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RASSEGNA

 

10 ottobre 2007

 

Bruxelles

 

 

 


Appello di Pöttering per l'abolizione della pena di morte

«Seguite il nostro esempio, abrogate la pena di morte». E' questo l'appello rivolto dal Presidente nella giornata internazionale ed europea contro la pena di morte. Particolarmente lieto di accogliere in Aula le infermiere bulgare e il medico palestinese condannati in Libia alla pena capitale, Pöttering ha sostenuto la necessità di denunciare - in occasione dei giochi olimpici - il ricorso a tale pena in Cina. Ha poi esortato la Presidenza a proseguire l'iniziativa europea a livello ONU.

Il Presidente PÖTTERING ha sottolineato che oggi non è solo la giornata internazionale contro la pena di morte, ma anche la "giornata europea", visto che così è stata proclamata dal Consiglio d'Europa, con il sostegno del Consiglio UE, della Commissione e del Parlamento europeo. In proposito si è detto particolarmente lieto di accogliere in Aula le infermiere bulgare e il medico palestinese che, condannati a morte in Libia sulla base di una calunnia, sono stati liberati dopo otto anni di carcere.

Il Presidente ha quindi aggiunto che la pena capitale è «una grande violazione dei diritti umani» e in particolare del diritto alla vita. Ribadendo l'opposizione del Parlamento a questo tipo di castigo, ha sottolineato che diversi paesi terzi - come il Ruanda - hanno abolito la pena di morte. Ha inoltre affermato che i prossimi giochi olimpici rappresentano un'occasione per rompere il muro di silenzio attorno alle sentenze capitali eseguite in Cina.

Pöttering ha poi ricordato l'iniziativa europea a livello ONU come primo passo verso l'abolizione della pena capitale ed ha esortato la Presidenza portoghese a continuare a promuoverla. Sottolineando l'impegno profuso dal Parlamento nella lotta contro la pena di morte, il Presidente ha riaffermato: «rifiutiamo la pena di morte, per qualsiasi motivo e in ogni sua forma». Ha quindi ricordato che gli Stati membri UE, sulla base di valori comuni, sono riusciti a creare una Comunità senza pena di morte. Questo principio, ha aggiunto, è previsto dalla Carta europea dei diritti fondamentali e, in proposito, ha sottolineato che essa diventerà vincolante con la prossima modifica dei trattati.

Prima di chiedere un minuto di silenzio per tutte le vittime della pena di morte, il Presidente ha evidenziato che l'eliminazione di questa punizione deve essere parte integrante della politica dell'Unione europea in quanto attore globale. Ha quindi concluso rivolgendo un appello a quei paesi in cui è ancora praticata: «seguite il nostro esempio, abrogate la pena di morte».

Link utili

Risoluzione del Parlamento europeo sulla moratoria universale in materia di pena di morte (27/9/2007)
Resoconto stenografico del dibattito in Aula (25/9/2007)
Risoluzione del Parlamento europeo sull'iniziativa a favore di una moratoria universale in materia di pena di morte (26/4/2007)
Orientamenti per una politica dell'Unione europea nei confronti dei paesi terzi in materia di pena di morte
La politica dell'UE sulla pena di morte (in inglese)
Sito web dell'ONU
Sito web del Consiglio d'Europa
Sito web di "Nessuno tocchi Caino"
Sito web della World Coalition against the death penalty

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Dibattito sulla ripartizione dei seggi del Parlamento
 

Se i tre grandi gruppi politici hanno appoggiato la proposta di ripartizione dei seggi avanzata dai relatori e fatta propria dalla commissione affari costituzionali, gli altri gruppi hanno espresso scetticismo o contrarietà. Tutti i deputati italiani intervenuti hanno contestato il metodo di calcolo che, fondandosi sulla popolazione invece che sulla cittadinanza, assegna all'Italia un numero di seggi inferiore a Francia e Regno Unito.

