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RESOCONTO

 

13 dicembre 2007

 

Strasburgo

 

 

 


 

 

 

Approvato il bilancio 2008

 


L'accordo raggiunto sul finanziamento di Galileo e dell'IET ha permesso al Parlamento di approvare il bilancio 2008 che fissa il livello totale dei pagamenti a 120,3 miliardi di euro. Aumentano gli stanziamenti per Frontex, Kosovo e Palestina, ed è creata una linea di bilancio per il Fondo mondiale per la lotta contro l'HIV/AIDS. I deputati chiedono il rispetto del regime linguistico e invitano gli Stati membri a comunicare le loro intenzioni sulla deroga prevista dallo Statuto dei deputati.

 

Approvando la relazione Kyösti VIRRANKOSKI (ALDE/ADLE, FI), il Parlamento provvede a che le dotazioni dei programmi pluriennali che sono state recentemente concordate fra il Parlamento e il Consiglio vengano rispettate, contrariamente ai tagli proposti dal Consiglio, soprattutto alla rubrica 1a (Competitività per la crescita e lo sviluppo). Fissa quindi il livello complessivo dei pagamenti a 120.346,76 milioni di euro - ossia il 5,7% in più rispetto al 2007 - equivalenti allo 0,96% dell'RNL dell'UE e sottolinea l'importanza di eseguire il bilancio «in modo efficace».

 

Il Bilancio 2008 sarà firmato ufficialmente durante la sessione plenaria straordinaria del 18 dicembre dedicata ai risultati del Consiglio europeo.

 

Competitività per la crescita e lo sviluppo (sottorubrica 1a): 9,77 miliardi di euro

 

Il Parlamento accoglie favorevolmente il risultato della concertazione del 23 novembre con il Consiglio, in particolare per quanto riguarda il finanziamento del programma Galileo, attraverso una revisione del quadro finanziario pluriennale 2007-2013 e il ricorso allo strumento di flessibilità, e dell'Istituto europeo di tecnologia a partire dal margine della rubrica 1a. Tale soluzione di finanziamento, a suo parere, «è pienamente conforme all'impostazione caldeggiata dal Parlamento europeo», soprattutto perché «non riduce gli stanziamenti pianificati per i programmi finanziari pluriennali della rubrica 1a, come il Consiglio aveva precedentemente raccomandato». Prende inoltre atto delle dichiarazioni comuni allegate alla relazione che stabiliscono le disposizioni dettagliate per il finanziamento del programma Galileo e dell'Istituto europeo di tecnologia.

 

Sempre per quanto concerne la sottorubrica 1a, il Parlamento respinge i tagli degli stanziamenti d'impegno e di pagamento effettuati dal Consiglio in prima lettura, in particolare quelli relativi ai programmi pluriennali che sono stati recentemente adottati in codecisione con il Parlamento e sono destinati ad attuare la strategia di Lisbona.
 

Coesione per la crescita e l'occupazione (sottorubrica 1b): 40,55 miliardi di euro

 

Si tratta principalmente dei crediti destinati al Fondo di coesione e ai fondi strutturali. Una parte importante degli stanziamenti sarà destinata ai nuovi Stati membri. Il Parlamento deplora i ritardi di esecuzione e fa osservare che «il tempo è denaro».

 

Conservazione e gestione delle risorse naturali (rubrica 2): 53, 2 miliardi di euro

 

Gran parte di questa rubrica riguarda l'agricoltura e lo sviluppo rurale. Il Parlamento chiede una presentazione più chiara degli importi relativi alle misure di mercato e ai pagamenti diretti nelle future procedure di bilancio. Esprime inoltre preoccupazione per la lentezza dell'adozione dei programmi operativi per quanto concerne il pilastro "sviluppo rurale" della PAC, «che costituisce ormai da tempo una priorità per il Parlamento, e si attende rapidi miglioramenti al riguardo». Inoltre, sottolinea la necessità di accelerare la procedura per la messa a punto di programmi nazionali speciali per la ripresa delle colture e della produzione animale nelle zone colpite da incendi e da altre calamità naturali. Tali programmi, è precisato, dovrebbero essere finanziati dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) mediante trasferimenti interni o sovvenzioni in ambito nazionale.

 

Libertà, sicurezza e giustizia (sottorubrica 3a) - 533,2 milioni di euro

 

I deputati sottolineano l'importanza delle attività dell'agenzia Frontex, ritenendo che essa «debba svolgere un ruolo più efficace nel rafforzamento delle frontiere esterne dell'Unione europea», in particolare «alleviando l'onere attualmente sostenuto dagli Stati membri in relazione all'immigrazione clandestina». Sollecitano quindi gli Stati membri a tener fede alle proprie promesse e a sostenere l'agenzia, «di modo che essa possa assolvere più efficacemente i propri compiti istituzionali». Prendono quindi atto dell'accordo del Consiglio per quanto riguarda un aumento di 30 milioni di euro a favore degli stanziamenti Frontex, sebbene con una ripartizione diversa per le spese amministrative ed operative.

 

Il Parlamento, inoltre, iscrive stanziamenti in riserva per il Fondo europeo per i rimpatri, in attesa che sia adottata la relativa base giuridica.

 

Cittadinanza (sottorubrica 3b): 708, 2 milioni di euro

 

I deputati ripristinano il progetto preliminare di bilancio (PPB) per le dotazioni assegnate ai programmi pluriennali e propongono di destinare stanziamenti a una serie di progetti pilota e di azioni preparatorie sia nuove che in corso in questo settore.

 

L'UE quale partner globale (rubrica 4): 8,1 miliardi di euro

 

Il Parlamento è  preoccupato per «il sottofinanziamento cronico» di questa rubrica nel quadro finanziario pluriennale (QFP) 2007-2013. D'altra parte, si dice d'accordo, nel contesto della concertazione del 23 novembre, sull'iscrizione nel bilancio 2008 di stanziamenti per 285 milioni di euro per la PESC, in particolare alla luce delle future esigenze nel Kosovo. Appoggia quindi la lettera rettificativa al progetto preliminare di bilancio 2008, adottata dalla Commissione il 17 settembre 2007, e in particolare gli aumenti degli stanziamenti d'impegno proposti per il Kosovo (120 milioni di euro) e per la Palestina (142 milioni di euro) per un totale di 262 milioni di euro, rispetto agli importi iscritti nel PPB. A quest'ultimo proposito, sottolinea che, a seguito degli sviluppi registrati nella recente conferenza di Annapolis, le stime relative al contributo comunitario destinato alla Palestina possono aumentare ed invita la Commissione a presentare, ove necessario, un bilancio rettificativo.

