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RESOCONTO

 

19 febbraio 2008

Strasburgo

 

 

 


 

Rendere pubblici i beneficiari di tutti i fondi UE

 

Una maggiore trasparenza delle istituzioni europee consentirebbe ai cittadini di capire meglio come vengono utilizzati i fondi UE. E' quanto sostiene il Parlamento chiedendo la pubblicazione dei beneficiari di fondi comunitari, degli importi da recuperare, di una lista nera dei frodatori, dei lobbisti che incontrano i commissari e di tutti gli esperti che assistono la Commissione. Sollecita anche norme etiche per i titolari di cariche pubbliche e un codice deontologico per l'Ufficio antifrode.

 

Nell'approvare la relazione di José POMÉS RUIZ (PPE/DE, ES), il Parlamento sottolinea anzitutto che la trasparenza «permette ai cittadini di partecipare più da vicino al processo decisionale, assicura maggiore legittimità alle istituzioni dell'UE e fa sì che esse siano più efficienti e maggiormente tenute a rispondere ai cittadini all'interno di un sistema democratico». Per i deputati, d'altra parte, una maggior trasparenza in seno alle istituzioni europee «permetterebbe all'opinione pubblica di comprendere meglio come vengono utilizzati i fondi UE», migliorando nel contempo le possibilità di valutare l'efficacia della spesa dell'Unione.

 

Per ogni beneficiario, trovare tutti i fondi percepiti

 

Come principio generale, i deputati ritengono che le pagine web della Commissione sui beneficiari di fondi comunitari - che si tratti di contratti, sovvenzioni, spese agricole o strutturali (o altri tipi di finanziamenti) - debbono essere organizzate, classificate e presentate in modo razionale «per poter essere di utilità pratica».

 

Nel rilevare peraltro che i beneficiari possono ricevere fondi UE a titolo di vari programmi o in vari settori di attività dell'Unione, il Parlamento sostiene che potrebbe essere istruttivo «poter individuare tutti gli importi erogati a un singolo beneficiario in tutti i settori». Chiede quindi alla Commissione di esaminare la fattibilità di un motore di ricerca globale in grado di fornire questo genere di informazioni. Ma anche di introdurre prima delle prossime elezioni europee del 2009 un sistema di informazione «pienamente operativo» destinato al grande pubblico e concernente tutti i beneficiari di sovvenzioni UE nonché le somme da recuperare.

 

Trasparenza degli interessi finanziari dei titolari di cariche pubbliche europee

 

Per il Parlamento, ogni istituzione dovrebbe adottare norme in materia di etica professionale per i propri membri, in funzione della natura specifica di ogni istituzione, «basate sulle sue prassi correnti relative a tutti i pertinenti interessi finanziari». Accogliendo un emendamento avanzato dal PPE/DE, l'Aula ha tuttavia soppresso l'elenco degli elementi da trattare nel quadro delle norme etiche, tra i quali figuravano: interessi finanziari e patrimonio, attività del coniuge, obbligo di dichiarare un interesse prima di una discussione o di una votazione, norme concernenti i ricevimenti e i doveri di rappresentanza, accettazione di doni, decorazioni o onorificenze, norme generali in materia di imparzialità e conflitto di interessi, norme specifiche sull'incompatibilità tra i doveri dei titolari di cariche e attività professionali precedenti o concomitanti e restrizioni circa gli impegni professionali o altri incarichi al termine del mandato.

 

Raccomanda poi che le norme in materia di etica professionale di ciascuna istituzione affrontino anche «la responsabilità politica, finanziaria e giuridica globale dei suoi membri». D'altro canto, concorda con il Mediatore europeo sul fatto che «è essenziale divulgare i nomi dei lobbisti che incontrano i Commissari».

 

Lista nera degli autori delle frodi e codice deontologico per l'OLAF

 

Il Parlamento chiede alla Commissione di esaminare la possibilità di stilare una "lista nera" pubblica dei casi di frode comprovati e degli organismi che ne sono responsabili «per renderne noti gli autori e informare il pubblico» in merito ai risultati degli sforzi compiuti dalla Comunità nella lotta contro le frodi. Osserva peraltro che il sistema di allarme rapido a tutela degli interessi finanziari dell'UE non copre i fondi agricoli e strutturali.

 

Ribadisce poi «l'urgente necessità» di disporre di un codice deontologico dell'OLAF, al fine di «garantire la presunzione di innocenza nel caso di quei beneficiari che, dopo essere stati oggetto di una procedura di inchiesta lunga e pregiudizievole, vengono poi dichiarati innocenti dai tribunali senza ricevere un indennizzo per i danni morali e le perdite subiti».

