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RASSEGNA
12 - 15 marzo 2007
Strasburgo
Sommario
DIRITTI DELLE DONNE/PARI OPPORTUNITÀ AFFARI ECONOMICI E MONETARI POLITICA SOCIALE POLITICA DELL'OCCUPAZIONE TRASPORTI COMMERCIO ESTERO/INTERNAZIONALE RELAZIONI ESTERNE SICUREZZA E DIFESA INDUSTRIA AGRICOLTURA POLITICA REGIONALE ISTITUZIONI ORDINE DEL GIORNO 28 - 29 MARZO 2007 CODICI DELLE PROCEDURE PARLAMENTARI, ABBREVIAZIONI, GRUPPI POLITICI |
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Il contenuto della Dichiarazione che dovrà essere adottata a Berlino per celebrare il cinquantenario della firma dei Trattati di Roma è stato oggetto di un ampio dibattito in Aula. Oltre ai rappresentanti della Presidenza e della Commissione, sono intervenuti il Presidente del Parlamento, il Presidente della commissione costituzionale e i capigruppo. Il Presidente Pôttering, che parteciperà ai lavoratori preparatori e rappresenterà il Parlamento a Berlino, ha introdotto il dibattito affermando che la Dichiarazione che deve essere adottata il 25 marzo «potrebbe costituire una pietra miliare sulla via di un'Europa più forte che guarda al futuro». Ha quindi ricordato che il progetto di dichiarazione conta quattro capitoli. Il primo, è dedicato al bilancio di quanto realizzato dal 1957 e dovrà contenere una menzione particolare alla pace, alla prosperità e alla stabilità, così come al consolidamento della democrazia e dello Stato di diritto. Il secondo, tratterà degli aspetti principali dell'unificazione e della cooperazione europea: parità di diritti e obblighi fra gli Stati membri, trasparenza e sussidiarietà, «come elementi fondamentali del metodo comunitario». Il terzo capitolo, ha proseguito, riveste un'importanza determinante visto che riguarda i valori sui quali posa l'unificazione europea. Sarà sottolineato, ancora una volta, che «l'essere umano, la cui dignità è intangibile, si trova al centro di ogni azione politica». E', ha infatti spiegato il Presidente, «il punto di partenza e, allo stesso, tempo, il suo obiettivo». Anche il principio della solidarietà dovrà essere trattato come elemento indispensabile dell'unificazione europea», anche in campo energetico. Il Presidente ha poi affermato che il quarto capitolo dovrà evocare gli sforzi profusi dall'UE sul piano interno ed esterno, attribuendo una particolare attenzione alla politica energetica e alla protezione del clima, alla politica estera e di sicurezza comune, alla sicurezza interna e ai diritti civili e, infine, alla salvaguardia del modello sociale «grazie al successo economico». Il Presidente ha inoltre voluto sottolineare che, tenuto conto del dibattito che seguirà alla Dichiarazione, il Parlamento ha il dover di dissipare ogni dubbio in merito alla sua adesione al trattato costituzionale. E' necessario, ha precisato, «che la sostanza del trattato costituzionale, compreso il capitolo sui valori, diventi realtà giuridica e politica». Ha poi evidenziato che il Vertice di Berlino non è più un evento intergovernativo, poiché parteciperanno tutte e tre le istituzioni che firmeranno assieme la Dichiarazione. Quanto ottenuto in cinquant'anni, ha concluso, «è notevole» ed occorre «mobilitare il coraggio e la volontà necessari per raccogliere le sfide del XXI secolo». Dichiarazione del Consiglio Frank-Walter STEINMEIER ha sottolineato che il 25 marzo sarà «un giorno particolare» in cui si dovrà «tenere conto di quanto realizzato guardando al futuro». Molti dei successi ottenuti sono stati possibili grazie all'impulso dei deputati europei, ha spiegato affermando di continuare a contare sulla cooperazione e sul sostegno del Parlamento europeo. Ha quindi evidenziato che per conquistare la fiducia dei cittadini «occorre dimostrare che l'Unione europea ha un senso per loro». In proposito il Ministro ha citato il successo dell'ultimo Vertice che ha mostrato che l'Unione agisce in campi che interessano i cittadini, come i cambiamenti climatici e l'energia. Riguardo alla dichiarazione di Berlino, il Ministro ha sottolineato che dovrà trattarsi di un testo conciso e che trasmetta un messaggio chiaro ai cittadini. Dovrà rendere omaggio a quanto realizzato (la pace, il benessere, la riunificazione del Continente) ma anche come vi si è pervenuti: la democrazia, lo Stato di diritto e la sussidiarietà. Sarà poi necessario porre in luce i valori come la dignità umana, la libertà e la responsabilità, la solidarietà, la diversità e la tolleranza, visto che l'Unione non è solo uno spazio economico ma anche una comunità di valori. Il capitolo sulle sfide future per le quali occorre trovare delle soluzioni comuni, riguarderà i cambiamenti climatici, l'energia, la politica di sicurezza e difesa, la lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata e soluzioni comuni all'immigrazione clandestina. Il Ministro ha voluto poi sottolineare che una menzione particolare dovrà essere accordata al modello sociale, mostrando che la competizione economica può essere conciliata con la responsabilità sociale e ambientale. Ha quindi affermato che le riforme e il processo di rinnovamento dovranno essere portati avanti per consentire agli elettori, nel 2009, di sapere per cosa andranno a votare. Occorre quindi un impegno comune per creare i presupposti ideali al funzionamento dell'UE. Le celebrazioni del cinquantesimo anniversario, ha quindi concluso, dovranno essere sfruttate come simbolo dell'unità europea, ponendo in luce che l'UE è capace di agire nell'interesse dei cittadini. Dichiarazione della Commissione Per Margot WALLSTRÖM le celebrazioni di Berlino non saranno solo importanti per evidenziare ciò che ci unisce ed enfatizzare i valori comuni, ma anche per definire gli obiettivi e le ambizioni per un'Unione più forte che porta benefici ai cittadini. Ha poi affermato che la Presidenza tedesca sta lavorando molto al fine di definire una dichiarazione breve, di facile lettura e con una "durata di vita" superiore a qualche settimana. Nel definire la Dichiarazione, ha proseguito, «non dovremo essere timidi, bensì ambiziosi e credibili», e si dovranno trattare questioni concrete senza entrare troppo nei dettagli. Dovrà riflettere la "genialità" dell'UE che è «capace di conciliare il particolare con il generale, l'individuale con il collettivo, promuovendo la crescita economica nell'ambito di un forte quadro sociale». E' anche importante, ha spiegato la Vicepresidente della Commissione, mostrare che l'Unione lavora nel rispetto della democrazia, della trasparenza e della sussidiarietà. La Dichiarazione, inoltre, rappresenta anche un punto di partenza per il rilancio della revisione dei Trattati, in quanto è necessario che l'Unione sia in grado di funzionare bene, per servire i cittadini nel modo migliore. Dichiarazione in nome della commissione per gli affari costituzionali Jo LEINEN (PSE, DE) ha precisato che la commissione da lui presieduta ha discusso in diverse occasioni della dichiarazione, le cui conclusioni sono state inviate al Presidente del Parlamento. A suo parere, non dovrebbe essere troppo difficile trovare un accordo su alcuni dei capitoli della dichiarazione, come quelli relativi ai successi del passato, ai valori e alle sfide future. Più complicato, ha spiegato, sarà descrivere la specificità dell'Unione e, in proposito, ha sottolineato la necessità di far riferimento al metodo comunitario che distingue l'UE da tutte le altre organizzazioni internazionali. In proposito ha anche evidenziato la necessità di applicare questo metodo anche al secondo e al terzo pilastro dell'UE, per consentire il coinvolgimento del Parlamento europeo. Ha quindi concluso sostenendo che occorre dotare l'Unione di nuovi mezzi e nuove strutture che le consentano di funzionare ed è quindi necessario impegnarsi per definire un nuovo Trattato. Interventi in nome dei gruppi Ricordando che il suo gruppo fin dalle origine ha sempre desiderato un'Europa più integrata e più unita, Joseph DAUL (PPE/DE, FR) ha sottolineato che «ciò che da sempre ci unisce è le difesa dei valori, la promozione delle libertà e, in particolare, quella di intraprendere, di lavorare, di beneficiare dei frutti del lavoro, ma anche la garanzia di sicurezza». Il Trattato di Roma, ha proseguito, costituisce la prima pietra dell'avventura europea che non solo ha reso impossibile «farci la guerra», ma ha anche reso questa eventualità «impensabile». Rivolgendosi ai giovani, ha tuttavia ammonito che «nulla è acquisito per sempre». Il leader dei popolari ha poi voluto rendere omaggio a tutti i cittadini dei paesi dell'Europa Orientale che sono stati oppressi per cinquant'anni dalla dittatura comunista. Senza le rivolte del 1956 e del 1968, ha spiegato, «non sarebbero state possibili le rivoluzioni di velluto della fine degli anni ottanta e il muro di Berlino sarebbe ancora la vergogna del nostro Continente». Al contempo, ha voluto sottolineare che nel 2007 ricorre anche il sessantesimo anniversario del Piano Marshall. Senza l'aiuto degli americani, ha precisato, «la dichiarazione Schuman e il Trattato di Roma avrebbero incontrato maggiori ostacoli». L'Unione europea, ha proseguito il deputato, «non si riduce all'esportazione di beni e servizi», trasmette anche i nostri valori e agisce come forza di stabilizzazione». Di fronte alle sfide future, ha poi affermato, «non si parte da zero». La prima condizione per il successo, ha però spiegato, è quella di «avere fiducia nelle nostre risorse». La seconda è di essere realisti e di adattarsi, «senza però rinunciare a quello che si è». Il deputato ha quindi elencato che cinque principali sfide: la demografia, la mondializzazione, la multipolarità, l'energia e il riscaldamento climatico, senza dimenticare la lotta al terrorismo. In tale contesto, l'Europa «deve trarre profitto dalla sua storia e valorizzare il suo modello di società», nei confronti del terrorismo, invece, deve «dare prova di fermezza e determinazione». Ha quindi concluso sostenendo che, in questo periodo di transizione, occorre «evitare le impasse e costruire assieme delle fondamenta solide, con lucidità e coraggio politico». Martin SCHULZ (PSE, DE) ha sottolineato che non è ancora noto il testo della Dichiarazione di Berlino e perciò più del testo occorre parlare del contesto, sottolineando come vi sia una certa incertezza, viste le alte aspettative che vi si ripongono. Tutti si rendono conto, ha proseguito, che «siamo a un bivio»: o si va verso una maggiore integrazione o si ritorna agli egoismi nazionali. La Dichiarazione di Berlino, ha poi affermato, «dovrà essere breve e trasmettere un messaggio di fiducia», ossia «che quanto realizzato negli ultimi cinquant'anni può continuare a esserlo anche in futuro». Anche perchè «tanto più va avanti la storia, tanto più sfumano i rischi del passato come il razzismo e l'intolleranza». Per tale ragione, il leader socialdemocratico ha sottolineato la necessità di rivolgersi ai giovani e di rispondere a esigenze concrete e di lungo respiro, come sul clima, l'integrazione e la stabilità sociale. In proposito, ha spiegato che occorre fornire opportunità decenti ai giovani affinché possano crescere in pace e avere delle prospettive. E' anche necessario fare di più per la formazione, l'istruzione e la ricerca poiché, come motori della crescita economica, forniscono anche garanzie sociali. Ha quindi concluso affermando che per affrontare i prossimi cinquant'anni sono necessari «nuovi metodi». Per Graham WATSON (ALDE/ADLE, UK) le celebrazioni del cinquantesimo anniversario sono una buona occasione per fare il punto della situazione. Viviamo, ha spiegato, «in un''Europa di libertà e sicurezza, di prosperità e opportunità, con società e economie più aperte che mai». Ma, ha ammonito, la Dichiarazione di Berlino «dovrebbe riflettere meno il nostro orgoglio del passato e di più la nostra determinazione per il futuro». Al riguardo, sostenendo che il processo è opaco, ha definito «bizzarro» che si discuta di una dichiarazione senza disporre di una bozza. Il suo gruppo, ha comunque affermato, auspica una dichiarazione che guardi alle future sfide, che fornisca l'opportunità di riaffermare gli impegni sui valori e sugli obiettivi, in modo da riconquistare i cittadini alla causa europea, in un momento in cui, più che mai, le nazioni hanno bisogno di agire assieme. La dichiarazione, inoltre, dovrà essere l'occasione per spiegare ai cittadini perché, adesso, l'Unione europea «è così importante» e perché occorre impegnarsi al di là delle nostre frontiere e culture. L'Europa, ha infatti spiegato, «è forte perchè è aperta» e il rinchiudersi in una fortezza, «con l'idea anacronistica degli Stati-nazione e delle economie protette, o del fondamentalismo cristiano», «ci riporterebbe semplicemente indietro, al tempo in cui gli europei avevano una sola cittadinanza e una sola identità nazionale». Il leader liberaldemocratico ha quindi concluso sostenendo la necessità di una dichiarazione breve e semplice, «un testo che possa essere affisso sulla chiesa di Wittenberg». Se come sembra la bozza è composta di due pagine, ha esclamato, «vi è già una pagina di troppo!». Cristiana MUSCARDINI (UEN, IT) ha esordito ricordando che Robert Schuman, il 9 maggio del 1950, nella storica dichiarazione alla stampa nella Sala degli orologi di Parigi disse: "l'Europa non potrà farsi una volta sola, né sarà costruita tutta insieme, sorgerà da realizzazioni concrete che creino solidarietà di fatto". Dai cinquant'anni trascorsi dalla firma dei trattati, ha quindi affermato, «molte realizzazioni e politiche comuni sono state compiute, ma manca l'Europa politica nonostante la sempre più evidente necessità di realizzarla nel rispetto degli Stati nazionali». Senza una politica estera e di difesa, ha infatti spiegato, «l'Unione rimarrà indebolita: il suo peso negoziale nelle relazioni internazionali non corrisponde alla dimensione e al peso della nostra economia». Il primo dei nostri obiettivi deve essere quindi la ripresa del dibattito «per il nuovo trattato», ma «senza dimenticare il rifiuto di due Stati fondatori e la ratifica compiuta da parte della maggioranza degli Stati membri». Un'Unione a 27, ha proseguito, «non può funzionare con regole che già erano strette per i Quindici». Il miglioramento della funzione legislativa, il blocco decisionale, l'eccessiva complessità delle norme devono quindi essere risolti e vanno chiariti i ruoli. Anche la questione dei nostri valori e delle loro radici storiche e culturali - «dalla storia greco-romana alle tradizioni giudaico-cristiane, alla conquista dello Stato laico e liberale» - devono essere riprese e riaffermate. Solo dal dialogo tra le culture, ha insistito, «nascono garanzie per il futuro», ma per dialogare con gli altri «dobbiamo prima conoscere e riconoscere noi stessi». Il futuro dell'Europa, ha proseguito, «non può prescindere dalla constatazione che il presente è diverso da quello di cinquant'anni fa». Il fenomeno dell'immigrazione, e in particolare di quella clandestina, «raggiunge limiti pericolosi e ha cambiato il volto delle nostre città» e «la presenza di culture diverse ci impone sforzi supplementari per assicurare il dialogo e per esigere il rispetto delle regole». Per la deputata, occorre quindi una politica comune e la disponibilità degli Stati membri per garantire le frontiere, l'ordine interno e il rispetto dei diritti umani. Il fenomeno dell'immigrazione va inoltre affrontato «nell'alveo della democrazia e della legalità, nel rispetto della dignità delle persone e con regole comuni», poiché «non esiste vera cultura se non vi è il riconoscimento della dignità della persona». La deputata si è poi soffermata sulla necessità del mutuo rispetto delle regole commerciali. I fenomeni della contraffazione, del dumping, la questione del marchio d'origine, il rispetto reciproco delle regole, ha spiegato, «sono problemi che vanno affrontati e risolti con decisione, se si vuole evitare che un mercato sleale distrugga i settori produttivi dell'Unione e danneggia a lungo termine anche i paesi emergenti o in via di sviluppo, con conseguenze disastrose sul piano dell'occupazione e delle politiche sociali». La liberalizzazione del commercio mondiale, inoltre, «deve andare di pari passo con la garanzia che le politiche di welfare, conquistate dai lavoratori europei, saranno mantenute e potranno essere applicate gradualmente ma inesorabilmente anche in quei paesi che oggi ne sono privi». Citando nuovamente Schuman - "Il contributo che un'Europa organizzata e vitale può apportare alla civiltà è indispensabile per il mantenimento di relazioni pacifiche" e "la pace mondiale non può essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che ci minacciano" - ha quindi concluso affermando che «la minaccia del terrorismo, alimentata dal fondamentalismo jihadista, incombe su tutto il mondo» e che pertanto «occorre più che mai che i nostri sforzi oggi siano coraggiosi e creativi». Daniel COHN-BENDIT (Verdi/ALE, DE) si è detto d'accordo sulla necessità d sottolineare i successi conseguiti dall'integrazione europea. Tuttavia, nel celebrare la prosperità e i diritti, ha ammonito, non bisogna dimenticare chi vive ancora in povertà e chi è privato di diritti. Ha infatti spiegato che se non si discute apertamente dei problemi «non è possibile avvicinarsi alla gente». Il leader dei Verdi ha anche auspicato che la dichiarazione non scada nella «banalità» e, per questo, dovrà fissare obiettivi concreti. Ad esempio sul clima dovrebbe prevedere l'impegno a ridurre la temperatura di 2 gradi centigradi e porre l'obiettivo del ricorso al 100% alle energie rinnovabili. E' poi necessario prevedere sanzioni da infliggere agli Stati membri che non rispettano gli impegni, ad esempio nel quadro del patto di stabilità. Il deputato ha poi stigmatizzato il fatto che il rappresentante della Presidenza abbia citato unicamente il tema dell'immigrazione illegale, senza considerare che vi sono milioni di immigrati legali che hanno gli stessi diritti degli europei. Ha quindi evidenziato il rischio che gli immigrati vengano percepiti come un rischio. Ha infine concluso che bisogna essere orgogliosi dei valori iscritti nella Carta dei diritti fondamentali e che, al riguardo, la Dichiarazione dovrebbe citare anche la libertà di orientamento sessuale e i diritti delle minoranze. Per Francis WURTZ (GUE/NGL, FR) le celebrazioni del cinquantenario dovrebbero essere l'occasione per guardare con lucidità al cammino percorso e per trarre gli insegnamenti necessariamente contradditori della esperienza passata. Se invece, si traducessero in «un semplice