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RASSEGNA

 

18 - 21  giugno 2007

 

Strasburgo

 

 

 


Sommario

COMMERCIO ESTERO/INTERNAZIONALE
UE-RUSSIA: ULTERIORI RIFORME E ACCORDO DI LIBERO SCAMBIO

RELAZIONI ESTERNE
DIBATTITO SULLA CRISI IN PALESTINA

CONTROLLO DEI BILANCI
MIGLIORARE L'AIUTO FINANZIARIO ALLA PALESTINA

DIRITTO D'ASILO
VERSO UN VERO REGIME COMUNE D'ASILO

SVILUPPO E COOPERAZIONE
ONORARE GLI IMPEGNI SUGLI AIUTI AI PVS

SICUREZZA ALIMENTARE
BEVANDE ALCOLICHE: NUOVE INDICAZIONI GEOGRAFICHE ITALIANE

CONSUMATORI
CAPODANNO 2009 SENZA PELLICCE DI CANI E GATTI
PIÙ GARANZIE PER GLI ACQUISTI ON LINE

INDUSTRIA
CONNETTERE L’EUROPA CON LA BANDA LARGA: NESSUNO RESTI OFF LINE

ISTITUZIONI
APPALTI PUBBLICI: PIÙ GARANZIE AI CANDIDATI E NORME MINIME SUI RICORSI

POLITICA DELL'OCCUPAZIONE
NORME MINIME SUI DIRITTI A PENSIONE COMPLEMENTARE

PETIZIONI
ASSICURAZIONI VITA: PIÙ GARANZIE PER I RISPARMIATORI

DIRITTI DELLE DONNE/PARI OPPORTUNITÀ
UN SOSTEGNO PIÙ MIRATO AI GENITORI CHE STUDIANO
UNA STRATEGIA CONTRO LA DELINQUENZA GIOVANILE

BILANCIO
GALILEO DEVE ESSERE FINANZIATO DAL SOLO BILANCIO UE

EURO
VIA LIBERA DEL PARLAMENTO ALL'AMPLIAMENTO DELLA ZONA EURO

IMMUNITÀ E STATUTO DEI DEPUTATI
IMMUNITÀ DI MARIO BORGHEZIO

ISTITUZIONI
ALTRI DOCUMENTI APPROVATI

ORDINE DEL GIORNO 27 GIUGNO 2007
PROGETTO DI ORDINE DEL GIORNO 9 - 12 LUGLIO 2007

CODICI DELLE PROCEDURE PARLAMENTARI, ABBREVIAZIONI

DEPUTATI AL PARLAMENTO EUROPEO

 

COMMERCIO ESTERO/INTERNAZIONALE

 

UE-Russia: ulteriori riforme e accordo di libero scambio

La Russia deve completare le necessarie riforme politiche e economiche e garantire il rispetto dei diritti umani. E’ quanto afferma il Parlamento europeo, chiedendo alla Russia di non politicizzare l’economia. Dovrebbe anche migliorare il clima economico, aprendo maggiormente agli investimenti esteri, soprattutto, nel settore energetico e finanziario, nonché lottando più efficacemente contro le contraffazioni. Va poi valutata l’opportunità di negoziare un accordo di libero scambio.

Con l'approvazione della relazione di Godelieve Quisthoudt-Rowohl, il Parlamento rileva anzitutto che le relazioni economiche e commerciali tra l'UE e la Federazioni russa «dovrebbero essere regolate in base ai principi di reciprocità, continuità, trasparenza, prevedibilità, affidabilità, non discriminazione e buon governo». Nota in seguito che, nel 2005, il volume totale degli scambi tra l'UE e la Russia ammontava a più di 166 miliardi di euro, con un'eccedenza commerciale della Russia pari all'8% circa del suo PIL, vale a dire approssimativamente 50 miliardi di euro. La Russia, inoltre, rappresenta il 7,3% degli scambi comunitari, è il terzo partner commerciale dell'UE che, a sua volta, è il principale partner commerciale della Russia. Infine, l'UE importa dalla Federazione russa, in media, circa il 28% dell'energia di cui ha bisogno, che corrisponde a circa il 65% delle sue importazioni totali dalla Russia.

Rispetto dei diritti umani e non politicizzazione dell’economia

I deputati, nel ricordare che la situazione dei diritti umani in Russia dovrebbe essere parte integrante dell'agenda politica UE-Russia, osservano che le relazioni con tale paese «sono in una fase critica» e si rammaricano che l'UE e la Russia «non siano riuscite a superare la mancanza di fiducia reciproca». Richiamano inoltre l'attenzione sull'elevato numero di procedimenti avviati contro la Russia dinanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo.

Notando che il contesto macroeconomico russo è nel complesso positivo, il Parlamento ricorda tuttavia che tale crescita è stata determinata principalmente «dall'elevato aumento dei prezzi energetici mondiali». Prendendo poi atto delle riforme economiche e politiche realizzate in Russia negli ultimi anni, si dice persuaso che siano necessarie ulteriori riforme strutturali, segnatamente nei settori dell'assistenza sanitaria, dell'istruzione e del gas, nel sistema bancario e, più in generale, nel campo dell'attuazione dello Stato di diritto.

Nel ritenere inoltre che una cooperazione economica efficace ed estesa tra la Russia e l'UE si debba basare su standard elevati di democrazia e sui principi del libero mercato, invita la Russia a portare avanti le riforme in questo senso, «astenendosi dal politicizzare l'economia e rispettando l'indipendenza delle istituzioni pubbliche e private». Al riguardo, prende atto con rammarico del fatto che la Russia «utilizza strumenti politici commerciali ai fini della politica estera in un modo che risulta incompatibile con le norme dell’OMC».

Le autorità russe sono quindi invitate a garantire un'applicazione corretta ed efficace delle leggi e delle norme, a lottare più attivamente contro la corruzione e a focalizzarsi in particolare sulla lotta contro le cause alla base di tale fenomeno. Dovrebbero inoltre provvedere all'attuazione effettiva delle convenzioni dell'Organizzazione internazionale del lavoro (ILO) e adottare tutte le misure necessarie per lottare in modo efficace contro il dumping sociale e, nel quadro del rispetto del protocollo di Kyoto, contro ogni forma di dumping ambientale.

Verso un accordo di libero scambio? Migliorare il clima economico in Russia

Nel sottolineare l'importanza dell'adesione della Russia all'OMC, il Parlamento invita la Commissione a valutare la negoziazione di un possibile accordo di libero scambio in seguito all'adesione della Russia all'OMC. Sottolinea peraltro la necessità di un dialogo costruttivo tra l'UE e la Russia e ribadisce l'importanza dello Spazio economico comune e di sviluppare ulteriormente gli obiettivi concordati nella relativa tabella di marcia, specie per quanto riguarda la creazione di un mercato aperto e integrato tra l'UE e la Russia. A suo parere, inoltre, i progressi nell'attuazione della tabella di marcia devono procedere parallelamente ai negoziati sul nuovo accordo di partenariato e di cooperazione (APC). 

Il Parlamento sottolinea poi l'importanza di migliorare il clima degli investimenti in Russia, «promuovendo e favorendo condizioni commerciali non discriminatorie e prevedibili, fondate su forti valori democratici», riducendo la burocrazia e incoraggiando gli investimenti nei due sensi. Per tale ragione si interroga sulla recente proposta d legge che vieta le partecipazioni estere superiori al 49% in società attive in 39 settori strategici che, oltre a non migliorare il clima degli investimenti, solleva «questioni fondamentali concernenti il ruolo dello Stato nell'economia di mercato e la concorrenza in settori chiave dell'economia».

Nel rilevare poi che l'UE è aperta a investimenti provenienti dalla Russia, visto l'aumento del numero di imprese russe presenti nell'Unione europea, in particolare nei settori dell'energia e dell'acciaio, i deputati sollecitano che le imprese straniere operanti nel settore delle risorse naturali in Russia possano beneficiare dello stesso grado di apertura accordato alle imprese nazionali. Il Parlamento fa notare poi che in Russia il commercio di Stato «continua a prosperare in certi settori dell’economia». Prendendo quindi atto dell'istituzione delle cosiddette zone economiche speciali, che offrono particolari incentivi agli investimenti, incoraggia la Federazione russa «a garantirvi condizioni di lavoro decorose e il rispetto dei diritti sindacali dei lavoratori», nonché degli standard ambientali.

Sottolinea poi la necessità di migliorare la legislazione e la sua applicazione in materia di protezione dei diritti di proprietà intellettuale, industriale e commerciale «al fine di accrescere la competitività e rendere il clima degli investimenti più favorevole» e per far si che la lotta contro la contraffazione e la pirateria sia efficace. Occorre inoltre adeguare l'attuale sistema giudiziario al fine di proteggere efficacemente i diritti di proprietà intellettuale e garantire procedimenti più rapidi e, al riguardo, i deputati esprimono seria preoccupazione per la mancata applicazione delle sentenze.

Altrettanta preoccupazione è espressa riguardo alla produzione e alla vendita di prodotti contraffatti, in particolare dei medicinali. Le autorità russe sono quindi invitate a adottare tutte le misure necessarie ed efficaci per individuare le fonti di attività illegali e neutralizzare i siti produttivi o gli operatori che agiscono via Internet.

Energia: più opportunità agli investitori europei

Nel ribadire la necessità di una politica europea coerente in materia di energia, il Parlamento sottolinea che gli accordi bilaterali tra gli Stati membri dell'UE e la Russia dovrebbero «contribuire al perseguimento di interessi globali in tema di sicurezza energetica dell'UE». Tuttavia, sottolinea che l'obiettivo primario della politica energetica dell'UE «non può consistere semplicemente nell'evitare la dipendenza energetica permanente dalla Russia». L'UE e la Russia sono quindi invitate a cooperare più strettamente, ponendo l'accento in particolare sulla risoluzione di questioni concernenti la sostenibilità e l'affidabilità costante della produzione, del trasporto e dell'uso dell'energia nonché sull'efficienza energetica e la sicurezza degli approvvigionamenti. Occorre poi che siano promossi gli investimenti nelle fonti rinnovabili, la condivisione delle tecnologie e la convergenza in materia di regolamentazione.

La Federazione russa, d‘altra parte, dovrebbe offrire «un trattamento equo e non discriminatorio» a tutti i suoi partner, favorire l'accesso al mercato russo per gli investitori europei e tenere conto della protezione dell'ambiente. Nel compiacersi quindi della ratifica del protocollo di Kyoto da parte della Russia, il Parlamento si dice persuaso che, oltre alla necessità che tale paese ratifichi la Carta europea dell'energia, l'UE dovrebbe prendere in esame la possibilità di un documento quadro formale sulle relazioni energetiche con la Russia nell'ambito del nuovo APC. Esprime tuttavia preoccupazione per le tendenze verso «una concezione nazionalistica e monopolistica nella gestione delle risorse energetiche russe», nonché per le difficoltà che le imprese private straniere incontrano quando investono in un futuro sviluppo sul territorio russo. La Russia è quindi invitata a incorporare quanto prima nel proprio sistema legislativo le migliori pratiche internazionali in materia di trasparenza e di responsabilità pubblica.

Sostenendo poi i programmi di valorizzazione delle infrastrutture energetiche che collegano la Russia con gli Stati membri dell'UE, i deputati chiedono nuovamente alla Commissione e agli Stati membri di considerare seriamente il pericolo di un deficit nelle forniture di gas dalla Russia dopo il 2010 «dovuto alla mancanza di investimenti nell'infrastruttura energetica di questo paese». Rilevano inoltre necessario stabilire meccanismi di comunicazione di crisi «efficaci e tempestivi» tra l'UE e la Russia e ribadiscono la necessità che l'UE attui una strategia parallela per migliorare la sicurezza e la diversificazione del suo approvvigionamento energetico. Si compiacciono, peraltro, delle firma dell'accordo sull'oleodotto Burgas-Alexandroupolis che, a loro parere, «costituisce un'evoluzione importante per l'UE e attesta le buone relazioni» con la Russia.

Esortando la Russia a non applicare il duplice sistema di prezzi nel campo delle risorse energetiche, il Parlamento la invita a procedere a investimenti per la modernizzazione delle centrali nucleari, soprattutto per quanto riguarda le infrastrutture, le nuove tecnologie e le fonti energetiche rinnovabili. Ribadisce inoltre il sostegno all'apertura del mercato dell'UE alle esportazioni di energia elettrica dalla Russia, «a condizione che le pertinenti norme di sicurezza russe, in particolare in relazione agli impianti nucleari e al trattamento e smaltimento sicuri delle scorie nucleari, siano allineate a quelle comunitarie in modo da evitare il rischio di dumping ambientale».

Considerando che la produzione e il trasporto di energia, nella regione del Mar Nero, rivestono un'importanza strategica per l'approvvigionamento energetico dell'UE, i deputati si compiacciono dell'iniziativa "Sinergia del Mar Nero" nel quadro della Politica europea di vicinato «nell'ottica di favorire una migliore cooperazione regionale» tra i paesi interessati della regione del Mar Nero, la Federazione russa e l'UE in settori come l'energia, i trasporti e l'ambiente e di «rafforzare il dialogo in materia di rispetto dei diritti dell'uomo, democrazia e buongoverno».

Aprire i servizi finanziari russi

Il Parlamento ritiene che lo scambio di servizi sia un elemento essenziale delle future relazioni commerciali UE-Russia. Auspica quindi un riavvicinamento delle leggi comunitarie e quelle russe, specie nei settori dei servizi finanziari, delle telecomunicazioni e dei trasporti, «rispettando le disposizioni specifiche che disciplinano i servizi pubblici». Più in particolare, riguardo al sistema finanziario, chiede un miglioramento della legislazione, un controllo efficace e l'applicazione di misure conformi agli standard più elevati applicabili ai prestatori di servizi finanziari per creare un clima favorevole agli investimenti. Nel sottolineare poi l'importanza della concorrenza e dell'apertura del settore dei servizi finanziari, esprime preoccupazione quanto agli ostacoli esistenti per la concessione di licenze alle filiali di banche estere.

Infine, il Parlamento pone in luce i benefici che avrebbe l'ulteriore rafforzamento delle relazioni UE-Russia nel settore dell'economia turistica, «in quanto molte zone degli Stati membri sono considerate mete tradizionali dei turisti russi». Si dichiara poi preoccupato per le misure restrittive che la Russia ha adottato in materia sanitaria nei confronti di talune importazioni di prodotti alimentarie e chiede all'UE di sostenere gli Stati membri interessati da questi provvedimenti.

Link utili

Sito della Commissione sulle relazioni UE-Russia

Riferimenti

Godelieve QUISTHOUDT-ROWOHL (PPE/DE, DE)
Relazione sulle relazioni economiche e commerciali tra l'UE e la Russia
Procedura: Iniziativa
Dibattito: 18.6.2007
Votazione: 19.6.2007

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RELAZIONI ESTERNE

 

Dibattito sulla crisi in Palestina

Alla luce dei recenti eventi nei territori palestinesi, l'Aula ha tenuto un breve dibattito in cui si sono affrontati i temi del ruolo e delle responsabilità dell'UE, della fornitura degli aiuti umanitari e del processo politico verso la pace.

In apertura del dibattito Hans-Gert PÖTTERING, sottolineando come la sua prima visita ufficiale al di fuori dell'Unione sia avvenuta per precisa scelta in Medio Oriente, ha evidenziato la «terribile situazione» e gli «sviluppi spaventosi» nella striscia di Gaza nel corso degli ultimi giorni. Ha quindi ricordato che il suo incontro con il Presidente dell'Autorità palestinese, Mahmoud Abbas, avrebbe dovuto aver luogo a Ramallah ma, in considerazione dell'aumento dei combattimenti tra Al Fatah e Hamas, si è svolto nei quartieri generali di Gaza. Si è poi detto impressionato dalla risolutezza con la quale il Presidente Abbas gli ha espresso le sue preoccupazioni, ed ha ricordato che sentiva la tensione nell'aria all'esterno degli uffici.

Enfatizzando la sua ferma condanna ai violenti attacchi delle milizie di Hamas contro le legittime forze di sicurezza delle istituzioni dell'Autorità palestinese, il Presidente ha chiesto all'Aula pieno appoggio e solidarietà al Presidente Abbas. «Sosteniamo la decisione del Presidente palestinese di rispondere alla situazione straordinaria con la creazione di un governo di emergenza», in modo che la crisi politica nei territori palestinesi possa cessare il più velocemente possibile. Ha poi voluto riaffermare la grande fiducia nel nuovo Primo ministro Salam Fayyad e la sua indiscussa leadership.

Poiché il nuovo governo deve far fronte ad una difficile sfida ed avrà bisogno dell'appoggio dell'Unione europea e della comunità internazionale, il Presidente ha affermato che il Parlamento appoggia pienamente tutti gli sforzi volti a riportare la pace in Medio Oriente e continuerà a lavorare per raggiungere il suo obiettivo in modo convincente, sia con le parole sia con i fatti. All'apertura della sessione plenaria di ieri è stato deciso di tenere un ampio dibattito sulla politica UE-Medio Oriente nel corso della tornata di luglio, seguito da una risoluzione e questa è la giusta decisione, ha ricordato. Tuttavia, ciò non significa che staremo a guardare passivamente gli sviluppi, poiché l'UE, incluso il Parlamento europeo, devono porsi alla guida del rinnovato impegno con il popolo palestinese ed i suoi rappresentanti.

Dopo aver sottolineato che occorre «far fronte alle nostre responsabilità», ha quindi aggiunto che «bisogna fare tutto quanto in nostro potere per assicurare che le condizioni umanitarie siano ristabilite nei Territori palestinesi» e fornire il nostro appoggio al popolo palestinese affinché possa far fronte alle più urgenti necessità, ma «si deve anche lavorare per sviluppare una prospettiva politica a lungo termine». Si è quindi rallegrato della decisione presa ieri dal Consiglio di riattivare i normali canali con l'Autorità palestinese che prevede di prendere le misure necessarie per ricominciare un'assistenza finanziaria diretta, trasparente ed efficiente, incluso l'aiuto per costruire istituzioni funzionanti. Gli obiettivi della Politica di difesa e di sicurezza comune dell'UE, inclusa la cooperazione di polizia, saranno portati avanti ed il Parlamento europeo, che ha un ruolo decisionale nel bilancio UE, darà tutto il suo appoggio.

Oltre a questi provvedimenti, ha proseguito il Presidente, dobbiamo chiedere ai palestinesi di rinnovare il loro impegno sulla via del dialogo, in modo da raggiungere la necessaria riconciliazione nella prospettiva di uno Stato palestinese che unificherà i Territori palestinesi, poiché non è nell'interesse di nessuno che si prosegua o si intensifichi la guerra civile. Ma non ci può essere pace senza il coinvolgimento di Israele, che ha una grande responsabilità. In proposito ha citato la sua visita in questo Paese, segnatamente il suo discorso dinanzi al Knesset, dove aveva ribadito fermamente che il Parlamento europeo aveva fatto appello ad Israele per esercitare la sua responsabilità politica e appoggiare inequivocabilmente il Presidente Abbas.

Concludendo il suo intervento Il Presidente ha quindi esortato Israele a trasferire rapidamente i circa 800 milioni di dollari di entrate doganali direttamente al Presidente Abbas. L'Unione europea, inoltre, dovrebbe svolgere un ruolo di «mediatore onesto» e, in tale contesto, il Parlamento europeo può fornire il suo contributo. Dopo aver ricordato che israeliani e palestinesi hanno pari diritti, particolarmente il diritto di vivere entro confini sicuri, ha auspicato che arrivi presto il giorno in cui entrambi i popoli potranno vivere insieme in pace, «anche se oggi ciò sembra una prospettiva molto remota».

Interventi in nome dei gruppi

José Ignacio SALAFRANCA SÁNCHEZ-NEYRA (PPE/DE, ES) ha esordito affermando di avere poca fiducia nel fatto che il dibattito possa aiutare a trovare una soluzione al conflitto. Ha poi ricordato che già nel corso della scorsa sessione è stato evocato il quarantesimo anniversario della guerra dei sei giorni e ha posto in luce che in tutti questi anni la situazione nella regione non è cambiata. Oggi, ha sottolineato, vi sono due Stati palestinesi che si disconoscono e la comunità internazionale, assieme all'UE, devono appoggiare il Presidente Abbas e il nuovo governo di emergenza guidato da Salem Fayyad che, per il deputato, dovrebbe estendere la sua autorità anche su Gaza. Occorre poi che sia tolto il blocco internazionale.