 

Recupero di crediti

 

Il Parlamento invita la Commissione a comunicare all'autorità di bilancio, e in ultima istanza all'opinione pubblica, i nomi dei beneficiari e gli importi da recuperare o accreditati al bilancio dell'Unione europea, nonché la destinazione finale di tali importi. Il recupero può riguardare importi indebitamente versati da uno Stato membro a organizzazioni agricole o ad enti che partecipano ad azioni strutturali, la riscossione di ammende o delle risorse proprie dagli Stati membri nonché importi erogati ai beneficiari di finanziamenti comunitari. Per i deputati, la Commissione dovrebbe presentare al Parlamento a intervalli regolari - e se possibile pubblicare sul suo sito web - un riepilogo degli importi in attesa di essere recuperati, ripartiti per Direzione generale e in ordine cronologico.

 

Rendere pubblica la composizione di tutti i gruppi di esperti

 

Nel rilevare l'istituzione di un registro pubblico dei gruppi di esperti formali e informali, il Parlamento osserva tuttavia che in tale elenco non figurano, tra gli altri, gli esperti indipendenti incaricati di assistere la Commissione nell'attuazione dei programmi quadro di ricerca e sviluppo e i membri dei comitati che assistono la Commissione negli ambiti in cui essa ha competenze di esecuzione della legislazione (che nel 2004 erano 250). Disapprovando tale approccio, chiede di adottare le misure necessarie affinché il registro comprenda tutti i gruppi di esperti al fine di garantire l'applicazione dello stesso approccio trasparente e di divulgare questo tipo di informazione, a meno di motivi legittimi e stringenti addotti in singoli casi specifici.


 

Link utili

 

Libro verde della Commissione - Iniziativa europea per la trasparenza
Comunicazione della Commissione sul seguito del Libro verde
Sito web della Commissione - beneficiari della PAC

 

 

Riferimenti

 

José POMÉS RUIZ (PPE/DE, ES)

Relazione sulla trasparenza nelle questioni finanziarie

Procedura: Iniziativa

Dibattito: 18.2.2008

Votazione: 19.2.2008

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Lotta alle frodi: più controlli e recuperare l'indebito

 

Nel 2006 sono aumentate irregolarità e frodi al bilancio UE: contrabbando e contraffazioni e, soprattutto, fondi strutturali, sono le principali voci. Scendono, invece, le frodi agricole. L'Italia non è la sola protagonista. Notando il ruolo svolto dalla criminalità organizzata, il Parlamento chiede di rafforzare la vigilanza, aumentare gli sforzi per recuperare le somme pagate indebitamente. Occorre anche rivedere il funzionamento dell'OLAF e tutelare i diritti degli indagati.

 

Approvando la relazione di Francesco MUSOTTO (PPE/DE, IT), il Parlamento si compiace del fatto che le relazioni sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità «siano divenute più analitiche», ma osserva che le statistiche si basano su strutture nazionali molto eterogenee con sistemi amministrativi, giuridici, di controllo e d'ispezione diversi. Chiede quindi alla Commissione di inserire nella relazione annuale 2008 un'analisi delle strutture degli Stati membri che si occupano della lotta alle irregolarità, «affinché il Parlamento possa avere un'idea più chiara dell'applicazione del quadro normativo della lotta antifrode».

 

Nei settori delle risorse proprie, delle spese agricole e delle azioni strutturali degli Stati membri, le irregolarità notificate hanno riguardato, nel 2006, un importo complessivo di circa 1.143 milioni di euro (contro 1.024 milioni nel 2005, 982,3 milioni nel 2004, 922 milioni nel 2003 e 1.150 milioni di euro nel 2002). Per il 2006, l'importo è così ripartito: 353 milioni di euro per le risorse proprie, 87 milioni di euro a titolo del Fondo europeo di orientamento e di garanzia agricola (FEAOG) e 703 milioni di euro nell'ambito delle azioni strutturali. D'altra parte, i deputati sottolineano che il numero elevato di irregolarità comunicate alla Commissione «non significa necessariamente un elevato livello di frode, ma può essere anche il risultato dell'efficacia dei dispositivi di controllo in atto e di una stretta cooperazione fra lo Stato membro in questione e la Commissione».

 

Stop al contrabbando di sigarette, televisioni e prodotti contraffatti

 

Per quanto concerne le risorse proprie, il Parlamento rileva che l'importo viziato da irregolarità è aumentato (+7%) da 328 milioni di euro nel 2005 a 353 milioni di euro nel 2006 e, in tale ambito, i prodotti più colpiti dalle irregolarità sono stati i televisori (69 milioni nel 2005 e 62,3 nel 2006) e le sigarette (30,9 milioni nel 2005 e 27,6 milioni nel 2006). Nota inoltre che il numero di casi verificatisi in Italia (+122%) e nei Paesi Bassi (+81%) «è sensibilmente aumentato» e che, nel 2006, sono stati recuperati 113,4 milioni di euro (32%).