giubileo», ciò avrebbe un interesse molto limitato dal punto di vista dell'analisi storica e, sul piano dell'efficacia politica, equivarrebbe a «un colpo di spada nell'acqua». E, a suo parere, tutto lascia credere che si verificherà questa seconda ipotesi, visto anche il metodo cui si è ricorsi per l'elaborazione della dichiarazione. Sottolineando la necessità di consultare i cittadini, il leader della sinistra unitaria prevede che saranno citati valori «generosi» e obiettivi «ambiziosi», che non tengono conto della realtà vissuta dai cittadini. In proposito, ha affermato che, per avere un reale impatto su di essi, è invece necessaria «una buona dose di spirito critico nei confronti delle cause della crisi di fiducia che serpeggia nell'opinione pubblica». Al riguardo, ha anche sottolineato che lo stesso Ministro Steinbeck aveva parlato di una crisi di legittimità del modello economico e sociale europeo. Ha quindi concluso sostenendo la necessità di parlarne «per poter ridare un senso alla bella avventura europea». Ironizzando sull'ottimismo espresso dagli oratori intervenuti in precedenza, Nigel FARAGE (IND/DEM, UK), ha voluto sottolineare la presenza in Aula di coloro i quali credono che la dichiarazione di Berlino «potrebbe, in futuro, controllare anche le previsioni del tempo». Paragonando i livelli comunitari del PIL e gli investimenti nella ricerca e nello sviluppo a quelli americani, ha enfatizzato le sfide economiche che devono essere affrontate in modo pratico e costruttivo. Ha infine invitato l'Aula di chiedere ai popoli europei il loro parere sulla dichiarazione. Per Bruno GOLLNISCH (ITS, FR) la dichiarazione dovrebbe centralizzarsi sui giovani europei, per affrontare la disoccupazione e la povertà ancora esistenti. Non dovrebbe essere difficile per i giovani, ha proseguito, trovare un lavoro che permetta loro di «costruire una nuova famiglia e comprare alcuni beni». Questo dovrebbe essere l'obiettivo minimo per una dichiarazione che dovrebbe delineare il futuro dell'Europa. Replica del Consiglio Frank-Walter STEINMEIER ha affermato che il dibattito ha dimostrato che «non è facile mettersi d'accordo sui valori da inserire» nella dichiarazione. Risulta infatti difficile «inserirvi tutti gli argomenti» proposti da ognuno. Ha tuttavia sottolineato che lo scopo non era solo quello di «stilare una dichiarazione» ma quello di valutare il passato ed il presente. Non condividendo la reazione di Cohn-Bendit sull'immigrazione illegale ha ricordato di aver voluto semplicemente enfatizzare il bisogno di un approccio congiunto su tale questione. Ha quindi proseguito ricordando che il 90% delle preoccupazioni espresse dall'Aula coincidono con quelle discusse la scorsa settimana al Vertice e quindi non bisogna temere che vengano disattese. Concludendo, ha ricordato che un elemento chiave deve essere quello di «formulare i nostri punti di vista in maniera comprensibile» per i cittadini europei. Per tale motivo si è detto scettico all'idea di utilizzare termini quali «metodo comunitario». Replica della Commissione Per Margot WALLSTRÖM «la costruzione europea non è "pronta" e non sarà mai "pronta", è in itinere e stiamo costantemente aggiungendo altri tasselli a questo mosaico che è l'architettura dell'Europa». Ha poi voluto sottolineare l'importanza di evidenziare «cosa vogliamo per il futuro e qual è il nostro sogno per i prossimi vent'anni». Ha quindi aggiunto che «non saremo in grado di costruire l'Europa se i cittadini non ci sostengono e quindi dobbiamo essere aperti verso il pubblico», sottolineando inoltre che «non possiamo negoziare i contenuti di un documento di due pagine con 450 milioni di persone». Link utili Sito del Cinquantenario dell'UE Riferimenti Dichiarazione del Consiglio - Dichiarazione di
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Il Parlamento chiede più impegno nel garantire l'uguaglianza di genere e tolleranza zero nei confronti della violenza contro le donne, incluse le mutilazioni genitali, la poligamia e l'imposizione del burqa. Sollecita anche misure per favorire l'accesso al lavoro, colmare il divario retributivo rispetto agli uomini e promuovere l'imprenditoria femminile. Per conciliare vita privata e professionale suggerisce l'istituzione del congedo di paternità, ponendone il costo a carico della collettività. L'uguaglianza tra donne e uomini «è un diritto e un principio fondamentale dell'UE» ma, nonostante i significativi progressi realizzati, «continuano a sussistere molte disuguaglianze fra donne e uomini». E' quanto afferma il Parlamento con la relazione di Lia SARTORI (PPE/DE, IT) sulla comunicazione della Commissione in merito alla tabella di marcia per la parità tra donne e uomini 2006-2010. Inoltre, riconosce il doppio approccio per la promozione della parità tra i generi, basato sull’integrazione della dimensione di genere in tutte le politiche e sulla contemporanea applicazione di specifici provvedimenti in tal senso. Tolleranza zero contro la violenza sulle donne La violenza contro le donne «è la più diffusa violazione dei diritti dell'uomo, senza limiti geografici, economici o sociali». Inoltre, nonostante gli sforzi messi in opera a livello nazionale, comunitario ed internazionale, «il numero di donne vittime di violenze è allarmante». Il Parlamento chiede pertanto alla Commissione di presentare una proposta di direttiva sulla lotta alla violenza contro le donne e sollecita un miglior coordinamento e un rafforzamento delle misure europee e nazionali per la protezione giuridica della donna e dei bambini. Più in particolare, chiedono una «tolleranza zero» in caso di riduzione in schiavitù delle donne o nei casi di crimini commessi in nome dell’onore o della tradizione, di violenza, di traffico degli essere umani, di mutilazioni genitali femminili, di matrimoni forzati, di poligamia nonché di atti di privazione dell'identità (ad esempio l'imposizione del burqa, del niqab o di maschere). Gli Stati membri, d'altra parte, sono invitati a introdurre la registrazione obbligatoria degli atti di mutilazione genitale femminile effettuati da personale sanitario e a ritirare la licenza dei medici che li praticano. Rilevando poi la necessità di raccogliere al più presto dati confrontabili e affidabili sul traffico di esseri umani, ritengono utile effettuare uno studio sulla correlazione causale tra la legislazione sulla prostituzione ed il traffico ai fini dello sfruttamento sessuale e la diffusione delle migliori prassi, «comprese le azioni adottate in materia di domanda». Pari salario per pari lavoro Il Parlamento chiede agli Stati membri di integrare o rafforzare i propri piani nazionali per l'occupazione e l'integrazione sociale al fine di inserirvi misure volte a favorire l'accesso delle donne al mercato del lavoro «in situazione di pari dignità e di pari retribuzione per pari lavoro». I deputati, infatti, deplorano che il divario retributivo tra i sessi ammonti tuttora al 15%, a vantaggio degli uomini. Sollecitano pertanto la Commissione a rivedere in via prioritaria la direttiva (75/117/CEE) che tratta questo aspetto e, in particolare, gli elementi attinenti agli ispettorati del lavoro e ai mezzi di ricorso disponibili in caso di discriminazioni. La invitano inoltre a garantire che tale direttiva «non comporti discriminazioni per le donne che si sono dedicate ai figli e hanno quindi una scarsa esperienza lavorativa». Occorre, inoltre, promuovere l'imprenditoria femminile e, tal fine, gli Stati membri sono invitati ad applicare strategie concrete e misure di agevolazione dell'accesso delle imprenditrici al credito e ai servizi bancari, soprattutto per quanto riguarda i microfinanziamenti e le misure a sostegno delle reti di imprenditrici. Dovrebbero poi nominare un responsabile nazionale per l'uguaglianza di genere nell'ambito dell'attuazione della Strategia di Lisbona, con il compito di partecipare all'elaborazione e alla revisione dei rispettivi piani nazionali nonché al monitoraggio della loro attuazione, al fine di favorire l'integrazione della dimensione di genere, segnatamente nel bilancio. Il Parlamento, inoltre, chiede che a livello UE siano avviati progetti pilota sull'integrazione della dimensione di genere nel bilancio generale e dei programmi comunitari, in particolare nei Fondi Strutturali, e nei programmi relativi alla ricerca, ai consumatori e alla sanità pubblica. Politiche per conciliare vita familiare e professionale Il Parlamento chiede alla Commissione, in collaborazione con gli Stati membri e le sue parti sociali, di incoraggiare la creazione di politiche di conciliazione fra vita familiare e vita professionale. Tra le misure ipotizzabili, i deputati chiedono che il costo della maternità e della paternità sia a carico della collettività, «al fine di sradicare comportamenti discriminatori in seno alle imprese e di contribuite al rilancio demografico», nonché di agevolare l’occupazione femminile. Ma ritengono anche necessario rendere più accessibili e flessibili i servizi di assistenza destinati a persone non autosufficienti (bambini, persone con disabilità o malattie croniche e anziani), tra cui strutture aperte anche di notte. Per incoraggiare attivamente i padri e i conviventi maschi ad avvalersi delle opzioni di orario flessibile e ad assumere la responsabilità dei compiti domestici e di quelli connessi alla famiglia, i deputati suggeriscono di istituire una prima forma di congedo di paternità e di avviare «l'attesa revisione» della direttiva (96/34/CE) sul congedo parentale. Sollecitano inoltre la definizione di sistemi alternativi per assicurare la copertura pensionistica delle donne. Posti di responsabilità alle donne e lotta agli stereotipi Il Parlamento chiede alla Commissione di promuovere la diffusione e l'adozione di buone prassi tese a favorire la partecipazione delle donne ai processi decisionali. Gli Stati membri dovrebbero inoltre individuare e perseguire obiettivi e termini chiari per l'aumento della partecipazione delle donne a tutte le forme di presa di decisioni e il potenziamento della loro rappresentanza nella vita politica. Per i deputati, poi, è importante promuovere la partecipazione delle donne nelle carriere scientifiche e nella ricerca, anche attraverso la previsione di soluzioni contrattuali, come borse di studio o lavoro part-time, per favorire la conciliazione tra vita familiare e vita lavorativa. D'altra parte, il Parlamento sottolinea che dovrebbe essere promossa la diffusione di esempi positivi sia del ruolo delle donne nella società sia dei successi da esse ottenuti in tutti i settori. Ritenendo che ciò rappresenti uno strumento efficace per la lotta agli stereotipi negativi che devono affrontare le donne, i deputati chiedono alla Commissione di incoraggiare iniziative mirate a sensibilizzare i media attraverso, ad esempio, l'istituzione di tavoli di consultazione permanenti con gli operatori del settore. Anche gli Stati membri sono incoraggiati a adottare misure per eliminare gli stereotipi di genere, in particolare sul mercato del lavoro, e a promuovere la presenza degli uomini in settori e posizioni occupati prevalentemente da donne. La Commissione, invece, è esortata a inserire nella tabella di marcia i diritti dei transessuali e i problemi da questi affrontati, in linea con le recenti sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee. Sostegno all'integrazione delle immigrate Il Parlamento chiede agli Stati membri e alla Commissione di adottare iniziative concrete per l'emancipazione e l'integrazione socioeconomica delle donne immigrate. Si tratta, più in particolare, di fornire un sostegno alla conoscenza della lingua, dei diritti e doveri che discendono dall'acquis comunitario, dagli accordi internazionali, dai principi e dalle leggi vigenti nel paese d'accoglienza (tra cui il divieto di poligamia nell'ambito del ricongiungimento familiare) e dei valori fondamentali dell'Unione. Occorrerebbe poi mettere a punto dei programmi di lotta contro la discriminazione nell’accesso al lavoro e sul luogo di lavoro, sostenere progetti imprenditoriali di donne immigrate «volti a mantenere e diffondere la ricchezza culturale dei loro paesi d'origine», nonché creare e favorire «spazi pubblici di partecipazione per le donne immigrate in cui esse siano rappresentate attivamente». I diritti delle donne nella politica esterna dell'UE La relazione considera che il rispetto dei diritti delle donne è un requisito fondamentale, al pari degli altri diritti umani, nell'ambito dei negoziati di adesione con i paesi candidati e sottolinea che deve essere una condizione essenziale delle politiche di vicinato, estera e di sviluppo dell'UE. In tale contesto invita la Commissione e gli Stati membri, nel quadro dei loro programmi di sviluppo, ad esaminare metodi preventivi per la lotta contro la violenza sessuale e la tratta di esseri umani in vista del loro sfruttamento sessuale, per scoraggiare la violenza nei confronti delle donne e per garantire assistenza medica, sociale, legale e psicologica sia alle donne sfollate a seguito di conflitti che alle altre migranti. I deputati, inoltre, chiedono alla Commissione di prendere misure per garantire alle donne i diritti alla salute, compresa la salute sessuale e riproduttiva e ribadiscono che è essenziale, in particolare per la lotta contro l'HIV/AIDS, «ampliare l'accesso alle informazioni relative alla salute sessuale e riproduttiva e ai servizi sanitari». Sollecitano poi «sforzi più incisivi» per proteggere le giovani donne da ogni forma di violenza (compresi lo stupro, lo sfruttamento sessuale e l'arruolamento forzato nelle forze armate), nonché per incoraggiare politiche e programmi intesi a promuovere la tutela dei diritti delle ragazze nelle situazioni di conflitto e post-conflitto. Nelle politiche a favore dell'Africa e nelle strategie di sviluppo nazionali dei paesi africani, infine, dovrebbe essere promossa la ratifica e l'attuazione del Protocollo di Maputo che prevede la condanna e la proibizione di tutte le forme di mutilazioni genitali. Link utili
Comunicazione della Commissione Riferimenti Amalia SARTORI (PPE/DE, IT) |
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Sottoscrivendo un accordo negoziato con il Consiglio, il Parlamento ha approvato la modifica di cinque direttive per armonizzare a livello europeo le norme di valutazione dei progetti di fusione e acquisizione transfrontalieri nel settore bancario e assicurativo. Lo scopo è di rimuovere gli ostacoli dovuti a prassi di vigilanza diverse, introducendo procedure e criteri più chiari e migliorandone la coerenza e la trasparenza. I tempi concessi alle autorità per valutare le offerte sono allungati. Nel settembre 2006 la Commissione europea ha presentato una proposta volta a rendere più rigorose le procedure che le autorità di vigilanza degli Stati membri devono seguire per valutare i progetti di concentrazione e di acquisizione nei settori bancario, assicurativo e mobiliare. La direttiva proposta, che modifica cinque direttive vigenti in materia, intende fornire alle autorità di vigilanza una procedura di decisione e di notifica chiara e trasparente. In particolare, propone l'introduzione di un elenco chiuso di criteri per valutare l'acquirente e la riduzione del periodo di valutazione da tre mesi a 30 giorni, permettendo alle autorità di vigilanza di sospendere l'operazione una sola volta, a condizioni ben precise. Il Parlamento ha fatto proprio un "maxi emendamento" di compromesso negoziato con il Consiglio dal relatore - Wolf KLINZ (ALDE/ADLE, DE) - permettendo così di chiudere la procedura legislativa in prima lettura. Il provvedimento entrerà quindi in vigore molto presto e gli Stati membri avranno diciotto mesi per applicare le disposizioni necessarie per conformarsi al provvedimento. Termini più lunghi e silenzio assenso Se la Commissione proponeva di concedere 30 giorni lavorativi alle autorità di vigilanza per decidere in merito a un'offerta di acquisizione transfrontaliera, Parlamento e Consiglio hanno fissato un termine di 60 giorni lavorativi. Questa data di scadenza, inoltre, dovrà essere comunicata al candidato acquirente. E' anche precisato che, durante il termine per la valutazione ma non oltre il cinquantesimo giorno, le autorità competenti possono richiedere ulteriori informazioni necessarie per completare la propria valutazione. Inoltre, per il periodo compreso tra la data di richiesta di informazioni e il ricevimento della risposta, il decorso del termine per la valutazione viene sospeso. Questa sospensione non potrà però superare 20 giorni lavorativi. Mentre eventuali ulteriori richieste di completamento o chiarimento delle informazioni presentate «sono a discrezione» delle autorità, «ma non possono dare luogo ad una sospensione del decorso del termine». Le autorità competenti, peraltro, possono prorogare la sospensione fino a un massimo di 30 giorni lavorativi qualora il candidato acquirente risieda fuori dalla Comunità o sia soggetto ad una regolamentazione non comunitaria, oppure se si tratta di una persona fisica o giuridica non sottoposta alla vigilanza prevista dalle direttive comunitarie. Se al termine della loro valutazione decidono di opporsi al progetto di acquisizione, le autorità competenti saranno tenute a informare per iscritto il candidato acquirente entro due giorni lavorativi e dovranno indicare le ragioni della loro decisione. Fatta salva la legislazione nazionale, inoltre, un'adeguata motivazione della decisione potrà essere resa pubblica su richiesta del candidato acquirente. Ma, è precisato, ciò non impedisce ad uno Stato membro di autorizzare l'autorità competente a rendere pubblica tale motivazione anche senza una richiesta del candidato acquirente. Se, invece, entro il termine per la valutazione, le autorità competenti non si oppongono per iscritto, il progetto d'acquisizione è da considerarsi approvato. Cinque criteri di valutazione Al fine di garantire la gestione sana e prudente dell'impresa cui si riferisce il progetto di acquisizione, e tenendo conto della probabile influenza del candidato acquirente sulla stessa nel valutare la notifica, le autorità competenti dovranno esaminare l'idoneità del candidato acquirente e la solidità finanziaria del progetto di acquisizione sulla base di cinque criteri:
Le autorità competenti potranno quindi opporsi al progetto di acquisizione solo se sussistono ragionevoli motivi per farlo in base ai citati criteri o se le informazioni fornite dal candidato acquirente sono incomplete. D'altra parte, gli Stati membri dovranno astenersi dall'imporre condizioni preliminari per quanto concerne il livello della partecipazione da acquisire e non potranno consentire alle rispettive autorità competenti di esaminare l'acquisizione sotto il profilo delle necessità economiche del mercato. Dovranno inoltre pubblicare l'elenco delle informazioni necessarie per compiere la valutazione che devono essere fornite alle autorità competenti all'atto della notifica. Le informazioni richieste, inoltre, dovranno essere proporzionate e adeguate alla natura del candidato acquirente e del progetto di acquisizione e non potranno essere richieste informazioni che non sono pertinenti per una valutazione prudenziale. E' anche precisato che quando all'autorità competente sono stati notificati due o più progetti di acquisizione o di incremento di partecipazioni qualificate nella stessa impresa di assicurazione, «tale autorità tratta i candidati acquirenti in modo non discriminatorio». Ritenendo opportuno che la Commissione sia in grado di controllare l'applicazione delle disposizioni relative alla valutazione prudenziale delle acquisizioni, il compromesso prevede che gli Stati membri cooperino con essa fornendo, al termine della procedura di valutazione, informazioni inerenti alle valutazioni prudenziali effettuate dalle autorità nazionali competenti, qualora tali informazioni siano richieste al solo scopo di determinare se gli Stati membri hanno violato i loro obblighi ai sensi della presente direttiva. Partecipazioni qualificata Con «partecipazione qualificata», le cinque direttive intendono il fatto di detenere in un'impresa direttamente o indirettamente almeno il 10% del capitale o dei diritti di voto o qualsiasi altra possibilità di esercitare una notevole influenza sulla gestione dell'impresa in cui è detenuta una partecipazione. In forza al compromesso tra Parlamento e Consiglio, tutte e cinque le direttive, impongono agli Stati membri di prevedere che qualsiasi "candidato acquirente" che abbia deciso di acquisire, direttamente o indirettamente, una partecipazione qualificata in un’impresa o di aumentare ulteriormente, direttamente o indirettamente, detta partecipazione qualificata in modo tale che la quota dei diritti di voto o del capitale da esso detenuta raggiunga o superi il 20%, 30% o 50%, o che l’impresa divenga una sua impresa figlia, notifichi per iscritto alle autorità competenti per la vigilanza l’ammontare della partecipazione prevista e le informazioni rilevanti. Lo stesso principio vale in caso di vendita o riduzione della partecipazione. E' peraltro precisato poi che la direttiva non impedisce agli Stati membri di esigere che le autorità competenti siano informate dell'acquisizione di partecipazioni al di sotto delle soglie fissate, nella misura in cui, a tal fine, uno Stato membro non impone più di una soglia supplementare al di sotto del 10%, né impedisce alle autorità competenti di fornire un orientamento generale per quanto riguarda il momento in cui tali partecipazioni sarebbero ritenute dar luogo ad una influenza significativa. Accesso ai mercati internazionali Un "considerando" della direttiva sottolinea che è intenzione della Comunità conservare i suoi mercati finanziari aperti al resto del mondo, contribuendo così a migliorare la liberalizzazione dei mercati finanziari globali nei paesi terzi. Sarebbe quindi vantaggioso per tutti gli operatori del mercato conseguire un accesso equivalente agli investimenti su scala mondiale. Per tale ragione, un emendamento di compromesso chiede agli Stati membri di riferire alla Commissione riguardo ai casi in cui enti creditizi, imprese di investimento, altri istituti finanziari o imprese di assicurazione della Comunità che acquisiscono enti creditizi, imprese di investimento, altri istituti finanziari o imprese di assicurazione situati in un paese terzo non ricevono lo stesso trattamento degli acquirenti nazionali e incontrano impedimenti di rilievo. La Commissione, è anche evidenziato, dovrebbe proporre misure per ovviare a questi casi o li sollevi nella sede opportuna. Link utili
Proposta della Commissione Riferimenti Wolf KLINZ (ALDE/ADLE, DE) |
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Nell'evidenziare il ruolo fondamentale dei servizi sociali d'interesse generale, il Parlamento chiede di chiarire il quadro giuridico ad essi applicabile e una loro migliore definizione. Le norme su concorrenza e aiuti pubblici devono poi essere compatibili con gli obblighi di servizio pubblico. Sollecitando partenariati pubblico-privati, i deputati chiedono ai governi di garantire la copertura finanziaria in caso di trasferimento di competenze a favore dei poteri locali. Adottando la relazione di Joel HASSE FERREIRA (PSE, PT), il Parlamento afferma anzitutto che i servizi sociali di interesse generale (SSIG) «costituiscono uno dei pilastri fondamentali su cui si basa il modello sociale europeo, uno degli elementi essenziali per realizzare la pace sociale e la coesione economica, sociale e territoriale dell'Unione europea, nonché uno degli strumenti per conseguire gli obiettivi della strategia di Lisbona». Per i deputati, inoltre, i SSIG «non possono essere ritenuti un onere per i poteri pubblici», perché sono invece all'origine «di esternalizzazioni positive in termini di crescita economica, prosperità, occupazione e coesione sociale». Una definizione chiara di servizio sociale di interesse generale Ciò premesso, i deputati accolgono con favore la comunicazione della Commissione sui SSIG, ma ritengono che essa non fornisca i chiarimenti necessari sulla classificazione e sulla definizione dei SSIG e procrastini la decisione sul quadro giuridico da applicare loro. Il Parlamento nota infatti che, attualmente, vi è una certa «ambiguità concettuale» in merito a determinate definizioni, per esempio "servizio pubblico", "servizio di interesse generale", "servizio di interesse economico generale", "servizio sociale di interesse generale", e che tale ambiguità «persiste anche in recenti atti comunitari e ciò concorre all'incertezza giuridica rilevata nel settore». Inoltre, rileva che la mancanza di regolamentazione in materia ha dato luogo a una vasta interpretazione giurisprudenziale, «non sempre coerente». I deputati ritengono quindi urgente e indispensabile disporre di un chiarimento dei concetti in causa e del contesto giuridico in cui operano i SSIG, in particolare un chiarimento del principio di interesse generale e delle norme in materia di concorrenza e di aiuti pubblici. Anche perché, tutti i settori interessati chiedono un quadro operativo chiaro che limiti al minimo l'esigenza di un'interpretazione giurisprudenziale al fine di conseguire la massima certezza giuridica. Riconoscere il carattere specifico dei SSIG Il Parlamento riafferma il proprio impegno per SSIG «moderni e di qualità, incentrati sui valori di parità, di solidarietà, di legalità e di rispetto della dignità umana, nonché sui principi di accessibilità, di servizio universale, di efficacia, di gestione parsimoniosa delle risorse, di continuità, di prossimità all'utente e di trasparenza». Compiacendosi poi del riconoscimento da parte della Commissione del carattere specifico dei principali elementi che definiscono i SSIG, ritiene tuttavia sbagliato un approccio sui SSIG che contrapponga tra loro da un lato le norme attinenti alla concorrenza, agli aiuti pubblici e al mercato e, dall'altro, i concetti di servizio pubblico di interesse generale e di coesione sociale. A suo parere occorre invece conciliare tali aspetti «promuovendo una sinergia positiva tra gli elementi economici e sociali». Afferma però che, nel caso dei SSIG, le norme in materia di concorrenza, di aiuti pubblici e di mercato interno devono essere compatibili con gli obblighi di servizio pubblico e non il contrario. D'altra parte, il Parlamento osserva «con preoccupazione» i recenti tentativi di applicare a taluni SSIG una regolamentazione e principi propri dei servizi e dei servizi di interesse economico generale, senza tenere in conto di elementi e principi che distinguono i SSIG dagli altri servizi. Accoglie quindi con favore l'intenzione della Commissione di proseguire in modo più approfondito il processo di consultazione nonché di precisare l'applicazione di talune norme comunitarie ai servizi sociali, ritenendo che tale processo vada completato entro la metà 2007. Allora la Commissione dovrà deliberare una decisione sul seguito da dare al processo e individuare l'approccio più proficuo, «compreso l'esame dell'opportunità e della legittimità di una proposta legislativa specifica per il settore». Formazione adeguata e partenariati pubblico-privati Nell'invitare la Commissione e gli Stati membri a proteggere e promuovere le molteplici modalità occupazionali esistenti nel settore dei SSIG, la flessibilità dell'articolazione dell'orario di lavoro, il lavoro a orario ridotto e il ricorso al volontariato, il Parlamento chiede anche lo sviluppo di azioni di formazione professionale. Queste dovrebbero essere orientate all'adattamento alle circostanze e alla capacità di superarle, per conseguire come effetto una migliore qualità della prestazione e migliori condizioni di lavoro e di vita dei lavoratori del settore Esortando poi la Commissione e gli Stati membri a rispettare la diversità sia delle modalità di organizzazione e di gestione dei SSIG sia delle risorse e dei metodi di finanziamento di detti servizi, sollecita anche la creazione di partenariati pubblico-privati per la loro fornitura, allo scopo di provvedere all'interesse generale e a prestazioni efficaci e di qualità. In proposito, pur ritenendo che le diverse autorità pubbliche competenti degli Stati membri siano libere di decidere come erogare le prestazioni dei SSIG (mutue, organizzazioni sociali o imprese private), precisa che l'autorità pubblica «deve poter verificare in ogni momento se il prestatore dei servizi rispetta i principi e i valori propri dei SSIG e se la prestazione avviene in conformità delle norme prestabilite dalle pubbliche autorità». Il Parlamento plaude inoltre al fatto che, nel quadro della loro responsabilità sociale, le imprese partecipino al finanziamento, al sostegno e alla prestazione di SSIG e, al riguardo, invita la Commissione e gli Stati membri a coinvolgere maggiormente le parti sociali nell'elaborazione di tali strategie, in conformità delle consuetudini dei singoli Stati membri. Decentramento agli enti locali I deputati osservano infine che, in taluni Stati membri, il decentramento dei poteri a favore delle autorità regionali o locali per la prestazione di SSIG «non è stata accompagnato da una dotazione di bilancio sufficiente per consentire un livello quantitativo e qualitativo ottimale della prestazione di detti servizi». Per tale ragione sollecitano gli Stati membri a fare in modo che ogni trasferimento di competenze a favore dei poteri regionali o locali per la prestazione di SSIG «sia integrato da un'adeguata dotazione finanziaria». Link utili Comunicazione della Commissione - Attuazione del programma comunitario di Lisbona: i servizi sociali d’interesse generale nell’Unione europea Riferimenti Joel HASSE FERREIRA (PSE, PT) |
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Cure mediche all'estero: occorre una norma europea Il Parlamento ritiene necessario creare un quadro giuridico per la prestazione transfrontaliera di servizi di assistenza sanitaria. Chiede inoltre di garantire la certezza giuridica in merito al rimborso delle spese mediche sostenute all'estero e reputa necessario creare un meccanismo di ricorso per i casi di malasanità transfrontaliera. Sottolinea infine che occorre definire una Carta comune dei diritti dei pazienti e assicurare a questi ultimi l'informazione circa i loro diritti ed obblighi. A seguito del dibattito in Aula scaturito da un'interrogazione orale alla Commissione, il Parlamento ha adottato una risoluzione sulle prestazioni transfrontaliere di servizi di assistenza sanitaria. I deputati, ricordando che i servizi sanitari sono stati esclusi dalla direttiva sui servizi, accolgono anzitutto con favore l'iniziativa della Commissione di avviare una consultazione volta a individuare il tipo di azione comunitaria più idoneo al fine predisporre un quadro regolamentare relativo agli aspetti transfrontalieri dell'assistenza sanitaria. Nel ricordare che il trattato sancisce l'obbligo di garantire un livello elevato di protezione della salute umana in tutte le politiche della Comunità, il Parlamento reputa infatti necessario creare un quadro giuridico per la prestazione transfrontaliera di servizi di assistenza sanitaria «che sia atto a garantire il tempestivo accesso dei pazienti a un'assistenza sanitaria adeguata e di qualità, lo sviluppo della prestazione transfrontaliera di servizi sanitari e la sostenibilità del finanziamento dell'assistenza sanitaria». La Commissione è poi sollecitata a definire principi comuni e orientamenti di base per l'assistenza sanitaria «onde garantire la sicurezza dei pazienti». In proposito, il Parlamento rileva che è molto importante mettere a punto indicatori di sanità armonizzati a livello comunitario ad esempio standard in materia di esami del sangue), per sviluppare gli scambi di migliori prassi. Nel sottolineare poi la necessità di garantire in ogni caso la sicurezza dei pazienti, indipendentemente dal luogo in cui viene fornita l'assistenza sanitaria e dalle modalità di prestazione, il Parlamento ritiene necessario inserire nel quadro giuridico l'obbligo per le autorità nazionali di scambiarsi le informazioni sulla registrazione e il regime disciplinare e di professionisti della salute che prestano assistenza sanitaria transfrontaliera. Occorre inoltre creare un meccanismo di ricorso per i casi di malasanità in ambito transfrontaliero e, in proposito, invita gli Stati membri a introdurre un approccio "sportello unico" per le denunce dei pazienti. Osservando inoltre che l'assistenza sanitaria e le cure mediche presuppongono visite di controllo che possono estendersi su un lungo periodo di tempo, riconosce la necessità di norme chiare circa la ripartizione dei compiti e delle responsabilità tra i prestatori di servizi sanitari durante le varie fasi del trattamento e delle cure. L'introduzione di un quadro giuridico comunitario, per i deputati, è il miglior modo per garantire la certezza del diritto ai pazienti, ai sistemi sanitari nazionali e ai privati che forniscono prestazioni di assistenza sanitaria. Inoltre, così facendo, si promuove un utilizzo ottimale delle risorse sanitarie e si rende più rapido l'accesso alle cure. Ritengono inoltre necessario inserire nel futuro quadro europeo una Carta comune dei diritti dei pazienti, per garantire l'esercizio pratico di tali diritti sia nel proprio paese sia in ambito transfrontaliero. I deputati ritengono inoltre che «sia una questione prioritaria» garantire certezza giuridica per quanto riguarda il rimborso delle spese relative alle cure mediche ricevute all'estero, tanto per i pazienti, quanto per i sistemi sanitari nazionali e i prestatori di servizi sanitari. Sottolineano pertanto la necessità di chiarire le procedure e le condizioni per il rimborso nei vari casi. Il Parlamento, infine, sottolinea il ruolo importante dell'UE nel migliorare la disponibilità delle informazioni destinate ai pazienti, in particolare riguardo alla mobilità transfrontaliera, coordinando la cooperazione tra Stati membri. Invita la Commissione a riservare un'attenzione particolare all'informazione dei pazienti circa i loro diritti ed obblighi e ad introdurre disposizioni adeguate nella sua proposta legislativa, conferendo così ai cittadini europei «autonomia e capacità di decisione in quanto pazienti». Anche perché la mobilità dei pazienti «deve essere sempre una libera scelta», che non deve essere soggetta a pressioni di sorta. Secondo il commissario Kyprianou, le prime misure di inquadramento dell'assistenza sanitaria transfrontaliera dovrebbero essere proposte dalla Commissione entro la fine dell'anno. Link utili
Comunicazione della Commissione - Consultazione relativa ad
un’azione comunitaria nel settore dei servizi sanitari Riferimenti Risoluzione sull'azione della Comunità relativa
alla prestazione transfrontaliera di servizi di assistenza sanitaria |