 

Più in generale, per i deputati, il rispetto dei diritti umani e dei valori democratici deve costituire «una delle condizioni preliminari» per lo stanziamento di fondi UE a favore di paesi vicini e di paesi in via di sviluppo. Ritengono inoltre che l'Unione europea debba coordinare meglio le sue «varie e lodevoli iniziative» volte a combattere ed eliminare le malattie dovute alla povertà nei paesi vicini e nei paesi in via di sviluppo. Propongono quindi di stanziare risorse finanziarie sufficienti per fornire a questi paesi gli strumenti di assistenza tecnica necessari. In tale contesto, hanno deciso di creare una linea di bilancio distinta per il Fondo mondiale per la lotta contro l'HIV/AIDS, la tubercolosi e la malaria (GFATM), «al fine di migliorare la trasparenza e di garantire i finanziamenti necessari».

 

Amministrazione (rubrica 5): 7,3 miliardi di euro

 

Il Parlamento esprime rammarico per le inefficienze inerenti a un sistema di concorsi in cui i "vincitori" «possono rimanere iscritti per anni sulle liste di riserva senza alcuna garanzia di assunzione». Ritiene infatti che il mantenimento di questo sistema «contribuirebbe ad abbassare il livello medio dei nuovi funzionari dell'Unione europea, in quanto i candidati più qualificati cercherebbero un'occupazione in settori più dinamici dell'economia europea».

 

Ripristina inoltre il PPB con riferimento ai tagli effettuati dal Consiglio per quanto riguarda gli stanziamenti e gli organigrammi nell'ambito della rubrica. 

 

Regime linguistico

 

Il Parlamento esorta la Commissione ad applicare integralmente il regolamento n. 1/1958 del Consiglio, del 15 aprile 1958, che stabilisce il regime linguistico della Comunità economica europea, e considera «non pertinenti» le argomentazioni finanziarie addotte per derogarvi, «dal momento che esse non sono state presentate nel quadro della procedura di bilancio».

 

Statuto dei deputati

 

Il Parlamento richiama l'attenzione sull'articolo 29 dello statuto dei deputati al Parlamento europeo, il quale sancisce che "gli Stati membri possono definire per i propri deputati del Parlamento europeo una regolamentazione in deroga alle disposizioni del presente statuto in materia di indennità, indennità transitoria, pensioni di anzianità e pensioni di reversibilità per un periodo di transizione che non può superare la durata di due legislature del Parlamento europeo". In vista dell'entrata in vigore dello statuto all'inizio della legislatura successiva alle elezioni europee del 2009, incarica quindi i Questori di invitare gli Stati membri a comunicare al Parlamento a tempo debito, e soprattutto in tempo utile per l'elaborazione delle previsioni di bilancio 2009, se intendono ricorrere a queste opzioni.

 

 

Link utili

 

Sito della commissione per i bilanci

 

 

Riferimenti

 

Kyösti VIRRANKOSKI (ALDE/ADLE, FI) e Ville ITÄLÄ (PPE/DE, FI)

Relazione sul progetto di bilancio generale dell'Unione europea per l'esercizio 2008 quale modificato dal Consiglio (tutte le sezioni) e le lettere rettificative nn. 1/2008 (13659/2007 – C6-0341/2007) e 2/2008 (15716/2007 – C6-0435/2007) al progetto di bilancio generale dell'Unione europea per l'esercizio 2008

Procedura: Bilancio

Dibattito: 11.12.2007

Votazione: 13.12.2007

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Niente alleanze politiche con i partiti estremisti

 


Preoccupato dalla crescita dell'estremismo in Europa, il Parlamento ritiene che la lotta a questo fenomeno sia una sfida di portata europea e, chiedendo alle personalità pubbliche di non incitare all'odio, esorta i partiti tradizionali a non allearsi con movimenti estremisti. Chiede poi di privare di finanziamenti pubblici i partiti che non rispettano i diritti dell'uomo, di prevenire l'intolleranza con l'educazione e l'informazione e garantire una piena applicazione della legislazione vigente.

 

Approvando con 527 voti favorevoli, 15 contrari e 39 astensioni - una risoluzione comune sostenuta da tutti i gruppi politici (eccetto l'IND/DEM), il Parlamento si dice «fortemente preoccupato» dinanzi alla rinascita in Europa di movimenti, gruppi paramilitari e partiti estremisti, alcuni dei quali addirittura al governo, «che basano la loro ideologia e il loro discorso politico, le loro prassi e i loro comportamenti sulla discriminazione». E, in particolare, «sul razzismo, l'intolleranza, l'incitamento all'odio religioso, l'esclusione, la xenofobia, l'antisemitismo, l'antiziganismo, l'omofobia, la misoginia e l'ultranazionalismo». Accogliendo con 310 favorevoli, 261 contrari e 12 astensioni un emendamento presentato dai deputati italiani dell'UEN, il Parlamento si dice inoltre «seriamente allarmato dal proselitismo fondamentalista e dalla virulenta campagna di propaganda islamica, con attacchi terroristici all'interno dell'Unione europea, basati sull'odio contro i valori europei e della democrazia».

 

Condanna quindi «con fermezza» tutti gli attacchi motivati dal razzismo e dall'odio e sollecita le autorità nazionali «a fare tutto il possibile per punire i responsabili». Nell'esprimere la propria solidarietà a tutte le vittime di tali attacchi e alle loro famiglie, il Parlamento osserva che tali ideologie estremiste «sono incompatibili con (...) i valori della diversità e dell'uguaglianza su cui si fonda l'Unione europea. Ritiene peraltro che «nessuno Stato membro è immune dalle intrinseche minacce che l'estremismo fa pesare sulla democrazia» e che, pertanto, la lotta contro la diffusione di atteggiamenti xenofobi e di movimenti politici estremisti «costituisce una sfida di portata europea che richiede un approccio comune e coordinato». Sottolinea tuttavia che la lotta contro l'estremismo «non deve ripercuotersi negativamente sull'obbligo permanente di rispettare i diritti fondamentali e i principi giuridici fondamentali» del trattato dell'UE.