Interventi dei relatori

Dopo aver descritto i principali elementi della sua relazione e principi sui quali si basa la proposta di ripartizione dei seggi, Alain LAMASSOURE (PPE/DE, FR) ha sottolineato che si tratta di una soluzione provvisoria che dovrà essere sostituita da una formula automatica da applicare dopo i prossimi ampliamenti dell'UE. Ha quindi insistito sul fatto che la ripartizione si fonda sui dati Eurostat relativi alla popolazione, non essendo disponibili i dati sui cittadini. Il relatore ha poi sottolineato che gli emendamenti presentati «vanno contro lo spirito dei trattati. Ha inoltre ricordato che se il Consiglio non trovasse un accordo unanime, il numero di seggi totali del Parlamento resterebbe a 736. Ha quindi rivolto un appello a rinunciare «agli egoismi nazionali» e a dimostrare la coerenza del Parlamento.

Per Adrian SEVERIN (PSE, RO), la relazione proposta apporta dei miglioramenti alla situazione attuale, rinunciando a «raggruppamenti artificiali». Questo sistema, ha aggiunto, gode di maggiore rappresentatività demografica, maggiore solidarietà tra grandi e piccoli Stati membri e maggiore legittimità democratica. Ha quindi affermato che il Parlamento rappresenta, assieme, i cittadini e gli Stati membri. Il concetto di cittadinanza, ha proseguito, sarà trattato in futuro, quando dovranno adottarsi clausole di revisione che garantiscano flessibilità e adattabilità. Sostenendo che nessun Stato membro sarebbe penalizzato, ha esortato i colleghi a respingere gli emendamenti presentati e, al contrario, ad accogliere la soluzione «ragionevole» proposta. Anche perché è necessario che il Parlamento dimostri che è capace di decidere. Se così non fosse la CIG subirebbe un «colpo basso, prima ancora di iniziare i lavori, e ciò costituirebbe un preludio al fallimento». Ha quindi concluso appellandosi al senso di solidarietà e responsabilità europei.

Interventi in nome dei gruppi politici

Ingo FRIEDRICH (PPE/DE, DE), ricordando che la Germania è l'unico Stato membro che perde deputati, ha sottolineato l'importanza dell'aspetto europeo, che primeggia sugli altri. Auspicando che si giunga a un sistema «logico e duraturo», il deputato ha annunciato che il suo gruppo voterà a favore della relazione, anche per mandare un messaggio chiaro al Consiglio, il quale non avrà nessuna scusa per non prendere una decisione e ricominciare il negoziato.

Nell'annunciare il voto favorevole alla relazione da parte del suo gruppo, Richard CORBETT (PSE, UK) si è augurato che una grande maggioranza del Parlamento segua questa strada. A suo parere, il sistema proposto si concentra sulle principali anomalie attuali e comporta che nessun Stato membro si veda ridurre il numero di seggi rispetto a quanto previsto dal trattato di Nizza.

Accennando alla volontà di alcune delegazioni di difendere «il prestigio nazionale», si è detto sorpreso dell'atteggiamento del governo Prodi, visto che tutti - al Vertice di giugno - avevano accettato il principio della proporzionalità degressiva. Si è detto vieppiù sorpreso poiché l'Italia è tradizionalmente di un europeismo esemplare.  In proposito, ha sostenuto di aver personalmente accettato che il Regno Unito abbia un deputato in meno della Francia. Ha quindi concluso esortando il Parlamento a adottare la relazione e respingere tutti gli emendamenti, al fine di mandare un messaggio forte al Consiglio.

Anche Andrew DUFF (ALDE/ADLE, UK) ha affermato che il suo gruppo politico appoggerà la relazione per mandare un messaggio forte alla CIG: il Parlamento è stato in grado di rispondere alla richiesta del Vertice di decidere sulla sua composizione. Pur capendo coloro che intendono migliorare la rappresentatività della delegazione nazionale di appartenenza, ha sottolineato che gli emendamenti proposti sono contraddittori tra di loro e porterebbero al fallimento del sistema.

Riguardo alla richiesta italiana, anch'essa comprensibile, ha sottolineato che si tratta di una questione complicata che entra nel campo della sovranità nazionale e che non può essere risolta in una settimana. In proposito, ha ricordato che, dopo la CIG, la commissione per gli affari costituzionali tratterà tale argomento in una relazione specifica. Nel frattempo, però, occorre dare un solido sostegno alla relazione proponendo alla CIG una soluzione, non un problema.