In proposito, il deputato si è rallegrato della decisione del Consiglio e ha espresso l'auspicio che i colloqui tra il Presidente Bush e il Primo Ministro Olmert portino nella stessa direzione. Dopo aver sottolineato che a Gaza perdura la violenza, ha osservato che occorre rinunciare alla violenza come strategia politica e riconoscere Israele. Ha quindi concluso sostenendo che spetta all'UE, all'ONU, alla Lega Araba e al Quartetto mobilitare tutti gli sforzi possibili per contribuire a trovare una soluzione di pace «giusta e duratura» in Medio Oriente.

Per Martin SCHULZ (PSE, DE) gli avvenimenti degli ultimi giorni rappresentano uno dei momenti più drammatici per la regione e, d'altra parte, indicano come il ruolo dell'UE abbia «toccato il fondo». Perché solo ora è stato deciso di riprendere gli aiuti, si è chiesto il deputato, «non è troppo tardi?», «la frammentazione dell'ordinamento statale poteva essere evitata se si fossero ripresi gli aiuti prima?». Dopo aver sottolineato che non è la prima volta in cui la comunità internazionale e l'UE sono di fronte a un governo non gradito, il leader socialdemocratico, ha sottolineato però che il governo guidato da Hamas era legittimo, in quanto frutto di elezioni che si sono svolte regolarmente. Perché allora è stato imposto un blocco economico? Perché esponenti moderati del governo non sono stati considerati degni di dialogare con l'UE?, si è chiesto.

Il dialogo, ha proseguito, è l'unico modo per trovare una soluzione pacifica e la Storia ha dimostrato che solo attraverso il dialogo è possibile uscire dalla violenza: Al Fatah è ora un partner, ma prima era bollato come organizzazione terrorista. Occorre quindi coinvolgere tutti, ammettendo anche la Siria al tavolo negoziale. Per il deputato è anche necessario che gli aiuti diretti siano destinati all'approvvigionamento di acqua e energia, nonché al sostegno delle strutture sanitarie e scolastiche, poiché «solo così è possibile creare un'atmosfera propizia nei Territori che porti a una maggiore disponibilità verso la pace». Il deputato ha quindi concluso criticando chi sostiene che occorre mandare delle truppe europee nella regione, ritenendo più utile utilizzare i fondi per gli aiuti piuttosto che per i soldati.

Graham WATSON (ALDE/ADLE, UK) ha anzitutto sottolineato che non vi è nessuna giustificazione alle azioni dei militanti di Hamas, «a prescindere da quanto male siano stati trattati i palestinesi». Per il deputato, d'altra parte, la sospensioni degli aiuti ha solo peggiorato la situazione e reso ancora più disperata la popolazione, portando alla creazione di due Stati. Ha quindi proseguito affermando che la situazione non deve però sorprendere, il suo gruppo infatti, già l'anno scorso, aveva ammonito che la miseria porta all'estremismo. A suo parere, inoltre, il rifiuto del dialogo da parte di Hamas «non conduce da nessuna parte».

Il leader liberaldemocratico si è poi rallegrato della determinazione del nuovo Primo Ministro e della disponibilità al dialogo del Presidente Abbas, così come della ripresa degli aiuti. Ha anche auspicato il trasferimento delle entrate fiscali. Ha d'altra parte ammonito che se, come Israele, si considera Gaza un entità terrorista, si otterrà solo una crescita della disperazione di una popolazione «che non ha nulla da perdere». Solo la politica, ha concluso, può portare alla pace in Medio Oriente e, in tale contesto, l'UE deve promuovere lo Stato di diritto, i diritti umani e la pacificazione nella regione.

Brian CROWLEY (UEN, IE) ha subito sottolineato la sofferenza patita da donne e bambini palestinesi che, a suo dire, non è dovuta a Hamas, all'assenza di dialogo o alla sospensione degli aiuti, «poiché si tratta di una sofferenza trentennale». Il deputato ha comunque posto in luce che israeliani e palestinesi non hanno dato seguito ai rispettivi impegni. Ha poi ricordato che i premi Nobel ospitati dal Parlamento hanno tutti sostenuto che il processo di pace è possibile solo con il dialogo, la tolleranza e il rispetto della diversità. A suo parere, peraltro, «credere che quanto è avvenuto a Gaza con Hamas sia un incidente significa non capire i nostri fallimenti» e ora vi è l'opportunità per dimostrare coraggio, riprendendo gli aiuti e convincendo Israele a negoziare.

Per Daniel COHN-BENDIT (Verdi/ALE, DE) errori sono stati commessi da tutte le parti ma si tratta ora di sapere cosa occorre fare. A suo parere, anzitutto, l'UE deve cominciare ad agire in quanto è «l'unica in grado di mediare». Deve quindi prendere l'iniziativa per riattivare i pagamenti diretti, fornire il proprio sostegno e aprire i contatti con Hamas, al fine di affrontare il disastro umanitario. L'UE deve essere presente nella regione e organizzare una conferenza internazionale cui tutti devono essere invitati a partecipare, compresa la Siria, poiché solo così è possibile far «crescere la speranza». L'Unione, inoltre, non può permettere che l'aiuto umanitario a Gaza resti un'esclusiva dell'Iran, mentre Israele deve capire che la politica di occupazione, e il muro, non possono portare alla pace, e deve avviare trattative con il nuovo governo, anche in merito alle frontiere.

Secondo Francis WURTZ (GUE/NGL, FR) gli appelli a cessare la violenza sono completamente inefficaci «se si rifiuta di analizzare la genesi di questa catastrofe annunciata». L'esplosione di violenza, ha spiegato, è prima di tutto il prodotto di altre violenze, «quelle di quarant'anni di occupazione militare», ma anche «dell'impunità concessa da tutta la comunità internazionale ai dirigenti israeliani». Il deputato si è poi chiesto a cosa valgono gli aiuti se si lascia «proliferare l'umiliazione permanente» ed ha sottolineato le responsabilità europee nell'allinearsi sulle posizioni della Casa Bianca, «sprecando così le opportunità storiche come il piano di pace della Lega araba del 2002». Dopo aver criticato il blocco economico, il deputato ha concluso sostenendo che «se non vogliamo renderci complici di un nuovo Iraq, dobbiamo esigere urgentemente delle profonde revisioni strategiche nel rigoroso rispetto del diritto internazinale».

Il cosiddetto governo unitario, ha esordito Bastiaan BELDER (IND/DEM, NL), «è crollato nel sangue» e vi sono ora due governi che si disconoscono. Nel dichiarare il proprio sostegno a Fayyad, il deputato ha sottolineato che Hamas continua a non voler riconoscere a Israele il diritto di esistere «per motivi esclusivamente religiosi». E questo, ha insistito, deve essere preso in considerazione da chi perora il dialogo con Hamas.

Per Andreas MÖLZER (ITS, AT), Gaza non è un nuovo Stato palestinese, bensì «una prigione chiusa ermeticamente in cui la popolazione vive in condizioni terribili». Il deputato ha quindi criticato l'UE per non aver sostenuto il governo di Hamas eletto democraticamente e Israele per aver costruito il muro e trattenuto le entrate doganali. Sottolineando comunque la pericolosità del radicalismo di Hamas, dal quale «dobbiamo difenderci», ha esortato a non ripetere i «vecchi errori» e a riprendere il dialogo con i palestinesi, garantendo al contempo la sicurezza di Israele.

Riferimenti

Dichiarazione del Presidente del Parlamento europeo - Situazione in Palestina
Dibattito: 19.6.2007

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CONTROLLO DEI BILANCI

 

Migliorare l'aiuto finanziario alla Palestina

Pur rilevando i recenti progressi, il Parlamento chiede di migliorare l'efficienza e l'efficacia dello strumento finanziario MEDA che affianca il partenariato dell'UE con i paesi del Mediterraneo. Evidenziando poi il ruolo del meccanismo internazionale temporaneo (TIM), i deputati ritengono che debba anche essere finanziato l'addestramento e l'equipaggiamento delle forze di sicurezza. Israele potrebbe restituire gli introiti doganali tramite il TIM.

Adottando la relazione di Rodi KRATSA-TSAGAROPOULOU (PPE/DE, EL), il Parlamento afferma anzitutto che il processo di Barcellona resta il quadro indicato per la politica mediterranea, «ferma restando la necessità di apportarvi modifiche per conseguire risultati migliori». Pertanto, invita la Commissione e il Consiglio ad attribuire priorità elevata al processo di Barcellona «in quanto forza trainante» nell’elaborazione politica nel quadro dello strumento europeo di vicinato e partenariato (periodo 2007-2013), «con politiche e misure più efficaci che tengano conto delle sfide e dei problemi specifici dei paesi partner mediterranei».

Il Parlamento invita tutte le parti nelle aree palestinesi a adoperarsi al massimo per risolvere pacificamente i conflitti e formare e mantenere un governo stabile ed efficiente, in grado di cooperare con la comunità internazionale e di utilizzare in modo efficace i finanziamenti provenienti dall’UE e dai donatori internazionali. In tale contesto accoglie con favore la decisione del Consiglio di riallacciare immediatamente normali relazioni con l'Autorità palestinese e, a questo fine, di sviluppare le condizioni per un'assistenza urgente pratica e finanziaria, compreso il sostegno diretto al nuovo governo, così come di assicurare la fornitura di un'assistenza umanitaria e d'emergenza alla popolazione di Gaza, specialmente tramite il TIM.

Migliorare l'efficienza e l'efficacia di MEDA

I deputati rilevano poi che, da un punto di vista strategico globale, la pertinenza del programma MEDA come strumento comunitario di assistenza «è ritenuta soddisfacente». In proposito, sottolineano che l’efficienza e l’efficacia della gestione di MEDA e delle disposizioni di attuazione «stanno migliorando, ma non sono ancora del tutto soddisfacenti». Nel ricordare alla Commissione l'impegno a presentare una valutazione globale dell'assistenza già fornita, la sollecitano a tenere conto dei fattori in grado di contribuire al miglioramento della gestione futura.

Come ad esempio, un aumento del numero di progetti e programmi o un utilizzo più diffuso, nell'insieme del programma, del sostegno diretto al bilancio. Ma anche il decentramento delle responsabilità in materia di preparazione e attuazione dei progetti, la cooperazione e la partecipazione effettiva delle autorità locali e il rafforzamento della cooperazione sud-sud. Per i deputati, ulteriori miglioramenti comprendono un monitoraggio e una valutazione più sistematici nonché un rafforzamento del dialogo e del coordinamento con le controparti locali e gli altri donatori.

Concordano, inoltre, con la Corte dei conti circa la necessità che la Commissione assicuri una transizione rapida e agevole verso i nuovi programmi nazionali, definisca più chiaramente gli obiettivi strategici nei nuovi documenti di programmazione nazionali e stabilisca indicatori appropriati, in modo da migliorare il monitoraggio e la valutazione dell'impatto. Dovrebbe poi continuare a focalizzare il proprio sostegno su un numero limitato di aree d'intervento al fine di garantire la coerenza e la gestibilità dei programmi e proseguire nella ricerca delle migliori pratiche di gestione dei progetti per evitare ritardi.

La Commissione è anche invitata a prestare attenzione alle questioni relative a sviluppo istituzionale, Stato di diritto, libertà di stampa, diritti umani e parità di genere. Un notevole sostegno è poi necessario per i progetti infrastrutturali, in particolare nel campo dei trasporti, della sanità, degli alloggi e della fornitura di acqua potabile. Deve poi essere potenziata la capacità di gestire progetti su piccola scala basati su iniziative della società civile e occorre adottare misure volte a rafforzare la crescita economica e la coesione, in particolare mediante la concessione di prestiti e microcrediti a piccole e medie imprese nei paesi partner. Più in generale, i deputati rammentano l’importanza di rafforzare la complementarità e la coerenza tra MEDA, altre azioni esterne dell’UE e le attività della BEI.

Il Meccanismo internazionale temporaneo

Il Parlamento rileva che il «palliativo finanziario» rappresentato dal meccanismo internazionale temporaneo (TIM) ha consentito, in tutta trasparenza e in partenariato con il Presidente dell'Autorità palestinese, «di limitare i danni umanitari più manifesti provocati dal congelamento dell'assistenza finanziaria europea ed internazionale, dal mancato versamento parziale, da parte di Israele, delle entrate doganali palestinesi nonché, in linea generale, dall'impossibilità di sviluppare un'economia sostenibile nell'attuale situazione occupazionale».

Sottolinea, peraltro, che i pagamenti a titolo del TIM non sono stati inviati all’Ufficio del Presidente dell’Autorità palestinese o al Ministero delle Finanze, né sono passati attraverso di essi, bensì forniti per il pagamento diretto di fatture o per il pagamento in contanti di indennità a favore di singoli beneficiari. Rileva inoltre che le indennità non sono andate a copertura di personale addetto alla sicurezza o a livello politico.

D'altra parte, i deputati si rammaricano del fatto che tale assistenza finanziaria «non abbia compensato la tragica situazione in Palestina e che le condizioni a livello economico, sociale e umano siano peggiorate negli ultimi mesi». Accolgono tuttavia con favore il fatto che più di 140.000 famiglie a basso reddito, per oltre 800.000 persone, abbiano potuto ricevere direttamente sussidi «modesti ma utili» tramite il TIM, e «senza la partecipazione del governo guidato da Hamas». Si compiacciono inoltre del fatto che sia stato possibile evitare il blocco totale del funzionamento di ospedali e di altri servizi basilari e che sia stato consentito un flusso continuo di servizi essenziali.

Nel ribadire l'appello ad Israele affinché ottemperi ai propri obblighi giuridici riprendendo a trasferire le entrate fiscali e doganali palestinesi trattenute, i deputati lo invitano, qualora rifiutasse di farlo, a prendere almeno in considerazione la possibilità di destinare al TIM le tasse trattenute, «consentendo in tal modo al popolo palestinese di far fronte alle proprie necessità basilari». Israele, inoltre, dovrebbe contribuire alla necessità del popolo palestinese di creare un’economia funzionante ed autonoma e «cessare di porre ostacoli ingiustificati in tale direzione».

Finanziare le forze di sicurezza per garantire ordine pubblico

Il Parlamento ritiene importante, ai fini del mantenimento dell’ordine pubblico, che le forze di sicurezza impegnate ad instaurare la pace e la stabilità «ricevano addestramento ed equipaggiamento, incluse armi di polizia». Precisa inoltre che il finanziamento di un addestramento e un equipaggiamento di tale tipo dovrebbe essere gestito «con le opportune salvaguardie, sotto l’autorità del Presidente dell’Autorità palestinese Abbas, in modo da evitare che i fondi vengano usati per altri propositi o a fini illegali».

Sottolinea poi che il mancato pagamento degli stipendi dei dipendenti statali, inclusi quelli presso le forze di sicurezza, «contribuisce al deterioramento della situazione politica, sociale ed economica dei territori palestinesi». A suo parere è anche necessario che l'Unione europea e la comunità internazionale vadano oltre il loro impegno umanitario e investano nuovamente nella creazione di capacità e nella sicurezza per non mettere a rischio le condizioni di vita, a lungo termine, del popolo palestinese.

Background - Il sostegno finanziario dell'UE ai territori palestinesi

Il programma MEDA costituisce il principale strumento finanziario dell’UE per l’attuazione delle misure di sostegno previste nel quadro del partenariato euromediterraneo volte ad accompagnare la riforma delle strutture economiche e sociali nei paesi partner mediterranei al fine di ridurre il divario tra le due sponde della regione mediterranea. Gli impegni annuali sotto MEDA II sono oscillati tra 569 milioni di euro (nel 2000) e 817 milioni di euro (nel 2006). Da MEDA I a MEDA II gli impegni sono aumentati per l'Algeria, i Territori palestinesi, la Giordania, il Marocco, la Siria e la Tunisia e per le attività regionali, mentre sono diminuiti per l’Egitto e il Libano.

Dal 1994 al 2006 la Commissione ha erogato circa 2.300 milioni di euro a favore del popolo palestinese, inclusi il sostegno ai rifugiati palestinesi attraverso l’UNRWA, l’assistenza umanitaria attraverso l’Ufficio europeo per gli aiuti umanitari (ECHO), l’assistenza per la sicurezza alimentare, azioni per sostenere il processo di pace in Medio Oriente e azioni di sostegno alla salute, all'istruzione e al consolidamento delle istituzioni. Il rapporto pagamenti/impegni è aumentato passando da meno del 45% nel 2000 a più del 90% nel 2005.

Nel 2006 l’Unione europea (bilancio UE e Stati membri dell’UE) ha destinato quasi 700 milioni di euro alla Palestina, ossia un importo superiore a quello di qualsiasi anno precedente. Nell'ambito del Meccanismo Internazionale Temporaneo (TIM), approvato dal Consiglio europeo il 16 giugno 2006, la Commissione ha assegnato complessivamente 107,5 milioni di euro nel 2006 ai tre capitoli di assistenza:

                    10 milioni di euro per forniture essenziali e spese correnti di ospedali e centri sanitari, attraverso il programma di sostegno ai servizi d'emergenza della Banca mondiale (ESSP) (capitolo 1).
                    40 milioni di euro per la fornitura continua di risorse energetiche, tra cui carburante, mediante il contributo d'urgenza temporaneo (IERC) (capitolo 2).
                    57,5 milioni di euro per il sostegno ai palestinesi in difficoltà, mediante il pagamento di prestazioni sociali alle fasce più povere della popolazione e a lavoratori che ricoprono funzioni chiave nella fornitura di servizi pubblici essenziali (capitolo 3).

Oltre al TIM, la Commissione ha destinato all’Ufficio del Presidente dell’Autorità palestinese 12 milioni di euro a titolo del programma MEDA, per l’assistenza tecnica e il potenziamento delle capacità.

La relazione ricorda che l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), nel marzo 2005, ha chiuso le sue indagini sull’assistenza diretta della Commissione al bilancio dell’Autorità palestinese e che, sulla base delle informazioni disponibili a quella data, «non è stata rilevata alcuna prova determinante di sostegno ad attacchi armati o attività illecite finanziati mediante contributi comunitari all’Autorità palestinese». Rileva, tuttavia, che secondo il comunicato stampa dell'OLAF «vi sono indizi concordanti a sostegno dell’ipotesi che non possa essere escluso che alcune delle risorse dell’Autorità palestinese possano essere state usate da talune persone per propositi diversi da quelli cui erano destinate».

Link utili

Relazione speciale della Corte dei conti sul programma MEDA, corredata delle risposte della Commissione

Riferimenti

Rodi KRATSA-TSAGAROPOULOU (PPE/DE, EL)
Relazione su MEDA e l'aiuto finanziario alla Palestina - valutazione, attuazione e controllo
Procedura: Iniziativa
Dibattito: 20.6.2007
Votazione: 21.6.2007

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DIRITTO D'ASILO

 

Verso un vero regime comune d'asilo

Nel sostenere l'esigenza di una politica comune in materia di asilo basata sul principio di non respingimento, il Parlamento chiede una procedura unica, equa ed efficace per le domande di asilo. Auspicando poi maggiore solidarietà per gli Stati membri di frontiera, sottolinea l'esigenza di realizzare centri di accoglienza adeguatamente strutturati e valutati e di definire un regime UE di rimpatrio. Occorrono anche campagne d'informazione sui rischi dell'immigrazione illegale.

Con l'adozione dei quattro strumenti previsti dal trattato CE si è conclusa la prima fase dell'introduzione del regime comune in materia d'asilo. Esistono tuttavia difficoltà, sia politiche sia tecniche, da superare per pervenire alla seconda fase del regime che ha l'obiettivo di instaurare, entro il 2010, una procedura comune in materia d'asilo e uno status uniforme per le persone che hanno diritto all'asilo o ad una protezione sussidiaria. Approvando con 460 voti favorevoli, 63 contrari e 5 astensioni la relazione di Hubert PIRKER (PPE/DE, AT), il Parlamento ribadisce anzitutto la necessità di una politica UE comune in questo campo che sia proattiva e basata «sull'obbligo di ammettere i richiedenti asilo e sul rispetto del principio del non respingimento».

I deputati si compiacciono quindi degli sforzi compiuti per migliorare la cooperazione pratica nel quadro del regime comune europeo in materia di asilo, ma ritengono tuttavia che «un miglioramento della qualità delle procedure e delle decisioni sia nell'interesse tanto degli Stati membri che dei richiedenti asilo». Sottolineano inoltre che l'obiettivo ultimo dell'instaurazione di un regime comune in materia d'asilo deve essere quello di garantire un'alta qualità di protezione, di valutazione delle richieste individuali di asilo e delle procedure che portino a decisioni debitamente documentate ed eque.

