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RASSEGNA
12 - 15 novembre 2007
Strasburgo
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Sommario
ISTITUZIONI
LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE PERSONE
SCHENGEN
TRASPORTI
AMBIENTE
RELAZIONI ESTERNE
AIUTI UMANITARI
DIRITTI UMANI
PESCA
CULTURA
SPORT
POLITICA SOCIALE
POLITICA REGIONALE
PETIZIONI
ISTITUZIONI ORDINE DEL GIORNO 28 - 29 NOVEMBRE 2007 CODICI DELLE PROCEDURE PARLAMENTARI, ABBREVIAZIONI, GRUPPI POLITICI DEPUTATI AL PARLAMENTO EUROPEO
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Sarkozy al Parlamento: l'Europa si difenda dalla globalizzazione Il Presidente Sarkozy ha illustrato all'Aula la sua visione dell'Europa. Un'Europa che tenga conto delle aspettative dei suoi popoli, democratica e pluralista che, ormai dotata dei mezzi per agire, non abbia paura di ripensare i suoi obiettivi. Un'Europa che difenda le diverse identità e culture e che tuteli i diritti umani nel mondo. Ma che si difenda anche dalla concorrenza sleale e moralizzi il capitalismo finanziario, e che abbia politiche comuni in materia di difesa e d'immigrazione. Il Presidente PÖTTERING ha introdotto l'intervento di Nicolas Sarkozy dicendosi onorato dalla sua presenza al Parlamento europeo e sottolineando che vi era molta attesa per il suo intervento in Aula. Ha poi evidenziato come il Capo di Stato francese, anche durante la campagna presidenziale, abbia regolarmente e fermamente sostenuto la priorità della costruzione europea. Dopo aver ricordato che, già nel 1849, Victor Hugo ipotizzava l'unione degli Stati europei, il Presidente ha ricordato i due grandi protagonisti francesi dell'integrazione europea: Robert Schumann e Jean Monnet. Ha poi evidenziato che il Presidente Sarkozy, già prima della sua elezione, aveva dichiarato l'intenzione di porre la Francia al centro della politica europea e la sua influenza si è infatti sentita nella definizione del nuovo trattato, dimostrando «decisione e coraggio». Si è poi rallegrato di essere stato il primo invitato non francese all'Eliseo, notando che ciò denota la convinzione europea del Presidente, che condivide gli stessi valori difesi dal Parlamento europeo. Ha infine ricordato che, nel corso di un discorso di Sarkozy a Strasburgo, il Presidente francese aveva dichiarato che la Francia e tutti gli europei avrebbero dovuto assumersi le proprie responsabilità e che avrebbe avviato un ampio dibattito affrontando tutte le questioni. Il Presidente Nicolas SARKOZY, dopo aver ringraziato per l'invito al Parlamento - «dove batte il cuore democratico europeo» - ha subito voluto rinnovare di fronte ai deputati «l'impegno europeo della Francia» e ha precisato che il "no" alla Costituzione non è stata, per il popolo francese, l'espressione di un rifiuto dell'Europa bensì «di una più grande esigenza nei suoi riguardi». L'Europa sia all'altezza delle aspettative dei suoi popoli Sin dall'inizio, ha aggiunto, la costruzione europea è stata sostenuta da una speranza di pace, fratellanza e progresso nata a seguito dei grandi conflitti del XX secolo, e i popoli si aspettano ora che l'Europa sia all'altezza di questa speranza. La costruzione europea, ha poi spiegato, deve essere presa per quello che è: un'esigenza spirituale, morale e politica. E' l'espressione di una volontà comune dei popoli «che si riconoscono nei valori e in una civilizzazione che vogliono mantenere vivi». L'Europa, ha insistito, non è una macchina amministrativa o legislativa, e «non può essere tenuta lontana dai sentimenti e dalle passioni umane», «o sarà un grande ideale oppure finirà». Tutti coloro che amano l'Europa, ha proseguito, devono prendere sul serio i "no" dei cittadini francesi e olandesi. In questi "no" vi era l'angoscia e la delusione condivisa da milioni di persone che avevano la sensazione che l'Europa non li proteggesse più a sufficienza e che era diventata indifferente alle difficoltà delle loro vite. Per il Presidente, questi "no" sono stati «disastrosi» e hanno condotto l'Europa alla sua più grave crisi della storia. Una crisi, tuttavia, che poteva diventare «salutare» se avesse portato a una riflessione sulle sue motivazioni. La necessità del dialogo, no al pensiero unico Nella costruzione europea, ha proseguito, le assemblee parlamentari che si sono susseguite hanno avuto un «ruolo decisivo». Coloro che vi hanno preso parte, cui va reso omaggio, sono stati i rappresentanti dei cittadini d'Europa, in tutta la loro diversità. Diversità che non dev'essere temuta, ma rispettata come la più grande ricchezza. La democrazia vuol dire dibattito, ha sottolineato il Presidente, «è la pluralità dei punti di vista» e «si farà morire l'Europa se ci si riunisce tutti intorno a un pensiero unico, dove colui che la pensa in modo diverso è una cattivo europeo». E' per tale ragione che il Presidente ha «sempre preferito la regola della maggioranza rispetto a quella dell'unanimità». Con quest'ultima, ha osservato, «non si deciderà mai niente di grandioso, d'audace e non si correrà mai nessun rischio, poiché con l'unanimità ci si allea con coloro che vogliono meno Europa». L'unanimità è «impotenza». Il Presidente ha quindi spiegato che è per tale ragione che ha sostenuto l'estensione delle decisioni a maggioranza nel trattato di riforma. Il ruolo della politica, pensare al futuro dell'Europa L'Europa, ha proseguito deve avere più dibattiti, più democrazia e, in fondo, «più politica». E' grazie alla politica, ha infatti spiegato il Presidente, che si è potuti uscire dall'impasse istituzionale al Vertice di giugno, prendendo atto del fallimento della Costituzione. La politica significava proporre ai francesi che avevano votato "no" di negoziare un trattato semplificato per sbloccare l'Europa e di farlo ratificare dal Parlamento, «come ero stato autorizzato dal popolo francese». La politica significava anche, per i sostenitori della Costituzione, «accettare di riaprire i negoziati su un altro progetto meno ambizioso». Il Presidente ha però ammonito a non commettere l'errore di credere che, con il nuovo trattato, «l'Europa abbia risolto tutto». Il trattato, ha infatti spiegato, «risolve la crisi istituzionale ma non la crisi politica e morale dell'Europa», permette di decidere e di agire «ma non spiega quali sono gli obiettivi» e non dice cosa sarà l'Europa di domani e come «contribuirà a migliorare la vita dei cittadini», «non fornisce motivi per ridare fiducia a coloro che avevano smesso di credere nell'Europa». A suo parere, quindi, occorre discutere di tutte le politiche: di bilancio, commerciale, monetaria e industriale, fiscale. Nell'Europa democratica, inoltre, «nessuna indipendenza può essere confusa con una totale irresponsabilità» e l'indipendenza garantita da uno statuto «non può dispensare dal dover rendere conto». Poiché, in democrazia, «la responsabilità politica è un principio imprescindibile». E' per tale motivo, ha spiegato il Presidente, che ha proposto l'istituzione di un comitato di saggi per riflettere sul futuro dell'Europa. Difendere identità e la cultura e tutelare i diritti dell'uomo In una democrazia, ha proseguito il Presidente, bisogna poter discutere - senza paura - di come l'Europa costruisce e difende la propria identità ma anche quelle nazionali che rappresentano «una ricchezza» dell'Europa. A suo parere infatti gli europei stanno vivendo una crisi d'identità «legata alla globalizzazione e alla mercificazione del mondo». La politica, ha aggiunto, ha preso troppo ritardo rispetto all'economia e, ancora più ritardo ha preso la cultura. In un mondo minacciato dall'omologazione, ha insistito, l'Europa deve difendere i valori di civiltà e spirituali nonché la diversità culturale. Deve pertanto difendere le identità. Anche i diritti dell'uomo fanno parte dell'identità europea: «dappertutto nel mondo, ogni volta che un essere umano è oppresso, che un uomo è perseguitato, che un bambino è martirizzato e che un popolo è sottomesso, l'Europa deve essere al suo fianco». L'Europa deve portare la questione dei diritti umani in tutte le regioni del mondo e coloro che hanno rinunciato a questo per ottenere dei contratti, ha aggiunto, «non hanno avuto i contratti e sono stati sconfitti sul piano dei valori». Proteggere i popoli dalla concorrenza sleale Per il Presidente, se si vuole evitare che i popoli chiedano il protezionismo e la chiusura, occorre «avere il coraggio di discutere di cosa deve essere una vera preferenza comunitaria». Occorre inoltre dotarsi dei mezzi di cui dispongono gli altri: «se altre regioni del mondo hanno il diritto di difendersi contro il dumping, perché l'Europa deve subirlo? Se tutti i paesi hanno una politica dei cambi, perché non dovrebbe averla anche l'Europa? Se altre nazioni possono riservare parte degli appalti pubblici alle loro PMI, perché non dovrebbe farlo l'Europa? Se altri paesi attuano una politica industriale, perché non dovrebbe farlo l'Europa? Infine, se altre nazioni difendono i loro agricoltori, perché l'Europa dovrebbe rinunciare a difendere i suoi?». L'Europa, ha proseguito, non vuole il protezionismo, «ma deve reclamare la reciprocità» e garantire la sua indipendenza energetica e alimentare. Vuole essere esemplare nella lotta contro i cambiamenti climatici, «ma non può accettare la concorrenza sleale di paesi che non impongono nessun vincolo ecologico». E' legata alla concorrenza, «ma non può essere la sola a farne un dogma», ed è per questo motivo che il Vertice di Bruxelles ha deciso che la concorrenza «è un mezzo, non una finalità». Un capitalismo che produce, controllare gli speculatori L'Europa, ha proseguito, ha scelto l'economia di mercato e il capitalismo. Ma ciò non implica un "laissez faire" assoluto e la deriva di un capitalismo finanziario «che avvantaggia gli speculatori e chi vive di rendita, invece degli imprenditori e dei lavoratori». Quello europeo, ha insistito, «è sempre stato un capitalismo di imprenditori, di produzione, e non di speculazione e di rendite». L'Europa, ha quindi affermato il Presidente, «ha un ruolo da svolgere nella necessaria moralizzazione del capitalismo finanziario», e non può accettare che alcuni speculatori, come nel caso dei subprime, rimettano in causa la concorrenza mondiale. Una difesa europea e una politica comune dell'immigrazione Altri temi di cui si dovrà discutere e che saranno affrontati nel corso della presidenza francese, ha proseguito, sono la riforma della politica agricola comune, la questione della fiscalità ecologica, delle energie rinnovabili e della difesa. A quest'ultimo proposito, il Presidente ha chiesto come sarebbe possibile per l'Europa essere indipendente e influenzare la politica mondiale, essere un fattore di pace e di stabilità, «se non è capace di garantire la propria sicurezza». Che senso avrebbe, ha insistito, dibattere dell'impegno europeo «se non siamo capaci di discutere della costruzione di una difesa europea e di un rinnovo dell'alleanza atlantica». Sin dall'inizio delle origini, ha proseguito, l'Europa ha promosso la solidarietà. Questa si è concretizzata nella politica regionale e deve anche esprimersi nella difesa, così come in una politica europea dell'immigrazione. In un'Europa dove vige la libera circolazione tra gli Stati membri, ha aggiunto, «non è possibile appartenere allo spazio Schengen e procedere a delle regolarizzazioni senza chiedere il parere ai partner, visto che tali regolarizzazioni hanno un impatto su tutti gli altri paesi dell'area». Non c'è più tempo da perdere Il Presidente, ha infine sottoscritto le parole di Simone Veil, prima presidente del Parlamento europeo eletto a suffragio universale: «quali che siano le nostre differenze, condividiamo la stessa volontà di realizzare una comunità fondata su un patrimonio comune e un rispetto condiviso dei valori umani fondamentali; è con questo spirito che vi invito a abbordare fraternamente i lavori che ci attendono». Per Sarkozy sono queste le sfide che i cittadini si attendono che l'Europa colga e «non c'è più tempo da perdere per fare in modo che i popoli ritrovino fiducia nell'Europa». Link utili
Curriculum vitae di Nicolas Sarkozy Riferimenti Seduta solenne - Allocuzione di Nicolas Sarkozy,
Presidente della Repubblica francese |
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Sfruttare la globalizzazione, ad armi pari La globalizzazione crea nuove opportunità per le economie europee. E' quanto afferma il Parlamento chiedendo norme uguali per tutti a livello internazionale. Ma anche l'adeguamento degli orientamenti in materia di occupazione e principi comuni sulla flessicurezza. Occorrono poi politiche fiscali valide, mercati finanziari trasparenti e innovazione. Sostenendo l'indipendenza della BCE, chiede una politica antinflazionistica. Sollecita infine una politica comune per l'immigrazione. Approvando con 435 voti favorevoli, 86 contrari e 32 astensioni una risoluzione comune sostenuta da tutti i gruppi politici eccetto GUE/NGL e IND/DEM, il Parlamento rileva che la globalizzazione dell'economia «crea nuove opportunità per le economie dell'UE che sono destinate a svolgere un ruolo più importante nei prossimi decenni». Le economie europee potranno anche «godere di vantaggi aggiuntivi derivanti dallo sfruttamento di economie di scala, della capacità, dell’urbanizzazione, delle reti e di una reputazione positiva». Il Parlamento sottolinea che l’UE può realizzare i suoi obiettivi di Lisbona a livello interno soltanto «se sarà attiva e unita sulla scena mondiale». Ritiene pertanto che un approccio globale di politica esterna, incentrato sulla cooperazione nel campo della regolamentazione, sulla convergenza dei criteri e sull'equivalenza delle norme, «debba promuovere sia la concorrenza leale che gli scambi». Come uno dei principali beneficiari dell'economia mondiale aperta, l'UE ha la grande responsabilità di affrontare problemi globali e di mettere a punto strumenti di politica estera economica comune in grado di gestire adeguatamente l’impatto esterno del mercato unico dell’UE. Per quanto riguarda le politiche interne, il Parlamento accoglie il fatto che la Commissione abbia dichiarato che verrà prestata maggiore attenzione all'integrazione attiva e alle pari opportunità, che andrebbe promossa una protezione sociale adeguata e rafforzata la lotta contro la povertà. Così come che in tutta Europa sono necessari mezzi più efficaci per garantire ai cittadini gli esistenti diritti di accesso all'occupazione, all'istruzione, ai servizi sociali, all'assistenza sanitaria e ad altre forme di protezione sociale. Sottolinea peraltro la necessità di assicurare e migliorare l'integrazione e la visibilità della dimensione sociale nel prossimo ciclo della strategia di Lisbona e in particolare negli orientamenti integrati. Invita quindi la Commissione a adeguarli per rimediare alle debolezze percepite negli orientamenti per l'occupazione. Ritiene infatti che questi non attribuiscono importanza a taluni obiettivi sociali basilari: ridurre il numero di lavoratori poveri e aumentare l'accesso a lavori di qualità, all'istruzione, all’assistenza sanitaria e ad altre forme di protezione sociale per tutti. Il Parlamento appoggia l’adozione di un insieme equilibrato di principi comuni riguardanti la flessicurezza, che combinino flessibilità e sicurezza per i lavoratori e i datori di lavoro nel mercato dell’occupazione. Incoraggia pertanto gli Stati membri a integrarli nella consultazione con le parti sociali sui programmi nazionali di riforma. Evidenzia peraltro «il ruolo centrale» che rivestono la formazione e la riqualificazione, politiche attive in materia di mercato del lavoro, un’adeguata protezione sociale e la riduzione della segmentazione del mercato del lavoro, garantendo diritti all'occupazione per tutti i lavoratori. In materia di politica economica, facendo proprio un emendamento proposto dai Verdi, il Parlamento invita a sviluppare una "iniziativa intelligente di crescita verde dell'UE" che comprenda tutti i principali esistenti strumenti economici dell'UE. Stimola inoltre la Commissione a non separare le politiche ambientali dalla politica economica e dell'occupazione. Nel sottolineare poi che uno dei problemi fondamentali di alcuni Stati membri risiede nell’insufficienza della domanda interna, pone in luce l'importanza «capitale» di politiche fiscali valide e una sana gestione delle finanze pubbliche. Per il Parlamento, inoltre, la trasparenza dei mercati finanziari, norme efficaci sulla concorrenza e una regolamentazione e una vigilanza adeguate «continueranno ad essere di importanza vitale», soprattutto alla luce della globalizzazione dei mercati finanziari e della necessità di garantire i diritti dei consumatori. Gli orientamenti di politica economica, d'altra parte, dovrebbero comprendere misure a sostegno dell'offerta per creare un ambiente propizio alle operazioni transfrontaliere delle imprese e accelerare la creazione di un mercato finanziario unico. Il Parlamento riconosce poi che in Europa è necessario che l'innovazione si traduca più rapidamente in nuovi prodotti e servizi. Appoggia pertanto la richiesta della Commissione relativa a un "triangolo della conoscenza" costituito da ricerca, istruzione e innovazione e si attende investimenti più efficaci in nuove competenze, nella formazione continua e in sistemi di istruzione e formazione moderni. Occorre anche favorire l'innovazione dei processi e delle procedure di gestione nonché delle strutture organizzative. In proposito riconosce che l'accesso alle risorse per le imprese più piccole e i privati è fondamentale per accrescere i livelli di R&S e sviluppare nuove tecnologie e reputa quindi necessario promuovere sia i finanziamenti iniziali sia quelli che coprono un periodo sufficientemente lungo per consentire l'immissione dei prodotti sul mercato. Il Parlamento difende l’indipendenza della BCE nella fissazione della politica monetaria e nella gestione dell’effetto della volatilità dei mercati finanziari globali. Sottolinea che l’apprezzamento del tasso di cambio dell’euro «è il risultato di squilibri crescenti in paesi terzi e della debolezza della domanda nella zona euro». Si chiede tuttavia con preoccupazione se la crescita europea sarà abbastanza forte da compensare la volatilità dei mercati finanziari mondiali e dei tassi di cambio. D'altra parte ritiene che l’aumento della domanda di risorse naturali e di prodotti e servizi basilari spinto dalla crescita delle economie in via di sviluppo «possa esercitare sulle economie degli Stati membri dell’UE una pressione inflazionistica che finora è stata controbilanciata dal loro contributo all’aumento dell'offerta globale». Gli Stati membri dell'UE devono quindi predisporre strumenti di politica economica antinflazionistica unitamente a strategie di crescita tecnologica nonché a un contesto di possibile adeguamento macroeconomico e di coordinamento rafforzato. Reputando necessario disporre di istituzioni sovranazionali per affrontare sfide sopranazionali, il Parlamento ritiene che la definizione di norme e standard globali «sia essenziale per realizzare la convergenza in campo normativo». Esorta la Commissione a partecipare attivamente al lavoro di tutte le agenzie e tutti gli organismi di normazione competenti a livello internazionale «al fine di raggiungere maggiore coerenza fra le regole e le prassi dell'UE e quelle dei suoi principali partner commerciali». Il mercato transatlantico, per i deputati, potrebbe rappresentare «uno strumento appropriato» per assicurare all'UE la necessaria efficacia in materia di difesa commerciale, competitività sostenibile e innovazione. Ma invitano la Commissione ad assicurare che sia garantita la reciprocità delle condizioni di accesso ai mercati e rinnovano la richiesta di eliminare o ridurre in misura significativa tutte le barriere agli scambi e agli investimenti. D'altra parte, il Parlamento considera gli Strumenti di difesa commerciale «una componente indispensabile della strategia dell'UE». Il Parlamento sottolinea infine che l’UE ha bisogno di disporre con urgenza di una politica comune in materia di frontiere e di immigrazione. Questa deve prevedere un sistema integrato di controlli alle frontiere ma anche strategie, criteri e procedure armonizzati per la migrazione economica, «lasciando ai singoli Stati membri la decisione sul numero di ammissioni». Sottolinea poi la necessità di adoperarsi maggiormente per trovare, mediante lo scambio di esperienze, «il modo di convertire l’immigrazione interna in un fattore di riuscita per tutte le parti, a livello sia sociale che economico». Dibattito (14.11.2007) Dichiarazione della Presidenza Aprendo il dibattito, Manuel LOBO ATUNES ha sottolineato che la globalizzazione è essenzialmente un fenomeno politico e non soltanto un fenomeno economico e tecnologico. Esso presenta due sfaccettature: da un lato i cittadini hanno perso posti di lavoro e si sono sentiti minacciati, dall'altro «sono stati creati nuovi posti, i livelli dei prezzi sono più bassi, il commercio è buono ed i servizi in crescita». Si tratta quindi di vedere «come gestire la globalizzazione», mantenendo il controllo politico. Il Ministro, in proposito, ha sottolineato che l'Europa «è in grado di guidare e plasmare la globalizzazione». Il «nuovo assetto istituzionale» previsto dal trattato riformato e il nuovo ciclo della strategia di Lisbona sosterrebbero l'approccio europeo. Tuttavia, ha rilevato come «la riforma debba essere ora accelerata» e vi debba essere una coerente strategia per far fronte alla globalizzazione. Secondo il Ministro, la migrazione è un tema principale in quanto «la crescita demografica dell'Unione è sempre più sostenuta dai flussi migratori», che contribuiscono a far fronte al basso livello di flessibilità del mercato all'interno della Comunità. Inoltre, la dimensione esterna della strategia di Lisbona è stata discussa di recente dal Consiglio, dando speciale rilievo all'instabilità del mercato finanziario e ai cambiamenti climatici. «L'Europa è in grado ed ha il dovere di guidare il processo di globalizzazione», ha proseguito, e nel corso del Vertice di Lisbona del 13-14 dicembre prossimo verrà adottata una dichiarazione sul questo tema per dimostrare ai cittadini europei che i loro leader sono determinati ed impegnati per «accrescere la capacità dell'Unione di influenzare l'agenda della globalizzazione». Concludendo ha affermato che la Presidenza portoghese crede sinceramente che «l'Europa debba giocare un ruolo costruttivo a livello mondiale che sia più giusto e più bilanciato». Dichiarazione della Commissione Per José Manuel BARROSO «la globalizzazione colpisce le nostre vite», ma dovrebbe essere anche vista come «un'opportunità per l'Unione di affermare i propri valori». Bisogna quindi identificare alcuni punti chiave e «abbiamo la responsabilità di proteggere i nostri cittadini senza però essere protezionisti». Occorre «essere aperti ma non naïf», in altre parole non ci deve essere «nessun passaggio gratuito per coloro che non rispettano alcuni principi». Inoltre, l'Europa ci guadagna «da un sistema basato sulle regole» e, ha osservato, l'esperienza dell'Unione «la pone in una posizione molto favorevole per fornire una buona base per una regolamentazione a livello globale». Ha poi sottolineato che, a partire dal 2005, quando la Strategia di Lisbona è stata rilanciata, sono stati creati quasi 6,5 milioni in più di posti