 

Il Parlamento prende atto che il numero crescente di organizzazioni estremiste, «che spesso contengono elementi neofascisti», tende ad «esacerbare paure nella società che possono portare a manifestazioni di razzismo in tutta una serie di ambiti». Tra questi cita l'occupazione, l'alloggio, l'istruzione, la sanità, le operazioni di polizia, l'accesso a beni e servizi e i mass-media.  Nota poi che «gli estremisti neonazisti, paramilitari e di altra ispirazione» dirigono i loro attacchi violenti contro un'ampia varietà di gruppi vulnerabili, tra cui i migranti, i rom, gli omosessuali, gli attivisti antirazzisti e i senzatetto.

Il Parlamento osserva inoltre che alcuni partiti e movimenti politici, «fra cui quelli al potere in numerosi paesi», «hanno fatto deliberatamente dell'intolleranza e/o della violenza basata sulla razza, l'origine etnica, la nazionalità, la religione e l'orientamento sessuale, il punto centrale dei loro programmi». Ribadisce quindi la convinzione che le personalità pubbliche dovrebbero astenersi dal fare dichiarazioni che incoraggino o incitino all'odio o alla stigmatizzazione di determinati gruppi di persone in funzione della razza, dell'origine etnica, della religione, dell'handicap, dell'orientamento sessuale o della nazionalità. Sostiene peraltro che, nei casi di incitazione all'odio, il fatto di essere una personalità pubblica «debba essere considerato come circostanza aggravante». Nel condannare in particolare l'inquietante prevalenza dell'antisemitismo, l'Aula ha però respinto un emendamento che esortava gli Stati membri ad affrontare «il problema posto da alcuni imam che dalle moschee propagano odio e calunnie antisemitiche».

 

In proposito, il Parlamento deplora che alcuni partiti tradizionali «abbiano creduto bene di dare credibilità e accettazione a partiti estremisti concludendo con questi accordi di coalizione, sacrificando così la loro integrità morale a un opportunistico guadagno politico a breve termine». Esorta quindi «vivamente» tutte le forze politiche democratiche, a prescindere dall'ideologia, «di astenersi da  qualsiasi appoggio a partiti estremisti di carattere razzista o xenofobo, sia esso esplicito o implicito, e, pertanto, da qualsiasi alleanza con i loro rappresentanti eletti». Inoltre, in vista delle elezioni europee del 2009, mette in guardia contro la possibilità che partiti estremisti possano essere rappresentati al Parlamento europeo e chiede ai gruppi politici «di prendere le opportune misure per garantire che un'istituzione democratica non sia usata come piattaforma per finanziare e diffondere messaggi antidemocratici».

 

Il Parlamento chiede poi a tutti gli Stati membri che almeno prevedano la possibilità - dopo una sentenza giudiziaria - di privare di finanziamenti pubblici i partiti politici che non condannano la violenza e il terrorismo e non rispettano i diritti dell'uomo e le libertà fondamentali, la democrazia e lo Stato di diritto quali stabiliti nella Convenzione europea sui diritti dell'uomo e nella Carta dei diritti fondamentali. Chiede inoltre alla Commissione di garantire «che non siano disponibili finanziamenti dell'Unione europea per i media che vengono utilizzati come piattaforma per la promozione su ampia scala di idee razziste, xenofobe e omofobe». Viceversa, invita i media a informare il pubblico «dei pericoli dei discorsi intrisi di odio» e «a contribuire a promuovere i principi e i valori della democrazia, dell'uguaglianza e della tolleranza».

 

Commissione e Consiglio sono poi esortati ad assumere un ruolo di primo piano nella ricerca di idonee soluzioni politiche e giuridiche, in particolare nella fase preventiva - con riferimento all'istruzione dei giovani e l'informazione del pubblico, l'insegnamento contro il totalitarismo e la diffusione dei principi dei diritti umani e delle libertà fondamentali - «in modo da mantenere viva la memoria della storia europea». Il Parlamento invita gli Stati membri ad elaborare politiche di istruzione «che incoraggino una cittadinanza democratica basata sui diritti e sulle responsabilità dei cittadini».

 

Il Parlamento insiste affinché la Commissione controlli la piena applicazione della legislazione esistente diretta a vietare l'istigazione alla violenza politica e religiosa, al razzismo e alla xenofobia. Gli Stati membri devono anche controllare la rigorosa applicazione e il costante miglioramento delle leggi antirazziste e delle campagne di informazione e sensibilizzazione nei media e negli istituti scolastici. Infine, invita le istituzioni europee a conferire un chiaro mandato all'Agenzia europea per i diritti fondamentali «affinché indaghi sulle strutture dei gruppi estremisti, per determinare se alcuni coordinino le loro attività nell'insieme dell'Unione europea ovvero a livello regionale».

 

***

Prima di procedere al turno di voto, Martin SCHULZ (PSE, DE) aveva chiesto all'UEN di ritirare la propria firma dalla risoluzione, in ragione delle proteste inscenate da alcuni suoi membri durante la cerimonia della firma della Carta dei diritti fondamentali cui la risoluzione fa riferimento. Esprimendo poi la propria solidarietà nei confronti degli uscieri «aggrediti verbalmente e fisicamente» durante i tumulti, ha affermato di non avere più l'intenzione di collaborare con l'UEN.

 

Cristiana MUSCARDINI (UEN, IT), nel sottolineare che siede al Parlamento da più 18 anni e che, con i suoi colleghi, ha sempre difeso i diritti umani e civili, ha esclamato di non intendere «prendere lezioni da Martin Schulz» perché «non è il depositario della verità». La democrazia, ha aggiunto, «è una realtà che va difesa anche con il rispetto delle persone e dei gruppi». La deputata ha poi affermato di vergognarsi di Schulz il quale «si deve pentire nella sua coscienza» per quanto detto. L'UEN, ha aggiunto, è solidale con gli uscieri che «in molte occasioni hanno tentato di difendere il diritto di parola e di espressione molte volte negato da alcuni gruppi di maggioranza del Parlamento». L'UEN, ha proseguito, «crede nei diritti fondamentali e invoca che ci sia il rispetto anche dei doveri». Ha quindi concluso invitando Martin Schulz a ritirare lui la firma dalla risoluzione.

