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RASSEGNA
21 - 24 maggio 2007
Strasburgo
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Rivolgendosi all'Aula, Romano Prodi ha difeso le riforme ambiziose del Trattato costituzionale che permettono di far fronte alle sfide interne, esterne e istituzionali dell'UE. Sostenendo la necessità di definire nuove regole prima delle elezioni europee del 2009, non ha escluso la formazione di un'avanguardia di paesi che procedano a un'Unione più stretta. L'Italia, ha ammonito, non accetterà uno stravolgimento del pacchetto istituzionale esistente e non sottoscriverà compromessi al ribasso. Introduzione del Presidente del Parlamento europeo Hans-Gert PÖTTERING, esprimendosi in italiano, ha espresso grande piacere nell'accogliere Romano Prodi al Parlamento europeo per discutere assieme del Futuro dell'Europa. Ha quindi proseguito sostenendo che l'Italia, uno dei Paesi fondatori, «è sempre stata all'avanguardia nel guidare il processo di integrazione europea». E anche in questo periodo in cui stiamo cercando di trovare una soluzione all'impasse in cui versa il processo di integrazione europea, «l'Italia gioca un ruolo determinante» nella ricerca di una soluzione che possa essere da tutti accolta. Ha quindi rivolto un particolare ringraziamento al Presidente della Repubblica italiana, «l'amico Giorgio Napolitano», per la fruttuosa collaborazione instaurata al fine di fare della riforma dei Trattati un successo. Il Presidente del Parlamento, ha aggiunto, «sa che quando parla non ha solo il supporto del Parlamento ma anche quello dell'Italia, e questo gli da più forza». Parlando in tedesco, ha poi ricordato le celebrazioni di Roma per il cinquantesimo anniversario della firma dei Trattati: 50 anni di pace, di stabilità e di benessere. Tuttavia, ha proseguito, occorre guardare al futuro. L'UE deve affrontare delle sfide e occorre quindi dimostrare la volontà a favore delle riforme necessarie. Nel rammentare il ruolo svolto da Romano Prodi - quando era Presidente della Commissione - nella definizione della costituzione, ha sottolineato il lavoro della Presidenza tedesca nella ricerca di una soluzione soddisfacente per tutti gli Stati membri, compresi i 18 che hanno ratificato il trattato costituzionale, che rappresentano la maggioranza della popolazione europea. Il Presidente ha quindi concluso sostenendo che il Parlamento europeo non si accontenterà di risultati che non siano nell'interesse dei cittadini. Intervento del Presidente del Consiglio della Repubblica italiana Il Presidente del Consiglio Romano PRODI ha anzitutto sottolineato che si sta vivendo un «momento cruciale per il futuro dell’Europa e della costruzione europea» e che, al termine della Conferenza Intergovernativa il cui avvio sarà deciso a giugno, «dovremo poter dire di essere stati all’altezza degli impegni che ci siamo assunti, tutti insieme, il 25 marzo scorso a Berlino». Si tratta, ha spiegato, di decidere di cosa ha bisogno l’Europa «per poter affrontare le sfide che il mondo ci impone», poiché «ormai dovremmo aver capito che la capacità di noi europei di interpretare il mondo globale e coglierne le opportunità dipende da come sapremo far funzionare le nostre istituzioni comuni». Al riguardo, ha subito aggiunto, «con molta franchezza», di non condividere quanti continuano a contrapporre la necessità di produrre risultati alla necessità di rafforzare le istituzioni europee, visto che è proprio per avere più risultati che sono necessarie «istituzioni comuni più forti ed efficaci!». Tuttavia, «questa volta non partiamo da zero». Nell’ottobre del 2004, ha infatti spiegato, i paesi europei hanno tutti sottoscritto un Trattato e 18 paesi lo hanno addirittura ratificato. Osservando poi come in questi ultimi due anni sono state ascoltate soprattutto «le ragioni di chi esita», ha sottolineato che «è venuto il momento di ascoltare chi quel trattato del 2004 lo ha ratificato, chi si è impegnato, anche di fronte ai propri cittadini, a continuare quel percorso». Ritenendo ancora valido l'assunto - «fondamentale e ineccepibile» che ha portato al Trattato costituzionale - secondo cui l’Europa non può avere risultati ambiziosi senza riforme altrettanto ambiziose, il Presidente del Consiglio ha sostenuto che occorre archiviare «i lutti e le pause di riflessione degli ultimi due anni» e pensare «con serietà e responsabilità al nostro futuro e a quello dei nostri figli». Ha inoltre spiegato ce non si tratta solo di definire nuove regole ma anche di affrontare altre esigenze egualmente prioritarie, «senza cui l’Europa non potrà funzionare»: un bilancio degno di questo nome e delle vere politiche sulle grandi sfide imposte dalla contemporaneità: energia, cambiamenti climatici, divario nord-sud… Riguardo alla questione «più urgente», ossia l'esigenza di superare l’impasse costituzionale e riformare le istituzioni, il Presidente del Consiglio ha affermato che è indispensabile tener fede a un principio che è alla base del nostro stare nell’Unione europea, «un principio talmente fondamentale che definisce l’etica stessa del nostro stare assieme». Ossia che nello sviluppo della costruzione europea «occorre sempre fare uno sforzo per comprendere le ragioni degli altri, farsene in qualche modo carico». Sottolineando che «noi questo sforzo lo abbiamo sempre fatto e continueremo a farlo», ha quindi affermato di aspettarsi che gli “altri” «si facciano egualmente carico delle nostre aspirazioni», ossia di una unione «sempre più forte e più stretta». In riferimento al Consiglio europeo di giugno, il Presidente del Consiglio ha posto in luce il fatto che, questa volta, «il rispetto dei tempi è direttamente collegato a una questione di democrazia». Nel 2009, infatti, gli elettori europei dovranno «sapere su quale tipo di Europa sono chiamati a pronunciarsi». Il mandato della Conferenza Intergovernativa, ha quindi affermato, dovrà «essere preciso e selettivo», «indicando puntualmente i pochi nodi negoziali significativi e, soprattutto, come scioglierli». Solo così, ha spiegato, «riusciremo a onorare la promessa di definire le nuove regole entro il 2009». Viceversa, con un mandato aperto, la Conferenza difficilmente si chiuderebbe per la fine del 2007, e i tempi per i passaggi a livello nazionale del nuovo accordo non permetterebbero di completare il processo per i primi mesi del 2009: «l’impasse sarebbe insomma automatica». Invitando tutti a rileggere il Trattato costituzionale del 2004, il Presidente del Consiglio ha affermato che si tratta di «un testo bello, importante e con un grande respiro europeo», e che, soprattutto nella prima parte, «trasmette in modo chiaro e comprensibile il senso e la visione della grande impresa comune che abbiamo intrapreso». Ha quindi esortato a pensare bene «prima di archiviarlo e imboccare la via degli innesti a pettine, totali o parziali che siano, nei trattati esistenti». Oltre a tutto, ha insistito, si perderebbe «un patrimonio di semplicità e leggibilità a scapito della comprensione dei cittadini e, quindi, della loro adesione al progetto europeo!». Si perderebbe soprattutto «un testo che corrisponde a una coerente concezione dell’Europa, che sa coniugare le aspirazioni ideali di molti di noi con l’esigenza di dare alla nostra Unione regole più solide e mezzi adeguati per far fronte alle nuove sfide». Il Presidente del Consiglio ha poi osservato con rammarico che lo svolgimento dei negoziati sino a questo momento induce a ritenere che, «purtroppo», si dovrà rimettere mano al testo del 2004, anche se, così facendo, «ci priveremmo di qualcosa di molto importante!». Si tratterebbe, ha insistito, «di un sacrificio enorme, di un prezzo molto alto da pagare per quanti hanno ratificato e investito democraticamente nella ratifica». Per tale motivo, «non potremo accettare uno stravolgimento del pacchetto istituzionale esistente». Il rafforzamento della politica estera e di sicurezza comune attraverso un Ministro degli Esteri, una Presidenza stabile del Consiglio, l’estensione del voto a maggioranza qualificata, il superamento della struttura su tre pilastri e la personalità giuridica dell’Unione, ha spiegato, «sono tutti aspetti per noi essenziali, che vanno quindi salvaguardati». A suo parere, il trattato costituzionale de 2004 «fornisce risposte convincenti» in merito alla difesa del modello sociale europeo e alla realizzazione di un autentico spazio di libertà, sicurezza e giustizia, alla lotta al terrorismo e alle sfide globali dell’energia e del cambiamento climatico, nonché alla struttura dell'Unione europea. Vogliamo veramente sacrificarle in nome di un approccio al ribasso, di una corsa al minimo comune denominatore vogliamo davvero rischiare di aumentare la complessità del sistema limitandoci a qualche ritocco di superficie, vogliamo davvero continuare ad avanzare “col volto mascherato" per il timore di mostrare l’Europa vera ai nostri cittadini, ha quindi chiesto il Presidente, esortando i deputati a «non assecondare la retorica negativa sull’Europa». «Mostriamola invece questa Europa. Con orgoglio. Facciamo vedere a tutti cosa ha saputo darci in termini di pace e benessere, spieghiamo quanto è fondamentale per le nostre esistenze. Diciamo una volta per tutte ai nostri concittadini che in un mondo che è oramai sistema di continenti non ha senso per uno Stato e per i suoi cittadini vivere al di fuori di un aggregato politico ed economico forte al suo interno e autorevole all’esterno». Il Presidente ha quindi affermato che l’Italia dunque lavorerà in questo negoziato per giungere a un compromesso alto. Ma, ha spiegato, se un’intesa a 27 dovesse rivelarsi impossibile, sarà necessario immaginare «come permettere ai Paesi che lo desiderino di andare avanti davvero nella costruzione dell’unità dell’Europa». Pur auspicando che ciò non avvenga, il Presidente del Consiglio ha quindi affermato come «non si debba necessariamente procedere tutti insieme, alla stessa velocità». Già oggi, ha ricordato, alcune delle scelte politiche più significative dell’Europa, come l’Euro e la creazione dello spazio Schengen, sono state realizzate solo da alcuni Stati membri. Non contro qualcuno, senza escludere gli altri e mantenendo anzi la porta aperta, e in futuro dovrà quindi prevalere questo stesso approccio costruttivo «su ogni tentazione di veto». Sostenendo che l’Italia ha sempre ritenuto che essere europeisti fosse il miglior modo di essere lungimiranti, ha spiegato che, oggi, «lungimiranza ... significa anche porsi il problema di permettere ai popoli che lo desiderano di realizzare le loro ambizioni di unione nei tempi e nei modi a essi più congeniali». Altrimenti si rischia l’insabbiamento del progetto europeo. L’Italia, ha affermato il Presidente del Consiglio, «darà il massimo appoggio alla Presidenza tedesca e poi a quella portoghese perché il Consiglio europeo del 21 e 22 giugno e la Conferenza intergovernativa che seguirà, siano un successo in cui tutti i Paesi membri possano riconoscersi. Allo stesso tempo, ha precisato che se il compromesso non dovesse essere convincente, l’Italia non lo sottoscriverebbe e un’avanguardia di Paesi «potrebbe a quel punto rivelarsi il modo migliore per proseguire il percorso verso una unione sempre più stretta». A condizione, però, «che sia sempre lasciata la porta aperta a chi volesse entrare a farne parte in un momento successivo». Ha quindi lanciato «un appello forte» ai parlamentari e, soprattutto, ai parlamentari europei, il cui ruolo «è insostituibile per far comprendere ai cittadini qual è la posta in gioco»: solo se al lavoro dei governi si affiancherà il vostro lavoro, potremo creare le condizioni per il successo del negoziato costituzionale. Dobbiamo essere consapevoli, ha concluso, che «non possiamo fallire, pena il declino di un’idea avanzata di Europa che sa essere attore nel mondo grazie ai valori che ne costituiscono le fondamenta». Rischieremmo, insomma, «di tornare ad essere la piccola appendice occidentale del continente asiatico a cui la Storia fatalmente ci condannerebbe». Interventi in nome dei gruppi politici Per Joseph DAUL (PPE/DE, FR) «l'Europa avanza» e dimostra che costituisce il livello di decisione necessario, efficace e legittimo. Ha quindi reso omaggio all'impegno storico, e più che mai d'attualità, del popolo italiano a favore del progetto europeo. Dopo una lunga fase di incertezza, ha proseguito, il rilancio istituzionale si delinea e la Presidenza tedesca ha fatto bene a farne una priorità. «Andare veloci e permettere all'Europa di avanzare», è questo il mandato ricevuto dal nuovo Presidente francese Nicolas Sarkozy e questa dinamica, ha insistito, «è già sostenuta da diversi Stati membri». Ciò che occorre adesso, ha proseguito, è «azione e flessibilità», poiché mancano solo quattro settimane al Consiglio europeo. Si dovrà giungere alla redazione di un nuovo trattato entro la fine dell'anno e la sua ratifica dovrà aver luogo prima delle elezioni del 2009. «Dovrà essere gettato un ponte tra i 18 paesi che hanno detto sì, i due che hanno detto no e quelli che non si sono ancora pronunciati», e ogni Stato membro dovrà sforzarsi di riavvicinare le opinioni pubbliche. Il leader dei popolari ha quindi ammonito che si potrà avere successo unicamente se ci si concentra sulle cose essenziali: il voto a doppia maggioranza e l'estensione del voto a maggioranza qualificata, il principio di sussidiarietà e la ripartizione delle competenze tra l'UE e gli Stati membri, la Presidenza stabile, la rappresentanza comune internazionale e la Carta dei diritti fondamentali. L'Europa, ha aggiunto, ha bisogna di un'identità sul piano economico e commerciale per garantire che i partner internazionali rispettino le norme europee in campo ambientale e sociale. Dovrà inoltre vigilare affinché non emerga una concorrenza fiscale all'interno dell'UE. Il pragmatismo, insomma, «deve prevalere sul dogmatismo» e «la buona volontà deve essere più forte della malafede». Facendo poi riferimento al recente Vertice UE-Russia, il deputato ha sottolineato la vittoria dell'Europa nell'affermare le sue convinzioni e i suoi ideali. Ha infine sottolineato l'importanza fondamentale della dimensione euromediterranea. Martin SCHULZ (PSE, DE) ha anzitutto ringraziato il Presidente del Consiglio italiano per le parole «incoraggianti» che coincidono pienamente con la visione del proprio gruppo politico. Ha voluto anche ringraziarlo per la chiarezza e, in proposito, si è rallegrato che alla Conferenza intergovernativa (CIG) parteciperà un Primo Ministro «forte e non disposto al compromesso ad ogni costo», che sarebbe una sconfitta per il processo di unificazione europea. Il leader socialdemocratico ha poi ricordato che, subito dopo la firma del Trattato di Nizza, i capi di Stato e di governo erano coscienti che esso non era sufficiente a permettere l'ampliamento ed è per questo motivo che si è convocata una Convenzione che ha poi portato alla CIG. Il problema è che il Trattato di Nizza è ancora in vigore e l'ampliamento è stato fatto lo stesso, ha esclamato. Il deputato ha quindi esortato a non dare spazio «a chi vuole distruggere l'Europa», chi vuole tornare a Nizza, ha aggiunto, «non venga alla CIG!». Ha quindi voluto sottolineare che dei 18 Stati membri che hanno ratificato il Trattato costituzionale, 2 lo hanno fatto tramite referendum (Spagna e Lussemburgo), e questo andrebbe detto ai cittadini, invece di parlare solo dei due referendum negativi in Francia e Paesi Bassi. L'UE è un modello di successo, ha proseguito, poiché ha portato pace, stabilità sociale e crescita economica ed ha esportato i propri valori. Per conservarlo, ha affermato il deputato parafrasando la celebre frase del "Gattopardo", «occorre però modificarlo» e, ha concluso, «l'UE deve lottare come un gattopardo per conservare questo successo». Dopo aver augurato il bentornato a Romano Prodi, Graham WATSON (ALDE/ADLE, UK) ha sottolineato che, a cinquant'anni dalla firma dei trattati, l'Italia è tornata al cuore del progetto europeo. Con il Presidente Napolitano, ha aggiunto, il Presidente del Consiglio ha «trasformato l'Italia da osservata speciale a partner speciale». Accennando alle critiche rivolte al governo Prodi dopo un anno di attività, il leader liberldemocratico ha ricordato che, come dopo il primo anno alla presidenza della Commissione, queste critiche si riveleranno senza fondamenta. In proposito ha ricordato che l'ampliamento e l'euro sono «i gioielli della corona europea» e che un governo si giudica dai risultati e non dalle apparenze. E' l'Italia, ha aggiunto, che ha guidato le forze europee in Libano e che ha spinto per una moratoria universale sulla pena di morte. Nei prossimi cinquant'anni, ha quindi proseguito, occorrerà esportare i successi dell'Europa, poiché le sfide globali - come i cambiamenti climatici, la crescita della popolazione e la proliferazione nucleare - hanno messo in luce «l'inadeguatezza dell'unilateralismo». E, per il deputato, non vi è miglior modello al mondo di quello europeo. Sostenendo che gli euroscettici «sentono ma non ascoltano», ha affermato che Romani Prodi ha ascoltato il consiglio di Cavour che aveva scoperto come ingannare i diplomatici: «dico la verità e non mi credono». Citando poi quanto detto a Berlino dal presidente del Consiglio - «per creare abbiamo bisogno di buon senso, di pazienza, di fede ma anche di un pizzico di follia» - ha sottolineato che occorre anche determinazione per affrontare il futuro. Più Europa e non meno Europa è la chiave per la competitività, per la sicurezza e per la giustizia, ha affermato sottolineando come sia quindi vitale trovare una soluzione istituzionale nei prossimi mesi. Poiché «solo istituzioni più forti possono costruire un'Europa più forte». Citando infine Leonardo da Vinci - "Non si volta chi a stella è fisso" - il deputato ha quindi ringraziato il Presidente del Consiglio per aver mantenuto fede alla sua visione. «L'urgenza è approvare il nuovo trattato», ha esordito Cristiana MUSCARDINI (UEN, IT) sottolineando che ciò va di pari passo con la necessità di semplificare e di rendere l'Unione più comprensibile per i cittadini. Ma, ha ammonito, «banalizzare le difficoltà che esistono e sono la radice dei dubbi, che fino ad oggi hanno impedito di trovare il consenso, non è certo la strada». Il Presidente del Consiglio italiano, già Presidente della Commissione, «non può non essere consapevole che a proposte fumose e generiche corrispondono risposte fumose e inconcludenti, proprio il contrario di ciò che vogliono i cittadini». La crisi è evidente e non banale e perciò «necessita di soluzioni adeguate ai tempi sempre più stretti». Per tale motivo, si è detta convinta che gli sforzi del Cancelliere tedesco e le dichiarazioni del Presidente Sarkozy «hanno ridato speranza a noi europeisti». Noi, ha spiegato, «cerchiamo ciò che è realizzabile, non ciò che è impossibile!». Crediamo, ha aggiunto, «che il compromesso, quando è alto e onorevole, sia alla base della politica, mentre «quando si parla di "no ai compromessi" è perché si sono già fatti compromessi di poca importanza e di poco valore etico». Per la deputata occorre quindi abbandonare i progetti non realizzabili in tempi brevi e consolidare invece quanto trova immediato consenso: maggiore agibilità delle nostre istituzioni; maggiore applicazione della sussidiarietà; politica comune per le frontiere; lotta al terrorismo; rilancio dell'economia e della competitività per la realizzazione, senza più tentennamenti, delle infrastrutture necessarie in tema di mobilità; politica energetica comune; difesa del patto sociale; regole chiare che impediscono la concorrenza sleale con una posizione più forte dell'Unione nell'OMC; e armonizzazione delle legislazioni penali per quanto riguarda i reati di violenza contro l'infanzia. I cittadini, ha aggiunto, non possono avere fiducia in capi di governo che a Strasburgo delineano l'Europa con parole semplici e «nel loro paese non realizzano i progetti che l'Europa ha approvato». Ha quindi spiegato che «Strasburgo chiede una politica estera comune, non che facciamo i solisti come è avvenuto in Afghanistan». Inoltre, «diminuisce la fiducia dei cittadini, quando la sicurezza delle frontiere non è garantita, per una confusa contraddittoria politica sull'immigrazione e i primi a subirne