E' per tale ragione che condannano «l'evidente carenza di risorse» a disposizione della Commissione per controllare l'attuazione delle diverse direttive in materia di asilo e invitano il Consiglio e la Commissione a adoperarsi per l'introduzione in tutti gli Stati membri di una procedura unica per un processo decisionale equo ed efficace, «al fine di garantire che lo status di rifugiato sia concesso con la massima rapidità a tutti coloro che ne hanno diritto». Rilevano, inoltre, che la realtà dell'"asyl-shopping" «resterà un problema fino a quando le disposizioni nel settore del diritto d'asilo si fonderanno su norme minime e sul minimo comune denominatore».

Per limitare i movimenti detti "secondari", il Parlamento esorta gli Stati membri a adoperarsi ora concretamente al fine di realizzare «il massimo livello di convergenza tra le loro rispettive politiche in materia di asilo». Occorre inoltre migliorare il regime UE attraverso una ripartizione più equa dell'onere sostenuto in particolare dagli Stati membri alle frontiere esterne dell'Unione europea. Al contempo, si compiace delle misure previste dalla Commissione per aiutare quegli Stati membri che sono soggetti a notevoli pressioni a far fronte ai problemi di accoglienza dei richiedenti asilo e di trattamento delle domande di asilo, in particolare della proposta di inviare gruppi di esperti comprendenti membri di diversi Stati membri.

Ritenendo «inaccettabile» che i richiedenti asilo siano trattenuti in condizioni di privazione della libertà individuale, il Parlamento sottolinea la necessità di realizzare centri di accoglienza con strutture separate per le famiglie, le donne e i bambini nonché strutture adeguate per gli anziani e i portatori di handicap richiedenti asilo. Chiede, peraltro, che si proceda a una valutazione delle condizioni di accoglienza e, in proposito, promuove il ricorso alle possibilità offerte dal nuovo Fondo europeo per i rifugiati. La Commissione è pertanto incoraggiata a facilitare l'accesso agli strumenti finanziari quali il Fondo europeo per i rifugiati e il programma ARGO «per permettere agli Stati membri di ottenere rapidamente finanziamenti in caso di situazioni d'emergenza».

Il Parlamento chiede inoltre che, una volta esperite tutte le possibilità giudiziarie, le misure applicabili alle persone cui non è stato concesso lo status di rifugiato o il cui status di rifugiato è stato revocato, vengano attuate rapidamente ed equamente, «nel pieno rispetto della dignità umana e dei diritti fondamentali delle persone che vanno rimpatriate». Sollecita peraltro la messa a punto, quanto più rapida possibile, di una procedura UE di rimpatrio. D'altra parte, chiede di effettuare nei paesi di origine e di transito campagne di informazione che illustrino ai potenziali migranti i rischi dell'immigrazione illegale e le conseguenze in caso di rifiuto dello status di rifugiato nonché le caratteristiche dell'immigrazione legale e la possibilità di chiedere asilo in casi giustificati, come pure i pericoli del traffico di esseri umani, in particolare di donne e  minori non accompagnati

Prendendo nota degli sforzi finora compiuti dalla Commissione per elaborare un elenco dei paesi d'origine sicuri, i deputati rilevano tuttavia che il concetto di paese terzo sicuro «non esime gli Stati membri dai loro obblighi a norma del diritto internazionale, in particolare le disposizioni della Convenzione di Ginevra concernenti il principio di non respingimento e la valutazione individuale di ogni singola domanda di asilo». Inoltre, ricordano che la direttiva su cui si basa la proposta è all'esame della Corte di giustizia in seguito a un ricorso d'annullamento, per cui la redazione di un simile elenco è attualmente sospesa. La Commissione è poi invitata a risolvere quanto più rapidamente possibile i problemi tecnici e politici inerenti all'introduzione di una base dati comune contenente informazioni sui paesi di origine.

D'altra parte, il Parlamento sottolinea che occorre un’attuazione rapida ed equa delle misure da applicare alle persone che hanno ottenuto lo status di rifugiato o la protezione umanitaria «al fine di favorire condizioni di vita decorose, un’integrazione effettiva nella vita sociale e politica e la partecipazione attiva e condivisa alle scelte della comunità di accoglienza».

I deputati ritengono che le attività di coordinamento connesse alla cooperazione concreta in materia di asilo debbano restare di competenza della Commissione, la quale deve poter disporre di risorse adeguare a tal fine. Insistendo poi sul fatto che spetta alla Commissione controllare l'applicazione delle direttive adottate in materia di asilo, rilevano che le risorse a sua disposizione a tal fine «risultano attualmente del tutto insufficienti per realizzare efficacemente un compito di tale portata», minando la credibilità dell'Unione in questo settore e il futuro della politica comune in materia di asilo.

Il Parlamento, infine, richiama l'attenzione sul fatto che il corpus del diritto comunitario nel settore della politica in materia di asilo necessita di un'interpretazione e di un'applicazione uniformi in tutta l'Unione. Osserva, in proposito, che il processo di armonizzazione in materia di asilo «sarà agevolato e accelerato» se la Corte di giustizia «potrà essere adita anche da tribunali diversi da quelli nazionali di ultima istanza, come avviene attualmente». Occorre quindi che il Consiglio restituisca alla Corte di giustizia «tutte le sue competenze pregiudiziali» concernenti lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

Riferimenti

Hubert PIRKER (PPE/DE, AT)
Relazione sull'asilo: cooperazione pratica, qualità del processo decisionale del regime europeo comune in materia di asilo
Procedura: Iniziativa
Dibattito: 20.6.2007
Votazione: 21.6.2007

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SVILUPPO E COOPERAZIONE

 

Onorare gli impegni sugli aiuti ai PVS

Nello stilare un bilancio intermedio degli obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM), il Parlamento esprime un rammarico generale nei confronti degli Stati membri che hanno mancato l'obiettivo posto sull'entità degli aiuti corrisposti. Ma l'Aula ha bocciato un'esplicita critica all'Italia per il suo livello di aiuti. E' inoltre chiesto che le misure di cancellazione del debito non siano utilizzate per gonfiare gli importi dell'aiuto pubblico allo sviluppo

Adottando con 507 voti favorevoli, 64 contrari e 119 astensioni la relazione di Glenys KINNOCK (PSE, UK) sul bilancio intermedio degli obiettivi di sviluppo del Millennio, il Parlamento sottolinea anzitutto che lo scopo primario della cooperazione allo sviluppo è, e deve essere, la lotta alla povertà. Fa rilevare tuttavia che questa lotta «non si limita alla crescita materiale» e che quindi lo sviluppo della democrazia, la promozione dei diritti umani fondamentali, lo Stato di diritto e i principi di giustizia, equità, trasparenza e responsabilità «devono essere sempre temi centrali di qualsiasi cooperazione in materia».

I deputati ricordano poi che, nel 2005, i paesi del G8 si sono impegnati a Gleneagles a raddoppiare entro il 2010 gli aiuti a favore dell'Africa subsahariana ed esprimono disappunto per il fatto che nel 2006, secondo quanto indicato dall'OCSE, l'aiuto pubblico allo sviluppo per l'Africa subsahariana, esclusa la cancellazione del debito, è rimasto immutato. Sottolineano peraltro che, per onorare gli impegni finanziari assunti nei confronti dell'Africa, i donatori del G8 dovranno stanziare ciascuno, entro il 2010, altri 15 miliardi di euro rispetto al livello dell'aiuto nel 2004, «ma che sinora essi sono lontani da tale obiettivo».

Inoltre, il Parlamento, plaudendo al passo compiuto da molti Stati membri dell'UE che hanno cancellato il debito dei paesi in via di sviluppo, esprime tuttavia il timore che queste misure di cancellazione del debito «abbiano gonfiato artificialmente di circa il 30%, nel 2006, i dati relativi agli aiuti UE». Ciò significa che, l'anno scorso, «gli Stati membri hanno destinato lo 0,31% del RNL all'aiuto vero e proprio, mancando quindi l'obiettivo comune intermedio dello 0,33% del RNL». Il Parlamento invita quindi l'Unione europea e il G8 a scorporare dai dati relativi all'Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS) la cancellazione e riduzione del debito, conformemente al consenso di Monterrey e alle conclusioni del Consiglio dell'aprile 2006.

D'altra parte, deplora il fatto che, a metà del periodo di attuazione degli obiettivi di sviluppo del Millennio, l'aiuto pubblico allo sviluppo fornito dall'UE-15, espresso in termini di percentuale del RNL, sia sceso dallo 0,44% del 2005 allo 0,43% del 2006. Tuttavia si compiace del fatto che nel 2006 l'aiuto erogato dalla Commissione sia aumentato del 5,7%, arrivando a 7,5 miliardi di euro, «il che riflette il miglioramento della capacità di esborso a fronte dei maggiori impegni assunti nel corso degli ultimi anni».

Il Parlamento plaude poi agli Stati membri che hanno raggiunto o superato l'obiettivo di un rapporto aiuto pubblico allo sviluppo/reddito nazionale lordo (APS/RNL) pari allo 0,7% e a quelli che stanno aumentando il livello effettivo dell'aiuto, ma si rammarica del fatto che nel 2006 alcuni dei paesi UE-15 abbiano ampiamente mancato l'obiettivo intermedio dello 0,33%.

Ma l'Aula ha soppresso un paragrafo che prendeva di mira l'Italia osservando che «ha mancato di ampia misura l'obiettivo dello 0,33%» e che nel 2006 «l'aiuto pubblico italiano è stato pari solo allo 0,2% del reddito nazionale, a seguito di un calo del 30% del livello dell'aiuto vero e proprio». Lo stesso paragrafo era stato in precedenza integrato da un emendamento orale proposto da Vittorio AGNOLETTO (GUE/NGL, IT) che deplorava il fatto che il governo italiano non avesse ancora versato al Fondo globale per l'AIDS, la tubercolosi e la malaria i 260 milioni di euro dovuti a titolo delle quote 2006-2007 e lo invitava quindi a procedere in tal senso in tempi brevi.

I deputati osservano inoltre che il Portogallo, che durante la sua Presidenza ospiterà il vertice UE Africa, ha raggiunto solo lo 0,21% per quanto riguarda il rapporto APS/RNL. Rilevano poi che i paesi che «hanno maggiormente gonfiato i propri aiuti» sono l'Austria (57%), la Francia (52%), l'Italia (44%), la Germania (53%) e il Regno Unito (28%), mentre la Germania, che detiene sia la Presidenza dell'UE che quella del G8, non avrebbe raggiunto l'obiettivo di un rapporto APS/RNL pari allo 0,33% se non avesse gonfiato il proprio aiuto.

Il Parlamento invita quindi tutti gli Stati membri in difetto «a rispettare le promesse fatte» a Barcellona, Gleneagles e Monterrey e a «impegnarsi immediatamente ad aumentare il volume reale dell'aiuto nel 2007». La Commissione dovrebbe inoltre sostenere questi Stati membri «nell'accurata pianificazione degli aspetti finanziari e organizzativi dei futuri incrementi del livello degli aiuti», per «garantire il raggiungimento dell'obiettivo intermedio UE per il 2010, che fissa la percentuale dell'aiuto allo 0,56% dell'RNL».

Cancellazione del debito

Il Parlamento sottolinea che, probabilmente, «sarà necessaria la cancellazione integrale del debito di 60 paesi affinché essi abbiano qualche possibilità di raggiungere gli OSM» e che vi sono molti altri paesi che hanno bisogno di un'ulteriore riduzione del debito, «fra cui una serie di paesi con "debiti odiosi", come ad esempio quelli contratti dall'ex regime sudafricano dell'apartheid».

Inoltre esorta gli Stati membri che vincolano la riduzione del debito a condizioni strutturali svantaggiose, come le privatizzazioni, le ristrutturazioni settoriali, la liberalizzazione commerciale e finanziaria e il rispetto degli obiettivi macroeconomici del Fondo monetario internazionale (FMI), «a porre fine a tale prassi».

FES e Banca europea per gli investimenti

Il Parlamento esorta la Commissione a prendere provvedimenti urgenti per garantire la disponibilità di fondi nel periodo di transizione (2008-2010) in quanto con grande probabilità, il decimo FES non sarà ratificato da tutti i 27 Stati membri entro il 2010. Inoltre, visto il ruolo sempre più importante che l'UE riveste sulla scena mondiale e al di fine di permettere un aumento della spesa per lo sviluppo, i deputati osservano che l'Unione europea potrebbe decidere di ricorrere a nuove forme di finanziamento degli OSM, ad esempio attraverso la Banca europea per gli investimenti (BEI). In tale contesto, invita la BEI a garantire che al Parlamento sia conferita, per il finanziamento di tali progetti, la stessa responsabilità politica attribuita per altre operazioni BEI.

Cina

I deputati esortano l'UE e il G8 a riconoscere la crescente importanza di nuovi donatori, in particolare la Cina, e ad avviare con essi un dialogo su strategie e criteri dell'assistenza esterna, inclusa l'importanza di applicare le norme e i criteri concordati a livello internazionale per l'attuazione degli aiuti

Priorità alla sanità

Le infrastrutture per l'assistenza sanitaria necessitano di finanziamenti stabili e a lungo termine a carico del bilancio dello Stato, nonché di aiuti internazionali per assicurare la realizzazione degli OSM in ambito sanitario quali, ad esempio, la riduzione della mortalità infantile attraverso un rafforzamento della copertura immunitaria, la riduzione della mortalità materna mediante un migliore accesso a professionisti qualificati, il sostegno alla ricerca e allo sviluppo di nuove diagnosi e terapie nonché l'accesso alle stesse. Ma anche la disponibilità di acqua potabile e di infrastrutture igienico-sanitarie e la realizzazione di progressi significativi per conseguire, entro il 2010, l'obiettivo dell'accesso universale alla prevenzione, alla cura, all'assistenza e al sostegno nel caso dell'HIV/AIDS, della malaria, della tubercolosi e di altre patologie, anche per le popolazioni emarginate e per quelle che sono più esposte alle malattie infettive.

Link utili

Comunicazione della Commissione - Codice di condotta dell'UE in materia di divisione dei compiti nell'ambito della politica di sviluppo
Comunicazione della Commissione - Gli aiuti dell’UE: dare di più, meglio e più rapidamente
Comunicazione della Commissione - Rafforzare l’impatto europeo: un quadro comune per l'elaborazione dei documenti di strategia nazionale e la programmazione pluriennale comune

Riferimenti

Glenys KINNOCK (PSE, UK)
Relazione sugli obiettivi di sviluppo del Millennio - bilancio intermedio
Procedura: Iniziativa
Dibattito: 19.6.2007
Votazione: 20.6.2007

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SICUREZZA ALIMENTARE

 

Bevande alcoliche: nuove indicazioni geografiche italiane

In base a un compromesso con il Consiglio, l'Aula ha approvato un regolamento sulla definizione, designazione, presentazione e etichettatura degli alcolici. Oltre ad attualizzare le norme sulle indicazioni geografiche, è anche integrato l'elenco di quelle già registrate che salgono a 329, di cui 39 italiane: esordio per due limoncelli campani (Sorrento e Costa d'Amalfi), il Mirto di Sardegna, il Nocino di Modena e due grappe siciliane, nonché per il Genepì del Piemonte e della Val d'Aosta.

La proposta della Commissione è stata dettata principalmente dall'esigenza di migliorare l’applicabilità, la leggibilità e la chiarezza del regolamento sulla base della vigente normativa in materia di bevande spiritose. Ma ha anche l'obiettivo di fondere i due attuali regolamenti in materia, istituire una politica chiara per le bevande spiritose, adeguare i regolamenti ai nuovi requisiti tecnici e alle disposizioni dell’OMC, compreso l’accordo TRIPS sulle proprietà intellettuali, e definire criteri per il riconoscimento di nuove indicazioni geografiche.

Adottando un maxiemendamento di compromesso con il Consiglio, sostenuto dal relatore Horst SCHNELLHARDT (PPE/DE, DE) e dai principali gruppi politici, il Parlamento ha dato il via libera alla nuova normativa. Sono stati respinti gli emendamenti presentati dai numerosi deputati nordici (deputati baltici, finlandesi e polacchi) che intendevano limitare a cereali e patate le materie prime da utilizzare nella produzione di vodka. Con 522 voti favorevoli, 148 contrari e 15 astensioni, i deputati hanno deciso infatti di sottoscrivere l'emendamento di compromesso che distingue tale bevanda in due categorie: quella ottenuta dalla fermentazione di patate e/o cereali e quella ricavata d altre materie prime agricole. Nel secondo caso, l'etichetta dovrà specificare di quali derrate si tratta. Il regolamento entrerà in vigore sette giorni dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

Definizione

Accogliendo la richiesta dei deputati, il compromesso intende con “bevanda spiritosa” il liquido alcolico destinato al consumo umano, avente caratteristiche organolettiche particolari e avente un titolo alcolometrico minimo di 15% vol. Tali bevande devono essere prodotte o direttamente mediante distillazione, in presenza o meno di aromi, di prodotti fermentati naturalmente. Oppure tramite macerazione o trattamento simile di materiali vegetali in alcole etilico e/o distillati di origine agricola e/o bevande spiritose definite dallo stesso regolamento. Ma anche con l'aggiunta di aromi, zuccheri o altri prodotti edulcoranti elencati da un allegato del regolamento e/o di altri prodotti agricoli e/o alimentari all’alcole etilico di origine agricola e/o a distillati di origine agricola e/o a bevande spiritose definite dal regolamento. Possono inoltre essere il frutto di una miscelazione di una bevanda spiritosa con una o più altre bevande spiritose e/o alcole etilico di origine agricola o distillati (di origine agricola), e/o altre bevande alcoliche, e/o con bevande. E' anche precisato che l'alcole etilico deve essere esclusivamente di origine agricola e un allegato ne precisa le caratteristiche.

Niente aromatizzanti né alcole etilico, ma tutela dei metodi tradizionali

Come richiesto dai deputati, un emendamento sopprime la proposta dalla Commissione di distinguere le bevande alcoliche in tre categorie: "acquaviti", "bevande spiritose specifiche", e "altre bevande spiritose". Le prime due sono infatti unificate, mentre l'ultima riguarda solo un prodotto tedesco e uno ceco. Viene così meno il timore espresso dai deputati di lasciare intendere che i prodotti inclusi nella prima categoria fossero di migliore qualità rispetto a quelli delle altre. Tuttavia, non è stata accolta la proposta dei deputati di trasferire dall'allegato all'articolato le definizioni delle varie bevande imponendo così la procedura di codecisione per ogni loro modifica, che quindi potrà avvenire tramite il comitato di esperti governativi.

L'allegato II del regolamento distingue più di quaranta tipologie di bevande spiritose e, per ognuna di esse, indica il metodo di produzione e le condizioni alle quali tali bevande possono fregiarsi del nome corrispondente, come ad esempio Rum, Whisky, Brandy, Acquavite (di vino, di vinaccia, di frutta o di genziana), Sidro, Vodka, Gin, Bitter, Liquore, Sambuca, Maraschino e Nocino.

In forza al compromesso, e fatte salve le norme specifiche dei singoli prodotti, la maggioranza delle acquaviti deve essere prodotta mediante fermentazione alcolica e distillazione esclusivamente di materie prime previste dalle disposizioni stabilite per le singole tipologie di prodotti. E' inoltre posto il divieto generale di addizionare alcole etilico o distillati di origine agricola, diluiti o meno, così come il divieto di ricorrere ad aromatizzanti. Il caramello può essere utilizzato solo come colorante. Tali bevande possono essere edulcorate esclusivamente per «arrotondare il sapore finale», nel rispetto delle disposizioni fissate per i singoli prodotti e della normativa specifica degli Stati membri.

Per le acquaviti di vino e di vinaccia (Grappe) e per i brandy, tuttavia, è precisato che il divieto di aromatizzare «non esclude i metodi di produzione tradizionali». Per quanto attiene ai metodi di produzione delle acquaviti, come richiesto dai deputati, quelle di uve secche potranno essere ottenute anche dalla distillazione del prodotto risultante dalla fermentazione alcolica di uve secche dei vitigni di Moscato di Alessandria (chiamato anche "zibibbo" a Pantelleria), oltre che dal "nero di Corinto".