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Il Parlamento sollecita maggiore impegno nel campo della responsabilità sociale delle imprese (RSI). Pur non chiedendo una normativa vincolante, i deputati sottolineano i limiti di un approccio esclusivamente volontario e chiedono di promuovere la partecipazione delle piccole e medie imprese alla RSI. Nel chiedere un meccanismo di difesa per le vittime di illeciti da parte delle imprese, raccomandano anche di rafforzare le responsabilità dei dirigenti delle aziende con più di 1.000 dipendenti. Adottando la relazione di Richard HOWITT (PSE, UK), il Parlamento si dice convinto che il potenziamento delle responsabilità sociale e ambientale delle imprese, collegato al principio della responsabilità imprenditoriale, «rappresenta un elemento essenziale del modello sociale europeo e della strategia europea per lo sviluppo sostenibile» ed è «la risposta alle sfide sociali della globalizzazione economica». Apprezza quindi la comunicazione della Commissione che imprime nuovo slancio al dibattito sulla responsabilità sociale delle imprese, anche se esprime qualche perplessità quanto alla trasparenza e all'equilibrio della consultazione svolta prima della pubblicazione. Il Parlamento, inoltre, riconosce anzitutto la definizione formulata dalla Commissione secondo cui la “responsabilità sociale delle imprese” (RSI) consiste nell'integrazione volontaria di considerazioni ambientali e sociali nelle operazioni di impresa, al di là delle prescrizioni legali e degli obblighi contrattuali. D'altra parte, osservando che tra i diversi gruppi interessati rimane aperto il dibattito su una definizione appropriata della RSI, ritiene che attualmente è possibile che talune imprese pretendano di sostenere la responsabilità sociale, mentre nel contempo «violano leggi locali o internazionali». Ma i deputati precisano comunque che le politiche in materia di RSI dovrebbero essere portate avanti valutando i pro e i contro, «non in sostituzione di una regolamentazione appropriata in altri campi, né come un approccio subdolo all'introduzione di tale legislazione». Nel riconoscere peraltro che molte imprese effettuano già un intenso e crescente sforzo per ottemperare alla propria responsabilità sociale, il Parlamento rileva infatti che un metodo universale che cerchi di imporre alle imprese un unico modello di comportamento «sia inopportuno e non porterà ad una loro adesione significativa alla RSI». D'altra parte, il Parlamento osserva che la varietà di iniziative volontarie in materia «rappresenti un ostacolo per molte imprese che adottano politiche sulla RSI, nonché «un disincentivo per le imprese a perseguire azioni più credibili o politiche più ambiziose». Anche se riconosce che tale varietà fornisce alle imprese «ulteriore ispirazione». La credibilità delle iniziative volontarie in materia di RSI, per il Parlamento, continua inoltre a dipendere «dall'impegno a incorporare le norme e i principi vigenti e concordati a livello internazionale e da un approccio pluralistico», nonché dall'attuazione di un monitoraggio e di una verifica indipendenti. La Commissione è quindi invitata a divulgare le buone prassi, risultato di iniziative volontarie in materia di RSI, prendendo in considerazione la creazione di una lista di criteri che le imprese devono rispettare se attuano responsabilità sociale. Secondo i deputati, peraltro, è giunta l'ora in cui l'accento sia spostato dai "processi" ai "risultati", «con un conseguente contributo misurabile e trasparente da parte delle imprese alla lotta contro l'esclusione sociale e il degrado ambientale in Europa e nel mondo». Occorre poi porre l'accento sullo sviluppo della società civile, e in particolare sulla consapevolezza dei consumatori circa una produzione responsabile, in modo da promuovere la responsabilità sociale. La RSI deve inoltre affrontare nuovi ambiti come l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita, l'organizzazione del lavoro, le pari opportunità, l'inclusione sociale, lo sviluppo sostenibile e l'etica, così da fungere da strumento supplementare per la gestione del cambiamento industriale e delle ristrutturazioni. Per i deputati un approccio «serio» alle RSI da parte delle imprese può contribuire ad aumentare l’occupazione, a migliorare le condizioni di lavoro, a garantire il rispetto dei diritti dei lavoratori e a promuovere la ricerca e lo sviluppo di innovazioni tecnologiche. Per tale ragione apprezzano l'obiettivo della Comunicazione di legare la RSI agli obiettivi economici, sociali e ambientali dell'agenda di Lisbona. Sostengono, inoltre, il principio della "competitività responsabile" quale parte integrante del programma della Commissione a favore dell'innovazione e della competitività. Riconoscono poi che la RSI «è un motore importante per le imprese» e chiedono l'integrazione di politiche sociali (come il rispetto per i diritti dei lavoratori, una politica salariale equa, il rifiuto della discriminazione, la formazione permanente, ecc.) e questioni ambientali incentrate sulla promozione dello sviluppo sostenibile. Lo scopo dovrebbe essere di sostenere sia nuovi prodotti e processi attraverso le politiche dell'UE in materia di innovazione e scambi commerciali sia l'elaborazione di strategie settoriali, subregionali e urbane per la competitività. Il Parlamento, d'altra parte, rileva la contraddizione tra le strategie competitive per l'approvvigionamento delle imprese che mirano a migliorare costantemente flessibilità e costi e gli impegni volontari a livello di RSI, volti ad evitare lo sfruttamento nei rapporti di lavoro e a promuovere relazioni stabili con i fornitori. Suggerisce poi che le valutazioni e il controllo delle imprese europee riconosciute responsabili «si estendano anche alle loro attività e a quelle dei loro sub-contraenti al di fuori dell’Unione europea». La Commissione è anche sollecitata a far sì che le imprese transnazionali con sede nell'UE e dotate di impianti di produzione in paesi terzi rispettino e promuovano attivamente i patti sociali e ambientali nonché gli accordi internazionali. Nel riconoscere poi gli attuali limiti del settore della RSI in relazione alla misurazione del comportamento imprenditoriale e della revisione e certificazione sociale delle imprese, i deputati raccomandano alla Commissione di rafforzare le responsabilità dei dirigenti delle aziende con più di 1.000 dipendenti, al fine di includere l'impegno per i dirigenti stessi di minimizzare l'eventuale impatto dannoso, dal punto di vista sociale ed ambientale, delle attività d'impresa. Ribadiscono inoltre il sostegno al programma di ecogestione e audit dell'UE, in particolare il relativo obbligo di verifica esterna nonché l'obbligo per gli Stati membri di promuovere il programma e ritengono che vi siano spazi per sviluppare programmi analoghi in materia di tutela dei diritti del lavoro, sociali e umani. D'altra parte, la Commissione dovrebbe promuovere la partecipazione delle piccole e medie imprese alla RSI, in collaborazione con organismi intermediari, che offrono un sostegno specifico alla partecipazione di cooperative/imprese dell'economia sociale, attraverso le loro associazioni specifiche. Dovrebbe inoltre condurre un approfondito studio a livello europeo sulle varie modalità con cui le PMI possono partecipare alla RSI e sugli incentivi esistenti ai fini dell’adozione di principi RSI su base volontaria individuale. Il Parlamento chiede inoltre alla Commissione di attuare un meccanismo che consenta alle vittime, compresi i cittadini di paesi terzi, di ottenere giustizia contro imprese europee dinanzi ai tribunali nazionali degli Stati membri. In proposito, apprezza il sostegno finanziario diretto della Commissione alle iniziative in materia di RSI, in particolare per assistere le vittime potenziali in caso di presunti illeciti, «compresi gli omicidi colposi provocati da imprese». Incoraggia inoltre la Commissione a sviluppare, in particolare, meccanismi atti a garantire che le comunità danneggiate dalle imprese europee abbiano diritto a un processo equo e accessibile. Raccomanda poi che sia presa in considerazione la nomina di un ombudsman dell'UE per la RSI che svolga indagini indipendenti su questioni relative alla RSI su richiesta di imprese o di qualsiasi gruppo di soggetti interessati. Il Parlamento, inoltre, sostiene il codice di buona pratica dell'Alleanza internazionale per l'accreditamento e l'etichettatura sociale e ambientale «quale esempio saliente della promozione tra le attuali iniziative di etichettatura, in alternativa alla creazione di nuove etichette sociali a livello nazionale ed europeo». Tuttavia, accogliendo un emendamento del PSE e del PPE/DE, ha soppresso il paragrafo che invitava l'UE a adottare uno standard europeo per l'etichettatura dei prodotti in merito all'osservanza dei diritti umani e dei diritti fondamentali dei lavoratori. Attira infatti l'attenzione sui costi considerevoli registrati dalle imprese per adeguarsi ai diversi e numerosi requisiti e disposizioni nazionali e sottolinea che la definizione di meccanismi di controllo volti alla supervisione dell'etichettatura sociale è onerosa, segnatamente per i piccoli paesi. Nel compiacersi della tendenza emersa negli ultimi anni che vede grandi imprese pubblicare volontariamente relazioni sugli aspetti sociali e ambientali, i deputati rilevano tuttavia che il numero di tali relazioni «è ormai statico», mentre «solo una minoranza applica standard e principi accettati a livello internazionale e riferisce in merito all'intera catena di approvvigionamento dell'impresa o ricorre a monitoraggi e verifiche indipendenti». Ricordano quindi alla Commissione l'invito del Parlamento a presentare una proposta volta a introdurre requisiti in materia di informazioni sociali e ambientali nella direttiva sui conti annuali di taluni tipi di società. Reputano inoltre importante sensibilizzare maggiormente circa le disposizioni al riguardo nel quadro della raccomandazione della Commissione del 2001 sulla divulgazione ambientale, della direttiva del 2003 sulla modernizzazione contabile e della direttiva del 2003 sui prospetti finanziari. Auspicano quindi una loro trasposizione «tempestiva» in tutti gli Stati membri e chiedono che vengano effettuati studi sulla loro effettiva attuazione. Per i deputati, inoltre, la Commissione e gli Stati membri dovrebbero compiere maggiori sforzi a livello nazionale, regionale e locale per avvalersi delle opportunità offerte dalla revisione delle direttive sugli appalti pubblici del 2004 per sostenere la RSI. Andrebbero quindi promosse clausole sociali e ambientali tra i potenziali fornitori, riconoscendo al contempo la necessità di evitare di gravare le piccole e medie imprese di oneri amministrativi aggiuntivi che potrebbero dissuaderle dal partecipare a gare d'appalto e per escludere, se necessario, le imprese, anche in caso di corruzione. La Banca europea per gli investimenti e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo dovrebbero poi applicare severi criteri sociali ed ambientali a tutti i prestiti e finanziamenti erogati a imprese private. Ricordano poi che qualsiasi garanzia di credito all'esportazione deve essere conforme ai criteri ambientali e sociali più rigorosi e non essere utilizzata per progetti contrari agli obiettivi politici concordati dall'UE. Nel prendere atto della decisione della Commissione di istituire un'alleanza europea in materia di responsabilità sociale delle imprese, la relazione incoraggia tutte le imprese europee e quelle operanti in Europa a aderire a tale iniziativa e a contribuire al rafforzamento dell'alleanza. Infine, il Parlamento invita gli Stati membri e la Commissione a sostenere e a promuovere il rispetto delle norme fondamentali dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) in quanto componente della responsabilità sociale delle imprese, ovunque esse esercitino le loro attività. Ritiene poi che la dimensione internazionale della RSI dovrebbe stimolare l'elaborazione di linee guida atte a promuovere lo sviluppo di politiche analoghe in tutto il mondo. Incoraggia quindi l'ulteriore sviluppo di iniziative internazionali per la completa trasparenza delle entrate da parte delle imprese europee in merito alle loro attività nei paesi terzi, «affinché esse rispettino integralmente i diritti umani nelle loro operazioni in zone di conflitto e al fine di respingere le attività di lobby, compresi gli accordi con i paesi ospiti elaborati dalle imprese per compromettere o evadere gli obblighi regolamentari vigenti in tali paesi». Link utili
Comunicazione della Commissione - Il partenariato per la
crescita e l’occupazione: fare dell’Europa un polo di eccellenza in
materia di responsabilità sociale delle imprese Riferimenti Richard HOWITT (PSE, UK) |
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Il Parlamento si pronuncia a favore del progetto di accordo con gli USA in materia di aviazione civile e chiede al Consiglio di sottoscriverlo. Si rammarica tuttavia che non sia prevista la possibilità per i vettori europei di effettuare il cabotaggio negli USA e i persistenti limiti sul controllo di compagnie aeree statunitensi. Sollecita poi il rispetto della privacy dei passeggeri nello scambio di dati e l'adozione di misure efficaci per ridurre l'impatto ambientale dell'aviazione. I mercati UE e USA dell'aviazione rappresentano insieme il 60% circa del traffico aereo mondiale. Una risoluzione adottata dal Parlamento rileva che un accordo transatlantico nel settore dell'aviazione potrebbe giovare ai consumatori di entrambe le sponde dell'Atlantico e potrebbe anche costituire «un modello per una maggiore liberalizzazione e convergenza normativa su scala mondiale». Si compiace quindi si compiace quindi del testo del nuovo progetto di accordo concordato dalle delegazioni dell'Unione europea e degli Stati Uniti il 2 marzo 2007 quale importante passo avanti in direzione di un mercato transatlantico integrato dell'aviazione, che risulterà vantaggioso per i consumatori. Il Parlamento avrebbe preferito un accordo globale equilibrato «che copra tutti gli aspetti dell'apertura del mercato e della convergenza normativa». Tuttavia, accoglie favorevolmente l'articolo 21 del nuovo progetto di accordo, che contiene un ordine del giorno e un calendario preciso per negoziati riguardanti un accordo di seconda fase, nonché disposizioni che consentono alle parti di sospendere i diritti precisati nell'accordo di prima fase nel caso in cui, 30 mesi dopo l'inizio dei negoziati per un accordo di seconda fase, tale obiettivo non fosse stato raggiunto. Invita quindi il Consiglio dei Ministri a sottoscrivere il progetto di accordo nel corso della sua prossima riunione (22 e 23 marzo). I deputati, peraltro, invitano la Commissione ad assicurare che il Parlamento europeo e tutte le parti interessate siano pienamente informati e consultati prima della seconda fase dei negoziati e nel corso di essa. Apertura del mercato Il Parlamento sottolinea che un nuovo accordo UE-USA sui trasporti aerei dovrebbe essere equilibrato per quanto concerne l'accesso al mercato e prendere in considerazione anche aspetti quali il cabotaggio, il diritto di stabilimento, di proprietà e di controllo de facto, e gli aiuti di Stato. Si compiace quindi del fatto che nel nuovo progetto di accordo figurino clausole in materia di proprietà, investimenti e controllo (Allegato 4), nonché di franchising e di branding (Allegato 5), come anche dell'apertura del programma "Fly America" ai vettori dell'Unione europea. Si rammarica tuttavia che non sia stato compiuto alcun progresso per quanto riguarda il cabotaggio e che, per i vettori dell'Unione europea, la possibilità di esercitare un controllo effettivo su una compagnia aerea statunitense sia ancora limitata, nonostante l'estensione delle clausole di proprietà. Evidenziando poi che gli aiuti governativi alle compagnie aeree possono falsare la concorrenza, il Parlamento invita entrambe le parti «a limitarne l'uso al minimo». Ma accoglie con favore l'adozione di procedure che consentono alle parti di informarsi reciprocamente e di discutere le misure prese dall'una e dall'altra. Sicurezza: abolire le norme sui liquidi a bordo e garantire la privacy Nell'accogliere favorevolmente la cooperazione fra autorità competenti dell'Unione europea e degli Stati Uniti nel settore della sicurezza aerea, il Parlamento evidenzia l'importanza della lista nera europea delle compagnie aeree che non rispettano le norme minime e del sistema statunitense per il controllo degli standard relativi ai vettori. Invita quindi entrambe le parti a condividere le informazioni al riguardo. D'altra parte, pur riconoscendo l'importanza che le misure di sicurezza rivestono per l'aviazione, «mette in guardia contro misure eccessive o non coordinate, non basate su un'adeguata valutazione dei rischi». Il Parlamento ha tuttavia respinto un paragrafo con il quale si insisteva affinché i controlli più rigorosi che sono stati recentemente imposti sui liquidi, i medicinali e analoghi che vengono portati a bordo fossero aboliti, «a meno che non possa essere dimostrato, alla luce dell'esperienza finora maturata, che «si è ottenuto un effettivo miglioramento della sicurezza o un reale valore aggiunto». I deputati, inoltre, sottolineano che la privacy dei cittadini europei e statunitensi dovrebbe essere rispettata quando l'Unione europea e gli Stati Uniti si scambiano i dati personali dei passeggeri. Al riguardo mettono anche in luce l'urgenza di definire, a livello mondiale, norme relative alla protezione dei dati e alla privacy. Infine, si dicono favorevoli al concetto di "sistema di sicurezza unico", il quale prevede che il controllo dei passeggeri e dei bagagli si effettui una sola volta all'inizio del viaggio e non ad ogni trasbordo. Ambiente: scambio di emissioni per il traffico aereo transatlantico Il Parlamento riconosce che il settore dell'aviazione ha numerosi effetti negativi sull'ambiente, in particolare per il fatto che è fonte di rumore e che contribuisce, come altri modi di trasporto, al cambiamento climatico, e che tali effetti aumenteranno con la crescita del settore. Notando come il progetto di accordo non evidenzi la necessità di un'azione a favore dell'ambiente nel settore aereo, sottolinea quindi che occorre adottare misure efficaci intese a ridurre l'impatto ambientale negativo dell'aviazione, «senza escludere a priori alcuno strumento normativo, finanziario o di altro tipo atto a raggiungere tale obiettivo». Inoltre, accoglie favorevolmente la proposta della Commissione volta ad includere l'aviazione nel sistema europeo di scambio di emissioni per ridurre l'impatto di tale settore sul cambiamento climatico. Al riguardo, peraltro, mette in evidenza che, per consentire all'aviazione di essere inclusa entro i termini previsti, sarà necessario avviare con anticipo trattative con gli Stati Uniti, «al fine di comprendere il traffico aereo transatlantico nel sistema europeo di scambio di emissioni entro il 2012». I deputati, d'altra parte, accolgono favorevolmente i punti 34 e 35 del protocollo di consultazione allegato al progetto di accordo del 2 marzo 2007, in cui gli Stati Uniti e l'Unione europea decidono di collaborare nel quadro dell'ICAO e del G8 per ridurre le emissioni, anche sonore, degli aeromobili. Si compiacciono inoltre dell'intenzione delle autorità competenti degli USA e dell'Unione di rafforzare la cooperazione tecnica nei settori della ricerca sulla climatologia e dello sviluppo tecnologico, del rendimento del combustibile e della riduzione delle emissioni nel trasporto aereo. Politica sociale: norme uguali per chi lavora nell'UE Il Parlamento invita le parti interessate del settore dell'aviazione USA e UE ad avviare un dialogo permanente sulle norme sociali, con lo scopo di promuovere, nel contempo, «la comprensione reciproca, condizioni di parità e norme sociali di livello elevato». Per i deputati inoltre, la Commissione dovrebbe chiedere l'inclusione, nell'accordo, di riferimenti alla pertinente legislazione internazionale in materia di diritti sociali. Insistono infine sul fatto che la legislazione sociale dell'Unione europea dovrebbe essere applicata al personale assunto e/o che lavora negli Stati membri dell'Unione, segnatamente le direttive concernenti la consultazione e l'informazione dei lavoratori, la direttiva sull'organizzazione dell'orario di lavoro del personale di volo nell'aviazione civile e la direttiva relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi. Background Il 2 marzo il Vicepresidente della Commissione responsabile della politica dei trasporti Jacques BARROT ha annunciato che i negoziatori UE e USA hanno fatto grandi progressi per concludere un accordo open sky che sarà sottoposto al Consiglio dei Ministri il prossimo 22 marzo. L'accordo dovrebbe sostituire tutti gli accordi bilaterali precedenti e estenderebbe i "cieli aperti" a tutti e 27 i membri dell'UE. Il progetto di accordo prevede in particolare la possibilità per qualsiasi compagnia aerea europea di effettuare voli da qualsiasi punto dell'UE verso qualsiasi destinazione negli Stati Uniti, senza restrizioni per quanto riguarda i prezzi e le capacità. Le due parti si attribuiscono inoltre reciprocamente il diritto di effettuare voli verso paesi terzi al di là degli Stati Uniti e dell'Europa (“quinta libertà”). I negoziatori si sono intesi inoltre su un protocollo aggiuntivo riguardante le regole di proprietà, di investimento e di controllo che attribuisce agli europei il diritto di effettuare investimenti nelle compagnie aeree americane, prevedendo nel contempo la possibilità per gli europei di limitare gli investimenti americani nelle compagnie aeree dell'UE. Gli europei hanno ottenuto inoltre dagli americani la garanzia (unilaterale) che le loro compagnie potranno effettuare voli verso alcuni paesi europei non membri dell'UE partendo dagli Stati Uniti. Link utili