 

Il Parlamento chiede pertanto alla Commissione di indicare, per quanto concerne il settore delle risorse proprie, quali ulteriori azioni intende intraprendere per porre fine all'importazione fraudolenta di televisori, sigarette e, più in generale, di prodotti contraffatti. A tale proposito, nel rilevare con soddisfazione che l'OLAF ha potuto stabilire un'antenna in Cina, incoraggia la Commissione ad intensificare la lotta alla contraffazione.

 

Fondi agricoli: migliorare il recupero delle somme indebite e la vigilanza

 

In merito alle spese agricole, l'importo viziato da irregolarità è diminuito da 105 milioni di euro nel 2005 a 87 milioni di euro nel 2006. Spagna, Francia e Italia «sono responsabili del 57,2% delle irregolarità» e i settori più colpiti sono quelli dello sviluppo rurale, il settore bovino e quello ortofrutticolo. Il Parlamento, nell'accogliere con favore l'adozione del regolamento volto a permettere un più efficace recupero dei pagamenti irregolari, si compiace anche del buon funzionamento del sistema integrato di gestione e controllo (SIGC), che ha consentito di individuare una parte considerevole delle irregolarità accertate.

 

D'altra parte, notando con preoccupazione che il livello di recupero delle somme pagate ingiustamente resta basso e varia da uno Stato membro all'altro, i deputati chiedono alla Commissione di incrementare i propri sforzi per migliorare il livello di recupero delle somme indebitamente corrisposte. A loro parere, peraltro, gli Stati membri dovrebbero esercitare una maggiore vigilanza per evitare le irregolarità e recuperare i fondi, mentre occorre prevedere «un aumento considerevole delle penali» per gli Stati membri che permangono inadempienti in materia di recupero degli importi indebitamente versati.

 

Ritengono poi che la procedura sulla sospensione dei pagamenti vada applicata anche ai finanziamenti della Politica agricola comune (PAC) e chiedono alla Commissione di valutare l'efficienza e la trasparenza dei sistemi di controllo relativi ai pagamenti agli agricoltori. Anche perché, secondo loro, «il comportamento degli Stati membri denota una scarsa vigilanza».

 

Per il Parlamento, d'altro canto, è «assolutamente inaccettabile» che la Germania e la Spagna non trasmettano da anni alla Commissione le informazioni relative alle irregolarità nel settore delle spese agricole, anche perchè questi due paesi sono responsabili del 38% (33,2 milioni di euro) delle irregolarità. Sollecita quindi la Commissione ad avviare procedure d'infrazione nei loro confronti e a trattenere il 10% dei pagamenti agricoli in attesa della conclusione della procedura. Chiede poi alla Commissione di dimostrarsi «intransigente» «se la Grecia non rispetterà il piano d'azione per l'introduzione del sistema integrato di gestione e di controllo».

 

Azioni strutturali: semplificazione e lotta alla criminalità

 

Il Parlamento osserva che l'importo viziato da irregolarità a livello delle azioni strutturali è aumentato del 17% (da 601 milioni di euro nel 2005 a 703 milioni) e che le irregolarità riguardano principalmente (75%) il Fondo europeo per lo sviluppo regionale (FESR) e il Fondo sociale europeo (FSE). Germania, Spagna, Italia, Portogallo e Regno Unito sono responsabili di circa l'85% dell'importo viziato (438,1 milioni di euro). I deputati esprimono poi rammarico per il fatto che dei 95 progetti finanziati con i fondi strutturali, sottoposti a revisione, 60 presentavano errori materiali nella spesa dichiarata del progetto.

 

Notano inoltre che, per il 2006, rimangono da recuperare 266,5 milioni di euro, mentre per gli anni precedenti devono essere recuperati ancora 762 milioni di euro. D'altra parte, ritengono che regole troppo complicate e sistemi di controllo e di sorveglianza inefficaci «contribuiscono alle irregolarità constatate» e osservano che i pagamenti sono arrivati spesso in ritardo ai beneficiari.

Nell'auspicare un maggiore coinvolgimento delle autorità regionali e locali nella programmazione ed esecuzione dei fondi, i deputati ritengono che la Commissione dovrebbe prestare particolare attenzione alle reti criminali specializzate nella sottrazione di fondi dell'UE. In proposito, chiedono alla Commissione di fornire un'analisi dettagliata dei sistemi utilizzati dalla criminalità «organizzata in maniera mafiosa o meno» per violare gli interessi finanziari delle Comunità. Allo stesso tempo invitano gli Stati membri a garantire la qualità dei loro sistemi di controllo e di vigilanza adottando una dichiarazione nazionale di gestione concernente tutti gli stanziamenti comunitari a gestione condivisa.