danno sono gli immigrati regolari». La TAV, approvata in tutte le sedi comunitarie, «è bloccata per divergenze in sede al governo italiano e parimenti è fermo lo sviluppo». Ha quindi concluso sottolineando che occorre ricordare che a tutt'oggi i membri della Convenzione europea, i membri italiani, «non sono stati mai chiamati per avere uno scambio di idee e per dare il loro contributo» ed ha quindi esortato «meno parole e più fatti!». Monica FRASSONI (Verdi/ALE, IT) ha anzitutto augurato il benvenuto al Presidente Prodi, «anche perché ultimamente non sono purtroppo così frequenti i discorsi convintamene impegnati a favore di una soluzione alta della crisi costituzionale», temendo peraltro che il discorso del Premier olandese sarà domani di tutt'altro tenore. La deputata si è detta poi d'accordo sull'esigenza di comprendere le ragioni degli altri, «ma l'esperienza ci insegna che sono quasi sempre le ragioni dei contrari a vincere e che, alla fine, anche i governi più pro-europei, si sono via via piegati alle ragioni di coloro che vedono nella dimensione intergovernativa e nel rapporto di forza di Stati, la vera dimensione del governo europeo». Augurandosi quindi che il governo italiano non accetterà compromessi al ribasso, ha sottolineato che ai Verdi piacerebbe molto «un'Europa armoniosa, innovativa e veramente sostenibile e unita», ma fino adesso «i ricatti li hanno fatti soltanto coloro che hanno voluto frenare la soluzione della crisi costituzionale» e «questa è una realtà che non può passare sotto silenzio». Per uscire dall'impasse, ha quindi spiegato, ci dovrà essere una forte alleanza fra i 18 paesi che hanno ratificato questo Parlamento, la Commissione, alcuni parlamenti nazionali, «per resistere alla tendenza allo smantellamento del trattato costituzionale». Altri due temi importanti, a suo parere, sono la questione della Carta dei diritti fondamentali e la riforma della clausola di revisione. A quest'ultimo proposito ha infatti affermato «non è più possibile andare avanti così, con un trattato adottato sempre all'unanimità e lasciando fuori il Parlamento europeo». Inoltre, i governi devono avere il coraggio di parlare all'opinione pubblica delle scelte da fare, delle divisioni che esistono sul futuro dell'Europa e cercare il loro sostegno. Ha poi esortato a non nascondersi «in misteriosi negoziati segreti» e a «non buttare fuori questo Parlamento dalla riforma sulla Costituzione europea», perché l'esperienza dimostra che nei segreti dei negoziati intergovernativi, vincono gli altri. La deputata ha quindi concluso sostenendo di non aver paura della discussione sul nocciolo duro, «anche se non ci piace», e di essere convinta che «soltanto mettendo alcuni governi e alcuni popoli di fronte alla scelta dentro o fuori, alla fine decideranno di stare con noi». Francis WURTZ (GUE/NGL, FR), facendo riferimento ai 12 quesiti posti dalla Presidenza tedesca sulla questione costituzionale, ha affermato che vi sono altre domande che occorre porsi e alle quali nessuno ha mai risposto: dove rischia di condurci un libero scambio senza ostacoli? Mentre altri si interrogano sulla guerra fiscale tra gli Stati membri o sullo Statuto della Banca centrale europea. O ancora, quale discontinuità con la situazione attuale è auspicabile o accettabile e in quale misura la democrazia si ferma dove comincia l'economia di mercato? Insomma, ha concluso, a parte le innovazioni istituzionali a quali cambiamenti si è pronti? Per Nigel FARAGE (IND/DEM, UK), il Premier Prodi ha nuovamente confermato il suo credo negli Stati Uniti d'Europa e si è quindi complimentato con lui, pur non condividendo, per la sua onestà. Dopo aver ironizzato sul fatto che Romani Prodi è il 39° Presidente del Consiglio degli ultimi 60 anni, ha affermato di non volere il modello di giustizia europeo, visto cosa ha subito Mario Scaramella nell'affaire relativo all'uccisione di Alexander Litvinenko. Ha poi voluto precisare che gli Stati membri che hanno ratificato la Costituzione non sono 18 bensì 16 e, in proposito, ha chiesto di non ignorare la volontà dell'opinione pubblica e di non imporre quindi il Trattato. Secondo Jean-Marie LE PEN (ITS, FR), gli eurocrati della Commissione e del Consiglio hanno avuto un sospiro di sollievo in occasione delle elezioni presidenziali francesi, visto che l'elezione di uno dei tre candidati - Sarkozy, Royal o Bayrou - avrebbe permesso di rimettere la Costituzione in carreggiata. Eppure, ha aggiunto, i francesi l'hanno respinta, compresa la parte istituzionale «che ora si cerca di rifilarci in sordina». Ai vostri occhi, ha proseguito, la vittoria di Sarkozy va anche meglio visto che intende procedere alla ratifica parlamentare invece di consultare i francesi. Appena eletto, ha insistito, Sarkozy «si è precipitato a Berlino per confermare il suo attaccamento al Super Stato europeo e la sua volontà di non essere che il governatore di una provincia europea». Per il deputato, il nuovo Presidente francese, eletto con il 53% dei suffragi, «tradisce il 55% dei cittadini che hanno votato "no" nel maggio 2005». Replica del Presidente del Consiglio della Repubblica italiana Romano PRODI ha ringraziato per il dibattito «costruttivo e franco» che ha messo in rilievo posizioni molto diverse fra di loro, riguardo al futuro dell'Unione europea, a volte «inconciliabili». Si tratta, ha spiegato, di un problema che va affrontato, discusso, portato avanti in modo democratico, aperto, come sempre avviene e come sempre è avvenuto nell'ambito del Parlamento europeo. Ha poi voluto ricordare «il lungo cammino» verso il trattato costituzionale: i 18 mesi della Convenzione, i dibattiti, il coinvolgimento dei parlamenti nazionali, del Parlamento europeo. Non è stato un dibattito chiuso, poiché è nato dai rappresentanti del popolo ed è stato sottoscritto dai governi eletti dal popolo! Il Presidente del Consiglio ha poi sottolineato che il progetto di Costituzione era già un compromesso! Un compromesso che è stato accettato, anche da chi auspicava ulteriori spinte in avanti, per realismo politico, poiché in quel momento le circostanze storiche permettevano solo questo. Ora, ha aggiunto, è chiaro che si cercherà un nuovo compromesso ma questo non dovrà deludere e annullare il progetto dell'Europa. Si tratta di un «limite invalicabile». «Abbiamo vergogna di chiamare Ministro degli Esteri uno che ci rappresenti, ma non ci rendiamo conto di cos'è costato in questi anni non avere un ministro degli Esteri?». «Non ci rendiamo conto di cosa non abbiamo potuto fare nel Medio Oriente, e come abbiamo lasciato che la situazione politica si deteriorasse, per le nostre divisioni?». E' questa, si è ancora chiesto, «la irresponsabilità con cui andiamo noi di fronte alla storia?». Il problema è quello di un'Europa che non è stata capace di parlare alla Cina e all'India o di parlare da pari a pari agli Stati Uniti d'America. «Vogliamo continuare a non contare niente anche per un'intera prossima generazione?», ha affermato concludendo che è questa la domanda sarà posta al Consiglio europeo, che riguarda «il senso di responsabilità dell'Europa, di fronte alla storia, di fronte alla vita nostra e dei nostri figli». Interventi dei deputati italiani Per Antonio TAJANI (PPE/DE, IT), dopo mesi di difficoltà, l'iniziativa del Cancelliere Merkel e le elezioni di Nicola Sarkozy alla presidenza della Repubblica francese «hanno offerto nuove speranze all'Europa». Malgrado ulteriori resistenze, ha infatti spiegato, «ora c'è la reale possibilità di dar vita ad un nuovo trattato che sancisca le regole di un'istituzione assolutamente originale quale l'Unione europea». Ha tuttavia aggiunto che, «purtroppo», è evidente che «il testo frutto del lavoro così ben diretto dalla presidenza italiana, guidata da Silvio Berlusconi e firmato a Roma, non potrà più entrare in vigore». Se però si vuole che l'Europa svolga il ruolo che le compete sul palcoscenico internazionale, ha quindi ammonito, «si dovrà salvare la sostanza del trattato», come il principio delle decisioni prese a maggioranza su alcune importanti questioni, un'unica voce in politica estera e la durata della Presidenza. Approvare un testo ridotto, ha precisato, «rappresenta soltanto un primo passo in avanti» ed è importante continuare a percorrere la strada intrapresa e decidere prima delle europee del 2009. Successivamente, si potrebbe pensare al ruolo costituente che potrebbe avere il Parlamento europeo. Ma l'Europa a 27, ha insistito, non ha solo bisogno di regole istituzionali per meglio funzionare, ha anche «bisogno di riconoscersi nei valori che ne costituiscono la vera base, le fondamenta sulle quali costruire un'Unione che in futuro non si dissolva di fronte alle difficoltà». A suo parere, sarebbe quindi un errore «non fare della libertà, della solidarietà, della sussidiarietà, della centralità della persona i cardini delle istituzioni comunitarie». Sarebbe poi «un grave errore rinunciare alla nostra identità, alle nostre radici giudaico-cristiane e ad un modello sociale fondato sulla famiglia, quella composta dal padre, dalla madre e dai figli». Per Gianni PITTELLA (PSE, IT), mentre il collega Tajani «mette in campo argomenti che non hanno nulla a che fare con l'argomento odierno», il Presidente Prodi ha pronunciato «parole chiare, forti e determinate» che «danno all'Italia la guida dell'integrazione europea e più forza al Parlamento europeo, sempre all'avanguardia nella battaglia per le riforme costituzionali dell'Unione». Ha quindi sottolineato le affermazioni del Premier secondo cui occorre ripartire dal progetto di Costituzione ratificato dai 18 e non da Nizza, con un mandato chiuso alla Conferenza intergovernativa. A suo parere, inoltre, «non si può definire morto un progetto di Costituzione che è stato accolto dalla stragrande maggioranza dei cittadini e che dà risposte precise». Senza Costituzione, ha aggiunto rivolgendosi al leader della Sinistra unitaria, «l'Unione europea è più debole e maggiore è il rischio del declino verso una pura area di libero scambio». Ecco perché, ha affermato di non capire «certe posizioni della sinistra più radicale». Dopo il discorso del Presidente Prodi, ha quindi concluso, «il Parlamento e tutti noi siamo più confortati e più forti e vivremo la nuova fase con maggiore determinazione e maggiore tenacia». Roberta ANGELILLI (UEN, IT) ha voluto anzitutto ricordare che al suo gruppo, che rappresenta la quarta forza politica del Parlamento europeo, «l'Europa sta a cuore!». Ha poi sottolineato che il Presidente del suo partito, Gianfranco Fini, è stato tra i membri della Convenzione «che hanno contribuito con entusiasmo all'attuale progetto di Costituzione». Più in generale, ha proseguito, «noi italiani abbiamo una lunga e ininterrotta tradizione europeista», e si è quindi detta d'accordo con l'appello lanciato nell'Aula del Parlamento europeo dal Presidente della Repubblica italiana a favore dell'approvazione rapida della Costituzione. Questa Costituzione, ha spiegato, «è necessaria anche per avere una politica estera comune ... soprattutto in questo momento di crisi internazionale». Ha quindi colto l'occasione per rivolgere un ringraziamento ai circa 8.000 italiani impegnati nel mondo nelle missioni di pace, in particolare in Afghanistan, in Libano e in Palestina. Missioni importanti e fortemente sostenute da tutte le forze politiche italiane, «seppur con qualche imbarazzante eccezione nella maggioranza di governo». La deputata ha infine espresso il rammarico che non sia stato possibile menzionare nel testo le radici cristiane dell'Europa e si è augurata che si raggiunga l'obiettivo di una rapida approvazione della Costituzione. Si è quindi detta convinta che l'Italia «come al solito, saprà fare bene la sua parte». Roberto MUSACCHIO (GUE/NGL, IT), sottolineando la stessa passione per l'Europa del Presidente del Consiglio, si è detto convinto che per rilanciare il processo costituente occorra un nuovo slancio «che si fondi su democrazia e diritti». Ha quindi sostenuto che la logica intergovernativa «non rappresenti la soluzione ai problemi, ma parte di essa e, che ci fa rischiare il minitrattato o anche le due velocità». Sono i cittadini e i parlamenti, ha pertanto affermato, «a dover riprendere la guida con un nuovo mandato costituente affidato a un Parlamento europeo che abbia queste funzioni, per un nuovo testo, per un referendum europeo: per cambiare testo e contesto». A suo parere occorre che al centro vi siano con chiarezza «i diritti esigibili che caratterizzino la cittadinanza europea», come il diritto al lavoro e del lavoro «che sanciscano che per l'Europa è normale un lavoro stabile e di qualità e non quello tutto precario che si sta elaborando con la flessicurezza». E' anche necessario un diritto certo all'ambiente, che richiede politiche innovative, fondate sulla cooperazione, e visioni multipolari come quelle che devono portare alla ratifica del dopo Kyoto e «non le mere logiche della competizione commerciale». Occorre poi un diritto alla pace «che nasca dal ripudio della guerra e da una politica dell'Unione che si fondi su questi valori e li pratichi attivamente come propria politica estera». E' necessaria, infine, «una nuova Europa, la sola possibile ma sempre più necessaria» e, «dal popolo, con i parlamenti, la possiamo costruire». Lapo PISTELLI (ALDE/ADLE, IT), ricordando uno slogan nel '68 che diceva "Siate realisti, chiedete l'impossibile", ha sostenuto che oggi si dovrebbe dire «Siate realisti, chiedete ciò che è necessario per non affondare questo progetto europeo di cui tutti voi siete custodi temporanei». Se nel 2009 il Parlamento europeo si ripresentasse al rinnovo senza una convincente risposta istituzionale, ha quindi ammonito, «l'Europa tutta affronterebbe una crisi di illegittimità irrimediabile, mentre, al contrario, i cittadini devono potere oggi scegliere su un modello chiaro come lei lo ha definito». Il Parlamento, ha aggiunto, si è pronunciato molte volte su questo tema e la parola adesso è al Consiglio. Ha poi sottolineato che il Presidente Prodi non rappresenta oggi solo il proprio Paese, «ma tutti quegli europeisti che non hanno ammainato le vele di una maggiore integrazione». Il deputato ha quindi concluso sostenendo che chi non condivide oggi può anche chiamarsi fuori, mentre gli altri possono andare avanti liberamente. In proposito ha infatti ricordato che l'Europa è nata da un'avanguardia di paesi e «non è detto che domani essa possa essere rilanciata proprio con lo stesso metodo». Per Mario BORGHEZIO (UEN, IT), il Presidente Prodi «si presenta da noi come ex Presidente della Commissione europea con un bilancio tutto negativo: allargamento, euro, Cina, riforme». «Sembra il bilancio dell'IRI», ha esclamato. Sottolineando le affermazioni entusiastiche del Premier sulla Costituzione europea «superfederalista», gli ha quindi chiesto quando intende decidersi a concedere il federalismo «che chiede da tanto tempo il Nord». Si tratta, ha spiegato, «di una questione di libertà e anche di coerenza politica». Osservando poi che Martin Schulz ha paragonato Romano Prodi al Gattopardo, il deputato ha sostenuto che, anche se sembra una gaffe, in realtà «ha centrato perfettamente». «Solo un grande Gattopardo come lei», ha insistito, «riesce a governare con partiti politici che hanno l'insegna della falce e martello quando ha fatto l'allargamento ai paesi che si sono liberati dal comunismo e, riesce addirittura a governare, pur rappresentando soltanto un terzo del nostro paese». Ha poi esclamato che, «dal cielo», «Sturzo e De Gasperi ci guardano e forse si vergognano di quei rappresentanti nel nostro paese che si sono dimenticati dell'impegno dei padri fondatori per un'Europa dei popoli e delle regioni, non delle lobby». Ed ha concluso affermando che «l'orizzonte spirituale» del Presidente Prodi «è quello della Goldman Sachs e non quello dei campanili e delle cattedrali». Secondo Umberto GUIDONI (GUE/NGL, IT), il processo di approvazione della Costituzione europea «non può ridursi a una serie di emendamenti dei trattati esistenti», ma deve contenere «aspetti sociali importanti ora non presenti». L'Europa, ha aggiunto, deve essere capace di affrontare le grandi sfide che mettono a rischio i diritti dei cittadini, la qualità della vita, la salute e il futuro stesso della popolazione. Di fronte a fenomeni come la delocalizzazione, l'esaurimento delle risorse idriche, la fame di energia nel mondo e i cambiamenti climatici, «i singoli Stati sono inermi, incapaci di formulare strategie vincenti». Ha quindi affermato che solo con un'azione concordata a livello continentale, e ancor più planetario, «si può sperare in un successo che non possiamo mancare». Per il deputato, inoltre, è importante che l'Europa sia all'avanguardia nel mondo, sia dal punto di vista politico - «come polo di riferimento di politiche sociali inclusive e di una politica dell'accoglienza che sia di modello per le altre parti del mondo» - sia sul versante delle scelte tecnologiche e sulle ipotesi del futuro, in particolare nel settore delle energie sostenibili. Ha quindi ricordato che cinque membri dei principali gruppi politici presenti nel Parlamento europeo hanno firmato una dichiarazione scritta sulla necessità che l'Europa imbocchi una via nuova sull'economia, basata sull'idrogeno, ossia per una vera rivoluzione industriale, tecnologica e sociale, sostenibile nel lungo periodo. Questo, ha quindi sottolineato, è uno degli esempi in cui l'Europa «può e deve giocare un ruolo di attore principale nello scacchiere mondiale». Ha poi concluso sostenendo che «non c'è bisogno di un compromesso a tutti i costi, ma bisogna affrontare i problemi reali che riguardano milioni di cittadini, poiché solo così il sogno di un'Europa unita saprà parlare al cuore degli europei». Per Marco CAPPATO (ALDE/ADLE, IT), il futuro dell'Europa «è nelle sue radici» e, ha spiegato, «per noi radicali sono rappresentate dal manifesto di Ventotene, che indicava la necessità di conquistare pace, democrazia e benessere superando la dimensione dello Stato nazionale». Riformare l'Europa oggi, ha aggiunto, significa offrire questo progetto anche ai cittadini dell'altra sponda del Mediterraneo, «attraverso l'adesione degli Stati democratici come la Turchia, ma anche, in prospettiva, Israele, Marocco e altri. L'avanguardia, ha quindi insistito, sarà solo quella che non chiuderà le porte dell'Europa. Il deputato ha poi proposto che qualsiasi riforma «sia sottoposta al voto referendario del popolo europeo in quanto tale». Non quindi referendum nazionali, «ma un unico referendum sottoposto ai cittadini della patria europea contro l'Europa neogollista delle patrie nazionali». In conclusione ha voluto sottolineare con soddisfazione un esempio di come l'Unione può essere forte «quando abbiamo fiducia in noi stessi»: la presentazione della risoluzione sulla moratoria dell'esecuzione capitali all'Assemblea generale in corso alle Nazioni Unite. Ha però messo in guardia il Presidente «dal sabotaggio che alcuni ancora stanno tentando ora», come sta accadendo al Consiglio, ed ha esortato a impedirlo. Link utili Intervento di Romano Prodi di fronte al Parlamento portoghese (2/5/2007) Riferimenti Discussione sull'avvenire dell'Europa, con la
partecipazione del Primo Ministro italiano, membro del Consiglio