Nota informativa della Commissione sull'accordo UE/USA (in
inglese) Riferimenti Risoluzione sulla conclusione dell'Accordo sui
trasporti aerei tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da un
lato, e gli Stati Uniti d'America, dall'altro |
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Sicurezza aerea garantita dall'Agenzia europea Il Parlamento accoglie con favore la proposta di estendere le responsabilità dell'Agenzia europea per la sicurezza aerea, ma intende rafforzarne ulteriormente i poteri conferendole la facoltà di infliggere multe e sanzioni in caso di non rispetto della normativa UE. Tale idea non è ben vista dal Consiglio e si annuncia quindi un braccio di ferro tra le due Istituzioni. I deputati chiedono anche un'adeguata protezione degli informatori per incoraggiare la comunicazione degli incidenti. La proposta della Commissione intende estendere all'Agenzia europea della sicurezza aerea (AESA) la competenza comunitaria in merito a vari ambiti finora coordinati dalle Autorità aeronautiche comuni (JAA) in modo non vincolante e spesso non uniforme. Tali ambiti riguardano, in particolare, le licenze e la certificazione dei piloti, compresi i dispositivi di addestramento, la regolamentazione delle operazioni di volo e la certificazione degli operatori - commerciali o no - di potervi ottemperare, nonché la verifica del rispetto delle norme di sicurezza anche per gli aeromobili non comunitari. E' anche proposto di conferire maggiori risorse all'Agenzia europea. Adottando la relazione di Jörg LEICHTFRIED (PSE, AT) in prima lettura della procedura di codecisione, il Parlamento propone una serie di emendamenti alla proposta della Commissione volti soprattutto a conferire all'Agenzia un potere concreto, e non solo teorico, nell'esecuzione dei suoi compiti. In tale ottica, propone di attribuire all'Agenzia la facoltà di infliggere multe e sanzioni finanziarie periodiche qualora le norme di sicurezza non fossero applicate correttamente. Tali sanzioni, è precisato, non hanno carattere penale, devono essere dissuasive e proporzionate sia alla gravità del caso sia alla capacità economica del titolare del certificato, tenendo conto in particolare della gravità del rischio incorso in termini di sicurezza. Più in particolare, un emendamento prevede di conferire all'Agenzia le possibilità di infliggere ammende alle persone fisiche e imprese alle quali ha rilasciato un certificato e che abbiano violato deliberatamente o per negligenza le disposizioni del regolamento e le relative regole di attuazione. L'Agenzia dovrebbe anche poter infliggere penalità di mora alle persone fisiche e alle imprese alle quali ha rilasciato un certificato, al fine di obbligarle a rispettare le disposizioni del regolamento o le relative regole di attuazione. Un altro emendamento chiede un'adeguata protezione delle fonti di informazioni, compresi i delatori o gli informatori, al fine di incoraggiare la comunicazione di incidenti e ridurne il numero. Infine i deputati non accettano la creazione di un nuovo comitato esecutivo in seno all'Agenzia. A loro parere, infatti, questo organo non aggiungerebbe nulla all'attuale sistema e non apporterebbe nessun miglioramento alle procedure. In attesa del parere del Parlamento, il Consiglio aveva già raggiunto un accordo di impostazione generale sulla proposta di regolamento, proponendo una serie di modifiche alla proposta della Commissione che riguardano, in particolare, i requisiti essenziali per la certificazione degli equipaggi (piloti) e la sorveglianza degli aeromobili di paesi terzi. Inoltre, la disposizione che concede privilegi agli organismi di valutazione per il rilascio di varie approvazioni riconosciute dalla Comunità, in particolare nel settore della concessione di licenze, è stata cancellata dalla proposta. Il numero di nuovi compiti di certificazione assegnati all'Agenzia è stato poi ridotto, limitandoli alla certificazione degli operatori dei paesi terzi che effettuano operazioni di volo da o per la Comunità ed alle approvazioni di organismi stabiliti fuori del territorio degli Stati membri. Da un primo esame realizzato dal Consiglio in merito agli emendamenti approvati dalla commissione parlamentare (e ora confermati dalla Plenaria), risulta che la maggioranza delle delegazioni sono contrarie alla possibilità per l'Agenzia di infliggere sanzioni e penalità di mora. Contrarietà era stata espressa anche in merito alla modifica delle definizioni di "aeromobile complesso" e all'introduzione di una nuova definizione di "aeromobile leggero" e ad altri emendamenti. Si annuncia quindi un braccio di ferro tra le due istituzioni nelle prossime tappe della procedura decisionale. Background - L'Agenzia europea per la sicurezza aerea L'entrata in vigore, nel settembre 2002, del regolamento (CE) n. 1592/2002, ha conferito alla Comunità una competenza esclusiva per quanto riguarda l'aeronavigabilità e la compatibilità ambientale dei prodotti, delle parti e delle pertinenze aeronautiche, nonché per quanto riguarda gli organismi e il personale coinvolti nella progettazione, produzione e manutenzione di tali prodotti, parti e pertinenze. Il regolamento istituiva inoltre l'Agenzia europea per la sicurezza aerea, incaricata di fornire assistenza alla Commissione nella definizione di una serie organica di norme di attuazione. All'AESA veniva conferita anche la responsabilità della certificazione di tipo di prodotti, parti e pertinenze (ovvero aeromobili, propulsori e propellenti) e del controllo degli organismi situati all'esterno dell'UE, mentre le autorità aeronautiche nazionali erano responsabili della certificazione dei singoli prodotti e del controllo degli organismi e delle persone posti sotto la loro giurisdizioni. Infine si chiedeva all'AESA di vigilare affinché gli Stati membri assicurassero un'applicazione uniforme delle norme comunitarie. Link utili
Proposta della Commissione Riferimenti Jörg LEICHTFRIED (PSE, AT) |
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Il Parlamento chiede di imprimere un nuovo impulso al partenariato con i paesi del Mediterraneo e sollecita il rilancio dei negoziati di pace in Medio Oriente. Auspicando una politica comune sull'immigrazione e il potenziamento di Frontex, ammonisce contro la stigmatizzazione di culture e religioni nella lotta al terrorismo. Chiede poi la promozione degli investimenti nella sponda Sud, anche con la creazione di una Banca euromediterranea di sviluppo, e l'integrazione dei mercati energetici. In vista della riunione dell'Assemblea parlamentare euromediterranea (APEM) che si terrà a Tunisi il 16 e il 17 marzo, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione comune sulle relazioni tra l'UE e la sponda Sud del Mediterraneo, sostenuta da PPE/DE, PSE, ALDE/ADLE, UEN, Verdi/ALE e GUE/NGL. Per i deputati è infatti opportuno rafforzare la dimensione politica del vicinato verso quell'area e imprimere un nuovo slancio al processo di partenariato, constatando «che si è ancora lungi dall'aver raggiunto gli obiettivi con i quali questa politica era stata lanciata». Invitano quindi tutti i partner a rilanciare e aggiornare gli obiettivi strategici e politici del processo di Barcellona, comprese la creazione di reti di cooperazione e la promozione dell'integrazione regionale Nord-Sud e Sud-Sud. In proposito, il Parlamento sottolinea la necessità di rilanciare l'Assemblea parlamentare euromediterranea «quale contesto democratico dell'azione parlamentare». Ritiene quindi che l'APEM «debba essere dotata dei mezzi e delle strutture amministrative necessari per garantirne la visibilità e assicurarne il buon funzionamento» e chiede al Consiglio di riservare all'APEM «un ruolo attivo tra gli invitati alle riunioni e alle conferenze ministeriali EUROMED». Processo di pace in Medio Oriente Nel ribadire la necessità di rilanciare il processo di pace in Medio Oriente tenendo conto della gravità della situazione sul piano politico ed umanitario, il Parlamento considera che il rilancio dei negoziati basati sulla tabella di marcia «non sarà sufficiente se non si tiene conto di altre proposte». Appoggia quindi l'idea di una conferenza internazionale che consenta «un regolamento regionale e definitivo del conflitto». I deputati, inoltre, affermano nuovamente che, a loro parere, il conflitto in Medio Oriente si potrà risolvere soltanto attraverso la negoziazione di un accordo di pace stabile e definitivo, quale previsto dalla tabella di marcia. Vale a dire un accordo senza condizioni preliminari e basato sull'esistenza di due Stati democratici, sovrani e vitali, che vivono in pace fianco a fianco, all'interno di frontiere internazionali sicure e riconosciute. Il Parlamento, peraltro, segue con interesse l'annuncio cui dovrebbe seguire la formazione di un nuovo governo di coalizione palestinese e si compiace dell'iniziativa saudita che ha portato all'accordo firmato alla Mecca l'8 febbraio. Protezione dei migranti e rafforzamento di Frontex I deputati, nel sottolineare la necessità di una politica comune europea in materia di immigrazione e asilo nonché di un potenziamento della gestione dei flussi migratori in modo globale ed equilibrato, sottolineano l'importanza «di aprire effettivamente dei canali di immigrazione legale pur combattendo l'immigrazione clandestina», e di proteggere i diritti fondamentali dei migranti e dei richiedenti asilo. Rivolgono poi un appello a lottare contro lo sfruttamento e la tratta degli esseri umani e invitano gli Stati del processo di Barcellona a ratificare quanto prima la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dei lavoratori migranti. Il Parlamento, inoltre, sollecita un aumento della dotazione finanziaria destinata a FRONTEX e ai progetti legati alla politica in materia di immigrazione nel Mediterraneo nonché un rafforzamento delle sue capacità di fare rispettare i diritti umani. D'altra parte, rammenta che, secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, gli Stati europei «non possono in alcun caso, in assenza di assicurazioni diplomatiche da parte dei paesi d'origine, espellere una persona, rimandandola in un paese in cui rischia di essere sottoposta ad atti di tortura o a trattamenti crudeli, degradanti o disumani, compresa la pena di morte». Dialogo tra culture e religioni e lotta al terrorismo Il Parlamento insiste sull'importanza del dialogo tra le culture e le religioni, riaffermando la necessità di rispettare i valori comuni e lo sviluppo dello Stato di diritto, della democrazia e dei diritti umani. Al riguardo, ricorda a tutti i governi euromediterranei gli impegni assunti con la Dichiarazione di Barcellona del 1995 in materia di rispetto della diversità, delle culture e dei credi diversi, di promozione della tolleranza e di rispetto delle libertà fondamentali, inclusa la libertà di espressione. I deputati, inoltre, ritengono che gli atti terroristici «non siano mai giustificabili, quali che siano le circostanze, neppure per il perseguimento di obiettivi politici o religiosi», e che la lotta contro il terrorismo «non possa giustificare la stigmatizzazione di nessuna cultura, civiltà o religione in particolare». Chiedono quindi a tutti i paesi di conformarsi all'obbligo giuridico di rispettare i diritti umani e il diritto umanitario internazionale nella lotta contro il terrorismo. Rispetto dei diritti dell'uomo e delle donne Il Parlamento ribadisce l'invito a tutte le parti contraenti degli accordi di associazione euromediterranei a tradurre la clausola relativa ai diritti umani in un programma d'azione volto a potenziare e promuovere il rispetto dei diritti umani, e a predisporre un meccanismo per la valutazione sistematica dell'accordo di associazione, «per renderlo più efficace e più vincolante». Insiste inoltre sulla necessità di affrontare la questione dei diritti delle donne nell'ambito del dialogo euromediterraneo e sottolinea l'importanza delle riforme legislative per promuovere la parità tra uomini e donne. Favorire gli investimenti europei nel Mediterraneo Il Parlamento chiede che la strategia europea nella regione «sviluppi investimenti di grande entità» sul piano delle politiche e delle risorse finanziarie nella dimensione regionale e intraregionale del partenariato e invita la Commissione a mantenere sugli attuali livelli le risorse globali destinate alle azioni regionali e multilaterali. Allo stesso tempo, chiede alla Commissione e agli Stati membri di promuovere il rispetto dei diritti sociali e sindacali nell'esecuzione del suo aiuto finanziario e tecnico ai paesi partner. Gli Stati membri dell'UE e i loro partner mediterranei, d'altro canto, sono esortati a svolgere gli studi necessari per la trasformazione del Fondo euromediterraneo di investimenti e partenariato (FEMIP) in una Banca euromediterranea di sviluppo, «tenuto conto dell'importanza di tale banca per incoraggiare il settore privato e sviluppare gli investimenti nella regione». Integrazione dei mercati energetici Il Consiglio, la Commissione e i paesi partner sono invitati a continuare a adoperarsi per un'integrazione graduale dei mercati dell'energia euromediterranei, per la realizzazione di programmi energetici di interesse comune e per lo sviluppo di fonti energetiche sostenibili, in accordo con i piani e i programmi nazionali e con le comunità locali. Il Parlamento sottolinea inoltre la necessità di rafforzare la cooperazione per la sicurezza dell'approvvigionamento energetico nella attraverso misure concernenti la diversificazione delle risorse energetiche interne, la promozione dell'efficienza energetica, lo sviluppo di nuove tecnologie che non comportano rischi per le popolazioni e l'ambiente, attività di ricerca e sviluppo nonché attraverso il rafforzamento delle possibilità finanziarie per i progetti di energia sostenibile. Background - il partenariato euromediterraneo Nel 1995, il vertice di Barcellona tra gli Stati membri dell'Unione europea e i paesi del Sud e dell'Est del Mediterraneo (PSEM) ha consentito la realizzazione di un nuovo e ambizioso quadro di cooperazione tra le due sponde del Mediterraneo. La dichiarazione di Barcellona aveva tre obiettivi principali: la definizione di uno spazio comune di pace e stabilità, attraverso il rafforzamento del dialogo politico e della sicurezza, la creazione di uno spazio comune di prosperità, tramite, tra gli altri, un partenariato economico e finanziario, la graduale instaurazione di una zona di libero scambio e, infine, la cooperazione in campo sociale, culturale e umano, allo scopo di favorire il dialogo tra le culture nella zona. Il Parlamento ha adottato anche una relazione sulla creazione di una zona di libero scambio euromediterranea che è oggetto di uno specifico comunicato stampa. Link utili
Comunicazione della Commissione - Il partenariato
euromediterraneo: è tempo di passare all’azione Riferimenti Risoluzione comune sulle relazioni
euromediterranee |