 

 

Link utili

 

Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 29 novembre 2007 sulla proposta di decisione quadro del Consiglio sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale
Agenzia per i diritti fondamentali: relazione "Razzismo e xenofobia negli Stati membri dell'Unione europea nel 2007"
Testo della Carta dei diritti fondamentali dell'UE

 

Riferimenti

 

Risoluzione comune sulla lotta contro l'intensificarsi dell'estremismo in Europa

Procedura: Risoluzione comune

Dibattito: 12.12.2007

Votazione: 13.12.2007

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Tessili: vigilanza sull'import cinese e etichetta "made in"

 


Allo scadere dell'accordo con la Cina, il Parlamento chiede una vigilanza efficace e un migliore accesso ai mercati esteri per i prodotti UE. Sollecita poi norme vincolanti sull'indicazione dell'origine dei tessili importati e la lotta alla contraffazione. L'UE dovrebbe anche ricorrere agli strumenti di difesa commerciale, garantire la sicurezza dei consumatori, creare un nuovo programma a favore dell'industria europea e promuovere la creazione di una zona di produzione euro-mediterranea.

 

Il Parlamento ha approvato una risoluzione comune sostenuta da tutti i gruppi politici (eccetto IND/DEM) che sottolinea anzitutto come il 70% di tutte le merci contraffatte che entrano nel mercato europeo «proviene dalla Cina» e che «la metà di tutte le procedure doganali europee contro la contraffazione riguarda il settore tessile e dell'abbigliamento». Consapevole del fatto che l'eliminazione del sistema di quote scaturisce da un accordo legalmente vincolante e contestuale all'adesione della Cina all'OMC, il Parlamento ricorda tuttavia che tale accordo consente a tutti i membri dell'OMC, compresa l'UE, «di applicare misure di salvaguardia nei confronti di importazioni dalla Cina fino alla fine del 2008», qualora ciò dovesse essere necessario.

 

Nell'invitare la Commissione ad incoraggiare le autorità cinesi a flessibilizzare i tassi di cambio della loro moneta, il Parlamento accoglie con favore un sistema di vigilanza congiunta sulle importazioni. Tuttavia esprime «profonda preoccupazione» per le modalità di istituzione del sistema e invita pertanto la Commissione a garantire un'adeguata applicazione e a valutarne l'efficacia, «in modo da assicurare una transizione agevole verso il libero commercio dei prodotti tessili». Sottolinea, peraltro, che occorre garantire un sistema di vigilanza efficace nel lungo periodo e che è necessario applicare nuove misure di salvaguardia «per consentire di mantenere e promuovere l'occupazione e l'attività del settore UE». Invitando la Commissione e gli USA ad avviare consultazioni sulla questione delle importazioni tessili dalla Cina, il Parlamento chiede l'istituzione di un sistema di monitoraggio e di valutare i risultati entro la fine del primo trimestre del 2008, «in modo da garantire che gli effetti perturbatori di un'impennata delle importazioni tessili siano debitamente e rapidamente presi in considerazione». Segnala peraltro

 

Osservando poi che l'Unione europea è il secondo esportatore mondiale di prodotti tessili e di abbigliamento, il Parlamento manifesta la sua preoccupazione «per le elevate barriere tariffarie e non tariffarie in numerosi paesi terzi». In proposito sottolinea che la Commissione, negli accordi bilaterali, regionali e multilaterali con i paesi terzi, «dovrebbe garantire migliori condizioni di accesso ai mercati di tali paesi». I deputati ritengono infatti che ciò è «essenziale per il futuro dell'industria tessile e dell'abbigliamento basata in Europa», in particolare per le PMI.

 

Il Parlamento ritiene poi che andrebbero applicate «norme vincolanti» sulla denominazione d'origine per i prodotti tessili importati da paesi terzi e invita quindi il Consiglio a adottare la proposta di regolamento, attualmente all'esame, sull'indicazione del "made in". Tale regolamento, per i deputati, «contribuirebbe a tutelare meglio i consumatori e a sostenere l'industria europea che si fonda su ricerca, innovazione e qualità». Anche perché si dicono preoccupati «per le sistematiche violazioni dei diritti di proprietà intellettuale». Sollecitano quindi la Commissione a combattere tali violazioni, in particolare la contraffazione, a livello multilaterale, regionale e bilaterale. [L'11 dicembre il Parlamento ha ufficialmente adottato una dichiarazione scritta sul marchio d'origine, ndr].

 

D'altra parte, il Parlamento invita la Commissione a cogliere l'opportunità della negoziazione di accordi commerciali «per incoraggiare e rafforzare norme ambientali e sociali, come quelle inerenti a un lavoro dignitoso, nei paesi terzi, al fine di garantire eque condizioni di concorrenza». In proposito, ricorda che gli strumenti di difesa commerciale (antidumping, antisovvenzioni e misure di salvaguardia) costituiscono «meccanismi essenziali» di regolamentazione e strumenti legittimi per far fronte alle importazioni legali ed illegali da paesi terzi. In particolare per il settore tessile e dell'abbigliamento, che attualmente è un mercato aperto non protetto dalle quote.

 

Al fine di garantire la sicurezza e la protezione dei consumatori, il Parlamento esorta la Commissione ad avvalersi dei suoi poteri «per proibire che siano immessi prodotti pericolosi nel mercato dell'UE». Più in particolare, la invita a garantire che i prodotti tessili importati che entrano nel mercato dell'UE, in particolare dalla Cina, «siano soggetti ad esigenze di sicurezza e di protezione dei consumatori identiche a quelle applicate ai prodotti tessili confezionati nel territorio dell'UE». Andrebbero inoltre realizzati una valutazione e uno studio adeguati sulla questione del presunto pass-through (trasferimento) delle riduzioni dei prezzi ai consumatori dell'Unione europea.

 

La Commissione e gli Stati membri sono invitati a promuovere attivamente l'ammodernamento dell'industria tessile europea «sostenendo l'innovazione tecnologica, la ricerca e lo sviluppo», nonché la formazione professionale, soprattutto per quanto riguarda le PMI. Dovrebbe poi essere garantito che il Fondo di adeguamento alla globalizzazione sia utilizzato in modo sostanziale per la ristrutturazione e la riqualificazione del settore tessile e, in particolare, delle PMI «ampiamente colpite dalla liberalizzazione del mercato». Per i deputati occorre inoltre assistere i lavoratori del settore tessile e dell'abbigliamento «con misure sociali» e «realizzare piani concreti per le imprese che devono attuare misure di ristrutturazione».

