci misure di promozione del riscaldamento e del raffreddamento mediante energie rinnovabili, allo scopo di aumentare la quota di energie rinnovabili nell'UE dall'attuale livello di circa il 10% ad almeno il doppio entro il 2020. Ma a Commissione e Stati membri il Parlamento chiede anche di garantire che venga data un'elevata priorità alle fonti rinnovabili nel quadro dei programmi dell'UE in materia di ricerca e sviluppo tecnologico. Occorre quindi aumentare il bilancio della ricerca in campo energetico in occasione della revisione del bilancio 2007-2013. Raccomanda, tra l'altro, di destinare il ricavato della vendita all'asta dei crediti di emissione alla ricerca su fonti energetiche rinnovabili, comprese quelle promettenti come l'energia da osmosi, mareomotrice, del moto ondoso, solare, eolica di altitudine, generata da movimento rotatorio e l'energia generata dalle alghe. Rilevano inoltre che sono necessarie ulteriori attività di ricerca e sviluppo sullo stoccaggio di energia prodotta da fonti rinnovabili, come è stato fatto nel caso della tecnologia dell'idrogeno. Infine, accogliendo (con 322 voti favorevoli, 270 contrari e 14 astensioni) un emendamento proposto dai Verdi, l'Aula ha soppresso il paragrafo che, nell'ambito delle misure tese a limitare l'aumento della temperatura del pianeta, notava come l'energia nucleare rappresenti attualmente «una tecnologia "ponte" povera di emissioni, in grado di agevolare il passaggio ad una produzione energetica da fonti rinnovabili a basso livello di emissioni». Soppressa anche la parte che chiedeva di investire i proventi economici dell'energia nucleare nelle energie rinnovabili, in misure di efficienza energetica e nella ricerca energetica. Link utili
Risoluzione del Parlamento europeo sulla strategia per la
biomassa e i biocarburanti (14/12/2006) Riferimenti Britta THOMSEN (PSE, DK) |
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Elezioni europee: promuovere la candidatura dei residenti all'estero Il Parlamento accoglie con favore la proposta di agevolare il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni europee nello Stato membro di residenza diverso da quello di origine. Chiede tuttavia di lasciare aperta la possibilità di candidarsi contemporaneamente in collegi situati in altri Stati. I deputati, inoltre, sollecitano i governi a informare i cittadini di questo diritto, anche per aumentare l'affluenza alle urne in occasione delle elezioni. La Commissione propone di facilitare l'esercizio dei diritti elettorali dei cittadini UE attraverso alcune modifiche della direttiva che regola tale questione. Più in particolare, al fine di colmare le lacune dell'attuale meccanismo per quanto riguarda la prevenzione del doppio voto e della doppia candidatura, la proposta prevede, innanzitutto, di sostituire l'obbligo dello scambio di informazioni con misure meno gravose, introducendo al tempo stesso le garanzie e i deterrenti necessari. Prevede poi la soppressione dell'obbligo, previsto per i cittadini UE che desiderano presentare la propria candidatura nello Stato membro di residenza, di presentare un attestato che certifichi che essi non sono decaduti dal diritto di eleggibilità, e la sua sostituzione con un riferimento in tal senso da inserire nella dichiarazione formale che i candidati sono tenuti a presentare. Approvando la relazione di Andrew DUFF (ALDE/ADLE, UK), il Parlamento sottolinea anzitutto che la sempre maggiore mobilità delle persone attraverso le frontiere interne dell'Unione «rafforza la necessità di prevedere diritti democratici completamente trasferibili», sia nel caso delle elezioni parlamentari europee sia di quelle comunali, oltre alla necessità di assicurare che i cittadini «non perdano i propri diritti democratici se vivono in uno Stato membro diverso da quello d'origine». Accoglie quindi con favore la proposta della Commissione ma presenta taluni emendamenti. Più in particolare, il Parlamento