 

Il Parlamento auspica l'avvio di procedure di infrazione verso quegli Stati membri che non assistono i servizi della Commissione nell'esecuzione dei controlli sul posto e chiede di valutare la possibilità di rendere gli Stati membri garanti nei confronti delle Comunità per l'utilizzazione dei fondi europei da parte dei destinatari. In proposito, ricorda che nell'ambito delle azioni strutturali rimangono da recuperare più di 1.000 milioni di euro per il 2006 e gli anni precedenti e sottolinea la responsabilità diretta degli Stati membri nel recupero di finanziamenti il cui pagamento è viziato da irregolarità. Ribadisce inoltre l'invito alla Commissione a sospendere i pagamenti in acconto agli Stati membri in casi di serie irregolarità.

 

Chiedendo con insistenza l'introduzione dell'obbligo vincolante per gli Stati membri di pubblicare informazioni sui progetti e sui beneficiari dei finanziamenti erogati a titolo di tutti i fondi comunitari a gestione condivisa, la relazione sollecita gli Stati membri a comunicare annualmente alla Commissione la perdita finanziaria corrispondente agli importi definitivamente perduti. Dovrebbero inoltre informare la Commissione e l'OLAF in merito alle sentenze pronunciate dai tribunali sull'utilizzazione fraudolenta dei fondi strutturali.

 

Rivedere il funzionamento dell'OLAF e tutelare i diritti degli indagati

 

I deputati, nel ricordare di aver già caldeggiato l'ipotesi di raggruppare in un unico regolamento le competenze dell'Ufficio antifrode europeo, chiedono all'OLAF di presentare senza indugio un'analisi sull'interoperabilità delle diverse basi giuridiche che gli conferiscono poteri di indagini. Ritengono poi che la modifica del regolamento sul suo funzionamento debba essere oggetto di una valutazione da parte del Parlamento.

 

Ricordando il caso "Tillack vs Belgio", il Parlamento sottolinea che la perquisizione nei locali dei giornalisti è stata giudicata come violazione dei diritti dell'uomo dalla Corte europea e, in tale contesto, chiede l'adozione di tutte le misure opportune «per tutelare i diritti delle persone indagate».

 

Link utili

 

Relazione della Commissione - Tutela degli interessi finanziari delle Comunità – Lotta contro la frode – Relazione annuale 2006

Relazione della Commissione - Tutela degli interessi finanziari delle Comunità – Lotta contro la frode – Relazione annuale 2005

 

Riferimenti

Francesco MUSOTTO (PPE/DE, IT)

Relazione sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità – Lotta contro la frode – Relazioni annuali 2005 e 2006

Procedura: Iniziativa

Dibattito: 18.2.2008

Votazione: 19.2.2008

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Respinta la relazione sulla strategia UE contro il terrorismo

 

Il Parlamento ha respinto la relazione sulla strategia globale per la lotta al terrorismo e al reclutamento, a causa delle divergenze tra i principali gruppi. In precedenza, infatti, l'Aula aveva adottato tutti gli emendamenti del PSE, respingendo quelli proposti dal PPE/DE. Il testo emendato chiedeva di punire la glorificazione e la propaganda del terrorismo, nel pieno rispetto della libertà di espressione. Sollecitava anche misure per favorire il dialogo e l'integrazione sociale dei migranti.

 

Con 241 voti favorevoli, 332 contrari e 87 astensioni il Parlamento ha respinto la relazione di Gérard DEPREZ (ALDE/ADLE, BE) che conteneva una raccomandazione al Consiglio sui fattori che propiziano l'appoggio al terrorismo e attirano nuove reclute tra i terroristi. Il PPE/DE, che si è visto respingere una serie di emendamenti, l'UEN, l'IND/DEM, i Verdi/ALE e Non iscritti hanno votato - salvo poche eccezioni - contro la relazione. A favore si è invece pronunciata la stragrande maggioranza del PSE e dell'ALDE e diversi membri della GUE/NGL.

 

Il testo emendato - prima di essere bocciato in toto dall'Aula - sottolineava anzitutto che il terrorismo costituisce attualmente «la principale minaccia alla sicurezza dei cittadini dell'Unione», anche perché gli attentati di Londra e Madrid «hanno dimostrato che nell'UE sono attive organizzazioni terroristiche internazionali che cercano di espandersi attraverso il reclutamento e prendono come bersaglio i cittadini dell'Unione».