di lavoro nell'UE a 27 e 8 milioni di posti dovrebbero essere creati nel periodo 2007-2009. Quattro sono state le priorità cruciali: ricerca e innovazione, un contesto economico più propizio, maggior occupazione, nonché l'energia e il cambiamento climatico. Tali tematiche hanno fornito alla strategia «un punto focale più chiaro». Il Presidente ha poi posto l'accento sulla ricerca e l'innovazione, ricordando che la Commissione è favorevole all'aggiunta di una quinta libertà alle quattro già esistenti nel trattato, vale a dire «la libertà di circolazione della conoscenza all'interno dell'UE». Prendendo atto che ci si deve concentrare maggiormente sulla «dimensione sociale» ha auspicato che il Consiglio approvi i principi della "flessicurezza" concordati tra le parti sociali prima dell'estate. Volgendo uno sguardo al futuro, ha quindi auspicato «una vigorosa attuazione delle riforme in sospeso, maggiore enfasi sulle capacità e sull'istruzione, concreti passi per portare l'Unione in un'economia a basso utilizzo di carbonio». Tuttavia, ha aggiunto, «abbiamo anche bisogno di fare di più per assicurarci che la strategia di Lisbona avanzi in modo uniforme in tutti gli Stati membri. Un ritmo più lento per la riforma in uno Stato membro ovviamente avrebbe ripercussioni sugli altri». In conclusione, ha sottolineato di credere che non sia solo nell'interesse europeo ma, nell'era della globalizzazione, «il mondo ha bisogno di un'Europa più impegnata». Interventi in nome dei gruppi politici Joseph DAUL (PPE/DE, FR) ha sottolineato che «la globalizzazione non è un concetto astratto, ma qualcosa che riguarda la vita di tutti i giorni». Infatti, «i cittadini si rivolgono a noi per trovare soluzioni», per proteggerli dal terrorismo, dai capricci dei mercati finanziari, dal vertiginoso aumento del prezzi dei cereali nonché da prodotti importati a buon mercato ma potenzialmente pericolosi. D'altra parte, «la globalizzazione deve essere giusta, smussare le differenze tra i paesi e migliorare la protezione sociale dei più poveri», mentre lo sfruttamento dei bambini non può essere tollerato. «L'apertura dell'Europa è un motore di investimento globale» e accettare gli standard europei «può aiutare a migliorare la qualità del controllo su scala mondiale». L'Unione deve però assicurarsi che «Brasile, Cina e India si prendano le loro responsabilità». A suo parere, per sfruttare le nuove opportunità, l'Unione deve fare un passo in avanti negli investimenti per la ricerca e aiutare le piccole e medie imprese nel loro ruolo di motore di crescita. Ma deve anche aiutare i suoi cittadini a adeguarsi al cambiamento, per esempio agevolando l'apprendimento per tutto l'arco della vita. Inoltre, con il petrolio a 100 dollari il barile, l'Unione ha chiaramente bisogno di una politica energetica comune per assicurare efficienti forniture di energia pulita e ciò deve includere l'opzione del nucleare civile. Ha quindi concluso affermando che «l'Unione deve proteggersi senza essere protezionista». Per Martin SCHULZ (PSE, DE) il tema del dibattito fa chiaramente capire che il Parlamento, il Consiglio e la Commissione devono discutere il loro ruolo in questo processo. I negoziati portati avanti per preparare la risoluzione hanno messo in luce non solo prospettive diverse sui rischi e sulle opportunità della globalizzazione, ma una vera «divisione» tra il gruppo PPE/DE e il gruppo socialista. Dichiarandosi poi d'accordo con alcuni punti evocati dal Presidente della Commissione, ha invitato i commissari a riconoscere che una politica economica comune deve essere basata sulla politica sociale, che comprende l'uguaglianza dei diritti a livello mondiale. Ha poi sottolineato che l'economia prima di tutto, intesa come deregolamentazione per massimizzare i profitti e la spinta della crescita a discapito della sicurezza sociale «può piacere alla destra», ma è «un approccio sbagliato» La Commissione europea chiaramente non è «un Eldorado socialista», tuttavia i politici di centro-destra dovrebbero portare avanti proposte atte a «rallentare» i capitalisti finanziari internazionali e il «selvaggio ovest capitalista che minaccia l'intera economia». Ha quindi aggiunto che «se non legiferiamo, il nostro elettorato ci riterrà colpevoli». Secondo Graham WATSON (ALDE/ADLE, UK), «abbiamo appena ascoltato il linguaggio del passato». «India, Cina e Brasile hanno cavalcato l'onda dell'opportunità», mentre «troppi in Europa hanno paura dell'onda che si abbatterà su di essa». Infatti, ha ammonito, se l'Europa non si dà da fare perché i suoi leader - citando le preoccupazioni dei cittadini - contestano l'agenda europea, perderemo l'occasione di plasmare la globalizzazione in base all'interesse collettivo dell'Europa. Ha quindi sottolineato che non si deve convincere i cittadini bensì gli Stati membri: sondaggio dopo sondaggio ci è stato dimostrato che la maggior parte dei nostri cittadini vedono l'Unione europea - e non i governi nazionali - meglio piazzata per far fronte alla globalizzazione. Per il deputato «la divisione nelle nostre politiche non è più fra sinistra e destra su politiche economiche, ma tra quelli che rispondono alle sfide globali chiudendo la porta e quelli che sostengono una società aperta». Rilevando che se l'Unione utilizza la sua massa critica per permettere agli europei di controllare la globalizzazione, ha chiesto a Barroso «dove sono le vostre politiche? Dov'è la vostra tabella di marcia?». Ha quindi sostenuto che la comunicazione della Commissione è «ricca in retorica, ma piuttosto scarsa in proposte». Si è poi augurato che la prossima revisione del mercato unico sia l'occasione per idee circa crescita e occupazione ma anche per la politica di immigrazione legale, tenendo conto delle perplessità dei paesi di origine. A suo parere «se stiamo creando un mercato globale abbiamo bisogno di un contratto sociale globale nuovo, conciliando flessibilità e giustizia». E ciò include «un accordo equo per i paesi in via di sviluppo a Doha, un accordo sulle emissioni di carbonio a Bali e un approccio internazionale ai mercati finanziari, che si incentri su regole di cooperazione, convergenza di standard e equivalenza normativa». Mirosław PIOTROWSKI (UEN, PL) ha affermato che «la globalizzazione è un fenomeno irreversibile e qualcosa che certamente gli Stati membri devono tenere a mente e a cui rispondere di conseguenza». Infatti, «l'azione comunitaria non dovrebbe danneggiare l'economia dei suoi Stati membri». Facendo riferimento poi alla sfera politica, ha sottolineato che «un'azione non dovrebbe portare alla morte delle identità nazionali». Jean LAMBERT (Verdi/ALE, UK), facendo riferimento al documento della Commissione, ha dichiarato che «ciò che abbiamo visto è un fallimento totale di immaginazione vista la situazione cui dobbiamo far fronte». Riferendosi poi al punto dove si parla di affrontare una terza rivoluzione industriale, ha commentato che «dobbiamo imparare la lezione dalle precedenti rivoluzioni industriali». Pur dicendosi d'accordo sulla necessità di riequilibrare il commercio e le dimensioni sociale e ambientale della globalizzazione, ha aggiunto che «stiamo ancora discutendo come se fosse la quantità a contare e non la qualità». Si è poi rallegrata per la conferenza della Commissione su questo tema prevista la prossima settimana, ma ha ricordato che le linee guida in questo campo devono essere riviste. Lisbona e Goteborg devono ancora essere integrate e «questa è la sfida». Jiří MAŠTÁLKA (GUE/NGL, CZ) ha innanzitutto criticato la risoluzione comune sulla globalizzazione, affermando che «non riflette per niente gli interessi europei e tanto meno quelli della maggior parte dei cittadini europei». Infatti, non offrirebbe proprio niente ai cittadini ed il messaggio sarebbe: «globalizzazione: che vi piaccia o no». Bisogna a suo avviso fare qualcosa contro gli effetti contrari ed il suo gruppo si concentra sulla riduzione della povertà e, tra l'altro, «le risorse disponibili devono essere impiegate per dare alla gente il diritto a salari equi e salari minimi». Godfrey BLOOM (IND/DEM, UK), criticando il discorso del Presidente francese Sarkozy ha affermato che era «un inganno». Ha quindi accusato il Presidente francese di ipocrisia : «ha detto di aver sostenuto il libero commercio ma, se altri paesi erano a favore del protezionismo, lo sarebbe stato anche lui. Ha sostenuto la democrazia. I cittadini avevano il diritto di sentire ascoltata la loro voce. Ma questa sembra essere stata ignorata in quanto i francesi e gli olandesi sono stati ignorati». I francesi non potranno avere un altro referendum «perché ciò potrebbe portare a un referendum inglese e, naturalmente, tutti sappiamo che i britannici rigetterebbero la nuova Costituzione ... scusate, trattato». Dimitar STOYANOV (ITS, BG) ha voluto «ricordare alla Commissione e al Consiglio che la globalizzazione è un processo che di per sé non esiste», ma anche che «la politica europea determinerà se la globalizzazione avrà un futuro o meno». Ha quindi chiesto se «la Commissione intende sviluppare o rallentare il processo». A suo parere il mercato unico non è una garanzia di sviluppo per l'Europa. Rivolgendosi poi al Consiglio che aveva sottolineato l'importanza della competitività globale ha aggiunto che ci sono molti paesi europei che non potrebbero nemmeno lavorare nel mercato unico. Concludendo ha anticipato che «la strategia di Lisbona fallirà in Bulgaria, poiché non era pronta a unirsi all'Europa». Interventi dei deputati italiani Marco CAPPATO (ALDE/ADLE, IT) ha anzitutto sottolineato che, nel corso del dibattito, ci sono stati interventi che hanno messo in contrapposizione la libertà economica con la garanzia e la protezione dei diritti sociali e la lotta contro la povertà. A suo parere, invece, contrapporre questi elementi «è roba del secolo scorso e non è più l'attualità politica della nostra Europa». A suo parere, infatti, è «fondamentale» garantire il massimo delle regole nella libertà economica contro i monopoli, per la trasparenza dei mercati finanziari, per fare pagare i costi dell'inquinamento ambientale. Ma, sul piano dei diritti sociali, «quello che oggi ci impedisce nei nostri paesi di aiutare i più poveri, sono esattamente dei sistemi di sicurezza sociale vecchi, che garantiscono le corporazioni, il lavoro organizzato e che non aiutano i disoccupati, quelli che rimangono fuori dalle garanzie e dalla protezione sociale». Ha quindi sottolineato che in Italia vige un sistema «che quasi obbliga ad andare in pensione a 58, 59 anni e, al tempo stesso, solo il 20% dei disoccupati ha una protezione sociale». «Ecco qual è il problema dei più poveri», ha concluso, «non la globalizzazione o la libertà economica, ma la vecchiezza, il fatto che sono passati, sono antichi, vanno rinnovati e su questo la strategia di Lisbona e la Commissione può aiutare i meccanismi della sicurezza sociale». Link utili Comunicazione della Commissione
(inglese e
francese) Riferimenti Risoluzione comune sull'interesse europeo:
riuscire nell'epoca della globalizzazione |
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Libera circolazione nell'UE: rispetto delle leggi e limiti precisi alle espulsioni La libera circolazione nell'UE è un diritto fondamentale, ma occorre che tutti i cittadini rispettino le leggi. E' quanto afferma il Parlamento sottolineando che la direttiva europea in materia pone limiti ben precisi alla possibilità di espellere cittadini verso i loro paesi d'origine. Si compiace poi dell'iniziativa italo-rumena e chiede una strategia per l'inclusione sociale dei rom. Esprime critiche al commissario Frattini per talune sue dichiarazioni rilasciate alla stampa. Approvando con 306 voti favorevoli, 186 contrari e 37 astensioni una risoluzione sostenuta da PSE, ALDE, Verdi/ALE e GUE/NGL, il Parlamento ribadisce il valore della libertà di circolazione delle persone quale principio fondamentale dell'Unione europea, «parte costitutiva della cittadinanza europea ed elemento fondamentale del mercato interno». Esprime poi dolore per l'assassinio della signora Reggiani e presenta sentite condoglianze ai suoi familiari. Allo stesso tempo riafferma l'obiettivo di fare dell'Unione «uno spazio in cui ogni persona può vivere vedendosi garantito un elevato livello di sicurezza, libertà e giustizia». Il rispetto delle leggi di ogni paese membro, pertanto, «è una condizione essenziale per la coesistenza e l'inclusione sociale nell'Unione» e «ogni individuo ha l'obbligo di rispettare le leggi in vigore nello Stato membro in cui si trova» e il diritto dell'Unione europea. Il Parlamento, inoltre, invita gli Stati membri a procedere più rapidamente al rafforzamento degli strumenti di cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale per garantire una lotta efficace contro la criminalità organizzata e la tratta degli esseri umani, garantendo al contempo un quadro uniforme di garanzie procedurali. D'altra parte, ricorda che la direttiva 2004/38/CE inquadra la possibilità di allontanare un cittadino dell'Unione «entro limiti molto precisi». La direttiva, precisano i deputati, prevede tale facoltà per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica, che non possono essere invocati per fini economici. I provvedimenti, inoltre, devono essere proporzionati e fondati esclusivamente sul comportamento personale dell'individuo, sulla base di una valutazione della situazione personale dell'interessato. Questo deve poi essere informato in modo circostanziato e completo sui motivi del provvedimento, riportando l'indicazione dell'organo dinnanzi a cui può opporre ricorso. D'altra parte, le sanzioni previste dagli Stati membri devono essere effettive e proporzionate. La possibilità di allontanamento se il cittadino diventa un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale è subordinata a un esame approfondito del caso individuale e, in nessun caso, quest'unica condizione può giustificare l'allontanamento automatico. Il Parlamento ribadisce poi che «qualsiasi legislazione nazionale deve rispettare rigorosamente tali limiti e garanzie», mentre le espulsioni collettive «sono proibite dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo». In proposito, insistendo sul fatto che «la responsabilità penale è sempre personale», respinge il principio della responsabilità collettiva e riafferma con forza la necessità di lottare contro qualsiasi forma di razzismo e xenofobia e qualsiasi forma di discriminazione e stigmatizzazione basate sulla nazionalità e sull'origine etnica, come previsto dalla Carta dei diritti fondamentali. Il Parlamento, precisa inoltre di aspettarsi dalle personalità pubbliche che si astengano da dichiarazioni «che rischiano di essere intese come un incoraggiamento alla stigmatizzazione di determinati gruppi di popolazione». Compiacendosi in seguito della visita effettuata dal Primo ministro rumeno in Italia e della dichiarazione congiunta di Romano Prodi e Cặlin Tặriceanu, il Parlamento manifesta il proprio appoggio all'appello dei due Primi ministri per l'impegno dell'Unione europea a favore dell'integrazione sociale delle popolazioni meno avvantaggiate e della cooperazione fra gli Stati membri sulla gestione dei movimenti della loro popolazione, in particolare mediante programmi di sviluppo e di aiuto sociale inclusi nei Fondi strutturali. Nel ricordare poi alla Commissione l'urgenza di presentare un progetto di direttiva orizzontale contro tutte le discriminazioni, ritiene che la protezione dei diritti dei Rom e la loro integrazione «costituiscano una sfida per l'Unione europea nel suo complesso». Invita pertanto la Commissione ad elaborare «senza indugio» una strategia globale per l'inclusione sociale dei Rom, facendo ricorso ai fondi europei esistenti per sostenere le autorità nazionali, regionali e locali nei loro sforzi. Propone inoltre l'istituzione di una rete di organizzazioni che si occupino dell'inclusione sociale dei Rom nonché la promozione di strumenti volti ad aumentare la consapevolezza in materia di diritti e doveri dei Rom. La Commissione è poi invitata a presentare senza ritardi una valutazione esauriente dell'attuazione a livello nazionale della direttiva 2004/38/CE e a presentare proposte. Il Parlamento, inoltre, incarica la propria commissione parlamentare competente di effettuare entro il 1° giugno 2008, in collaborazione con i parlamenti nazionali, una valutazione dei problemi di recepimento di tale direttiva «in modo da mettere in evidenza le migliori prassi nonché le misure che potrebbero portare a discriminazioni tra i cittadini europei». Con 290 voti favorevoli, 220 contrari e 21 astensioni, ha approvato un paragrafo in cui si afferma che le recenti dichiarazioni rilasciate alla stampa italiana da Franco Frattini, Vicepresidente della Commissione, in occasione dei gravi episodi verificatisi a Roma, «siano contrarie allo spirito e alla lettera della direttiva 2004/38/CE». Direttiva, è precisato, «che gli si chiede di rispettare pienamente». A tale proposito, prima di iniziare, la sessione di voto, il Presidente del PPE/DE, Joseph DAUL, ha condannato «l'attacco personale» al Vicepresidente Frattini, denunciandone il carattere politico e «indegno» promosso dai socialisti italiani. Ha anche voluto precisare che il suo gruppo sostiene i rumeni e gli altri cittadini europei che rispettano le leggi e che la libera circolazione è una questione legata ai valori. Il leader del PSE, Martin SCHULZ ha sottolineato che il commissario, nel corso del dibattito, ha reagito in modo moderato agli interventi di taluni deputati. Ha poi precisato che la risoluzione intende solo stigmatizzare il fatto che Frattini ha fornito informazioni non corrette alla stampa italiana ed è compito del Parlamento correggerlo. Ha quindi concluso che il suo collega Daul ha fatto questa dichiarazione «sotto le pressioni di Forza Italia, e non c'è altro da dire». Monica FRASSONI (Verdi/ALE, IT) ha affermato che «le dichiarazioni di Daul si commentano da sole». Ha poi insistito sul fatto che il Parlamento ha il «diritto sovrano» di criticare i commissari e Frattini ha interpretato in modo sbagliato il diritto comunitario. Queste affermazioni sono stata sostenute anche dal leader dell'ALDE, Graham WATSON, e dal Presidente della GUE/NGL, Francis WURTZ. Antonio TAJANI (PPE/DE, IT) ha invece chiesto di valutare l'ammissibilità del paragrafo contestato in quanto contempla un attacco personale al Vicepresidente e creerebbe «un disdicevole contrasto tra il Parlamento e la Commissione per motivi di politica interna». Ha quindi chiesto che la risoluzione sia votata senza tale paragrafo e che i suoi promotori lo ritirino. Dibattito: (12.11.2007) Dichiarazione della Commissione Franco FRATTINI ha anzitutto sostenuto che la Commissione segue con molta attenzione quanto avviene in Italia. Si è poi detto lieto per la cooperazione tra Italia e Romania e la Commissione farà sì che i diritti dei rumeni siano rispettati. Dopo aver ricordato i casi in cui la direttiva UE prevede l'espulsione, ha sottolineato che questa deve essere decisa caso per caso, rispettando le garanzie previste. La Commissione, ha aggiunto, valuterà il decreto-legge adottato in Italia, una volta che sarà adottato definitivamente dal Parlamento. Il Vicepresidente della Commissione ha poi sostenuto che la direttiva UE è sufficientemente precisa per essere direttamente applicabile. Occorre quindi che il diritto di ricorso sia garantito ai cittadini cui si ingiunge l'espulsione. Dicendosi poi preoccupato per le manifestazioni xenofobe e razziste che hanno accompagnato l'adozione del decreto, ha sottolineato come la comunità rom sia molto numerosa in Europa e che occorre quindi realizzare sforzi per favorire la sua integrazione. Sforzi, ha precisato, che deve attuare anche la stessa comunità rom. Ha quindi voluto evidenziare la doppia discriminazione patita dai bambini rom: subiscono il pregiudizio per la loro origine e, contemporaneamente, sono spesso sfruttati dalla loro stessa comunità, vivono in ambienti insalubri, sono costretti a delinquere e non hanno accesso all'istruzione. Nel tutelare gruppi interi, ha ammonito, «si rischia di non proteggere i diritti dei singoli». A suo parere, occorre quindi aiutare Italia e Romania con tutti i mezzi esistenti. A livello comunitario, ha precisato vi sono il Fondo sociale, i fondi per lo sviluppo regionale e gli stanziamenti a favore dell'istruzione. L'UE ha già concesso 270 milioni di euro a favore dei rom, altri 60 milioni sono stati resi disponibili a Romania e Bulgaria nel periodo 2004-2006, le quali potranno contare su ulteriori fondi per il periodo 2007-2013. Ha quindi ricordato che esiste una direttiva europea contro ogni forma di discriminazione che si applica anche ai rom. La Commissione, ha concluso, non tollererà nessuna forma di discriminazione nei confronti di cittadini europei e, allo stesso tempo, sosterrà gli Stati membri che intendono proteggere i propri cittadini dalla criminalità. Interventi in nome dei gruppi politici Antonio TAJANI (PPE/DE, IT), ringraziando il commissario «per le proposte, le idee, i contenuti e i valori difesi nel suo intervento», ha osservato che la riunificazione dell'Europa ha portato ad un crescente movimento di cittadini all'interno dell'Unione che, in alcun casi, «si è trasformato in vero evento migratorio». Come è accaduto in Italia dove sono presenti «circa mezzo milione di cittadini rumeni». Ha poi sottolineato che la direttiva UE intende garantire sia il diritto alla libera circolazione dei cittadini europei sia quello degli Stati membri di espellere coloro che non rispettano le regole, compresa «la capacità di autonomo sostentamento». In proposito, ha quindi affermato che, in Italia, la direttiva è stata applicata «in ritardo e in maniera lacunosa», permettendo così la permanenza nel Paese «di molti cittadini che, se espulsi, non avrebbero commesso delitti in Italia». Sostenendo poi che sono stati commessi reati che hanno scosso l'opinione pubblica da parte di persone che avevano passaporto di un paese europeo ed esprimendo solidarietà a tutte le famiglie delle vittime, ha condannato sia le violenze e gli omicidi commessi in Italia sia «la reazione violenta e xenofoba». Purtroppo, ha aggiunto, «quando non vengono applicate le leggi, i cittadini rischiano da farsi giustizia da soli», e questo «è francamente inaccettabile». Ha quindi sottolineato le responsabilità degli Stati e delle amministrazioni locali, sostenendo che a Roma, «nonostante le molte denunce», non si è intervenuti, o si è intervenuti in ritardo, su realtà sociali come certe «favelas, dove vivono cittadini di etnia Rom». Dicendosi poi contrario alle espulsioni di massa, ha precisato che ogni cittadino che commette un reato è responsabile personalmente: «non è una questione né di nazionalità né di appartenenza ad etnie». Ha quindi sottolineato la necessità di un'ulteriore collaborazione tra Romania ed Italia e, distinguendo tra rom e cittadini rumeni, ha avanzato la richiesta del suo gruppo di istituire «una specifica agenzia europea per l'inserimento sociale delle comunità Rom», per dimostrare che l'Europa fa la sua parte per risolvere un problema «che altrimenti rischia di destare sempre maggiore allarme sociale». Martin SCHULZ (PSE, DE) ha condannato sia l'omicidio di Roma sia le reazioni razziste che sono seguite. Sottolineando poi che deve essere condannata la