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Balkenende: no alla costituzione e più poteri ai parlamenti nazionali Procedere alla modifica dei trattati attuali, rafforzare la sussidiarietà prevedendo un ruolo maggiore ai parlamenti nazionali, ampliare la decisioni a maggioranza qualificata in un quadro ben definito e introdurre i criteri di adesione nel Trattato. E' quanto propone il Primo Ministro olandese per rispondere alle preoccupazioni dei cittadini e uscire dall'impasse istituzionale, cui ha contribuito proprio il no alla Costituzione espresso dai Paesi Bassi. Introduzione del Presidente del Parlamento Hans-Gert Pöttering ha anzitutto ricordato che i Paesi Bassi sono uno Stato membro fondatore dell'UE e che negli ultimi 50 anni si è sempre battuto a favore dell'integrazione europea. Ha poi sottolineato che vi sono due trattati europei che portano nomi di città olandesi - Maastricht e Amsterdam - ed è per questo che è ancora più triste il fatto che i cittadini dei Paesi Bassi abbiano detto no al trattato costituzionale. Si è detto però convinto che non è stato un no all'Europa e ai suoi valori. Il Presidente ha poi sottolineato che è necessaria una forte collaborazione tra i 27 Stati membri per fornire delle fondamenta solide all'UE ed ha quindi ribadito il proprio sostegno all'impegno della Presidenza tedesca in quest'opera volta a trovare una soluzione che soddisfi tutti, i due Stati membri che hanno bocciato il Trattato e i 18 che lo hanno ratificato, ossia la maggioranza della popolazione europea. Ha poi ribadito che il Parlamento è favorevole al Trattato costituzionale, auspicando che diventi realtà, in particolare per quanto riguarda le riforme e i valori. Ha inoltre riaffermato che il Parlamento non sarà soddisfatto di un risultato nocivo per l'UE e per i suoi cittadini. Ha quindi concluso affermando che, con la buona volontà, nei prossimi mesi sarà trovato un risultato che permetterà all'UE di essere più trasparente, democratica e in grado di agire. Dichiarazione del Primo ministro olandese Jan Peter BALKENENDE ha subito precisato che i Paesi Bassi sono «pro-europei», come dimostra un sondaggio del 2006 secondo cui il 75% degli olandesi sosteneva l'appartenenza all'UE. I Paesi Bassi, ha aggiunto, devono molto della sua prosperità al mercato interno europeo e intendono avere un ruolo attivo nel mondo. Ma i cittadini olandesi hanno anche detto no alla Costituzione a grande maggioranza ed è quindi necessario trovare delle soluzioni che rispondano chiaramente alle loro preoccupazioni, come a quelle dei cittadini francesi e di altri Stati membri che hanno ratificato la Costituzione. Si è quindi detto certo che è possibile avere successo poiché le convergenze sul futuro prevalgono sulle divergenze. Dopo aver sottolineato che l'Europa rappresenta un modello di cooperazione e d'integrazione unico al mondo ed è un attore rispettato sulla scena internazionale, il Primo Ministro ha osservato anche che l'Europa di oggi non è solo più grande ma ha anche ampliato notevolmente le sue competenze. E ciò, anche se giudicato positivamente dal Primo Ministro, ha sollevato importanti preoccupazioni nei cittadini olandesi. Il referendum sulla Costituzione, ha poi spiegato, è stato interpretato da molti come la richiesta di approvare un Europa-Stato che sostituisca il governo nazionale. Lo stesso termine "Costituzione", ha proseguito, ha forti connotazioni nazionali nei Paesi Bassi. Il Governo olandese, ha quindi spiegato, nell'ambito dei negoziati intende agire sui temi che preoccupano i cittadini, migliorando il funzionamento democratico dell'Europa e accrescendone l'efficacia. Ha quindi illustrato i quattro punti sui quali i Paesi Bassi intendono pervenire a una soluzione: rinunciare alla Costituzione e modificare i trattati attuali, rafforzare la sussidiarietà prevedendo un ruolo maggiore ai parlamenti nazionali, ampliare la decisioni a maggioranza qualificata in un quadro ben definito e introdurre i criteri di adesione nel Trattato. Ha quindi precisato che, sebbene la Costituzione prevedesse importanti miglioramenti riguardo al funzionamento democratico dell'UE, è possibile fare di più. Per esempio, si dovrebbe stabilire che se la maggioranza dei parlamenti nazionali esprimono un parere negativo, bisognerà tenerne conto, senza nulla togliere al ruolo legislativo del Parlamento europeo e al potere di iniziativa della Commissione. Per molte politiche, ha proseguito, «dobbiamo osare introdurre il voto a maggioranza qualificata», ma solo ove fosse necessario e «a condizione che il trasferimento di sovranità derivi da una scelta volontaria, corredata da garanzie appropriate». Occorre quindi «delimitare chiaramente le competenze dell'UE», lasciando agli Stati il potere di definire i propri regimi previdenziali e di sicurezza sociale, nonché i propri sistemi di istruzione, e fissando dei criteri per i servizi di interesse generale. Il Primo ministro ha quindi sottolineato che, assieme, è possibile dare l'esempio nella lotta ai cambiamenti climatici, alla povertà e all'insicurezza nel mondo, ed è possibile valorizzare il potenziale dell'Europa nell'economia globalizzata. Occorre anche unire gli sforzi per garantire l'approvvigionamento in energia e materie prime, lottare insieme contro le conseguenze dell'immigrazione illegale. E per fare ciò «abbiamo bisogno di un'Unione forte e efficace, che abbia la fiducia dei suoi cittadini». Ha quindi concluso sostenendo l'attualità delle parole pronunciate da Robert Schuman nel 1950 « L'Europa non potrà farsi un una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto». Intervento in nome dei gruppi Joseph DAUL (PPE/DE, FR) ha affermato che il suo gruppo politico condivide ampiamente la visione dell'Europa illustrata dal Primo Ministro. Un'Europa, ha proseguito, che rappresenta anzitutto degli ideali «che il mondo intero ci invidia». L'Europa non è solo moneta, grande mercato e apertura delle frontiere, ma anche «tradizioni e una civiltà che si adatta alle nuove realtà, una certa idea della globalizzazione, delle riforme per una società più giusta». L'Europa «non è immobilismo, è movimento e progresso». Osservando poi come i Paesi Bassi sono forse i più aperti allo spirito europeo, ha sostenuto che il no alla Costituzione indica chiaramente che agli occhi della grande maggioranza dei cittadini olandesi «l'Europa non è sufficientemente legittima, credibile e efficace». Significa, inoltre che giudicano l'azione dell'UE «troppo lontana dalla loro realtà quotidiana». Di conseguenza, ha esortato il leader dei popolari, occorre «persuadere gli europei che il nostro progetto comune non è soltanto benefico ma anche assolutamente indispensabile». Il Progetto di trattato prevedeva la maggior parte delle risposte alle insoddisfazioni dei cittadini, ha proseguito, e bisogna quindi riprendere «le sue parti migliori», ossia la prima e la seconda. Mettendoci in condizione di decidere in maniera democratica e efficace, ha infatti spiegato, «potremo affrontare i veri problemi di fondo che preoccupano i cittadini». A suo parere, inoltre, occorre uscire dalla paralisi prima delle elezioni del 2009. In merito al ruolo dei parlamenti nazionali, il deputato ha detto di condividere l'approccio del Primo Ministro, a condizione che si chiarisca all'opinione pubblica «chi fa cosa e chi è responsabile di cosa, per evitare che i ministri diano la colpa a Bruxelles e per privarci di un alibi nazionale». Riguardo all'ampliamento dell'UE ha affermato con chiarezza che «l'Europa non potrà accogliere nuovi membri finché non avrà risolto i suoi problemi interni. Martin SCHULZ (PSE, DE) ha apprezzato che il Primo Ministro olandese abbia riconosciuto che è arrivato il momento di «concentrasi» su quanto ci unisce piuttosto che su ciò che ci divide. Finora gli era infatti sembrato che i Paesi Bassi si concentrassero sulle divisioni ma, se ora si è pronti a negoziare invece che chiedere cambiamenti radicali in Europa, si è dichiarato pronto ad accordarsi con il Primo Ministro e a difenderlo in Olanda. D'altra parte, lo ha messo in guardia perché potrebbe essere giudicato per le sue parole, osservando che, a suo parere, fino ad ora, non si era ancora impegnato al massimo per difendere l'Europa. Un'Europa a 27 Stati non può operare sulla base di Nizza o «Nizza meno». Non è nemmeno stata in grado di agire efficacemente in Medio Oriente per la mancanza di un Ministro degli esteri, in quanto era richiesta l'unanimità in sede di Consiglio. Per il leader socialdemocratico non si tratta tanto di una questione di simboli come la bandiera, l'inno o la denominazione del trattato, quanto di una questione di contenuti. Ricordando che Romano Prodi ha chiesto il 100% della Costituzione, ha osservato che se il Primo ministro olandese chiedesse il 50%, «ci si può incontrare a metà strada e cioè al 75%, senza inni, senza bandiere e con un Ministro degli affari esteri con un titolo diverso». Graham WATSON (ALDE/ADLE, UK) ha ricordato che, la vigilia, «un grande campione dell'Europa, Romano Prodi», aveva delineato la visione di un'Europa democratica, trasparente ed efficace. Ha quindi notato che, per raggiungere tali obiettivi, sarà necessaria una leadership forte. La Presidenza tedesca, dopo essere riuscita a mettere insieme gli Stati membri per la dichiarazione di Berlino, dovrà ripetere tale successo per vincere la guerra dell'opinione pubblica e unire gli europei intorno ad un trattato rivisto. Concordando con i commenti del Primo ministro secondo cui i cittadini avevano paura di perdere il posto di lavoro, la previdenza sociale e lo standard di vita, ha però notato che tali preoccupazioni dovrebbero essere una ragione per volere più Europa invece che meno Europa. Non è possibile affrontare i problemi dei rifornimenti energetici o del terrorismo «ritirandosi nell'unilateralismo e nel populismo». Infatti, ha insistito, senza unità politica, l'Europa sarà alla mercé di altra potenze quali la Russia. Per il leader dei liberaldemocratici «dobbiamo mettere fine ai veti nazionali senza scrupoli, abbiamo bisogno di una migliore responsabilità democratica e di istituzioni europee che sappiamo tenersi al passo con i tempi», e tutto ciò non sarà possibile senza il valore del trattato costituzionale, indipendentemente dalla «chirurgia estetica necessaria». Ha quindi esortato il Primo ministro olandese a «riportare i Paesi Bassi nel cuore dell'Europa». Brian CROWLEY (UEN, IE) si è detto colpito del fatto che il Primo Ministro «abbia sposato gli ideali di compromesso e consenso». «Il futuro dell'Europa deve basarsi sul consenso e ciò significa equità tra nazioni e popolazioni. Non ci si può obbligare a seguire lo stesso cammino in quanto ciò renderebbe ancora più difficile l'accordo». Ha quindi aggiunto che il monito di Romano Prodi per un'Europa a due velocità, con noi o contro di noi, «ricorda di più George W. Bush piuttosto che uno statista europeo». Gli sviluppi futuri, ha aggiunto, «non dipenderanno tanto dal fatto che si dirà ai cittadini di guardare a ciò che abbiamo buttato via, ma piuttosto dalla nostra capacità di convincerli che questa è la strada giusta da seguire». Energia, pensioni, immigrazione, sicurezza interna, molto di tutto ciò potrebbe essere raggiunto in modo consensuale, «ma altri temi è meglio lasciarli agli Stati membri». Il deputato ha poi criticato il commissario Kovacs per aver proposto un'armonizzazione delle tasse, sebbene il trattato non lo consentisse. Kathalijne BUITENWEG (Verdi/ALE, NL) ha accolto con favore il fatto che il Primo Ministro abbia accettato di intervenire di fronte al Parlamento europeo, ma ha subito sottolineato che egli ha «un udito selettivo». I cittadini che hanno votato contro la Costituzione nei Paesi Bassi, ha spiegato, non lo hanno fatto perché volevano meno cambiamenti in Europa. «Sono veramente contenti dell'attuale Unione europea?, si è chiesta la deputata. L'80% di coloro che hanno votato "no", ha insistito, lo hanno fatto perché volevano un'Unione più democratica e quindi maggiori cambiamenti. Erik MEIJER (GUE/NGL, NL) ha sottolineato che Romano Prodi aveva detto al Parlamento che occorre tornare nelle proprie circoscrizioni elettorali «per convincere i cittadini che abbiamo bisogno del Trattato costituzionale originale». Il deputato ha quindi sostenuto un approccio "bottom up" che tenga conto della volontà dei cittadini, piuttosto che delle preoccupazioni dei governi. Ha quindi proseguito notando che l'85% del Parlamento olandese era a favore del Trattato costituzionale e che sono stati gli partiti politici favorevoli alla Costituzione che hanno insistito per indire un referendum che poi i cittadini hanno bocciato. In conclusione, ha esortato il Primo Ministro a non dare seguito a chi chiede di tornare al testo originale. Per Bastiaan BELDER (IND/DEM, NL), «piuttosto che parlare dei Paesi Bassi, si dovrebbe parlare ai Paesi Bassi». Capendo le difficoltà che deve affrontare il Primo Ministro in merito alle aspirazioni politiche del trattato costituzionale, in particolare l'idea di avere una Presidenza stabile, ha avanzato l'idea di una Presidenza tripartita per un anno e mezzo composta da uno Stato membro grande, uno medio e uno piccolo. Così, ha spiegato, si eviterebbe di conferire il potere ad un unico paese e tutti gli Stati membri avrebbero l'opportunità di prendere parte alla Presidenza. Il deputato ha poi sottolineato la necessità di chiarire le frontiere dell'UE e di instaurare una più stretta collaborazione tra il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali. Philip CLAEYS (ITS, BE) ha affermato che gli elettori olandesi hanno chiaramente espresso il loro rifiuto del Trattato costituzionale e, in proposito, si è augurato che anche in altri Stati membri sia conferita questa opportunità ai cittadini. Per il deputato, uno dei punti chiave che devono essere affrontati non riguarda solo la questione istituzionale ma «la questione fondamentale su quale dovrebbero essere le frontiere dell'Europa» e, in particolare, se a paesi come la Turchia deve essere consentita o meno l'adesione. Riferimenti Discussione sull'avvenire dell'Europa, con la
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Il Parlamento ha approvato il compromesso negoziato con il Consiglio riguardo al roaming sulle reti pubbliche europee. I deputati hanno peraltro ottenuto che le nuove disposizioni entrino in vigore al più presto per permettere di sfruttare il ribasso dei prezzi previsto dall'eurotariffa già a partire dalle prossime vacanze estive. La sostanza del compromesso riguarda gli elementi che, sin dall'inizio, erano stati identificati come i più importanti: i tetti alle tariffe all'ingrosso e al dettaglio, la scelta dei modelli "opt-in" e "opt-out", le esigenze in termini di trasparenza, l'entrata in vigore e la futura revisione della normativa. Le soluzioni trovate, nello spirito del compromesso, differiscono leggermente da quanto suggerito in precedenza. Tempi rapidi Nel corso del dibattito in Aula, il relatore Paul RÜBIG (PPE/DE, AT ha dichiarato che il Parlamento europeo è convinto che una rapida adozione del regolamento è necessaria per permettere ai cittadini europei di beneficiarne nel corso delle prossime vacanze estive. Pertanto ha incoraggiato il Consiglio ha seguire l'esempio del Parlamento che, proprio per accelerare l'adozione del provvedimento, è riuscito a tradurre in tutte le lingue ufficiali il testo e a verificarne i contenuti in soli cinque giorni. Sarà così possibile che, dopo l'approvazione formale da parte del Consiglio il prossimo 7 giugno, il regolamento potrà essere pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 24 ore dopo la firma del Presidente del Parlamento e della Presidenza del Consiglio. Joachim Wuerrmeling, in nome della Presidenza, ha assicurato al Parlamento che il Consiglio farà ogni sforzo possibile per consentire la pubblicazione il più presto possibile e entro il 29 giugno. Ma la commissaria Vivian Reding ha replicato che ciò non è necessariamente sufficiente, ritenendo che la pubblicazione dovrebbe aver luogo a inizio giugno. Eurotariffa Secondo il compromesso, la tariffa al dettaglio, IVA esclusa, per il roaming regolamentato sarà limitata a 0,49 euro al minuto per le chiamate effettuate e a 0,24 euro al minuto per quelle ricevute. La commissione per l'industria aveva chiesto originariamente dei limiti, rispettivamente, di 0,40 e 0,15 euro al minuto, mentre il Consiglio - all'inizio dei negoziati - chiedeva 0,60 e 0,30 euro al minuto. Le tariffe massime per le chiamate uscenti saranno poi ridotte automaticamente di 3 centesimi l'anno, mentre quelle delle chiamate entranti saranno ridotte di 2 centesimi il primo anno e di 3 centesimi a partire dal secondo anno. Come richiesto dai deputati, gli operatori d'origine dovranno offrire queste eurotariffe a tutti i loro clienti, in maniera chiara e trasparente. Le tariffe all'ingrosso - ossia quelle reclamate dagli operatori d'origine per fornire la telefonata in roaming - saranno invece limitate a 0,30 euro al minuto, IVA esclusa. All'inizio dei negoziati, il Consiglio proponeva 0,36 euro. Come richiesto dai deputati, tale soglia sarà ridotta di 2 centesimi l'anno, per i tre anni seguenti l'entrata in vigore del regolamento. Spetta all'utente scegliere Una delle principali divergenze tra deputati e Consiglio riguardava l'opt-in o l'opt out dall'eurotariffa. Nel primo caso i clienti continuerebbero a vedersi applicate le tariffe previste dal contratto salvo se decidono deliberatamente di avvalersi del nuovo sistema europeo. Nel secondo, invece, scatterebbe l'applicazione automatica dell'eurotariffa, a meno che il cliente decida di non usufruirne e di conservare il piano tariffario già applicato a norma del suo contratto. La commissione per l'industria aveva preferito il sistema "opt-out" e la delegazione parlamentare ha vigorosamente difeso questo modello nel corso dei negoziati con il Consiglio. Il compromesso prevede che gli operatori avranno un mese dall'entrata in vigore del regolamento per offrire l'eurotariffa o altri piani tariffari ai loro clienti. Da quel momento, i clienti avranno due mesi di tempo per decidere di accettare o rifiutare le nuove tariffe proposte. Se un cliente comunica la sua scelta all'operatore telefonico, quest'ultimo - a partire dalla comunicazione - avrà fino a un mese per attivare il nuovo piano tariffario. Se invece l'utente non comunica la sua scelta, l'eurotariffa potrà essere applicata automaticamente dall'operatore alla fine dei due mesi. Pertanto, in teoria, se i loro operatori offrono e attivano subito le nuove tariffe e loro stessi non perdono tempo a comunicare la loro scelta, i clienti potrebbero beneficiare dell'eurotariffa immediatamente dopo l'entrata in vigore del regolamento. Il compromesso prevede inoltre che gli operatori del paese d'origine possono offrire un'equa tariffa forfetaria mensile tutto compreso, alla quale non si applicano limiti tariffari. La tariffa forfetaria potrebbe coprire i servizi vocali di roaming intracomunitario e/o i servizi di trasmissione di dati (inclusi SMS e MMS) all'interno della Comunità. La soglia sui prezzi medi all'ingrosso sarebbe invece applicabile due mesi dopo l'entrata in vigore del regolamento Informazione e futuro regolamento Per garantire che i cittadini siano pienamente consapevoli di quanto pagano per il servizi di roaming internazionale secondo i diversi piani tariffari, i deputati hanno ottenuto che siano previste diverse disposizioni in materia di trasparenza. Così, gli operatori d'origine dovrebbero fornire ai loro clienti delle informazioni personalizzate sui costi al dettaglio per le chiamate in roaming entranti ed uscenti. In forza al compromesso, la Commissione dovrà valutare l'impatto di queste norme e comunicare le sue osservazioni al Parlamento e al Consiglio non più tardi di 18 mesi dall'entrata in vigore del regolamento. Dovrà inoltre esaminare gli sviluppi dei prezzi all'ingrosso e al dettaglio per i servizi di trasmissione di dati - compresi SMS e MMS - e, se necessario, avanzare delle raccomandazioni sulla necessità di una regolamentazione in questo campo. Nonostante il compromesso preveda che il regolamento decada dopo tre anni, alla Commissione spetterà valutare - alla luce dei futuri sviluppi del mercato e delle preoccupazioni dei consumatori - se sarà necessario proporre un atto legislativo che ne proroghi la validità. Background Nel maggio 2005 il gruppo dei regolatori europei (GRE) ha osservato come i prezzi al dettaglio siano estremamente elevati senza una chiara giustificazione. Questa situazione sembra imputabile ai prezzi elevati praticati all'ingrosso dall'operatore straniero della rete ospitante e, in numerosi casi, alle forti maggiorazioni applicate al dettaglio dall'operatore di rete dell'utente. Il medesimo gruppo ha osservato inoltre che spesso le riduzioni dei prezzi all'ingrosso non vengono trasferite al cliente al dettaglio e che in molti casi i consumatori non dispongono di informazioni chiare circa le tariffe di roaming. In una risoluzione del 1° dicembre 2005 relativa alla regolamentazione e ai mercati europei delle comunicazioni elettroniche 2004, il Parlamento europeo ha accolto con favore l'iniziativa della Commissione in materia di trasparenza nel settore del roaming internazionale e ha invitato la Commissione a studiare nuove iniziative per ridurre i costi elevati del traffico telefonico mobile transfrontaliero. Nel marzo 2006 il Consiglio europeo ha confermato, nelle sue conclusioni, l’importanza ai fini della competitività, di ridurre le tariffe del roaming internazionale, nell’ambito di politiche mirate, efficaci e integrate, a livello di Stati membri e di Unione europea, nel campo delle TIC (tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni) per conseguire gli obiettivi della nuova strategia di Lisbona di crescita economica e produttività. Link utili Proposta della Commissione Riferimenti Paul RÜBIG (PPE/DE, AT) |