 

Era quindi evidenziata la necessità di una strategia globale volta a identificare, combattere e perseguire i responsabili degli attacchi terroristici, ma anche azioni volte a contrastare il reclutamento dei terroristi. In tale ambito si sottolineava che la priorità principale per l'UE doveva essere quella di smantellare le reti terroristiche e perseguire tutte le correlate attività criminali di reclutamento, finanziamento, formazione e propaganda volte ad istigare gli individui a commettere atti terroristici con qualsiasi mezzo, compreso l'uso di Internet. La Commissione e gli Stati membri erano anche esortati a fornire «un solido e specifico sostegno» alle vittime del terrorismo.

 

Il terrorismo non ha giustificazioni, stop alla propaganda

 

La lotta contro il terrorismo, indicava la relazione, «deve svolgersi sulla base dello scrupoloso rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali». Ma era sottolineata la necessità di inserire la "glorificazione del terrorismo" - un «fattore che può contribuire alla radicalizzazione violenta» - nell'ambito d'applicazione della decisione quadro sulla lotta al terrorismo (2002/475/JHA), per essere considerata un reato perseguibile. Era tuttavia precisato che doveva avvenire «nel pieno rispetto della libertà di espressione e della libertà di pensiero».

Era quindi raccomandato agli Stati membri e alle istituzioni UE di intervenire al fine di prevenire la divulgazione di propaganda terroristica attraverso gli strumenti audiovisivi, applicando tutte le disposizioni giuridiche in vigore che vietano l'utilizzo di tali mezzi per la diffusione di qualsiasi incitamento alla violenza, all'odio e alla discriminazione fondata sulla razza, il sesso, l'orientamento sessuale o la religione. In tale contesto, era chiesto il rafforzamento della vigilanza contro la propaganda realizzata attraverso Internet, sia a livello nazionale che europeo, sulla base di una stretta collaborazione con Europol. Nel rispetto, però, della libertà di espressione e di informazione. Gli Stati membri dovrebbero inoltre rafforzare il proprio monitoraggio «dei luoghi che, divergendo dal loro legittimo obiettivo, sono utilizzati per istigare alla violenza». Al riguardo era stato accolto un emendamento del PSE che sopprimeva il riferimento ai «centri educativi e religiosi».

 

L'ingresso e il soggiorno sul territorio dell'UE di persone che contribuiscono alla radicalizzazione e incitano a commettere atti terroristici, indicava  la relazione, «costituiscono un aspetto fondamentale della lotta contro la radicalizzazione violenta». In tale ambito, era chiesto di «analizzare le possibilità di adottare misure legislative a livello di Unione europea per armonizzare in tutti gli Stati membri le condizioni di ingresso, soggiorno ed espulsione di tali individui».

 

Studiare i fattori alla base del terrorismo e promuovere il dialogo

 

La relazione sosteneva che «la rabbia e la frustrazione sono fattori che generano un terreno fertile per la radicalizzazione violenta», così come l'isolamento sociale e la mancanza di fiducia nella politica e nella democrazia. E riteneva quindi importante analizzare e comprendere appieno le ragioni, i motivi e i processi che portano alla radicalizzazione e al terrorismo. Invitava pertanto gli Stati membri a «promuovere energicamente» la ricerca scientifica ed accademica sulla radicalizzazione violenta e destinare le necessarie risorse a questo fine. Precisava, peraltro, che «la libera discussione di tali questioni e le possibili soluzioni non devono essere criminalizzate o censurate».

 

Sosteneva poi la necessità di incoraggiare «un dialogo effettivo» tra le autorità degli Stati membri e le comunità religiose «che rappresentano un Islam moderato», assicurando la partecipazione sociale di queste ultime, la piena ed effettiva uguaglianza tra le persone appartenenti a tali comunità nonché il dialogo interculturale ed interreligioso». In questo modo, sottolineava il testo, è possibile riconquistare «il terreno sul quale prospera il radicalismo terroristico».

 

Favorire l'integrazione sociale,

 

D'altra parte, osservando che il terrorismo è basato «su un'interpretazione distorta della religione», la relazione riteneva che l'identificazione di una cultura, di una civiltà o di una religione con il terrorismo «potrebbe avere forti effetti controproducenti». Pertanto, sottolineava la massima importanza di «stabilire una chiara distinzione fra la stragrande maggioranza dei musulmani e una violenta minoranza radicalizzata».

 

A livello europeo è invece essenziale prevenire la divulgazione di messaggi che istigano alla violenza, «attraverso l'istruzione e l'integrazione sociale di determinati individui e gruppi che potrebbero essere sviati da gruppi radicali violenti». Per i deputati, infatti, «le misure repressive non saranno efficaci, e potrebbero perfino rivelarsi controproducenti, se non saranno accompagnate dall'offerta di prospettive concrete e di una posizione nella società ai soggetti particolarmente vulnerabili alla radicalizzazione e al reclutamento».
 