propone di sopprimere l'attuale divieto di candidarsi in più di uno Stato membro, dando facoltà al paese di residenza di autorizzare le candidature multiple. Mentre i partiti politici dovrebbero avere la facoltà di decidere se incoraggiarle o no. Lo Stato membro di residenza, inoltre, «dovrebbe avere la facoltà di stabilire se, in base alla propria legislazione nazionale, una persona sarebbe decaduta dal diritto di eleggibilità nelle stesse circostanze e secondo le stesse modalità, e di decidere da parte sua se riconoscere la decadenza dal diritto di eleggibilità applicata nello Stato d'origine». Il Parlamento chiede così di sopprimere la decadenza automatica attualmente applicata, affinché la privazione dei diritti individuali sia il risultato di una decisione specifica adottata dalle autorità competenti dello Stato di residenza, sulla base della propria legislazione nazionale. I deputati, infine, sottolineano che gli Stati membri «hanno il dovere di informare esaurientemente i cittadini UE circa il loro diritto di voto e di eleggibilità nello Stato membro di residenza, in tempo utile prima di ogni elezione del Parlamento europeo». Dovrebbero quindi essere coadiuvati dal Parlamento europeo e dalla Commissione nonché dai partiti politici a livello europeo e nazionale nella scelta della migliore pratica a tale riguardo, «allo scopo di aumentare l'affluenza alle urne in occasione delle elezioni». Prima di procedere al voto, il vicepresidente della Commissione Franco FRATTINI ha sottolineato come molti degli emendamenti proposti dal Parlamento vadano di gran lunga al di là della proposta originale. Ha tuttavia affermato che la Commissione sostiene le motivazioni che accompagnano tali richieste di modifica, come la necessità di accrescere la partecipazione alle elezioni europee e imprimere un carattere europeo a tali consultazioni. Ha quindi affermato che la questione della doppia candidatura dovrà essere studiata dalla Commissione, assieme al Parlamento europeo. Gli eurodeputati italiani eletti all'estero I diritti relativi alla cittadinanza dell'Unione, sanciti dal Trattato, prevedono che tutti i cittadini dell'Unione residenti in uno Stato membro di cui non hanno la nazionalità hanno diritto di voto e di eleggibilità per il Parlamento europeo nello Stato membro in cui risiedono, alle stesse condizioni dei cittadini di tale Stato. Eppure, nel corso delle ultime elezioni europee del 2004, solo 57 cittadini (su un totale di 8.974 candidati) hanno concorso in uno Stato membro diverso da quello d'origine. Nell'attuale legislatura, non vi sono candidati italiani che hanno concorso all'estero né stranieri che si sono presentati in Italia. Tuttavia, in quella precedente (1999-2004), Monica FRASSONI è stata eletta in Belgio (suo paese di residenza) ed è stata poi rieletta nella legislatura in corso, questa volta in Italia. Viceversa, il belga Olivier DUPUIS (deputato dal 1996 al 1999 e dal 1999 al 2004) è stato eletto in Italia. Link utili
Proposta della Commissione Riferimenti Andrew DUFF (ALDE/ADLE, UK) |
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Zucchero: compensare meglio la ristrutturazione del settore Per evitare una riduzione arbitraria delle quote che penalizzerebbe i diversi settori della filiera europea dello zucchero, occorre ottimizzare il funzionamento del regime di ristrutturazione. E' quanto sostengono due relazioni approvate dal Parlamento in merito alla proposta di adattamento della riforma del settore avvenuta nel 2006, chiedendo un miglioramento delle compensazioni a favore di produttori e delle regioni. La riforma del settore dello zucchero approvata nel 2006 mira, tra l’altro, a fare in modo che la produzione comunitaria di zucchero ritrovi un livello sostenibile tramite l’introduzione di un regime volontario di ristrutturazione fino al 2010 e di un meccanismo di ritiro che permetterebbe di adeguare il livello di produzione su base annua. Dopo 18 