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Verso una vera aerea di libero scambio nel Mediterraneo Evidenziando i potenziali vantaggi di una zona di libero scambio, il Parlamento sollecita lo sviluppo di una politica agricola, di una rete dei trasporti, di un mercato dell'energia e di uno spazio di produzione del tessile euromediterranei. Tale zona andrebbe integrata con la «graduale e condizionata» concessione della libera circolazione dei lavoratori. Nel chiedere garanzie sul fronte sociale, i deputati esortano l'aumento dell'assistenza tecnica e finanziaria dell'UE, in particolare al Libano. Adottando la relazione di Kader ARIF (PSE, FR), il Parlamento deplora anzitutto che gli obiettivi principali del processo di Barcellona «siano ancora lungi dall'essere conseguiti». Lamenta inoltre che l'assistenza tecnica e finanziaria concessa dall'Unione europea, pur non essendo trascurabile, «non sia stata all'altezza degli obiettivi e delle ambizioni», in particolare per quanto riguarda i capitoli socioculturali e il sostegno alle economie locali. Nel ribadire poi la preoccupazione «per la mancanza di una chiara definizione della politica mediterranea dell'Unione europea», i deputati sottolineano la necessità che il processo di integrazione euromediterraneo divenga nuovamente una priorità politica dell'UE. Il Parlamento ritiene che l'istituzione di una zona di libero scambio (ZLS) potrà rappresentare una reale opportunità di crescita per i PSEM «soltanto se sarà pianificata in modo concertato e graduale, nell'ambito di un partenariato razionale e prevedibile». D'altra parte, sostiene che la data del 2010 per la creazione della ZLS «dovrà probabilmente essere rivista» per tener conto dei molti cambiamenti strutturali nell'economia mondiale verificatisi dal 1995 e della necessità di un «approccio più cauto al libero scambio tra partner disuguali». La Commissione, gli Stati membri dell'Unione europea e i PSEM sono quindi invitati a rilanciare il processo di Barcellona, accordando priorità alla costituzione di un vero e proprio spazio socioeconomico euromediterraneo «che integri maggiormente gli aspetti sociali e ambientali nella componente economica del partenariato». Il Parlamento, peraltro, insiste sulla necessità di riconoscere ai PSEM «il diritto di controllare il ritmo della loro apertura commerciale e le loro strategie nazionali di sviluppo economico e sociale». Sottolinea inoltre l'importanza che rivestono l'integrazione regionale dei PSEM e il potenziamento degli scambi commerciali Sud-Sud, ritenendoli un «passo indispensabile» per la creazione di una vera a propria ZLS. I deputati ricordano comunque che la creazione di una zona di libero scambio economico e commerciale nel Mediterraneo «è indissociabile» da un impegno politico volto a garantire la pace, la democratizzazione, il rispetto dei diritti umani, la parità di genere e la promozione del dialogo interculturale e interreligioso. Le regole del commercio, inoltre, non devono violare la legislazione sociale internazionale e, in proposito, i deputati osservano che la lotta contro ogni forma di sfruttamento sul lavoro e il rispetto delle libertà sindacali sono essenziali ai fini dell'organizzazione di scambi equi. Nell'augurarsi poi che la ZLS preveda un'agenda per il lavoro accettabile specialmente ideata per i PSEM, il Parlamento sottolinea la necessità di promuovere codici di condotta negoziati all'interno delle multinazionali, integrandovi gli obiettivi del lavoro dignitoso. Raccomanda inoltre che le imprese con sede in Europa verifichino regolarmente il rispetto di tali codici di condotta da parte delle loro filiali nei PSEM. I deputati, d'altra parte, ritengono che, «sebbene non esistano ancora le condizioni», la ZLS dovrebbe essere integrata con la «graduale e condizionata» concessione della libera circolazione dei lavoratori, «tenendo conto della situazione del mercato del lavoro europeo e delle attuali riflessioni della comunità internazionale sui legami intercorrenti fra migrazione e sviluppo». Reputano inoltre urgente dar vita a modalità giuridiche e amministrative atte ad agevolare la concessione dei visti, specie per gli operatori del partenariato euromediterraneo, gli studenti, gli universitari e gli operatori socioeconomici. Agricoltura Il Parlamento sottolinea che l'apertura dei mercati agricoli deve essere definita congiuntamente e realizzata in maniera graduale e asimmetrica, e che si deve prevedere la possibilità di concedere un determinato numero di deroghe e di scadenzari, tenendo in conto le strutture agricole, le politiche agricole e le riforme attuate su una sponda e sull'altra del Mediterraneo. Insiste inoltre sul fatto che la negoziazione sull'accesso ai mercati non può in nessun caso essere realizzata in modo globale, bensì caso per caso, prodotto per prodotto, e tenendo presente la necessità di proteggere i prodotti "sensibili", «che dovrebbero restare esclusi da una liberalizzazione totale per evitare danni irreparabili ai produttori locali». I deputati, d'altra parte, ritengono che il mantenimento di un sistema preferenziale e asimmetrico, come chiesto da numerosi paesi mediterranei, sia «incompatibile con una liberalizzazione generalizzata del settore agricolo». Sottolineando poi l'interesse reciproco di conservare taluni strumenti di gestione dell'offerta sui loro rispettivi mercati, invitano tutti gli operatori socioprofessionali del settore agricolo euromediterraneo a favorire la cooperazione tra i settori complementari, promuovendo la complementarietà dei prodotti sia tra le sponde Nord e Sud del Mediterraneo sia, se possibile, tra le sponde Sud-Sud dei PSEM. Al riguardo, citano gli esempi del settore vitivinicolo e di quello ortofrutticolo, in cui le produzioni «possono partecipare alla costruzione di un'offerta commerciale più completa e attraente per i consumatori». In tale ottica, insistono sull'interesse di sviluppare congiuntamente una politica comune di etichettatura euromediterranea sulla base di denominazioni di origine controllata, nonché di assicurare la tracciabilità e la trasparenza dei metodi di produzione. Inoltre, sollecitano una riflessione sul varo di una vera e propria politica agricola integrata su entrambe le sponde del Mediterraneo, dando priorità a una maggiore sicurezza alimentare nei PSEM, rispetto a considerazioni di ordine commerciale. Trasporti e energia Il Parlamento ritiene che lo sviluppo di una rete euromediterranea dei trasporti basata su interconnessioni moderne e l'elaborazione di una strategia comune per migliorare la cooperazione, il coordinamento e lo sviluppo, «rappresentino una condizione essenziale per la riuscita della ZLS». E' quindi «tassativo» che i PSEM godano di una maggiore interoperabilità con le reti di trasporto transeuropee e possano partecipare alla definizione e all'attuazione dei futuri progetti prioritari. La Commissione e i PSEM, inoltre, dovrebbero mettere a disposizione risorse finanziarie sufficienti per la modernizzazione delle infrastrutture e procedere alle riforme necessarie per rendere il settore più competitivo e dinamico. Osservando poi la continua crescita della dipendenza energetica da fonti esterne della maggior parte dei paesi del Processo di Barcellona, in particolare per petrolio e gas, i deputati sollecitano un'efficace cooperazione nel settore dell'approvvigionamento energetico che porti a «un vero e proprio mercato euromediterraneo dell'energia». Occorre inoltre imprimere nuovi impulsi al dialogo con i paesi produttori di energia, agendo in modo coordinato ed «evitando il più possibile di ricorrere ad accordi bilaterali penalizzanti per l'Unione europea e i paesi PSEM». E' anche essenziale la promozione della produzione di energie rinnovabili su vasta scala. Industria Il Parlamento rileva con preoccupazione che i PSEM hanno sviluppato industrie specializzate in prodotti a basso contenuto tecnologico e con scarso valore aggiunto «che li rendono più fragili di fronte alla concorrenza esterna». In proposito, reputa necessario, per il successo della ZLS, l'incremento della competitività dell'industria dei PSEM. Invita pertanto questi paesi a adottare provvedimenti volti a aiutare le imprese e sollecitano l'adeguamento del calendario per la liberalizzazione del settore industriale sulla base delle condizioni economiche e sociali (incluso il livello di disoccupazione) in ogni PSEM. Settore tessile Nel ribadire le preoccupazioni per le conseguenze della soppressione delle quote sul settore del tessile e dell'abbigliamento nei PSEM e nell'Unione europea, il Parlamento ricorda che tale settore «è vitale per l'economia di molti PSEM e di alcuni paesi europei». Sottolineando quindi che sarebbe utile attuare un programma inteso a rafforzare la competitività del settore, i deputati ritengono che, nella definizione della nuova strategia commerciale e d'investimento dell'Unione europea nei confronti della Cina e dell'Asia, «sia opportuno tener conto degli eventuali impatti sui PSEM e sugli Stati membri dell'Unione europea». Sostengono, inoltre, che le attuali difficoltà potrebbero essere superate mediante una riorganizzazione del settore affinché, approfittando della prossimità geografica con i mercati europei, esso possa concentrarsi su una produzione di qualità media e alta con tempi di consegna (e di ricostituzione degli stock) più rapidi e a prezzi competitivi. Il Parlamento appoggia quindi la creazione di uno spazio euromediterraneo di produzione «quale unico modo per ... far fronte alla concorrenza di conglomerati regionali competitivi, e per assicurare la salvaguardia della produzione industriale e dell'occupazione». Occorre poi stanziare fondi europei specifici a sostegno dei programmi di ricerca, innovazione o cooperazione nonché fornire un deciso sostegno alla formazione. Servizi Il Parlamento ritiene che il settore dei servizi sia essenziale per la riuscita della ZLS euromediterranea. Osserva tuttavia che qualsiasi liberalizzazione dei servizi potrà aver luogo soltanto su base concertata con i PSEM, riconoscendo loro il diritto di graduare e controllare l'apertura dei settori sensibili e fragili delle loro economie. I deputati, inoltre, considerano necessario operare una distinzione fra i servizi commerciali e i servizi pubblici, sottolineando la necessità che questi ultimi - come la sanità, l'istruzione, l'acqua potabile e l'energia - restino al di fuori dei negoziati. Politica commerciale e doganale Nel sottolineare che i dazi doganali continuano a rappresentare una quota rilevante del gettito fiscale dei PSEM, il Parlamento reputa necessario che lo scadenzario per qualsiasi ulteriore riduzione tenga conto dei progressi economici compiuti dai PSEM. Ritiene, inoltre che occorrerà affrontare con efficacia il problema degli ostacoli non tariffari al commercio. Chiede poi alla Commissione di predisporre una procedura di compensazione al fine di ridurre l'impatto negativo che potrebbe avere l'erosione delle preferenze tariffarie sui PSEM e sulla creazione della ZLS. D'altra parte, invitando i PSEM a riformare l'ambiente amministrativo e imprenditoriale, è sottolineata la necessità di intensificare e rendere più rigorosi i controlli doganali, «al fine di reprimere i fenomeni del contrabbando, della contraffazione e della pirateria delle merci». Norme di origine e cumulo di origine Plaudendo all'estensione del sistema paneuropeo di cumulo di origine a tutti i PSEM, i deputati chiedono che sia pienamente rispettata la richiesta dell'Autorità palestinese che le merci prodotte nei territori occupati siano identificabili nel quadro nelle norme di origine. Invitano inoltre i PSEM ad adottare quanto prima i protocolli paneuromediterranei sulle norme di origine al fine di sfruttare pienamente l'effetto del cumulo paneuropeo, «applicandolo all'intera regione». La Commissione è invece sollecitata a esaminare con attenzione la riforma (semplificazione e maggiore flessibilità) di tali norme, nonché a esercitare un controllo più efficace sulla loro applicazione, «al fine di evitare abusi per quanto riguarda le preferenze». Assistenza finanziaria e tecnica Il Parlamento deplora «l'incapacità» dell'Unione europea di stanziare fondi proporzionati agli obiettivi del processo di Barcellona, «che è una delle cause dei ritardi accumulati in sede di creazione della ZLS». D'altra parte, accoglie con interesse la creazione dello strumento europeo di vicinato e partenariato, destinato a coprire gli aspetti finanziari della politica europea di prossimità, e la proposta della Commissione di aumentare il finanziamento. A patto, però, «che diventi un vero e proprio strumento di convergenza e comprenda aiuti per compensare la perdita di entrate doganali dei paesi partner mediterranei e altri costi associati alla liberalizzazione dei mercati». Peraltro, i deputati ritengono «insufficiente» lo stanziamento di 11,181 miliardi di euro deciso dal Consiglio nel 2006 e chiedono che, in sede di revisione intermedia delle prospettive finanziarie, «siano stanziati importi più cospicui onde consentire al processo di integrazione di conseguire i suoi obiettivi». Invitano inoltre l'UE a mantenere un sostegno finanziario adeguato per aiutare i libanesi a far fronte alle sfide della ricostruzione economica e sociale del loro paese a seguito del conflitto con Israele del luglio 2006 che ha portato alla «sistematica distruzione del sistema economico e delle infrastrutture del Libano». Nell'invitare poi i governi dei PSEM a porre in atto tutte le azioni necessarie per un migliore utilizzo dei fondi comunitari, chiedono alla Commissione e agli Stati membri di garantire l'equilibrio tra i vicini dell'Est e quelli del Sud. Il Parlamento chiede poi il potenziamento del Fondo euromediterraneo di investimento e partenariato (FEMIP) e auspica la sua trasformazione in una vera e propria Banca euromediterranea per gli investimenti e lo sviluppo. Commercio e sviluppo La relazione sottolinea che la politica commerciale dell'Unione europea «non deve contrastare con gli obiettivi delle sue politiche per lo sviluppo e la riduzione della povertà», ma deve invece integrare tali obiettivi. Ricordando che oltre il 30% della popolazione dei PSEM vive con meno di 2 dollari USA al giorno, invita quindi l'Unione europea a investire in un piano d'azione specifico di lotta alla povertà assoluta e relativa nel Mediterraneo e a conseguire lo sviluppo attraverso il commercio, parallelamente ai programmi per la riduzione della povertà. Link utili
Comunicazione della Commissione - Il partenariato
euromediterraneo: è tempo di passare all’azione Riferimento Kader ARIF (PSE, FR) |
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Il Parlamento chiede l'avvio di urgenti riforme in Bosnia-Erzegovina al fine di soddisfare i criteri per la conclusione di un accordo con l'UE e consentirne l'adesione. L'accento è posto sulla riforma del sistema scolastico e delle forze di polizia nonché sul superamento delle barriere etniche tuttora esistenti. Compiacendosi poi per la collaborazione del governo bosniaco con il Tribunale penale internazionale, accoglie positivamente il ruolo svolto dalle forze militari e di polizia europee. Adottando la relazione d'iniziativa di Doris PACK (PPE/DE, DE), il Parlamento osserva anzitutto con preoccupazione che i vincitori delle elezioni legislative e presidenziali, «che erano in precedenza partiti moderati», hanno fatto ricorso durante la campagna «a toni di scontro e divisione». Sollecita quindi i partiti, specialmente quelli che hanno vinto le elezioni, ad agire rapidamente per porre le basi di una Bosnia-Erzegovina rafforzata, «che si prepari a soddisfare i criteri necessari per la conclusione e l'attuazione dell'accordo di stabilizzazione e associazione e a chiedere, quando sarà il momento, l'adesione all'UE». Accogliendo con favore l'istituzione di un governo a livello di Stato, i deputati ricordano agli esponenti politici della Bosnia-Erzegovina (BE) «le urgenti e importanti riforme che occorre avviare», in particolare per quanto concerne la costituzione dello Stato, l'apparato giudiziario, la pubblica amministrazione, il contesto imprenditoriale, il settore dell'istruzione, gli ambiti fitosanitario e veterinario e il settore ambientale. I deputati ritengono poi necessario rilanciare immediatamente il dibattito costituzionale, con la partecipazione della società civile e nel quale l'Unione europea dovrebbe svolgere un ruolo trainante, favorendo il dialogo tra le parti, sostenendo iniziative volte a promuovere la discussione pubblica e fornendo assistenza tecnica, in termini di consulenza specialistica, ai parlamentari della Bosnia-Erzegovina direttamente coinvolti. D'altra parte, nell'esprimere preoccupazione per il persistere di barriere etniche «che ostacolano lo sviluppo di un'identità nazionale», ritengono che i meccanismi costituzionali previsti dall'accordo di Dayton «rendano più difficile l'eliminazione di tali barriere». E, in proposito, ricordano che l'esperienza dell'Unione europea indica che «un'identità comune è assolutamente compatibile con il rispetto delle tradizioni culturali e religiose dei popoli interessati». Accolgono pertanto con favore la recente dichiarazione in cui il governo della Repubblica Srspka «si assume l'impegno di prevenire eventuali disordini che potrebbero aver luogo in relazione alla soluzione dello status del Kosovo». Nel quadro dell'assistenza UE, il Parlamento ritiene che, oltre al sostegno volto ad agevolare il recepimento del diritto comunitario, occorrerà prestare maggiore attenzione alla questione delle persone disperse dall'epoca del sanguinoso conflitto. Mette quindi in guardia da qualsiasi tentativo di ritagliare all'interno della Bosnia «territori monoetnici» e ricorda «che la comunità internazionale non tollererà alcuna misura o politica suscettibile di minare, direttamente o indirettamente, il carattere multietnico, l'integrità territoriale, la stabilità e l'unità della Bosnia e delle sue entità». L'Alto rappresentante per la Bosnia-Erzegovina è inoltre invitato ad essere particolarmente vigile al riguardo e a promuovere con più vigore la reintegrazione dei profughi e degli sfollati in tutto il territorio. In tale contesto, il Parlamento attribuisce particolare rilevanza alla necessità di promuovere un sistema scolastico non discriminatorio, «basato sulla tolleranza e il rispetto della diversità». Ritiene, infatti, che l'istruzione «è lo strumento di riconciliazione per eccellenza», mentre il sistema scolastico attuale può rappresentare «una seria minaccia per la sicurezza del paese». In pratica, è precisato, ciò significa «porre fine alla segregazione dei diversi gruppi etnici» scolarizzati sotto lo stesso tetto, avviare un dibattito sull'introduzione di un programma di studi comune nella scuola dell'obbligo, dedicare particolare attenzione al modo in cui viene insegnata la storia e migliorare la formazione continua degli insegnanti. Nell'invitare poi il Consiglio a ricordare a tutte le parti che la riforma delle forze di polizia «è una condizione preliminare essenziale» per la conclusione dell'accordo di stabilizzazione e associazione, il Parlamento ritiene che il progetto di programma per l'attuazione della riforma delle strutture di polizia stabilisca una ripartizione chiara ed equilibrata delle responsabilità tra il livello statale e quello locale. Valuta inoltre positivamente i meccanismi previsti da tale programma per assicurare la trasparenza nella scelta e nella nomina dei capi e dei funzionari di polizia e per controllare le attività delle forze di polizia a livello statale e locale. Tuttavia, sostiene che le disposizioni di legge volte ad assicurare una struttura di polizia che rispecchi la composizione etnica della popolazione «debbano essere accompagnate da un efficace meccanismo di controllo». Compiacendosi poi per la generale collaborazione del governo e delle forze di polizia bosniache con il Tribunale penale internazionale per l'ex-Iugoslavia (ICTY), inclusa la messa a disposizione degli archivi militari, il Parlamento denuncia tuttavia il mancato arresto di tutti i criminali di guerra latitanti e la sparizione di molti documenti utili alle indagini. Invita pertanto la leadership politica bosniaca a proseguire gli sforzi per cooperare pienamente con il Tribunale e a smantellare le reti che forniscono appoggio a persone imputate di crimini di guerra. D'altra parte, valuta positivamente il ruolo svolto dalla Forza dell'Unione europea in Bosnia Erzegovina (EUFOR) nel garantire un contesto sicuro e ritiene che la riduzione degli effettivi decisa di recente dal Consiglio «costituisca un chiaro segno dell'accresciuta stabilità della regione. Plaude, inoltre, al lavoro svolto dalla Missione di polizia dell'UE a sostegno dello sviluppo di forze di polizia moderne ed efficienti e ritiene che il futuro della missione andrebbe esaminato anche alla luce dei progressi della riforma delle forze di polizia. Infine, «alla luce delle incertezze che ancora avvolgono il futuro della Bosina-Erzegovina», il Parlamento appoggia la decisione Peace Implementation Council (PIC) di mantenere l'Ufficio dell'Alto Rappresentante fino al giugno 2008 nonché l'adozione di un'azione comune per quanto riguarda il Rappresentante speciale dell'UE in Bosnia-Erzegovina che ne ha esteso il mandato. Ritiene, peraltro, che tale proroga dovrebbe essere utilizzata per trasferire maggiori competenze alle autorità locali. Nel sottolineare inoltre la necessità che la comunità internazionale parli con una voce sola in Bosnia, i deputati deplorano il recente annuncio dell'Alto rappresentante/Rappresentante speciale in carica di dimettersi nel prossimo giugno e ne elogiano il lavoro svolto. Background - il ruolo dell'Italia nell'EUFOR Il Generale di Brigata Ottavio GIANGRAVE' ricopre l'incarico di Deputy Commander di EUFOR, che ha alle sue dirette dipendenze tre Task-Forces multinazionali. Il contingente italiano opera nella Multinational Task-Force Sud-Est, di stanza a Mostar, insieme a reparti francesi, tedeschi, spagnoli, albanesi e marocchini (Organizzazione di EUFOR). I militari italiani autorizzati a partecipare all’Operazione “ALTHEA” sono 858 e costituiscono il contingente denominato "ITALFOR BOSNIA", operante nell’ambito della Multinational Task Force South East, su base del 62° Reggimento di Fanteria “Sicilia” della Brigata Meccanizzata “Aosta” al Comando del Colonnello Gaetano ZAUNER. Link utili Sito della Commissione sulle relazioni con la Bosnia-Erzegovina Riferimenti Doris PACK (PPE/DE, DE) |