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Dopo aver adottato a strettissima maggioranza una serie di emendamenti alla proposta di direttiva volta ad aumentare le aliquote minime d'accisa su birra e bevande alcoliche, il Parlamento ha respinto in blocco il provvedimento. Tale questione dovrà quindi essere riesaminata dalla commissione parlamentare per gli affari eocnomici e monetari e, nel frattempo, il Consiglio non potrà deliberare. La relatrice Astrid LULLING (PPE/DE, LU) aveva proposto alla Plenaria di sopprimere il regime di aliquote minime e di sostituirlo con un codice di condotta che portasse a un progressivo avvicinamento delle aliquote europee. Con maggioranze molto risicate, invece, il Parlamento ha adottato degli emendamenti proposti dal PSE che miravano a mantenere tale schema proponendo, tuttavia, aliquote inferiori a quelle proposte dalla Commissione. Tuttavia, al momento di approvare la direttiva così come emendata nel corso della votazione, il Parlamento, con 198 voti favorevoli, 355 contrari e 20 astensioni, ha respinto in blocco la proposta. Visto che la Commissione non ha subito annunciato di ritirare la sua proposta, spetterà ora alla commissione parlamentare per gli affari economici e monetari riesaminare la questione. Nel frattempo, il Consiglio non potrà deliberare, anche se quello del Parlamento è solo un parere consultivo. Antefatti Nel 1992, i dodici Stati membri dell'UE convennero di instaurare dei tassi minimi d'accise sulle birre, sull'alcole e sulle bevande alcoliche, con l'eccezione del vino. L'obiettivo era di ridurre le distorsioni di concorrenza provocate sul mercato da aliquote molto diverse. La Commissione propone ora di aumentare tali aliquote per tenere conto dell'inflazione e per evitare il calo del valore reale delle aliquote conservando il livello deciso dal Consiglio nel 1992. La Commissione ha calcolato che, secondo i dati Eurostat, il tasso d’inflazione totale, registrato tra il 1993 e il 2006, era dell’ordine del 31%. Gli aumenti delle aliquote minime relative a birra, alcole puro e prodotti intermedi riguarderebbero Lettonia, Malta, Repubblica Ceca, Germania, Lussemburgo, Lituania, Spagna, Romania e Bulgaria, mentre gli altri Stati membri applicano già aliquote superiori alle minime. Alcuni di essi, quali Regno Unito, Irlanda, Finlandia e Svezia, applicano aliquote nettamente superiori a quelle minime. Ma anche la birra italiana è tassata in modo considerevole. L'aliquota è inferiore solo ai quattro Stati membri citati, alla Slovenia e alla Danimarca. Secondo dati di AssoBirra, tra il 2004 e il 2006, l'aliquota italiana è aumentata di circa il 68%. L'aliquota minima europea per il vino è attualmente pari a 0 euro e la proposta della Commissione non contempla nessuna modifica. La produzione e consumi di birra in Italia e in Europa Il 2005 è stato un anno sostanzialmente stabile per il settore birrario italiano. Dai dati AssoBirra la produzione ha subito in lieve calo, pari al 2,8%, fino a giungere a circa 12,8 milioni di ettolitri. Ma dal 1996 la produzione è salita del 15,1%. Il nostro Paese si trova in nona posizione dietro a Germania (l'unico Stato sopra i 100 milioni di ettolitri prodotti), Gran Bretagna (56 milioni), Spagna, Polonia, Olanda, Repubblica Ceca, Belgio e Francia. Ma si trova davanti a Paesi tradizionalmente associati al “prodotto birra” quali Austria, Danimarca e Irlanda. Il consumo in Italia è stato invece di 17.340 milioni di ettolitri (+0,8%) e ogni italiano ha bevuto 29,7 litri (erano 29,6 nel 2004 e 24 nel 1996). Ma su questo fronte l'Italia risulta ancora ultima in Europa. In testa alla classifica dei consumi pro-capite figurano la Repubblica Ceca (156,5 litri), la Germania (115,8 litri), l'Austria (109 litri) e l'Irlanda (106 litri). Il nostro Paese viene superato anche da Grecia (40 litri), Malta (39,7 litri), Lettonia (36,6 litri) e Francia (33,5 litri). Per quanto riguarda la bilancia commerciale, l'import è salito del 8,8%, passando da 4,8 a 5,2 milioni di ettolitri. La principale nazione da cui importiamo è la Germania (2,9 milioni di ettolitri), che precede l'Olanda (678 mila ettolitri) e la Danimarca (496 mila ettolitri). Nel 2005 le esportazioni di birra prodotta in Italia sono state pari a 716 mila ettolitri. Il Regno Unito, con 234 mila ettolitri, è il nostro principale cliente, seguito dagli Stati Uniti con 55.432 ettolitri (+41% rispetto al 2004). Nel settore della birra vi sono circa 25 mila addetti, ma, se si considera anche l'indotto, si arriva a 133 mila addetti. Sono invece 16 gli stabilimenti dislocati sul territorio nazionale, di cui 6 nel Centro-Sud. Link utili
Proposta della Commissione Riferimenti Astrid LULLING (PPE/DE, LU) |
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Il Parlamento ha approvato un regolamento che intende rafforzare e adattare gli strumenti finanziari esistenti nel settore delle reti transeuropee di trasporto e dell'energia. Prevede infatti la possibilità di attribuire un’aliquota di cofinanziamento comunitario più elevata soprattutto ai progetti che si distinguono per il carattere transfrontaliero, la funzione di transito o per il superamento di barriere naturali. Adottando la relazione di Mario MAURO (PPE/DE, IT), il Parlamento approva la posizione comune del Consiglio sul regolamento che stabilisce i principi generali per la concessione di un contributo finanziario della Comunità nel settore delle reti transeuropee di trasporto e dell'energia. La posizione comune, infatti, è stata convenuta sulla base di negoziati informali tra la Presidenza di turno, il relatore e i rappresentanti della Commissione. Il regolamento, pertanto, potrà presto entrare in vigore. La dotazione finanziaria per l’attuazione del regolamento per il periodo 2007-2013 è di 8,168 miliardi di euro, di cui 8,013 miliardi per la rete trasporti e 155 milioni per l'energia. Ammissibilità dei progetti Unicamente i progetti di interesse comune possono beneficiare di un contributo finanziario della Comunità in base al regolamento in esame. Nel settore dei trasporti, l’ammissibilità è inoltre subordinata all’impegno, da parte del richiedente e, ove opportuno, degli Stati membri interessati, di contribuire finanziariamente al progetto candidato al contributo finanziario della Comunità, mobilitando eventualmente fondi privati. I progetti relativi ai trasporti riguardanti una sezione transfrontaliera o una parte di tale sezione possono beneficiare di un contributo finanziario della Comunità se esiste un accordo scritto fra gli Stati membri interessati o fra gli Stati membri e i paesi terzi interessati concernente il completamento della sezione transfrontaliera. Selezione dei progetti I progetti di interesse comune beneficiano di un contributo finanziario della Comunità in funzione del grado in cui contribuiscono agli obiettivi e alle priorità definite dagli orientamenti comunitari per le reti di trasporto e nel settore dell'energia. Nel settore dei trasporti è rivolta particolare attenzione ai progetti prioritari, a quelli volti ad eliminare le strozzature, a quelli presentati o sostenuti congiuntamente da almeno due Stati membri, in particolare quelli che riguardano sezioni transfrontaliere, e ai progetti che contribuiscono alla continuità della rete e all’ottimizzazione della sua capacità. Ma anche a quelli che contribuiscono al miglioramento della qualità del servizio offerto e che favoriscono la sicurezza e la protezione degli utenti e assicurano l’interoperabilità tra le reti nazionali e a quelli riguardanti lo sviluppo e la realizzazione dei sistemi di gestione del traffico nell'ambito del trasporto ferroviario, stradale, aereo, marittimo, fluviale e costiero che garantiscono l’interoperabilità fra le reti nazionali. Nel settore dell’energia, invece, è rivolta particolare attenzione ai progetti di interesse europeo che contribuiscono allo sviluppo della rete al fine di rafforzare la coesione economica e sociale riducendo l'isolamento delle regioni svantaggiate e insulari della Comunità Ma anche quelli che concorrono all'ottimizzazione della capacità della rete e al completamento del mercato interno dell'energia, in particolare i progetti che concernono la sezione transfrontaliera. Così come quelli che promuovono la sicurezza dell’approvvigionamento energetico, la diversificazione delle fonti dell'approvvigionamento energetico e, in particolare, i progetti concernenti le interconnessioni con i paesi terzi. La priorità sarà infine attribuita a quei progetti che contribuiscono alla connessione delle fonti di energia rinnovabili nonché alla sicurezza, all'affidabilità e all'interoperabilità delle reti interconnesse. Forme e modalità del cofinanziamento comunitario Il contributo finanziario della Comunità relativo ai progetti d'interesse comune, può assumere una o più delle forme seguenti: sovvenzioni per studi o lavori; nel settore dei trasporti, sovvenzioni per lavori nel quadro dei meccanismi di remunerazione per la disponibilità dell'opera; abbuoni di interessi sui prestiti concessi dalla BEI o da altri organismi finanziari pubblici o privati. Oppure può consistere nella partecipazione al capitale di rischio per quanto riguarda i fondi d’investimento o gli istituti finanziari analoghi o nel contributo finanziario alle attività delle imprese comuni connesse a progetti. Nel limite complessivo di 500 milioni di euro a carico del bilancio comunitario fino al 2013, può anche prendere la forma di un contributo finanziario all'accantonamento e all'allocazione dei capitali per garanzie che la BEI dovrà emettere sulle risorse proprie a titolo dello strumento di garanzia dei prestiti. Contributo finanziario Per gli studi l'importo del contributo finanziario della Comunità non può superare il 50% del costo ammissibile. Per i lavori riguardanti i progetti prioritari nel settore dei trasporti il tasso di cofinanziamento, come richiesto dal Parlamento, è al massimo del 20% del costo ammissibile, ma può salire fino al 30% del costo ammissibile per le sezioni transfrontaliere se gli Stati membri interessati presentano alla Commissione tutte le garanzie necessarie sulla solidità finanziaria e sul calendario per la realizzazione del progetto. Per i progetti nel settore dell’energia e per quelli non prioritari nel settore dei trasporti l'importo può essere al massimo il 10% del costo ammissibile. A seguito di ogni invito a presentare proposte in base ai programmi di lavoro pluriennali o annuali, la Commissione dovrà fissare l'ammontare del contributo finanziario concesso ai progetti o alle parti di progetti selezionati, precisandone le condizioni e le modalità di applicazione. Link utili
Posizione comune del Consiglio Riferimenti Mario MAURO (PPE/DE, IT) |
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Il Parlamento ha approvato il nuovo strumento finanziario che, con più di 2,1 miliardi di euro per sette anni, dovrà favorire l'attuazione del sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente e finanziare misure e progetti con valore aggiunto europeo negli Stati membri. Frutto della conciliazione con il Consiglio, il provvedimento entrerà presto in vigore. Adottando la relazione di Marie Anne ISLER BÉGUIN (Verdi/ALE, FR), l'Aula ha approvato il regolamento che istituisce uno strumento finanziario per l'ambiente ("LIFE+") nella forma delineata dal comitato di conciliazione al termine del quarto round negoziale tra le delegazioni del Parlamento e del Consiglio. Il testo, secondo la delegazione parlamentare, tiene in debito conto le principali richieste formulate nel corso della seconda lettura. LIFE+ raggrupperà tutti i programmi ambientali trattati fino ad oggi da strumenti diversi e sottoposti a procedure e modalità di finanziamento propri: il vecchio programma Life, Forest Focus, il programma per lo sviluppo urbano sostenibile e il programma di sostegno alle ONG ambientali. Questo nuovo quadro complessivo mira a garantire una gestione più efficace, più flessibile e meno burocratica. Il Programma tratta le priorità ambientali che non sono contemplate da altri strumenti comunitari, come i fondi regionali e agricoli, il programma per la competitività e l'innovazione e il programma di ricerca e sviluppo tecnologico. Più in particolare, l’obiettivo generale del Programma è di contribuire all'attuazione, all'aggiornamento e allo sviluppo della politica e della normativa comunitarie in materia di ambiente, compresa l'integrazione dell'ambiente in altre politiche, contribuendo in tal modo allo sviluppo sostenibile. LIFE+ dovrà quindi favorire l'attuazione del sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente (6° PAA), comprese le strategie tematiche, e finanziare misure e progetti con valore aggiunto europeo negli Stati membri. LIFE+, come fortemente voluto dai deputati, consta di tre componenti, per ognuna delle quali è stabilito un programma strategico pluriennale che indica i settori prioritari di azione per il finanziamento comunitario: "Natura e biodiversità" (che non figurava nella proposta originaria), "Politica e governanza ambientali", "Informazione e comunicazione". Tipi di progetti finanziabili da LIFE+ I progetti che potranno essere finanziati da LIFE+ dovranno essere di interesse comunitario, apportando un contributo significativo al conseguimento dell'obiettivo generale di LIFE+, essere coerenti e fattibili sotto il profilo tecnico e finanziario e presentare un rapporto costi-benefici soddisfacente. Ove possibile, dovranno promuovere sinergie tra diverse priorità nell'ambito del 6° PAA. Inoltre, al fine di assicurare un valore aggiunto europeo, i progetti dovranno riguardare le migliori pratiche o essere progetti di dimostrazione destinati a dare attuazione alla direttiva sulla conservazione degli uccelli selvatici o a quella sulla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche. Oppure dovranno essere progetti innovativi o di dimostrazione attinenti a obiettivi comunitari in materia di ambiente, compresi lo sviluppo o la diffusione di tecniche, know how o tecnologie finalizzati alle migliori pratiche. O ancora dovrà trattarsi di campagne di sensibilizzazione e formazione specifica per gli agenti implicati nella prevenzione degli incendi boschivi. Potranno essere, infine, progetti finalizzati alla definizione e alla realizzazione di obiettivi comunitari connessi con il monitoraggio a lungo termine e su larga base, armonizzato e completo, delle foreste e delle interazioni ambientali. Più in particolare, tra le misure che potranno essere finanziate da LIFE+, figurano le seguenti:
Specificatamente per la componente "Natura e biodiversità" potranno ottenere un finanziamento le misure di:
Tipi di finanziamento comunitario: sovvenzioni o appalti Il finanziamento comunitario potrà assumere la forma di convenzioni di sovvenzione o di contratti di appalto pubblico. Potranno ricevere finanziamenti tramite LIFE+ organismi, soggetti e istituzioni pubblici e/o privati. Per le sovvenzioni per azioni, la percentuale massima di cofinanziamento sarà del 50% delle spese ammissibili. Tuttavia, eccezionalmente, la percentuale massima di cofinanziamento per LIFE + Natura e biodiversità potrà salire fino al 75% delle spese ammissibili per i progetti riguardanti habitat o specie prioritari ai fini dell'applicazione della direttiva sulla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche o specie di uccelli considerate prioritarie. Nel caso di contratti di appalto pubblico, i fondi comunitari potranno coprire i costi per l'acquisto di beni e servizi. Tali costi potranno comprendere le spese di informazione e comunicazione, preparazione, attuazione, monitoraggio, controllo e valutazione dei progetti, delle politiche, dei programmi e della legislazione. Dotazione finanziaria globale e ripartizione nazionale indicativa La dotazione finanziaria per l'esecuzione di LIFE+ per il periodo compreso tra il 1° gennaio 2007 ed il 31 dicembre 2013 è pari a 2.143.409.000 euro, di cui almeno il 78% dovrà essere usato per sovvenzioni di azioni per progetti. Il 2% dovrà permettere alla Commissione di coprire i costi amministrativi legati al ruolo centrale che, su richiesta dei deputati, le è attribuito nella selezione dei progetti. Inoltre, come richiesto dal Parlamento, almeno il 50% delle risorse di bilancio per LIFE+ destinate alle sovvenzioni di azioni per progetti dovrà essere assegnato a misure a sostegno della conservazione della natura e della biodiversità. Alla Commissione spetterà il compito di assicurare un'equilibrata distribuzione dei progetti per mezzo di una ripartizione nazionale annuale indicativa per i periodi 2007-2010 e 2011-2013, tenendo conto di diversi criteri, come la popolazione complessiva (applicando un fattore di ponderazione del 50%) e la densità demografica di ciascuno Stato membro (fino ad un limite pari al doppio della densità demografica media dell'Unione europea e applicando un fattore di ponderazione del 5%). Inoltre dovrà tenere conto della superficie totale dei siti di importanza comunitaria per ciascuno Stato membro, espressa in percentuale della superficie totale dei siti di importanza comunitaria (applicando un fattore di ponderazione del 25%) e della percentuale del territorio di uno Stato membro coperta da siti di importanza comunitaria in relazione alla percentuale del territorio comunitario coperta da siti di importanza comunitaria (fattore di ponderazione del 20%). Nel compilare l'elenco dei progetti presi in considerazione per il riconoscimento di un sostegno finanziario, la Commissione dovrà prestare particolare riguardo ai progetti transnazionali ove la cooperazione transnazionale si riveli essenziale per garantire la tutela dell'ambiente, in particolar modo la conservazione delle specie. Come richiesto dal Parlamento, dovrà inoltre assicurare che almeno il 15% delle risorse di bilancio per sovvenzioni di azioni per progetti sia assegnato a progetti di questo genere. Gli elenchi dei progetti finanziati tramite LIFE+, dovranno essere pubblicati - anche su Internet - con una breve descrizione degli obiettivi e dei risultati conseguiti e un prospetto sintetico dei fondi erogati. Valutazione intermedia e finale La Commissione provvederà affinché sia attuato un monitoraggio periodico dei programmi pluriennali per valutarne l'impatto. Entro il 30 settembre 2010 dovrà trasmettere al Parlamento europeo una revisione intermedia di LIFE+ che valuti l'attuazione del regolamento nel periodo compreso tra il 2007 e il 2009, proponendo se del caso delle modifiche alle decisioni di attuazione. Entro il 31 dicembre 2012, la Commissione dovrà predisporre una valutazione finale dell'attuazione del regolamento, intesa a determinare il contributo prestato dalle azioni e dai progetti finanziati in base ad esso, sia in termini specifici sia in termini generali, all'attuazione, all'aggiornamento ed allo sviluppo della politica e della normativa comunitarie in materia di ambiente, nonché l'uso che si è fatto degli stanziamenti. Se del caso, tale valutazione potrà essere corredata di una proposta relativa all'ulteriore sviluppo di uno strumento finanziario destinato esclusivamente al settore ambientale, da applicare a decorrere dal 2014. Link utili
Progetto comune approvato dal comitato di conciliazione Riferimenti Marie Anne ISLER BÉGUIN (Verdi/ALE, FR) |