Brian CROWLEY (UEN, IE) ha sottolineato anzitutto i notevoli cambiamenti demografici avvenuti in Europa dalla prima elezione del Parlamento a suffragio universale (1979, ndr). Ha tuttavia posto in luce il fatto che si è sempre garantito un equilibrio di rappresentanza tra le Istituzioni e tra gli Stati membri. Inoltre, ha evidenziato che i dati utilizzati dalla relazione sono provvisori per 15 dei 27 Stati membri, ma che rischiano di avere conseguenze permanenti. A suo parere, infine, occorre tenere conto dei futuri allargamenti e ha quindi rivolto un appello a procedere con cautela.

Johannes VOGGENHUBER (Verdi/ALE, AT) si è detto contrario alla relazione poiché il sistema stesso e la distribuzione proposta violano i valori fondamentali: il Parlamento rappresenta i cittadini, e non i poteri socio-economici come asserito dai relatori. Il concetto di cittadinanza, inoltre, è sancito dai trattati, dalla Carta dei diritti fondamentali, da diverse sentenze della Corte di giustizia e dalle norme in materia di elezioni europee.

Sylvia-Yvonne KAUFMANN (GUE/NGL, DE) ha riconosciuto che, all'interno del suo gruppo, vi sono divergenze di vedute. Personalmente si è detta favorevole alla relazione, che propone una soluzione equilibrata e trasparente e che garantisce la rappresentatività e la solidarietà tra Stati membri, rafforzando la coesione. Auspicando che il Consiglio appoggi la proposta del Parlamento, la deputata si è detta favorevole alla base di calcolo ed ha anche sostenuto che tutti i cittadini dei paesi terzi presenti negli Stati membri dovrebbero avere il diritto di voto alla elezioni europee.

Per Bernard WOJCIECHOWSKI (IND/DEM, PL) la solidarietà europea «è soltanto un mito» e, in proposito, ha citato tutta una serie di azioni volte a tutelare gli interessi tedeschi in Europa. A suo parere, inoltre, occorre trovare un metodo che funzioni veramente ed ha concluso sottolineando che la proposta non colpisce la Romania, Stato membro di appartenenza di uno dei relatori.

Secondo Luca ROMAGNOLI (ITS, IT) la relazione «è da rigettare sdegnosamente per il sotteso ideologico anti-italiano e per la pretestuosità degli argomenti tecnici versus quelli politici sui quali poggia». Non entrando nel merito di quanto ai suoi occhi conti lo ius sanguinis «rispetto al giacobinismo» dello ius loci - «evidentemente assente nei pensieri dei relatori e di chi ha commissionato l'iniziativa» - il deputato ha sottolineato che, per i relatori, «non contano fatti incontestabili in politica e la valutazione e il ruolo che l'Italia ha avuto e ha nell'istituzione dell'Europa». A suo parere, «il principio così malamente italianizzato di degressività proporzionale per ridefinire la ripartizione dei seggi fissata dal congelato trattato costituzionale, è stato applicato con evidente discriminazione dell'Italia, visto che per alcuni paesi si è lasciato il sistema per scaglioni, con macroscopiche forzature». Come ad esempio nel caso delll'Estonia alla quale, con il triplo di popolazione, «sono stati attribuiti gli stessi seggi di Malta».

Ha poi affermato: «Passi che alla Gran Bretagna sono computati tra gli aventi diritto al voto i residenti non cittadini europei e su questa base i relatori assegnano ad essa un seggio in più che all'Italia, anche se poi degli aventi diritto hanno votato per l'elezione del 2004 solo poco più di un terzo. Passi che alla Francia, che compone il corpo elettorale e sostanzia il suo profilo demografico con la stessa varietà di nascita della sua nazionale di calcio, vengano attribuiti due seggi in più che all'Italia. Passi l'ignavia del governo italiano che ha visto la fuga all'epoca dei preliminari del dibattito in Consiglio. Ma c'è qualcosa che non può passare! I relatori si attaccano al per loro opinabile significato di cittadinanza. Pretendono di considerare elettori quanti risiedono in Europa, pur avendo passaporto e cittadinanza extraeuropea. Ma escludono dal computo i cittadini che risiedono fuori dall'Europa». Questo, ha concluso, «dà la misura di una crassa, strumentale, inaccettabile discriminazione anti-italiana che con forza respingiamo!».