tendenza a attribuire una responsabilità collettiva per quanto è accaduto, ha osservato che le azioni a favore dell'integrazione dei rom nella società europea «sono state fallimentari» e che, nonostante si tratti di un problema di natura difficile, possono avere successo solo se si dimostra rispetto. Lo Stato di diritto, compresa la sicurezza, ha aggiunto, deve essere tutelato con tutti gli strumenti, ma occorre procedere con valutazioni «caso per caso». Va garantita la libera circolazione, ha precisato, ma occorre anche rispettare la legge. Si è poi detto sorpreso delle recenti dichiarazioni rilasciate dal Commissario Frattini a un quotidiano, anche perché il suo gruppo lo ha sempre ritenuto moderato. Ha quindi sottolineato che, in base alle norme europee, non è possibile espellere un cittadino europeo per soli motivi economici. Il Vicepresidente, ha concluso, deve agire da commissario, «senza pensare alla sua futura carriera di ministro nazionale». Graham WATSON (ALDE/ADLE, UK) ha anzitutto sottolineato i benefici che porta l'immigrazione, ma ha anche riconosciuto che talune persone non intendono lavorare nella legalità. A suo parere, d'altra parte, quanto avvenuto in passato nei confronti degli ebrei sta accadendo oggi per i rom. Sottolineando che non bisogna confondere i rom con tutta la popolazione rumena, ha rilevato la necessità di lavorare a favore della loro integrazione. In proposito, ha tuttavia evidenziato che l'Italia non ha attinto ai fondi disponibili a questo fine. Ciò, ha spiegato, dimostra mancanza di lungimiranza. Allo stesso tempo ha criticato l'atteggiamento della Commissione che non ha spinto l'Italia a usare dei fondi comunitari. Dopo avere anch'egli criticato l'intervista di Frattini e invitandolo a non pensare alla sua futura carriera politica nazionale, ha sottolineato che se vi sono problemi in Italia questi si ripercuotono in tutta l'UE. Si è poi detto contrario a misure eccezionali e ha confidato che il decreto legge sarà modificato nella giusta direzione dal Parlamento italiano. In proposito, ha notato che si tratta del primo caso in cui il Parlamento europeo monitora azioni nazionali nel settore della libertà, sicurezza e giustizia. Dopo aver ringraziato il commissario Frattini, Roberta ANGELILLI (UEN, IT) ha sostenuto che la direttiva 2004/38/CE «rappresenta un valido punto di riferimento per garantire la piena affermazione del diritto di circolazione dei cittadini dell'Unione, per evitare qualsiasi forma di discriminazione e per affermare il principio della piena integrazione». Allo stesso tempo, la direttiva si preoccupa, nel rispetto del principio della reciprocità, «sia dei diritti di coloro che si stabiliscono in uno Stato membro sia dei diritti dei cittadini dello Stato membro ospitante». Massima tutela quindi per chi lavora, per chi studia, per chi vuole integrarsi, ha spiegato, ma anche «severità per chi non rispetta le regole». Ha quindi insistito sul fatto che «non esistono solo diritti ma anche doveri e regole che è obbligatorio rispettare». In proposito, ha affermato che non si può continuare ad ignorare che esiste una percentuale «assolutamente minoritaria» di persone che si trasferiscono in altri Stati membri e «non hanno alcuna intenzione di segnalare la loro presenza perché non vogliono farsi riconoscere e perché non hanno nessuna intenzione di rispettare le regole e di lavorare legalmente». Occorre quindi affrontare seriamente il problema di chi si sposta ed entra in uno Stato membro «deciso a mettersi ai margini della vita sociale». Chiedendo «una tempestiva, piena, rigorosa e concreta» applicazione della direttiva in ogni Stato membro, ne ha auspicato il miglioramento prescrivendo, oltre all'obbligo per i cittadini di dichiarare la loro presenza, anche l'obbligo agli Stati di «prescrivere sanzioni per chi non rispetta i termini e le modalità». In proposito, ha sottolineato che il decreto italiano non prevede sanzioni, rendendo quindi la norma «del tutto inefficace». A suo parere, inoltre, «bisogna fare in modo di rendere certi i riaccompagnamenti» fondati su motivi gravi. «Chi delinque, chi non rispetta i diritti umani, chi sfrutta i bambini e le donne e chi rappresenta un pericolo per la sicurezza dei cittadini», ha insistito, «deve essere allontanato e riconsegnato in modo certo alle autorità del paese d'origine». Inoltre, «certe regole ci devono essere anche per chi non lavora, per chi vive di espedienti e può rappresentare quindi un onere eccessivo per la comunità dello Stato membro ospitante». La deputata ha poi voluto accennare ai circa 50.000 bambini rom presenti in Italia e sfruttati: costretti a chiedere l'elemosina, in condizioni igienico-sanitarie «assolutamente deprecabili» e privati di istruzione. Al riguardo ha sottolineato che circa una settimana prima che fosse uccisa la signora Reggiani a Roma, nella baraccopoli del suo assassino, «è morta di freddo una bambina Rom di due mesi». Ha quindi concluso chiedendo: «questa è forse integrazione? È questo forse rispetto dei diritti umani? Noi abbiamo il dovere di porre seriamente, senza ipocrisia le questioni e abbiamo il dovere di dire che la legge è uguale per tutti». Monica FRASSONI (Verdi/ALE, IT), premettendo di voler omettere le polemiche politiche e di voler agire in quanto europei, ha definito «inaccettabili» i contenuti dell'intervista del Vicepresidente Frattini. A suo parere, inoltre, le dichiarazioni del commissario sono «in totale contraddizione» con quanto appena sostenuto in Aula. «Quale dei due Frattini è quello vero?», ha chiesto la deputata: «quello che ha detto che bisognava andare a distruggere i campi Rom o quello che ci ha detto che si possono espellere cittadini sulla base di regole molto precise e di garanzie ancora più precise?». La leader dei Verdi ha poi osservato che, dalle informazioni in suo possesso non è vero che Regno Unito, Francia e Germania abbiano allontanato dei cittadini comunitari per questioni di carattere economico, «peraltro vietate dalla direttiva», contrariamente a quanto affermato dal commissario nell'intervista. Ha poi convenuto che la direttiva «dà un quadro preciso», sottolineando che la situazione in discussione ha «un valore simbolico del modo in cui questa direttiva deve essere applicata e del modo in cui gli Stati membri percepiscono e vedono l'ampliamento e la libera circolazione». Un valore, ha precisato, «assolutamente prioritario per noi». Ha quindi concluso sostenendo che «un paese in cui la mafia ha un business di circa 90 miliardi di euro e nel quale succedono cose come quelle successe nei giorni scorsi, forse ha molte poche lezioni da dare in materia di immigrazione». Roberto MUSACCHIO (GUE/NGL, IT) ha subito precisato che il dibattito non riguarda l'Italia o la Romania, bensì «l'Europa e la vita dei suoi cittadini»: una donna uccisa, «cui va il nostro pensiero e il nostro dolore», e cittadini rom e romeni «vergognosamente aggrediti». Ma anche la nostra identità, i nostri valori, le nostre leggi, la nostra storia, comprese le sue tragedie come la persecuzione del popolo Rom, «che ci chiama tutti in causa ancora oggi e che ci chiede di non dimenticare e di vigilare perché non ci sia spazio per razzismi di ogni sorta». Ha quindi affermato che «Non c'è sicurezza senza diritto». Quelli alla mobilità e al soggiorno, inoltre, sono diritti «esigibili dei cittadini europei e non concessioni»: possono essere regolati «ma non negati». L'allontanamento è quindi possibile solo «per cause estreme di sicurezza nazionale, strettamente individuali ma mai collettive, con possibilità garantita di difendersi». La povertà, inoltre, «non può essere uno stigma e una lesione discriminatoria dei diritti dei cittadini». Ha poi affermato che nelle dichiarazioni del Vicepresidente Frattini ha «faticato molto a ritrovare lo spirito e la lettera delle legge». In questa Europa, ha proseguito, «ci sono ancora molti morti». In Italia è morta una donna per colpa di una violenza maschile di un cittadino romeno: «il dolore è grande e chi ha ucciso deve pagare il giusto, ma non c'entra il popolo rom o quello rumeno che hanno visto alcuni loro cittadini subire indegne aggressioni». Le colpe, ha insistito, «sono singole, mai collettive». Il deputato ha quindi sottolineato che «tanti migranti muoiono cercando di giungere nella nostra Europa»: sono morti «che ci affliggono e che ci chiamano in causa». Questi dolori, ha quindi concluso, «ci impongono di fare dell'Europa una terra di diritto e dei diritti, di leggi sacre sopratutto quando parlano di accoglienza che sono la base della sicurezza». Jens-Peter BONDE (IND/DEM, DK) ha anzitutto notato che i suoi compagni rumeni di partito «erano furiosi» per le espulsioni decise in Italia e ha sottolineato che nessuno può essere espulso senza una decisione di un giudice. D'altra parte, ha sostenuto che è necessario disporre di mezzi di sostentamento per restare ospiti di uno Stato membro, il quale deve comunque avere il diritto di espellere i criminali, sulla base di una decisione di un giudice indipendente. Dopo aver ringraziato il commissario Frattini per la sua «costante presenza», Luca ROMAGNOLI (ITS, IT) ha deplorato che non si possa dire altrettanto di altri rappresentanti delle istituzioni italiane. E, in proposito, ha rilevato l'assenza del Ministro Amato alla riunione del Consiglio in cui si discuteva del trattato di Schengen, «nonostante l'urgenza del grave disordine sociale che la libera circolazione dei cittadini negli Stati dell'Unione indiscutibilmente causa all'Italia». Il Ministro, a suo parere, non sembra occuparsi di tali problemi «visto il dilagare della criminalità a tutti i livelli in Italia, dai crimini del cosiddetto allarme sociale alla delinquenza organizzata, al continuo arrivo dei clandestini nel nostro paese e soprattutto quel fenomeno meno evidente mediaticamente che è il non rientro nei paesi di origini di quanti giungono in Italia con permessi di studio, lavoro o turistici». Del resto, ha aggiunto, l'attuale governo italiano e così il Ministro degli interni «ignorano l'emergenza della criminalità che in Italia è incontestabilmente in maggior parte dovuta a stranieri, anche comunitari, nomadi o supposti tali». Un governo, ha affermato, «tanto incapace di comprendere il disagio sociale quanto di prevenirne e, a maggior ragione, di curarne i mali». Un governo, inoltre, che non ammette «il fallimento delle attuali politiche migratorie e le inadempienze anche nell'applicazione delle direttive dell'Unione», e che non è in grado di individuare la data certa degli ingressi. A suo parere, d'altra parte, con il trattato di Schengen tali difficoltà «aumentano a dismisura» e si è detto quindi contrario alla sua applicazione. Inoltre, ha proseguito, «anche i tanti fatti di teppismo politico che negli ultimi mesi sono ripetutamente avvenuti in Italia a danno in tantissimi casi del mio partito, di cui sono stati attori gli epigoni del comunismo anarcoide e più becero, ben protetti dai rappresentanti della cosiddetta sinistra istituzionale, sono stati sempre ignorati dal Ministro Amato». Purtroppo, ha poi notato, «il Ministro Amato o il Presidente Prodi così come tanti sindaci, quello di Roma per primo, non vivono nei quartieri popolari a contatto con campi nomadi regolari o meno, non prendono i mezzi pubblici, non soffrono delle prepotenze, delle violenze e delle prevaricazioni che anche i visitatori dell'Unione ogni tanto, direi spesso, compiono in Italia». Questi «irresponsabili», ha affermato, «discettano di solidarietà sociale e in nome di essa affliggono un popolo con le loro scelte demenziali». Ha poi sostenuto che l'Unione europea «più che lamentare il fatto che l'Italia non abbia chiesto i fondi dovrebbe prendere atto di quanto ha detto bene il Presidente Barroso "se uno Stato lascia crescere le favelas nel suo territorio, cosa volete che faccia la Commissione?"». Gli italiani, ha concluso, «vorrebbero fare intanto l'unica cosa giusta: tornare a votare e mandare a quel paese questo governo». Interventi dei deputati italiani Gianni PITTELLA (PSE, IT), dopo aver inviato un messaggio di cordoglio ai familiari della signora Reggiano, ha voluto stigmatizzare le recenti dichiarazioni del commissario Frattini che nelle interviste già richiamate «ha confuso il suo ruolo di rappresentante della Commissione con quelle di esponente dell'opposizione», mentre «avrebbe fatto bene ad utilizzare il suo prezioso e prestigioso incarico per rasserenare il clima politico nazionale». Si è detto tanto più dispiaciuto, poiché il commissario ha spesso avanzato giuste proposte e iniziative. Ha quindi sottolineato che «non esiste nessun testo comunitario che preveda l'espulsione automatica di cittadini di altri Stati membri per ragioni economiche». A suo parere, le recenti disposizioni del governo italiano «si muovono in coerenza con la direttiva europea rispettando nello spirito e rafforzandone alcuni aspetti ritenuti importanti alla luce della situazione esistente in Italia». E' quindi disdicevole «buttare fango sul grado di civiltà e di integrazione che ha conquistato negli anni il nostro paese». Si è poi augurato che il Parlamento europeo «riaffermi il rifiuto del principio della responsabilità collettiva che viene usato inutilmente per fomentare l'odio e la violenza nel cuore dell'Europa». Occorre inoltre riaffermare «la necessità di lottare contro ogni forma di razzismo e di xenofobia così come contro ogni discriminazione fondata sulla nazionalità e sull'appartenenza etnica». E, in tale contesto, ha sottolineato che «la nostra strada maestra è il rispetto della carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea». È importante quindi adoperarsi - come hanno chiesto i Primi Ministri dell'Italia e della Romania - «per una maggiore integrazione sociale delle popolazioni meno favorite e per la cooperazione fra Stati membri sia in termini di gestione dei movimenti dei propri flussi migratori sia per mezzo di programmi di sviluppo e di sostegno sociale attraverso i fondi strutturali». Il deputato ha poi concluso affermando che non si deve dimenticare che «l'immigrazione è una risorsa, è un pezzo del nostro futuro, ma è assolutamente necessario governarla» e ha proposto che gli Stati membri rompano ogni indugio e definiscano «un coordinamento europeo più stretto per la regolazione dei flussi migratori nell'Unione europea». Umberto GUIDONI (GUE/NGL, IT) ha rilevato che di fronte all'uccisione di Giovanna Reggiani - «aggredita brutalmente da un cittadino rumeno e a cui va tutto il nostro cordoglio» - molte forze politiche in Italia «hanno tirato in ballo l'Europa». Ma ha sottolineato che quanto accaduto «non è certo attribuibile all'Europa allargata, a Schengen o alla direttiva europea sulla libera circolazione all'interno dell'Unione europea». Ci sono problemi, ha aggiunto, «che vengono da lontano, che meriterebbero un approccio meno superficiale e che non si possono affrontare con un decreto emanato in tutta fretta per quietare l'opinione pubblica». Per tale ragione «occorre fare attenzione e ricondurre tutta la vicenda dentro un piano di civiltà giuridica che non può essere piegata ad emozioni o alle logiche emergenziali». Ha pertanto precisato che «lo Stato di diritto impone che la responsabilità penale sia individuale e non attribuibile a categorie collettive», mentre «deviare da questo principio sarebbe un precedente pericoloso che porterebbe alla criminalizzazione di determinate nazionalità di migranti». Ha poi definito preoccupanti gli effetti che ne possono seguire: «un clima di caccia alle streghe» nei confronti dei cittadini rumeni e rom con tanto di spedizioni punitive, e perfino i bambini nelle scuole sono stati oggetto di scherno e di maltrattamenti. A suo parere, la domanda di sicurezza «è ovviamente legittima», ma occorre non cadere «nella trappola delle polemiche e delle strumentalizzazione create ad arte per alimentare odio e xenofobia per meri fini di parte». Se la politica riprendesse la strada dell'oggettività, ha proseguito, «saprebbe indicare all'opinione pubblica che l'Italia non è un paese stracolmo di migrati delinquenti». D'accordo sul fatto che l'immigrazione è una materia che necessita un coordinamento europeo, ha affermato che «non si può evocare l'Europa solo per limitare la libertà di movimento dei migranti». Ha quindi biasimato il ruolo del commissario Frattini, «che non ha perso occasione per stare dentro alle polemiche politiche nazionali esprimendo giudizi contrari alle direttive europee». Sarebbe invece più utile, ha detto, «che il Commissario proponesse serie politiche di integrazione», aumentando le risorse dei fondi di integrazione e liberando le politiche nazionali di accoglienza dai vincoli del patto di stabilità. A suo parere, inoltre, è anche importante spingere per un coordinamento e un rafforzamento degli strumenti giudiziari e di polizia per colpire la criminalità organizzata e la tratta degli esseri umani, «un reato odioso che ormai è a dimensione transnazionale». La discussone sull'applicazione della direttiva 38/2004, ha poi insistito, «è l'occasione per ribadire come la libera circolazione dei cittadini rumeni sia un diritto inalienabile di cittadinanza europea». La direttiva è chiara: non si possono allontanare le persone in via preventiva ma bisogna valutare la responsabilità personale. E' da questo dato, ha concluso, che «si dovrà ripartire perché il decreto del governo sia in linea con la tradizione europeistica del nostro paese». Alfredo ANTONIOZZI (PPE/DE, IT) ha anzitutto ringraziato il commissario Frattini «per il coraggio e la coerenza che non lascia spazio a nessuna ipocrisia» ed ha poi sottolineato che il decreto attaccato da Umberto Guidoni è del governo sostenuto dal suo stesso partito. Ha poi notato che i recenti fatti accaduti a Roma, sono «solo gli ultimi fatti dolorosi di una lunga catena di avvenimenti spesso sottaciuti o inascoltati». L'Europa, ha precisato, si fonda sul rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali e il popolo italiano ha da sempre dimostrato di sostenere valori inalienabili quali la non discriminazione, l'eguaglianza fra i popoli e la democrazia. D'altra parte, citando alcuni dati della Caritas, ha sottolineato che dopo il 1° gennaio 2007 vi è stata una migrazione di cittadini romeni verso l'Italia di dimensioni «che non ha precedenti nell'ambito dell'Unione europea» «Non è colpa di un popolo, è colpa di persone». Si è quindi chiesto il motivo per il quale il governo italiano non ha approvato prima il decreto che recepiva la direttiva 38 e perché nel decreto le disposizioni della direttiva relative alle condizioni di soggiorno per un termine superiore ai tre mesi restano disapplicate. Si è inoltre domandato perché il Ministero degli Interni non ha assicurato adeguate norme di applicazione sulle condizioni e ai requisiti da rispettare per la permanenza nonché misure volte a realizzare i controlli e permettere il rimpatrio di cittadini comunitari che non rispettano tali condizioni. Questo lassismo, ha aggiunto, «ha generato un permissivismo che va oltre ogni logica comprensione» e anche «un arrivo indiscriminato di cittadini indigenti che alimenta ogni giorno un incubatoio di disperazione, che spinge alla inevitabile scorciatoia del non rispetto delle leggi». Il sindaco di Roma, ad esempio, «ha tollerato l'insediamento di centinaia di campi rom e baraccopoli dove sono compromessi i più elementari diritti umani e dove l'igiene e la dignità personale sono calpestate». Definendo ciò «un atto di grave leggerezza che oggi paghiamo dolorosamente» ha concluso sostenendo di essere favorevole alla solidarietà e all'accoglienza, «ma nel rispetto delle leggi, della certezza del diritto e dell'ordine pubblico». Per Alfonso ANDRIA (ALDE/ADLE, IT), il governo di ciascun paese membro dell'Unione «ha il diritto-dovere di porre in essere energiche azioni di contrasto ai fenomeni criminali per garantire la sicurezza dei cittadini e di quanti vivono ed operano sul territorio». Il dibattito deve pertanto sfuggire alla duplice tentazione «della emotività e della reazione politica strumentale». Ha quindi ricordato che era già da tempo in corso in Italia l'elaborazione di un disegno di legge sotto il nome di "Pacchetto sicurezza", e che «i drammatici eventi di fine ottobre hanno determinato il governo a tramutarlo in un decreto legge che ha subito cominciato a produrre i suoi effetti». «Nulla dunque di frettoloso o di improvvisato», ha insistito, notando tra l'altro che interverranno delle modifiche in sede parlamentare. Ha quindi definito «assolutamente equilibrato» il contenuto del decreto che intende colpire chi, con il proprio comportamento, minaccia la convivenza civile, compromette la pubblica sicurezza e danneggia anche tutti coloro che giungono in Italia per migliorare con il proprio lavoro le proprie condizioni di vita. Non si tratta, ha precisato, «di un decreto anti-qualcuno, ma a favore di coloro che vengono in Italia per integrarsi nel pieno rispetto delle nostre leggi e che sono comunque la stragrande maggioranza». La presenza in Italia, come in qualunque altro paese, di chi non accetta le regole, ha aggiunto, «rende più difficile l'integrazione anche per gli altri». Poiché «si innescano dinamiche di rigetto che complicano i meccanismi di integrazione». Di qui,ha concluso, «la risposta pronta del governo italiano che, d'altro canto, non manca di intervenire per evitare posizioni politiche strumentali e pericolosi segnali, come quelle spedizioni punitive o le ronde che lancerebbero alla pubblica opinione un messaggio fuorviante, addirittura perverso». Replica della Commissione Franco FRATTINI ha voluto precisare che non si è occupato di questa vicenda «iniziando con azioni e dichiarazioni alcuni giorni fa», bensì da molto tempo e per di più su richiesta dei sindaci italiani «che come è noto, sono appartenenti a tutti gli schieramenti politici, prevalentemente del centro sinistra». Il 19 maggio scorso, ha insistito, i sindaci italiani «hanno posto con vigore il problema della sicurezza nelle città e lo hanno posto all'Europa in un incontro con il ministro degli Interni italiano». In quella occasione, ha quindi ricordato, il ministro Amato aveva affermato che il problema della sicurezza, se non affrontato, «fa sentire il cittadino che non si sente difeso, nemico di chi gli è più simile». Il 23 giugno successivo, ha aggiunto il commissario, nel corso dell'Assembla dell'Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, fu lanciato il piano di accoglienza per le popolazioni rom, «dopo un incontro che io avevo avuto alcuni giorni prima con le rappresentanze dell'Assemblea dei comuni italiani» per far sì che l'Italia attingesse ai finanziamenti europei, fino ad allora non richiesti. I sindaci italiani, ha continuato il Vicepresidente, «stabilirono che il sistema d'integrazione dovesse essere basato sui valori della reciprocità» affermando che "abbiamo il dovere di accogliere e di integrare in cambio del dovere di accettare le regole del nostro paese". Questa, ha puntualizzato Frattini, è stata la posizione seguita da allora, prima ancora che il sindaco di Firenze - «che non è certo persona che si può sospettare di simpatie razziste» - propose «di criminalizzare i lavavetri». Il Vicepresidente ha poi citato un lancio d'agenzia del 25 ottobre in cui i sindaci chiedevano nuove norme sostenendo "che la gente non capisce le divisioni che si stanno creando all'interno della maggioranza". All'epoca, ha aggiunto, «non vi era neanche l'idea che l'Europa disponesse di strumenti, quali poi si sono adottati con il decreto legge, che potessero far fronte ad alcune situazioni di obiettiva violazione della direttiva 38». Ecco la ragione per cui ha iniziato a occuparsi di questa materia, ha spigato Frattini. Rivolgendosi quindi a coloro che hanno criticato una sua singola frase li ha sfidato a citare un solo caso in cui, come Vicepresidente della Commissione si sia rifiutato di collaborare con il Ministro Amato e di rispondere alle richieste fatte all'Europa da parte del governo italiano. Ha poi sottolineato che, alcune settimane più tardi, suscitando le proteste di Bucarest, il sindaco di Roma dichiarò che i romeni sono i responsabili del 75% dei reati commessi, «confondendo il fatto che era il 75% dei reati commessi da stranieri». Nonostante le manifestazioni di piazza in Romania, ha aggiunto, «io dialogai con il sindaco di Roma per offrirgli l'azione del Fondo sociale europeo» e lui chiese sostegno all'Europa per misure di integrazione. Il Vicepresidente ha poi sottolineato, al di là delle poche frasi della sua intervista, di aver sempre lavorato «affinché l'area Schengen sia estesa prima di Natale a 9 nuovi Stati membri». Se così avverrà, ha insistito, sarà anche merito del lavoro realizzato da due anni e mezzo come membro della Commissione, «senza nessuna paura di dire che il diritto di libera circolazione è un pilastro dell'Unione europea». Concludendo ha voluto evidenziare il suo impegno personale affinché la Romania potesse entrare nell'UE riaffermando il proprio rispetto e la propria amicizia nei confronti del popolo rumeno, ma «non nei confronti dei criminali di nazionalità romena che sono come quelli di nazionalità italiana». Si è detto quindi convinto che «estrapolare una frase da un'intervista» non possa cambiare questi «che sono soltanto fatti». Link utili