Gli Stati membri devono quindi mobilitare tutti i mezzi possibili per garantire la massima integrazione nella società di tutti i cittadini dell'Unione e di altri residenti nell'UE - «in particolare le comunità musulmane» - «che desiderano vivere pacificamente e in democrazia, senza alcun tipo di discriminazione in base alla razza, alla religione o alle differenze culturali». L'Aula aveva però respinto un emendamento proposto dal PPE/DE che raccomandava agli Stati membri di informare chiaramente i migranti sul fatto che «devono accettare le misure di integrazione e prendervi parte», poiché anche se tradizioni e culture diverse arrichiscono l'Europa, è lo stesso necessaria «una minima volontà di integrazione e adattamento».

 

Maggiore cooperazione a livello UE

 

La lotta contro il terrorismo e la radicalizzazione violenta, sollecitava il testo, deve rimanere una priorità UE e diventare uno degli elementi chiave della politica esterna UE fondata sul concetto di Alleanza di civiltà dell'ONU. La richiesta del PPE/DE di sopprimere il riferimento all'Alleanza era stata bocciata dall'Aula.  Era poi chiesta l'intensificazione della cooperazione tra gli Stati membri nonché tra gli Stati membri ed Europol, Eurojust e SitCen e il rafforzamento della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale a livello UE.

 

La relazione, infine, sottolineava che la presentazione di un fronte unitario da parte delle forze politiche democratiche e il loro pieno sostegno a favore delle strategie antiterrorismo europee e nazionali «costituiscono un elemento essenziale per il successo della lotta al terrorismo».

 

 

Link utili

 

Decisione quadro del Consiglio, del 13 giugno 2002, sulla lotta contro il terrorismo
Strategia antiterrorismo dell'Unione europea
Sito web del Consiglio sulla lotta al terrorismo

 

 

Riferimenti

 

Gérard DEPREZ (ALDE/ADLE, BE)

Relazione recante una proposta di raccomandazione del Parlamento europeo destinata al Consiglio sui fattori che propiziano l'appoggio al terrorismo e attirano nuove reclute tra i terroristi

Procedura: Iniziativa

Dibattito: 18.2.2008

Votazione: 19.2.2008

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Promuovere le esportazioni delle PMI europee

 

Il Parlamento sollecita un'ambiziosa strategia di accesso ai mercati extra-UE capace di accrescere la competitività delle imprese europee, in particolare delle PMI. A tal fine occorre rimuovere gli ostacoli tariffari e non tariffari, garantire il rispetto delle norme internazionali, in particolare sulla proprietà intellettuale, e promuovere un accordo multilaterale che favorisca l'accesso ai mercati. E' anche necessario migliorare l'assistenza alle imprese esportatrici.

 

Nel rispondere alla comunicazione della Commissione "Europa globale: un partenariato rafforzato per assicurare l'accesso ai mercati per gli esportatori europei", il Parlamento sottolinea anzitutto la necessità di una strategia di accesso ai mercati «riveduta e più ambiziosa», tesa ad aprire nuovi mercati mondiali ai prodotti e ai servizi europei. Ciò, per i deputati, dovrebbe «rafforzare il ruolo dell'Unione europea nel mondo», salvaguardare i posti di lavoro esistenti in Europa e crearne di nuovi, nonché accrescere la competitività dell'Unione europea. Quest'ultima, pertanto, «dovrebbe impegnarsi al massimo per ottenere concessioni dai suoi partner commerciali che siano proporzionate al loro livello di sviluppo».

 

La relazione di Ignasi GUARDANS CAMBÓ (ALDE/ADLE, ES) appoggia quindi la messa a punto di iniziative specifiche per affrontare in particolare gli ostacoli commerciali nel settore dei servizi, degli appalti pubblici, degli investimenti e dei diritti di proprietà intellettuale, delle procedure doganali degli aiuti di Stato e altri sussidi, come anche per stabilire regole in materia di concorrenza e garantire la loro adeguata applicazione ai paesi terzi.  Sollecita poi la Commissione e gli Stati membri a fare in modo che le PMI «siano in grado di trarre sistematicamente vantaggio dalle nuove iniziative in materia di accesso ai mercati», mettendo a punto misure ad hoc volte a rafforzare la presenza dei prodotti delle PMI sui mercati dei paesi terzi e a difendere i loro diritti legittimi contro pratiche unilaterali di tali paesi.

 

Rimuovere gli ostacoli all'export UE

 

Nel ricordare che la strategia dell'UE per assicurare l'accesso ai mercati «riguarda specificamente le economie sviluppate ed emergenti», il Parlamento sottolinea che le esportazioni europee verso questi paesi «sono spesso ostacolate dalla mancanza di reciprocità per quanto riguarda le condizioni di accesso ai mercati, dallo scarso grado di osservanza delle regole del commercio internazionale e dalla proliferazione di pratiche commerciali sleali». Osserva, peraltro, che i diritti di proprietà intellettuale e industriale, comprese le indicazioni geografiche e le denominazioni di origine, «non sono tutelati efficacemente dai partner commerciali dell'UE a livello mondiale».