mesi, tuttavia, la riduzione volontaria da parte dei produttori è ammontata solamente a 2,2 milioni di tonnellate, ben lontano dall'obiettivo di 6 milioni di tonnellate posto dalla riforma. Le due proposte all'esame del Parlamento mirano quindi a rendere più interessante questo regime, per evitare la riduzione lineare delle quote nazionali e regionali al termine della ristrutturazione (2009/2010), come previsto dalla riforma. La Commissione propone quindi di rafforzare il piano comunitario di ristrutturazione e di adeguare il meccanismo di ritiro per migliorare l’efficienza dei meccanismi entrati in vigore con la revisione del 2006 e assicurare quindi l’equilibrio del mercato a un livello vicino a quello del prezzo di riferimento. Nell'approvare due relazioni di Katerina BATZELI (PSE, EL), il Parlamento, pur accogliendo con favore gli obiettivi della Commissione, propone diversi emendamenti che mirano, sostanzialmente a migliorare la compensazione concessa ai produttori e alle regioni. Più in particolare, per incoraggiare ulteriormente l'abbandono delle quote, i deputati chiedono che si possa procedere a una ristrutturazione in due tappe, permettendo alle imprese che hanno già proceduto a dei ritiri di aumentare le loro domande di abbandono fino al 30 aprile 2008. Suggeriscono inoltre di aumentare l'aiuto alla ristrutturazione fino a 625 euro, anche se non si procede a uno smantellamento totale o parziale degli impianti di produzione. Pongono poi l'accento sulla necessità per le imprese di stabilire dei piani di sviluppo a carattere sociale con lo scopo di diversificare i redditi e l'occupazione. E' anche sottolineato che il piano di ristrutturazione dovrebbe essere predisposto in consultazione con i produttori che dovranno essere informati sur loro futuro, prima delle semine. La proposta della Commissione prevede che i produttori di barbabietole potranno prendere l'iniziativa di abbandonare le proprie quote fino a una percentuale massima pari al 10% della quota dell'impresa. In proposito, i deputati ritengono che occorra dare priorità ai piccoli produttori, affinché possano rinunciare in condizioni vantaggiose al loro diritto di consegnare le barbabietole. Chiedono inoltre una compensazione del 100% nei casi delle imprese che smantellano parzialmente i loro impianti, a condizione che si indirizzino verso la produzione di bioetanolo. Fino ad oggi, l'aiuto previsto in questi casi è limitato al 35%. Un emendamento - che riprende quando richiesto in occasione della riforma del 2006 - propone di concedere ai produttori almeno il 25% dell'aiuto versato a titolo del fondo di ristrutturazione. L'attuale proposta della Commissione prevede invece di fissare questo aiuto al 10%. Per i primi due anni della riforma, l'aiuto potrebbe variare in funzione degli Stati membri, a condizione però che non sia inferiore al 10%. I deputati auspicano inoltre aumentare da 237,5 a 260 euro per tonnellata di quota "liberata" l'aiuto complementare ai produttori di barbabietole, che la Commissione propone di concedere per la campagna 2008/2009 e retroattivamente ai produttori di barbabietole che abbiano già abbandonato la produzione nel corso dei primi due anni di riforma. In proposito, peraltro, il Parlamento chiede che questo aiuto sia prorogato fino al 2009/2010. Chiedono poi che l'aiuto alla diversificazione versato alle regioni interessate dalla ristrutturazione sia mantenuto fino al 2009/2010 al suo attuale livello, ossia 109,5 euro per tonnellata di quota liberata, contro un aiuto decrescente previsto dalla riforma del 2006 (che scende a 78 euro nel 2009/2010). Nell'ottica di una possibile riduzione lineare delle quote a partire dal 2010, i deputati ritengono che si debba procedere, anche in questo caso, in due tappe. In un primo momento ciò dovrebbe riguardare unicamente gli Stati membri o le imprese che, nel 2008/2009, non avessero proceduto a una restituzione volontaria o che avessero restituito