Resoconto del dibattito in Aula (12/11/2007) Riferimenti Risoluzione comune sull'applicazione della
direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e
dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel
territorio degli Stati membri |
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Via libera all'ampliamento dell'area Schengen Il Parlamento ha approvato la proposta di aprire l'area Schengen a nove nuovi Stati membri. In una risoluzione adottata a larga maggioranza, esorta i nuovi aderenti a mantenere un elevato livello di sicurezza e a rispettare con rigore i criteri fissati. Nel sottolineare l'avvio di un SIS II pienamente operativo, ricorda l'esigenza di procedere, entro due anni, a una valutazione globale sul modo in cui il sistema è stato applicato. Approvando con 468 voti favorevoli, 21 contrari e 34 astensioni la relazione di Carlos COELHO (PPE/DE, PT), il Parlamento europeo ha dato il via libera alla proposta di estendere la piena applicazione dell'area Schengen a Repubblica ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Slovenia, Repubblica slovacca e Ungheria. Il relatore condivide le conclusioni degli esperti secondo cui i nove Stati membri hanno dato prova di essere sufficientemente preparati ad applicare tutte le disposizioni dell'acquis di Schengen in maniera soddisfacente. Tuttavia, rilevando che persistono tuttora alcuni problemi, il Parlamento chiede che, nei prossimi sei mesi, ogni Stato membro informi per iscritto il Consiglio e il Parlamento sul seguito dato alle raccomandazioni formulate dalle relazioni di valutazione. Questo sarà il più grande ampliamento nella storia di Schengen e dovrebbe diventare effettivo dal prossimo 21 dicembre. In tale occasione il Presidente in carica del Consiglio europeo, José SÓCRATES, il Presidente della Commissione, José Manuel BARROSO, e il Vicepresidente della Commissione, Franco FRATTINI, attraverseranno insieme la frontiera della Slovenia, Paese che subentrerà alla Presidenza del Consiglio. Con 459 voti favorevoli, 13 contrari e 42 astensioni, il Parlamento ha anche approvato una risoluzione che sottolinea anzitutto come la creazione dell'area di Schengen sia stata «una delle maggiori conquiste» e porge il benvenuto ai nuovi Stati membri che entrano a farne parte, plaudendo «agli enormi sforzi che alcuni di essi hanno compiuto per essere pronti e per poter rispettare tutti i criteri in un periodo di tempo così breve». Evidenzia inoltre il valore simbolico e storico di questo evento «per la fine delle vecchie divisioni dell'Europa». D'altra parte, nel ricordare ai nuovi Stati membri la necessità di mantenere un alto livello di sicurezza e di rispettare con rigore ed efficienza i criteri di Schengen in ogni momento, sottolinea anche che occorre verificare se questi abbiano rispettato le condizioni necessarie per l'applicazione di tutte le parti dell'acquis in questione (protezione dei dati, frontiere aeree, frontiere terrestri, cooperazione di polizia, sistema d'informazione Schengen, frontiere marittime e visti). Sottolineano quindi l'urgente necessità di accelerare i preparativi per l'avvio di un SIS II pienamente operativo, il Parlamento ricorda che gli Stati membri dovrebbero predisporre quanto prima tutte le misure necessarie per superare le carenze tuttora esistenti. Allo stesso tempo rileva che, sebbene talune questioni «siano ancora aperte e debbano avere un seguito in futuro», esse non costituiscono un ostacolo all'applicazione integrale dell'acquis di Schengen a tutti i nuovi Stati membri interessati. Esorta poi il Consiglio a garantire che il Parlamento sia costantemente informato, per iscritto, nel corso del prossimo semestre in merito al seguito che intende dare alle raccomandazioni contenute nella relazione di valutazione per ciascuno Stato membro interessato. E, infine, ricorda l'esigenza di procedere ad una valutazione globale, nei prossimi due anni, sul modo in cui il sistema è stato applicato e su come funziona in ogni paese partecipante all'area Schengen. Link utili
Progetto di decisione del Consiglio sulla piena applicazione
delle disposizioni dell'acquis di Schengen Riferimenti Risoluzione comune sulla piena applicazione
delle disposizioni dell'acquis di Schengen nella Repubblica ceca,
nella Repubblica di Estonia, nella Repubblica di Lettonia, nella
Repubblica di Lituania, nella Repubblica di Ungheria, nella
Repubblica di Malta, nella Repubblica di Polonia, nella Repubblica
di Slovenia e nella Repubblica slovacca (in appresso gli "Stati
membri interessati") |
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Cieli puliti con le quote di emissione degli aerei, dal 2011 Il Parlamento approva l'inclusione del trasporto aereo nel sistema UE di scambio di quote di emissione dei gas serra, rafforzandone le disposizioni con la richiesta di applicarlo a tutti i voli in partenza o in arrivo negli aeroporti dell’UE. Esclude la possibilità di deroghe per i voli di Stato, sostenendo però le esenzioni per gli aerei in missioni antincendio e i voli militari. I ricavi delle vendite all’asta del 25% delle quote potranno servire a ridurre le tasse sui trasporti più “puliti”. La proposta mira a proteggere, conservare e migliorare la qualità dell'ambiente riducendo gli effetti in aumento del trasporto aereo sui cambiamenti climatici attraverso l’inclusione di tale settore nel sistema comunitario di scambio di quote di emissioni. La Commissione nota che, nel 2004, le emissioni di gas a effetto serra prodotte dai voli aerei internazionali imputabili alla Comunità sono cresciute dell’87% rispetto al 1990. Se questo andamento continua, c'è quindi il rischio che l'aumento delle emissioni aeree annullino più di un quarto dei benefici ambientali ottenuti grazie alle riduzioni che la Comunità deve effettuare nell'ambito del protocollo di Kyoto. Approvando la relazione di Peter LIESE (PPE/DE, DE), il Parlamento accoglie con favore la proposta della Commissione ma propone diversi emendamenti volti soprattutto a rendere più rigorose le disposizioni della direttiva ed a estenderne il campo d'applicazione. Secondo la proposta, infatti, il sistema di scambio di emissioni riguarderebbe, in una prima fase (2011) i voli intra-comunitari e, dal 2012, anche tutti i voli in arrivo o in partenza dall'Unione europea. Il Parlamento, invece, chiede di assicurare parità di condizioni tra aeroporti e tra operatori aerei. Pertanto, ha accolto un emendamento che estende il sistema comunitario di scambio delle emissioni a tutti i voli in arrivo e in partenza da aeroporti della Comunità a partire dal 2011. Il Parlamento, inoltre, accoglie la proposta di esentare i voli militari, delle autorità doganali e di polizia, nonché quelli effettuati a fini di ricerca e soccorso, precisando che essa vale anche per i voli collegati a interventi medici e di soccorso, inclusa la lotta antincendio. Ma respinge la deroga proposta per i voli "ufficiali" dei monarchi regnanti e delle loro famiglie, dei capi di Stato e di governo e dei Ministri di governo. Per i deputati, infatti, non vi è nessuna ragione che giustifica un trattamento preferenziale per tali voli. In merito al metodo per l’assegnazione delle quote di emissione, un emendamento precisa che, partire dal 2011, il 25% di queste (la Commissione non esplicita la percentuale esatta) dovrà essere assegnato mediante asta. Le modalità per la vendita all'asta delle quote dovranno essere definite dalla Commissione e, nel farlo, dovrà anche tenere conto della necessità di garantire l'accesso alle quote da parte dei nuovi operatori del settore dell'aviazione, per evitare il rischio di creare ostacoli artificiali all'ingresso dei nuovi operatori e distorcere la concorrenza. Resta comunque aperta la possibilità, per ogni operatore aereo, di presentare una domanda per l’attribuzione di quote a titolo gratuito. I proventi derivanti dalla vendita all'asta di quote dovranno essere utilizzati per attenuare gli effetti delle emissioni dei gas a effetto serra e per finanziare attività di ricerca e sviluppo ai fini dell'attenuazione, «soprattutto nel settore dell'aviazione». Il Parlamento, inoltre, precisa che essi dovranno servire anche per ridurre le tasse e gli oneri sui trasporti rispettosi dell’ambiente, come il treno e l’autobus, oppure per attenuare problemi concernenti gli obblighi di servizio pubblico* in relazione all’attuazione della direttiva stessa. Inoltre, mentre la Commissione propone di assegnare una quantità totale di quote equivalente alla media annuale delle emissioni prodotte storicamente dal settore al trasporto aereo, i deputati riducono tale cifra al 90%. Per il periodo dopo il 2012, a seconda dell’entità dell’obiettivo generale di riduzione delle emissioni complessive che sarà fissato (20 o 30% rispetto al 1990), dovrà essere ridotta ulteriormente anche la quantità di quote assegnate agli operatori aerei. Un altro emendamento chiede la costituzione di una riserva di quote da assegnare ai nuovi operatori. Oltre alle misure tecniche propriamente dette, il Parlamento nota che una gestione del traffico aereo più efficace può comportare una diminuzione del consumo di carburante sino al 12% e «contribuire in tal modo alla riduzione delle emissioni di CO2». Chiede quindi che i progetti "Cielo unico europeo" e SESAR siano attuati il più rapidamente ed efficacemente possibile. In particolare, con la creazione di «blocchi di spazio aereo funzionali e flessibili» e assicurando «un uso flessibile dello spazio aereo». In quest'ottica, ritiene anche opportuno sostenere l'iniziativa AIRE (Atlantic Interoperability Initiative to Reduce Emissions) concordata tra l'Unione europea e gli Stati Uniti. Infine, ponendo l’accendo sul ruolo della ricerca e della tecnologia, un emendamento chiede ai produttori di aeromobili e di aviomotori nonché ai produttori di carburanti di studiare e mettere in atto innovazioni suscettibili di ridurre in misura significativa gli effetti del trasporto aereo sul clima. È inoltre opportuno che le istituzioni comunitarie continuino ad appoggiare l'iniziativa tecnologica comune "Clean Sky", lanciata nell'ambito del Settimo programma quadro di ricerca, che mira a ridurre sostanzialmente l'impatto del traffico aereo sull'ambiente. *Un regime di oneri di servizio pubblico ha la caratteristica di sottrarre alla concorrenza determinate rotte aeree, rendendole accessibili solo a vettori che accettino particolari condizioni - in termini di continuità e regolarità delle frequenze, capacità degli aerei utilizzati e tariffazione - cui i vettori normalmente non si atterrebbero se tenessero conto unicamente del loro interesse commerciale. Link utili
Proposta della Commissione Riferimenti Peter LIESE (PPE/DE, DE) |
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Protezione del suolo: prevenzione e bonifica Il Parlamento ha approvato la direttiva volta a garantire la conservazione del suolo nell’ambito di un suo utilizzo sostenibile, a prevenire le minacce incombenti e a mitigarne gli effetti. Prevede un calendario per l'identificazione dei siti contaminati o a rischio contaminazione e la definizione di strategie per il ripristino dei suoli degradati. Misure necessarie poiché il suolo è un bene comune dell'umanità e una risorsa non rinnovabile. Occorre anche promuovere un'agricoltura sostenibile. Negli ultimi decenni si è registrato un aumento significativo dei processi di degrado dei suoli che, in assenza di interventi, continueranno ad aumentare. Attualmente non esiste una normativa comunitaria specifica sulla difesa del suolo, anche se talune disposizioni in materia sono presenti in altri testi legislativi. La proposta della Commissione, esaminata oggi dal Parlamento europeo in prima lettura della procedura di codecisione, mira pertanto a colmare questa lacuna. Sulla base di una serie di emendamenti di compromesso sostenuti dai maggiori gruppi politici, il Parlamento europeo ha approvato con 496 voti favorevoli, 61 contrari e 22 astensioni la relazione di Cristina GUTIÉRREZ-CORTINES (PPE/DE, ES). In precedenza, i deputati non avevano accolto - con 225 voti favorevoli, 395 contrarie 11 astensioni - la proposta di respingere in blocco il progetto di direttiva. Spetta ora al Consiglio dei Ministri esaminare le proposte avanzate dai deputati. Il Parlamento propone anzitutto un emendamento teso a precisare e ampliare gli obiettivi della direttiva, sostenendo che l'istituzione di un quadro per la protezione e l'utilizzo sostenibile del suolo deriva dalla necessità di prevenirne il degrado (soprattutto causato dai mutamenti climatici), di mitigarne gli effetti e di bonificare o ripristinare i suoli degradati, «tenendo conto delle specifiche condizioni locali». Al contempo sottolinea che occorre riconoscere il suolo come «un bene comune dell'umanità, un ecosistema, una risorsa non rinnovabile». Precisa poi che il suolo è anche una «piattaforma» per una serie di funzioni ambientali, economiche, sociali e culturali. A tal fine, il Parlamento ritiene che sono necessari «interventi atti a migliorare, laddove opportuno, le caratteristiche e le funzioni del suolo. Chiede inoltre che la direttiva si applichi anche alle componenti liquide e gassose dello strato superficiale della crosta terrestre. I deputati introducono, peraltro, la nozione di "suoli pregiati" che indica quei suoli che vanno protetti per la specificità delle loro caratteristiche e della loro struttura, per il particolare valore ecologico, culturale e/o storico o a motivo del loro impiego. Inoltre, il concetto di "aree a rischio" è sostituito da quello di "aree prioritarie che necessitano di protezione speciale". Si tratta, secondo la lettera dell'emendamento, di zone vulnerabili a causa delle tipologie di suolo, delle condizioni climatiche e delle pratiche di gestione dei terreni, «per le quali vi sono prove conclusive o legittimi motivi per sospettare» che uno dei processi di degrado si sia verificato o rischi di verificarsi». Tra i processi di degrado citati figurano l'erosione, la compattazione, la salinizzazione, la desertificazione, gli effetti dei cambiamenti climatici, la perdita di biodiversità, gli sprofondamenti e gli smottamenti. Le zone prioritarie dovranno essere identificate entro cinque anni dalla data di recepimento della direttiva. Per quanto riguarda l'identificazione dei siti contaminati, l'Aula ha accolto un emendamento di PPE/DE e PSE che chiede agli Stati membri di designare un'autorità incaricata di procedere all'identificazione sia delle zone «effettivamente» contaminate sia dei siti «potenzialmente» contaminati. Entro 6 anni (contro i 5 proposti dalla Commissione) dall'entrata in vigore della direttiva, queste autorità dovranno identificare almeno le zone in sono in corso o si sono svolte attività aventi un impatto sul suolo. Tra queste, figurano quelle interessate dalla direttiva "Seveso", dalla direttiva sulle discariche, nonché dalle norme sui rifiuti (compresi quelli delle attività estrattive) e sulla prevenzione e riduzione dell'inquinamento (che riguardano le attività energetiche, la produzione e la trasformazione di metalli, l'industria dei prodotti minerali e quella chimica). Particolare attenzione dovrà inoltre essere attribuita agli aeroporti, ai porti ed a siti precedentemente adibiti a scopi militari in cui sono avvenuti l'utilizzo, la manipolazione e lo stoccaggio di sostanze pericolose. Ma anche alle stazioni di rifornimento, agli impianti di pulitura a secco industriali, e agli impianti di trattamento delle acque reflue per un numero di abitanti pari o superiori a 2.000, nonché alle condotte per il trasporto di sostanze pericolose. Il Parlamento chiede poi che almeno il 10% di tutti siti contaminati o potenzialmente contaminati sia identificato entro sette anni dalla data di recepimento della direttiva (contro i cinque proposti dalla Commissione). Questa percentuale dovrà salire al 60% dopo ulteriori otto anni per poi essere completato entro 25 anni dalla data di trasposizione nel diritto nazionale della direttiva. Gli Stati membri dovranno quindi stilare degli inventari nazionali o regionali dei siti contaminati che dovranno essere resi pubblici e aggiornati almeno ogni sette anni. Per quanto riguarda la bonifica dei siti contaminati, un altro emendamento chiede agli Stati membri di predisporre, entro sette anni dalla data di recepimento della direttiva, una strategia (o più strategie) per la bonifica di queste zone, da fissare al livello amministrativo ritenuto più opportuno. Tale strategia, che dovrà essere resa pubblica e notificata alla Commissione, dovrà comprendere la definizione di obiettivi di bonifica, l'identificazione delle priorità e un calendario di esecuzione degli interventi, nonché il relativo meccanismo di finanziamento. Gli Stati membri dovranno inoltre provvedere all'adozione di misure di sicurezza «temporanee e urgenti» laddove sussista un «grave rischio» di diffusione della contaminazione, «tale da costituire una minaccia per la salute umana e per l'ambiente». Dovranno inoltre incoraggiare il ricorso alle migliori tecniche disponibili ai fini della bonifica. Qualora i mezzi tecnici necessari per la bonifica non fossero disponibili o comportassero un «costo sproporzionato rispetto ai benefici ambientali attesi», un emendamento consente di sottoporre i siti coinvolti a vincoli «affinché non comportino alcun rischio per l'ambiente o la salute umana». Tra questi vincoli, i deputati includono «restrizioni di accesso al sito» o altre misure atte a «permettere il naturale recupero». In questo caso, è precisato, gli Stati membri dovranno monitorare i rischi. Un altro emendamento approvato dall'Aula prevede che, in caso di vendita di un sito in cui sono in corso o si sono svolte le attività inquinanti suddette, gli Stati membri devono provvedere affinché il proprietario o il potenziale acquirente informino le autorità competenti e l'altra parte coinvolta delle attività attuali e passate svolte sul sito e forniscano qualsiasi altra informazione a loro disposizione riguardo ai livelli di concentrazione di sostanze pericolose nel suolo. Gli Stati membri, inoltre, possono richiedere un'analisi chimica per verificare tali livelli. Le indagini e le valutazioni necessarie a stabilire se il sito ponga rischi per la salute umana o l'ambiente, d'altra parte, devono essere sempre ultimate «prima dell'avvio di qualunque opera edilizia». Se richiesto le autorità competenti devono fornire al proprietario o al possibile acquirente le informazioni sul sito già disponibili. Un emendamento chiede poi che, in caso di progetti di sviluppo edilizio, gli Stati membri adottino interventi atti a limitare l'impermealizzazione del suolo e a ridurne al minimo gli effetti. Per quanto riguarda l'uso agricolo del suolo, i deputati precisano che ogni Stato membro «può decidere la propria politica agricola relativa al suolo, in base alle sue caratteristiche climatiche, agrarie e pedologiche nonché alle sue migliori prassi agricole». Gli Stati membri, d'altra parte, devono incoraggiare la scelta di colture e di metodi o programmi di forestazione «che abbiano effetti benefici sulla materia organica del suolo e la sua fertilità e siano in grado di prevenire smottamenti e desertificazione». Devono inoltre incentivare prassi agricole che favoriscano la capacità di filtrazione e di ritenzione idrica del suolo, al fine di prevenire la compattazione e l'erosione. La Commissione e gli Stati membri sono inoltre chiamati a promuovere e sfruttare i risultati della ricerca sulle funzioni delle varie colture in rapporto ai cambiamenti climatici e alla cattura di anidride carbonica. I deputati chiedono poi di incoraggiare l'uso del compost per conservare la fertilità del suolo, per elevare i livelli di materia organica nel terreno e per combattere l'erosione. Sollecitano anche la Commissione a presentare entro due anni una proposta di direttiva per i rifiuti organici che stabilisca norme di qualità per la loro utilizzazione. Il Parlamento ha anche adottato la relazione di Vittorio PRODI (ALDE/ADLE, IT) sulla strategia tematica in materia di protezione del suolo. Link utili
Proposta della Commissione Riferimenti Cristina GUTIÉRREZ-CORTINES (PPE/DE, ES) |