In linea generale, senza pregiudizio delle disposizioni specifiche, le altre bevande alcoliche (le ex "bevande spiritose specifiche"), tra cui il bitter e i liquori a base di uova, possono essere ottenute da qualsiasi materia prima agricola, comportano l'aggiunta di alcole etilico o distillati di origine agricola e possono contenere aromi naturali o sostanze aromatizzanti identiche a quelle naturali. Possono inoltre contenere coloranti ed essere edulcorate «per rispondere alle particolari caratteristiche di un prodotto», nel rispetto dei requisiti tecnici definiti dal regolamento e della normativa specifica degli Stati membri.

Tuttavia, le acquaviti di frutta ottenute da macerazione e distillazione e la genziana non possono però essere aromatizzate. D'altra parte, nella preparazione di taluni liquori di frutta o di piante, come quelli a base di mirtilli, agrumi, ciliegie, menta, genziana e genepì, possono essere utilizzate solo sostanze aromatizzanti e preparazioni aromatiche naturali. Lo stesso vale per la Sambuca, il Maraschino e il Nocino.

Denominazioni di vendita, presentazione e etichettatura

Le bevande spiritose che soddisfano i requisiti definiti dal regolamento, nella loro designazione, presentazione ed etichettatura, dovranno recare la denominazione indicata dall'allegato. Le denominazioni di vendita potranno essere completate o sostituite da una indicazione geografica, purché ciò non induca in errore i consumatori. Un emendamento di compromesso prevede che, con la procedura del comitato, potranno essere adottate disposizioni intese a risolvere problemi pratici specifici, ad esempio «rendendo obbligatoria in alcuni casi l'indicazione del luogo di produzione sull'etichetta», per evitare che i consumatori siano indotti in errore.

Invece, gli alcolici che non soddisfano i requisiti, non potranno essere designati, presentati o etichettati associando espressioni quali “genere”, “tipo”, “modo, “stile”, “marca”, “gusto” o altri termini simili. Le denominazioni di vendita non possono inoltre essere sostituite da marche o marchi commerciali né da nomi di fantasia, ma possono essere inserite in un elenco di ingredienti per prodotti alimentari, «purché tale elenco sia utilizzato in conformità alla direttiva concernente l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari (2000/13).

Inoltre, sarà vietato l’uso dei termini utilizzati per gli alcolici descritti dal regolamento o di un’indicazione geografica registrata in un termine composto, o l’allusione a un siffatto termine o indicazione, nella presentazione di un alimento, «tranne se l’alcole proviene esclusivamente dalla bevanda spiritosa cui è fatto riferimento». Anche in questo caso restano salve le disposizioni stabilite dalla direttiva 2000/13. Resta inoltre impregiudicata la possibilità di usare i termini o “amaro” o “bitter” per prodotti non contemplati dal regolamento. Infine, le bevande che non soddisfano i requisiti del regolamento potranno continuare ad essere prodotte per un anno a partire dalla sua entrata in vigore e continuare ad essere commercializzate fino a esaurimento delle scorte. Delle disposizioni particolari sono previste per le miscele di bevande alcoliche o per gli assemblaggi, nonché per la lingua da utilizzare nella descrizione, presentazione e etichettatura.

Politica di qualità e indicazioni geografiche

Un emendamento di compromesso precisa che, nell'applicare la politica di qualità per le bevande spiritose prodotte nei rispettivi territori (in particolare riguardo alle indicazioni geografiche registrate o che si intende registrare), gli Stati membri possono stabilire norme più severe di quelle indicate nell'allegato del regolamento per quanto riguarda la produzione, la designazione, la presentazione e l'etichettatura, purché ciò sia compatibile con la legislazione UE. Tuttavia, gli Stati membri non potranno vietare o restringere l'importazione, la vendita e il consumo di bevande che rispettano le disposizioni del regolamento.

Per “indicazione geografica” si intende un’indicazione «che identifichi una bevanda spiritosa come originaria del territorio di un paese, o di una regione o località di detto territorio, quando una determinata qualità, la rinomanza o altra caratteristica della bevanda spiritosa sia essenzialmente attribuibile alla sua origine geografica». Il regolamento prevede anche la futura adozione di un simbolo comunitario per le indicazioni geografiche e dispone tutta la procedura per portare a termine la registrazione di una nuova indicazione geografica (molto simile a quella delle indicazioni geografiche alimentari). Nel suo allegato III contempla tutte le indicazioni geografiche europee da considerare già registrate per le quali, tuttavia, gli Stati membri dovranno presentare alla Commissione una scheda tecnica (disciplinare di produzione), accessibile al pubblico, non oltre sette anni dopo l'entrata in vigore del regolamento, pena la cancellazione dal registro. Il rispetto del disciplinare dovrà essere verificato da un'autorità di controllo delegata a questo compito.

Le indicazioni geografiche elencate nell’allegato sono protette «da qualsiasi impiego commerciale diretto o indiretto per prodotti che non sono oggetto di registrazione, nella misura in cui questi ultimi siano comparabili alla bevanda spiritosa registrata con tale indicazione geografica o nella misura in cui l’uso di tale indicazione consenta di sfruttare indebitamente la rinomanza dell’indicazione geografica registrata». Sono anche protette da «qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione, anche se la vera origine dei prodotti è indicata o se l’indicazione geografica è usata in forma tradotta o è accompagnata da espressioni quali “genere”, “tipo”, “modo”, “stile”, “marca”, “gusto” o altri termini simili». Così come da «qualsiasi altra indicazione falsa o ingannevole in relazione alla provenienza, all’origine, alla natura o alle qualità essenziali dei prodotti nella designazione, nella presentazione e nell’etichettatura dei medesimi, tale da indurre in errore sull’origine», nonché da «qualsiasi altra pratica che possa indurre in errore il consumatore sulla vera origine dei prodotti».

Le indicazioni geografiche registrate nell’allegato non potranno "diventare generiche" e quelle già ritenute tali non potranno invece essere registrate. Per “denominazione divenuta generica” si intende il nome di una bevanda spiritosa che, pur collegato al luogo o alla regione in cui il prodotto è stato inizialmente ottenuto o commercializzato, è diventato il nome comune di un prodotto nella Comunità. Il regolamento contempla inoltre le disposizioni applicabili in caso di omonimia e le relazioni tra indicazioni geografiche e marchi registrati. A quest'ultimo proposito è indicato che la registrazione di un marchio deve essere rifiutata o invalidata se contiene o consiste in un'indicazione geografica già registrata. D'altra parte, non potrà registrarsi un'indicazione geografica se, alla luce della reputazione e rinomanza di un marchio registrato usato da lungo tempo nell'UE, vi è il rischio di indurre in errore il consumatore in merito alla vera identità del prodotto. I marchi registrati prima di un'indicazione geografica omonima o prima del 1° gennaio 1996, potranno  continuare ad essere usati nonostante la registrazione dell'indicazione geografica.

Le 39 denominazioni italiane che figurano nell'allegato III sono le seguenti (con l'asterisco sono indicate le nuove):

- Brandy: Brandy italiano

- Acquaviti di vinaccia o marc: Grappa*, Grappa di Barolo, Grappa piemontese / Grappa del Piemonte, Grappa lombarda / Grappa di Lombardia, Grappa trentina / Grappa del Trentino, Grappa friulana / Grappa del Friuli, Grappa veneta / Grappa del Veneto, Südtiroler Grappa / Grappa dell’Alto Adige, Grappa siciliana*, Grappa di Marsala*.

- Acquaviti di frutta: Südtiroler Williams / Williams dell’Alto Adige, Südtiroler Aprikot / Aprikot dell’Alto Adige, Südtiroler Marille / Marille dell’Alto Adige, Südtiroler Kirsch / Kirsch dell’Alto Adige, Südtiroler Zwetschgeler / Zwetschgeler dell’Alto Adige, Südtiroler Obstler / Obstler dell’Alto Adige, Südtiroler Gravensteiner / Gravensteiner dell’Alto Adige, Südtiroler Golden Delicious / Golden Delicious dell’Alto Adige, Williams friulano / Williams del Friuli, Sliwovitz del Veneto, Sliwovitz del Friuli-Venezia Giulia, Sliwovitz del Trentino-Alto Adige, Distillato di mele trentino / Distillato di mele del Trentino, Williams trentino / Williams del Trentino, Sliwovitz trentino / Sliwovitz del Trentino, Aprikot trentino / Aprikot del Trentino, Kirsch Friulano / Kirschwasser Friulano, Kirsch Trentino / Kirschwasser Trentino, Kirsch Veneto / Kirschwasser Veneto

- Acquaviti di genziana: Südtiroler Enzian / Genziana dell’Alto Adige, Genziana trentina / Genziana del Trentino

- Liquori: Mirto di Sardegna*, Liquore di Limone di Sorrento*, Liquore di Limone della Costa d'Amalfi*, Genepi del Piemonte*, Genepì della Valle d'Aosta* e Genepì delle Alpi* (nome condiviso con la Francia)

- Nocini: Nocino di Modena*


Link utili

Proposta della Commissione
Orientamenti generali del Consiglio
Regolamento (CEE) n. 1576/89 che stabilisce le regole generali relative alla definizione, alla designazione e alla presentazione delle bevande spiritose (testo consolidato)
Federvini

Riferimenti

Horst SCHNELLHARDT (PPE/DE, DE)
Relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla definizione, alla designazione, alla presentazione e all’etichettatura delle bevande spiritose
Procedura: Codecisione, prima lettura
Dibattito: 18.6.2007
Votazione: 19.6.2007

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CONSUMATORI

 

Capodanno 2009 senza pellicce di cani e gatti

Sulla base di un compromesso negoziato con il Consiglio, il Parlamento ha approvato il regolamento che vieta la commercializzazione, l'importazione e l'esportazione di pellicce di cani e gatti e di prodotti che le contengono. Se i deputati inizialmente volevano escludere qualsiasi deroga, hanno infine accettato una formulazione più restrittiva che ne limita l'applicazione ai soli scopi educativi e per gli animali impagliati. Il regolamento sarà d'applicazione a partire dal 31 dicembre 2008.

Facendo seguito a una richiesta formulata nel dicembre 2003 dal Parlamento europeo, la Commissione ha proposto un regolamento per vietare l'importazione, l'esportazione, la vendita e la produzione di pellicce e pelli di cane e di gatto, al fine di porre fine a questo commercio. Per rispondere alle preoccupazioni dei consumatori, d'altra parte, numerosi Stati membri hanno nel frattempo adottato misure legislative volte ad impedire la produzione e la commercializzazione di questo tipo di pellicce. Tuttavia, le divergenze tra le misure nazionali impediscono il regolare funzionamento del mercato interno.

Approvando un maxi emendamento di compromesso negoziato con il Consiglio dalla relatrice Eva-Britt SVENSSON (GUE/NGL, SE), è stato precisato anzitutto che gli obiettivi del regolamento sono di vietare l'importazione, l'esportazione, la vendita e la produzione di pellicce e pelli di cane e di gatto per eliminare gli ostacoli al funzionamento del mercato interno e per restaurare la fiducia dei consumatori garantendo che i prodotti acquistati non contengono pellicce di cani e gatti. Apposite definizioni, inoltre, precisano il significato di "commercializzazione", "importazione" e "esportazione". Non sono considerate "importazioni"  quelle prive di qualsiasi carattere commerciale.

Per agevolare il compromesso, inoltre, il Parlamento ha rinunciato ad opporsi a qualsiasi deroga al divieto generale. E' tuttavia riuscito a ridurre sensibilmente la portata delle eccezioni proposte dalla Commissione. La proposta consentiva infatti la commercializzazione di  prodotti muniti di etichette indicanti che le pellicce non appartenevano a cani e gatti allevati e uccisi per la produzione di pelliccia (quindi a scopi alimentari), o che erano effetti personali o domestici. Il compromesso, invece, prevede la possibilità di concedere delle eccezioni ai soli casi in cui la vendita di tali prodotti avviene per motivi «educativi» e agli animali impagliati. La nuova formulazione precisa inoltre che si tratta di una deroga «eccezionale» che consente alla Commissione di adottare disposizioni volte a autorizzare questo commercio, assieme alle condizioni da rispettare per poterne usufruire.

Il regolamento potrà essere d'applicazione a partire dal 31 dicembre 2008. Per questa data gli Stati membri dovranno informare la Commissione dei metodi analitici che utilizzano per identificare la specie d'origine delle pellicce, notificare le norme adottate in materia di sanzioni applicabili in caso di violazione del regolamento e prendere i provvedimenti necessari per la loro applicazione. Tali sanzioni dovranno essere «efficaci, proporzionate e dissuasive». La Commissione, infine, dovrà presentare una relazione sull'attuazione del regolamento, che dovrà essere resa accessibile al pubblico, entro due anni dalla sua applicazione.

Link utili

Proposta della Commissione
International Fur Trade Federation

Riferimenti

Eva-Britt SVENSSON (GUE/NGL, SE)
Relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che vieta la commercializzazione, l’importazione nella Comunità e l’esportazione fuori della Comunità di pellicce di cane e di gatto e di prodotti che le contengono
Procedura: Codecisione, prima lettura
Dibattito: 18.6.2007
Votazione: 19.6.2007 

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Più garanzie per gli acquisti on line

Il Parlamento chiede di aumentare la fiducia dei consumatori negli acquisti on line, con ad esempio campagne d’informazione, protezione dei dati nell'Internet banking e sistema di allerta rapido. Occorre anche definire norme volontarie, un marchio di fiducia europeo e una Carta europea dei diritti degli utenti. Va poi rafforzata la tutela giuridica dei consumatori ed è necessario chiarire quanto i consumatori possono e non possono fare per rispettare i diritti della proprietà intellettuale.

Nell'approvare la relazione di Zuzana Roithová (PPE/DE, CZ), il Parlamento sottolinea anzitutto che la fiducia dei consumatori e degli imprenditori europei nell'ambiente digitale «è bassa» e che per alcuni aspetti del commercio elettronico «l'Europa è in ritardo rispetto agli Stati Uniti e all'Asia». Infatti, nonostante il potenziale della comunicazione digitale, solo il 6% dei consumatori fa ricorso al commercio elettronico transfrontaliero di merci, servizi e contenuti. I deputati, pertanto, invitano la Commissione a sostenere un quadro idoneo allo sviluppo del commercio elettronico, volto a rafforzare la fiducia dei consumatori, a creare un ambiente economico più favorevole, a migliorare la qualità della legislazione, a rafforzare i diritti dei consumatori e la posizione dei piccoli imprenditori sui mercati e a porre fine alla frammentazione del mercato interno nell'ambiente digitale.

Aumentare la fiducia dei consumatori nell'ambiente digitale

Nel compiacersi della comunicazione della Commissione sulla Strategia per la politica dei consumatori dell'UE 2007-2013, i deputati invitano l’Esecutivo a concludere accordi di cooperazione per la protezione dei consumatori con paesi terzi (in particolare quelli dell'OCSE), ai fini di una migliore applicazione dei diritti dei consumatori nell'ambiente digitale. Plaudono inoltre all'iniziativa della Commissione di rivedere e aggiornare la normativa comunitaria in materia di consumatori e, in particolare, la forte enfasi sul commercio elettronico.

In proposito, il Parlamento ritiene che una nuova strategia e-Confidence contribuirebbe ad accrescere la fiducia dei consumatori. In particolare mediante il finanziamento di campagne di istruzione e di informazione e di progetti di verifica pratica dei servizi online (come il "mystery shopping"), il sostegno a favore dei progetti educativi e informativi destinati a sensibilizzare le PMI sui loro obblighi connessi con la fornitura di beni e servizi, il rafforzamento degli strumenti tradizionali per la protezione dei consumatori per garantirne un impiego efficace anche nell'ambiente digitale e, inoltre, la rimozione di ostacoli che gravano sugli imprenditori operanti in ambito transfrontaliero nell'ambiente digitale (norme UE sulla fatturazione elettronica transfrontaliera).

Ma andrebbero anche promossi lo scambio delle migliori prassi nazionali, il coordinamento e il sostegno dei codici di autoregolamentazione europei, l’introduzione dell'obbligo di audit esterno su taluni tipi specifici di servizi elettronici al fine di proteggere i dati e le informazioni personali (ad esempio nel caso dell'Internet banking), nonché il sostegno a favore dell'impiego obbligatorio delle tecnologie più sicure per i pagamenti online, la creazione di un sistema europeo di allerta rapida per contrastare le attività fraudolente nell'ambiente digitale e, infine, il lancio di una campagna d'informazione europea sulla contraffazione dei medicinali venduti tramite Internet.

Sottolineando inoltre l'importanza di un recepimento tempestivo ed efficace da parte di tutti gli Stati membri della direttiva sulle pratiche commerciali sleali, il Parlamento ritiene che una nuova iniziativa e-Confidence dovrebbe anche definire un approccio coordinato alla questione dell'ambiente digitale nel suo complesso, inclusa un'analisi dei fattori esterni al mercato, quali la tutela della vita privata, l'accesso del grande pubblico alle tecnologie dell'informazione ("e-inclusion"), la sicurezza di Internet, ecc..

Un marchio di fiducia e una Carta dei diritti europei

Secondo i deputati, la Commissione dovrebbe iniziare a formulare norme volontarie europee che compensino le differenze linguistiche e le diversità tra le normative in vigore nei vari Stati membri. Dovrebbe inoltre sostenere la creazione di contratti standardizzati facoltativi e di modalità e condizioni generali facoltative e normalizzate per il commercio elettronico, e proporre la modifica delle norme che disciplinano le comunicazioni elettroniche per migliorare la trasparenza e la pubblicazione di informazioni per gli utenti finali.

Una volta rimossi gli ostacoli all'integrazione della vendita al dettaglio del mercato interno, la Commissione è invitata a valutare le possibilità di avviare la definizione relativa alle condizioni e a un logo per un marchio di fiducia europeo, al fine di garantire una maggiore sicurezza nel settore del commercio elettronico transfrontaliero. Dovrebbe anche garantire, a tale proposito, un quadro giuridico generale per i marchi di fiducia volontari, conformemente a quanto richiestole nella direttiva e-Commerce. In tale contesto, i deputati raccomandano che il sistema sia «poco oneroso», non entri in concorrenza con marchi di fiducia o di qualità esistenti e preveda la copertura di spese unicamente in caso di controversie.

Dovrebbe inoltre applicarsi il principio di autoregolamentazione secondo cui i commercianti utilizzano il marchio se dimostrano pubblicamente di aver fornito le informazioni obbligatorie entro un determinato periodo di tempo, di utilizzare i contratti raccomandati, di esaminare tempestivamente i reclami, di utilizzare sistemi alternativi di risoluzione delle controversie o di conformarsi ad altre norme europee. Il sistema dovrebbe infine prevedere sanzioni in caso di uso improprio.

Nel rilevare tuttavia che vi possono essere dei problemi connessi con l’attuazione di sistemi efficaci di marchi di fiducia, si dicono convinti che i modi più efficaci di incoraggiare la fiducia dei consumatori siano i seguenti: sistemi settoriali specifici, fortemente appoggiati e controllati da un ente commerciale avente il sostegno delle piccole e medie imprese di tutto il settore; codici di condotta settoriali specifici per i fornitori di servizi; referenze indipendenti destinate ai consumatori pubblicate su siti Internet per aiutare i consumatori a scegliere. Occorre inoltre che la Commissione agevoli lo scambio delle migliori pratiche relative a sistemi del genere.

Il Parlamento invita la Commissione a presentare, dopo aver consultato le organizzazioni dei consumatori, una Carta europea dei diritti degli utenti «che chiarisca i diritti e i doveri degli attori della società dell'informazione», inclusi i consumatori, in particolare per quanto riguarda la definizione dei diritti e dei doveri degli utenti nell'utilizzo del contenuto digitale e il miglioramento dell'accesso a Internet per le persone con disabilità. Precisa inoltre che, qualora fosse temporaneamente impossibile redigere la Carta «a causa dello sviluppo dinamico del settore», la Commissione dovrebbe presentare una guida «che illustri i diritti e i doveri degli attori della società dell'informazione nel contesto dell'attuale acquis». Dovrebbe comunque definire le libertà e i diritti fondamentali degli utenti nella società dell'informazione.

D'altra parte, il Parlamento ritiene che l’ambiente online e le tecnologie digitali consentano ai consumatori di ricevere offerte relative a un’ampia gamma di nuovi prodotti e servizi e che la proprietà intellettuale «costituisca la vera e propria base di tali servizi». Affinché i consumatori possano trarre il massimo profitto da tali servizi e soddisfare le loro aspettative, occorre quindi che dispongano di «informazioni chiare in merito a quanto possono e non possono fare per quanto riguarda il contenuto digitale, la gestione dei diritti digitali e le questioni di tutela tecnologica».