 

Facendo proprio un emendamento proposto dalla GUE/NGL, il Parlamento ribadisce la sua proposta di creare un programma comunitario - con adeguati mezzi di sostegno - per il settore tessile e dell'abbigliamento, specialmente per le regioni più sfavorite dipendenti dal settore, destinato a sostenere la ricerca, l'innovazione, la formazione professionale e le PMI. Ma anche un programma comunitario mirato «a incentivare la creazione di marche e la promozione esterna dei prodotti del settore», segnatamente nelle fiere internazionali

 

Infine, il Parlamento invita la Commissione ad appoggiare la creazione di una zona di produzione euro-mediterranea nel settore tessile, «al fine di creare una zona competitiva a livello internazionale che possa garantire il mantenimento della produzione industriale e dell'occupazione». Ma chiede di studiare l'impatto della piena liberalizzazione del settore tessile e dell'abbigliamento sui paesi meno sviluppati e a valutare come programmi di aiuto per il commercio possano agevolare i paesi meno sviluppati ad impegnarsi in programmi settoriali e sostenibili dal punto di vista sociale e ambientale.
 

Antefatti

 

A seguito di una crescita esponenziale delle importazioni di tessili cinesi dopo la liberalizzazione dei mercati mondiali avviata all'inizio del 2005, la Commissione e il ministero del Commercio della Repubblica popolare cinese hanno firmato, nel mese di giugno, un memorandum d’intesa sull’esportazione di alcuni prodotti tessili e dell’abbigliamento cinesi nella Comunità. Tale memorandum ha introdotto livelli concordati per alcune categorie di prodotti tessili, la cui applicazione scade il 1° gennaio 2008.

 

Il memorandum riguarda l’importazione dalla Cina nella Comunità di dieci categorie di prodotti tessili: categoria 2 (tessuti di cotone), categoria 4 (T-shirt), categoria 5 (pullover), categoria 6 (pantaloni), categoria 7 (bluse), categoria 20 (biancheria da letto), categoria 26 (abiti), categoria 31 (reggiseni), categoria 39 (biancheria da tavola e da cucina) e categoria 115 (tessuti di lino o di ramiè).

 

Sulla base di un’analisi dettagliata di ogni categoria del memorandum, la Commissione e il ministero cinese sono giunti alla conclusione che sia necessario introdurre un sistema di sorveglianza, poiché sussiste la ragionevole possibilità che otto delle categorie di prodotti tessili soggette ai livelli concordati nel memorandum - tutte quelle summenzionate, eccetto i tessuti di cotone e la biancheria da tavola e da cucina - potrebbero subire pressioni nel 2008 a causa delle importazioni originarie della Cina.

 

Alla fine dello scorso mese di ottobre, l'Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF), in collaborazione con le autorità austriache, ha scoperto un vasto traffico illegale di tessuti e scarpe provenienti dalla Cina. La frode - organizzata tramite false fatturazioni, false dichiarazioni d'origine e la sottostima (fino a 15 volte) del valore reale di mercato - riguardava soprattutto jeans, magliette (T-shirt) e diversi tipi di scarpe, soprattutto sportive. L'OLAF ha stimato in 600.000 tonnellate la quantità di tessili e scarpe implicata finora in questo tipo di frodi. Per i soli dazi doganali, si calcola che l'impatto globale sul bilancio UE sarebbe superiore a 200 milioni di euro.

 

Link utili

 

Dichiarazione del Parlamento europeo sul marchio d'origine (11.12.2007)
Sito della Commissione europea sul commercio di tessili (in inglese)
Study on the Application of Value Criteria for Textile Products in Preferential Rules of Origin

 

Riferimenti

 

Risoluzione comune sul futuro del settore tessile dopo il 2007

Procedura: Risoluzione comune

Dibattito: 13.12.2007

Votazione: 13.12.2007

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Il Montenegro fa un primo passo verso l'adesione all'UE

 


Approvando la conclusione dell'accordo di associazione, il Parlamento afferma che si è compiuto così un primo importante passo verso l'adesione del Montenegro all'UE. Ma restano ancora progressi da realizzare nei seguenti campi: indipendenza della magistratura e dell'amministrazione, lotta alla corruzione, alla criminalità organizzata, alla tratta di esseri umani, al traffico di armi, di sigarette e di droga. Ma anche nel campo economico, della libertà di stampa e della difesa dell'ambiente. 

 

Approvando la relazione di Marcello VERNOLA (PPE/DE, IT), il Parlamento ha approvato la conclusione dell'Accordo stabilizzazione e di associazione con il Montenegro.

 

Contestualmente, ha anche adottato una risoluzione con la quale afferma che l'accordo di stabilizzazione e di associazione costituisce «un primo importante passo della Repubblica di Montenegro verso l'adesione all'Unione europea». L'accordo rappresenta inoltre un ulteriore esempio dei cambiamenti positivi che la prospettiva dell'adesione all'Unione europea permette di realizzare nei Balcani occidentali.

 

Compiacendosi dell'adozione da parte del parlamento montenegrino di un nuovo testo costituzionale, i deputati ritengono che la nuova Costituzione stabilisca una più chiara separazione dei poteri tra il ramo legislativo, esecutivo e giudiziario e offra garanzie sufficienti alle minoranze nazionali. Sono anche del parere che essa «rappresenti un passo nella giusta direzione e fornisca un'ulteriore prova della volontà del Montenegro di integrarsi pienamente nell'Unione europea».

 

Il Parlamento prende atto con soddisfazione della costante cooperazione del Montenegro con il Tribunale penale internazionale per l'ex Jugoslavia (ICTY) e sottolinea che ciò è strettamente collegato ai progressi compiuti dal Montenegro verso l'adesione all'Unione europea. Esorta le autorità montenegrine a portare a termine le loro indagini concernenti Sreten Glendza, comandante del distretto di polizia di Ulcinj, e altri cinque ex funzionari di polizia accusati di aver commesso crimini di guerra nel 1992. D'altra parte, compiacendosi dell'arresto in Montenegro del latitante Vlastimir Djordjevic accusato di crimini di guerra, invita le autorità montenegrine a cooperare maggiormente con la Serbia e con i paesi vicini per localizzare e arrestare gli altri sospettati di crimini di guerra, in particolare Ratko Mladic e Radovan Karadzic.

 

Esorta quindi il governo e il parlamento montenegrini a dare concreta attuazione agli obiettivi dell'accordo, introducendo le disposizioni legislative e regolamentari necessarie al fine di garantire la piena indipendenza e responsabilità della magistratura. Dovrebbero inoltre cooperare pienamente con le autorità giudiziarie italiane e prestare loro tutta l'assistenza necessaria ai fini della conclusione delle indagini sulla criminalità organizzata e sul contrabbando di sigarette, «che vedono coinvolte eminenti personalità politiche montenegrine», cui potrebbe far seguito un mandato d'arresto internazionale.