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Verso una strategia europea per la protezione del suolo Sinergia con le altre politiche comunitarie, un'imposta sulle perdite di carbonio e pratiche agricole sostenibili. E' quanto chiede il Parlamento europeo in merito alla strategia comunitaria per la protezione del suolo. I deputati sollecitano una direttiva quadro, lo studio delle cause della desertificazione e dei relativi rimedi, norme UE per prevenire le contaminazioni e il monitoraggio dei rischi naturali. La popolazione deve inoltre essere meglio informata sui siti contaminati. Approvando la relazione di Vittorio PRODI (ALDE/ADLE, IT), il Parlamento accoglie con favore la strategia tematica della Commissione per la protezione del suolo, poiché «dimostra chiaramente la necessità di azioni efficaci e produttive in materia di protezione dei suoli negli Stati membri dell'Unione europea. Tale strategia, per i deputati, deve individuare e risolvere i problemi di degrado dei suoli danneggiati, sia da fenomeni naturali sia da interventi umani. Essa deve inoltre essere basata sulla prevenzione, la sensibilizzazione dei cittadini, l'informazione e l'identificazione delle zone a rischio, per affrontare il problema a livello europeo. Nell'invitare gli Stati membri non dotati di una legislazione specifica in materia di protezione del suolo ad assumere le proprie responsabilità in questo campo, il Parlamento sottolinea che tale strategia «sarà considerevolmente potenziata» se verranno aggiunte misure di incentivazione finanziaria nel quadro delle risorse di bilancio disponibili per le regioni di coesione. Sottolinea poi che, a differenza dell'acqua, dell'aria e della biodiversità, nel caso del suolo, non esiste una normativa comunitaria. Rileva quindi l'esigenza di una direttiva quadro sulla protezione del suolo che preveda criteri vincolanti, garantendo però agli Stati membri «un ampio margine di flessibilità» in sede di definizione del quadro giuridico. Sinergia con altre politiche comunitarie Il Parlamento propone di procedere a una valutazione e a un'analisi approfondite dei risultati ottenuti con le direttive già applicate nell'Unione europea, come la direttiva sulle acque sotterranee e quella sui nitrati, nonché della misura in cui gli Stati membri soddisfano i criteri di condizionalità applicabili agli agricoltori. Chiede inoltre alla Commissione di esaminare l'attuazione negli Stati membri delle disposizioni riguardanti la protezione del suolo contenute nelle norme UE in materia di aria, acque, rifiuti, cambiamento climatico, biodiversità, desertificazione, agricoltura, energia, prodotti, industria, trasporti e sviluppo regionale. La Commissione è inoltre chiamata a elaborare quanto prima una direttiva sulla sana gestione dei biorifiuti. Un'imposta sulle perdite di carbonio Il Parlamento riconosce che un cambiamento nell'uso del suolo può favorire il sequestro del carbonio o aumentare le emissioni di gas ad effetto serra, ad esempio in caso di disboscamento o in seguito al prosciugamento di torbiere. Ma è anche vero che il cambiamento climatico può portare a sua volta ad un grave degrado o erosione del suolo. Invita quindi la Commissione a esaminare l'introduzione di misure, come un'imposta comune minima sulle perdite di carbonio che andrebbe riscossa a livello nazionale e il cui gettito andrebbe utilizzato per ovviare al problema. E' anche necessario incentivare ulteriori ricerche sulla funzione del suolo nel rafforzamento della ritenzione idrica e nella lotta contro l'abbassamento delle falde freatiche, nell'attenuazione dei cambiamenti climatici e nell'adattamento al loro impatto. Pratiche agricole sostenibili Vista la scarsità di terre agricole produttive, il Parlamento rileva la necessità di sviluppare pratiche agricole sostenibili «che salvaguardino le preziose qualità del suolo». Chiede pertanto alla Commissione di stabilire un catalogo delle pratiche agricole e dei loro diversi effetti sul suolo, «affinché possano essere promosse le migliori pratiche agrotecniche». Anche perché l'agricoltura e la silvicoltura «svolgono un ruolo decisivo nella conservazione della qualità del suolo e nella sua rivitalizzazione». Segnala inoltre la necessità di evitare l'impermeabilizzazione permanente dei suoli ad alto valore ecologico o produttivo, ricoperti da superfici artificiali a seguito dell'urbanizzazione o della costruzione di altre infrastrutture. Studiare cause e rimedi alla desertificazione I deputati ricordano che il problema della desertificazione interessa quattordici Stati membri e che gli altri tredici, pur non essendo toccati da tale fenomeno, sono comunque sottoposti, a livello regionale o locale, a pressioni ambientali come l'erosione o la salinizzazione. Esortano quindi la Commissione a presentare una comunicazione sulla desertificazione e la steppizzazione. Questa dovrebbe contenere una descrizione accurata delle regioni che sono o potrebbero essere interessate dai processi di desertificazione e steppizzazione ed essere corredata di un'analisi dettagliata delle cause e degli effetti socioeconomici sulle regioni. Dovrebbe inoltre individuare le azioni comunitarie appropriate per limitare gli effetti negativi di tali processi. Prevenire le contaminazioni e informare la popolazione Il Parlamento ritiene che la prevenzione della contaminazione dei suoli «sia estremamente importante per salvaguardare le idonee caratteristiche fisiche e chimiche del suolo» e la sua qualità, nonché per garantire la protezione di altri elementi dell'ambiente naturale. Chiede pertanto alla Commissione di assicurare che la legislazione comunitaria, attuale e futura, sia conforme a tale obiettivo. Occorre inoltre adottare «un approccio sistemico» per l'individuazione dei siti contaminati, basato sul monitoraggio di parametri oggettivi e su una lista comune di attività, che consenta di raccogliere le informazioni necessarie e costituire banche dati. I deputati sottolineano poi che, accanto alle diverse possibilità di risanamento (decontaminazione e stabilizzazione), vanno anche prese in considerazione ulteriori opzioni, quali ad esempio idonee misure di protezione e limitazione o il ricorso a processi naturali di riduzione delle sostanze inquinanti. E' inoltre necessario fornire al pubblico maggiori informazioni sui siti contaminati o a rischio di contaminazione e aumentare la trasparenza nelle operazioni di compravendita dei terreni mediante l'introduzione di un rapporto sullo stato del suolo. Monitoraggio dei rischi naturali Il Parlamento chiede alla Commissione di promuovere ulteriori ricerche sui maggiori rischi di inondazioni e smottamenti derivanti dall'impermeabilizzazione e dal cedimento dei terreni. Così come sull'intensificazione degli effetti delle inondazioni, degli smottamenti e dell'attività sismica dovuta all'incremento della densità demografica e delle attività nelle zone costiere, nei bacini fluviali e nelle zone circostanti i vulcani e le zone ad elevata emissione di CO2 e SO2. Dovrebbero inoltre essere individuate migliori prassi per far fronte a questi maggiori rischi e modalità più sistematiche per migliorare la formazione e l'istruzione all'interno dell'UE per quanto concerne la classificazione, la campionatura e il monitoraggio dei suoli. Il Parlamento ha votato anche la sua posizione - in prima lettura della procedura di codecisione - sulla proposta di direttiva che istituisce un quadro per la protezione del suolo. Link utili
Comunicazione della Commissione sulla "Strategia tematica per la
protezione del suolo" Riferimenti Vittorio PRODI (ALDE/ADLE, IT) Cambiamenti climatici: dimezzare le emissioni entro il 2050 Il Parlamento chiede la fissazione di obiettivi vincolanti di riduzione dei gas serra per i paesi industrializzati e incentivi per quelli meno sviluppati, un sistema globale di quote e un quadro per l'allevamento sostenibile. Ricordando il ruolo dell'energia nucleare, chiede all'UE di assumere un ruolo guida e di proporre incentivi fiscali per tecnologie pulite, tasse sul cherosene e l'abolizione dei sussidi ai carburanti fossili. Occorre valutare come produrre energia dalle discariche. A seguito di un'interrogazione orale presentata alla Commissione e al Consiglio da Guido SACCONI (PSE, IT), Presidente della commissione temporanea sui cambiamenti climatici, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione in cui sottolinea anzitutto che i cambiamenti climatici «rappresentano una sfida di primaria importanza per le nostre società del XXI secolo». Questi hanno infatti importanti ripercussioni negative di tipo globale sul piano ambientale, economico, sociale e geopolitico, e «potrebbero anche mettere in pericolo la pace e la sicurezza internazionali». Il Parlamento, pertanto, sollecita l'Unione europea a far sì che alla Conferenza di Bali (3-14 dicembre 2007) venga deciso il necessario mandato per la negoziazione di un accordo internazionale sul clima per il periodo successivo al 2012. Per i deputati, inoltre, l'Unione europea potrebbe affermare il proprio ruolo guida inviando alla Conferenza un certo numero di capi di governo per dimostrare chiaramente che i cambiamenti climatici costituiscono un problema complesso, «che non dovrebbe essere dibattuto solo dai ministri dell'ambiente». Secondo il Parlamento, il futuro regime dovrebbe fondarsi sui principi e sui meccanismi chiave della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) e del protocollo di Kyoto, «tenendo conto di responsabilità comuni ma differenziate». A suo parere, il mandato di Bali dovrebbe essere basato sui seguenti elementi:
Il Parlamento ricorda poi che i paesi industrializzati, compresi quelli che non hanno ancora ratificato il protocollo di Kyoto, devono svolgere un ruolo guida nell'affrontare i cambiamenti climatici. Devono quindi impegnarsi a ridurre le loro emissioni «almeno del 30% entro il 2020 e del 60-80% entro il 2050 rispetto al 1990». Accoglie quindi con favore la decisione del Consiglio europeo di ridurre del 30% le emissioni, entro il 2020, «a condizione che altri paesi sviluppati si impegnino a porre in atto riduzioni analoghe e che i paesi in via di sviluppo più avanzati sotto il profilo economico diano un contributo commisurato alle loro responsabilità e capacità». In tale contesto, facendo proprio un emendamento del PPE/DE (297 sì, 192 no e 16 astensioni), il Parlamento ricorda che una recente relazione del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) riconosce il ruolo dell'energia nucleare come opzione per ridurre le emissioni di gas a effetto serra. Ritiene, in tal caso, che le esigenze energetiche «andrebbero soddisfatte ricorrendo a tutte le fonti disponibili esenti da carbonio o alle tecnologie a bassa emissione, compreso il nucleare». D'altra parte, il Parlamento evidenzia «l'obbligo morale» dei paesi industrializzati di fornire un maggiore sostegno finanziario e per la creazione di capacità al fine di consentire la riduzione dei rischi e l'adattamento ai cambiamenti climatici nei paesi vulnerabili a basso reddito, in modo prevedibile e coerente. Il Parlamento si dice poi preoccupato in relazione al ritmo cui procede la deforestazione tropicale, che concorre per il 20% circa alle emissioni globali di gas ad effetto serra, e all'impatto negativo sulla capacità di assorbimento globale dei depositi naturali e la biodiversità. Chiede quindi un più intenso ricorso a incentivi nell'assegnazione di aiuti allo sviluppo da parte dei donatori europei e mondiali. Tali incentivi, dovranno quindi far parte del futuro regime sul clima. Inoltre, dovranno essere corredati di criteri ecologici, regole sulla sostenibilità e garanzie di buon governo. Ribadisce inoltre il proprio sostegno all'uso continuato del Meccanismo per lo sviluppo pulito (Clean Development Mechanism - CDM) come mezzo di promozione delle tecnologie rispettose del clima. Ma, sottolinea che trattandosi di un meccanismo di compensazione, «esso rappresenta soltanto una soluzione temporanea». L'obiettivo dovrebbe essere «la fissazione di un tetto globale per il carbonio basato su un'assegnazione equa e proporzionata delle quote». Il Parlamento chiede poi ulteriori sforzi per promuovere investimenti nell'efficienza energetica, nelle energie rinnovabili, nella condivisione della tecnologia, nella cattura e nello stoccaggio del carbonio, fornendo incentivi fiscali intesi ad incoraggiare la ricerca nel settore delle tecnologie pulite. D'altra parte, chiede di rimuovere gli ostacoli all'ingresso di tali tecnologie quali i sussidi per i carburanti fossili, i dazi sulle importazioni e la mancanza di una base di conoscenze. L'energia nucleare, inoltre, dovrebbe continuare ad essere esclusa da tutti i meccanismi volti a premiare le riduzioni delle emissioni nei paesi in via di sviluppo. Ribadisce, peraltro, il proprio invito a far sì che le emissioni del trasporto aereo e marittimo siano incluse negli impegni di riduzione di gas ad effetto serra a livello internazionale per il periodo successivo al 2012 e chiede nuovi sforzi «volti ad introdurre tasse sul cherosene a livello dell'Unione europea e a livello globale». In mancanza di un efficace sistema globale di "cap and trade" per le emissioni di carbonio, il Parlamento sostiene la definizione di obiettivi settoriali per le industrie ad alto consumo di energia nei paesi che non hanno assunto impegni vincolanti di riduzione delle emissioni. Tali obiettivi, quale complemento di quelli vincolanti previsti per i paesi industrializzati, sono particolarmente importanti per i settori ad alta intensità energetica come quelli dell'acciaio, della carta e del cemento. Preoccupato inoltre dal fatto che le risorse della terra sono sempre più utilizzate per l'allevamento del bestiame, ricorda che una relazione della FAO stima un contributo del 18% alle emissioni complessive di gas ad effetto serra nel mondo da parte dell'industria delle carni e dell'allevamento del bestiame. L'accordo internazionale sul clima per il periodo successivo al 2012 dovrà quindi includere un quadro per un allevamento sostenibile. Il Parlamento propone poi di valutare in che misura le discariche, che emettono fino a 60 milioni di tonnellate di metano l'anno nel mondo, «potrebbero essere smantellate e utilizzate per produrre energia, al fine di ridurre l'effetto serra e i rischi per l'uomo». Per il Parlamento sono inoltre necessari un accordo quadro internazionale e un sistema di certificazione per i biocarburanti, «con lo scopo di evitare ripercussioni negative sull'ambiente». Ma anche emissioni di CO2 eccessivamente elevate, dovute, ad esempio, alla deforestazione e all'incendio di torbiere. A tale riguardo sottolinea che occorre «puntare sulla ricerca, lo sviluppo e la promozione di biocarburanti di seconda generazione». Qualche dato Nella 4a relazione di valutazione dell'IPCC si afferma che, negli ultimi cent'anni, la temperatura media globale è aumentata di 0,74°C e che continuerà ad aumentare di circa 0,7°C a causa delle emissioni di gas ad effetto serra già prodotti. Si prevede inoltre un ulteriore aumento della temperatura media globale compreso fra 1,8° e 4°C nel corso di questo secolo, in funzione dello sviluppo della società. Il rapporto Stern stima al 5-20% del PIL globale annuo i costi economici, sociali e sanitari dell'inazione. Secondo l'UNFCCC e la Commissione, i costi di una politica sana in materia di clima ridurrebbero la crescita annua globale del PIL solo dello 0,12-0,19%, «senza tenere conto dei benefici ambientali e sanitari accessori o dei miglioramenti sul piano della sicurezza energetica». I 25 principali paesi inquinatori sono responsabili dell'83% delle emissioni globali di gas ad effetto serra e nei paesi sviluppati le emissioni pro capite sono ben superiori a quelle prodotte nei paesi in via di sviluppo. La Banca mondiale calcola che saranno necessari ogni anno da 10 a 40 miliardi di dollari USA per consentire uno sviluppo "a prova di clima" nei paesi più poveri, mentre sinora sono previsti contributi a fondi specifici di adattamento solo dell'ordine di 150-300 milioni di dollari l'anno. Link utili
Sito
della Conferenza di Bali Riferimenti Risoluzione sulla limitazione del
surriscaldamento dovuto ai cambiamenti climatici a +2°C - La via da
percorrere fino alla Conferenza di Bali sui cambiamenti climatici e
oltre (COP 13 e COP/MOP 3) |
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Pakistan: revoca dello stato di emergenza ed elezioni libere Il Parlamento chiede la revoca dello stato di emergenza in Pakistan e il ripristino della Costituzione. Nel condannare la repressione delle manifestazioni, sollecita la liberazione degli arrestati, la revoca degli arresti domiciliari imposti a Benazir Bhutto e delle restrizioni sui media nonché il ripristino dell'indipendenza giudiziaria. Musharaff deve rinunciare all'incarico di capo delle forze armate e garantire elezioni libere. Va anche valutato l'ampliamento degli aiuti umanitari. Il Parlamento ha adottato una risoluzione comune, sostenuta da tutti i gruppi politici eccetto l'IND/DEM, con la quale chiede esplicitamente la revoca dello stato di emergenza in Pakistan («de facto la legge marziale») e l'immediato ripristino della Costituzione pachistana del 1973. Ritiene infatti che questi provvedimenti potrebbero accrescere l'instabilità nel paese, «incoraggiando così la violenza e l'estremismo», ed esprime profonda preoccupazione «per le minacce per la pace e la stabilità dei paesi vicini e dell'intera regione». Nel condannare la violenza della polizia contro i manifestanti e gli arresti di massa, «effettuati senza imputazioni o con accuse di terrorismo prive di qualsiasi fondamento concreto», il Parlamento esprime la sua solidarietà a coloro che legittimamente protestano. Si dichiara poi «profondamente preoccupato» per l'arresto di più di 3.000 cittadini, tra cui esponenti politici di spicco, avvocati, giornalisti, difensori dei diritti umani e rappresentanti della società civile. Il Parlamento insiste poi sul fatto che l'inchiesta volta a d accertare dove si trovano le persone scomparse «deve continuare» e chiede che tutte le persone che si ritiene siano detenute in località segrete compaiano davanti al tribunale. Chiede inoltre l'immediata revoca degli arresti domiciliari imposti a Benazir Bhutto, Asma Jahangir (presidente della commissione indipendente per i diritti umani e relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di religione e di credo) e a I.A. Rehman (fondatore della suddetta commissione). Si dice inoltre «allarmato» dal fatto che non sia stato revocato il mandato di arresto nei confronti di Hina Dilani, rappresentante speciale del Segretario generale dell'ONU sulla situazione degli attivisti impegnati a favore dei diritti umani. Il Parlamento chiede poi il ripristino dell'indipendenza del potere giudiziario mediante il reintegro dei magistrati nei loro incarichi e l'immediato rilascio di tutti i rappresentanti dell'ordine degli avvocati arrestati dopo pacifiche dimostrazioni di piazza. Denuncia in particolare «l'illegittimità» degli arresti domiciliari del Presidente della Corte suprema, Iftikar Chaudhry, e l'incarcerazione del presidente dell'Ordine degli avvocati presso la Corte suprema, Aitzaz Aksan. Sollecita inoltre che tutte le restrizioni imposte ai mezzi di comunicazione vengano revocate e che vengano ritirate le ordinanze che limitano la libera copertura degli eventi politici. Nell'invitare nuovamente il Presidente Musharraf a rispettare il verdetto della Corte suprema in merito alla costituzionalità della sua elezione a Presidente, gli chiede di rinunciare alla carica di capo delle forze armate prima di prestare giuramento per un nuovo mandato presidenziale entro il 15 novembre 2007. Il Parlamento invita poi il governo pachistano a porre in essere le condizioni necessarie per garantire lo svolgimento di elezioni libere, eque e trasparenti come programmato. Chiede inoltre la formazione di un governo di transizione assolutamente neutrale incaricato di sovrintendere alle votazioni, nonché la ricostituzione della commissione elettorale. In tale contesto, deve anche essere permesso ai leader di tutti i partiti politici di presentarsi alle elezioni, incluso l'ex Primo ministro Nawaz Sharif, il quale dovrebbe essere autorizzato a rientrare in Pakistan e a partecipare attivamente al processo elettorale. Nel ricordare che la credibilità del processo elettorale «dipenderà dalla liberazione di tutti i prigionieri politici ... e dalla cessazione delle sparizioni di oppositori politici», il Parlamento ritiene che la libertà di parola, di movimento, di associazione e di riunione debba essere pienamente attuata e che tutte le restrizioni imposte ai partiti che operano nel rispetto della legge debbano essere abolite. Afferma inoltre che l'invio di una delegazione di osservatori del Parlamento europeo in occasione delle elezioni legislative in Pakistan «dipende dal rispetto dei prerequisiti basilari per lo svolgimento di elezioni libere ed eque da parte delle autorità pachistane». A tale riguardo, sottolinea che elezioni preparate e tenute sotto lo stato di emergenza «costituirebbero un chiaro segnale della natura non democratica del processo». Il Parlamento, infine, invita il Consiglio e la Commissione a insistere affinché il governo del Pakistan rispetti tutti i principi sanciti nell'Accordo di cooperazione, segnatamente la clausola in materia di democrazia e diritti dell'uomo. In tale contesto, chiede alla Commissione di presentare una relazione sull'attuazione dell'Accordo e di considerare la possibilità di ampliare gli aiuti concessi al Pakistan nel campo dell'istruzione, della riduzione della povertà, dell'assistenza sanitaria e dell'aiuto umanitario, convogliando i fondi attraverso le ONG laiche. Gli Stati membri, inoltre, devono rispettare pienamente il codice di condotta dell'Unione europea sulle esportazioni di armi. Riferimenti Risoluzione comune sul Pakistan |