La Commissione è invitata a proporre misure per porre fine alla frammentazione del mercato interno nell'ambiente digitale (ad esempio il rifiuto dell'accesso a merci, servizi e contenuti offerti in un contesto transfrontaliero), che si ripercuote in misura significativa sui consumatori, in particolare nei nuovi e nei piccoli Stati membri, solamente sulla base della loro nazionalità, del luogo di residenza o del possesso di una carta di pagamento emessa in un determinato Stato membro.

Rafforzare la protezione giuridica dei consumatori

I deputati sono convinti che l'aumento della fiducia dei consumatori nell'ambiente digitale sarebbe reso possibile da un acquis comunitario in materia di protezione dei consumatori «più chiaro e migliore», nell'interesse di strumenti giuridici orizzontali e dell'armonizzazione di taluni aspetti del diritto contrattuale dei consumatori. Invitano pertanto la Commissione a presentare al Parlamento e al Consiglio una relazione sull'attuazione della direttiva e-commerce, «individuando le questioni relative alla fiducia dei consumatori».

La Commissione è anche invitata a proporre l'estensione delle norme che disciplinano i contratti a distanza ai contratti conclusi tra i consumatori e gli operatori professionali nelle vendite all'asta on line, come pure ai contratti relativi ai servizi turistici (biglietti aerei, soggiorni in hotel, noleggio di veicoli, servizi per il tempo libero, ecc.) ordinati individualmente su Internet. Dovrebbe anche semplificare e standardizzare i requisiti concernenti le informazioni obbligatorie fornite dal venditore all'acquirente nel quadro del commercio elettronico e, in tale contesto, stabilire un ordine di priorità di tali informazioni definendo le informazioni obbligatorie essenziali.

Il Parlamento invita poi la Commissione a rendere più trasparente la catena di approvvigionamento nell'ambiente digitale, affinché il consumatore conosca sempre l'identità del fornitore e sappia se si tratta di un intermediario o di un fornitore finale. I deputati, inoltre, ritengono «inaccettabile» che i consumatori siano trasferiti dal sito del venditore a un altro sito senza esserne debitamente informati, «dato che ciò fa sì che la vera identità dell'effettivo fornitore dei beni, servizi o contenuti sia celata ai consumatori».

La Commissione dovrebbe anche rafforzare la protezione del consumatore qualora quest'ultimo assuma tutti i rischi contrattuali, ad esempio pagando anticipatamente, in particolare nei contratti elettronici, e accelerare il suo esame dell'azione relativa ai meccanismi di ricorso collettivi per le controversie transfrontaliere tra imprese e consumatori nell'ambiente digitale.

Il Parlamento, infine, chiede la creazione di un sistema d'informazioni europeo e-consumer che offra a tutti i consumatori europei online una guida e informazioni dettagliate sui diritti e i doveri dei consumatori e delle imprese nell'ambiente digitale, e orientamenti pratici circa le possibilità di risoluzione alternativa delle controversie (ADR). La Commissione poi dovrebbe far sì che i consumatori siano efficacemente protetti dagli attacchi alla sicurezza e alla vita privata nell'ambiente digitale mediante misure sia regolamentari che tecniche.

Link utili

Comunicazione della Commissione - Strategia per la politica dei consumatori dell'UE 2007-2013

Riferimenti

Zuzana ROITHOVÁ (PPE/DE, CZ)
Relazione sulla fiducia dei consumatori nell'ambiente digitale
Procedura: Iniziativa
Dibattito: 21.6.2007
Votazione: 21.6.2007

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INDUSTRIA

 

Connettere l’Europa con la banda larga: nessuno resti off line

Il Parlamento europeo chiede lo sviluppo delle reti a banda larga per stimolare il progresso economico e l'inclusione sociale, soprattutto nelle zone rurali, insulari e di montagna. Non escludendo finanziamenti pubblici alle infrastrutture, ritiene necessario garantire la concorrenza e fornire collegamenti a Internet a prezzi accessibili. Sollecita poi la digitalizzazione della pubblica amministrazione e chiede collegamenti via banda larga in ogni scuola, università e centro formativo dell'UE.

Approvando la relazione di Gunnar Hökmark (PPE/DE, SE), il Parlamento europeo sottolinea anzitutto le opportunità derivanti da un mercato interno con circa 500 milioni di persone collegate alla banda larga «che formano una massa critica unica al mondo di utenti» in grado di esporre tutte le regioni a nuove opportunità e che darebbe all'Europa «la capacità di essere un'economia basata sulla conoscenza leader a livello mondiale». Lo sviluppo di reti a banda larga riveste quindi «un'importanza fondamentale» per la crescita delle imprese, lo sviluppo della società e il rafforzamento dei servizi pubblici. I deputati chiedono pertanto che l'entità dello sviluppo della banda larga sia incentivata e sostenuta «da un ambiente creativo e aperto».

Il Parlamento sottolinea inoltre che la rapida applicazione della banda larga «è indispensabile per lo sviluppo della produttività e competitività europea e per la nascita di nuove e piccole imprese che possono essere leader in vari settori», ad esempio nell'assistenza sanitaria, nella produzione e nei servizi finanziari. Gli investimenti privati, a suo parere, sono essenziali ai fini di una maggiore copertura e penetrazione della banda larga e gli investitori privati devono poter trarre vantaggio dai loro investimenti «se si vuole stimolare ulteriormente la dinamica concorrenziale e fornire ai consumatori servizi migliori e una maggiore innovazione e scelta».

E’ poi posta in luce l'importanza di standard aperti, interoperativi e orientati all'industria a livello tecnico, legale e semantico «in modo da garantire economie di scala, l'accesso libero e non discriminatorio alla società dell'informazione e promuovere la rapida applicazione delle tecnologie». Le istituzioni comunitarie e gli Stati membri sono quindi invitati a collaborare con l'industria e ad affrontare i problemi (come quelli dei micropagamenti, della sicurezza e della fiducia, dell'interoperabilità e della gestione dei diritti digitali) che ostacolano lo sviluppo di nuovi modelli di attività nel settore della banda larga.

L’UE dovrebbe inoltre creare un ambiente favorevole allo sviluppo dell'innovazione e all'introduzione di nuove tecnologie, predisponendo un quadro regolamentare che stimoli la concorrenza e gli investimenti privati. Ma anche attraverso il ricorso ai pertinenti finanziamenti per incentivare la domanda di servizi a banda larga e, ove opportuno, per sostenere la necessaria infrastruttura. Per i deputati infatti le autorità pubbliche hanno un importante ruolo da svolgere per quanto riguarda la promozione dell'introduzione di reti a banda larga e dovrebbero prendere in considerazione misure volte ad incoraggiare la domanda e gli investimenti in infrastrutture fisse, per i quali occorre definire «un quadro chiaro» al fine di evitare la distorsione dei mercati.

Evitare le posizioni dominanti e servizi Internet a prezzi accessibili

Nell'evidenziare il ruolo chiave svolto dal mercato nell'espansione e nello sviluppo di servizi innovativi, il Parlamento sottolinea però che è essenziale dare al contempo priorità alla promozione di una concorrenza e di investimenti più vigorosi nei mercati della banda larga, nonché all'applicazione di rimedi «per ovviare agli abusi delle posizioni e dei cartelli dominanti e infine alla riduzione degli ostacoli all'ingresso, affinché il mercato sia in grado di fornire innovazione». Rilevando poi che il mercato europeo della banda larga è caratterizzato da una crescente concorrenza, ricorda tuttavia che, nel breve termine, occorrerà passare all'applicazione esclusiva delle norme generali di concorrenza.

In tale contesto, l'imminente revisione del quadro regolamentare dovrà mirare «a garantire libertà di accesso e l'equa concorrenza per tutti gli operatori». Il Parlamento sottolinea inoltre l'esigenza di una neutralità tecnologica unita alla necessità di evitare la frammentazione e di tener conto dell'evoluzione tecnologica e delle esigenze degli utilizzatori. La disaggregazione funzionale delle reti di accesso degli operatori tradizionali dalle loro attività operative, a suo parere, «può avere vantaggi positivi e potrebbe garantire pari ed equo trattamento a tutti gli operatori».

La Commissione, d'altra parte, è invitata ad esaminare, nel suo prossimo Libro verde sul servizio universale, la disponibilità di servizi Internet a prezzi ragionevoli e accessibili in tutta l'Unione europea per tutti i cittadini, nonché a valutare se sia necessario modificare i requisiti di servizio universale esistenti. Il Libro verde, inoltre, dovrà affrontare anche le preoccupazioni del consumatore in materia di sicurezza della banda larga.

Pubblica amministrazione on line

Il Parlamento ritiene che gli investimenti in applicazioni on line per l'assistenza sanitaria, la pubblica amministrazione e l'istruzione possano svolgere un ruolo importante nell'incentivare la domanda dei consumatori per la banda larga, «creando così la massa critica necessaria per la nascita di mercati più grandi in questi settori». Inoltre, sostiene che la promozione da parte delle autorità pubbliche di applicazioni e servizi rafforzati dalla banda larga «possa contribuire a un'efficiente prestazione di servizi governativi». Invita quindi la Commissione e gli Stati membri a privilegiare le soluzioni e le tecnologie basate sull'accesso a Internet a banda larga nell’informatizzazione delle amministrazioni pubbliche, delle scuole e delle PMI (application service provider, terminal server, ecc.), nonché a garantire ai cittadini europei l'offerta di servizi pubblici a banda larga.

I deputati chiedono agli Stati membri di promuovere i collegamenti a banda larga in ogni scuola, università e centro formativo dell'UE, come pure l'introduzione della formazione a distanza in vista di un futuro in cui "nessun bambino e nessun cittadino che partecipa a programmi d'istruzione rimangano off line in Europa". Per colmare il divario digitale, d’altra parte, «occorre promuovere una struttura di base, come la disponibilità di computer nelle case e nelle istituzioni pubbliche». Gli Stati membri sono quindi incoraggiati ad elaborare una mappa dell'infrastruttura della banda larga per indicare con maggior accuratezza la copertura dei relativi servizi.

Nell’evidenziare che l'alfabetismo informatico costituisce una base indispensabile per lo sfruttamento delle opportunità offerte dalla banda larga, il Parlamento si richiama alla responsabilità dell'istruzione pubblica in questo settore. Insiste altresì sulla necessità di migliorare l'accesso e l'uso delle TIC per il maggior numero possibile di cittadini europei e chiedono misure favorevoli ai consumatori nel settore del perfezionamento professionale e la mobilitazione delle risorse tecniche nel settore delle tecnologie dell'informazione. E, in proposito, raccomanda incentivi finanziari e fiscali a favore di tali misure.

Finanziamenti pubblici solo se necessario

Secondo i deputati, i finanziamenti pubblici andrebbero utilizzati «solo nel caso in cui l'installazione dell'infrastruttura della banda larga non sia economicamente fattibile per le imprese private e non dovrebbero servire per creare doppioni con infrastrutture già esistenti in grado di fornire servizi a banda larga». Il finanziamento pubblico nazionale e comunitario, inoltre, dovrebbe essere neutro sotto il profilo della concorrenza e contribuire ad investimenti commercialmente sostenibili. L'infrastruttura finanziata pubblicamente, d'altra parte, dovrebbe essere fornita sulla base di un accesso paritario e «non dovrebbe favorire alcun fornitore di servizi particolare».

I deputati ritengono che, oltre alle forze di mercato, gli Stati membri, e in particolare le loro regioni e comuni, potrebbero stabilire incentivi per stimolare il mercato della banda larga nelle regioni svantaggiate e, in proposito, sottolineano il ruolo che i Fondi strutturali e di sviluppo rurale dovrebbero esercitare nel sostenere le regioni a rafforzare il lato della domanda della società dell'informazione. La Commissione dovrebbe poi consentire l'utilizzo delle risorse UE anche per il potenziamento e la sostituzione di reti a banda larga che non assicurano connessioni dotate di un'adeguata capacità funzionale.

Un’opportunità per zone rurali, insulari e di montagna

Il Parlamento sottolinea poi che la diffusione di collegamenti a banda larga nelle zone rurali, scarsamente popolate e inaccessibili (insulari, di montagna, ecc.) riveste un'importanza fondamentale ai fini della partecipazione di tutti i cittadini alla società della conoscenza. Evidenzia inoltre che i servizi in banda larga rappresentano altresì un fattore decisivo per lo sviluppo economico di dette regioni e dovrebbero quindi essere offerti in modo quanto più generalizzato. I servizi in banda larga, a suo parere, aiuteranno infatti queste regioni «ad attrarre imprese, ad agevolare il telelavoro, ad offrire nuovi servizi diagnostici e terapie mediche e ad ottenere standard educativi e servizi pubblici migliori».

Sottolinea quindi che lo sviluppo di tecnologie innovative deve essere incoraggiato a tutti i livelli e che occorre impegnarsi seriamente per promuovere l'accesso al mercato e mantenervi eque condizioni di concorrenza. Occorre inoltre mobilitare la ricerca e i partenariati in materia di TIC tra università, autorità locali e imprese. La Commissione è pertanto invitata ad attribuire la stessa importanza alle soluzioni relative alla banda larga, e specialmente alla banda larga mobile, sia nelle attività del Programma quadro sulla competitività e l'innovazione (PQCI) sia nell'ambito del Settimo programma quadro per la ricerca, lo sviluppo tecnologico e le attività di dimostrazione (7PQ).

D’altra parte i deputati insistono sul fatto che nessuna zona geografica e nessun gruppo socioeconomico dovrebbero essere esclusi da investimenti in tecnologie nuove e più veloci semplicemente perché hanno già accesso a connessioni di qualità inferiore. In tale contesto, osservano che le nuove piattaforme senza fili sono particolarmente adatte ad assicurare l'accesso alla banda larga nelle zone rurali. Ma pongono anche l'accento sull'importanza della neutralità tecnologica nell'assegnazione dello spettro e sollecitano una cooperazione più stretta nella gestione dello spettro radio «allo scopo di favorirne l'uso da parte di un'ampia gamma di tecnologie senza fili e mobili (terrestri e satellitari)». Gli Stati membri dovrebbero inoltre assegnare uno spettro sufficiente alle tecnologie a banda larga.

Riferimenti

Gunnar HÖKMARK (PPE/DE, SE)
Relazione sulla messa a punto di una politica europea in materia di banda larga
Procedura: Iniziativa
Dibattito: 18.6.2007
Votazione: 19.6.2007

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ISTITUZIONI

 

Appalti pubblici: più garanzie ai candidati e norme minime sui ricorsi

Sulla base di un compromesso raggiunto con il Consiglio, il Parlamento ha approvato la modifica di due direttive relative agli appalti pubblici finalizzata a salvaguardare le possibilità di ricorso dei candidati, con la sospensione in tempo utile della firma del contratto, e a proporre misure che consentano di lottare contro le aggiudicazioni illegittime mediante trattativa privata.

La proposta di direttiva presentata dalla Commissione europea è intesa a modificare la vigente legislazione europea relativa alle possibilità di ricorso precontrattuali offerte alle aziende che si ritengono lese all’atto dell’aggiudicazione di un appalto (direttive 89/665/CEE per gli appalti pubblici classici e 92/13/CEE per gli appalti pubblici speciali). Il progetto è destinato a essere applicato nell’ambito delle procedure formali d’aggiudicazione di appalti pubblici (direttive 2004/18/CE e 2004/17/CE) e degli appalti a trattativa privata superiori alle soglie fissate. Esso è finalizzato al raggiungimento di due obiettivi principali: salvaguardare le possibilità di ricorso dei candidati all’ottenimento di un appalto pubblico, prevedendo di sospendere in tempo utile la firma del contratto, e proporre misure che consentano di lottare contro le aggiudicazioni illegittime mediante trattativa privata.

Il Parlamento europeo ha approvato il compromesso negoziato con il relatore Jean-Claude FRUTEAU (PSE, FR), consentendo così l'adozione in prima lettura delle modifiche proposte alle pertinenti direttive. Gli Stati membri hanno ora 2 anni per trasporre le nuove disposizioni nel diritto nazionale.

Termine sospensivo

In forza alla direttiva gli Stati membri devono provvedere a che i concorrenti a una gara d’appalto dispongano di termini tali da garantire ricorsi efficaci contro le decisioni di aggiudicazione di un appalto prese dalle amministrazioni aggiudicatrici adottando le disposizioni necessarie che rispettano le condizioni minime stabilite dalla direttiva stessa riguardo al cosiddetto “termine sospensivo” a ai termini per la presentazione di un ricorso. 

Uno dei punti chiave oggetto del compromesso riguarda proprio il periodo di sospensione (o standstill) che intercorre tra l'aggiudicazione e la conclusione di un contratto di appalto.  Come recita un paragrafo nuovamente inserito nel testo, il termine sospensivo dovrebbe concedere agli offerenti interessati sufficiente tempo per esaminare la decisione d'aggiudicazione dell'appalto e valutare se sia opportuno avviare una procedura di ricorso. Quando la decisione di aggiudicazione è loro notificata, gli offerenti interessati dovrebbero ricevere le informazioni pertinenti, che sono loro indispensabili per presentare un ricorso efficace.

La proposta della Commissione prevedeva che un contratto non potesse essere concluso prima dello scadere di un termine di 10 giorni a partire dal giorno successivo a quello in cui la decisione d'aggiudicazione dell'appalto fosse stata comunicata agli offerenti interessati. Il compromesso accetta questo lasso di tempo, ma unicamente se la decisione è trasmessa via fax o posta elettronica. Per le comunicazioni realizzate con altri mezzi, il periodo di sospensione è portato a 15 giorni. In quest'ultimo caso, gli Stati membri possono anche decidere che un contratto non venga concluso prima dello scadere di un termine di almeno dieci giorni civili a partire dal giorno successivo a quello in cui la decisione d'aggiudicazione dell'appalto è stata ricevuta.

La direttiva, d’altra parte, consente agli Stati membri di prevedere delle deroghe al periodo sospensivo in casi specifici da essa indicati.

Presentazione dei ricorsi

Gli Stati membri dovranno provvedere a rendere accessibili le procedure di ricorso, secondo modalità da essi determinate, «almeno a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l'aggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione».

Se uno Stato membro esige che il ricorso sia inoltrato in primo luogo presso l’amministrazione aggiudicatrice, dovrà fare in modo che ciò comporti la sospensione immediata della possibilità di concludere il contratto. In questo caso, la sospensione deve come minimo durare cinque giorni, dal giorno in cui l’amministrazione aggiudicatrice ha inviato una risposta via fax o per posta elettronica. Il termine si allunga 15 giorni se è inviata tramite altri mezzi.

Gli Stati membri devono comunque far sì che i provvedimenti presi ai fini dei ricorsi permettano di prendere con la massima sollecitudine e con procedura d'urgenza misure provvisorie intese «a riparare la violazione denunciata o impedire che altri danni siano causati agli interessi coinvolti», compresi i provvedimenti intesi a sospendere o a far sospendere la procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico o l'esecuzione di qualsiasi decisione presa dall'amministrazione aggiudicatrice. Ma anche misure che tendano ad annullare o far annullare le decisioni illegittime, compresa la soppressione delle specifiche tecniche, economiche o finanziarie discriminatorie figuranti nell'invito a presentare l'offerta, nei capitolati d'oneri o in ogni altro documento connesso con la procedura di aggiudicazione dell'appalto in questione. Come anche quelle volte ad accordare un risarcimento danni alle persone lese dalla violazione.

Qualora un organo di prima istanza, che è indipendente dall'amministrazione aggiudicatrice, riceva un ricorso relativo ad una decisione d'aggiudicazione dell'appalto, gli Stati membri dovranno far sì che l'amministrazione aggiudicatrice non possa concludere il contratto prima che l'organo di ricorso abbia preso una decisione sulla domanda di provvedimenti provvisori o sul ricorso inoltrato. Tale sospensione non deve cessare prima dello scadere del “termine sospensivo”.

I termini definiti per il periodo di sospensione, mutatis mutandis, valgono anche per la presentazione dei ricorsi contro una decisione presa da un'amministrazione aggiudicatrice nel quadro di (o in relazione a) una procedura di aggiudicazione di appalto, quando gli Stati membri stabiliscono che questi debbano essere presentati prima dello scadere di un determinato termine. La comunicazione della decisione dell'amministrazione aggiudicatrice ad ogni offerente o candidato, è anche precisato, dev’essere accompagnata da una relazione sintetica dei motivi pertinenti.