Interventi dei deputati italiani

Cristiana MUSCARDINI (UEN, IT) ha esordito sostenendo che la relazione sulla composizione dei seggi al Parlamento «contiene evidenti contraddizioni, rafforzate dalla lettera che i relatori hanno inviato ieri, quasi a giustificare la propria posizione, in merito a questioni tanto politicamente delicate, e stravolge il concetto giuridico di cittadinanza così come da sempre codificato». Il principio proposto, ha spiegato, «scavalca sia gli Stati nazionali che i trattati». Dal punto di vista giuridico, ha aggiunto, la cittadinanza europea «è lo stato giuridico in cui si trovano coloro e solo coloro che hanno la cittadinanza di uno Stato membro e che sono di conseguenza in possesso di tutti i diritti e i doveri collegati a questo status». Ed è la cittadinanza e non la residenza «che deve fare testo». Questa proposta, ha insistito, «stravolge anche l'impostazione data nel progetto del prossimo trattato che ben specifica invece chiaramente come il concetto di cittadinanza non abbia nulla a che vedere con quello di residenza».

Il Parlamento europeo, a suo parere, ha quindi perso una grande occasione per dimostrare anche alle altre istituzioni «la capacità di trovare al proprio interno soluzioni basate su principi giuridici riconosciuti e condivisi». Ha poi chiesto ai relatori il motivo per cui «non è stata nemmeno presa in considerazione la possibilità, per l'assegnazione dei seggi, del criterio del numero dei cittadini degli Stati membri invece di quello della popolazione residente». «Forse per avvantaggiare alcuni rispetto ad altri? Vedi il caso del Regno Unito che riconosce il diritto di voto per le elezioni europee anche a coloro che non sono cittadini dell'Unione». Affermare che nessuno è stato penalizzato rispetto agli accordi di Nizza, ha poi aggiunto, «mi sembra un'evidente forzatura alla quale altri saranno chiamati a porre rimedio».

Ha quindi annunciato il voto contrario alla relazione che, a suo parere, penalizza tutti i paesi dell'Unione e non solo l'Italia. E' anche penalizzante «per la democrazia rappresentativa e per il futuro trattato» che contiene linee guida e principi su cui dovrebbe essere basata la distribuzione dei seggi del Parlamento. Ha poi concluso affermando che «non si può prescindere dal concetto di cittadinanza europea quale fondamento della legittimità democratica della nostra Assemblea».

Roberto MUSACCHIO (GUE/NGL, IT) si è detto favorevole a un ruolo decisivo del Parlamento europeo «che spesso viene negato». Tuttavia, con questa proposta, «sembra che i governi vogliano usare strumentalmente» l'Assemblea. La proposta, ha insistito, «è sbagliata», non solo perché «l'Italia viene penalizzata», ma soprattutto perché «le ragioni di questa penalizzazione sono sbagliate». Ha quindi spiegato: «si rompe una storica parità, soprattutto si differenzia l'attribuzione dei seggi in nome a una popolazione residente a cui non viene attribuito il diritto di cittadinanza. E viene penalizzato chi, come l'Italia ha attribuito il diritto di voto ai cittadini non residenti nel paese».

A suo parere, invece, occorre «una cittadinanza di residenza che abbia la possibilità però, non solo di contare per il numero di parlamentari da eleggere, ma per esprimere il diritto di voto e per essere eletti». E' poi necessario garantire «la rappresentanza delle minoranze politiche e dei piccoli Stati, indicandolo espressamente nei criteri da seguire nelle leggi elettorali nazionali e occorre ragionare su forme nuove che valorizzino i partiti europei e la loro capacità di presentarsi come tali alle elezioni». Visto che nulla di questo è presente nella relazione, il deputato ha annunciato di non votare a favore.