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Migliore tutela delle acque dagli inquinanti chimici Il Parlamento chiede il rafforzamento delle misure previste dalla proposta di direttiva che fissa degli standard di qualità per le acque di superficie. I deputati propongono una riclassificazione delle sostanze inquinanti da tenere sotto controllo e uno scadenzario preciso per la riduzione di emissioni, scarichi e perdite di sostanze pericolose. Altri emendamenti prevedono la possibilità di procedere a controlli più stringenti e di adottare ulteriori misure più restrittive. L’inquinamento chimico delle acque di superficie rappresenta una minaccia per l’ambiente acquatico, con effetti quali la tossicità acuta e cronica per gli organismi acquatici, l’accumulo negli ecosistemi e la perdita di habitat e di biodiversità, e una minaccia per la salute umana. Dando seguito alla direttiva che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque e che definisce una strategia per combattere l’inquinamento idrico, la Commissione ha proposto una direttiva relativa a standard di qualità ambientale (SQA) nel settore delle acque di superficie. Approvando con 673 voti favorevoli, 13 contrari e 10 astensioni la relazione di Anne LAPERROUZE (ALDE/ADLE, FR), il Parlamento avanza numerosi emendamenti volti soprattutto a rafforzare le misure proposte dalla Commissione europea. I deputati ricordano, infatti, che la politica comunitaria in materia ambientale «si basa sui principi di precauzione e d'azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché sul principio "chi inquina paga"». Per tale ragione, invece di limitare lo scopo della direttiva all'istituzione di standard di qualità ambientale per le sostanze prioritarie e per alcuni altri inquinanti (pesticidi, metalli pesanti, ecc.), precisano che essa stabilisce anche delle misure volte «a limitare l'inquinamento delle acque». L'obiettivo, puntualizza un emendamento, è di ridurre gli scarichi, le emissioni e le perdite di sostanze prioritarie entro il 2015. Ma anche di arrestare questi processi per realizzare un buono stato chimico in tutte le acque di superficie nonché di evitare qualsiasi ulteriore deterioramento e di realizzare, entro il 2020, concentrazioni vicine ai livelli di fondo naturale per tutte le sostanze esistenti in natura e concentrazioni vicine allo zero per tutte le altre sostanze sintetiche. Le sostanze prioritarie, in forza alla direttiva generale sulle acque, sono degli inquinanti o gruppi di inquinanti che presentano un rischio significativo per l'ambiente acquatico o proveniente dall'ambiente acquatico, inclusi i rischi per le acque destinate alla produzione di acqua potabile. Tra queste sostanze, indicate nell'allegato della direttiva, sono anche identificate quelle "pericolose". Se contro le sostanze prioritarie devono essere prese misure tese alla loro progressiva riduzione, per quelle pericolose le misure devono avere l'obiettivo di arrestare o gradualmente eliminare gli scarichi, le emissioni e le perdite. In tale contesto, il Parlamento chiede agli Stati membri di stabilire piani integrati per il controllo delle emissioni e misure per la graduale eliminazione delle sostanze prioritarie e delle sostanze prioritarie pericolose. Questi piani, è precisato, devono contenere, tra l'altro, i risultati delle analisi realizzate, gli obiettivi relativi alle sostanze, le strategie settoriali riguardanti le principali fonti di inquinamento (soprattutto per quanto riguarda industria, agricoltura, foreste, nuclei domestici, sistema sanitario e dei trasporti), misure di riduzione dell'inquinamento diffuso dovuto a perdite, misure di sostituzione di sostanze prioritarie pericolose e le misure in materia di informazione, consulenza e formazione. Elenco più lungo delle sostanze da tenere sotto controllo La proposta della Commissione, oltre a introdurre degli standard di qualità ambientale per le "sostanze prioritarie" e per "altri inquinanti" (come il DDT totale), si limita a riordinare l'elenco delle sostanze prioritarie e, come previsto dalla direttiva vigente, ad accertare il carattere pericoloso o meno delle varie sostanze per le quali, all'epoca, era stato richiesto un riesame dello status. In tale contesto, la Commissione propone, ad esempio, che il piombo e l'atrazina non siano considerate come sostanze pericolose. I deputati, non sono invece dello stesso parere. Innanzitutto, chiedono di aggiungere gli "altri inquinanti" nella lista delle sostanze prioritarie e di classificarli come pericolosi. Poi sollecitano la Commissione a realizzare un riesame di altre decine di sostanze - come l'MTBE e l'ETBE - finora non contemplate né dalla direttiva vigente né dalla proposta della Commissione e di accertarne il carattere "pericoloso" per presentare una proposta relativa alla loro classificazione definitiva entro 12 mesi. Inoltre, respingono la proposta della Commissione di non considerare pericolose delle sostanze per le quali era chiesto il riesame, come appunto il piombo e l'atrazina. Anzi, chiedono agli Stati membri di incoraggiare il settore della pesca a sostituire il piombo utilizzato nelle attrezzature con alternative meno pericolose. Propongono poi di considerare "pericoloso" un pesticida (Alachlor) per il quale la vigente direttiva non chiedeva nemmeno di effettuare un riesame dello status. Il Parlamento, inoltre, chiede alla Commissione di presentare, entro il 31 gennaio 2008, una proposta di revisione della direttiva intesa a includere le diossine e i PCB nell'elenco delle sostanze prioritarie, includendo i corrispondenti standard di qualità ambientale. Ritiene infatti che si tratti di sostanze tossiche, persistenti e bioaccumulabili che comportano notevoli rischi per la salute e che hanno effetti estremamente negativi sulle specie acquatiche, compromettendo così la vitalità del settore della pesca. Standard di qualità e controlli In forza alla direttiva, gli Stati membri devono garantire che la composizione delle loro acque di superficie risponda agli standard di qualità ambientale fissati per le "sostanze prioritarie", espressi come media annua e come concentrazione massima ammissibile, e agli standard di qualità ambientale fissati per gli "altri inquinanti". Il Parlamento, d'altra parte, chiede loro di adottare tutti i provvedimenti necessari affinché le imprese che immettono nell'ambiente idrico acque reflue contenenti sostanze prioritarie, «utilizzino le migliori tecniche disponibili ai fini sia della produzione che del trattamento delle acque reflue». Precisa inoltre che gli Stati membri devono migliorare le conoscenze e i dati disponibili sulle fonti delle sostanze prioritarie e le vie di inquinamento, al fine di individuare opzioni per controlli mirati ed efficaci. Con un emendamento, il Parlamento chiede agli Stati membri di sorvegliare le concentrazioni delle sostanze prioritarie e di altri inquinanti nei sedimenti e nel biota (organismi viventi), mentre la proposta della Commissione chiedeva loro invece di provvedere a far sì che tali concentrazioni non aumentassero. Gli Stati membri devono anche garantire che le concentrazioni di esaclorobenzene, esaclorobutadiene e mercurio indicate (rispettivamente, 10 μg/kg, 55 μg/kg per l’esaclorobutadiene e 20 μg/kg) non vengano superate nei tessuti (peso a umido) di pesci, molluschi, crostacei e altri biota. Al fine di monitorare la conformità agli standard di qualità ambientale di queste tre sostanze, gli Stati membri dovranno introdurre uno standard più severo per le acque in sostituzione dello standard fissato dall’allegato oppure definire uno standard supplementare per il biota. Al riguardo, i deputati, aggiungono che il monitoraggio di altre sostanze può inoltre essere effettuato nei sedimenti o nel biota anziché nell'acqua «se gli Stati membri ritengono che ciò sia più adeguato ed efficace sotto il profilo dei costi». Se vengono evidenziate notevoli concentrazioni di sostanze e gli Stati membri ritengono che esista il rischio di un mancato rispetto degli standard di qualità ambientale per le acque, è anche precisato, dovrà essere effettuato un monitoraggio complementare nelle acque per garantire il rispetto degli standard di qualità ambientale. Per assicurare l'obbligo agli Stati membri di garantire che gli attuali livelli nel biota e nei sedimenti non aumentino, il Parlamento chiede alla Commissione di presentare, entro 12 mesi dalla realizzazione degli inventari delle emissioni, una proposta in materia di standard di qualità applicabili alle concentrazioni delle sostanze prioritarie nei sedimenti o nel biota. Con altri emendamenti i deputati chiedono alla Commissione di esaminare l'informazione scientifica e i progressi tecnici più recenti per quanto riguarda le sostanze che si accumulano nei sedimenti e nel biota e di elaborare SQA in materia. Inoltre, qualora per il raggiungimento degli standard di qualità ambientale si renda necessario vietare determinate sostanze, la Commissione dovrà presentare idonee proposte per la modifica degli atti legislativi vigenti o per l'emanazione di nuovi atti a livello comunitario. Prevedono poi la possibilità per la Commissione di fissare, a livello comunitario, dei valori limite di emissione per determinati impianti, sostanze o fonti puntuali ai fini dell'applicazione dei principi di responsabilità dell'inquinatore e di prevenzione nonché per garantire un'attuazione uniforme da parte degli Stati membri. I deputati chiedono inoltre che gli Stati membri siano autorizzati a adottare misure supplementari - come limiti all'uso o allo scarico di sostanze - in caso di necessità. Area transitoria di superamento dei valori La proposta della Commissione consente agli Stati membri di designare aree transitorie nell'ambito delle quali le concentrazioni di uno o più inquinanti possono superare gli standard di qualità ambientale applicabili, a condizioni che tale superamento non abbia conseguenze sulla conformità del resto del corpo idrico. Il Parlamento limita però questa possibilità ai soli casi in cui, per una o più fonti puntuali, «non esistano soluzioni tecniche per depurare le acque reflue in misure sufficiente». Chiede inoltre agli Stati membri di prevedere un piano d'azione volto a ridurre la portata e la durata di ciascuna area transitoria di superamento «al fine di raggiungere i previsti standard di qualità ambientale entro e non oltre il 2018». Inventario delle emissioni, degli scarichi e delle perdite Se la proposta della Commissione chiede agli Stati membri di elaborare un inventario delle emissioni, degli scarichi e delle perdite di tutte le sostanze prioritarie, il Parlamento aggiunge che devono essere indicate anche le relative fonti originarie e che andranno specificate anche le concentrazioni per i sedimenti e i biota. Ma non solo, chiede anche agli Stati membri di inserire nell'inventario tutte le misure di controllo delle emissioni adottate, di predisporre programmi specifici di sorveglianza per i sedimenti e i biota, nonché di corredare l'inventario di uno scadenziario relativo alla riduzione o all'arresto delle emissioni Gli inventari dovranno essere trasmessi alla Commissione. Secondo la proposta, la Commissione dovrà verificare che le emissioni, gli scarichi e le perdite che risultano dall’inventario siano conformi, entro il 2025, agli obblighi di riduzione dell’inquinamento o di arresto delle emissioni, degli scarichi e delle perdite. I deputati precisano innanzitutto che questa verifica dovrà essere realizzata entro il 2015 ed i suoi risultati dovranno essere presentati al Parlamento. Un emendamento, inoltre, puntualizza che, al momento di effettuare la verifica, la Commissione dovrà tenere conto della fattibilità tecnica e della proporzionalità, dell'applicazione delle migliori tecniche e dell'esistenza di concentrazioni di fondo naturali. Se dalla verifica emerge che è improbabile pervenire al rispetto dei criteri fissati, la Commissione dovrà proporre le necessarie misure comunitarie entro il 2016. Link utili
Proposta della Commissione Riferimenti Anne LAPERROUZE (ALDE/ADLE, FR) |
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Verso un'economia verde all'idrogeno La dichiarazione scritta "sull'instaurazione di un'economia verde all'idrogeno e una terza rivoluzione industriale in Europa" ha raccolto la firma della maggioranza dei deputati e sarà quindi trasmessa a Commissione e Stati membri come posizione ufficiale del Parlamento. Chiede l'aumento dell'efficienza energetica, la riduzione dei gas a effetto serra, lo sviluppo di fonti alternative e la messa a punto, entro il 2025, in tutti i paesi membri di un'infrastruttura a idrogeno decentralizzata. Promossa, tra gli altri, da Vittorio PRODI (ALDE/ADLE, IT) e Umberto GUIDONI (GUE/NGL, IT), la dichiarazione scritta "sull'instaurazione di un'economia verde all'idrogeno e una terza rivoluzione industriale in Europa attraverso il partenariato con le regioni e le città, le PMI e le organizzazioni della società civile interessate" è stata firmata da 420 deputati. Sarà pertanto iscritta nel processo verbale della seduta e trasmessa alla Commissione e agli Stati membri come posizione ufficiale del Parlamento europeo. Notando come il riscaldamento globale e i costi dei combustibili fossili continuano ad aumentare, i deputati ritengono che «una visione post-energia fossile e post-energia nucleare dovrebbe costituire il prossimo progetto importante dell'Unione europea». Osservano inoltre che i 5 fattori chiave per l'indipendenza energetica sono: la massimizzazione dell'efficienza energetica, la riduzione delle emissioni di gas che comportano un riscaldamento globale, l'ottimizzazione dell'introduzione su scala commerciale di energie rinnovabili, la messa a punto di una tecnologia delle celle a combustibile a idrogeno per immagazzinare energie rinnovabili e la creazione di griglie di energia intelligente per distribuire l'energia stessa. Per tali motivi, la dichiarazione invita le istituzioni dell'UE a perseguire entro il 2020 un incremento del 20% dell'efficienza energetica, a ridurre del 30% (rispetto ai livelli del 1990) entro il 2020 i gas a effetto serra, a produrre entro il 2020 il 33% dell'elettricità e il 25% dell'energia globale ricorrendo a fonti di energia rinnovabile e a sviluppare una tecnologia di immagazzinaggio delle celle a combustibile a idrogeno. L'Unione europea è anche invitata a sviluppare altre tecnologie di immagazzinaggio, per usi portatili, impianti permanenti e fini di trasporto e a mettere a punto entro il 2025 in tutti i paesi membri dell'UE un'infrastruttura a idrogeno decentralizzata, dal basso verso l'alto. I deputati, infine, chiedono di rendere, entro il 2025, le griglie di energia «intelligenti ed indipendenti» in modo che le regioni, le città, le PMI e i cittadini possano produrre e condividere l'energia «con lo stesso accesso aperto che esiste attualmente per quanto concerne Internet». Firmatari italiani Agnoletto, Aita, Albertini, Andria, Angelilli, Antoniozzi, Battilocchio, Berlinguer, Braghetto, Cappato, Casini, Castiglione, Catania, Chiesa, Cocilovo, Costa, De Michelis, Ebner, Fatuzzo, Fava, Foglietta, Frassoni, Gargani, Gawronski, Gottardi, Gruber, Guidoni, Kusstatscher, La Russa, Lavarra, Locatelli, Losco, Mantovani, Mauro, Morgantini, Musacchio, Muscardini, Musotto, Musumeci, Napoletano, Occhetto, Pannella, Panzeri, Pirilli, Pistelli, Pittella, Prodi, Rivera, Rizzo, Romagnoli, Sacconi, Sartori, Sbarbati, Susta, Tajani, Tatarella, Toia, Veraldi, Vernola, Vincenzi, Zani, Zappalà, Zingaretti. Background - Articolo 116 del Regolamento del Parlamento europeo: Dichiarazioni scritte 1. Cinque deputati al massimo possono presentare una dichiarazione scritta non superiore a 200 parole su un argomento attinente alle attività dell'Unione europea. Tali dichiarazioni scritte sono stampate nelle lingue ufficiali e vengono distribuite. Esse figurano con il nome dei firmatari in un registro. Tale registro è pubblico e tenuto durante le tornate all'ingresso dell'Aula, e tra una tornata e l'altra in un luogo appropriato determinato dal Collegio dei Questori. 2. Ogni deputato può apporre la sua firma su una dichiarazione iscritta nel registro. 3. Qualora una dichiarazione raccolga la firma della maggioranza dei deputati che compongono il Parlamento, il Presidente ne informa il Parlamento e pubblica i nomi dei firmatari nel processo verbale. 4. Tale dichiarazione è trasmessa, al termine della tornata, alle istituzioni in essa menzionate, con l'indicazione dei nomi dei firmatari. Essa figura nel processo verbale della seduta nella quale è comunicata. La pubblicazione segna la chiusura della procedura. 5. Una dichiarazione scritta che sia rimasta iscritta nel registro per più di tre mesi senza essere stata firmata da almeno la metà dei deputati che compongono il Parlamento decade. |
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Il Parlamento ha approvato il Programma inteso a prevenire e combattere la violenza contro i bambini, i giovani e le donne e a proteggere le vittime e i gruppi a rischio. Il Programma entrerà quindi presto in vigore e finanzierà azioni volte a promuovere l'adozione di una politica di tolleranza zero nei confronti della violenza - da quella domestica fino alle mutilazioni genitali e ai delitti d'onore - nonché a incoraggiare l'assistenza alle vittime e la denuncia degli episodi di violenza. Adottando la relazione di Lissy GRÖNER (PSE, DE), il Parlamento ha approvato la posizione comune del Consiglio in merito alla decisione che istituisce un programma settennale, per il periodo dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013, inteso a prevenire e combattere la violenza contro i bambini, i giovani e le donne e a proteggere le vittime e i gruppi a rischio (Daphne III). La decisione, pertanto, potrà presto entrare in vigore. Dei 53 emendamenti alla proposta della Commissione avanzati in prima lettura dal Parlamento, infatti, il Consiglio ne ha ripresi - in tutto o in parte - 32, anche grazie a negoziati informali che hanno permesso di giungere a un compromesso su taluni punti controversi. E' stato poi deciso che il Parlamento e il Consiglio avrebbero formulato una dichiarazione comune per invitare la Commissione a prendere in esame la possibilità di varare un’iniziativa per l’Anno europeo contro la violenza nei confronti dei bambini, dei giovani e delle donne. Obiettivo: prevenzione e lotta contro la violenza Dotato di 116,85 milioni di euro (rispetto ai 50 milioni di Daphne II per un quinquennio), il Programma persegue l'obiettivo specifico di contribuire alla prevenzione e alla lotta contro tutte le forme di violenza che si verificano nella sfera pubblica o privata contro i bambini, i giovani e le donne, compresi lo sfruttamento sessuale e la tratta degli esseri umani, adottando misure di prevenzione e fornendo sostegno e protezione alle vittime e ai gruppi a rischio. Come richiesto dal Parlamento, è precisato che, ai fini del programma, il termine "bambini" comprende le fasce di età che vanno dagli 0 ai 18 anni. Tuttavia, i progetti che comportano azioni concepite specificamente per gruppi di destinatari quali ad esempio "adolescenti" (13-19 anni) o persone di età compresa tra i 12 e i 25 anni, vanno intesi come destinati ai soggetti indicati come "giovani". E' anche sottolineato che la violenza nei confronti delle donne assume varie forme, che vanno dalla violenza domestica, «che si riscontra a tutti i livelli della società», a pratiche tradizionali dannose associate all'esercizio della violenza fisica contro le donne, «come le mutilazioni genitali e i delitti d'onore». Tipi di azioni Tali obiettivi possono essere realizzati tramite azioni transnazionali (che coinvolgano almeno due Stati membri) o altri tipi di azione volte ad assistere e incoraggiare le organizzazioni non governative (ONG) e altre organizzazioni attive in questo settore, a sviluppare e attuare azioni di sensibilizzazione destinate a pubblici specifici, «al fine sia di migliorare la comprensione e promuovere l'adozione di una politica di tolleranza zero nei confronti della violenza sia di incoraggiare l'assistenza alle vittime e la denuncia degli episodi di violenza alle autorità competenti». Inoltre, queste azioni possono mirare a costituire e sostenere reti multidisciplinari, per rafforzare la cooperazione tra le ONG e le altre organizzazioni attive in questo settore. Possono anche tendere ad assicurare lo scambio, l'individuazione e la diffusione di informazioni e buone pratiche, comprese la ricerca, la formazione, le visite di studio e gli scambi di personale, ad elaborare e sperimentare materiale didattico e di sensibilizzazione, a studiare i fenomeni collegati alla violenza e il relativo impatto sia sulle vittime che sulla società nel suo insieme, compresi i costi sociali, economici e relativi all'assistenza sanitaria, «al fine di combattere le origini della violenza a tutti i livelli della società». Infine, si tratterà di sviluppare e attuare programmi di sostegno per le vittime e le persone a rischio e programmi d'intervento per gli autori delle violenze, garantendo nel contempo la sicurezza delle vittime. Partecipazione e accesso al Programma Il programma è a favore dei bambini, dei giovani e delle donne che sono o rischiano di diventare vittime di violenza. I principali gruppi destinatari del programma sono, tra gli altri, le famiglie, gli insegnanti e gli educatori, gli assistenti sociali, la polizia e le guardie di frontiera, le autorità locali, nazionali e militari, il personale medico e paramedico, il personale giudiziario, le ONG, i sindacati e le comunità religiose. Il programma è aperto alla partecipazione di organizzazioni e istituzioni pubbliche o private (autorità locali al livello appropriato, dipartimenti universitari e centri di ricerca) impegnate a prevenire e combattere la violenza contro i bambini, i giovani e le donne, a garantire una protezione contro tale violenza o a fornire sostegno alle vittime. Ma vi possono accedere anche quelle impegnate ad attuare azioni destinate a promuovere il rifiuto di tale violenza o a favorire un cambiamento di atteggiamento e di comportamento nei confronti dei gruppi vulnerabili e delle vittime della violenza. Tipo di sostegno Il finanziamento comunitario può assumere la forma di sovvenzione o di contratto di appalto pubblico. Le sovvenzioni comunitarie, il cui tasso massimo di cofinanziamento sarà specificato nei programmi di lavoro annuali, saranno concesse a seguito dell'esame delle richieste risultanti dagli inviti a presentare proposte. Inoltre potranno essere previste spese per misure complementari, tramite contratti di appalto pubblico. In tal caso i fondi comunitari finanziano l'acquisto di beni e servizi direttamente correlati agli obiettivi del programma. In particolare potranno essere finanziate le spese di informazione e comunicazione, preparazione, attuazione, monitoraggio, controllo e valutazione dei progetti, delle politiche, dei programmi e della legislazione. Come richiesto dal Parlamento in prima lettura, la Commissione dovrà pubblicare annualmente l'elenco dei progetti finanziati nell'ambito del programma, corredato di una breve descrizione di ogni progetto. Link utili