meno del 13,5% della loro quota. Successivamente, sarebbe utilizzata la formula proposta dalla Commissione. I deputati, peraltro, sottolineano la necessità, nella decurtazione finale, di tenere conto dei ritiri già realizzati dagli Stati membri e dalle imprese. In vista dell'entrata in vigore integrale, nel 2010, dell'accordo "Tutto salvo le armi" che permetterà ai paesi meno sviluppati di esportare zucchero nell'UE senza dazi, i deputati ritengono indispensabile estendere fino al 2015 l'applicazione del meccanismo che permette il ritiro preventivo di una parte della produzione in caso di eccedenze sul mercato comunitario. Chiedono, peraltro, che la Commissione prenda la sua eventuale decisione per il 2008/09 al più tardi il 4 febbraio 2008 (invece del 16 marzo previsto per le altre campagne). In questo modo, infatti, i produttori di barbabietole potranno prendere le loro decisioni prima delle semine. Link utili Proposte della Commissione Riferimenti Katerina BATZELI (PSE, EL) |
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Cereali: sì allo 0% di set aside, ma anche nel 2009 L'Aula ha accolto la proposta di fissare a zero il tasso di ritiro obbligatorio per il 2008, al fine di rispondere alle difficoltà di mercato dovute alla riduzione dei raccolti e all'aumento dei prezzi dei cereali. Chiede però che questo tasso sia applicato anche nel 2009 e sollecita uno studio volto a valutare gli effetti ambientali della rinuncia al set aside. Data la situazione sempre più difficile del mercato dei cereali, il 13 settembre, la Commissione europea ha proposto di fissare a zero il tasso di ritiro obbligatorio per le semine dell'autunno 2007 e della primavera 2008. Nell'UE-27 il raccolto del 2006, più esiguo del previsto (265,5 milioni di tonnellate), ha avuto come conseguenza una riduzione delle scorte al termine della campagna di commercializzazione 2006/2007 e i prezzi hanno raggiunto livelli elevatissimi. Le scorte d'intervento, inoltre, si sono ridotte, passando da 14 milioni di tonnellate all'inizio del 2006/2007 a circa 1 milione di tonnellate a settembre, e sono principalmente costituite da granturco ungherese. La riduzione del tasso di ritiro dal 10% allo 0%, secondo la Commissione, dovrebbe consentire un aumento della produzione pari almeno a 10 milioni di tonnellate. Fissare a zero il tasso di ritiro, precisa la Commissione, non significa obbligare gli agricoltori a coltivare tutte le proprie terre: essi possono continuare a metterle volontariamente a riposo ed a aderire a programmi ambientali. Il Parlamento, su suggerimento del Presidente della commissione agricoltura Neil PARISH, ha accolto la proposta della Commissione, ma chiede che il tasso nullo di set aside sia applicato anche nel 2009, consentendo così la coltivazione delle superfici ritirate dalla produzione. Sostenendo infine, che il ritiro dalla produzione comporti effetti positivi per la qualità del suolo e la biodiversità, il Parlamento chiede alla Commissione di studiare l'impatto ambientale della rinuncia al ritiro della produzione. Antefatti Il ritiro delle colture fu introdotto per limitare la produzione di cereali nell'UE e venne applicato su base volontaria dal 1988/1989. Dopo la riforma del 1992 divenne obbligatorio: per avere diritto agli aiuti diretti, i produttori operanti nell'ambito del regime generale erano tenuti a mettere a riposo una determinata percentuale della superficie dichiarata. Con la riforma del 2003 essi hanno ricevuto diritti di ritiro, che consentono di godere di un aiuto se sono associati alla messa a riposo di superfici ammissibili. Inizialmente il tasso di ritiro obbligatorio veniva stabilito ogni anno ma, per semplificarne l'applicazione, nel 1999/2000 è stato fissato in via definitiva al 10%. Sono esentati dall'obbligo di ritiro dalla produzione gli agricoltori dei nuovi Stati membri che hanno optato per il regime di pagamento unico per superficie (RPUS), ossia Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Ungheria, Lituania, Lettonia, Estonia, Cipro, Bulgaria e Romania. Il futuro del sistema di ritiro obbligatorio verrà discusso nel quadro del dibattito che sarà avviato in novembre dalla comunicazione sulla verifica dello "stato di salute" della PAC. Sarà inoltre affrontato il problema di come salvaguardare gli effetti benefici prodotti da questo sistema sull'ambiente. Riferimenti Neil PARISH (PPE/DE, UK) |