 

Sollecita quindi la Commissione a «reagire rapidamente e con fermezza» di fronte a queste pratiche e a garantire che l'applicazione delle norme stabilite a livello internazionale «non sia subordinata a considerazioni di ordine politico o economico». Invita quindi i partner commerciali dell'Unione europea a ridurre e progressivamente smantellare tutti gli ostacoli che limitano l'accesso al mercato di beni e servizi, nonché ad abrogare le restrizioni alla proprietà estera nei confronti delle imprese europee e a sopprimere le norme discriminatorie. Accogliendo una proposta dell'ALDE, l'Aula invita inoltre la Commissione a occuparsi delle restrizioni imposte alle forniture dei servizi internet e di considerarle come barriere al commercio.

 

Se condotta con successo, spiegano i deputati, la lotta contro gli ostacoli commerciali «stimolerà gli investimenti, la produzione e il commercio nell'Unione europea e a livello mondiale», tra l'altro rendendo le condizioni di accesso ai mercati «più trasparenti, prevedibili e concorrenziali».

 

Un accordo multilaterale sull'accesso ai mercati

 

Il Parlamento chiede anche una maggiore coerenza tra le norme e prassi dell'Unione europea e quelle dei suoi principali partner commerciali. Ma sottolinea che l'armonizzazione di norme e regolamentazioni «non dovrebbe indebolire la legislazione europea nel campo della salute, della sicurezza, dell'ambiente e in materia sociale», bensì «favorire l'adozione di norme più rigorose da parte dei principali partner commerciali dell'UE». Evidenzia, peraltro, la necessità di creare sinergie con i principali partner commerciali dell'Unione europea (come gli Stati Uniti d'America, il Canada e il Giappone) per definire una strategia comune di accesso ai mercati e «spianare la strada alla conclusione di un accordo multilaterale sull'accesso ai mercati».

 

Sollecita poi la Commissione a promuovere meccanismi specifici - a livello di Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) - che consentano un esame e una risposta più rapidi rispetto all'emergere di nuovi ostacoli non tariffari. Occorre inoltre continuare a porre chiaramente l'accento sull'applicazione delle norme e garantire che i paesi terzi ottemperino ai propri obblighi, «ricorrendo al meccanismo per la composizione delle controversie dell'OMC per far valere tale diritto». Anche perché gli accordi di libero scambio con i paesi partner dell'UE «non avranno alcun senso» se questi non assicurano «un significativo accesso al mercato» e progressi reali nella riduzione e nella soppressione delle barriere non tariffarie, «che spesso distorcono la concorrenza più di quanto non facciano le barriere tariffarie».

 

Una migliore assistenza alle PMI

 

Nel sottolineare la necessità di un'ulteriore cooperazione tra la Commissione e gli Stati membri al fine di condividere informazioni e prassi di eccellenza, il Parlamento chiede la creazione di servizi di assistenza (helpdesk) nazionali o regionali «per centralizzare informazioni e segnalazioni, prestando particolare attenzione agli interessi e alle esigenze delle PMI». L'efficacia di tali reti, è precisato, «aumenterebbe notevolmente se le associazioni industriali nazionali e locali, le camere di commercio, le associazioni di PMI e gli enti di promozione del commercio partecipassero alla loro creazione».

 

La Commissione, nell'attuare la sua strategia di accesso ai mercati, dovrebbe poi prevedere la creazione di un vero e proprio registro delle denunce e di un servizio assistenza agli Stati membri e alle imprese (con una sezione riservata alle PMI), nonché mettere a punto degli orientamenti strutturati per le priorità, precisando quali sono i mercati, i settori e gli ostacoli sui quali è opportuno focalizzare l'attenzione.


 

Dovrebbe inoltre rivedere e potenziare la politica di comunicazione sui servizi in materia di accesso ai mercati, con un'attenzione particolare per le PMI, e migliorare la banca dati sull'accesso ai mercati «per renderla di più facile uso e più rispondente alle esigenze delle aziende». I deputati invitano poi la Commissione a rafforzare la sua posizione negli organismi internazionali di normalizzazione, come l'ISO.

 

Il Parlamento sollecita infine la Commissione e gli Stati membri ad accrescere la cooperazione con le camere di commercio europee, con le associazioni commerciali e con gli enti di promozione del commercio degli Stati membri situati in paesi terzi, nonché a garantire un adeguato scambio di informazioni tra le delegazioni, le ambasciate degli Stati membri, gli altri enti governativi di promozione del commercio estero e le associazioni industriali europee interessate. Ribadisce, peraltro, che la strategia di accesso ai mercati «avrà successo soltanto se gli Stati membri saranno disposti a contribuire con le proprie risorse, tanto umane quanto finanziarie».