Posizione comune del Consiglio Riferimenti Lissy GRÖNER (PSE, DE) |
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L'Aula avanza raccomandazioni riguardo alla mobilità e all'informazione dei pazienti, ai rimborsi delle prestazioni, alla mobilità e alla responsabilità del personale sanitario, nonché ai meccanismi di risarcimento. Chiede di garantire ai pazienti il più ampio accesso ai servizi sanitari in Europa e, ai medici, la libertà di stabilimento, ma respinge la proposta di includere le prestazioni sanitarie nella direttiva servizi. Propone invece l'adozione di una Carta europea dei diritti dei pazienti. Anticipando un’eventuale normativa europea sulla mobilità dei pazienti in seno all’UE e in risposta a una comunicazione della Commissione intitolata “Consultazione relativa ad un’azione comunitaria nel settore dei servizi sanitari, il Parlamento ha approvato - con 514 voti favorevoli, 132 contrari e 8 astensioni - la relazione d’iniziativa di Bernadette VERGNAUD (PSE, FR) che sottolinea anzitutto che la mobilità transfrontaliera dei pazienti e dei professionisti della sanità «è destinata in futuro a crescere, offrendo pertanto al paziente una maggiore scelta». Per i deputati, inoltre, è opportuno garantire «a tempo debito» a tutti i cittadini europei, quale che sia il loro livello di reddito e di luogo di residenza, «un accesso uguale e abbordabile alle cure sanitarie», assicurando al tempo stesso la sostenibilità finanziaria dei sistemi sanitari nazionali. Una Carta europea dei diritti dei pazienti Per il Parlamento le regole del mercato interno si applicano ai servizi sanitari. Tuttavia con 575 voti favorevoli, 54 contrari e 6 astensioni, ha accolto la proposta di PSE, GUE/NGL e Verdi ALE di sopprimere il paragrafo che chiedeva alla Commissione di presentare al Parlamento una proposta volta a reintrodurre i servizi sanitari nella direttiva 2006/123/CE, ossia nella direttiva servizi. D'altra parte, facendo proprio un emendamento proposto dal PPE/DE, i deputati - visto che il Parlamento e il Consiglio non hanno voluto affrontare le questioni sanitarie nell'ambito della direttiva servizi - insistono sulla necessità di ulteriori interventi per preservare i diritti dei pazienti e, pertanto, invitano la Commissione, in quanto custode dei trattati, a salvaguardare tali diritti. Su impulso dell'ALDE/ADLE, il Parlamento invita la Commissione a presentare una proposta che tenga conto dei suoi suggerimenti e delle sentenze della Corte di giustizia riguardanti i diritti dei pazienti. Auspica, inoltre, l'adozione di una Carta europea dei diritti dei pazienti sulla base di quelle esistenti nei diversi Stati membri e dei lavori realizzati dalle organizzazioni non governative. Al contempo, chiede che ai pazienti sia garantito il più ampio accesso possibile ai servizi sanitari in tutta Europa e che ai prestatori di servizi sanitari siano garantite la libertà di fornire tali servizi e la libertà di stabilimento. Nel proporre poi una codificazione delle sentenze della Corte di giustizia europea riguardanti i diritti dei pazienti europei, il Parlamento chiede alla Commissione di rafforzare la sua politica consistente nel perseguire le violazioni della normativa UE, allo scopo di garantire che tutti gli Stati membri rispettino la giurisprudenza della Corte e «che tutti i pazienti europei, indipendentemente dal loro paese d'origine, beneficino dei diritti conferiti loro dal Trattato». Facendo proprio un emendamento proposto dal PSE, peraltro, il Parlamento precisa che la mobilità dei pazienti e professionale «non dovrebbe servire da scusa per uno Stato membro per non investire nel proprio sistema sanitario». Il Parlamento sollecita anche una definizione chiara dei servizi sanitari «al fine di precisare e di chiarire il campo di applicazione della legislazione futura in tale settore». Ritiene, inoltre, che ogni azione comunitaria in materia di servizi sanitari debba essere coerente con l'azione comunitaria relativa ai servizi sociali di interesse generale. Mobilità dei pazienti Il Parlamento, peraltro, osserva «l'inadeguatezza» del sostegno all'assistenza sanitaria da parte degli Stati membri e ritengono che ciò «finisca per pregiudicare i diritti del malato». Osserva, inoltre, che un numero considerevole di pazienti di vari Stati membri non è in grado di ricevere il necessario trattamento medico nel proprio paese entro termini ragionevoli a causa delle liste di attesa e che tali pazienti sono pertanto dipendenti da un trattamento medico all'estero. Ricordando poi che i pazienti devono poter usufruire in ogni caso di un accesso paritario ad un trattamento appropriato quanto più vicino al loro domicilio e nella loro lingua, sottolinea l'esigenza che gli Stati membri trattino i residenti di un altro Stato membro su di una base paritaria per quanto riguarda l'accesso ai servizi sanitari, indipendentemente dal fatto che si tratti di pazienti pubblici o privati. Pone poi in luce l'esigenza di ridurre la burocrazia collegata tanto all'uso quanto alla fornitura di servizi sanitari transfrontalieri. Il Parlamento constata la difficoltà per i pazienti di accedere ad informazioni chiare e precise relative alle cure sanitarie, in particolare in relazione all'assistenza sanitaria transfrontaliera e la complessità delle procedure da seguire. Ritiene tuttavia importante dare ai pazienti il diritto di scegliere le cure sanitarie in un altro Stato «quando tale scelta permette loro di ricevere un idoneo trattamento», dopo averli informati esaurientemente. Rimborso delle spese mediche I deputati, riconoscendo l'esistenza di differenze tra i sistemi sanitari degli Stati membri e la complessità delle disposizioni giuridiche che disciplinano i rimborsi, chiedono che l'attuale giurisprudenza in materia di rimborso delle prestazioni sanitarie transfrontaliere sia codificata in modo da garantirne la corretta applicazione da parte di tutti gli Stati membri. Invitano poi la Commissione ad esortare tutti gli Stati membri ad applicare le procedure vigenti circa il rimborso delle cure sanitarie transfrontaliere e, in proposito, ritengono che debba essere possibile per la Commissione perseguire gli Stati inadempienti. In ogni caso, il Parlamento chiede che sia elaborato un sistema europeo di riferimento per i rimborsi al fine di consentire ai cittadini di fare confronti e di effettuare la scelta di trattamento a loro più favorevole. Occorre poi promuovere e sostenere attivamente l'opera volta a rendere corrente l'impiego della Carta europea di assicurazione contro le malattie con una serie standardizzata di dati elettronici sui pazienti, in modo da semplificare le procedure per i cittadini europei che si sottopongono a cure mediche in altri Stati membri e da assicurare la riservatezza dei dati medici sensibili. Mobilità del personale sanitario e responsabilità Per i deputati la direttiva relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali «non colma tutte le lacune regolamentari esistenti a livello UE per quanto riguarda la libera circolazione del personale sanitario», in particolare in materia di formazione continua, diritto di stabilimento e garanzia delle competenze degli operatori sanitari. Sottolineano tuttavia la necessità di informare meglio gli operatori sanitari sul loro diritto di mobilità all'interno dell'UE, utilizzando gli strumenti messi a punto dalla Commissione, ad esempio EURES (Rete europea di servizi per l'occupazione). Evidenziando che qualsiasi futura legislazione in questo campo dovrebbe agevolare sensibilmente la fornitura di servizi sanitari transfrontalieri e lo stabilimento di prestatori di servizi di altri Stati membri, il Parlamento ritiene oltremodo importante che il personale sanitario, in diretto contatto con i pazienti, disponga di adeguate conoscenze della lingua dello Stato ospite. Nell’insistere sul fatto che la mobilità dei pazienti «deve essere garantita da norme chiare e coordinate che disciplinino la responsabilità nella prestazione di servizi sanitari transfrontalieri», sottolinea poi l’esigenza di facilitare l'accesso ai meccanismi giudiziari e di risarcimento, in particolare se le varie fasi del trattamento si sono svolte in più di un paese. Facendo tuttavia presente che la complicazione del sistema giuridico non favorisce l'accesso alla giustizia, i deputati pongono in luce la necessità di garantire la certezza giuridica dei pazienti e del personale sanitario e sollecitano quindi la chiarificazione delle responsabilità nelle ipotesi in cui sopravvenisse un danno. Nel sottolineare poi la necessità di rafforzare la protezione dei pazienti, chiedono di imporre l'obbligo per tutto il personale sanitario di disporre di un'assicurazione obbligatoria contro la responsabilità a congrui costi nonché l'obbligo per le autorità nazionali di procedere allo scambio di informazioni amministrative e disciplinari sui professionisti della sanità. Cooperazione tra Stati membri Il Parlamento ritiene che una maggiore cooperazione tra i sistemi sanitari a livello locale, regionale, intergovernativo ed europeo dovrebbe consentire di ottenere cure adeguate in altri Stati membri, migliorare la qualità dei servizi e aumentare così la fiducia dei cittadini. Si attende quindi che gli Stati membri cooperino a livello transfrontaliero per quanto concerne l'offerta di servizi sanitari, al fine di poter gestire i rispettivi sistemi sanitari in modo più efficiente in termini di costi. Aspettandosi poi che gli Stati membri risolvano tra loro le questioni attinenti all'accesso, alla qualità dell'assistenza e al controllo dei costi, chiede la creazione e l'utilizzo di "sportelli unici" per garantire l'accesso ad informazioni obiettive ed indipendenti per i pazienti, il personale sanitario, le istituzioni sanitarie e le autorità competenti. Link utili
Consultazione relativa ad un’azione comunitaria nel settore dei
servizi sanitari Riferimenti Bernadette VERGNAUD (PSE, FR) |
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Il Parlamento chiede l'adozione della Costituzione entro il 2008 e la nomina di un Ministro degli esteri per dare maggiore efficacia e coerenza alla Politica estera e di sicurezza comune (PESC). Sollecita poi il coordinamento con gli Stati membri che fanno parte del Consiglio di Sicurezza ONU e una decisione sul seggio unico. Occorre dare priorità ai settori che rispondono alle aspettative dei cittadini, garantire un maggiore controllo parlamentare e modificare il sistema di finanziamento della PESC. Il Parlamento ha adottato con 526 voti favorevoli, 118 contrari e 14 astensioni la relazione di Elmar BROK (PPE/DE, DE) sugli aspetti principali e le scelte di base della Politica Estera e di Sicurezza Comune (PESC). Approvare la Costituzione entro il 2008 I deputati rilevano anzitutto che, senza il Trattato costituzionale, l'Unione europea non può «dar forma ad una politica estera e di sicurezza in grado di raccogliere almeno in parte le sfide più importanti». Come ad esempio la globalizzazione, la migrazione transfrontaliera, il terrorismo internazionale, la dipendenza energetica e il cambiamento climatico. In tale contesto, ritengono necessario istituire la figura del Ministro degli Affari esteri e considerano indispensabile che tale incarico comprenda, allo stesso tempo, la funzione di membro della Commissione e di Presidente del Consiglio dei ministri degli Affari esteri, «affinché la PESC possa avere continuità e coerenza e l'Europa possa parlare con una voce». Gli Stati membri dovrebbero inoltre impegnarsi a definire e a applicare una politica estera comune, «reale e effettiva», che rifletta le preoccupazioni generali dell'UE. Il Parlamento rileva poi che la clausola di assistenza reciproca, la cooperazione strutturale, il servizio europeo per l'azione esterna e la personalità giuridica unica, «costituiscono esempi dei progressi del trattato costituzionale assolutamente necessari». Sottolinea quindi la necessità che la finalizzazione del trattato costituzionale «diventi una delle principali priorità dell'attuale e delle future presidenze dell'UE». Pertanto esorta i Capi di Stato e di governo a finalizzare il trattato costituzionale entro la fine del 2008, «non solo come condizione preliminare per ulteriori ampliamenti, ma anche per consentire all'Unione di funzionare in modo più efficace, trasparente e democratico sia nel campo dell'azione esterna che nel settore della PESC/PESD». Miglioramento dell'efficacia, della coerenza e della visibilità della PESC I deputati ritengono che, senza l'introduzione del voto a maggioranza qualificata sulle questioni PESC, «verranno profondamente compromesse la coerenza, l'efficacia e la visibilità dell'azione esterna dell'Unione». Gli Stati membri dell'UE che fanno parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sono poi invitati a informare gli altri Stati membri dell'Unione, ma anche a prestare attenzione ai loro suggerimenti e a sforzarsi di mettere a punto nell'ambito del Consiglio di sicurezza stesso «un'azione coordinata che rifletta l'opinione maggioritaria europea». Dovrebbero inoltre migliorare il loro coordinamento al fine di rafforzare l'efficacia dell'azione dell'UE a livello mondiale e decidere nel prossimo futuro in merito a un seggio comune europeo. Il Parlamento accoglie comunque con favore la creazione dell'Agenzia europea di difesa, lo sviluppo del concetto di gruppi tattici, l'istituzione della politica europea di vicinato e l'applicazione della clausola di solidarietà per contrastare le minacce o gli attacchi terroristici. Ma anche la definizione di obiettivi civili primari, la creazione di squadre di civili per la reazione alle crisi nonché il partenariato di pace nell'ambito dello strumento di stabilità. Al riguardo, sollecita la Commissione a istituire corpi civili di pace, come richiesto dal Parlamento in varie risoluzioni. Per i deputati, d’altra parte, è necessario intensificare il dialogo politico con i paesi terzi e le regioni e, a tale proposito, ricordano il ruolo significativo che la diplomazia parlamentare può svolgere quale strumento complementare. Il Consiglio e la Commissione sono quindi invitati a rafforzare la loro collaborazione con l’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE, l’Assemblea parlamentare euromediterranea e l’Assemblea parlamentare UE-America latina. Raccomandazioni su vari aspetti tematici per il 2007 Al fine di garantire prosperità e sicurezza, il Parlamento insiste affinché sia considerato prioritario un numero limitato di settori «che rispondano meglio ai desideri e agli interessi dei cittadini europei e alle loro aspettative sul ruolo che l'Unione deve svolgere in ambito internazionale». E, in proposito, cita il consolidamento della democrazia, la sicurezza e la lotta contro il terrorismo, la gestione dell'immigrazione, il dialogo interculturale, la sicurezza energetica, il cambiamento climatico, il controllo delle armi e il disarmo, la non proliferazione delle armi di distruzione di massa e il contributo dell'Unione alla riduzione della povertà, nonché lo sviluppo sociale. Più precisamente, in materia di sicurezza i deputati ritengono che la strategia europea dovrebbe essere aggiornata, mantenendo il suo duplice approccio civile/militare e i suoi concetti fondamentali di prevenzione dei conflitti e multilateralismo efficace. Occorre inoltre che sia integrata con la sicurezza energetica, il cambiamento climatico e la prevenzione del diffondersi della povertà nel mondo quali sfide principali per la sicurezza dell'Unione. Sottolineando poi che il terrorismo rappresenta una delle principali minacce alla sicurezza dell'Unione europea, sostengono che esso deve essere combattuto nel rispetto dei valori universali della democrazia, dello Stato di diritto, dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Collaborando con i partner internazionali, secondo la strategia definita dalle Nazioni Unite. Al riguardo, il Parlamento pone l’accento sull’importanza per l'Unione europea di rafforzare la governance globale, le istituzioni internazionali e il valore del diritto internazionale. Insistendo quindi sul ruolo fondamentale delle Nazioni Unite nello sviluppo della governance globale, ribadisce anche la necessità di corresponsabilizzare la Cina e l'India, in quanto potenze emergenti, come anche la Russia, «nella ricerca di soluzioni alle sfide globali». Sottolinea poi «il ruolo insostituibile» che i partner transatlantici dovrebbero svolgere congiuntamente in questo contesto. Nel ribadire poi l’impegno assunto dal Parlamento europeo a combattere l'impunità di chi si è reso colpevole di crimini di guerra, crimini contro l'umanità e altre gravi violazioni dei diritti umani, i deputati chiedono il rafforzamento del ruolo del Tribunale Penale Internazionale. Sottolineano inoltre la necessità dell'applicazione effettiva delle clausole in materia di diritti dell'uomo, non proliferazione e lotta contro il terrorismo presenti in tutti i tipi di accordi conclusi con i paesi terzi, «evitando modifiche ad hoc, al fine di garantire la coerenza e l'efficacia». Sollecitando maggiore impegno per arrestare il diffondersi della povertà nel mondo, lottare contro la stigmatizzazione e la discriminazione e combattere le principali malattie, il Parlamento si compiace degli sforzi compiuti a livello UE per affrontare il problema dell'immigrazione e degli insediamenti illegali. In proposito, rileva che la lotta contro l'immigrazione clandestina «è compito dei tribunali e della polizia» e che «le politiche dell'UE devono affrontare alla radice anche le cause dell'immigrazione clandestina». Sottolinea inoltre che l'azione di contrasto dell'immigrazione illegale «esclude il ricorso a mezzi militari e a capacità PESD». Nell'accogliere favorevolmente la nuova