In casi ben definiti, gli Stati membri dovranno inoltre garantire che un contratto sia considerato inefficace da un organo di ricorso indipendente dall'amministrazione aggiudicatrice o che la sua inefficacia sia il risultato di una decisione di detto organo di ricorso. Le conseguenze di un contratto considerato inefficace, è precisato, devono essere previste dagli ordinamenti giuridici nazionali. Pertanto, il diritto nazionale può prevedere la soppressione con effetto retroattivo di tutti gli obblighi contrattuali o viceversa limitare la portata della soppressione agli obblighi che rimangono da adempiere.

In quest'ultimo caso gli Stati membri devono prevedere l'applicazione di sanzioni – effettive, proporzionate e dissuasive – come pene pecuniari o la riduzione della durata del contratto. Gli Stati membri, peraltro, possono anche prevedere delle deroghe all’inefficacia di un contratto, sebbene questo sia stato aggiudicato illegittimamente, se l’organo di ricorso invoca motivi di interesse generale. Anche in questo caso, dovranno prevedersi delle sanzioni come quelle appena descritte.

D’altra parte, la direttiva precisa che gli interessi economici nell'efficacia del contratto possono essere presi in considerazione quali esigenze imperative «soltanto se in circostanze eccezionali l'inefficacia conduca a conseguenze sproporzionate». Tuttavia, gli interessi economici legati direttamente al contratto in questione «non costituiscono un'esigenza imperativa relativa ad un interesse generale». Questi, è aggiunto, comprendono, tra l'altro, i costi risultanti dal ritardo nell'esecuzione del contratto, dalla necessità di indire una nuova procedura d'appalto, dal cambiamento dell'operatore economico che esegue il contratto e i costi degli obblighi di legge risultanti dall'inefficacia. Per evitare l'incertezza giuridica che può derivare dall'inefficacia, gli Stati membri dovrebbero prevedere una deroga a qualsiasi riconoscimento di inefficacia anche nei casi in cui l'amministrazione aggiudicatrice o l'ente aggiudicatore considerano che l'aggiudicazione mediante trattativa privata di qualsiasi contratto senza pubblicazione preliminare di un bando di gara nella Gazzetta ufficiale sia autorizzata conformemente alle direttive sugli appalti e hanno applicato un termine sospensivo minimo che consente mezzi di ricorso efficaci.

Meccanismo correttore

Se anteriormente alla conclusione di un contratto la Commissione ritiene che sia stata commessa una grave violazione delle disposizioni comunitarie in una procedura di aggiudicazione di un appalto, essa potrà notificare allo Stato membro interessato i motivi per cui ritiene che sia stata commessa una grave violazione e chiederne la correzione. Lo Stato membro avrà 21 giorni (dalla ricezione della notifica) per comunicare alla Commissione la conferma che la violazione è stata riparata, una conclusione motivata per spiegare perché non vi sia stata riparazione, una notifica che la procedura di aggiudicazione dell'appalto in questione è stata sospesa dall'amministrazione aggiudicatrice di propria iniziativa.

Revisione della direttiva

Alla Commissione, infine, è concesso chiedere agli Stati membri di fornirle informazioni sul funzionamento delle procedure nazionali di ricorso, adeguate rispetto all'obiettivo perseguito, coinvolgendo il comitato consultivo per gli appalti pubblici nella determinazione della portata e della natura di tali informazioni. Solo la diffusione di tali informazioni, è spiegato, può infatti permettere di valutare correttamente gli effetti delle modifiche introdotte nel quadro della presente direttiva dopo che sarà trascorso un periodo di tempo significativo dall'applicazione di quest'ultima. Entro tre anni dalla messa in applicazione della direttiva la Commissione ne dovrà riesaminare l’attuazione e riferire al Parlamento e al Consiglio in merito alla sua efficacia.

Link utili

Proposta della Commissione
Direttiva 89/665/CEE che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (testo consolidato)
Direttiva 92/13/CEE che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni (testo consolidato)
Direttiva 2004/17/CE che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali
Direttiva 2004/18/CE relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi

Riferimenti

Jean-Claude FRUTEAU (PSE, FR)
Relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE del Consiglio per quanto riguarda il miglioramento dell'efficacia delle procedure di ricorso in materia d'aggiudicazione degli appalti pubblici
Procedura: Codecisione, prima lettura
Dibattito: 21.6.2007
Votazione: 21.6.2007

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POLITICA DELL'OCCUPAZIONE

 

Norme minime sui diritti a pensione complementare

Il Parlamento si è pronunciato in prima lettura sulla direttiva volta a migliorare la trasferibilità dei diritti a pensione complementare. I deputati chiariscono il campo d'applicazione e le condizioni di acquisizione dei diritti e chiedono di garantire un trattamento equo ai lavoratori che cessino un lavoro prima di aver maturato il diritto alla pensione complementare. Nel respingere l'esplicito riferimento al diritto di trasferibilità, ne chiedono un miglioramento graduale.

Scopo della proposta è ridurre gli ostacoli - sia alla libera circolazione tra Stati membri che alla mobilità all'interno di uno Stato membro - dovuti a certe disposizioni dei regimi pensionistici complementari. Tali ostacoli riguardano: le condizioni d'acquisizione dei diritti a pensione, le condizioni di salvaguardia dei diritti a pensione in sospeso e la trasferibilità dei diritti acquisiti. La proposta mira inoltre a migliorare le informazioni fornite ai lavoratori sulle conseguenze della mobilità sui loro diritti a pensione complementare.

Approvando la relazione di Ria OOMEN-RUIJTEN (PPE/DE, NL), il Parlamento sottolinea anzitutto che, dal momento che le pensioni complementari «assumono un'importanza sempre crescente», in tutti gli Stati membri dell'Unione europea, «ai fini della garanzia di un tenore di vita adeguato nella vecchiaia, è opportuno migliorare le condizioni relative all'acquisizione di diritti nonché alla salvaguardia e al trasferimento degli stessi». Precisa, inoltre, che la direttiva non obbliga gli Stati membri che non dispongono di regimi pensionistici complementari a adottare le disposizioni legislative per l'introduzione di tali regimi. Con 48 voti favorevoli, 643 contrari e 7 astensioni, il Parlamento non ha accolto la proposta del gruppo IND/DEM di respingere in toto la proposta legislativa.

Campo d'applicazione

La proposta della Commissione indica che la direttiva si applica ai regimi pensionistici complementari ad eccezione di quelli disciplinati dal regolamento sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale. I deputati, propongono inoltre di escludere dal campo d'applicazione i regimi pensionistici complementari per i quali le adesioni di nuovi iscritti attivi sono cessate all'atto dell'entrata in vigore della direttiva e che restano preclusi ai nuovi iscritti, nonché quelli soggetti a misure comprendenti l'intervento di un'autorità insediata in base al diritto nazionale o di un tribunale con l'obiettivo di consolidare o ripristinare la loro situazione finanziaria, ivi compresa la procedura di liquidazione. La direttiva, infine, non si applica alle disposizioni in materia di tutela a fronte di insolvenza, adeguamenti compensativi e fondi nazionali di riserva per le pensioni.

Un emendamento chiarisce peraltro che la direttiva «concerne tutti i regimi pensionistici complementari», istituiti in base alla legislazione e alle prassi nazionali, che offrono prestazioni pensionistiche complementari ai lavoratori, «ad esempio i contratti di assicurazione di gruppo o i regimi a ripartizione convenuti da uno o più rami o settori, i regimi a capitalizzazione o le promesse di pensione garantite da riserve contabili delle imprese, o qualsiasi altro dispositivo collettivo o analogo».

La direttiva, spiega un altro emendamento, deve applicarsi unicamente alle pensioni complementari che, a seconda delle disposizioni del relativo regime pensionistico o del diritto nazionale, sono subordinate al raggiungimento dell'età pensionabile o all'adempimento di altre condizioni. Non si applica, invece, «né ai regimi previdenziali individuali, ai quali non partecipi il datore di lavoro, né alle pensioni d'invalidità e superstiti».

Condizioni di acquisizione dei diritti

I deputati propongono una serie di emendamenti in merito alle misure che devono essere adottate dagli Stati membri riguardo all'acquisizione dei diritti. Così, un emendamento stabilisce che se alla cessazione del rapporto di lavoro un lavoratore in uscita non ha ancora maturato diritti acquisiti a pensione, «il regime pensionistico complementare rimborsa i contributi versati da detto lavoratore, o versati a suo nome dal datore di lavoro in conformità di disposizioni di legge o di accordi o contratti collettivi, oppure, se il lavoratore in uscita sostiene il rischio di investimento, il valore derivante da tali contributi».

Inoltre se il regime pensionistico complementare prevede un periodo di contribuzione minima, il Parlamento chiede che tale periodo non sia superiore ai cinque anni. In nessun caso, è precisato, si applicano condizioni di contribuzione minima a un membro di un regime pensionistico complementare che abbia compiuto i 25 anni. Precisa poi che in casi oggettivamente motivati, gli Stati membri possono consentire alle parti sociali di inserire nei contratti collettivi regole non discriminatorie in deroga a quanto appena indicato, «nella misura in cui tali regole assicurino agli interessati almeno una protezione equivalente».

Mantenimento di diritti a pensione in sospeso

Con un emendamento il Parlamento chiede agli Stati membri di adottare le misure che ritengono necessarie «per garantire che i lavoratori in uscita possano conservare i diritti pensionistici acquisiti nel regime pensionistico complementare nel quale sono stati maturati». E' anche precisato che devono adottare delle misure volte a «garantire un trattamento equo del valore dei diritti a pensione in sospeso» dei lavoratori in uscita in funzione del regime pensionistico, «avendo cura di tutelare tali diritti in caso di insolvenza dell'impresa». Un "lavoratore in uscita", secondo la definizione dei deputati, è «un iscritto attivo il cui attuale rapporto di lavoro cessi prima che egli abbia maturato una pensione complementare».

Il Parlamento chiarisce inoltre che un trattamento equo è garantito allorquando il valore dei diritti a pensione in sospeso «evolve per lo più nello stesso modo del valore dei diritti a pensione degli iscritti attivi», o nel regime complementare i diritti a pensione «sono definiti come un importo minimo», o il lavoratore in uscita «continua ad usufruire di un tasso di interesse integrato nel regime pensionistico». Oppure se il valore dei diritti a pensione in sospeso è adattato in funzione del tasso d'inflazione, del livello delle retribuzioni, delle prestazioni pensionistiche in corso di pagamento o del tasso di rendimento degli attivi del loro regime pensionistico complementare.

Tuttavia, gli Stati membri possono consentire ai regimi pensionistici complementari di non conservare i diritti acquisiti, ma di procedere al pagamento, al lavoratore in uscita, di un capitale equivalente ai diritti acquisiti, qualora essi non superino il limite stabilito dallo Stato membro interessato. Nel qual caso, lo Stato deve informare la Commissione del limite applicato. Inoltre, è possibile consentire alle parti sociali di inserire nei contratti collettivi regole che deroghino a quanto sopra indicato, «nella misura in cui tali regole assicurino agli interessati almeno una protezione equivalente».

Migliorare gradualmente la trasferibilità

Per il Parlamento, la direttiva non deve proporsi di limitare le possibilità di trasferire i diritti pensionistici acquisiti dai lavoratori in uscita. Al fine di promuovere la libera circolazione dei lavoratori, pertanto, gli Stati membri dovrebbero adoperarsi per «migliorare gradualmente», per quanto possibile, «la trasferibilità dei diritti pensionistici acquisiti, in particolare all'atto della costituzione di nuovi regimi pensionistici complementari». Propone quindi un approccio più prudente rispetto alle intenzioni della Commissione, opponendosi all'idea di includere nella direttiva il diritto alla trasferibilità della pensione presso un altro datore di lavoro di un diverso Stato membro.

Diritto all'informazione

Gli Stati membri devono adottare le misure necessarie per garantire ai lavoratori attivi la facoltà di richiedere informazioni in merito alle conseguenze sui loro diritti a pensione complementare in caso di cessazione del rapporto di lavoro. Entro un termine ragionevole, e per iscritto, devono quindi poter disporre di informazioni sufficienti riguardo alle condizioni di acquisizione dei diritti a pensione complementare e le conseguenze della loro applicazione in caso di cessazione del rapporto di lavoro, alle prestazioni pensionistiche previste in caso di cessazione del rapporto di lavoro nonché all'importo e alla salvaguardia dei diritti a pensione in sospeso.

Background - la posizione dei Paesi Bassi al Consiglio

Il tentativo di giungere a un compromesso con il Consiglio già in prima lettura è fallito a causa del veto posto dalla delegazione ministeriale olandese sulla proposta. I Paesi Bassi dubitano che la direttiva consenta di raggiungere l'obiettivo di rafforzare la mobilità del lavoro. Ritengono infatti che, nonostante la proposta sia stata oggetto di 18 mesi di intensi lavori, il risultato è un testo molto annacquato con un lungo elenco di esclusioni che restringono ulteriormente il già limitato campo di applicazione.

Rilevano inoltre che non è chiaro quanti regimi pensionistici siano interessati e sostengono che l'impatto della direttiva sugli Stati membri sarebbe, in ogni caso, estremamente diseguale, dato che alcuni Stati membri non ne sono pressoché interessati. Hanno anche espresso il timore che, per motivi di incertezza giuridica, la direttiva possa portare a ricorsi dinanzi alla Corte di giustizia europea.

Non è quindi ancora chiaro il seguito che sarà dato a questa proposta di direttiva visto che, nel campo della sicurezza sociale, il Consiglio ha bisogno dell'unanimità per deliberare.

Link utili

Proposta della Commissione
Valutazione d'impatto (in inglese)
Sito del governo italiano sulla riforma della previdenza complementare

Riferimenti

Ria OOMEN-RUIJTEN (PPE/DE, NL)
Relazione sulle relazioni economiche e commerciali tra l'UE e la Russia
Procedura: Codecisione, prima lettura
Dibattito: 20.6.2007
Votazione: 20.6.2007

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PETIZIONI

 

Assicurazioni vita: più garanzie per i risparmiatori

Prendendo spunto dai risultati delle indagini della commissione d'inchiesta condotte nell'ambito del crack della società Equitable Life, il Parlamento formula delle raccomandazioni riguardo alla vigilanza prudenziale, alla cooperazione tra le autorità di regolamentazione e alle loro responsabilità. Se la protezione e l'informazione dei consumatori deve essere la priorità, i deputati chiedono anche maggiore attenzione alla qualità delle norme e ai meccanismi per attuarle.

Al termine di 15 mesi d'indagini, Diana WALLIS (ALDE/ADLE, UK) presenterà la relazione finale della commissione temporanea d'inchiesta sulla crisi finanziaria della Equitable Life Assurance Society che ha colpito finanziariamente e psicologicamente più di un milione e mezzo di cittadini, per lo più pensionati e risparmiatori in maggioranza britannici, ma anche irlandesi e tedeschi. La perdita di valore delle polizze è stata stimata a circa 4 miliardi di sterline. In tale contesto - con 602 voti favorevoli, 13 contrarie 64 astensioni - il Parlamento ha adottato una raccomandazione che invita la Commissione, il Consiglio e gli Stati membri a dare seguito alle conclusioni cui è giunta la commissione d'inchiesta. 

Conclusioni che, a prescindere dal caso specifico di Equitable Life, valgono per tutta l'Unione europea in quanto riguardano anche le norme di regolamentazione e vigilanza prudenziale e la cooperazione tra le autorità di regolamentazione e la loro responsabilità. Ponendo al centro della questione la protezione e l'informazione dei consumatori, anche attraverso la partecipazione a ricorsi collettivi (class action), è inoltre chiesta maggiore attenzione alla qualità della legislazione e ai meccanismi per attuarla in modo uniforme in tutta l'UE.

Più in particolare, i deputati chiedono formalmente l'ulteriore rafforzamento delle norme di regolamentazione e vigilanza prudenziale in tutta l'Unione, «ivi incluso l'obbligo di costituire riserve per passività quali le partecipazioni agli utili, inclusi i terminal bonus e le prestazioni garantite». La normativa sui servizi finanziari dovrebbe inoltre prevedere dei sistemi di allerta precoce in grado di segnalare efficacemente eventuali problemi derivanti dalla vigilanza o regolamentazione di società di servizi finanziari, in particolare nel caso di operazioni finanziarie transfrontaliere.

I deputati sostengono un approccio basato sui principi e sulla valutazione dei rischi ai fini del calcolo dei requisiti prudenziali, «che imponga alle imprese di detenere riserve di capitale che riflettano il loro particolare profilo anziché rispondere a criteri universalistici». Inoltre, raccomandano vivamente di proseguire nella messa a punto di meccanismi «più sofisticati» in grado di garantire una cooperazione esemplare tra le autorità nazionali di regolamentazione e chiedono «una profonda revisione» del Protocollo di Siena sui compiti di vigilanza nell'ambito delle attività transfrontaliere, che sia incentrata sulla tutela degli assicurati e sull'esame dei reclami transfrontalieri.

Il Parlamento chiede inoltre che la legislazione comunitaria sottolinei la responsabilità collettiva delle autorità nazionali di regolamentazione nell'assicurare le più elevate norme di tutela del consumatore e nel garantire il funzionamento ottimale del mercato interno europeo dei servizi finanziari. Pur riconoscendo che la Commissione europea non può ricoprire il ruolo di "Superautorità di regolamentazione", raccomanda vivamente che questa esamini regolarmente e attentamente se tutti gli Stati membri hanno dotato le loro autorità di regolamentazione di poteri adeguati ed equivalenti nonché di mezzi e risorse sufficienti e costanti nel tempo per applicare pienamente e coerentemente la legislazione comunitaria in materia di vigilanza finanziaria.

E' inoltre chiesto con insistenza che la normativa sui servizi finanziari attribuisca la debita priorità al tema della protezione dei consumatori e degli investitori, assicurando nel contempo un ambiente dinamico e competitivo per gli operatori di servizi finanziari che riduca al minimo gli adempimenti burocratici e non soffochi la flessibilità commerciale e l'innovazione. Al riguardo, il Parlamento ritiene che la legislazione sui servizi finanziari debba porre l'accento su una regolamentazione basata su principi e sulla valutazione dei rischi.

Inoltre, «poiché gli investimenti nei prodotti pensionistici saranno chiamati a svolgere un ruolo sempre più importante nell'economia europea visto lo squilibrio demografico e l'invecchiamento della popolazione», la relazione finale sottolinea la necessità di promuovere la fiducia dei consumatori in tali prodotti, «garantendo loro i più elevati standard di informazione, di sicurezza e di protezione degli investitori in tutto il mercato interno». Il Parlamento ritiene poi che gli obblighi di informazione previsti dalla Terza direttiva Vita vadano estesi e precisati per assicurare un elevato livello di protezione del consumatore, armonizzato in tutta l'Unione europea. Le informazioni, da comunicare al consumatore in modo chiaro ed esauriente, «devono precisare a quale autorità il consumatore deve rivolgersi per reclami e fornire esempi concreti». 

I deputati esortano poi gli Stati membri ad assicurare che, all'interno dei loro rispettivi territori, sussistano adeguati meccanismi di composizione alternativa delle controversie (ADR) che coprano l'intero ambito dei servizi finanziari, allo scopo di eliminare le restanti lacune geografiche all'interno del sistema FIN-NET. Considerano anche necessario conferire maggiori poteri ai consumatori per far sì che essi instaurino un rapporto più equilibrato con le società di servizi finanziari transfrontalieri, e per garantire in tal modo il principio "no mobility without liability" (niente mobilità senza responsabilità). Occorre inoltre garantire ai consumatori di servizi finanziari il diritto, sancito dalla legislazione UE, di condividere le risorse e di ricorrere collettivamente in giudizio contro gli operatori o le autorità di sorveglianza degli Stati membri.

La Commissione europea è anche invitata a procedere senza indugio all'elaborazione di una direttiva che obblighi gli Stati membri a istituire un sistema di garanzia assicurativa che copra i clienti e i beneficiari di filiali nazionali ed estere (limitatamente all'UE) e a presentare la relativa proposta entro la fine del 2007. Sarebbe altresì importante ribadire che determinate perdite indirette subite dagli assicurati «rientrano tra le tipologie di perdita che potrebbero essere risarcite».

Il Parlamento chiede inoltre maggiore attenzione alla qualità della legislazione e la sua valutazione nel tempo. Raccomanda quindi alla Commissione europea di andare oltre l'attuale «interpretazione formale» del recepimento, «dedicando maggiore attenzione alla qualità della normativa a livello sia dell'UE che degli Stati membri e alla sua evoluzione nel tempo».