 

 

Link utili

 

Comunicazione della Commissione - Europa globale: un partenariato rafforzato per assicurare l'accesso ai mercati per gli esportatori europei
Relazione 2006 sulle azioni di difesa commerciale dei paesi terzi contro l'UE (in inglese)
Banca dati sull'accesso ai mercati

 

 

Riferimenti

 

Ignasi GUARDANS CAMBÓ (ALDE/ADLE, ES)

Relazione sulla strategia dell'Unione europea per assicurare alle imprese europee l'accesso ai mercati

Procedura: Iniziativa

Dibattito: 18.2.2008

Votazione: 19.2.2008

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Immunità di Claudio Fava

 

Il Parlamento ha deciso di difendere l'immunità di Claudio Fava nell'ambito di un procedimento presso il Tribunale di Marsala in seguito a una querela depositata da David Costa per talune dichiarazioni rese dal deputato nel corso del programma televisivo Annozero. Nel descrivere e criticare quelle che, a suo giudizio, erano anomalie della campagna elettorale in Sicilia, è spiegato, Fava stava semplicemente facendo il proprio lavoro di deputato del Parlamento europeo.

 

Approvando la relazione di Klaus-Heiner LEHNE (PPE/DE, DE), il Parlamento ha deciso di difendere l'immunità di Claudio FAVA (PSE, IT) nell'ambito di un procedimento civile presso il Tribunale civile di Marsala in seguito a una querela depositata da David Costa per talune affermazioni del deputato nel corso del programma televisivo Annozero.

 

David Costa ha citato in giudizio Claudio Fava e altri convenuti, con la richiesta di pagare in solido o individualmente un equo risarcimento per le dichiarazioni rese dai convenuti il 16 novembre 2006, durante il programma televisivo "Annozero" trasmesso dal canale della televisione pubblica RAI 2 e dedicato, in tale occasione, alla Sicilia. Tra gli ospiti del programma figuravano il presidente della regione Sicilia, Salvatore Cuffaro, e l'onorevole Fava.

 

Secondo quanto riportato nell'atto di citazione, nelle fasi conclusive del programma, l'onorevole Fava, dopo aver violentemente insultato il signor Cuffaro, ha lanciato con toni teatrali accuse calunniose e diffamatorie contro il signor Costa che, peraltro, non era presente al dibattito. In particolare, l'onorevole Fava ha dichiarato quanto segue: "Prima abbiamo parlato di alcuni consiglieri che erano stati arrestati. Ora parliamo di un consigliere arrestato perché durante la campagna elettorale era accompagnato nella sua auto blu da un ricercato della Mafia, che portava ai comizi per chiedere voti. Pensiamo che si sia trattato di un malinteso? Che non sapesse chi gli sedeva accanto? Ecco com'è la politica del governo in Sicilia. E si trattava di uno dei suoi consiglieri (ha affermato puntando il dito contro il signor Cuffaro)! E mi aspetterei di sentire queste cose dal presidente della regione, perché dovrebbe essere Lei (signor Cuffaro) a dire che è inconcepibile che un consigliere porti in giro un ricercato durante la campagna elettorale". Dopo che il signor Cuffaro ha risposto di non sapere di che cosa stesse parlando l'onorevole Fava e che a quanto sapeva, nessun consigliere si era presentato alla campagna elettorale in questione, l'onorevole Fava ha aggiunto prontamente: "Il consigliere Costa. David Costa".
 

Per il Parlamento, nel descrivere e criticare quelle che, secondo Fava, erano anomalie della campagna elettorale in Sicilia, «egli stava espletando la sua funzione di membro del Parlamento europeo, esprimendo la propria opinione su una questione di interesse pubblico per i propri elettori». In breve, Claudio Fava «stava semplicemente facendo il proprio lavoro di deputato del Parlamento europeo». Cercare di impedire ai deputati al Parlamento di esprimere le proprie opinioni su questioni di legittimo interesse pubblico avviando un procedimento giudiziario, spiega la relazione, «è inaccettabile in una società democratica» e manifestamente in violazione del Protocollo sull'immunità dei deputati, «il quale mira a tutelare la libertà di espressione dei deputati nell'esercizio delle loro funzioni, nell'interesse del Parlamento in quanto istituzione».

 

 

Riferimenti

 

Klaus-Heiner LEHNE (PPE/DE, DE)

Procedura: Immunità

Relazione senza dibattito ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento del Parlamento

Votazione: 19.2.2008

 

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