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Il Parlamento chiede un contributo europeo coordinato, concreto e tangibile alla prossima sessione del comitato preparatorio per la revisione del trattato di non proliferazione delle armi nucleari. Si tratta in particolare di sancire il divieto di produzione di materiali fissili e di accelerare la firma e la ratifica del trattato sull'interdizione totale degli esperimenti nucleari. Sollecita poi controlli sulle esportazioni e controlli alle frontiere per ridurre il rischio del terrorismo nucleare. In vista della terza sessione del comitato preparatorio per la revisione del trattato di non proliferazione delle armi nucleari (TNP) che si terrà a Vienna dal 30 aprile all'11 maggio 2007, il Parlamento ha adottato una risoluzione comune - sostenuta da PPE/DE, PSE, ALDE/ADLE, UEN, Verdi/ALE e GUE/NGL - con la quale ribadisce che il TNP«costituisce la pietra angolare del regime globale di non proliferazione nucleare». I deputati ritengono infatti che il Trattato «è la base fondamentale per incoraggiare la cooperazione sugli usi pacifici dell'energia nucleare e rappresenta uno strumento importante per promuovere l'obiettivo del disarmo nucleare e del disarmo in generale». Invitano quindi tutti gli Stati le cui attività violano il regime di non proliferazione a «porre fine al loro comportamento sconsiderato e irresponsabile e ad ottemperare pienamente agli obblighi che loro incombono in virtù del TNP» e esorta nuovamente tutti i paesi che non sono Stati parte del TNP a rispettare volontariamente il trattato. La comunità internazionale è quindi invitata a promuovere iniziative volte a far sì che il processo di arricchimento dell'uranio avvenga in modo internazionale e multilaterale, sotto il controllo dell'Agenzia internazionale per l'energia atomica (AIEA). Il Parlamento sollecita poi il Consiglio e la Commissione a partecipare attivamente al dibattito che si terrà a Vienna in occasione della riunione del comitato preparatorio per la revisione del TNP e a fornire un contributo «coordinato, concreto e tangibile» per il successo della conferenza di revisione del TNP in programma nel 2010. Le due istituzioni sono inoltre invitate a chiarire quali passi intendono compiere per rafforzare il trattato di non proliferazione e perseguire un effettivo multilateralismo. Per essere efficaci, sottolinea il Parlamento, gli sforzi multilaterali devono inserirsi in una prospettiva ben definita, «che consenta di liberare quanto prima il mondo dagli armamenti nucleari». I deputati, peraltro, chiedono alla Presidenza di includere nella delegazione dell'UE al comitato preparatorio anche rappresentanti del Parlamento. Nell'ambito del comitato preparatorio, la Presidenza è sollecitata a sbloccare la situazione di stallo per quanto attiene all'adozione di un trattato verificabile sul divieto della produzione di materiali fissili, ad accelerare la firma e la ratifica del trattato sull'interdizione totale degli esperimenti nucleari (CTBT) da parte di tutti i paesi e a sollecitare la messa al bando di tutti gli esperimenti nucleari in attesa che il CTBT entri in vigore. Ma anche a dare priorità all'importanza di ridurre il rischio del terrorismo nucleare, sviluppando e attuando controlli sulle esportazioni e controlli alle frontiere efficaci per i materiali, le attrezzature e/o le altre tecnologie sensibili legate alle armi di distruzione di massa. Il Parlamento, infine, ha respinto un emendamento proposto dal PSE e dai Verdi/ALE che esprimeva profonda preoccupazione per la natura strategica del progetto di scudo antimissili proposto dagli USA alla Polonia e alla Repubblica ceca. Riferimenti Risoluzione comune sulla non proliferazione e
il disarmo nucleari |
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Il Parlamento ritiene inaccettabile la recente raccomandazione della Commissione sulla gestione transfrontaliera dei diritti d'autore nel campo dei servizi musicali on line. Lamentandosi di non essere stato consultato, ne respinge l'approccio non vincolante e sollecita l'adozione di una direttiva quadro flessibile in tale settore. Questa dovrà tenere conto della specificità dell'era digitale e tutelare la diversità culturale europea, gli interessati più piccoli e i repertori locali. Il 18 ottobre 2005 la Commissione europea ha adottato una raccomandazione concernente la gestione transfrontaliera dei diritti d'autore nel campo dei servizi musicali online autorizzati. Il commissario McCreevy ha definito la raccomandazione uno strumento non vincolante (di soft law), pensato per concedere al mercato la possibilità di orientarsi nella giusta direzione. Con la relazione d'iniziativa di Katalin LÉVAI (PSE, HU), il Parlamento ritiene anzitutto «inaccettabile» il fatto che la Commissione abbia omesso di coinvolgere formalmente l'Assemblea, visto che la raccomandazione va chiaramente oltre una mera interpretazione o integrazione delle norme esistenti. Per i deputati è altrettanto inaccettabile che sia stato scelto un approccio di "soft law" senza consultazione preventiva e senza il coinvolgimento formale del Parlamento e del Consiglio, «aggirando così il processo democratico». Soprattutto perché l'iniziativa adottata «ha già influenzato decisioni di mercato a potenziale svantaggio della concorrenza e della diversità culturale». Secondo i deputati, inoltre, la formulazione imprecisa della raccomandazione - il cui solo scopo è di regolamentare la vendita on line di registrazioni musicali - potrebbe portare a credere che sia applicabile ad altri servizi on line (come ad esempio i servizi di radiodiffusione) contenenti registrazioni musicali. Per sanare questa incertezza giuridica che potrebbe avere «effetti pregiudizievoli», invitano quindi la Commissione a chiarire che la raccomandazione del 2005 si applica esclusivamente alle vendite on line di registrazioni musicali. D'altra parte, la esortano a presentare al più presto - previa stretta consultazione delle parti interessate - una proposta di direttiva quadro flessibile, che deve essere adottata in codecisione dal Parlamento e dal Consiglio, al fine di disciplinare la gestione collettiva del diritto d'autore e dei diritti connessi per quanto riguarda i servizi musicali on-line trasfrontalieri. La proposta, è anche precisato, dovrà tenere conto della specificità dell'era digitale e tutelare la diversità culturale europea, gli interessati più piccoli e i repertori locali. Il Parlamento comprende e sostiene quindi le disposizioni in merito all'esistente possibilità per i titolari di diritti di scegliere un gestore collettivo dei diritti (CRM), di determinare i diritti on line affidati e il loro ambito territoriale. Così come il diritto al loro ritiro dal gestore collettivo o al loro trasferimento ad un altro gestore. Sottolinea poi l'importanza di tenere conto dell'efficacia della cooperazione tra gestori collettivi di diritti al fine di tutelare anche gli interessi dei titolari di diritti più piccoli e locali, salvaguardando così la diversità culturale. A suo parere «la musica non è una merce» e osservano che i gestori collettivi dei diritti sono perlopiù organizzazioni senza scopo di lucro. Ritiene pertanto che gli interessi degli autori e quindi la diversità culturale in Europa, saranno meglio tutelati grazie all'introduzione di un sistema competitivo equo e trasparente «che eviti la pressione al ribasso sui redditi degli autori». Contenuti della nuova direttiva - le proposte del Parlamento Per i deputati, la direttiva proposta «non dovrebbe in alcun modo compromettere la competitività delle imprese creative del settore, l'efficacia dei servizi forniti dai CRM o la competitività delle imprese di utilizzatori». Inoltre, dovrebbe garantire un elevato livello di protezione e di parità di trattamento dei titolari dei diritti e fare in modo che le disposizioni di legge abbiano «un effettivo, significativo e adeguato impatto» sulla tutela efficace di tutte le categorie di titolari dei diritti. Impatto che, peraltro, dovrebbe essere regolarmente valutato e, se necessario, riveduto. Occorre poi che la direttiva assicuri «una gestione democratica, trasparente e responsabile a livello di CRM», tra l'altro definendo norme minime in materia di strutture organizzative, trasparenza, rappresentanza, regole per la ripartizione dei diritti, contabilità e azioni legali. E' quindi necessario assicurare un'ampia trasparenza specie per quanto riguarda la base di calcolo delle tariffe, i costi di gestione e la struttura dell'offerta e, a tale scopo, la direttiva dovrebbe stabilire eventualmente norme sulla regolamentazione e il controllo dei CRM. Il Parlamento ritiene poi opportuno che la direttiva promuova la creatività e la diversità culturale e consenta solo una concorrenza equa e controllata, senza restrizioni territoriali ma con i necessari e auspicabili criteri qualitativi per la gestione collettiva dei diritti d'autore e la salvaguardia del valore dei diritti. Dovrebbe anche evitare una pressione al ribasso sui livelli delle royalties, assicurando che gli utilizzatori ottengano la licenza sulla base della tariffa applicabile nel paese in cui avrà luogo il consumo dell'opera tutelata dal diritto d'autore (il cosiddetto "paese di destinazione") e cercare di giungere ad un adeguato livello di royalties per i titolari dei diritti. E' inoltre necessario tenere conto degli interessi degli utilizzatori e del mercato e assicurare in particolare che gli utilizzatori piccoli e medi dispongano di adeguata tutela giuridica. In caso di contestazioni, dovranno essere introdotti efficaci meccanismi di composizione «abbordabili sotto il profilo dei costi e che non pesino eccessivamente sugli utilizzatori in termini di costi per l'assistenza legale». La direttiva dovrebbe poi promuovere la capacità dei titolari dei diritti di mettere a punto in tutta l'UE una nuova generazione di modelli di licenze collettive per la musica, relative agli usi online e più adeguate all'ambiente online, sulla base di accordi di reciprocità e della reciproca riscossione di royalties. Ma anche assicurare che i titolari dei diritti «non abusino della loro posizione» al punto da impedire la realizzazione di uno "sportello unico" per l'acquisto collettivo di diritti del repertorio su scala mondiale. Occorre altresì valorizzare l'utilizzo, in questo mercato, di misure e piattaforme tecnologiche aperte e interoperabili, idonee a consentire la tutela dei titolari dei diritti, il normale utilizzo, da parte del consumatore, dei contenuti legittimi legalmente acquistati e lo sviluppo di nuovi modelli commerciali nella società dell'informazione. Allo stesso tempo, il Parlamento ritiene necessario evitare l'accentramento eccessivo dei poteri di mercato e dei repertori, garantendo che i più importanti titolari dei diritti non possano conferire mandati esclusivi a un singolo CRM o a un numero ristretto di CRM, assicurando in tal modo che il repertorio globale resti disponibile a tutti i CRM per la concessione delle licenze agli utilizzatori. Agli utilizzatori, inoltre, dovrebbe essere consentito di ottenere licenze paneuropee da qualsiasi CRM che copra il repertorio globale. Sempre in tema di royalties, i deputati ritengono che sia essenziale vietare ogni forma di mandato esclusivo tra grandi titolari di diritti e gestori collettivi di diritti per la riscossione diretta delle royalties in tutti gli Stati membri, «poiché ciò condurrebbe alla rapida estinzione dei gestori collettivi di diritti nazionali e metterebbe di conseguenza in pericolo la posizione del repertorio minoritario e la diversità culturale in Europa». Sostengono, infine, l'idea che i gestori collettivi di diritti dovrebbero essere liberi di fornire agli utilizzatori commerciali, ovunque essi siano stabiliti nell'Unione europea, le licenze relative a tutta l'Europa e a svariati repertori per l'utilizzo on line (compresi gli usi di telefonia mobile), a condizioni eque e negoziate individualmente, e senza discriminazioni tra utilizzatori. Background - Funzionamento del mercato Le società di gestione collettiva (CRM) sono associazioni di autori e di altri titolari di diritti, quali gli editori. Sono create per raccogliere e distribuire le royalties ai titolari dei diritti, su base collettiva. Nella pratica, le CRM godono di una posizione di monopolio (naturale) a livello nazionale. I titolari dei diritti sono rappresentati in tale territorio direttamente dalla CRM e nei paesi terzi tramite accordi reciproci conclusi in via bilaterale tra la CRM prescelta e tutte le altre CRM in Europa e nel resto del mondo. Per decenni, il mercato europeo e internazionale dei diritti d'autore musicali ha funzionato sulla base di tale rete di accordi bilaterali. Questo "sistema di accordi reciproci" fornisce uno sportello unico per gli utenti dei diritti d'autore. Ciò significa che gli utenti possono ottenere da una CRM una licenza per il repertorio mondiale, da utilizzare sul territorio nazionale in cui ha sede la CRM. Viene così garantito un controllo idoneo del mercato globale in modo tale che i titolari dei diritti d'autore siano adeguatamente remunerati ed è fornito un meccanismo efficace di applicazione dei diritti per tutti i titolari dei diritti nazionali e internazionali coinvolti. Questo sistema fa sì che non soltanto i grandi titolari dei diritti, ma anche i piccoli autori locali; siano idoneamente rappresentati sul mercato e ricevano una congrua parte delle royalties raccolte. Link utili Raccomandazione della Commissione Riferimenti Katalin LÉVAI (PSE,
HU) |
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Il Parlamento accoglie con favore la proposta legislativa che definisce le denominazioni di vendita delle carni di bovini con massimo dodici mesi di età al fine di distinguere meglio il "vitello" dal "vitellone" e di impedire la concorrenza sleale. Propone però degli emendamenti volti a rafforzare le sanzioni in caso di non rispetto del regolamento e a garantire ai consumatori la migliore informazione possibile. Chiede poi che il regolamento si applichi anche ai prodotti trasformati. La proposta della Commissione è volta a stabilire le denominazioni di vendita che devono essere utilizzate in ognuno degli Stati membri per la commercializzazione delle carni ottenute da animali di età non superiore a 8 mesi oppure compresa tra 8 e 12 mesi. Allo stesso tempo mira a imporre l’indicazione dell’età al momento della macellazione degli animali. Per consentire un’utilizzazione corretta delle denominazioni di vendita, inoltre, prevede di identificare le carni mediante una lettera, nonché la registrazione dei dati che permettono di garantire la veridicità delle informazioni che figurano sull’etichettatura. Le carni importate dovranno conformarsi a questa classificazione. Approvando la relazione di Bernadette BOURZAI (PSE, FR), il Parlamento suggerisce l'introduzione di un articolo che imponga agli Stati membri di determinare il regime sanzionatorio da applicare, qualora dai controlli effettuati risulti un mancato rispetto delle condizioni definite nel regolamento. Le sanzioni, è precisato, devono essere «efficaci, proporzionate e dissuasive» e vanno notificate alla Commissione entro un anno dalla data di entrata in vigore del regolamento. Il regolamento si applica a tutte le carni ottenute da bovini di età non superiore a 12 mesi, escluse quelle per le quali è registrata una denominazione d'origine o un'indicazione geografica protetta. I deputati precisano però che questi animali devono anche essere macellati dopo un anno dall'entrata in vigore del provvedimento. Si intende per “carni” l’insieme delle carcasse, carni con o senza osso e frattaglie tagliate o no - «destinate al consumo umano» - ottenute da bovini di età non superiore a dodici mesi, presentate fresche, congelate o surgelate, che siano state confezionate o imballate o no. Ma, un emendamento proposto dai deputati chiede che le disposizioni del regolamento si applichino anche «ai prodotti elaborati, trasformati o cotti contenenti carne». Temendo che le lettere proposte dalla Commissione per identificare le carni portino a confondere il consumatore, il Parlamento chiede che con "V" (al posto di "Z") siano indicati i bovini di età non superiore a 8 mesi le cui carni, in italiano, sono definite come "vitello" o "carne di vitello". Con la lettera "Z" (al posto di "Y"), invece, andrebbero indicati i bovini di età compresa tra 8 e 12 mesi, le cui carni, in italiano, sono definite come "vitellone" o "carne di vitellone". Queste denominazioni di vendita, per i deputati, devono figurare sull'etichetta «in ciascuna fase della produzione e della commercializzazione». Un altro emendamento, precisa che il regolamento si applica solo quando la carne ottenuta da animali di età superiore a 8 mesi vieni commercializzata con una dicitura diversa da "vitellone". In alcuni Stati membri (come il Regno Unito), infatti, i bovini di talune razze sono allevati in modo tale da farli arrivare rapidamente all'età adulta per massimizzare la qualità della carne. In certi casi, gli animali sono macellati prima di aver raggiunto i 12 mesi