Ritiene inoltre essenziale che tutti i partecipanti al processo legislativo tengano conto, sin dalla preparazione di una proposta, delle difficoltà che possono essere legate all'applicazione e alla verifica della normativa comunitaria e che compiano ogni sforzo possibile per valutare in anticipo le difficoltà che potrebbero presentarsi in seguito all'adozione dell'atto.

La Commissione europea è poi invitata a adottare un atteggiamento più proattivo per quanto concerne l'attuazione, mettendo in atto strumenti efficaci per garantire che la normativa produca gli effetti richiesti e chiedendo agli Stati membri di riferire sullo stato di attuazione. D'altra parte, i deputati ritengono che, pur necessari, i tradizionali meccanismi di enforcement basati sulle procedure di infrazione «non sono assolutamente sufficienti visto il numero crescente di provvedimenti comunitari e nazionali». Raccomandano pertanto che siano «integrati da meccanismi di cooperazione più sofisticati con le autorità nazionali, ponendo maggior enfasi sulla creazione di capacità».

Gli Stati membri dovrebbero inoltre evitare di recepire direttive comunitarie mediante molteplici atti legislativi di diversa gerarchia o mediante istituti giuridici nazionali già esistenti, ed è anche essenziale che i parlamenti degli Stati membri e il Parlamento europeo collaborino più strettamente nella verifica del recepimento e dell'applicazione della legislazione comunitaria. Infine, per conseguire meglio le finalità del legislatore, la relazione raccomanda di scegliere, laddove possibile, il regolamento - e non la direttiva - quale forma giuridica standard per legiferare su questioni particolarmente delicate e/o nei casi in cui occorre garantire la coerenza delle norme in tutta l'UE.

Background - La commissione d'inchiesta

La commissione d'inchiesta è stata istituita in seguito alle preoccupazioni espresse in varie petizioni inviate al Parlamento europeo, che hanno costituito la base e il punto di partenza dell'inchiesta e contribuito a definirne la direzione di intervento. Il ruolo di primo piano svolto da queste petizioni, sottolinea la relazione, testimonia inoltre l'importanza della commissione per le petizioni nella verifica dell'applicazione del diritto comunitario.

Composta di 22 membri titolari, tra i quali Giuseppe GARGANI (PPE/DE, IT), e 15 sostituti, la commissione si è riunita 17 volte, ha tenuto 11 audizioni pubbliche, organizzato 2 workshop ed inviato due delegazioni ufficiali, rispettivamente a Dublino e a Londra. La commissione ha ascoltato 38 testimoni, analizzato 92 documenti scritti accessibili al pubblico, 32 documenti riservati e 33 documenti messi agli atti, per un totale di migliaia di pagine. Sono stati anche commissionati all'esterno 3 studi specialistici.

Secondo il mandato, l'indagine della commissione doveva concentrarsi su quattro aspetti essenziali:

-          Indagine sulle presunte violazioni o casi di cattiva amministrazione nell'applicazione della direttiva 92/96/CEE da parte del Regno Unito.
-          Valutazione del regime normativo britannico in rapporto alla Equitable Life.
-          Entità dei risarcimenti reclamati dai titolari di polizze e adeguatezza dei mezzi di ricorso loro disponibili.
-          Valutazione della verifica sull'attuazione da parte della Commissione.

Link utili

Sito web della commissione d'inchiesta

Riferimenti

Diana WALLIS (ALDE/ADLE, UK)
Relazione sulla crisi finanziaria della Equitable Life Assurance Society
Procedura: Iniziativa
&
Raccomandazione del Parlamento europeo sulla relazione della Commissione d'inchiesta sulla crisi finanziaria della Equitable Life Assurance Society
Dibattito: 19.6.2007
Votazione: 19.6.2007

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DIRITTI DELLE DONNE/PARI OPPORTUNITÀ

 

Un sostegno più mirato ai genitori che studiano

Assicurazioni specifiche, prestiti agevolati, riduzioni fiscali, alloggi adeguati e servizi di custodia di bambini, organizzazione flessibile degli studi, borse di studio e tasse scolastiche ridotte. E' quanto sollecita il Parlamento per conciliare la vita familiare e gli studi delle giovani donne europee. Sottolineando anche l'importanza dei nonni, chiede di valorizzare la vita familiare e il ruolo dei padri. La responsabilità genitoriale dovrebbe anche valere per le coppie di fatto.

Approvando la relazione di Maria PANAYOTOPOULOU-CASSIOTOU (PPE/DE, EL), il Parlamento europeo sottolinea anzitutto che l'istruzione e la formazione delle ragazze e delle donne «è un diritto umano e un elemento necessario per poter godere appieno di tutti gli altri diritti sociali, economici, culturali e politici». Ricorda poi che, conformemente alle conclusioni del Libro verde sulla demografia, il deficit demografico europeo è dovuto, tra l'altro, al fatto che attualmente le diverse fasi della vita (studi, lavoro, famiglia) «subentrano in un'età più avanzata rispetto al passato». Si compiace inoltre del fatto che la Commissione, nella sua comunicazione sulla conciliazione tra vita professionale, privata e familiare, riconosca che le politiche volte a realizzare un migliore equilibrio dovrebbero riguardare anche le giovani e i giovani che frequentano ancora scuole superiori, ma deplora la mancanza di proposte concrete al riguardo.

La Commissione e gli Stati membri sono poi invitati a promuovere politiche che permettano di conciliare meglio gli studi, la formazione e la vita familiare, che incoraggino i giovani ad assumere responsabilità familiari in modo equilibrato, evitando qualsiasi forma di discriminazione fondata su tali responsabilità. I deputati, peraltro, rilevano che nei settori dell'istruzione e della ricerca le donne laureate (59%) superano gli uomini, ma che la loro presenza si riduce notevolmente con l'avanzare della carriera: il 43% dei dottorandi sono donne a fronte di appena il 15% dei docenti di ruolo.

Il Parlamento incoraggia quindi gli Stati membri a istituire servizi sociali di promozione dell'autonomia personale e di assistenza alle persone in una situazione di dipendenza, visto che sono soprattutto le donne a occuparsi delle persone dipendenti e ciò rende loro più difficile lo svolgimento degli studi. Dovrebbero anche fornire delle "assicurazioni per studenti" ad un prezzo accessibile, e in particolare una copertura sociale e medica, che potrebbero essere estese alle persone a carico dello studente/della studentessa. Occorre poi sopprimere l'imposizione fiscale dei giovani, uomini e donne, che, studiando e lavorando, assumono responsabilità familiari o nei confronti di persone dipendenti, nonché semplificare e facilitare la concessione di prestiti a condizioni vantaggiose a tali persone.

In collaborazione con gli enti locali e gli istituti di insegnamento superiore e professionale, gli Stati membri dovrebbero adottare le misure necessarie affinché gli studenti-genitori possano beneficiare di alloggi adeguati alle loro esigenze, sfruttando pienamente le possibilità offerte in questo settore dai fondi comunitari e in particolare dal FSE. Gli istituti di insegnamento superiore e professionale sono inoltre incoraggiati a predisporre servizi di custodia dei bambini all'interno delle loro infrastrutture, con l'appoggio degli Stati membri. Gli Stati membri dovrebbero garantire che tutti gli studenti che hanno figli abbiano accesso, ad un prezzo sostenibile, a scuole materne municipali/pubbliche ed a un doposcuola di buona qualità.

In cooperazione con gli istituti di insegnamento superiore e professionale, gli Stati membri dovrebbero promuovere un'organizzazione più flessibile degli studi (offerta di insegnamento a distanza, studio a tempo parziale) e garantire la parità di trattamento e la non discriminazione a livello di accesso, proseguimento e ripresa degli studi per le studentesse in gravidanza e le madri di bambini piccoli, tenendo particolarmente conto delle loro esigenze. Il personale degli istituti dovrebbe anche essere sensibilizzato alle specifiche esigenze degli studenti/delle studentesse aventi persone a carico e, se del caso, a predisporre servizi di sostegno e di consulenza. Occorre anche che gli istituti tengano conto della situazione finanziaria di questi giovani al momento della determinazione delle tasse scolastiche. Al riguardo, i deputati invitano gli Stati membri a predisporre un sistema di "certificazione" nazionale che consenta di identificare gli istituti di insegnamento superiore e professionale che offrono la possibilità di conciliare gli studi e la vita familiare.

I datori di lavoro sono poi invitati a concedere borse di studio agli studenti con responsabilità familiari. Assieme alle autorità e alle parti sociali dovrebbe anche incoraggiare e facilitare la formazione lungo tutto l'arco della vita prevedendo, tra l'altro, la possibilità di congedi parentali o di maternità, oppure di aspettative per motivi di assistenza a anziani o a disabili, nonché una maggiore flessibilità delle condizioni di lavoro, in particolare con l'utilizzo delle nuove tecnologie. Il congedo di maternità e il congedo parentale durante un periodo di studi dovrebbe, peraltro, essere incluso nel calcolo del tempo di lavoro complessivo delle donne e nel calcolo della loro pensione di anzianità.

In fase di elaborazione e attuazione dei programmi comunitari e nazionali in materia d'istruzione, la Commissione e gli Stati membri dovrebbero tener conto della particolare situazione degli studenti con responsabilità familiari.  Per i deputati, in tali programmi andrebbero inseriti azioni trasversali favorevoli alla conciliazione della vita studentesca e familiare.

Nel sottolineare l'importanza dei nonni e il loro «ruolo fondamentale nell'educazione dei bambini e nell'assistenza ai giovani genitori che studiano e lavorano», il Parlamento invita gli Stati membri a valorizzare la vita familiare e a promuovere il ruolo dei padri nonché una migliore condivisione delle responsabilità nella vita familiare «come componente essenziale delle pari opportunità tra uomini e donne». Dovrebbero inoltre rivedere le disposizioni in materia di tutela della maternità al fine di favorire la partecipazione degli uomini all'educazione dei figli.

Il Parlamento, approvando un emendamento avanzato dal PSE, osserva infine che, oggigiorno, «sono sempre più numerose le persone che vivono secondo modelli familiari alternativi che non corrispondono allo schema tradizionale di un nucleo familiare composto dalla madre, dal padre e dai figli biologici avuti assieme». Asserisce quindi che «il principio di responsabilità genitoriale condivisa potrebbe anche valere per giovani donne e uomini conviventi su basi diverse dal matrimonio ufficiale specifiche a ciascun paese».

Riferimenti

Maria PANAYOTOPOULOS-CASSIOTOU (PPE/DE, EL)
Relazione su un quadro regolamentare per misure di conciliazione della vita familiare e degli studi per le giovani donne nell'Unione europea
Procedura: Iniziativa
Dibattito: 19.6.2007
Votazione: 19.6.2007

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Una strategia contro la delinquenza giovanile

Allarmato dall'aumento della violenza giovanile, in particolare nelle scuole, il Parlamento sollecita la definizione di una strategia integrata a livello nazionale e europeo, che combini prevenzione, misure giudiziarie e extragiudiziarie e inclusione sociale. Sottolineando il ruolo della famiglia, della scuola e dei mezzi di comunicazione, chiede di agire sulle cause della delinquenza (disagio sociale, droga e mass media), ma insiste sulla necessità di limitare il ricorso a pene detentive. Chiede poi agli Stati membri di ricorrere ai programmi europei esistenti e di adottare norme minime europee e sottolinea l'esigenza di creare una rete tra tutte le autorità e di polizia a livello nazionale e comunitario che tratti dei casi di bambini scomparsi. Sollecita inoltre l'istituzione di un numero verde per giovani con problemi e la definizione di un programma quadro comunitario.

Approvando con 440 voti favorevoli, 64 contrari e 71 astensioni la relazione di Katerina BATZELI (PSE, EL), il Parlamento europeo nota anzitutto che la delinquenza giovanile rappresenta di per sé un problema più pericoloso rispetto alla criminalità adulta, poiché interessa una parte della popolazione particolarmente vulnerabile ed espone molto presto i giovani al rischio di esclusione e di stigmatizzazione sociale. I deputati sottolineano poi che la delinquenza giovanile è aumentata in modo allarmante e la questione diventa preoccupante per via delle considerevoli proporzioni che assume oggi, «essendosi abbassata l'età dell'entrata nella delinquenza ed essendo aumentato il numero dei reati commessi da ragazzi di età inferiore ai tredici anni, e per via del fatto che i loro atti sono sempre più crudeli».

Origini della violenza giovanile: disagio sociale, droga e televisione

Per i deputati tra i principali fattori che alimentano la delinquenza giovanile vi sono la descolarizzazione, la mancanza di punti di riferimento, la mancanza di comunicazione e di valorizzazione di modelli adeguati all'interno della famiglia, spesso a causa dell'assenza dei genitori. Ma anche problemi psicopatologici legati a violenze fisiche o abusi sessuali da parte di persone dell'ambiente familiare, le carenze dei sistemi educativi nella trasmissione di valori sociali, la povertà, la disoccupazione, l'esclusione sociale e il razzismo. Altri fattori decisivi sono inoltre la marcata tendenza all'imitazione presente nei giovani, i disturbi della personalità legati al consumo di alcol e stupefacenti. Per i deputati, infatti, l'aumento del consumo di cannabis e di altre droghe e/o di alcol da parte degli adolescenti «va messo in relazione con l'aumento della delinquenza giovanile».

Ma a loro parere, alla delinquenza giovanile concorre anche l'offerta, da parte dei mezzi di comunicazione, di taluni siti Internet e dei videogiochi, «di modelli che esaltano una violenza gratuita, eccessiva e ingiustificata». «L'enorme quantità di scene di una violenza estrema e di materiale pornografico che viene diffusa da mezzi di comunicazione e da mezzi audiovisivi», come i giochi, la televisione e Internet, come anche lo sfruttamento, da parte dei mass media, dell'immagine di minori delinquenti e vittime, per i deputati, «sfiorano spesso la violazione dei diritti fondamentali del bambino e contribuiscono a diffondere una banalizzazione della violenza».

Coesione sociale e ruolo della famiglia

Per il Parlamento è fondamentale che tutte le parti interessate della società partecipino direttamente alla programmazione e all'attuazione di una strategia nazionale integrata, in ambito scolastico, sociale, familiare e educativo, che contribuisca alla trasmissione dei valori sociali e civici, e alla socializzazione precoce dei giovani. A suo parere occorre anche che  «la famiglia, gli educatori e la società trasmettano ai giovani determinati valori fin dall'infanzia». Per porre in atto azioni intese a lottare in modo radicale contro la delinquenza giovanile, è inoltre indispensabile poter disporre di risorse finanziarie sufficienti.

E' poi necessario definire una politica incentrata su una migliore coesione politica e sociale, volta a ridurre le disparità sociali e a lottare contro l'esclusione sociale e la povertà. La prevenzione della delinquenza giovanile richiede quindi politiche pubbliche in settori come l'alloggio, l'occupazione, la formazione professionale, le attività del tempo libero e gli scambi di giovani. Occorre poi rafforzare il ruolo e valorizzare sotto il profilo qualitativo i centri giovanili quali luoghi di scambio tra giovani.

Il Parlamento sottolinea ruolo specifico che è assegnato alla famiglia in ogni fase della lotta contro la delinquenza giovanile. Chiede quindi gli Stati membri di predisporre un sostegno adeguato per i genitori (che in taluni casi dovrebbero essere maggiormente responsabilizzati), e li incoraggia a prevedere l'istituzione di un congedo parentale di un anno, che consenta di privilegiare la prima educazione dei figli. Dovrebbero inoltre fornire particolare sostegno alle famiglie che devono far fronte a problemi economici e sociali, ad esempio con l'adozione di provvedimenti volti a soddisfare esigenze essenziali e con azioni volte a garantire un accesso equo al mercato del lavoro e alla vita sociale.  Gli Stati membri sono anche invitati a mettere a disposizione le risorse necessarie per ampliare in modo efficace l'offerta di consulenza psicosociale, prevedendo fra l'altro punti di contatto per le famiglie che sono interessate dalla delinquenza giovanile.

Il ruolo della scuola

I deputati sottolineano poi il ruolo particolare della scuola nella formazione della personalità dei bambini e degli adolescenti. Al riguardo, rilevano che due caratteristiche fondamentali della scuola di oggi - il multiculturalismo e l'accentuazione delle differenze fra classi sociali - possono portare a fenomeni di violenza all'interno delle scuole, soprattutto in mancanza di adeguate strutture di intervento, sostegno e approccio degli allievi al sistema educativo. In tale contesto, la relazione invita gli Stati membri a impartire alle autorità scolastiche le opportune direttive per introdurre in ambito scolastico organi di mediazione cui parteciperanno alunni, genitori, insegnanti e servizi competenti degli enti locali.

Il Parlamento ritiene poi assolutamente necessario fornire un'adeguata formazione agli insegnanti affinché possano essere in grado di gestire l'eterogeneità delle classi, sviluppare un'attività pedagogica «basata non sul moralismo, bensì sulla prevenzione e sulla solidarietà». Nella politica in materia di istruzione gli Stati membri dovrebbero introdurre la prestazione di un particolare sostegno psicologico e di consulenza ai minori che denotano problemi di socializzazione. Ma occorre anche prevedere la possibilità di fornire assistenza medica in ogni scuola, la nomina di un assistente sociale, di un sociologo-criminologo, di un pedopsichiatra e di esperti in materia di delinquenza giovanile.

Vanno poi garantiti rigorosi controlli per quanto riguarda il consumo di alcol e l'uso di sostanze stupefacenti da parte degli alunni, ed è necessario lottare contro ogni forma di discriminazione nei confronti di membri della comunità scolastica. In proposito, i deputati osservano che «persino i cortili delle scuole, anche nei quartieri favoriti, sono divenuti zone di non diritto», dove è offerta droga e si procede a violenze, anche con armi bianche, e a racket di diverso tipo, si svolgono giochi pericolosi come l'happy slapping, «ossia il trasferimento su siti Internet di foto di scene di violenza riprese con i telefoni cellulari». Si dovrebbe anche procedere alla nomina di un mediatore che faccia da collegamento tra la scuola e la comunità, e promuovere la cooperazione tra le varie comunità scolastiche per quanto riguarda l'ideazione e l'attuazione di programmi contro la violenza.

Mass media: rischi e opportunità

Il Parlamento sottolinea inoltre che i mezzi di comunicazione di massa possono svolgere un ruolo importante per quanto riguarda la prevenzione del fenomeno della delinquenza giovanile. In particolare, assumendo iniziative di informazione e di sensibilizzazione del pubblico, come pure fornendo trasmissioni di elevata qualità, che promuovano il contributo positivo dei giovani alla società.

I media dovrebbero però limitare la diffusione dell'uso della violenza, della pornografia e del consumo di sostanze stupefacenti, e ciò sulla base di accordi da inserire in una "guida" per la tutela dei diritti dei minori. A tale proposito, i deputati invitano gli Stati membri e le competenti autorità di regolamentazione «a dare un'attuazione rigorosa e assoluta» alla legislazione comunitaria e nazionale relativa alla segnalazione del contenuto delle trasmissioni televisive e di altri programmi che possono contenere scene di particolare violenza o inadatte ai minori.

Limitare il ricorso a pene detentive

In materia giudiziaria, il Parlamento sottolinea l'importanza di sviluppare negli Stati membri misure che prevedano pene alternative alla reclusione e di carattere pedagogico e dando ampia scelta al giudice nazionale, come ad esempio l'offerta di un lavoro socialmente utile, il risarcimento e l'intermediazione con la vittima nonché corsi di formazione professionale, in funzione della gravità del delitto, dell'età del delinquente, della sua personalità e maturità. L'incarcerazione, cui si deve ricorrere solo in ultima istanza, dovrebbe inoltre aver luogo «in infrastrutture adeguate ai minori delinquenti».

Gli Stati membri sono inoltre invitati a adottare nuovi provvedimenti innovativi di approccio giudiziale, «come la diretta partecipazione dei genitori o dei tutori del minore al procedimento penale», accompagnata da un approccio pedagogico o da un sostegno psicologico intensivo, la possibilità di scegliere una famiglia di adozione e l'assistenza e l'informazione ai genitori, agli insegnanti e agli alunni in caso di comportamento violento manifestato in ambito scolastico. I deputati ricordano d'altra parte che lo svolgimento della procedura giudiziaria e la sua durata, la scelta della misura da adottare nonché la sua esecuzione ulteriore «devono essere guidati dal principio dell'interesse superiore del bambino».