A tale proposito, le autorità montenegrine sono esortate a adottare e ad attuare politiche proattive di lotta contro la corruzione, al fine di migliorare l'efficienza della pubblica amministrazione, la lotta contro la criminalità organizzata e la lotta contro la tratta di esseri umani, il traffico di armi, il contrabbando di sigarette e il traffico di stupefacenti, «che sono condizioni preliminari per il proseguimento dell'integrazione nell'Unione europea». I deputati, peraltro, ricordano l'importanza di creare un clima di sicurezza per i cittadini, i turisti e gli investitori stranieri in Montenegro e, in tale contesto, chiedono di rafforzare gli organismi indipendenti incaricati di controllare la corruzione.

 

Il Parlamento esprime preoccupazione per la mancanza di trasparenza e per la cultura dei monopoli all'interno delle strutture politiche ed economiche e constata che «ciò ostacola lo sviluppo del Montenegro in una società basata sulla democrazia e sul libero mercato» E' inoltre del parere che, per la corretta applicazione dell'accordo, siano essenziali la formulazione e l'attuazione di un piano esaustivo di sviluppo economico a lungo termine nonché il fatto di affrontare «l'estesa economia sommersa» in Montenegro. Invita poi le autorità montenegrine ad assumere un fermo impegno a favore dell'occupazione e a perseguire politiche economiche volte a creare un contesto imprenditoriale apertamente competitivo e trasparente.

 

Il governo montenegrino è inoltre invitato ad attuare la riforma della legislazione sui mezzi di informazione, in particolare la legge sulla trasparenza e sulla prevenzione della concentrazione dei mezzi di informazione, al fine di «garantire una maggiore trasparenza e impedire i monopoli». Occorre poi garantire l'indipendenza del Consiglio radiotelevisivo del Montenegro (RTCG) e consolidare l'indipendenza dei mezzi di comunicazione «a garanzia di un'informazione equilibrata». Il Parlamento esorta il governo montenegrino a garantire la libertà di stampa e chiede che si apra un'indagine sull'aggressione subita da Zeljko Ivanovic, direttore del quotidiano indipendente "Vijesti", a Podgorica il 1° settembre 2007. Esprime poi profondo rammarico per la mancata soluzione del caso dell'assassinio del giornalista Dusko Jovanovic, il quale all'epoca dell'omicidio si apprestava a pubblicare una serie di articoli sul contrabbando di sigarette e su altre forme di criminalità organizzata in Montenegro.

 

In materia ambientale, il Parlamento insiste sulla necessità di adottare un quadro legislativo coerente in materia ambientale e un piano generale per la protezione costiera, si rammarica delle attuali speculazioni fondiarie e immobiliari e delle loro ripercussioni negative sullo sviluppo sostenibile del paese. Esorta quindi una legislazione nazionale relativa alla tutela del paesaggio e a dare attuazione ai piani generali per la gestione integrata dei rifiuti e il trattamento delle acque reflue, e richiama l'attenzione sull'urgente necessità di un'azione concertata per preservare il patrimonio naturale e architettonico. Raccomanda poi la costruzione di impianti che utilizzano fonti energetiche rinnovabili.

 

Background

 

L'accordo verte principalmente sui seguenti elementi:

 

-          instaurazione di un dialogo politico con il Montenegro;

-          disposizioni volte ad intensificare la cooperazione regionale, compresa la prospettiva di creare zone di libero scambio fra i paesi della regione;

-          prospettiva di creare una zona di libero scambio tra la Comunità e il Montenegro entro cinque anni dall'entrata in vigore dell'accordo;

-          disposizioni riguardanti la circolazione dei lavoratori, la libertà di stabilimento, la prestazione di servizi, i pagamenti correnti e i movimenti di capitali;

-          impegno del Montenegro a ravvicinare la sua legislazione con quella comunitaria, soprattutto nei settori chiave del mercato interno;

-          disposizioni sulla cooperazione con il Montenegro in numerosi settori, tra cui giustizia, libertà e sicurezza;

-          istituzione di un consiglio di stabilizzazione e di associazione incaricato di sorvegliare l'attuazione dell'accordo, di un comitato di stabilizzazione e di associazione e di un comitato parlamentare di stabilizzazione e di associazione.

 

Gli obiettivi di tale associazione sono:

 

-          aiutare il Montenegro a consolidare la democrazia e lo Stato di diritto;

-          contribuire alla stabilizzazione politica, economica e istituzionale in Montenegro e nella regione;

-          fornire un contesto adeguato per il dialogo politico, che consenta lo sviluppo di strette relazioni politiche fra le Parti,

-          sostenere gli sforzi del Montenegro volti a sviluppare la cooperazione economica e internazionale, anche attraverso il ravvicinamento della sua legislazione a quella comunitaria;

-          aiutare il Montenegro a completare la transizione verso un'economia di mercato funzionante;

-          promuovere relazioni economiche armoniose e instaurare progressivamente una zona di libero scambio tra la Comunità e il Montenegro;

-          promuovere la cooperazione regionale in tutti i settori contemplati dal presente accordo.

 

 

Link utili

 

Proposta della Commissione

 

Riferimenti

 

Marcello VERNOLA (PPE/DE, IT)

Raccomandazione sulla proposta di decisione del Consiglio e della Commissione relativa alla conclusione dell'accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Montenegro, dall'altra

&

Risoluzione sulla conclusione dell'accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Montenegro, dall'altra

Procedura: Parere conforme e risoluzione

Dibattito:.12.12.2007

Votazione: 13.12.2007

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Diritti umani in Cina: libertà di culto e stop alle pressioni sugli Stati amici del Dalai Lama

 


L'UE deve affrontare con la Cina tutti i temi legati ai diritti umani e approfittare dei giochi olimpici per focalizzare l'attenzione del mondo sulla situazione nel paese. E' quanto afferma il Parlamento chiedendo alla Cina di cessare le persecuzioni politiche, garantire la libertà di religione, evitare pressioni sugli Stati che hanno relazioni amichevoli con il Dalai Lama e allentare la morsa sul Tibet. Deve inoltre garantire la libertà d'informazione e rimettere in libertà i cyber-dissidenti.