Alfonso ANDRIA (ALDE/ADLE, IT), pur riconoscendo il non facile compito dei relatori, si è detto «piuttosto perplesso» del risultato del loro lavoro, «sia dal punto di vista giuridico che sotto il profilo squisitamente politico». La proposta, ha spiegato, fa riferimento per la prima volta ad un criterio di calcolo basato sulla popolazione residente in ogni Stato membro, sostituendolo al criterio di cittadinanza. E, in proposito, ha sottolineato l'esistenza di «un problema di coerenza giuridica e politica rispetto all'articolato del futuro trattato di riforma», che pone esplicitamente il principio della rappresentanza dei cittadini europei. Ma, ha aggiunto, la questione sembra anche politica, poiché viene «opacizzata» la funzione di voce e di espressione dei cittadini del Parlamento, «per giunta in un momento in cui l'Unione si impegna a diffondere la cultura della cittadinanza europea, dell'identità e dei diritti dei cittadini europei».

In seguito, ha esortato a non ridurre la questione «a livello di rivendicazione nazionale» o, peggio, a sminuirla «a mero problema quantitativo». Ciò, a suo parere, «sarebbe assolutamente un approccio riduttivo e banale, francamente ingeneroso verso la reputazione italiana». Il deputato ha poi rilevato «una disparità di trattamento e una disomogeneità tra uno scaglione e l'altro», mentre spesso i parametri di riferimento «non sempre giustificano lo scarto di seggi tra un paese e l'altro». Ha pertanto concluso invitando i colleghi a votare in modo coerente con quanto stabiliscono i trattati «e con quanto fin qui, è stato e dovrebbe essere il nostro ruolo di parlamentari: espressione di una cittadinanza».

Riccardo VENTRE (PPE/DE, IT) ha sottolineato che è «triste il discriminare dei paesi e dei parlamentari che cercano soprattutto di far rispettare dei principi basilari».  La relazione, ha spiegato, «è una costruzione probabilmente buona ma che si fonda su basi di sabbia». In effetti, lede «nella sua interezza e nella sua pregnanza» il principio giuridico della cittadinanza. Pur riconoscendo che manca la certezza della base elettorale, ha sottolineato che è su questa incertezza che si intende costruire un criterio «che ci porterà ad una composizione assolutamente non rispettosa delle preesistenze e dei cittadini».

Ciò, inoltre, rischia di portare come ulteriore conseguenza di fronte alla Corte di giustizia, perché è naturale rivolgersi ad essa se ci si vede lesi, «come momento di decisione suprema». Ha quindi concluso lanciando un appello al governo italiano - «che ha mostrato grandissima debolezza fino ad oggi in questa vicenda» - affinché «finalmente trovi un momento di orgoglio e possa porre e esercitare il diritto di veto rispetto a questa proposta».

Link utili

Progetto di trattato
Testo del mandato alla CIG

Riferimenti

Alain LAMASSOURE (PPE/DE, FR) e Adrian SEVERIN (PSE, RO)
Relazione sulla composizione del Parlamento europeo
Procedura:  Iniziativa
Dibattito: 10.10.2007
Votazione: 11.10.2007

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Vertice di Lisbona: maggioranza a favore della riforma, ma con qualche rammarico
 

In vista del Consiglio europeo che, il 18 e il 19 ottobre, dovrebbe approvare la riforma dei trattati, si è tenuto un ampio dibattito in Aula in cui gran parte dei deputati ha difeso i miglioramenti previsti. Alcuni di essi, auspicando maggiori progressi, non hanno però nascosto una certa delusione, in particolare sulla "leggibilità" del nuovo testo e sulle deroghe previste.

Interventi dei rappresentanti del Parlamento europeo alla CIG

Elmar BROK (PPE/DE, DE) si è dichiarato ottimista circa una conclusione positiva del vertice di Lisbona, che dovrebbe segnare l'accordo di tutti i paesi membri sul nuovo trattato. Se approvato, ha aggiunto, il progetto di riforme dei trattati garantirà un'Unione più efficace e più democratica. Al riguardo ha evidenziato in particolare il rafforzamento del ruolo del Parlamento europeo nel processo decisionale.

Enrique BARÓN CRESPO (PSE, ES) ha sottolineato un progresso importante, garantito anche dall'azione del Parlamento europeo: l'articolo sulla cittadinanza europea, che era stato relegato nel progetto di riforme nel cosiddetto Trattato sul funzionamento dell'UE, «è tornato ad avere il posto che gli spetta nel trattato sull'Unione europea».