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UE aperta agli altri paesi europei dell'Est, se democratici Il Parlamento sostiene i principali obiettivi della politica UE di vicinato (ENP) ma esprime dubbi sul suo ambito geografico. Saluta l'obiettivo di istituire una zona di libero scambio e sollecita accordi per agevolare il rilascio dei visti e la riammissione. Osserva poi che i paesi democratici chiaramente identificabili come europei possono fare domanda di adesione all'UE. Visto il suo ruolo politico e energetico in Asia centrale, andrebbero potenziate le relazioni con il Kazakistan. Nell'approvare la relazione di Charles TANNOCK (PPE/DE, UK) e Raimon OBIOLS i GERMÀ (PSE, ES), il Parlamento sostiene pienamente i principali obiettivi della Politica europea di vicinato (ENP): consolidare una zona di prosperità, stabilità e sicurezza intorno all'UE, sviluppare stretti legami con e fra gli Stati vicini all'Unione e impegnarli a perseguire riforme in senso democratico. Sottolinea peraltro l'esigenza di rivolgere speciale attenzione alla promozione della parità dei diritti, in particolare il miglioramento dei diritti delle donne e delle minoranze e la «capacità dei paesi vicini di superare i conflitti etnici, religiosi o sociali con mezzi pacifici». D'altra parte, esprime dubbi circa l'ambito geografico dell'ENP, che annovera paesi che sono geograficamente e culturalmente europei insieme a paesi mediterranei ed extra-europei. In proposito, notando che non appare al momento realistico cambiare radicalmente il quadro programmatico generale, raccomanda «vivamente» che l'intera attuazione di tale politica «tenga conto per quanto possibile delle identità differenziate di tutti i paesi». A suo parere, ciò consentirebbe «di sviluppare gli incentivi di riforma a medio e lungo termine più idonei e tangibili e di rafforzare l'impegno di queste società al processo di modernizzazione e di cooperazione/integrazione con l'UE». Nel salutare l'obiettivo di lungo periodo di istituire un'area di libero scambio con tutti i paesi vicini, secondo le modalità enunciate nella Comunicazione della Commissione, i deputati appoggiano anche lo sviluppo di una cooperazione multilaterale fra l'UE e i suoi partner in aree quali l'ambiente, la sicurezza energetica, la cultura, i trasporti e la gestione delle frontiere e dell'immigrazione. Sostengono inoltre l'opportunità di negoziare accordi settoriali giuridicamente vincolanti che consentano l'integrazione di politiche comuni. Il Parlamento raccomanda poi di negoziare con tutti i paesi ENP accordi per l'agevolazione del rilascio dei visti e la riammissione. In proposito, sottolinea la necessità di migliorare la capacità dei paesi ENP di gestire i flussi migratori, combattere efficacemente l'immigrazione clandestina ed assicurare il rispetto dei diritti umani. Precisa peraltro che l'esecuzione di tali accordi di riammissione deve avvenire nel pieno rispetto del principio di non respingimento e garantendo l’accesso a una procedura di asilo equa. Occorre inoltre intensificare la cooperazione nella lotta contro la criminalità organizzata transnazionale, il terrorismo, il traffico di esseri umani e il traffico di stupefacenti. Il Vicinato dell'Europa orientale Il Parlamento osserva che, in linea di principio, «i paesi democratici che sono chiaramente identificabili come paesi europei e che rispettano lo Stato di diritto» possano fare domanda di adesione all'Unione europea. Precisa peraltro che il ritmo e la profondità di un processo europeo comune dovrebbero corrispondere quanto più strettamente possibile alle capacità di attuare le riforme necessarie e di rispettare le condizioni (criteri di Copenaghen) tanto nei paesi partner quanto nell'UE. Più in particolare, per quanto riguarda l'Ucraina, i deputati ritengono che le trattative in corso dovrebbero portare alla conclusione di un accordo di associazione che contribuisca «in modo efficiente e credibile» alle prospettive europee dell'Ucraina e all'avvio del processo corrispondente, «compresa la possibilità di un'adesione all'UE». La stessa impostazione dovrebbe essere adottata per le relazioni con la Moldova, in vista del fatto che il periodo iniziale di dieci anni previsto nell'accordo di partnership e cooperazione scadrà nel giugno 2008. Sostengono peraltro che la Bielorussia abbia la stessa vocazione e le stesse prospettive europee che hanno l’Ucraina e la Moldova, ma solo quando vigerà la democrazia, il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali e lo Stato di diritto. Tale paese è quindi sollecitato ad applicare una moratoria sulla pena di morte («l'unico paese europeo in cui esiste ancora»), a rilasciare tutti i detenuti politici e a rinunciare ad ogni oppressione delle forze democratiche. L'UE, invece, dovrebbe fornire urgentemente un sostegno «più efficace» alla società civile e ai mass media liberi nonché ai partiti politici che si impegnano per la democrazia. Il Parlamento ritiene poi che occorra puntare alla graduale integrazione dei vicini europei dell'Est nella Comunità europea dell'energia. Sollecita inoltre l'attuazione prioritaria delle riforme dei settori energetici, facendo valere i principi della libera economia di mercato e della trasparenza, soprattutto per quanto riguarda le tariffe, gli accessi alla rete e l'efficienza energetica. D'altra parte, stante il cruciale ruolo politico, economico ed energetico del Kazakistan nella regione, ritiene che tale paese potrebbe essere il primo esempio di una relazione potenziata tra l'Unione europea e i paesi dell'Asia centrale. Ritenendo importante rafforzare la dimensione parlamentare della partnership politica con i paesi ENP, i deputati suggeriscono l'istituzione di un'assemblea parlamentare UE-Vicinato orientale (EURO-NEST), con la partecipazione del Parlamento europeo e il coinvolgimento dei parlamenti dell'Ucraina, della Moldova, dell'Armenia, della Georgia e dell'Azerbaijan. Invitando anche osservatori a favore della democrazia provenienti dalla Bielorussia. Esortano infine la creazione di una piattaforma per la cooperazione regionale multilaterale a livello ministeriale, rafforzando in tal modo ulteriormente la dimensione politica della PEV nell'Europa orientale. Il Vicinato del Mediterraneo meridionale Nel sottolineare «i forti e tradizionali legami» fra l'UE e gli Stati del Sud del Mediterraneo, il Parlamento invita la Commissione ad esplorare ulteriormente le varie opzioni per la prossima generazione di accordi a largo raggio con i paesi ENP meridionali. Ma senza pregiudicare il perseguimento degli obiettivi del Processo di Barcellona. Insiste peraltro sulla necessità di includere in tali accordi bilaterali dei meccanismi di attuazione della clausola sui diritti umani. Ribadisce poi l'opportunità di rafforzare le attività ENP che favoriscono la prevenzione dei conflitti e che si incentrano su misure volte a ripristinare un clima di fiducia: gestione delle frontiere, sostegno ai processi di riconciliazione e supporto alle organizzazioni della società civile. Link utili
Comunicazione della Commissione sullo sviluppo della politica
europea di vicinato Riferimenti Charles TANNOCK (PPE/DE, UK) e Raimon
OBIOLS i GERMÀ (PSE, ES) La Russia garantisca diritti umani e concorrenza equa Il Parlamento sottolinea l'importanza della partnership con la Russia, ma insiste sulla necessità di rispettare i diritti umani, anche in Cecenia, e la libertà dei giornalisti affinché la cooperazione possa progredire. Chiede poi alla Russia di garantire condizioni concorrenziali eque alle imprese UE e l'agevolazione del transito frontaliero. Sollecita un dialogo USA-Russia sulla difesa, astenendosi dal prendere iniziative che potrebbero essere considerate una minaccia per la pace dell'Europa. Approvando una risoluzione sostenuta da PPE/DE, PSE, ALDE, UEN, Verdi/ALE e GUE/NGL, il Parlamento ribadisce la propria convinzione secondo cui la Russia «resta un partner importante» dell'Unione europea e invita quindi il governo russo a creare, insieme all'UE, «le condizioni necessarie per un rapido avvio dei negoziati in vista di un nuovo accordo di partenariato e cooperazione tra l'Unione europea e la Russia». In proposito, i deputati esprimono apprezzamento per l'atmosfera del vertice tenutosi a Mafra il 26 ottobre scorso, «malgrado gli scarsi risultati raggiunti», e «per le successive dichiarazioni incoraggianti che potrebbero portare a sbloccare la situazione nel prossimo futuro». Prendono quindi atto della dinamica positiva dei lavori in corso sull'attuazione pratica delle tabelle di marcia per i quattro spazi comuni e sottolineano che un ulteriore approfondimento del partenariato «sarebbe vantaggioso per tutti». Ma sottolineano subito che «la democrazia e i diritti umani devono essere al centro di ogni futuro accordo». Rispettare i diritti umani Il Parlamento sottolinea infatti che l'attuale situazione in Russia «dà adito a serie preoccupazioni per quanto concerne il rispetto dei diritti umani, la democrazia, la libertà di espressione e il diritto della società civile e dei singoli cittadini di contestare le autorità e di chiamarle a rendere conto del loro operato». E si dice peraltro «estremamente allarmato» per la mancanza di risposte concrete da parte delle autorità russe alle numerose espressioni di tali preoccupazioni. Nell'auspicare quindi l'intensificazione del dialogo UE-Russia sui diritti umani, chiede che la situazione delle minoranze in Russia sia trattata in tale contesto. Richiama poi l'attenzione sulle difficili condizioni di lavoro dei giornalisti, inclusi i corrispondenti esteri, nella Federazione russa e «sulle pressioni ed intimidazioni da essi subite» ed esprime preoccupazione quanto alla limitazione delle libertà democratiche in vista delle elezioni della Duma (dicembre 2007) e delle elezioni presidenziali (marzo 2008). Invita quindi le autorità russe a garantire, in entrambe le occasioni, un processo elettorale libero ed equo, dando ai partiti di opposizione la possibilità di partecipare e di condurre una campagna elettorale competitiva, e rispettando pienamente il principio della libertà di espressione. La libertà dei mezzi di comunicazione di massa, per il Parlamento, «sarà di fondamentale importanza». Cecenia, stop alla tortura Accogliendo un emendamento dell'UEN, il Parlamento sottolinea che la situazione in Cecenia, continua ad essere un ostacolo e a ritardare lo sviluppo delle relazioni UE-Russia. Nel ribadire poi la sua «vibrata critica» alla politica russa in tale regione, condanna le numerose violazioni dei diritti umani perpetrate in Cecenia. La Russia è quindi invitata a prendere con urgenza «misure concrete per eradicare la tortura e altri maltrattamenti, la detenzione arbitraria e le "scomparse" nella Repubblica cecena perché queste violazioni non rimangano impunite». Relazioni economiche e politica energetica Nel ribadire l'importanza di istituire lo Spazio economico comune e di sviluppare ulteriormente la creazione di un mercato aperto e integrato tra l'Unione europea e la Russia, il Parlamento plaude ai progressi compiuti in occasione del vertice per quanto riguarda l'adesione della Russia all'OMC. Ciò, a suo parere, «creerà condizioni di concorrenza uniformi per gli operatori economici di entrambe le parti» e contribuirà a sostenere gli sforzi della Russia per costruire un'economia moderna, diversificata e altamente tecnologica. D'altra parte, sottolinea che è importante migliorare il clima per gli investimenti europei in Russia «promuovendo e agevolando condizioni non discriminatorie e trasparenti per le attività imprenditoriali, riducendo la burocrazia ed effettuando investimenti bilaterali». Accogliendo con favore l'intensificarsi del dialogo UE-Russia sulle questioni energetiche, il Parlamento sottolinea l'importanza delle importazioni di energia per l'economia europea, «che rappresentano un'opportunità per sviluppare la cooperazione commerciale ed economica». Una cooperazione, precisano i deputati, che «deve basarsi sui principi di interdipendenza e trasparenza, nonché sulla parità di accesso ai mercati, alle infrastrutture e agli investimenti». Il Parlamento plaude al rafforzamento della cooperazione spaziale UE-Russia, che comprende le applicazioni spaziali (navigazione satellitare, osservazione della Terra e comunicazioni satellitari), l'accesso allo spazio (vettori e sistemi futuri di trasporto spaziale), la scienza dello spazio e lo sviluppo delle tecnologie spaziali. Nota peraltro che, nel quadro dello spazio economico europeo, «la cooperazione nel settore spaziale è stata individuata come ambito prioritario». Agevolare l'attraversamento delle frontiere Il Parlamento reputa «inaccettabile» che sul lato UE della frontiera «si formino code di autotreni lunghe fino a 50 km» e invita pertanto la Russia a razionalizzare le sue procedure alle frontiere e ad attuare le misure concordate con l'UE per ridurre tali ingorghi. Dovrebbero poi essere intensificati gli sforzi per risolvere i problemi relativi all'attraversamento delle frontiere tra l'UE e la Russia, con l'attuazione di progetti concreti e il ricorso agli strumenti esistenti. D'altra parte, il Parlamento accoglie con favore le iniziative intese ad abolire l'obbligo del visto per gli spostamenti tra l'Unione europea e la Russia. Invita a proseguire la cooperazione nel settore dell'immigrazione illegale, a potenziare i controlli sui documenti di identità e a migliorare lo scambio di informazioni sul terrorismo e la criminalità organizzata. No alla sospensione del trattato sulle forze convenzionali Rivolgendo un appello ai governi di Russia e Stati Uniti affinché «intensifichino le discussioni sulle questioni della difesa e della sicurezza che coinvolgono direttamente o indirettamente gli Stati membri dell'Unione europea», il Parlamento chiede loro di astenersi dal prendere iniziative e decisioni «che potrebbero essere considerate una minaccia per la pace e la stabilità del continente europeo». Sollecita inoltre la Russia a riconsiderare la sua intenzione di sospendere la sua partecipazione al Trattato sulle forze convenzionali in Europa (CFE) e di scegliere la via del negoziato, al fine di tutelare i suoi interessi legittimi ed evitare l'indebolimento di tale trattato, «che potrebbe condurre a una nuova corsa agli armamenti e a nuove linee di confrontazione». Link utili
Relazioni UE-Russia – portale della Commissione europea Riferimenti Risoluzione comune sul Vertice UE-Russia |
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Una tabella di marcia per l’aiuto umanitario europeo Il Parlamento vede con favore l’adozione di una dichiarazione - “il Consenso” - sui principi, obiettivi e strategie dell'UE per l'aiuto umanitario. Elencando i principi su cui deve basarsi l’azione UE, nota che questa deve mirare all’autosviluppo e sottolinea che l’intervento militare è accettabile solo come ultima risorsa e se legittimato dall’ONU. Occorre poi garantire la prevedibilità dei finanziamenti, sviluppare una capacità di risposta rapida e sostenere le ONG. Approvando la relazione di Thierry CORNILLET (ALDE/ADLE, FR), il Parlamento plaude anzitutto alla comunicazione della Commissione intitolata "Verso un consenso europeo sull'aiuto umanitario" e all'iniziativa di adottare una dichiarazione comune ("il Consenso") su principi, obiettivi e strategie dell'UE per la distribuzione dell'aiuto umanitario nei paesi terzi. Insiste tuttavia sul fatto che il Consenso necessita essere «più chiaro e più specifico» in modo da «intensificare la politica umanitaria europea e garantire che il potenziale dell'UE come donatore umanitario sia pienamente utilizzato». Il Consenso dovrebbe inoltre chiarire quale sia il miglior modo per associare e coordinare le varie risorse dell’UE e degli Stati membri, e apportare orientamenti e risposte ai nuovi rischi e alle sfide di attuazione e coordinamento. Il Parlamento chiede l'introduzione nel Consenso in materia di aiuto umanitario di un'ampia e concreta tabella di marcia per la sua attuazione, incluse le scadenze per i principali progetti e iniziative a favore dei quali tutti i donatori dell'UE si impegneranno nei prossimi cinque anni. Nella sua attuazione, inoltre, deve vedere pienamente coinvolto il Parlamento europeo. Più in particolare, il Consenso dovrebbe contenere una definizione dettagliata degli obiettivi dell'aiuto umanitario dell'UE, attribuendo un'attenzione particolare ai gruppi più vulnerabili, quali donne, bambini, disabili, anziani, minoranze etniche o rifugiati in fuga dalle zone di conflitto. Il Parlamento sottolinea inoltre che un'azione umanitaria efficace «dovrebbe essere basata sulle circostanze e sulle necessità, orientata verso i risultati e guidata dal principio per cui la preservazione dei mezzi di sussistenza salva vite». L’aiuto umanitario deve essere concesso in modo trasparente «a prescindere da qualsiasi considerazione politica» e la fornitura di aiuti alimentari «deve evitare in tutti i modi possibili di ripercuotersi negativamente sui mercati locali o sulla dipendenza futura». I deputati ritengono infatti che l'obiettivo dell'aiuto umanitario «deve essere l'autosviluppo e l'autoapprovvigionamento», senza rendere i paesi o le regioni beneficiarie «troppo dipendenti dall'aiuto o dall'assistenza esterna supplementare». L'azione umanitaria dell'UE, inoltre, deve essere guidata dai principi e buone prassi per l'aiuto umanitario approvati a Stoccolma nel giugno 2003: umanità, imparzialità, neutralità e indipendenza. Deve inoltre prefiggersi due priorità: l'immediatezza e l'efficacia. In proposito, il Parlamento sottolinea che l'UE, tenendo presenti il suo peso politico e la sua influenza in quanto principale donatore internazionale, «dovrebbe costantemente promuovere tali principi al fine di garantire l'accesso alle popolazioni colpite dalle crisi e il rispetto dello spazio umanitario». Auspica quindi che l'UE svolga un ruolo di primo piano nel monitoraggio, nella difesa, nella promozione, nella diffusione e nel controllo del rispetto del Diritto internazionale umanitario (DIU), anche da parte di attori non statali. Ritiene inoltre che l'UE non debba «restare impassibile» di fronte alle violazioni del DIU e dei diritti dell’uomo ma, anzi, abbia il diritto, se non il dovere, di intervenire attuando il concetto di "responsabilità di proteggere" sancito dall’ONU. Dovrebbe quindi sviluppare iniziative per trasformare in realtà tale principio, privilegiando al contempo le azioni preventive e i mezzi civili e sostenendo i governi dei paesi terzi a rispettare il loro obbligo di tutelare le proprie popolazioni. In proposito, ritiene che il ricorso a misure coercitive, tra cui l'intervento militare, «è accettabile unicamente come ultima risorsa e rigorosamente in conformità al diritto internazionale». Ribadisce in particolare che, in fase di valutazione di un eventuale uso della forza, il Consiglio di sicurezza dovrebbe sempre tener conto dei criteri di legittimazione stabiliti in sede 'ONU: serietà della minaccia, scopo appropriato, uso della forza come ultima risorsa, proporzionalità dei mezzi e possibilità di successo. Questi principi, inoltre, dovrebbero essere sanciti da una risoluzione del Consiglio di sicurezza. Il Parlamento sottolinea poi che il Consenso dovrebbe includere «un fermo impegno» da parte dell'UE a fornire un adeguato aiuto umanitario nonché un'adeguata prevedibilità e flessibilità dei finanziamenti attraverso opportune disposizioni finanziarie anticipate annuali. La priorità andrebbe accordata alle crisi umanitarie «con fondi insufficienti, trascurate o dimenticate». L'UE dovrebbe inoltre assumere una chiara posizione nel processo di riforma umanitaria globale, in particolare al fine di sostenere il Fondo centrale per la risposta alle emergenze (CERF) che prevede finanziamenti aggiuntivi che non si sostituiscono ad altre operazioni o partner umanitari. Il Parlamento chiede poi all'UE di sostenere e integrare gli sforzi internazionali al fine di rafforzare le capacità di risposta rapida, rafforzando la prevenzione locale, la predisposizione operativa e la capacità di risposta e migliorando il coordinamento, i meccanismi di allarme tempestivo e un adeguato preposizionamento dei materiali e delle scorte a livello internazionale. Anche perché ritiene che le prime 48 ore che seguono una calamità naturale sono di fondamentale importanza per riuscire a salvare vite umane, mentre la comunità internazionale «ha dimostrato di non disporre di una capacità di risposta immediata abbastanza efficiente». I deputati ritengono che il Consenso dovrebbe riconoscere e definire ulteriormente i vari ruoli, mandati e vantaggi comparativi dei diversi attori umanitari «in modo da evitare un conflitto di competenze e la concorrenza per le risorse tra gli stessi». L'UE, inoltre, dovrebbe sostenere lo sviluppo di capacità in seno alla comunità umanitaria, prestando particolare attenzione alla capacità locale e regionale e al ruolo delle ONG, delle Società della Croce Rossa Nazionale e della Mezzaluna Rossa e degli attori della società civile. La protezione civile e i mezzi e le capacità militari dell'UE devono intervenire in modo tale da integrare e sostenere il lavoro delle organizzazioni umanitarie e «limitatamente ai casi o alle aree in cui possono apportare un autentico valore aggiunto». Maggiore attenzione deve essere accordata alla sicurezza e alla protezione dei volontari che si recano in zone pericolose. In proposito, i deputati si rammaricano che questi volontari «siano ancora troppo spesso vittime di violenze inutili, detenzione o presa di ostaggi». Condannano quindi fermamente qualsiasi azione intrapresa contro i volontari. Il Parlamento infine rileva «l’enorme sfida» futura rappresentata dal cambiamento climatico, che porta a una crescente vulnerabilità dei più poveri, a violenti conflitti per assicurarsi le risorse naturali sempre più scarse nonché a flussi migratori di larga scala. Chiede quindi che la riduzione dei rischi di catastrofe (RRC) e le misure di adattamento siano integrate nelle strategie di riduzione della povertà. Sollecita inoltre all'UE di stanziare almeno il 10% dei nuovi finanziamenti aggiuntivi a favore del bilancio dell'assistenza umanitaria al fine di ridurre i rischi di catastrofe e di aumentare considerevolmente le risorse per la RRC all'interno del bilancio di aiuti allo sviluppo. Link utili
Comunicazione della Commissione - Verso un consenso europeo
sull'aiuto umanitario Riferimenti Thierry CORNILLET (ALDE/ADLE, FR) |
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Garantire la sicurezza delle comunità cristiane e la libertà di culto Il Parlamento condanna tutti gli atti di violenza contro le comunità cristiane nel mondo. Chiede quindi ai paesi interessati di fornire garanzie adeguate e effettive nel campo della libertà di religione e di migliorare la sicurezza delle comunità cristiane. Appoggiando il dialogo interreligioso, invita le autorità religiose a promuovere la tolleranza e ad agire contro l'estremismo. La situazione dei cristiani, inoltre, deve essere tenuta in conto dall'UE nella sua politica estera e di sviluppo. Approvando con due soli voti contrari e un astenuto una risoluzione comune promossa da Mario MAURO (PPE/DE, IT) e sostenuta da tutti i gruppi (eccetto i Verdi/ALE), il Parlamento «condanna risolutamente tutti gli atti di violenza contro comunità cristiane, ovunque essi si verifichino, ed esorta i governi interessati a tradurre in giudizio gli autori di tali reati». In proposito, elenca tutti i recenti casi di persecuzione e violenza subiti dai cristiani in Pakistan, a Gaza, in Turchia, in Cina, in Vietnam, in Sudan, in Iraq e in Siria. A quest'ultimo proposito, esprime anche preoccupazione per l'esodo di cristiani dall'Iraq e sottolinea che il 24% dei 38.000 iracheni registrati dall'UNHACR in Siria erano cristiani, mentre la gran parte dei due milioni di sfollati in Siria appartiene a minoranze cristiane. Deplora inoltre il rapimento nelle Filippine del sacerdote cattolico Giancarlo Bossi. Il Parlamento sottolinea che, in alcuni casi, la situazione delle comunità cristiane è tale «da compromettere la loro sopravvivenza» e che, qualora esse scomparissero, «una parte significativa del patrimonio religioso dei paesi in questione andrebbe perduta». Ricordando peraltro di essersi espresso a più riprese a favore delle comunità religiose e della tutela delle loro identità, ovunque nel mondo, così come a favore del riconoscimento della protezione delle minoranze religiose, senza distinzioni di sorta, condanna fermamente tutte le forme di discriminazione e intolleranza basate sulla religione o il credo, come pure gli atti di violenza contro tutte le comunità religiose. Esorta quindi i paesi interessati a far sì che il loro ordinamento giuridico e costituzionale offra «garanzie adeguate ed effettive» per quanto riguarda la libertà di religione o di credo, nonché vie di ricorso per le vittime in caso di violazione di questa libertà. Sottolinea infatti che il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione «è un diritto umano fondamentale garantito da vari strumenti giuridici internazionali». Il Parlamento sollecita pertanto i governi dei paesi interessati a migliorare la sicurezza delle comunità cristiane e sottolinea che le autorità pubbliche «hanno il dovere di tutelare tutte le comunità religiose, incluse quelle cristiane, dalla discriminazione e dalla repressione». Raccomanda poi che le sue commissioni competenti esaminino la situazione delle comunità cristiane, «in particolare in Medio Oriente». Appoggia peraltro «risolutamente» tutte le iniziative volte a incoraggiare il dialogo e il rispetto reciproco tra le religioni. Invita pertanto tutte le autorità religiose a promuovere la tolleranza e a prendere iniziative contro l'odio e la radicalizzazione violenta ed estremista. Commissione e Consiglio sono inoltre invitati a sollevare la questione della situazione delle comunità cristiane nel quadro del dialogo politico con i paesi in cui tali comunità sono minacciate, «promuovendo un impegno strategico da parte dei paesi in questione sulla base delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani». E a prestare particolare attenzione a tale questione nell'elaborazione ed implementazione di programmi di cooperazione ed aiuto allo sviluppo con quegli stessi paesi. Link utili Testo integrale della risoluzione adottata Riferimenti Risoluzione comune su gravi episodi che mettono