di età, rientrando così nel campo di applicazione della proposta. Tuttavia, la carne di questi animali è chiaramente ottenuta da bovini adulti, poiché non presenta le caratteristiche del “vitello rosa”o del ”vitello bianco/da latte”. Poiché la carne è di bovino adulto, essa dovrebbe essere etichettata come “vitellone” e dovrebbe essere soggetta alle norme in materia di etichettatura e tracciabilità relative a tale tipo di carne e non alle speciali disposizioni relative al vitello. Il Parlamento ha infine respinto un emendamento avanzato dall'ALDE/ADLE che chiedeva la possibilità di classificare tutta la carne di bovini di età inferiore a 12 mesi in una sola categoria qualora uno dei due gruppi fosse superiore al 3% del totale della produzione nazionale di questo tipo di carne. Background L'alimentazione e l’età di macellazione del vitello influiscono su alcune caratteristiche della sua carne, quali il sapore, la tenerezza o il colore. Tuttavia, come sottolinea la Commissione, al momento della vendita non è fatto alcun riferimento né al tipo di alimentazione degli animali, né all’età che essi avevano al momento della macellazione. Inoltre, grazie ai giochi di traduzione, gli operatori e i consumatori si trovano di fronte a prodotti molto diversi commercializzati con una sola identica denominazione. Tale pratica falsa gli scambi e favorisce l’affermarsi di condizioni di concorrenza sleale, con un’incidenza diretta sul funzionamento del mercato unico. Inoltre, il termine “vitello” costituisce una denominazione di vendita valorizzante, a cui ricorre un certo numero di operatori per ottenere un prezzo di mercato nettamente superiore (fino al doppio) al momento della commercializzazione della carne di “vitellone”, che ha caratteristiche organolettiche ben diverse. All’interno dell’Unione europea è possibile distinguere due grandi gruppi di paesi. Quelli, che rappresentano la maggioranza (quasi tutti gli Stati membri, ma soprattutto Francia, Germania, Italia e Belgio), in cui l’indicazione carne di “vitello” si riferisce alla carne di animali macellati prima degli otto mesi e alimentati principalmente a base di latte. Quelli, una minoranza (soprattutto Spagna e Danimarca), in cui tale denominazione si mantiene fino ai dodici, o addirittura quattordici mesi, in presenza di un’alimentazione a base di cereali. Nei Paesi Bassi, il secondo produttore europeo di carne di vitello, le due filiere coesistono in parallelo. Ma è nella filiera del “vitello bianco” (del primo tipo) che si concentra gran parte della produzione (circa l’85% del totale). Il vitello in Europa: Italia leader del consumo. Nel 2005, la produzione europea si è attestata poco al di sopra delle 800 000 tonnellate (peso carcassa), concentrandosi però per l’85% soltanto in cinque Stati membri: Francia (30%), Paesi Bassi (25%), Italia (18%), Belgio e Germania (6%). Se la produzione è molto concentrata, il consumo lo è ancora di più, dal momento che la Francia e l’Italia coprono da sole quasi il 70% dei consumi europei di carne di vitello. Secondo le stime dell’OFIVAL, nel 2005 il consumo pro-capite di carne di vitello si è attestato a 4,53 kg. in Francia e a 3,87 kg. in Italia, mentre per l’intera UE-25 si è arrivati soltanto a 1,70 kg. per abitante (1,98 kg. per l'UE-15). Attualmente, gli scambi con i paesi terzi sono relativamente scarsi, pur essendoci delle potenzialità di sviluppo. A livello intracomunitario, gli scambi si limitano praticamente alle sole esportazioni dai Paesi Bassi, pari all’incirca a 200 000 tonnellate l’anno. L’Italia rappresenta il mercato principale delle esportazioni olandesi, con un ammontare che nel 2005 è stato pari al 43,2% del totale; seguono quindi Germania e Francia, con rispettivamente il 20,5% e il 19,7%. Anche la Francia esporta una parte della sua produzione, essenzialmente verso il mercato italiano, ma si tratta di esportazioni irregolari e di dimensioni relativamente modeste. Link utili Riferimenti Bernadette BOURZAI (PSE, FR) |
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Il Parlamento sollecita politiche adeguate alle peculiarità delle regioni insulari. Si tratta quindi di migliorare i collegamenti e le infrastrutture di trasporto (porti e aeroporti) nonché di compensare i sovraccosti, soprattutto energetici, dovuti alla loro posizione geografica. Occorre poi tutelare il patrimonio culturale e naturale, sviluppare il turismo e favorire la diversificazione economica. Sforzi aggiuntivi vanno realizzati nel contrasto all'immigrazione illegale. Adottando con 473 voti favorevoli, 26 contrari e 35 astensioni la relazione di Francesco MUSOTTO (PPE/DE, IT), il Parlamento precisa anzitutto che l'insularità costituisce «una caratteristica geoculturale che potrebbe eventualmente essere sfruttata mediante una strategia per lo sviluppo», ma anche «un handicap permanente che rende la situazione ancora più difficile per quanto riguarda la competitività di queste regioni». I deputati invitano pertanto la Commissione a adottare un approccio più flessibile nei confronti delle isole nella formulazione delle politiche e in materia di legislazione. Ritengono infatti che le isole registrino costi pro capite più elevati della media in relazione alle infrastrutture di trasporto e ambientali nonché alle loro esigenze energetiche e che spesso incontrano maggiori difficoltà ad attuare alcune parti dell'acquis «che può non aver tenuto pienamente conto delle loro specificità». Auspicano inoltre che la Commissione si avvalga maggiormente della possibilità, offerta dal trattato, di adeguare le politiche comunitarie che potrebbero avere ripercussioni negative sullo sviluppo economico, sociale e territoriale di queste regioni «al fine di porre rimedio, per quanto possibile, ai principali problemi specifici che gravano su ogni regione o gruppo di regioni insulari». Nel riconoscere che varie disposizioni concrete a favore delle regioni strutturalmente svantaggiate sono state inserite nei regolamenti sui Fondi strutturali 2007-2013, i deputati deplorano tuttavia che il Consiglio non abbia accolto altre importanti proposte del Parlamento, come la possibilità di aumentare il tasso di cofinanziamento per le zone che hanno più di un handicap geografico o naturale. La Commissione è pertanto invitata a esplorare, nell'ambito dei programmi operativi, ogni via che offra a tali regioni la possibilità di attuare misure relative alle opere infrastrutturali «che sono così tanto necessarie». In proposito, il Parlamento ritiene che, per affrontare in modo più soddisfacente gli svantaggi permanenti di tali territori, le politiche di aiuti di Stato esistenti e future dovrebbero essere attuate con maggiore flessibilità, «in mancanza della quale si verificherebbero inaccettabili distorsioni di mercato nell'UE». Invitano pertanto la Commissione a tenere meglio conto del bisogno delle isole di usufruire dell'accesso al mercato unico alle stesse condizioni delle regioni continentale e, a tale riguardo, sottolineano che migliori collegamenti di trasporto dovrebbero costituire una priorità in tale settore, soprattutto nel caso di porti e aeroporti. Andrebbero poi riesaminate le condizioni per i contratti pubblici in materia di trasporti al fine di rimuovere eventuali ostacoli relativi agli obblighi di prestazione di servizi pubblici in modo da facilitare i collegamenti di trasporto con le regioni insulari. Il Parlamento insiste inoltre affinché l'approccio transettoriale all'attuazione delle politiche comunitarie venga applicato soprattutto alle isole che costituiscono una parte fondamentale della dimensione marittima europea. Al riguardo, richiama in particolare l'attenzione sulle isole lontane dai grandi centri abitati che incontrano difficoltà in materia di accesso e di prestazione di servizi e hanno costi più elevati, in particolare per quanto riguarda i trasporti, e si trovano quindi in una situazione di svantaggio competitivo. I deputati incoraggiano pertanto gli sforzi compiuti ai fini di una politica marittima comunitaria in grado di stabilire forti relazioni commerciali, economiche e politiche nonché una cooperazione tecnica con i paesi limitrofi. La Commissione è inoltre esortata a studiare la possibilità di consentire la concessione di aiuti di Stato alle regioni insulari dove i costi per il combustibile e l'energia «hanno chiaramente conseguenze negative sulla competitività delle comunità locali». Le fluttuazioni significative del costo dei carburanti possono infatti «rendere considerevolmente più oneroso il trasporto tra le regioni insulari e l'Europa continentale». Pertanto, i deputati sostengono che, nei prossimi orientamenti sugli aiuti di Stato a finalità regionale, un regime che consente aiuti operativi dovrebbe essere esteso a tutte le regioni insulari che non sono Stati insulari o isole interne. Allo stesso tempo, il Parlamento invita la Commissione a dare priorità alla sicurezza energetica delle isole e ai finanziamenti destinati allo sviluppo e alla realizzazione di progetti per la produzione di energia avvalendosi delle nuove tecnologie e di fonti energetiche rinnovabili nonché a promuovere l'uso efficiente dell'energia nel rispetto della tutela dell'ambiente e della conservazione delle bellezze naturali. Più in generale, ritiene che occorre prestare particolare attenzione ai settori di attività economica maggiormente prevalenti nelle isole, segnatamente l'agricoltura, la pesca, il turismo e l'artigianato. Invita pertanto la Commissione ad assicurare che le sue iniziative tengano sempre più conto delle esigenze specifiche delle isole in questi settori. In proposito, ritiene che il turismo rappresenti per la maggior parte delle isole «una risorsa primaria per la creazione di ricchezza che ha un'influenza diretta sulla crescita di altri settori». E' quindi «imperativo» realizzare una politica integrata atta ad assicurare la sostenibilità del turismo insulare. Tale politica, inoltre, dovrebbe essere accompagnata da una campagna di informazione europea che preveda la creazione di un marchio di qualità e di origine insulare. Agli Stati membri è poi chiesto di assicurare una protezione efficace delle peculiarità ambientali, culturali e sociali delle regioni insulari tramite misure quali l'elaborazione di adeguati piani di sviluppo regionali e il controllo delle costruzioni e dell'attività edilizia. Dovrebbero anche adottare, in cooperazione con la Commissione, programmi integrati di conservazione del patrimonio culturale e delle risorse ambientali. Il Parlamento, d'altra parte, sollecita gli Stati membri a tenere pienamente conto, in sede di preparazione dei loro quadri strategici di riferimento nazionali e dei programmi operativi, della priorità di sostenere la diversificazione economica nelle zone con svantaggi naturali. Incoraggia poi le comunità insulari a fare uso degli strumenti finanziari e di gestione JASPERS (Assistenza congiunta ai progetti nelle regioni europee) e JEREMIE (Risorse europee congiunte per le micro, le piccole e le medie imprese) al fine di sfruttare le risorse disponibili per lo sviluppo regionale e di promuovere la crescita delle micro, delle piccole e delle medie imprese, incoraggiando la diversificazione delle economie insulari e promuovendo la crescita fondamentale mediante lo sviluppo sostenibile. La Commissione è poi invitata a esaminare le conseguenze dei cambiamenti climatici sulle regioni insulari e soprattutto l'aggravamento dei problemi esistenti, come la siccità, nonché a promuovere, di concerto con gli Stati membri, lo sviluppo e l'applicazione di tecnologie adeguate o di altre misure per far fronte a tali problemi. Dovrebbe poi prestare particolare attenzione allo sviluppo della banda larga e a promuovere misure per risolvere le difficoltà specifiche connesse con la fornitura di servizi nelle regioni insulari, quali i servizi per la salute e di telemedicina, di e government e di assistenza ai cittadini. I deputati considerano che l'immigrazione illegale dal mare «è uno dei principali problemi cui si trova confrontata l'UE» e che nel corso dello scorso anno la pressione migratoria è stata particolarmente intensa in particolare nelle isole del Mediterraneo, «che sono chiamate a sostenere un onere del tutto sproporzionato, semplicemente a causa della loro situazione geografica». Accogliendo quindi con favore la proposta di creare squadre di intervento rapido alle frontiere, invitano la Commissione a esaminare la necessità di creare un corpo europeo di guardie costiere per assistere contestualmente tali regioni e gli Stati membri nella sorveglianza delle frontiere esterne dell'UE. Ribadiscono inoltre il sostegno alle iniziative e alle attività attuate da Frontex e chiedono che tale agenzia controlli, su base continua, l'impatto dell'immigrazione illegale sulle comunità insulari. Allo stesso tempo, esortano la Commissione e Frontex a intervenire tempestivamente a sostegno delle isole al fine di alleviare l'immediata pressione ad affrontare tale problema assicurando nel contempo il debito rispetto dei diritti umani. Il Parlamento, infine, propone alla Commissione e alle altre istituzioni di designare il 2010 come Anno europeo delle isole. Riferimenti Francesco MUSOTTO (PPE/DE, IT) |
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Sottolineando che l'11 marzo scorso ha segnato il terzo anniversario degli attentati che hanno provocato 192 morti a Madrid, il Presidente PÖTTERING ha voluto ricordare tutte le vittime del terrorismo ed esprimere la solidarietà, personale e di tutto il Parlamento, ai loro familiari. Nel citare anche gli attentati di Londra del luglio 2005, il Presidente ha quindi evidenziato che sono ancora troppe le vittime del fanatismo, che costituisce anche un attacco alla democrazia e ai valori fondamentali dell'UE. Nel definire il terrorismo un «crimine che non è tollerabile in nessuna circostanza», il Presidente ha chiesto che l'UE e la Comunità internazionale agiscano con determinazione contro tali atti che non hanno «nessuna giustificazione». Occorre quindi, ha aggiunto, che l'Europa resti unita in questa lotta e adotti una politica coerente, anche perché le cooperazioni rafforzate non bastano più. Sottolineando che Guantanamo non è compatibile con l'ordinamento dell'UE, ha pertanto affermato che la lotta al terrorismo deve essere condotta nel rispetto dei valori europei. Il Presidente ha infine ricordato che, il 5 marzo scorso, è stato rapito il giornalista italiano di Repubblica Daniele Mastrogiacomo che, inviato in Afghanistan, «non faceva altro che esercitare la sua professione». Esprimendo la solidarietà del Parlamento alla famiglia del giornalista e al giornale, ha quindi chiesto il suo immediato rilascio, così come quello della cittadina tedesca rapita in Iraq in febbraio. L'Aula ha quindi osservato un minuto di silenzio in memoria di tutte le vittime del terrorismo. Ammonito il deputato Giertych per il suo opuscolo Il Presidente del Parlamento europeo ha informato l'Aula che il deputato polacco "non iscritto" Maciej Giertych sarà ammonito a seguito della pubblicazione di un opuscolo "Civiltà in guerra in Europa". «In questa occasione sono profondamente dispiaciuto nel constatare che, obiettivamente, si è avuta una seria violazione dei diritti fondamentali, in particolare della dignità degli esseri umani, cui la nostra istituzione aderisce pienamente» ha dichiarato Hans-Gert PÖTTERING aprendo la seduta. Rivolgendosi a Maciej GIERTYCH (NI, PL), lo ha quindi informato che, sulla base dell'articolo 147 del Regolamento del Parlamento europeo, gli sarà inflitta un'ammonizione. L'Aula e gli organi politici pertinenti saranno debitamente informati non appena tale sanzione verrà notificata. Il Presidente ha quindi ricordato che, nel corso della sua presidenza intende salvaguardare sia la libertà di espressione e lo standard di condotta dei deputati, sia l'onore dell'Istituzione. Rammentando poi la sua dichiarazione del 13 febbraio scorso durante il suo discorso inaugurale, ha ribadito che «la tolleranza ed il rispetto degli altri sono un valore europeo importante, al centro delle mie priorità politiche e al quale il Parlamento europeo è fortemente ancorato». In conclusione il Presidente ha auspicato che il deputato comprenderà come il Parlamento europeo - che prospera su un dibattito politico vivace - condanni ogni forma di xenofobia e, in nessun caso, possa essere associato con le opinioni contenute nella sua pubblicazione. Il Presidente era stato precedentemente rassicurato dall'amministrazione del Parlamento che nessun contributo finanziario era stato erogato per tale pubblicazione. Va infine ricordato che anche la Presidenza del Parlamento, nel corso della sua riunione del 1° marzo scorso, aveva condannato fermamente la pubblicazione dell'opuscolo e chiesto l'apertura di una procedura disciplinare contro il deputato. Background Articolo 9.2 2. Il comportamento dei deputati è improntato al rispetto reciproco, poggia sui valori e i principi definiti nei testi fondamentali dell'Unione europea, salvaguarda la dignità del Parlamento e non deve compromettere il regolare svolgimento dei lavori parlamentari né la quiete in tutti gli edifici del Parlamento. Il mancato rispetto di tali elementi può comportare l'applicazione delle misure previste agli articoli 146, 147 e 148. Articolo 147: Sanzioni 1. Nel caso di infrazioni all'ordine o di
turbativa dell'attività del Parlamento con modalità eccezionalmente
gravi, in violazione dei principi definiti all'articolo 9, il
Presidente, previa consultazione del deputato interessato, adotta
con decisione motivata la sanzione adeguata e la notifica
all'interessato e ai presidenti degli organi, commissioni e
delegazioni ai quali appartiene, prima di informarne la plenaria.
(a) ammonizione; Link utili Comunicato stampa del Presidente Pöttering Altri documenti approvati I testi di tutti i documenti approvati sono reperibili sul sito del Parlamento europeo. |
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Ordine del giorno 28 - 29 marzo 2007 Bruxelles Mercoledì 28 marzo 2007 (15:00 - 20:00 - 21:00 - 24:00)
Giovedì 29 marzo 2007 (9:00 - 10:50)
(11:00 - 13:00) Votazione
L'ordine del giorno può subire modifiche. |
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Codici delle procedure parlamentari
Abbreviazioni
Gruppi politici
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Deputati entranti Joop POST ( PPE/DE, NL) (1.3.2007) A partire dal 12 marzo 2007 Dumitru Gheorghe Mircea COŞEA (RO) ha aderito al gruppo ITS. |
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