Verso una strategia europea

Il Parlamento raccomanda agli Stati membri di procedere con urgenza, in cooperazione con la Commissione, all'elaborazione e all'adozione di una serie di norme minime e di principi guida comuni a tutti gli Stati membri in materia di delinquenza giovanile, incentrate su tre pilastri fondamentali: prevenzione, provvedimenti giudiziari e extragiudiziari, nonché riabilitazione, integrazione e reinserimento sociale. L'obiettivo di un approccio europeo comune deve consistere nel definire modelli di intervento volti a fronteggiare e a gestire la delinquenza giovanile, mentre il ricorso a misure detentive e a sanzioni penali dovrebbe avvenire solo in ultima istanza e quando ciò sia giudicato assolutamente necessario.

La Commissione e gli Stati membri sono invitati ad attivare, in una prima fase, gli strumenti e i programmi europei già esistenti, inserendovi azioni per il contenimento e la prevenzione del fenomeno della delinquenza giovanile e prevedendo anche il regolare reinserimento sociale degli autori e delle vittime. In proposito, i deputati citano, fra gli altri, il programma speciale "Prevenzione e lotta contro la delinquenza" (2007-2013), che si pone gli obiettivi fondamentali di prevenire la criminalità e proteggere le vittime, il programma speciale "Giustizia penale" (2007-2013), per la promozione della cooperazione giudiziaria in materia penale, il programma DAPHNE ΙΙΙ per combattere la violenza contro i bambini e i giovani, il programma "Gioventù in azione" (2007-2013), nonché le azioni del Fondo sociale europeo e del programma Equal in materia di potenziamento dell'inserimento sociale e di lotta contro le discriminazioni.

Il Parlamento ribadisce poi l'importanza dell'eliminazione della violenza dai mezzi di comunicazione e nella promozione dei mezzi audiovisivi la cui programmazione non sia incentrata esclusivamente su programmi violenti. E, pertanto, chiede che vengano fissate norme europee intese a limitare la diffusione della violenza sia nei mezzi di comunicazione audiovisivi che nella stampa scritta. Inoltre, invita la Commissione ad estendere le norme pertinenti della direttiva "Televisione senza frontiere" al settore della telefonia mobile e di Internet. Sottolinea poi che l'informazione e l'avvertenza in merito ad una navigazione sicura su Internet e ad un utilizzo sicuro dei telefoni cellulari «dovrà in futuro formare oggetto di proposte concrete della Commissione che siano vincolanti su scala europea».

Il Parlamento ha respinto la proposta di istituire un Osservatorio europeo sulla delinquenza giovanile. D'altra parte, chiede alla Commissione di incoraggiare l'istituzione di un numero verde gratuito a livello europeo per i bambini e gli adolescenti con problemi, «in quanto questi sistemi possono apportare un importante contributo alla prevenzione della delinquenza giovanile». Sottolinea, inoltre, l'esigenza di una stretta cooperazione e della creazione di una rete tra tutte le autorità e di polizia a livello nazionale e comunitario relativamente alle indagini e alla soluzione di casi di bambini scomparsi vittime delle delinquenza giovanile.

I deputati invitano infine la Commissione a presentare un programma quadro comunitario integrato, che preveda misure preventive a livello dell'UE, un sostegno alle iniziative delle ONG e alla cooperazione transnazionale, il finanziamento di programmi pilota a livello regionale e locale che si fondino sulle migliori prassi nazionali e si propongano di diffonderle in tutta Europa, e rispondano nel contempo alle necessità in materia di infrastrutture sociali e pedagogiche.

Link utili

Comunicazione della Commissione - Verso una strategia dell’Unione europea sui diritti dei minori

Riferimenti

Katerina BATZELI (PSE, EL)
Relazione sulla delinquenza giovanile: il ruolo delle donne, della famiglia e della società
Procedura: Iniziativa
Dibattito: 20.6.2007
Votazione: 21.6.2007

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BILANCIO

 

GALILEO deve essere finanziato dal solo Bilancio UE

Il Parlamento ha approvato una risoluzione in merito al finanziamento del sistema europeo di radionavigazione satellitare GALILEO. I problemi emersi riguardo al contratto di concessione hanno spinto la Commissione a proporre un finanziamento esclusivamente pubblico del sistema e i deputati esigono che i fondi provengano esclusivamente dal Bilancio UE, senza fondi intergovernativi aggiuntivi.

Il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione che ricorda anzitutto al Consiglio e alla Commissione che il quadro finanziario pluriennale prevede di destinare la somma di circa 1 miliardo di euro alle spese operative di Galileo nel periodo 2007-2013 e che l'importo finanziario di riferimento - secondo la proposta modificata di regolamento sull'attuazione della fase costitutiva e della fase operativa del programma europeo di radionavigazione via satellite - è pari a 1,005 miliardi di euro ai prezzi correnti.

I deputati, esprimono poi preoccupazione riguardo alla possibilità che gli ulteriori finanziamenti necessari a colmare le lacune verificatesi in seguito al fallimento del partenariato pubblico-privato (PPP) «possano essere decisi a livello intergovernativo» e ammoniscono che intendono opporsi «a qualsiasi soluzione che implichi la combinazione di fondi comunitari e fondi intergovernativi aggiuntivi».

Nel sottolineare poi che la Commissione deve presentare una proposta rivista di regolamento per il finanziamento del programma Galileo, che deve essere approvata dal Parlamento e dal Consiglio in codecisione, ritengono che il programma «dovrebbe essere finanziato interamente dal bilancio dell'Unione europea». Anche perché sono del parere che il programma rappresenti «un enorme valore aggiunto per l'Europa» e, pertanto, deve proseguire sotto la responsabilità dell'Unione europea.

Se il settore pubblico assume il finanziamento completo del progetto, nonché parte o l'insieme dei rischi e delle responsabilità, afferma il Parlamento, «tale fattore dovrebbe essere preso in considerazione nella revisione futura del contratto di concessione», in particolare per quanto concerne il meccanismo di rimborso dei contributi finanziari pubblici e i prezzi dei servizi. Invita pertanto la Commissione a presentare una proposta d'iniziativa per la revisione del quadro finanziario e il Consiglio ad avviare i negoziati con il Parlamento, non appena la Commissione avrà presentato la proposta.

Antefatti

I mancati progressi dei negoziati sul contratto di concessione, che prevedeva lo sviluppo e la gestione dell'infrastruttura da parte del settore privato, hanno messo a repentaglio il completamento del progetto GALILEO. La Commissione è quindi giunta alla conclusione che la tabella di marcia attuale, che prevede un coinvolgimento del settore privato già nelle prime fasi, non consente di rispettare le scadenze stabilite (2012) e rischia di comportare dei sovraccosti considerevoli per il settore pubblico.

Ha quindi proposto di modificare la tabella di marcia per controllare meglio le scadenze e i costi e offrire una maggiore sicurezza alle industrie delle applicazioni e dei servizi di radionavigazione circa l'effettiva disponibilità dei segnali Galileo. La Commissione sostiene che la realizzazione dell'insieme dell'infrastruttura iniziale, pilotata e finanziata dal settore pubblico, si rivela l'opzione più vantaggiosa, più realista e, a breve termine, la meno onerosa. Al contrario della realizzazione dell'infrastruttura, la gestione del sistema sarà affidata ad un concessionario privato.

A inizio giugno il Consiglio Trasporti ha adottato una risoluzione che chiede alla Commissione di presentargli, entro settembre 2007, delle proposte dettagliate in merito al finanziamento di GALILEO, incluse tutte le opzioni possibili di un finanziamento pubblico, fondate su una valutazione supplementare dei costi, dei rischi, dei ricavi e della tabella di marcia. La Commissione dovrebbe inoltre presentare proposte in merito a una strategia di attuazione da parte del settore pubblico, illustrando i progressi realizzati finora e la necessità di gare d'appalto regolari. Dovrà inoltre concepire la fase operativa e di sfruttamento di Galileo che coinvolga, eventualmente, il settore privato, nonché proporre una solida struttura di gestione pubblica del programma sulla base di una chiara divisione delle responsabilità tra Commissione, ESA, GSA, Stati membri e Consiglio.

Background - Cos'è GALILEO

La radionavigazione satellitare è una tecnologia che consente agli utilizzatori di determinare in qualsiasi momento la propria posizione nel mondo intero. Il sistema di radionavigazione europeo GALILEO comprende una costellazione di 30 satelliti, in orbite a 24 000 km con 5 servizi diversi. Le applicazioni derivanti dalla radionavigazione satellitare presenti nella vita quotidiana sono numerose, dalla guida dei veicoli alla sicurezza nei trasporti, passando dalle applicazioni in varie attività commerciali (settore bancario, geologia, lavori pubblici, energia ecc.) La radionavigazione satellitare è presente in tutti i segmenti della società e ciò conferisce al programma GALILEO una dimensione che si potrebbe definire "di responsabilità sociale".

Link utili

Risoluzione del Parlamento europeo sullo stato di avanzamento del programma Galileo (28/9/06)
Sito web della Commissione su Galileo
Sito web dell'ESA su Galileo

Riferimenti

Risoluzione sul finanziamento del programma europeo di radionavigazione via satellite (Galileo) in conformità all'accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 e al quadro finanziario pluriennale 2007-2013
Procedura: Risoluzione
Votazione: 20.6.2007

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EURO

 

Via libera del Parlamento all'ampliamento della zona euro

Il Parlamento ha approvato due relazioni che esprimono parere favorevole all'adozione dell'euro da parte di Malta e Cipro a partire dal 1° gennaio 2008. Coglie anche l'occasione per proporre un accordo interistituzionale volto a migliorare il coinvolgimento del Parlamento nelle decisioni riguardo all'adesione all'euro di nuovi Stati membri.

Adozione dell'euro da parte di Malta e Cipro

Il Parlamento ha approvato due relazione di Werner LANGEN (PPE/DE, DE) che esprimono parere favorevole all'adozione dell'euro da parte di Malta (con 610 voti favorevoli, 12 contrari e 74 astensioni) e di Cipro (con 585 voti favorevoli, 14 contrari e 90 astensioni) a partire dal 1° gennaio 2008.

Salgono così a 15 gli Stati membri che hanno adottato la moneta unica: Austria, Belgio, Cipro, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Slovenia (nel 2007) e Spagna.

Ruolo del Parlamento nell'ampliamento della zona euro

Con 552 voti favorevoli, 37 contrari e 43 astensioni, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione riguardo al futuro allargamento della zona dell'euro che invita la Commissione e il Consiglio a concludere un accordo interistituzionale su un futuro calendario e un approccio alla cooperazione con altri paesi che intendono aderire alla zona dell'euro.

Tale accordo, per i deputati, deve prevedere un dialogo con il Parlamento a uno stadio precoce inteso ad assicurare la disponibilità di almeno due mesi per la consultazione con il Parlamento, «rispettando in tal modo la sua prerogativa di esaminare debitamente le proposte presentategli dalla Commissione e dalla BCE». Ma anche l'impegno da parte dei paesi candidati ad annunciare la loro intenzione di presentare una richiesta ufficiale entro l'autunno dell'anno precedente alla presentazione della predetta richiesta e ad attivare tempestivamente contatti con la commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento europeo, nonché una relazione intermedia sulla convergenza, a cura della Commissione, da redigere all'inizio dell'anno successivo all'annuncio preventivo del paese in via di adesione.

Il Parlamento, chiede inoltre che il futuro Comitato consultivo europeo per la governance statistica e il futuro Comitato europeo per l'informazione statistica seguano attentamente i preparativi per l'allargamento della zona dell'euro ai paesi in via di adesione. Esprime poi la convinzione che la qualità dei dati disponibili alla Commissione «lasci a tutt'oggi a desiderare» e che occorra attribuire alla Commissione ulteriori competenze per la verifica dei dati. Raccomanda quindi alla Commissione di raffrontare i dati trasmessi dalle banche centrali nazionali con i dati ricevuti nell'ambito della contabilità trimestrale delle pubbliche amministrazioni, onde rafforzare la fiducia nelle statistiche mediante controlli incrociati.

L'accordo, infine, dovrebbe stabilire che, prima di valutare la conformità con i criteri di Maastricht, debbano essere state concluse eventuali procedure di deficit eccessivo nei confronti di un determinato Stato membro.

Link utili

Proposta della Commissione - Malta
Proposta della Commissione - Cipro

Riferimenti

Risoluzione sul miglioramento delle modalità di consultazione del Parlamento europeo nelle procedure relative all'allargamento della zona dell'euro
Procedura: Risoluzione
&
Werner LANGEN (PPE/DE, DE)
Relazione sulla proposta di decisione del Consiglio a norma dell'articolo 122, paragrafo 2 del trattato CE relativo all'adozione della moneta unica da parte di Cipro il 1° gennaio 2008

&

Relazione sulla proposta di decisione del Consiglio a norma dell'articolo 122, paragrafo 2 del trattato CE relativo all'adozione della moneta unica da parte di Malta il 1° gennaio 2008
Procedura: Consultazione legislativa
Dibattito: 20.6.2007
Votazione: 20.6.2007

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IMMUNITÀ E STATUTO DEI DEPUTATI

 

Immunità di Mario Borghezio

Il Parlamento europeo ha deciso di difendere l'immunità invocata da Mario Borghezio a fronte di una citazione per risarcimento avanzata da un magistrato civile dell'Aquila in relazione ad alcune dichiarazioni rilasciate alla stampa dal deputato a seguito di un'ordinanza riguardante la rimozione del crocifisso dalle aule delle scuole materne e elementari.

Un magistrato del tribunale civile dell'Aquila ha chiesto a Mario BORGHEZIO (UEN, IT) di essere risarcito di 100.000 euro per danni causati alla sua reputazione personale e professionale, al suo prestigio e alla sua dignità personale da una serie di espressioni diramate sulla stampa a seguito del pronunciamento, da parte del magistrato, dell'ordinanza del 22 ottobre 2003 a proposito dell'esposizione del crocefisso nelle aule della scuola materna ed elementare. Commentando l'ordinanza, il deputato aveva affermato che «la sentenza del giudice Montanaro rappresenta un'idiozia giudiziaria, un grave attentato alla Repubblica, un episodio che dimostra non solo la crescita esponenziale degli islamici ma la loro ingerenza nelle abitudini nazionali, persino in quelle scolastiche».

Adottata con 463 voti favorevoli, 185 contrari e 19 astensioni, la relazione di Giuseppe GARGANI (PPE/DE, IT) ricorda che «i membri del Parlamento europeo non possono essere ricercati, detenuti o perseguiti a motivo delle opinioni o dei voti espressi nell'esercizio delle loro funzioni». Tale immunità «tutela i membri non solo da procedimenti penali ma anche da procedimenti civili in relazione all'espressione di un'opinione nell'esercizio delle proprie funzioni, in particolare quando l'importo del risarcimento per i danni causati è notevolmente elevato». Il Parlamento, è poi ricordato, «ha coerentemente adottato il principio fondamentale secondo cui l'immunità non può in alcun caso essere revocata quando gli atti di cui un deputato è accusato hanno luogo nell'esercizio delle sue funzioni politiche di deputato al Parlamento europeo o sono direttamente connessi a tali funzioni».

Applicando tali principi, spiega la relazione, andrebbe rilevato che, quando l'on. Mario Borghezio ha espresso la sua opinione pubblicata dalla stampa (Il Messaggero del 29 ottobre 2003), «egli agiva in qualità di uomo politico nell'ambito di un dibattito politico sul problema dell'esposizione del crocefisso nelle aule delle scuole materne ed elementari in Italia». Inoltre, «anche se tale discussione aveva un carattere nazionale, non si può asserire che egli non abbia agito "nell'esercizio delle sue funzioni" di deputato al Parlamento europeo». Da un'analisi dell'articolo in questione risulta infatti che l'on. Borghezio «stava semplicemente commentando una questione di pubblico interesse» e, nel fare ciò,  «esercitava la sua funzione di membro del Parlamento che esprime un'opinione su una questione di pubblico interesse per i suoi elettori».

Link utili

Testo dell'ordinanza del Tribunale di L'Aquila

Riferimenti

Giuseppe GARGANI (PPE/DE, IT)
Relazione sulla richiesta di difesa dell'immunità e dei privilegi di Mario Borghezio
Procedura: Immunità
Relazione senza dibattito ai sensi dell'articolo 131 del Regolamento del Parlamento
Votazione: 19.6.2007

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ISTITUZIONI

 

Altri documenti approvati

I testi di tutti i documenti approvati sono reperibili sul sito del Parlamento europeo.

 

 

Ordine del giorno 27 giugno 2007

Bruxelles

Mercoledì 27 giugno 2007

(15:00 - 17:00)

 

Discussione congiunta - Consiglio europeo/Presidenza tedesca
Relazione del Consiglio europeo e dichiarazione della Commissione - Riunione del Consiglio europeo del 21 e 22 giugno 2007
Dichiarazione della Presidenza in carica del Consiglio - Semestre di attività della Presidenza tedesca

 Progetto di ordine del giorno 9 - 12 luglio 2007

Strasburgo 

Link

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Codici delle procedure parlamentari

Serie A

Relazioni e raccomandazioni

Serie B

Risoluzioni e interrogazioni orali

Serie C

Documenti di altre Istituzioni

*

Procedura di consultazione

**I

Procedura di cooperazione, prima lettura

**II

Procedura di cooperazione, seconda lettura

***

Parere conforme

***I

Procedura di codecisione, prima lettura

***II

Procedura di codecisione, seconda lettura

***III

Procedura di codecisione, terza lettura

Abbreviazioni

BE

Belgio

IT

Italia

PL

Polonia

CZ

Repubblica ceca

CY

Cipro

PT

Portogallo

DK

Danimarca

LV

Lettonia

SI

Slovenia

DE

Germania

LT

Lituania

SK

Slovacchia

EE

Estonia

LU

Lussemburgo

FI

Finlandia

EL

Grecia

HU

Ungheria

SE

Svezia

ES

Spagna

MT

Malta

UK

Regno Unito

FR

Francia

NL

Olanda

BG

Bulgaria

IE

Irlanda

AT

Austria

RO

Romania

Gruppi politici

PPE/DE

Gruppo del Partito popolare europeo (Democratici-cristiani) e dei Democratici europei

PSE

Gruppo socialista al Parlamento europeo

ALDE/ADLE

Gruppo dell'Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l'Europa

Verdi/ALE

Gruppo Verde/Alleanza libera europea

GUE/NGL

Gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica

IND/DEM

Gruppo Indipendenza/Democrazia

UEN

Gruppo "Unione per l'Europa delle nazioni"

ITS

Gruppo Identità, Tradizione Sovranità

NI

Non iscritti

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Deputati al Parlamento europeo

 Situazione al 21.6.2007
 

 

PPE/DE

PSE

ALDE/ADLE

UEN

Verdi/ALE

GUE/NGL

IND/DEM

ITS

NI

Totale

BE

6

7

6

 

2

 

 

3

 

24

BG

5

5

5

 

 

 

 

3

 

18

CZ

14

2

 

 

 

6

1

 

1

24

DK

1

5

4

1

1

1

1

 

 

14

DE

49

23

7

 

13

7

 

 

 

99

EE

1

3

2

 

 

 

 

 

 

6

IE

5

1

1

4

 

1

1

 

 

13

EL

11

8

 

 

 

4

1

 

 

24

ES

24

24

2

 

3

1

 

 

 

54

FR

17

31

11

 

6

3

3

7

 

78

IT

24

15

12

13

2

7

 

2

3

78

CY

3

 

1

 

 

2

 

 

 

6

LV

3

 

1

4

1

 

 

 

 

9

LT

2

2

7

2

 

 

 

 

 

13

LU

3

1

1

 

1

 

 

 

 

6

HU

13

9

2

 

 

 

 

 

 

24

MT

2

3

 

 

 

 

 

 

 

5

NL

7

7

5

 

4

2

2

 

 

27

AT

6

7

1

 

2

 

 

1

1

18

PL

15

9

5

20

 

 

3

 

2

54

PT

9

12

 

 

 

3

 

 

 

24

RO

9

12

8

 

 

 

 

6

 

35

SI

4

1

2

 

 

 

 

 

 

7

SK

8

3

 

 

 

 

 

 

3

14

FI

4

3

5

 

1

1

 

 

 

14

SE

6

5

3

 

1

2

2

 

 

19

UK

27

19

12

 

5

1

10

1

3

78

Totale

278

217

103

44

42

41

24

23

13

785

Deputati uscenti
Simon COVENEY (PPE/DE, IE) (18.6.2007)
Bernat JOAN i MARÍ (Verdi/ALE, ES) (18.6.2007)

Deputati entranti
Colm BURKE (PPE/DE, IE) (19.6.2007)
Mikel IRUJO AMEZAGA (Verdi/ALE, ES) (19.6.2007)

 

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