a repentaglio l'esistenza delle comunità cristiane e di altre
comunità religiose |
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Tonno rosso: compensare i pescatori nei periodi di fermo I pescatori di tonno rosso devono essere compensati finanziariamente durante i periodi di fermo della pesca, che devono valere in tutte le zone senza eccezioni. E’ quanto afferma il Parlamento in merito al recepimento del piano internazionale di ricostituzione degli stock di tonno rosso. I deputati chiedono poi l’elaborazione di piani nazionali di pesca e, accogliendo l’aumento delle taglie minime del pescato, respingono qualsiasi deroga a tale principio. Adottando con 480 voti favorevoli, 41 contrari e 17 astensioni la relazione di Iles BRAGHETTO (PPE/DE, IT), il Parlamento accoglie la proposta di recepire il piano di ricostituzione del tonno rosso adottato dalla Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell'Atlantico (ICCAT) per rispondere alle preoccupazioni degli ambienti scientifici in merito alla critica condizione dello stock dovuta ad un eccesso dello sforzo di pesca. Il piano di ricostituzione - che riguarda l’Atlantico orientale e il Mediterraneo - comprende in particolare la riduzione dei totali ammissibili di cattura (TAC), l’aumento della taglia minima per il tonno rosso, zone e periodi di divieto e misure di controllo e di contrasto alla pesca illegale. Ridurre le catture e definire un piano di pesca La proposta della Commissione prevede la progressiva riduzione del contingente di cattura (sino al 20% nel 2010 rispetto al 2006). Più in particolare, i Totali ammissibili di cattura (TAC) fissati dall'ICCAT in relazione allo stock di tonno rosso nell'Atlantico orientale e nel Mediterraneo sono pari a 28.500 tonnellate nel 2008, 27.500 tonnellate nel 2009 e 25.500 tonnellate nel 2010. Il Parlamento accoglie questa proposta. Tuttavia, osservando che il problema principale della pesca al tonno rosso è rappresentato dalla sovracapacità della flotta rispetto alle quote disponibili, propone che gli Stati membri trasmettano alla Commissione un piano di pesca comprendente il numero di pescherecci e di tonnare per i quali intendono chiedere autorizzazioni di pesca, accompagnato da informazioni sullo sforzo di pesca previsto. Ogni Stato membro, inoltre, deve assicurarsi che il numero di pescherecci e di tonnare compresi nel piano di pesca «sia proporzionale alla quota di tonno rosso di cui dispone il detto Stato membro». Con 62 voti favorevoli, 457 contari e 17 astensioni, l'Aula ha respinto un emendamento dei Verdi/ALE che proponeva una drastica riduzione dei TAC (8.532 tonnellate per ciascun anno). Notando poi che il numero di aziende d'ingrasso dei tonni rossi si è moltiplicato senza che vi fosse necessariamente coerenza con le quote di pesca per tale specie, un emendamento chiede agli Stati membri di stabilire un equilibrio tra la capacità delle sue aziende d'ingrasso e le quote di cui dispone: in mancanza di ciò, risulta impossibile ridurre la pressione esercitata sugli stock, che è poi l'obiettivo del piano di ricostituzione. Divieti di pesca, ma compensazioni finanziarie I deputati ritengono poi che le deroghe per le zone di pesca contrastano con le indicazioni di tutti gli esperti scientifici e con il parere espresso dalla maggioranza degli Stati membri. Inoltre, non sono giustificate sotto il profilo biologico in quanto è unico lo stock del Mediterraneo e dell’Atlantico. Introducono poi forti distorsioni nel meccanismo competitivo ed inducono ad intensificare la pesca in quelle aree anche da parte della flotta tradizionalmente non interessata. Pertanto un emendamento sopprime la deroga proposta dalla Commissione che consentirebbe - ai grandi pescherecci con palangari pelagici di lunghezza superiore a 24 metri - di operare dal 1° giugno al 31 dicembre nella zona delimitata ad Ovest del meridiano 10° O e a Nord dal parallelo 42°N. La pesca del tonno rosso praticata da pescherecci con reti a circuizione sarebbe vietata nell'Atlantico orientale e nel Mediterraneo nel periodo dal 1º luglio al 31 dicembre, quella praticata da tonniere con lenze a canna dal 15 novembre al 15 maggio e la pesca con pescherecci da traino pelagici sarebbe vietata dal 15 novembre al 15 maggio. Gli Stati membri dovranno inoltre adottare opportuni provvedimenti per vietare l'utilizzo di aeroplani o elicotteri per la ricerca del tonno rosso nella zona della convenzione. Un emendamento, d’altra parte, chiede che delle compensazioni finanziarie a carico del Fondo europeo per la pesca siano erogate ai pescatori (personale imbarcato ed armatori) nei periodi di fermo pesca. Taglie minime più elevate e uguali per tutti La proposta della Commissione porta da 10 a 30 kg la taglia minima per il tonno rosso nell'Atlantico orientale e nel Mediterraneo. con deroghe (8 kg) per la pesca nel Golfo di Biscaglia (dove già vige una deroga: 6,4 kg in luogo di 10) e per le catture in Adriatico destinate all’allevamento in gabbia. I deputati, come per il fermo pesca, sopprimono queste deroghe. Ribadiscono infatti che sono in contrasto con le indicazioni di tutti gli esperti scientifici e con il parere espresso dalla maggioranza degli Stati membri, non sono giustificate sotto il profilo biologico e riducono l’efficacia dei controlli. Pesca ricreativa e sportiva In base alla proposta della Commissione, nell'ambito della pesca ricreativa è vietato catturare, detenere a bordo, trasbordare e sbarcare più di un esemplare di tonno rosso per bordata di pesca. Gli Stati membri saranno inoltre tenuti a prendere gli opportuni provvedimenti per regolamentare la pesca sportiva, in particolare mediante autorizzazioni di pesca. I tonni catturati nell’ambito della pesca ricreativa e sportiva non potranno essere commercializzati, salvo per fini caritativi. Gli Stati membri dovranno contabilizzare i tonni così pescati e adottare i necessari provvedimenti per garantire, per quanto possibile, il rilascio dei tonni rossi catturati vivi nell'ambito della pesca ricreativa. Sanzioni La proposta chiede agli Stati membri di adottare misure di esecuzione nei confronti delle navi battenti la loro bandiera di cui sia stata accertata, in conformità della legislazione nazionale, la mancata conformità alle disposizioni del regolamento, in particolare per quanto riguarda i periodo di divieto di pesca, la taglia minima, la registrazione delle navi e le dichiarazioni di cattura. Tali misure possono comprendere, a seconda della gravità dell'infrazione, ammende, il sequestro di attrezzi e catture illegali, il sequestro della nave, la sospensione o la revoca dell'autorizzazione di pesca e la riduzione o la soppressione dei contingenti di pesca. Background La Commissione ha deciso il 19 settembre di chiudere la pesca del tonno rosso nell'Atlantico orientale e nel Mediterraneo per il 2007. Secondo le dichiarazioni di cattura ricevute fino ad allora dagli Stati membri, il contingente di tonno rosso di 16.779,5 tonnellate assegnato all'UE per il 2007 si era esaurito. Questa decisione riguardava Cipro, Grecia, Malta, Portogallo e Spagna, in quanto Italia e Francia, gli altri due Stati membri interessati, avevano chiuso le loro attività di pesca, rispettivamente, in luglio e in agosto. Contingente (in tonnellate) per Stato membro
Pochi giorni dopo aver preso questa decisione, la Commissione europea ha avviato procedure d'infrazione nei confronti dei sette Stati membri che praticano la pesca del tonno rosso nell'Atlantico orientale e nel Mediterraneo. Lettere di costituzione in mora sono state inviate a Cipro, Francia, Grecia, Italia, Malta, Portogallo e Spagna per il mancato rispetto dell'obbligo di inviare alla Commissione i dati relativi alle catture. Nel caso della Francia e dell'Italia la procedura d'infrazione riguarda anche carenze nel controllo di questa attività di pesca. Link utili
Proposta della Commissione Riferimenti Iles BRAGHETTO (PPE/DE, IT) |
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Promuovere la televisione digitale interattiva L'imposizione di piattaforme digitali è essenziale per mantenere una zona pubblica comune mediatica nell’era post-analogica. E’ quanto afferma il Parlamento europeo, chiedendo la promozione dei servizi di TV digitale interattiva e il rispetto del 2012 per lo switch off. Ma occorre assicurare la neutralità tecnologica con norme aperte e costi delle licenze equi, nonché offrire più informazioni agli utenti sulle piattaforme digitali, senza indebolire i servizi audiovisivi pubblici. Approvando con 593 voti favorevoli, 40 contrarie 18 astensioni la relazione di Henri WEBER (PSE, FR), il Parlamento afferma anzitutto che le nuove tecnologie dell'audiovisivo «devono consentire la diffusione di un'informazione pluralistica e di programmi di qualità, accessibili a un numero sempre crescente di cittadini». In proposito, ricorda che il rispetto del pluralismo dell'informazione e della diversità dei contenuti «non è automaticamente garantito dai progressi tecnologici, ma discende da una politica attiva, costante e vigile da parte dei poteri pubblici nazionali ed europei». Per i deputati, le scelte tecniche e legislative relative all'interoperabilità devono prestare attenzione soprattutto agli interessi degli utenti. L'imposizione di piattaforme digitali è quindi «essenziale» per mantenere una zona pubblica comune mediatica dopo l'abbandono della tecnologia analogica. Invitano pertanto gli Stati membri a promuovere la prestazione di servizi di televisione digitale interattiva senza cavo e a garantirne la ricezione da parte di tutte le piattaforme proprietarie. Il ricorso a soluzioni tecniche interoperabili e neutre dal punto di vista tecnologico, è anche sottolineato, rappresenta un modo per incoraggiare gli investimenti e promuovere la capacità di innovazione del settore, «stimolando così la concorrenza e tutelando la libertà di scelta del consumatore». Per il Parlamento, il successo a breve termine della transizione dall'analogico al digitale «è una conditio sine qua non e una priorità» ed esprime quindi preoccupazione per eventuali ritardi nel rispetto della scadenza del 2012. D’altra parte esorta la Commissione a sostenere gli Stati membri a stabilire un piano d'azione comune a livello comunitario affinché gli utenti possano beneficiare dai vantaggi del mercato interno, per abbassare i prezzi dei ricevitori e per accrescere il grado di espansione dei servizi di televisione digitale interattiva. Esorta pertanto gli Stati membri ad accelerare il passaggio alla televisione digitale «tenendo conto della domanda del mercato, ma anche dei fattori topografici e della distribuzione demografica delle singole regioni». I deputati, evidenziando l'importanza di assicurare la neutralità tecnologica, ritengono che l’imposizione di una norma unica per via giuridica «non costituisce la soluzione ottimale ma solo l'ultima ratio». Si dicono peraltro contrari «all'intervento del solo mercato quale strumento per risolvere il problema dell'interattività». E’ quindi opportuno continuare a promuovere norme aperte (quali MHP o MHEG-5) e riconosciute dagli organismi di normalizzazione europei, nel quadro del passaggio al digitale e dell'interoperabilità dei servizi. Tali norme, a loro parere, sono infatti «le più appropriate per garantire la neutralità tecnologica delle reti e la libera circolazione dell'informazione». La Commissione dovrebbe inoltre promuovere l'introduzione delle norme europee aperte per la televisione digitale in tutto il mondo e incoraggiare la cooperazione internazionale, «garantendo così un accesso quanto più ampio possibile al contenuto digitale». Il Parlamento ritiene poi opportuno che i costi delle licenze «siano equi e vengano resi pubblici all'inizio dello sviluppo di una norma aperta» affinché questa possa avere successo, anche alla luce dei cosiddetti “brevetti sommersi” apparsi cinque anni dopo l'applicazione dello standard MHP (piattaforma multimediale domestica). Rileva inoltre l'importanza della conclusione di accordi volontari tra i fornitori di servizi di televisione digitale che stabiliscano specifiche tecniche comuni per l'applicazione degli standard dell'Istituto europeo per le norme di telecomunicazione. Rammaricandosi del successo commerciale «inferiore alle previsioni» della televisione interattiva nell'Unione europea, i deputati chiedono alla Commissione di valutare le ragioni di tale fenomeno e ritengono indispensabile fornire ai consumatori maggiori informazioni sulle possibilità offerte dalle piattaforme digitali e sulle attrezzature necessarie «perché siano in grado di effettuare le proprie scelte tecniche e culturali con piena cognizione di causa». Sottolineano peraltro, che gli eventuali interventi pubblici «non devono essere discriminatori né privilegiare un determinato attore del mercato». Il Parlamento ritiene essenziale garantire la sicurezza degli utenti nonché la protezione dei loro dati personali e della loro vita privata, e sottolinea l'importanza della fiducia dei consumatori nei servizi di televisione digitale interattiva. Ricorda inoltre l'importanza dell'educazione all'utilizzo del mondo digitale e dei media durante tutto l'arco della vita. Rammenta poi che il modello audiovisivo europeo «si fonda su un dualismo fecondo tra i servizi audiovisivi pubblici e i servizi audiovisivi privati». Sottolinea pertanto che in nessun caso le nuove tecnologie «dovranno pregiudicare tale equilibrio indebolendo la competitività del settore pubblico» e ribadisce che quest’ultimo deve continuare ad avere un accesso garantito. Il digitale terrestre in Italia Lo scorso fine settembre sulla Gazzetta Ufficiale è stata pubblicata una norma che rappresenta una forma di incentivazione all'acquisto di apparecchi televisivi con sintonizzatore digitale integrato. Il consumatore che acquista nel 2007 un televisore digitale e che è in regola con il canone di abbonamento al servizio pubblico potrà infatti detrarre nel 2008 dall'IRPEF una parte del costo del televisore fino ad un massimo di 200 euro. Il decreto collegato alla finanziaria presentato a inizio ottobre dispone che l'ultimo televisore analogico sia venduto alla fine del giugno 2009. Inoltre, prevede che, alla fine del 2008, i produttori non debbano più dare ai distributori apparecchi del sistema che sta per essere sostituito dal digitale terrestre in tutta Europa. Entro la fine del prossimo aprile, poi, i commercianti dovranno apporre sui televisori analogici un'etichetta che avverte che si tratta di apparecchi non abilitati al digitale. A partire dal prossimo 15 novembre nei comuni della Sardegna, non coinvolti in precedenza dallo switch-off, le trasmissioni di RAI 2, RETE 4 e QOOB verranno diffuse in tecnologia digitale, il cui segnale potrà essere ricevuto unicamente mediante l'utilizzo di un decoder. Inoltre a partire dal 1 marzo 2008 tutti i canali televisivi transiteranno sul digitale. Link utili
Comunicazione della Commissione sul riesame della situazione
relativa all'interoperabilità dei servizi di televisione digitale
interattiva Riferimenti Henri WEBER (PSE, FR) |
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Più sport a scuola contro l’obesità Tre ore di sport settimanale obbligatorie nelle scuole. E’ quanto chiede il Parlamento europeo per contrastare il crescente fenomeno dell’obesità tra i giovani. Occorre poi promuovere gli investimenti nelle infrastrutture e usare i Fondi strutturali per creare nuovi impianti sportivi. Allo contempo, bisogna prevenire lo sfruttamento dei giovani talenti sportivi e informare i giovani sui pericoli del doping. E’ anche necessario riconoscere le qualifiche ottenute tramite lo sport. E’ allarme obesità in Europa, in particolare tra i giovani. Si stima infatti che il numero di bambini affetti da obesità e in sovrappeso nell’Unione europea aumenti di 400.000 unità ogni anno, oltre ai 14 milioni di europei già in queste condizioni (compresi gli almeno 3 milioni di bambini obesi). Nell’Europa a 27, 1 bambino su 4 è in sovrappeso: Spagna, Portogallo e Italia registrano livelli di obesità superiori al 30% tra i bambini dai 7 agli 11 anni. Per l’ex campione olimpionico di scherma Pál SCHMITT (PPE/DE, HU), l’assunzione di quantità più elevate di calorie non è la prima causa del sovrappeso, bensì la mancanza di movimento: «i bambini non mangiano di più, si muovono di meno». Approvando con 590 voti favorevoli, 56 contrari e 21 astensioni la sua relazione, il Parlamento invita quindi gli Stati membri «a rendere obbligatoria l'educazione fisica nelle scuole primarie e secondarie» e ad accettare il principio che l'orario scolastico «comporti almeno tre lezioni di educazione fisica settimanali». Sottolinea poi l'importanza dell'esercizio fisico «per lottare contro l'obesità e abbandonare abitudini di vita antigieniche», poiché ciò può avere considerevoli effetti positivi sulla salute delle persone. Il Parlamento incoraggia pertanto gli Stati membri ad ammodernare e migliorare le loro politiche in materia di educazione fisica, soprattutto ad assicurare un equilibrio tra le attività fisiche e intellettuali nelle scuole. Ma anche ad investire in strutture sportive di qualità e a prendere misure adeguate per rendere accessibili a tutti gli studenti i centri sportivi e i corsi di sport nelle scuole, prestando particolare attenzione ai bisogni degli studenti disabili. Raccomanda, inoltre, il ricorso ai fondi strutturali dell'UE per creare e ampliare scuole e impianti sportivi in aree sfavorite I deputati si dicono poi favorevoli alla concessione di incentivi a club sportivi che hanno accordi di collaborazione con le scuole, gli istituti scolastici e i centri per la gioventù. Invitano la Commissione ad elaborare orientamenti chiari sulle norme che disciplinano gli aiuti di Stato, definendo quale tipo di sostegno sia accettabile e necessario per fare pienamente fronte «alle funzioni sociali, culturali, di protezione della salute e educative dello sport». Compreso il sostegno per creare o per ammodernare impianti sportivi scolastici e per migliorare e diversificare le attrezzature e le strutture esistenti, «poiché queste, in molte scuole, risultano inadeguate o obsolete sotto tutti i riguardi». Allo stesso tempo, il Parlamento chiede agli Stati membri di riservare particolare attenzione alle situazioni in cui il talento dei bambini «viene sfruttato per ottenere risultati nelle competizioni sportive» e insiste affinché le attività sportive professionali che coinvolgono bambini «ne rispettino i diritti fondamentali e gli interessi primari». Sottolinea inoltre che l'uso di sostanze chimiche tali da migliorare le performance sportive «è contrario ai valori dello sport in quanto attività sociale, culturale e educativa». Invita quindi gli Stati membri ad assicurare che gli insegnanti di educazione fisica, sia nelle scuole che al di fuori di tale contesto, «informino gli studenti in merito ai pericoli fisici e psicologici inerenti all'uso di sostanze dopanti». I deputati ritengono inoltre che le qualifiche acquisite tramite l'attività sportiva dovrebbero essere riconosciute nell'ambito del sistema comune di riferimento incorporato nel futuro Quadro europeo per le qualifiche. Accolgono quindi con favore la proposta della Commissione di includere lo sport nel quadro dell'applicazione del sistema europeo di trasferimento di crediti per l'istruzione e la formazione professionali. Ritengono peraltro che una maggiore trasparenza e il mutuo riconoscimento delle licenze e dei diplomi per la fornitura di servizi nel settore dello sport nell'UE contribuirebbero alla libera circolazione delle persone (studenti, atleti, lavoratori e datori di lavoro) come pure all'integrazione a lungo termine degli atleti nel mercato del lavoro. Link utili
Studio sull’educazione fisica nell’Unione europea Riferimenti Pál SCHMITT (PPE/DE, HU) |