iniziativa assunta dagli Stati Uniti di procedere a consultazioni e a un'informazione permanente in merito al loro scudo antimissilistico, il Parlamento esprime preoccupazione riguardo alle dichiarazioni rese dal Presidente Putin in risposta a questo progetto. Invita quindi tutte le parti coinvolte ad avviare un dialogo e chiede agli Stati Uniti di illustrare i suoi piani con maggiore precisione, anche per consentire alla NATO e all'UE di «restare unite». Approvando un emendamento proposto dalla GUE/NGL, inoltre, esprime altrettanta preoccupazione per l'annuncio di Vladimir Putin sulla indisponibilità della Russia a continuare a partecipare al trattato sulle forze convenzionali in Europa. I deputati, inoltre, sottolineano la necessità di dare attuazione al sistema internazionale di non proliferazione nucleare e di impegnarsi attivamente a favore del mantenimento del sistema esistente di disarmo e controllo degli armamenti. D’altra parte, esprimono preoccupazione per quanto concerne il primo test relativo ad un'arma antisatellitare effettuato dalla Cina nel gennaio 2007. Considerandolo infatti come un segnale dell'escalation delle armi spaziali, invitano il Consiglio ad adottare un'iniziativa a livello di Nazioni Unite ai fini dell'avvio di negoziati multilaterali per un divieto internazionale di tali armi. Controllo parlamentare della politica estera e di sicurezza comune Nel prendere atto della dettagliata relazione annuale sulle attività della PESC presentata dal Consiglio, i deputati ribadiscono la necessità che il Consiglio non solo informi il Parlamento, ma soprattutto lo renda pienamente partecipe degli aspetti principali e delle scelte di base della PESC per il 2007. Deplorano inoltre che il Consiglio abbia ancora una volta ignorato il diritto del Parlamento ad essere consultato annualmente "ex ante" sugli aspetti e le scelte futuri in relazione al 2006, e reputa che tale prassi costituisce, de facto, una violazione dell’articolo 21 del trattato sull'Unione europea. Nell’invitare il Consiglio a rettificare tale situazione, i deputati incoraggiano quindi Consiglio e Stati membri a rafforzare ulteriormente il controllo parlamentare sulla PESD, garantendo che il Parlamento svolga un ruolo di rilievo attraverso il ricorso al meccanismo di dialogo strutturato, e una più stretta cooperazione tra il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali. In tale contesto, propongono di conferire al Parlamento il potere di nominare, e destituire, il coordinatore antiterrorismo e i direttori del Centro di situazione congiunto dell'UE (SitCen), del Centro satellitare dell'Unione europea (CSUE) e di Eurojust. Finanziamento della PESC/PESD Pur accogliendo con favore il fatto che il bilancio PESC sia stato triplicato rispetto al precedente settennato, i deputati considerano che l’importo di 1,74 miliardi di euro per il 2007-2013 sia «insufficiente per soddisfare le ambizioni dell'Unione in quanto attore globale». Al contempo, riconoscono che i 159,2 milioni di euro che si è deciso di assegnare alla PESC per il 2007 «rappresentano un importante passo avanti rispetto alle precedenti dotazioni di fondi». D’altra parte il Parlamento deplora che il Consiglio abbia finora fornito informazioni finanziarie sostanziali solo una volta adottate le decisioni finali, e che il nuovo accordo interistituzionale non modifichi le regole esistenti sulle operazioni PESD, fra cui il principio secondo cui ciascuno si fa carico delle proprie. Link utili Relazione del Consiglio (versione inglese e francese) Riferimenti Elmar BROK (PPE/DE, DE) |
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Il Parlamento raccomanda al Consiglio l'armonizzazione delle disposizioni di diritto penale e il rafforzamento di Europol e Eurojust. Suggerisce inoltre massima vigilanza sulle risorse economiche illegali e l'avvio di un dibattito sullo status dei pentiti. Chiedendo campagne educative nelle aree più soggette all'influenza mafiosa, sollecita il monitoraggio delle attività delle istituzioni elette che abbiano esponenti politici accusati di rapporti con la criminalità organizzata o con la mafia. Oggigiorno la lotta contro la criminalità organizzata continuerà a compiere progressi solamente mediante un cambiamento di ottica radicale che consenta di risolvere le problematiche interne sempre più complesse e nel contempo di raccogliere la sfida crescente delle limitazioni esterne che aumentano in misura esponenziale. E' quanto sostiene il Parlamento con l'adozione della relazione di Bill NEWTON DUNN (ALDE/ADLE, UK) che formula una lunga serie di raccomandazioni al Consiglio in merito a un'impostazione strategica della lotta contro la criminalità organizzata. Anzitutto, il Parlamento invita il Consiglio a chiedere a tutti gli Stati membri di ratificare la Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale (Convenzione di Palermo) nonché i Protocolli sulla tratta di esseri umani e sul traffico di migranti e di applicare tali strumenti giuridici. Gli chiede inoltre di sollecitare tutti i paesi che non l’abbiamo ancora fatto a ratificare la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione. Al fine di rendere più efficaci le azioni a livello europeo, i deputati chiedono al Consiglio di garantire che gli Stati membri armonizzino le rispettive disposizioni di diritto penale, con particolare riferimento alle definizioni di concetti e reati nel campo della criminalità organizzata e del terrorismo, come pure le rispettive procedure penali, «mantenendo intatte le garanzie procedurali». Gli Stati membri poi dovrebbero estendere, non appena possibile, il ricorso alle tecniche speciali d'indagine e promuovere la costituzione di squadre investigative comuni. Il Consiglio dovrebbe inoltre concedere la necessaria autonomia a Europol e Eurojust attribuendo a questi ultimi «pieni poteri d'iniziativa» nei loro rispettivi settori di competenza, «affinché possano passare da un ruolo di coordinamento a un ruolo motore nella lotta contro la criminalità organizzata a livello europeo», garantendo tuttavia «un vero e proprio controllo parlamentare». Al Consiglio è poi chiesto di richiamare l'attenzione degli Stati membri sulla necessità di rafforzare le strategie investigative e di adottare misure efficaci di lotta contro la criminalità organizzata, prendendo sistematicamente come obiettivo le risorse economiche e finanziarie illegalmente acquisite. Il Parlamento sollecita inoltre gli Stati membri a mantenere «la massima vigilanza» sulle possibili connessioni tra le organizzazioni terroristiche e i gruppi criminali organizzati, soprattutto in relazione al riciclaggio di capitali e al finanziamento del terrorismo. Invita poi il Consiglio a adottare misure volte in via prioritaria all’intercettazione dei movimenti di capitali provenienti da operazioni di riciclaggio e alla confisca dei beni ottenuti con attività criminali e di stampo mafioso. I deputati auspicano poi l'avvio di iniziative volte a proteggere efficacemente non solo le vittime, ma anche i testimoni e, in proposito, propongono di tenere un ampio dibattito sull'opportunità di uno status ufficiale di collaboratore di giustizia. Il Parlamento ribadisce inoltre la necessità di una maggiore fluidità dei canali d'informazione tra gli attori nella lotta contro la criminalità per la quale sono necessari progressi legislativi significativi e, a tal fine, sollecita il Consiglio a adottare con urgenza la decisione quadro sulla protezione dei dati, «tenendo debitamente conto del parere adottato alla quasi unanimità dal Parlamento». Il Parlamento, sottolinea inoltre la necessità di «uno sforzo considerevole» da parte degli Stati membri per informare i cittadini del valore aggiunto dell'azione UE. Ma chiede anche l'elaborazione di una reale strategia di comunicazione e di programmi per sensibilizzare l'opinione pubblica in merito al traffico di esseri umani a fini di sfruttamento sessuale o lavorativo, essenzialmente di donne e bambini. Suggerisce inoltre di promuovere negli Stati membri, «in particolare in quelle aree in cui l’influenza culturale e sociale della criminalità organizzata è più forte», progetti di educazione alla legalità nelle scuole e nei quartieri a rischio, contrastando in tal modo la criminalità organizzata tramite un'importante campagna educativa. Infine, il Parlamento chiede al Consiglio di monitorare le attività amministrative e governative delle istituzioni elette a livello nazionale, regionale e locale che abbiano esponenti politici accusati di rapporti con la criminalità organizzata o di stampo mafioso. Riferimenti Bill NEWTON DUNN (ALDE/ADLE, UK) |
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Il Parlamento chiede una normativa più stringente riguardo alla produzione e all'etichettatura dei prodotti biologici, in particolare per evitare le contaminazioni da OGM, la cui presenza accidentale e inevitabile non dovrebbe superare lo 0,1%. I deputati auspicano anche obiettivi più ambiziosi e un campo d'applicazione che comprenda catering e ristoranti. Sono anche sollecitate maggiore attenzione alle varietà locali, l'indicazione del luogo d'origine in etichetta e una vigilanza rafforzata. Con 611 voti favorevoli, 61 contrari e 23 astensioni, il Parlamento ha approvato la relazione di Marie-Hélène AUBERT (Verdi/ALE, FR) che propone una serie di modifiche al regolamento relativo alla produzione e all'etichettatura dei prodotti biologici. Prima di procedere alla votazione, la relatrice ha deplorato l'atteggiamento di chiusura dimostrato dal Consiglio dei Ministri che, nonostante le discussioni intavolate a seguito del rinvio della relazione alla commissione parlamentare, non ha accettato la proposta di conferire la doppia base giuridica al regolamento, consentendo al Parlamento di codecidere su questa materia. La relatrice si è anche rammaricata che la maggioranza dei gruppi politici non abbia accettato la proposta di rinviare la votazione alla prossima sessione al fine di sfruttare quel periodo disponibile per tentare di ottenere maggiori rassicurazioni da parte del Consiglio. Oggi si è proceduto unicamente al voto finale della relazione, visto che gli emendamenti erano stati già adottati nel corso della sessione di marzo. Tra questi figura appunto quello sulla base giuridica. Con una maggioranza schiacciante (565 voti favorevoli, 35 contrari e 38 astensioni), i deputati avevano chiesto che il regolamento fosse adottato con la procedura di codecisione visto che il provvedimento non contempla solo gli aspetti della legislazione relativi all'agricoltura (sulla quale il Parlamento è solo consultato), ma tratta anche di aspetti legati al mercato interno, come i metodi specifici di trasformazione e preparazione dei prodotti biologici nei servizi di catering, nelle mense pubbliche e nei ristoranti. A fronte del rifiuto della Commissione e del Consiglio di cambiare la base giuridica, il Parlamento aveva quindi deciso di rinviare il testo alla commissione parlamentare competente, precludendo così al Consiglio la possibilità di pronunciarsi. Obiettivi più ambiziosi Per i deputati, il regolamento deve fornire «la base per lo sviluppo sostenibile della produzione biologica» e stabilire obiettivi, principi e norme concernenti tutte le fasi della produzione, i metodi di produzione, la trasformazione, la distribuzione, la commercializzazione, l’importazione, l’esportazione, l'ispezione e la certificazione dei prodotti biologici, nonché l’uso di indicazioni relative alla produzione biologica nell’etichettatura e nella pubblicità. Il Parlamento, facendo proprio un emendamento avanzato dai Verdi, precisa inoltre che il provvedimento deve incentivare lo sviluppo sostenibile dei sistemi di agricoltura biologica dell'intera catena biologica di prodotti alimentari e mangimi, assicurare il funzionamento del mercato interno dei prodotti biologici e la concorrenza equa tra produttori, nonché stabilire norme affidabili per i sistemi di produzione e in materia di ispezioni, certificazioni e etichettatura. Campo d'applicazione più ampio e preciso, inclusi il catering e i ristoranti Il regolamento si applica a una serie di prodotti agricoli destinati a essere commercializzati come biologici. Più in particolare, si applica ai prodotti vegetali e animali non trasformati e agli animali vivi nonché a quelli trasformati destinati al consumo umano, nonché ai mangimi. I deputati, inoltre, chiedono che anche altri prodotti come il sale, la lana, le conserve di pesce, i cosmetici, gli integratori alimentari, gli oli essenziali e i cibi per animali domestici siano soggetti alle disposizioni del regolamento. D'altra parte sopprimono ogni riferimento ai prodotti dell'acquacoltura ritenendo che per questi debba essere definita una normativa specifica. Non si applica inoltre ai prodotti della caccia e della pesca di animali selvatici. Diversi emendamenti ampliano l'elenco degli operatori che devono attenersi a queste norme. Così, oltre a quelli che esercitano la produzione primaria, il regolamento si dovrebbe applicare a coloro che si occupano del condizionamento, della trasformazione e della preparazione di alimenti e mangimi, nonché a quelli impegnati nel condizionamento, nel confezionamento, nel magazzinaggio, nell'etichettatura e nella pubblicità di prodotti biologici. Ma anche ai responsabili del magazzinaggio, trasporto e distribuzione nonché dell'esportazione e importazione da e verso la Comunità. Se anche gli operatori che gestiscono l'immissione sul mercato sono interessati dal provvedimento, un emendamento aggiunge le attività di catering, le mense, i ristoranti o altre prestazioni analoghe di servizi alimentari. Per i deputati, infatti, queste operazioni comportano un'ulteriore trasformazione e preparazione di cibi biologici e devono quindi rientrare nel campo d'applicazione del regolamento. Al massimo lo 0,1% di OGM e principio "chi inquina paga" Come avviene in forza alle disposizioni esistenti, la proposta prevede che nella produzione biologica, in linea di principio, non è consentito l'uso di OGM e di prodotti ottenuti da OGM. La stessa proposta asserisce che ciò è infatti incompatibile con il concetto di produzione biologica e con la percezione che i consumatori hanno di tali prodotti. La Commissione afferma che gli OGM non devono quindi essere «intenzionalmente» utilizzati nella produzione e nella trasformazione di prodotti bio, aprendo così la porta alla tolleranza nei confronti di contaminazioni accidentali che rientrano in una certa soglia (si parla dello 0,9% come i prodotti convenzionali). Il Parlamento, invece, sopprime il termine «intenzionalmente» e precisa che «occorre evitare la contaminazione di sementi, fattori di produzione, mangimi e alimenti biologici mediante adeguate normative nazionali e comunitarie basate sul principio di precauzione». Oltre a precisare la definizione di "prodotti ottenuti da OGM", puntualizza poi che non è consentito nemmeno il ricorso a prodotti "con OGM" e sopprime l'eccezione prevista per i medicinali veterinari, promuovendo così il ricorso ai medicinali veterinari biologici già presenti sul mercato. Con un emendamento, insiste sul fatto che gli Stati membri si dotino di un quadro legislativo adeguato, sulla base del principio di precauzione e del principio "chi inquina paga", «al fine di evitare ogni rischio di contaminazione dei prodotti biologici da parte di OGM». Puntualizza inoltre che la presenza di OGM nei prodotti biologici «è limitata esclusivamente a quantità accidentali e tecnicamente inevitabili con un valore massimo dello 0,1%». Ma non solo, un altro emendamento chiede alla Commissione di pubblicare, entro il 1° gennaio 2008, una proposta di direttiva quadro concernente le misure precauzionali tese ad evitare la contaminazione da OGM in tutta la catena alimentare, nonché un quadro legislativo per le norme sulla responsabilità concernenti qualsiasi contaminazione con OGM, sulla base del principio "chi inquina paga". E' inoltre responsabilità degli operatori «prendere tutte le misure di precauzione necessarie onde evitare ogni rischio di contaminazione accidentale o tecnicamente inevitabile da parte di OGM». Gli agricoltori e i fabbricanti di mangimi devono astenersi dall'utilizzare OGM o prodotti derivati da OGM e con OGM. Devono inoltre fornire le prove che la contaminazione non è avvenuta. Un emendamento, peraltro, impone agli agricoltori o a qualsiasi altro fornitore di prodotti biologici che acquistano presso terzi i prodotti che utilizzano per la produzione di alimenti o mangimi biologici, di accertarsi che questi non siano ottenuti o derivati da OGM e che non contengano o siano costituiti da OGM. E' poi anche precisato, che in caso di contaminazione accidentale o tecnicamente inevitabile con OGM, gli operatori devono essere in grado di fornire prove di «aver adottato tutte le misure necessarie per evitare siffatta contaminazione». Sviluppo dei prodotti autoctoni, senza chimica né radiazioni Una serie di emendamenti precisa che l'agricoltura biologica è pienamente in linea con gli obiettivi dello sviluppo sostenibile fissati dall'UE nel contesto dell'agenda di Göteborg. Per i deputati, infatti, contribuisce alla realizzazione dello sviluppo sostenibile, dà origine a prodotti sani e di alta qualità e utilizza metodi di produzione sostenibili sul piano ambientale. Più in particolare, la produzione biologica assicura l'equilibrio sostenibile tra suolo, acque piante e animali. Inoltre, contribuisce a mantenere processi di preparazione tradizionali degli alimenti di qualità e a migliorare le piccole aziende e le imprese a carattere familiare. Ma i metodi di produzione biologica devono anche favorire e mantenere un alto livello di diversità biologica e genetica nelle aziende e nei loro dintorni, «riservando particolare attenzione alla conservazione delle varietà locali che si sono adattate e alle razze autoctone». E' anche precisato che soltanto gli organismi viventi e i metodi di produzione meccanici sono da utilizzare ed è sottolineato che l'impiego di prodotti fitosanitari sintetici «è incompatibile con la produzione biologica». Le sostanze trattate chimicamente o di sintesi devono pertanto essere rigorosamente limitate a casi eccezionali e possono essere impiegate solo se non vi sono alternative naturali in commercio. Altri emendamenti precisano poi che non sono consentite le radiazioni ionizzanti e le produzioni con coltivazioni idroponiche o altre coltivazioni o allevamenti senza suolo. Va anche limitato l'impiego di risorse non rinnovabili e promosso l'uso di quelle rinnovabili. Etichettatura più chiara: indicare il luogo d'origine dei prodotti Il termine "biologico", nonché i rispettivi derivati e abbreviazioni, possono essere utilizzati, singolarmente o in abbinamento, nell’insieme della Comunità e in qualsiasi lingua comunitaria, nell’etichettatura e nella pubblicità di prodotti ottenuti e controllati o importati a norma del regolamento. Nel caso di prodotti trasformati, un emendamento precisa che tali termini possono essere utilizzati unicamente nella designazione e etichettatura del prodotto di cui almeno il 95% per peso degli ingredienti del prodotto di origine agricola (esclusi l'acqua e il sale) proviene da produzione biologica e tutti gli ingredienti essenziali provengono dalla produzione biologica. Questi termini possono poi essere indicati nella lista degli ingredienti, ma solo se le informazioni sugli ingredienti biologici vengono fornite nello stesso modo e utilizzando lo stesso colore, la stessa dimensione e lo stesso tipo di caratteri utilizzati per gli altri ingredienti. Tali prodotti, è anche precisato, non possono recare un logo che rimanda alla produzione biologica. D'altra parte, il termine "biologico" (o equivalenti) non può essere apposto sulle etichette che recano anche l'indicazione che il prodotto contiene, è costituito, è derivato o è prodotto da o con l'ausilio di OGM, ovvero in presenza della prova che il prodotto, l'ingrediente o il mangime utilizzato siano stati contaminati da OGM. Il Parlamento aggiunge inoltre che non è possibile ricorrere a tale termine per designare prodotti che sono stati contaminati accidentalmente da OGM in misura superiore alla soglia dello 0,1%. Sulle etichette dei prodotti biologici deve essere anche indicato l'organismo di controllo che