 

Il Parlamento ha approvato una risoluzione comune sostenuta da tutti i gruppi politici (eccetto l'IND/DEM) in cui sottolinea che la situazione dei diritti umani in Cina rimane fonte di «gravi preoccupazioni» e ribadisce la necessità di rafforzare e migliorare sensibilmente il dialogo UE-Cina in materia di diritti dell'uomo. Pur notando che è difficile determinare con accuratezza la portata delle violazioni in materia di diritti dell'uomo, i deputati osservano che giungono continuamente notizie preoccupanti di repressione politica, di presunte torture, di un diffuso ricorso al lavoro forzato, di un frequente uso della pena di morte e di una sistematica repressione della libertà di religione, di parola e dei media, compreso Internet. Ma anche riguardo a rigorosi controlli esercitati dal governo cinese sull'informazione riguardante le zone tibetane della Cina e sul relativo accesso.

 

Per il Parlamento, tutti questi temi, assieme a quelli della riforma del sistema giudiziario penale, della liberazione dei detenuti a seguito dei fatti di Piazza Tienanmen e dei diritti dei lavoratori, devono continuare ad essere trattati nel contesto del dialogo UE/Cina, in particolare per quanto riguarda l'applicazione delle raccomandazioni formulate dalle riunioni precedenti. Chiede inoltre al Consiglio e alla Commissione di dedicare una particolare attenzione al rispetto delle convenzione dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) per quanto riguarda in particolare i sindacati indipendenti e il lavoro minorile. Accoglie peraltro con favore la dichiarazione congiunta del decimo vertice UE-Cina, in cui entrambe le parti hanno ribadito il loro impegno a sviluppare un partenariato strategico di ampia portata per far fronte alle sfide globali. Tuttavia, deplora che il Consiglio e la Commissione non abbiano sollevato «in modo fermo e adeguato» i problemi dei diritti umani al Vertice UE-Cina per dare più peso politico alle preoccupazioni in materia.

 

Deplora inoltre che l'UE «non abbia colto l'opportunità dell'imminenza dei giochi olimpici per affrontare i casi scottanti dei diritti umani in Cina». I deputati ritengono infatti che le Olimpiadi di Pechino del 2008 «dovrebbero costituire un'importante occasione per focalizzare l'attenzione del mondo sulla situazione dei diritti dell'uomo in Cina». Si dicono poi profondamente preoccupati per il recente aumento delle persecuzioni politiche nel contesto dei giochi olimpici ed esortano il governo cinese a rilasciare immediatamente attivisti e giornalisti incarcerati, a porre fine a queste violazioni dei diritti umani nonché alla demolizione di innumerevoli abitazioni senza una compensazione per fare posto alle infrastrutture dei giochi olimpici. Ribadiscono poi la richiesta alle autorità cinesi di istituire una moratoria sulle esecuzioni durante le Olimpiadi e di revocare la lista nera di 42 categorie di persone.

 

Il Parlamento richiama poi l'attenzione sull'esigenza di una legge globale in materia religiosa «che risponda a criteri internazionali e garantisca un'autentica libertà religiosa». In proposito, deplora la contraddizione tra la libertà costituzionale di opinione e «la continua interferenza dello Stato negli affari delle comunità religiose, soprattutto per quanto riguarda la formazione, la scelta, la nomina e l'indottrinamento politico dei ministri del culto».

 

Per quanto riguarda il Tibet, il Parlamento deplora che il sesto ciclo di colloqui cino-tibetani non abbia conseguito risultati. Chiede quindi al governo cinese di avviare autentici negoziati «tenendo in debita considerazione le richieste di autonomia per il Tibet da parte del Dalai Lama» e di «astenersi dall'esercitare pressioni su Stati che hanno relazioni amichevoli con il Dalai Lama». Inoltre ribadisce la sua preoccupazione per le notizie di continue violazioni dei diritti umani in Tibet e in altre province abitate da tibetani «che riguardano torture, arresti arbitrari e detenzioni, repressione della libertà religiosa, limitazioni arbitrarie del libero movimento e riabilitazione attraverso i lavori forzati». Deplora l'intensificazione della cosiddetta campagna "di educazione patriottica" in atto dal 2005 nei monasteri e nei conventi tibetani, «obbligando i tibetani a sottoscrivere dichiarazioni di denuncia del Dalai Lama come pericoloso separatista».

 

Il Parlamento si dice altrettanto preoccupato per il controllo e la censura dell'informazione via Internet, e invita le autorità cinesi «a porre fine al blocco di migliaia di siti web, tra cui quelli di mezzi d'informazione europei», nonché a rimettere in libertà lo scrittore Yang Maodong e gli altri 50 cyber-dissidenti e utenti del web detenuti in Cina. Più in generale, chiede alla Cina di compiere concreti passi avanti per garantire la libertà di parola e il rispetto della libertà di stampa, sia per i giornalisti cinesi che per quelli stranieri.

 

Il Parlamento sollecita l'UE a garantire che migliori relazioni commerciali con la Cina «siano subordinate a riforme in materia di diritti dell'uomo». Al riguardo invita il Consiglio ad effettuare un'analisi globale della situazione dei diritti dell'uomo prima di finalizzare qualsiasi nuovo accordo quadro di partenariato e di cooperazione. Ribadisce inoltre che l'embargo UE sugli armamenti nei confronti della Cina, a seguito dei fatti di Piazza Tiennamen, «deve rimanere intatto finché non saranno compiuti consistenti passi avanti sulle questioni relative ai diritti umani».

 

Nell'esortare la Cina a cessare l'attuale sostegno ai regimi in Myanmar e in Darfur, il Parlamento le chiede infine di ottemperare alle raccomandazioni del relatore speciale dell'ONU sulla tortura.

 

Link utili

 

Dichiarazione congiunta UE/Cina (francese e inglese)

Risoluzione del Parlamento europeo del 7 settembre 2006 sulle relazioni UE-Cina

 

Riferimenti

 

Risoluzione comune sulle relazioni UE-Cina

Procedura risoluzione comune

Dibattito 12.12.2007

Votazione: 13.12.2007

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Verso un mondo senza mine

 


Sono ancora troppe nel mondo le vittime delle mine antipersona. Il Parlamento chiede quindi il pieno rispetto della Convenzione sulla messa al bando di questi ordigni e di iniziare subito i preparativi per la sua revisione. Sollecita poi l'UE a finanziare lo sminamento e l'assistenza alle vittime e a vietare per legge ogni sostegno da parte di istituzioni finanziarie a favore di imprese attive nella produzione, nello stoccaggio o nel trasferimento di mine terrestri antipersona.