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Salari minimi dignitosi per lottare contro l'esclusione sociale Salario minimo, istruzione e formazione, reinserimento professionale, anche per gli ex detenuti, tutela di donne, anziani, bambini, disabili e transgender. Ma anche alloggi decenti e servizi sanitari garantiti. E' quanto propone il Parlamento per combattere l'esclusione sociale, chiedendo di sostenere le imprese e valutare la sostenibilità dei regimi pensionistici. Richiede più attenzione per i dipendenti dal gioco d'azzardo e gli alcolisti e un approccio più costruttivo in materia di droga. Approvando con 345 voti favorevoli, 14 contrari e 2 astensioni la relazione di Elizabeth LYNNE (ALDE/ADLE, UK), il Parlamento sottolinea anzitutto che il rafforzamento della coesione sociale, l'eradicazione della povertà e dell'emarginazione sociale «devono diventare una priorità politica per l'Unione europea». Per i deputati, un'occupazione che garantisca «salari e condizioni di lavoro equi e dignitosi» deve essere considerata, congiuntamente con l'istruzione e sistemi di sicurezza sociale efficaci e efficienti, «una delle salvaguardie più potenti contro la povertà e l'emarginazione sociale». Salario minimo e reinserimento nel mercato del lavoro Il Parlamento invita il Consiglio e la Commissione ad esaminare come l'Europa «possa offrire condizioni uniformi in materia sociale per eradicare la concorrenza sleale nel mercato interno europeo». Si dice poi fermamente convinto che sia opportuno stabilire, a livello nazionale, «un salario minimo dignitoso», se del caso in collaborazione con le parti sociali, in modo da rendere il lavoro finanziariamente sostenibile. Osserva peraltro che, in numerosi Stati membri, il salario minimo «è fissato a un livello molto basso o al di sotto della soglia di sussistenza» e respinge la tesi secondo cui un salario minimo dissuade i datori di lavoro dal creare nuovi posti di lavoro. Anche perché ritiene «essenziale» che i lavoratori percepiscano un giusto salario. Per i deputati, inoltre, gli Stati membri devono adeguare i sistemi di sicurezza sociale per contribuire ad assicurare una transizione tra periodi di lavoro o di formazione retribuiti e disoccupazione, evitando così la cosiddetta "trappola della povertà" e rispecchiando l'evoluzione dell'occupazione. E' anche essenziale aiutare le persone a reinserirsi nel mercato del lavoro «garantendo che ricevano un'assistenza e un sostegno personalizzati e mirati per aiutarle a ritrovare la fiducia e ad acquisire nuove capacità». Responsabilità sociale delle imprese e apprendimento permanente Allo stesso tempo, il Parlamento insiste sulla necessità di sostenere i settori produttivi, le microimprese, le PMI, le piccole imprese agricole, le aziende agricole a conduzione familiare e l'economia sociale, «tenendo conto del ruolo importante che svolgono per la creazione di occupazione e benessere». Ma rileva che la responsabilità sociale delle imprese non si limita solo alla creazione e al mantenimento di posti di lavoro ma riguarda anche «la qualità dell'occupazione, la corresponsione di salari giusti e la promozione dell'apprendimento lungo tutto l'arco della vita». E' quindi indispensabile che l'istruzione, l'apprendimento e la formazione lungo tutto l'arco della vita, compresa la formazione professionale, forniscano «il bagaglio necessario per adattarsi ai cambiamenti del mercato del lavoro e alle sfide della globalizzazione». Il Parlamento incoraggia quindi gli Stati membri a mantenere, rafforzare, introdurre e investire nella formazione professionale e negli apprendistati basati sul lavoro. Ma anche a prendere misure per incoraggiare gli studenti a non abbandonare le scuole e per aiutare i giovani che esercitano responsabilità familiari. Povertà e criminalità Il Parlamento prende atto che esiste «un legame solido e complesso» tra la povertà e la criminalità. La povertà estrema e l'emarginazione sociale, infatti, «possono portare al crimine», mentre la detenzione «senza adeguate azioni di riabilitazione e di educazione» porta spesso soltanto ad una maggiore emarginazione sociale e disoccupazione. E' quindi sottolineata la necessità di assicurare istruzione, formazione e lavoro nei riformatori, «per consentire ai detenuti di svolgere attività che li sostengano moralmente e psicologicamente e di acquisire competenze utili per il loro futuro reinserimento nel mercato del lavoro». Aiutare i più vulnerabili e combattere le discriminazioni Per i deputati occorre proseguire ed intensificare gli sforzi per lottare contro la povertà e l'emarginazione sociale al fine di migliorare la situazione delle persone più esposte al rischio di povertà e di emarginazione. Invitano inoltre la Commissione a proporre direttive specifiche volte a combattere la discriminazione in materia di accesso ai beni e ai servizi, compresa la discriminazione fondata sulla disabilità, l'età, la religione o il credo o l'orientamento sessuale. Particolare attenzione va attribuita ai genitori soli e alle donne sole più anziane. Gli Stati membri dovrebbero poi garantire la completa parità di genere in tutti i regimi pensionistici statali e occorrono anche misure supplementari per lottare contro la violenza domestica. Il Parlamento esorta inoltre gli Stati membri ad esaminare «l'adeguatezza e la sostenibilità dei propri regimi pensionistici» e a far sì che le riforme nazionali siano realizzate «in base al più ampio consenso possibile». Dovrebbero inoltre fornire orientamenti e consigli più chiari per assicurare che gli interessati ricevano le informazioni di cui abbisognano per programmare il pensionamento. Commissione e Stati membri sono poi invitati a mettere a punto iniziative nazionali, regionali e locali per promuovere possibilità occupazionali attuabili per le persone disabili, aiutandole anche a partecipare al sistema educativo e favorendone l'autonomia. I deputati ritengono poi imperdonabile che si continuino a costruire nuove infrastrutture inaccessibili ai disabili e agli anziani, ricorrendo alle risorse del Fondo europeo di sviluppo regionale o ad altri fondi strutturali. Compiaciuto che la povertà e l'esclusione infantili siano divenute una priorità politica, il Parlamento chiede obiettivi quantificabili e risorse adeguate per eradicare tale fenomeno, accordando particolare attenzione ai bambini abbandonati, di strada e che si trovano negli istituti. Sottolinea poi l'importanza dei servizi educativi, sanitari e sociali di elevata qualità, a sostegno dei bambini e delle loro famiglie. Occorre anche prevedere servizi di intervento precoce a favore dei bambini vulnerabili e servizi terapeutici per aiutare quelli vittime di maltrattamenti. Il Parlamento chiede poi che la discriminazione nei confronti delle persone transgender sul mercato del lavoro e nel settore della sicurezza sociale «rappresenti ancora un problema misconosciuto». Esorta quindi gli Stati membri ad affrontare anche questa forma di discriminazione e invitano la Commissione a lanciare uno studio su questa problematica. Alloggi decenti e garanzia di servizi sanitari Più in generale, il Parlamento invita gli Stati membri a prestare attenzione al fenomeno dell'indebitamento crescente, che comporta un rischio di povertà più elevato. Ritiene inoltre che la mancanza di alloggi decenti e finanziariamente accessibili in tutti gli Stati membri «costituisca un importante fattore che contribuisce a trascinare e intrappolare le persone nella povertà». Chiede quindi alla Commissione di rispettare le prerogative degli Stati membri nella definizione e nel finanziamento dell'edilizia sociale, «che apporta un contributo essenziale alle politiche di integrazione sociale». Evidenziando poi il ruolo fondamentale dei servizi sanitari e dei servizi sociali di interesse generale nel modello sociale europeo, il Parlamento invita la Commissione «a riconoscere detto ruolo al momento di applicare la normativa in materia di mercato interno e di concorrenza» e sottolinea «l'insufficienza del finanziamento di detti servizi». A suo parere, infatti, la liberalizzazione dei servizi sanitari può determinare «una maggiore disparità nell'accesso a cure sanitarie di qualità». Dipendenza dal gioco d'azzardo e abuso di droga, alcol e tabacco. Per i deputati è necessario che gli Stati membri e l'Unione europea rivolgano maggiore attenzione ai problemi relativi alla dipendenza dal gioco d'azzardo, poiché le famiglie in cui uno o più membri sono giocatori patologici «sono esposte a un elevato rischio di abbassamento del tenore di vita, di emarginazione sociale e di povertà». La relazione invita poi gli Stati membri a portare avanti attivamente politiche volte a ridurre i problemi di salute legati all'alcol, al tabacco e ad altre droghe legali e illegali. Rileva inoltre che se l'abuso di alcol e di stupefacenti può portare alla criminalità, alla disoccupazione e all'emarginazione sociale, vale anche la relazione inversa: ossia che la povertà e l'emarginazione sociale possono portare all'abuso di alcol e di stupefacenti. I deputati chiedono inoltre di adottare un approccio «più costruttivo» per quanto riguarda la politica in materia di stupefacenti, «mettendo l'accento sulla prevenzione, l'istruzione e il trattamento dei tossicodipendenti e non sulle sanzioni penali». Ritengono infine inaccettabile che, per numerose persone, l'accesso ai trattamenti e consulenze «abbia luogo esclusivamente attraverso il sistema penitenziario». Link utili
Comunicazione della Commissione - Proposta di relazione
congiunta per il 2007 sulla protezione e sull'inclusione sociale Riferimenti Elizabeth LYNNE (ALDE/ADLE, UK) |
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Un’azione europea contro i terremoti Il Parlamento chiede un sistema di coordinamento vincolante a livello UE in materia di prevenzione, gestione e protezione in caso di terremoti, con l’ausilio di una forza europea di protezione civile. Occorre poi modificare il Fondo UE di solidarietà per agevolare il risarcimento dei danni subiti, subordinare al rispetto delle norme antisismiche l’erogazione dei fondi strutturali e definire un'agenda europea di ricerca specifica per i terremoti. Il Ventesimo secolo ha visto morire 1,5 milioni di persone sotto le macerie provocate dai terremoti in tutto il mondo, di cui 128.000 solo in Italia. Oltre alle perdite di vite umane, è stimato che, tra il 1975 e il 2000, i sismi hanno comportato un costo economico pari a 75 miliardi di euro impiegati per il ripristino e la ricostruzione post-evento. Nel periodo 2002-2007, inoltre, i terremoti hanno rappresentato, negli Stati membri e nei paesi candidati all'adesione, la quarta catastrofe naturale in ordine di frequenza. La sismicità più elevata si registra peraltro in Italia, in Grecia, in Romania, in Bulgaria, a Cipro e in Slovenia, mentre Germania, Austria, Repubblica ceca, Francia, Spagna, Portogallo e Malta corrono anch'essi un rischio sismico rilevante. Approvando la relazione di Nikolaos VAKALIS (PPE/DE, EL), il Parlamento invita quindi la Commissione ad elaborare «senza ritardi» una comunicazione sulla valutazione dei rischi derivanti dai terremoti, che prenda in esame le questioni della prevenzione e della gestione, nonché misure di intervento e di ripristino dei danni causati. Dovrebbe inoltre redigere un protocollo tecnico di azione comune dell'Unione europea in caso di gravi catastrofi sismiche, ponendo l’accento sulle infrastrutture critiche dei trasporti, dell'energia, delle telecomunicazioni e sanitarie. Consiglio e Commissione sono poi invitati «a prendere seriamente in considerazione» il fenomeno dei terremoti al momento della finalizzazione e della messa in atto del quadro legislativo rivisto in materia di protezione civile. Mentre gli Stati membri dovrebbero includere la questione dei terremoti nelle strategie nazionali e regionali di sviluppo sostenibile. Nel riconoscere la singolarità della regione del Mediterraneo, il Parlamento esorta la Commissione a focalizzare l'attenzione sugli strumenti di prevenzione, formazione, ricerca, gestione del rischio, protezione civile e solidarietà a livello comunitario, «al fine di facilitare una risposta più soddisfacente alle catastrofi che si verificano di frequente nella regione». Ma occorre anche organizzare campagne di informazione dell'opinione pubblica, mettendo l'accento sulle misure di prevenzione e lo stato di preparazione. Notando come a livello europeo non esista un meccanismo unitario di intervento in caso di calamità naturale, il Parlamento auspica la definizione di sistemi volti a coordinare le azioni degli attori comunitari, nazionali, regionali e locali. Chiede quindi una più stretta cooperazione fra Stati membri, «basata su un sistema di coordinamento vincolante» relativo a misure di prevenzione, gestione e protezione, compresi meccanismi di osservazione e di allarme tempestivo, basi di dati e lo scambio delle migliori prassi. Allo scopo di agevolare tale processo, ogni Stato membro è pertanto esortato a creare un sistema di gestione unico e coordinato di protezione civile. La Commissione è poi invitata a proporre, in un'ottica di semplificazione e di maggiore coordinamento, uno strumento di prevenzione e di gestione centralizzato. Il Parlamento si dice inoltre favorevole alla creazione di una Forza europea di protezione civile e, pertanto, invita la Commissione a presentare una proposta al riguardo. A tale proposito, sottolinea che una Forza europea di protezione civile «può avere senso soltanto se si fonda su un sistema di protezione civile nazionale potenziato nonché su strumenti di cooperazione transfrontaliera rafforzati». I deputati chiedono poi la rapida adozione del nuovo regolamento del Fondo di solidarietà dell'Unione europea, sul quale il Parlamento si è espresso in prima lettura nel maggio 2006, per consentirgli di contribuire a far fronte «in modo efficace, flessibile e tempestivo al risarcimento dei danni subiti», anche mediante la semplificazione della procedura attuale di finanziamento in caso di terremoti. Ma evidenziano pure la necessità di far ricorso ad altre risorse già esistenti, come gli aiuti di Stato regionali o i prestiti della Banca europea per gli investimenti, «al fine di prevenire e di reintegrare i danni provocati dai terremoti, come anche di promuovere i pertinenti sistemi di assicurazione». Il Parlamento invita inoltre la Commissione e gli Stati membri a prendere in considerazione la valorizzazione e la conservazione di vecchi edifici e monumenti che rivestono una considerevole importanza storica, culturale, turistica e, quindi economica, di edifici pubblici di importanza strategica per la protezione. A tal fine gli Stati membri sono invitati a registrare tali edifici e infrastrutture, e a consultare la Commissione sui progetti e sulle politiche esistenti o necessari che ne garantiranno la protezione contro i terremoti. Per i deputati, d’altra parte, il futuro finanziamento di infrastrutture a titolo dei Fondi strutturali dovrà essere subordinato all'applicazione delle misure di protezione antisismica e alla definizione di dette misure, da parte degli Stati membri, nei rispettivi programmi operativi. E’ poi necessario predisporre corsi di livello universitario, master e dottorati in discipline pertinenti come l'ingegneria, e prevedere in tutta l'Unione europea una formazione speciale nelle professioni correlate. Il Parlamento invita poi gli Stati membri ad accelerare la ricerca orientata alla prevenzione, alla gestione delle crisi e alla riduzione al minimo delle catastrofi, in associazione con le azioni del Settimo programma quadro comunitario. Mentre la Commissione dovrebbe contribuire alla definizione di un'agenda europea di ricerca specifica per i terremoti. Il Parlamento, infine, chiede di incoraggiare la creazione di poli di eccellenza in termini di innovazione, tanto sul piano scientifico e tecnologico che architettonico, per garantire la sicurezza delle popolazioni e permettere uno sviluppo sostenibile del territorio. Link utili
Sito della
Protezione civile europea Riferimenti Nikolaos VAKALIS (PPE/DE, EL) |
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Petizioni: gli Stati membri rispettino il diritto UE Nel 2006, il Parlamento europeo ha ricevuto 1.021 petizioni da parte di cittadini denuncianti il non rispetto della legislazione comunitaria nel loro paese o regione. E' quanto emerge dalla relazione approvata dal Parlamento che, tra le altre cose, chiede alla Commissione europea di perseguire più sistematicamente gli Stati membri che non rispettano il diritto UE e auspica una maggiore implicazione del Consiglio nei lavori della commissione per le petizioni. Approvando la relazione di Carlos José ITURGAIZ ANGULO (PPE/DE, ES) sulle deliberazioni della commissione per le petizioni nel 2006, il Parlamento sottolinea anzitutto che sottoporre petizioni è un «diritto fondamentale» che permette ai cittadini di contribuire al controllo della trasposizione e attuazione della normativa europea da parte delle autorità nazionali, regionali e locali. Questo diritto, inoltre, contribuisce in modo significativo agli sforzi dell'UE di «ristabilire il contatto con i suoi cittadini» e fornisce «un osservatorio sulle attese dell'opinione pubblica europea». Più di mille petizioni: molte sull'ambiente, ma anche sui diritti umani Tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2006, il Parlamento europeo ha ricevuto 1.021 petizioni, ossia circa 3 al giorno. Si tratta di un numero molto vicino a quello registrato nel 2005 (1.032). Tuttavia, quasi due terzi di queste sono state dichiarate inammissibili poiché non erano collegate al campo d'attività dell'UE. I deputati, pertanto, sottolineano la necessità di garantire che i cittadini europei siano «opportunamente informati sulle competenze dell'Unione europea e delle sue istituzioni». Auspicano inoltre un riesame del "portale dei cittadini" sul sito web del Parlamento, con lo scopo di accrescere la visibilità del diritto di petizione. I cittadini tedeschi (274 petizioni), britannici (177), spagnoli (127), francesi (69), greci (68), italiani (68) e polacchi (56) sono stati i più attivi. La maggior parte delle petizioni riguardava le difficoltà relative all'applicazione della legislazione comunitaria in campo ambientale, della sicurezza sociale, del riconoscimento dei titoli di studio e altri aspetti legati al funzionamento del mercato interno. A tale riguardo, i deputati deplorano che in numerosi casi gli Stati membri non abbiano attuato correttamente le norme ambientali comunitarie e chiedono pertanto «una maggiore coerenza» soprattutto nel controllo del loro rispetto, in particolare per quanto riguarda la protezione della biodiversità e la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti e piani pubblici e privati. Notano inoltre che il Parlamento ha continuato a ricevere petizioni su presunte e persistenti violazioni dei diritti umani e fondamentali da parte degli Stati membri. Deferire sistematicamente gli Stati membri di fronte alla Corte di giustizia Il Parlamento ribadisce preoccupazione per il tempo «non giustificato ed eccessivo» - spesso alcuni anni - che la Commissione impiega per iniziare e concludere le procedure di infrazione. Denuncia inoltre i frequenti esempi di mancata esecuzione da parte degli Stati membri delle decisioni della Corte di giustizia. Tale comportamento, a suo parere, «mina la credibilità» della formulazione e della coerente applicazione della normativa UE e discredita gli obiettivi dell'Unione europea. Chiede pertanto alla Commissione di utilizzare la possibilità di portare gli Stati membri davanti alla Corte di giustizia, consentendo così di imporre loro multe pecuniarie forfetarie e penalità in caso di ritardo nel conformarsi alle sentenze della Corte di giustizia nelle procedure di infrazione. Coinvolgere maggiormente il Consiglio e gli Stati membri Il Parlamento sottolinea la necessità di un maggiore impegno da parte del Consiglio nelle attività della commissione per le petizioni, inviando dei rappresentanti alle sue riunioni. Chiede, peraltro, che il Consiglio designi un alto funzionario incaricato delle petizioni, anche alla luce del fatto che numerose denunce riguardano la trasposizione del diritto comunitario da parte degli Stati membri. A questo proposito, i deputati, ricordano il «ruolo chiave» degli Stati membri nell'attuazione corretta della legislazione comunitaria e sottolineano che la sua applicazione pratica «è decisiva» al fine di accrescere l'importanza dell'Unione europea agli occhi dei suoi cittadini. E' quindi necessaria una maggiore partecipazione dei rappresentanti degli Stati membri e dei loro parlamenti nei dibattiti in seno alla commissione per le petizioni. Cooperare strettamente con la Commissione e il Mediatore Il Parlamento sottolinea l'importanza della cooperazione con la Commissione nel dare soluzioni appropriate alle richieste dei promotori delle petizioni ("petenti"), soprattutto quando si tratta di politiche e attività della Comunità che hanno un impatto diretto sui cittadini. Accogliendo con favore il dialogo costante tra la commissione per le petizioni e il Mediatore europeo, i deputati ricordano infine di aver appoggiato le sue relazioni speciali sulla trasparenza delle riunioni del Consiglio, di aver visto con favore la soluzione positiva raggiunta riguardo al modo in cui la Commissione si occupa dei ricorsi per infrazione e di aver sostenuto la richiesta di un aumento del bilancio assegnato al Mediatore. Membri italiani della commissione per le petizioni
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Alessandro BATTILOCCHIO (PSE, IT), Link utili Il diritto di petizione -
informazioni pratiche Riferimenti Carlos José ITURGAIZ ANGULO (PPE/DE, ES) |
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Apertura della sessione Dando inizio ai lavori parlamentari, il Presidente ha espresso le condoglianze al popolo finlandese per l'uccisione di otto persone, studenti e docenti, in un liceo presso Helsinki. Si è poi pronunciato sulla Convenzione sulle mine antipersona sostenendo che l'obiettivo finale deve essere "un mondo senza mine" e, a tal fine, è assolutamente necessaria una politica europea in materia. All'ordine del giorno è stato aggiunto un dibattito sulla situazione in Georgia. Il Presidente, ricordando i «tragici eventi» del 7 novembre scorso in cui sono state uccise 8 persone in un liceo della città di Tuusula, a circa 60 km da Helsinki, ha espresso le condoglianze del Parlamento al popolo finlandese. Il Presidente ha salutato con favore la prossima riunione della Conferenza delle parti aderenti alla Convenzione di Ottawa sul divieto delle mine antipersona (che si terrà ad Amman dal 18 al 22 novembre) Sottolineando che tali armi «non distinguono tra civili e militari», ha affermato che la Convezione «è una vittoria per l'umanità» e ha ricordato, infatti, che la campagna a favore della sua ratifica ha ottenuto il Premio Nobel nel 1997. Ha quindi ricordato che il Parlamento ha sempre sostenuto la campagna e promosso l'attuazione della Convenzione. Ha quindi osservato che ¾ degli Stati l'ha ratificata e che sono anche diminuiti i paesi in cui sono prodotte tali armi, tuttavia in 69 paesi le mine antipersona non sono del tutto eliminate. Il Presidente ha evidenziato il ruolo importante, anche finanziario, dell'UE nell'attuazione della Convenzione e ha poi ricordato che, al Consiglio, è in fase di elaborazione una nuova azione comune in materia. L'obiettivo finale, ha detto il Presidente, «è un mondo senza mine» e, a tal fine, «è assolutamente necessaria una politica europea». Sciolto il gruppo "Identità, Tradizione, Sovranità" Al termine delle votazioni di mercoledì, il Presidente di seduta ha annunciato all'Aula che, a seguito della defezione di due deputati rumeni, che si aggiungono a quella dei giorni scorsi di altri tre colleghi, il gruppo "Identità, Tradizione, Sovranità" (ITS) non rispetta più le condizioni fissate dal regolamento per la costituzione di un gruppo politico ed è pertanto sciolto con effetto immediato. Chiudendo la seduta di voto, Edward McMILLAN-SCOTT (PPE/DE, UK) ha annunciato all'Aula che due deputati rumeni - Daniela BURUIANĂ APRODU e Cristian STĂNESCU - hanno comunicato di aver abbandonato il gruppo "Identità, Tradizione, Sovranità". Il Vicepresidente ha quindi constatato che queste defezioni, aggiunte a quelle avvenute questa settimana, fanno sì che le condizioni stabilite dal regolamento interno del Parlamento europeo per la costituzione di un gruppo politico (minimo di 20 deputati provenienti da almeno 1/5 degli Stati membri) non sono più riunite e, pertanto, il gruppo è ritenuto sciolto con effetto immediato. Tutti i membri del gruppo disciolto raggiungono quindi i "Non Iscritti", l'equivalente del gruppo misto del Parlamento italiano. Disposizioni del Parlamento per la costituzione dei gruppi politici 1. I deputati possono organizzarsi in gruppi secondo le affinità politiche. Non è necessario di norma che il Parlamento valuti l'affinità politica dei membri di un gruppo. Al momento di formare un gruppo sulla base del presente articolo, i deputati interessati accettano per definizione di avere un'affinità politica. Soltanto quando questa è negata dai deputati interessati è necessario che il Parlamento valuti se il gruppo è costituito in conformità al regolamento. 2. Un gruppo politico è composto di deputati eletti in almeno un quinto degli Stati membri. Per costituire un gruppo politico occorre un numero minimo di venti deputati. 3. Un deputato può appartenere a un solo gruppo politico. 4. La costituzione di un gruppo politico deve essere dichiarata al Presidente. Tale dichiarazione deve indicare la denominazione del gruppo, il nome dei suoi membri e la composizione del suo ufficio di presidenza. 5. La dichiarazione è pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. Membri italiani del disciolto gruppo ITS - Alessandra MUSSOLINI (ITS, IT) Altri documenti approvati I testi di tutti i documenti approvati sono reperibili sul sito del Parlamento europeo. |
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Ordine del giorno 28 - 29 novembre 2007 Bruxelles Mercoledì 28 novembre 2007 (15:00 - 17:00)
(17:00 - 18:30)
(18:30 - 24:00)
Giovedì 29 novembre 2007 (9:00 - 10:50)
(11:00 - 13:00) Votazione
L'ordine del giorno può subire modifiche. |
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Codici delle procedure parlamentari
Abbreviazioni
Gruppi politici
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