certifica il rispetto delle disposizioni sulla produzione biologica. Un emendamento, inoltre, chiede che sia resa obbligatoria l'indicazione del luogo di origine del prodotto o delle materie prime agricole di cui è composto il prodotto, e cioè se si tratta di un prodotto originario dell'UE, di paesi terzi o di una combinazione di paesi. Il luogo di origine dev'essere poi completato dal nome di un paese se il prodotto o le materie prime da cui è ottenuto provengono dal paese in questione. Per i deputati, infatti, l'origine del prodotto spesso si ricollega alla qualità e alle sue caratteristiche, che sono elementi sempre più rilevanti nei prodotti di qualità come quelli biologici. Per i deputati, inoltre, deve essere obbligatorio apporre anche il logo europeo e l'indicazione "BIOLOGICO", in lettere maiuscole. In proposito, la Commissione proponeva di rendere facoltativa questa indicazione che, peraltro, doveva essere "UE-BIOLOGICO". I deputati, hanno soppresso il suffisso "UE" per evitare che i consumatori siano tratti in inganno quanto all'origine del prodotto, visto che l'indicazione va apposta anche sulle etichette dei prodotti importati. Il logo, che secondo i deputati «costituisce il principale simbolo identificativo dei prodotti biologici in tutto il territorio dell'Unione europea», sarà definito dalla Commissione e dovrà essere utilizzato nell'etichettatura, nella presentazione e nella pubblicità dei prodotti ottenuti e controllati o importati a norma del regolamento. Un emendamento precisa poi le disposizioni in merito all'etichettatura dei prodotti provenienti da aziende in via di conversione al biologico. Controlli rafforzati, anche sulle importazioni Il rispetto delle disposizioni del regolamento sarà garantito da organismi di controllo «accreditati» conformemente alla norma EN45011 che prevede, in particolare, garanzie in materia di indipendenza e competenza. Saranno questi a dover eseguire i controlli e, come indicato in un emendamento, le ispezioni e le certificazioni. In ogni caso, suggeriscono i deputati, gli Stati membri devono assicurare che il sistema di controlli istituito «consenta la tracciabilità dei prodotti in ogni fase della produzione, preparazione e distribuzione» per dare ai consumatori la garanzia che i prodotti biologici sono stati prodotti nel rispetto del regolamento». Un emendamento precisa poi a quali condizioni un prodotto importato può essere immesso nel mercato comunitario etichettato come biologico. Innanzitutto, tale prodotto deve essere conforme alle disposizioni del regolamento. Più in particolare, il prodotto in questione dev'essere stato ottenuto secondo norme di produzione equivalenti a quelle applicate alla produzione biologica nella Comunità, tenendo conto delle linee guida del Codex Aliemtarius. Inoltre, le aziende di produzione, importazione e commercializzazione devono essere sottoposte a controlli equivalenti a quelli comunitari eseguiti da un'autorità o un organismo ufficialmente riconosciuto dalla Comunità e possono fornire in qualsiasi momento gli elementi di prova che attestano la conformità con i requisiti del regolamento. Il prodotto dev'essere quindi coperto da un certificato rilasciato dall'autorità di controllo competente che ne attesta la conformità con il regolamento. Background - il biologico in Italia e in Europa L'Italia è il quarto produttore mondiale e primo nella UE di derrate biologiche. Da sola conta un terzo delle imprese biologiche europee (49.859) e un quarto della superficie bio dell'Unione (1.067.101,66 ettari). I principali orientamenti produttivi interessano foraggi, prati e pascoli, e cereali, che nel loro insieme rappresentano oltre il 70 per cento circa della superficie ad agricoltura biologica mentre seguono, nell' ordine, le coltivazioni arboree (olivo, vite, agrumi, frutta) e le colture industriali. Per le produzioni animali risultano allevati con metodo biologico 222.516 bovini da latte e carne, 825.274 ovi-caprini, 977.537 polli, 31.338 suini, 1.293, conigli e 72.241 alveari di api. Gli altri principali Stati membri in cui le produzioni biologiche sono importanti sono la Spagna (926.390 ettari), la Germania (807.406 ettari), il Regno Unito (619.852 ettari) e la Francia (560.838 ettari). In merito alla possibilità di tollerare una soglia accidentale di OGM nei prodotti biologici, un'indagine Coldiretti-ISPO del 2006 su “Opinioni degli Italiani sull'alimentazione” ha rilevato che si verificherebbe un crollo del 60 per cento nei consumi. Ciò sarebbe dovuto a una crisi di fiducia nei confronti di alimenti scelti e pagati con un differenziale di prezzo proprio perché garantiscono sicurezza e naturalità nel metodo di produzione. In Italia, inoltre, ben 2.355 comuni su un totale di 8.106 (pari al 29 per cento) hanno adottato delibere contro il biotech nei propri territori con il supporto della coalizione "Liberi da Ogm". Questa ha anche predisposto un Manifesto per impedire che la contaminazione da biotech del biologico italiano possa concretizzarsi. Link utili
Proposta della Commissione Riferimenti Marie-Hélène AUBERT (Verdi/ALE, FR) |
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PAC: sì all'OCM unica, ma senza vino e ortofrutta Il Parlamento accetta la proposta di riunire in un unico regolamento le OCM vigenti, ma chiede di escludere i settori degli ortofrutticoli, del vino e delle banane finché non sarà conclusa la riforma del loro mercato. I deputati sono anche favorevoli al trasferimento di talune competenze alla Commissione, a condizione però che la definizione delle disposizioni politiche restino al Consiglio. Indicano poi delle disposizioni specifiche per le barbabietole e per l'apicoltura. L’obiettivo della proposta di regolamento è di rivedere i ventuno regolamenti in vigore relativi alle organizzazioni comuni di mercato (OCM) settoriali e riunirli in un unico regolamento generale, allo scopo di snellire e semplificare la disciplina giuridica senza cambiare politica. La proposta intende così costituire un unico insieme di norme armonizzate nei classici settori della politica di mercato come l’intervento, l’ammasso privato, i contingenti tariffari di importazione, le restituzioni all’esportazione, le misure di salvaguardia, la normativa sugli aiuti di Stato e sulla concorrenza, nonché la comunicazione e la trasmissione dei dati. Le vigenti normative settoriali su tali questioni sono state riordinate per strumento o per tema e, ove possibile, unificate in disposizioni orizzontali. Alcune competenze su aspetti tecnici della normativa sarebbero trasferite dal Consiglio alla Commissione. Approvando con 468 voti favorevoli, 14 contrari e 64 astensioni la relazione di Niels BUSK (ALDE/ADLE, DK), il Parlamento accoglie con favore la proposta della Commissione, ma precisa anzitutto che questo esercizio è mirato «esclusivamente» a semplificare la normativa e non deve quindi abrogare o modificare gli strumenti esistenti. D'altra parte, con una serie di emendamenti il Parlamento esclude dal regolamento le parti inerenti alle OCM nei settori degli ortofrutticoli freschi e trasformati, delle banane e del vino. I deputati ritengono infatti necessario completare le riforme in corso prima di procedere alla loro integrazione nel nuovo provvedimento. Questo, se il suggerimento del Parlamento fosse accolto dal Consiglio, dovrebbe quindi essere applicato ai seguenti settori: cereali, riso, zucchero, foraggi essiccati, sementi, luppolo, olio di oliva e olive da tavola, lino e canapa, piante vive e prodotti della floricoltura, tabacco greggio, carni bovine, latte e prodotti lattiero-caseari, carni suine, carni ovine e caprine, uova, carni di pollame e "altri prodotti" indicati in un allegato (come i legumi, cannella, zenzero, farine, grassi vegetali e animali e prosciutti). I deputati, pur accogliendo con favore il trasferimento delle competenze sulle materie tecniche dal Consiglio alla Commissione, precisano che tutte le disposizioni politiche dovrebbero essere adottate dai Ministri previa consultazione del Parlamento europeo. Per questo motivo respingono la soppressione del regime d'intervento per le carni suine. Chiedono inoltre che le tabelle comunitarie di classificazione delle carcasse di bovini, suini e ovini, comprese le norme sulla comunicazione dei prezzi di taluni prodotti da parte degli Stati membri, continuino ad essere stabilite dal Consiglio. Un emendamento aggiunge l'apicoltura tra i settori che possono beneficiare di misure eccezionali di sostegno del mercato nel caso in cui fossero imposte limitazioni agli scambi intracomunitari e agli scambi con i paesi terzi a causa dell’applicazione di misure destinate a combattere la propagazione di malattie degli animali. Un lungo emendamento enuncia le condizioni di acquisto, fornitura, ricevimento e pagamento delle barbabietole cui devono attenersi gli accordi interprofessionali e i contratti. La proposta di regolamento, invece, demanda questo compito alla Commissione. Il Parlamento propone poi di prevedere la possibilità per le organizzazioni a carattere interprofessionale di chiedere alla autorità che le hanno riconosciute di rendere obbligatori per tutti gli operatori del loro settore di attività gli accordi, le regole e le pratiche decisi nel loro ambito. In merito alle importazioni, i deputati chiedono che per i settori dei cereali, dello zucchero, del riso, del lino e della canapa, del latte, delle carni bovine e delle olive, sia reso obbligatoria la presentazione di un titolo di importazione. Prevedono tuttavia la possibilità di stabilire delle deroghe per i prodotti cerealicoli che non presentano un'incidenza significativa sulla situazione dell'approvvigionamento del mercato e allorché la gestione di talune importazioni di zucchero o riso non lo necessita. La Commissione, peraltro, avrebbe la possibilità di subordinare le importazioni a un titolo per gli altri settori e prodotti. Il Parlamento, infine, non accetta l'istituzione di un unico comitato di gestione per tutti i mercati agricoli e propone di crearne quattro: per le carni, per i prodotti lattiero-caseari, per i prodotti vegetali e per le colture perenni. Solo così, per i deputati, può essere assicurato un livello sufficiente di competenza dei partecipanti. Entro due anni, chiede un altro emendamento, la Commissione dovrebbe procedere a una valutazione di questo sistema che dovrà essere presentata al Parlamento, unitamente ai commenti degli Stati membri. Link utili Proposta della Commissione Riferimenti Niels BUSK (ALDE/ADLE,
DK) |
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Ribaltando la sentenza del Consiglio di Stato italiano, il Parlamento dichiara non valido il mandato europeo di Beniamino Donnici e conferma la validità di quello di Achille Occhetto. Per i deputati, infatti, l'accordo siglato da quest'ultimo e la lista elettorale con la quale si è presentato alle elezioni europee del 2004 deve ritenersi nullo per vizio di forma e in quanto formulato prima della proclamazione degli eletti. Il Parlamento ha adottato con 406 voti favorevoli, 125 contrari e 36 astensioni la relazione di Giuseppe GARGANI (PPE/DE, IT) che dichiara non valido il mandato di Baniamino DONNICI (ALDE/ADLE, IT) e conferma la validità di quello di Achille OCCHETTO (PSE, IT). Il capogruppo dell'ALDE/ADLE Graham WATSON, che prima di procedere alla votazione ne aveva sottolineato l'illegalità chiedendo di soprassedere, dopo l'adozione della relazione ha dichiarato che il suo gruppo accettava «il verdetto del Parlamento» ma ha ammonito: «ci vedremo in Tribunale». Il Parlamento osserva anzitutto che l'Atto relativo all'elezione dei membri del Parlamento europeo a suffragio universale (Atto del 1976) «deve estendere la sua applicazione anche ai candidati che, pur non essendo eletti, figurino in una graduatoria di votati». Ciò, infatti, sarebbe nell'interesse del Parlamento europeo, «poiché tali candidati sono potenzialmente componenti del Parlamento stesso». Facendo proprio un emendamento proposto dal PSE, i deputati sottolineano poi che spetta solo al Parlamento europeo verificare i poteri dei suoi membri e che tale prerogativa non può essere inficiata, «o ancora meno vanificata», da un provvedimento nazionale «emesso in palese contrasto con le pertinenti norme e principi del diritto comunitario», e ciò anche nel caso in cui tale provvedimento sia stato adottato in via definitiva da un organo giurisdizionale supremo di detto Stato. I deputati, inoltre, osservano che lo stesso Atto sancisce che i membri del Parlamento europeo non possono essere vincolati da istruzioni né ricevere mandato imperativo. Sottolineano poi che lo Statuto dei deputati, anche se entrerà in vigore nel 2009, «è allo stato attuale un atto legislativo di diritto primario» ed esso prevede che i deputati «sono liberi e indipendenti» nonché che «qualsiasi accordo sulle dimissioni del mandato prima della scadenza o al termine della legislatura è nullo». Per il Parlamento, d'altra parte, la rinuncia all'elezione di Achille Occhetto «è il risultato di una volontà condizionata, precedente alla proclamazione degli eletti nelle elezioni europee del 12 e 13 giugno 2004», con la lista Società civile DI PIETRO-OCCHETTO. Pertanto tale rinuncia deve ritenersi «incompatibile con la lettera e lo spirito dell'Atto del 1976 e, quindi, nulla». La nullità della rinuncia, peraltro, «fa venir meno l'elemento di fatto e di diritto presupposto alla sussistenza e validità del mandato del suo successore». I deputati ritengono, inoltre, che la rinuncia al mandato presenta anche un vizio di forma in quanto, secondo il regolamento del Parlamento europeo, la comunicazione delle dimissioni deve assumere la veste di un verbale redatto in presenza del Segretario generale e nessun altro documento è quindi ritenuto valido. Con 400 voti favorevoli, 121 contrari e 31 astensioni, pertanto, il Parlamento dichiara non valido il mandato di Baniamino DONNICI (ALDE/ADLE, IT) e - con 406 voti favorevoli, 121 contrari e 32 astensioni - conferma la validità di quello di Achille Occhetto (PSE, IT). Durante il dibattito in Aula, Giuseppe GARGANI (PPE/DE, IT), nel difendere da «meschine insinuazioni» la posizione espressa dalla commissione da lui presieduta, ha affermato che «il rinvio alle disposizioni nazionali ha solo carattere suppletivo ... dovendo comunque queste essere conformi all'ordinamento comunitario ... nonché allo spirito dell'atto del '76». A suo parere, inoltre, «la libertà e l'indipendenza dei deputati costituiscono il pilastro fondamentale della libertà del cittadino», mentre «il nuovo Statuto - anche se non ancora in vigore - è allo stato attuale un atto comunitario di diritto primario». Pertanto, «la rinuncia di Occhetto è un espressione di volontà viziata ... da un accordo precedente all'elezione...e deve quindi considerarsi nulla». Inoltre, ha sostenuto che la rinuncia espressa dal deputato dopo la proclamazione dei risultati «non ha modificato la graduatoria dei candidati» della sua lista. Luigi COCILOVO (ALDE/ADLE, IT) ha invece sottolineato che «mai questo Parlamento ha messo in discussione il principio ... circa la competenza nazionale a redimere le contestazioni relative alla procedura elettorale». E, a supporto della sua tesi, ha citato l'atto del 14 dicembre 2004 con il quale il Parlamento europeo ha confermato i mandati dei deputati dopo l'elezione del giugno 2004 «sotto riserva di decisioni delle autorità competenti degli Stati membri nel caso di contestazioni dei risultati elettorali». Ha quindi concluso ponendo in luce che le conseguenze dell'adozione della relazione «comporterebbero un gravissimo conflitto istituzionale». Per Salvatore TATARELLA (UEN, IT), si tratta di «un atto gravissimo e senza precedenti, un arbitrio inaudito contro un deputato che si vedrebbe illegittimamente privato del suo mandato parlamentare». A suo parere, si tratta inoltre di «un'inedita e singolare violazione dei trattati ... e di un conflitto grave con uno Stato membro che si vedrebbe privato di un deputato» riconosciuto tale dalle proprie leggi e dalla propria autorità giudiziaria. Precisando di non parteggiare per nessuno dei due candidati - entrambi del centrosinistra - ha quindi affermato che «la commissione giuridica ha usurpato poteri che non le appartengono», mettendo in gioco il diritto, la corretta composizione del Parlamento europeo e «la credibilità della massima istituzione comunitaria». Non dello stesso parere Nicola ZINGARETTI (PSE, IT), per il quale si tratta invece di tutelare in primo luogo i diritti e le prerogative di questo Parlamento e, pertanto, le decisioni assunte sono giuste. Anche perché evitano «che si realizzi un precedente, cioè che si riconoscano atti o iniziative che vincolino le scelte di candidati o di coloro che si apprestano a diventare parlamentari europei». A suo parere, ciò «è un precedente e una novità giusta e garantista nei confronti delle prerogative del Parlamento europeo». Non si tratta quindi di «nessuno scippo, ma solo del diritto di esprimere un'opinione che questo stesso Parlamento ci dà». Antefatti In occasione delle elezioni al Parlamento europeo del giugno 2004, Beniamino Donnici era stato candidato nella lista “Società civile DI PIETRO-OCCHETTO”, che aveva ottenuto due seggi in due circoscrizioni. In entrambe era risultato eletto Antonio Di Pietro, il quale aveva optato per la circoscrizione dell’Italia Meridionale. Achille Occhetto, che era risultato primo dei non eletti in entrambe le circoscrizioni, aveva presentato dichiarazione di rinuncia alla sua elezione alla carica di parlamentare europeo. Pertanto, nella prima circoscrizione risultava eletto Giulietto Chiesa, che seguiva immediatamente Achille Occhetto nella lista e Beniamino Donnici, risultato terzo nella lista nell'altra circoscrizione era avanzato al primo posto dei non eletti. In seguito alle elezioni politiche tenutesi in Italia, Antonio Di Pietro lasciava il mandato europeo essendo stato eletto deputato al Parlamento italiano. Achille Occhetto chiese quindi di subentrargli, quale primo dei non eletti, nella circoscrizione dell’Italia meridionale, revocando la precedente rinuncia. L’ufficio elettorale nazionale per il Parlamento europeo presso la Corte di cassazione lo ha quindi proclamato eletto membro del Parlamento europeo, nella circoscrizione dell’Italia meridionale e per la lista “Società civile DI PIETRO-OCCHETTO”, nella sua qualità di primo dei non eletti nella medesima circoscrizione. La motivazione del provvedimento verteva sulla considerazione che «la rinuncia a parlamentare europeo, presentata dall’On. Achille Occhetto in data 7 luglio 2004, diversamente da quanto avvenuto per la prima circoscrizione (Italia nord-occidentale), non ha prodotto effetti». Beniamino Donnici, con ricorso al tribunale amministrativo regionale per il Lazio, ha impugnato il provvedimento dell’Ufficio elettorale nazionale deducendone l’illegittimità. Il Parlamento europeo aveva intanto regolarmente convalidato il mandato parlamentare di Achille Occhetto (seduta plenaria del 3 luglio 2006). Con sentenza 21 luglio 2006 n. 6232, il tribunale amministrativo regionale ha poi respinto il ricorso sulla base della considerazione che la rinuncia, espressa in vista della proclamazione degli eletti, non costituisce rinuncia alla posizione in graduatoria. Pertanto il candidato, che abbia rinunciato all’elezione, ha diritto, quando si verifichino i presupposti per una surrogazione, a ritirare il proprio atto di rinuncia per subentrare nel seggio da ricoprire per surrogazione. Il Consiglio di Stato, con decisione del 6 dicembre 2006, ha accolto l'appello proposto da Beniamino Donnici avverso la sentenza del TAR Lazio, riformando quest'ultima e annullando la proclamazione di Achille Occhetto a membro del Parlamento europeo. Riferimenti Giuseppe GARGANI (PPE/DE, IT) |
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I testi di tutti i documenti approvati sono reperibili sul sito del Parlamento europeo.
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Codici delle procedure parlamentari
Abbreviazioni
Gruppi politici
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Deputati uscenti
Roselyne BACHELOT-NARQUIN (PPE/DE, FR) (18.5.2007) Deputati entranti Elisabeth MORIN (PPE/DE, FR)
(24.5.2007)
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