 

Il Parlamento ha approvato una risoluzione comune sostenuta da tutti i gruppi politici (eccetto IND/DEM) che invita tutti gli Stati a firmare e a ratificare la Convenzione di Ottawa al fine di universalizzarla «per raggiungere l'obiettivo comune di un mondo senza mine». Nota infatti che sono 78 i paesi ancora in possesso di arsenali contenenti circa 250 milioni di mine terrestri, tre gli Stati non firmatari della convenzione producono ancora o mantengono il diritto di produrre mine antipersona e nove gli Stati firmatari che devono ancora distruggere i loro arsenali entro quattro anni dall'adesione alla Convenzione.

 

In proposito, sottolinea l'importanza che gli Stati Uniti, la Russia, la Cina, il Pakistan e l'India aderiscano alla Convenzione di Ottawa. Invita inoltre i due Stati membri (Finlandia e Polonia, ndr) che non hanno ancora aderito alla Convenzione o terminato il processo di ratifica a procedere in tal senso prima della prossima Conferenza di revisione della Convenzione di Ottawa che si terrà nel 2009. Gli Stati firmatari dovrebbero poi attuare «integralmente e rapidamente» tutti gli obblighi previsti dalla Convenzione di Ottawa.

 

Il Consiglio, gli Stati membri dell'Unione europea e i paesi candidati sono poi invitati ad avviare «immediatamente» i preparativi per la Conferenza di revisione della Convenzione e a presentare, in tale contesto, una proposta relativa alla prevista "azione congiunta". In proposito, ricorda l'interpretazione della Croce rossa internazionale secondo cui fili di inciampo, fili a strappo, asticelle inclinate, spolette a bassa pressione, dispositivi antimanipolazione e congegni simili «sarebbero vietati nei paesi firmatari della Convenzione». Rivolge inoltre l'invito a adottare senza indugio misure per garantire che le mine anticarro che potrebbero essere fatte detonare dalla presenza, dalla prossimità o dal contatto di una persona vengano distrutte.

 

Tra il 1999 e il 2004, si è proceduto allo sminamento di 4 milioni di mine antipersona (APM) e di 1 milione di mine anticarro (AVM) e sono stati bonificati 2.000 km2 (pari alla superficie del Lussemburgo) di aree contaminate. Tuttavia si stima che più di 200.000 km2 a livello mondiale (pari alla superficie del Senegal) sono ancora contaminati da mine e ordigni inesplosi. Ciò significa che in più di 90 paesi si trovano ancora mine e ordigni inesplosi. Il Parlamento invita quindi la Commissione a garantire pienamente «la propria determinazione e continuità negli sforzi volti ad assistere finanziariamente le comunità e gli individui interessati dal problema delle mine antipersona con tutti gli strumenti disponibili», anche nei territori sotto il controllo o l'influenza di attori armati non governativi. In proposito, chiede il ripristino di una linea di bilancio specifica in materia di mine antipersona per il finanziamento delle azioni antimine, dell'assistenza alle vittime e della distruzione degli arsenali, e di garantire la disponibilità di risorse sufficienti dopo il 2007.

 

Sottolineando che nel 2007 la Commissione ha impegnato un totale di 33 milioni di euro per azioni antimine in 10 paesi (Bielorussia, Bosnia-Erzegovina, Cambogia, Cipro, Etiopia, Guinea-Bissau, Giordania, Libano, Senegal e Sudan), ricorda peraltro che dagli inizi degli anni Novanta, la comunità internazionale ha destinato più di 3,4 miliardi di dollari ai programmi di azione antimine (sminamento e aiuti alle vittime), e che l'Unione europea ha speso circa 335 milioni di euro. Invita poi gli Stati membri dell'Unione europea e i paesi candidati, a garantire che i finanziamenti da essi destinati alle operazioni di sminamento «contribuiscano allo sviluppo di una capacità nazionale in materia», per garantire che le operazioni proseguano fino alla «bonifica totale di tutte le aree minate, note o presunte».

 

Il numero di vittime segnalate è passato da 11.700 nel 2002 a 5.751 nel 2006, ma dati ufficiosi stimano a 15.000-20.000 l'anno il numero ufficioso di vittime di mine terrestri e ordigni inesplosi. Al mondo vi sono circa 450.000 - 500.000 sopravvissuti che necessitano di assistenza e riabilitazione e tre quarti delle vittime ufficiali sono civili di cui il 34% sono bambini. Il Parlamento invita quindi i paesi interessati dal problema delle mine e i donatori internazionali «a conferire maggiore priorità alla riabilitazione fisica ed economica dei sopravvissuti, poiché non si tiene adeguatamente conto delle loro esigenze».

 

Il Parlamento ricorda poi che ogni paese firmatario della Convenzione di Ottawa si impegna ad astenersi «sempre e in qualsiasi circostanza» dall'assistere, incoraggiare o indurre, in qualunque modo, chiunque ad impegnarsi in attività proibite in virtù della Convenzione. Invita gli Stati contraenti a garantire che le istituzioni finanziarie presenti sul loro territorio e/o che rientrano nella loro giurisdizione effettuino investimenti in imprese coinvolte nella produzione, nello stoccaggio o nel trasferimento di mine terrestri antipersona. Di più, ritiene che nelle legislazioni europea e nazionale debba essere inserito il divieto di ogni tipo di sostegno finanziario diretto e indiretto da parte di istituzioni finanziarie pubbliche o private a favore di imprese coinvolte nella produzione, nello stoccaggio o nel trasferimento di mine terrestri antipersona».

 

 

Link utili

 

Sito della Convenzione di Ottawa

Testo italiano della Convenzione (traduzione non ufficiale)

Sito dell'ottava Conferenza delle Parti

Sito ONU "mine action"

Risoluzione del Parlamento europeo del 7 luglio 2005 su un mondo senza mine

Sito tematico della Commissione

 

 

Riferimenti

 

Risoluzione comune sul decimo anniversario della Convenzione di Ottawa del 1997 per la messa al bando dell'uso, dello stoccaggio, della produzione e del trasferimento di mine antipersona e per la loro distruzione

Procedura: Risoluzione comune

Dibattito 10.12.2007

Votazione: 13.12.2007

 

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