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Apertura della sessione Il Presidente ha reso omaggio all'ex deputato europeo Lord Bethel ed ha espresso la solidarietà del Parlamento nei confronti di Aung San Suu Kyi. Su richiesta di diversi gruppi, l'Aula affronterà un dibattito sulla situazione in Birmania al seguito del quale adotterà una risoluzione. Marco Pannella è intervenuto sulla riforma del Parlamento. Questa sera saranno scelti i tre finalisti del Premio Sacharov per la libertà di pensiero. Aprendo i lavori, il Presidente ha reso omaggio a Lord Bethel, eurodeputato britannico dal 1975 al 1994 e dal 1999 al 2003, deceduto l'otto settembre scorso a 69 anni dopo un a lunga malattia. Al riguardo, Hans-Gert PÖTTERING ha ricordato che, da vicepresidente della commissione politica del Parlamento europeo, Lord Bethel si è molto impegnato nella difesa della libertà e della giustizia. Ha, ad esempio, promosso l'istituzione del Premio Sacharov a sostegno di chi lotta contro l'oppressione, ha incontrato diverse volte dissidenti in Unione Sovietica, come Sacharov e Solzenicyn. Di quest'ultimo, l'ex deputato, ha anche curato la traduzione in inglese di due opere. Dopo aver reso omaggio anche ai due soldati spagnoli uccisi in Afghanistan, ha quindi chiesto all'Aula di osservare un minuto di silenzio per commemorare Lord Bethel e tutte le vittime del terrorismo. Il Presidente ha poi voluto esprimere la solidarietà del Parlamento a Aung San Suu Kyi - già vincitrice del Premio Sacharov - auspicando di poterla ricevere al più presto. In proposito ha anche rivolto un appello alle autorità birmane affinché liberino tutti i prigionieri politici e concedano il diritto di manifestare. Interventi di un minuto Marco PANNELLA (ALDE/ADLE, IT) ha sottolineato che nell'ottobre 1985, Altiero Spinelli - temendo che la riforma del Parlamento europeo del 1984 «fosse liquidata rapidissimamente a favore dell'Europa delle patrie contro la patria europea» - affidava allo stesso Parlamento «il compito di continuare la rivoluzione europea». Ha poi citato quanto detto dallo stesso Spinelli il 31 dicembre successivo: «Il Parlamento europeo, allora, può dare la censura alla Commissione, farla dimettere, può respingere il bilancio, votare un bilancio diverso da quello del Consiglio, ma soprattutto il Parlamento europeo deve dare dei meri pareri al Consiglio. Il Consiglio non può decidere se non li ha ...... Il Parlamento europeo dovrebbe avere il coraggio di fare lo sciopero dei suoi pareri». Secondo il deputato, invece, «noi abbiamo scelto un'operazione militare e non parlamentare per arrivare ad una nuova struttura, a un nuovo assetto dell'Europa». Ha quindi concluso: «i sondaggi ci dicono chiaramente il popolo europeo che cosa pensa di questo e dell'Europa burocratica e delle patrie invece che della patria europea». Altri documenti approvati I testi di tutti i documenti approvati sono reperibili sul sito del Parlamento europeo. |
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Ordine del giorno 10 - 11 ottobre 2007 Bruxelles (15:00 - 20:00, 21:00 - 24:00)
Giovedì 11 ottobre 2007 (9:00 - 10:50)
(11:00 – 13:00) Votazione
L'ordine del giorno può subire modifiche. |
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Codici delle procedure parlamentari
Abbreviazioni
Gruppi politici
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Deputati uscenti
Rosa, DÍEZ GONZÁLEZ (PSE, ES) (28.08.2007) |
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