Andrew DUFF (ALDE/ADLE, UK) ha espresso la sua preoccupazione per l'emergere di «un'Europa self-service», dovuta soprattutto, alla richiesta inglese di esclusione della Gran Bretagna dalle decisioni nel campo della giustizia e degli affari interni e dei diritti fondamentali.

Interventi in nome dei gruppi politici

Joseph DAUL (PPE/DE, FR) ha ricordato il forte sostegno del suo gruppo al progetto di trattato, «per avere un'Europa capace di funzionare a 27». Il progetto di riforme, infatti, rappresenta un «buono strumento per rispondere alle attese dei cittadini».

Martin SCHULZ (PSE, DE) si è dichiarato ottimista per il vertice di Lisbona. Soffermandosi poi sul processo di ratifica che seguirà l'eventuale approvazione delle riforme, ha spiegato che il fallimento di tale fase «rappresenterebbe la fine dell'UE così come ora è concepita».

Graham WATSON (ALDE/ADLE, UK) si è detto d'accordo che il fallimento del vertice di Lisbona sarebbe una «tragedia», poiché, con le regole attuali,le  istituzioni europee non potrebbero funzionare.

Per Konrad SZYMAŃSKI (UEN, PL), se si vuole concludere con successo il summit di Lisbona, non bisogna criticare, in questa delicata fase di negoziazione, le posizioni della Polonia e della Gran Bretagna.

Secondo Monica FRASSONI (Verdi/ALE, IT), a pochi giorni dalla conclusione della Conferenza intergovernativa, «ci prepariamo alla solita notte, alla solita giornata di mercanteggiamento come è sempre successo, che si salderà come sempre con un compromesso al ribasso». Ha poi spiegato che la lettura dei vari testi - «riusciti ad ottenere attraverso canali pseudo-segreti» - dimostrano che i testi sono di lettura «molto complicata».  In proposito, ha sottolineato che i negoziatori «non hanno nessun interesse a spiegare e a coinvolgere i loro cittadini» in quello che avrebbe dovuto essere «un momento importante della loro vita democratica». Un testo aggiunto «oscuro, pieno di postille e deroghe che indeboliscono l'Unione europea, in particolare in materia di politica estera e di chiarezza del diritto».

La co-presidente dei Verdi ha poi sostenuto che il negoziato - «totalmente in mano ai governi» - è stato condotto «alle spalle dei cittadini e approfittando del fatto che le infinite disquisizioni linguistiche e burocratiche hanno avuto ragione di quella passione e di quella partecipazione democratica che, nel bene o nel male, aveva caratterizzato la stagione della convenzione e anche quella dei referendum». A suo parere, inoltre, i tre rappresentanti del Parlamento ai lavori della CIG «non sono riusciti a migliorare in modo sensibile la trasparenza del processo». Se sono forse riusciti a ridurre i danni, ha aggiunto, «non hanno potuto portare alcun particolare miglioramento perché non ne avevano lo spazio».

Ha quindi sostenuto di non vedere per quale ragione «dobbiamo essere considerati e considerarci co-responsabili di questo testo». Né perché «dobbiamo dire che se questo non passa sarà la tragedia e che il testo è fantastico». Questo testo, ha invece esclamato, «è orribile!». Qualsiasi lettore, ha spiegato, si rende chiaramente conto «che non è questo che i cittadini volevano». Ha tuttavia, affermato che «è evidente che è meglio che niente» e bisogna essere «responsabili e credibili rispetto ai cittadini». Pertanto, nonostante le lacune,  ha chiarito che avrebbe appoggiato il compromesso. Nel farlo, tuttavia, ha sottolineato che «non possiamo mentire e non possiamo dire che questo è il massimo a cui potevamo arrivare, perché i governi ci hanno scippato questo processo costituzionale e lo hanno reso quello che è, mentre poteva sicuramente essere molto meglio».

Francis WURTZ (GUE/NGL, FR) ha affermato la contrarietà del suo gruppo al progetto di riforme. Ha spiegato: «Siamo contrari non per nazionalismo, ma perché nessuna delle critiche di fondo, che hanno caratterizzato il dibattito sul progetto di costituzione, è stata ripresa».

Jens-Peter BONDE (IND/DEM, DK) ha sottolineato che il nuovo progetto di riforme non è diverso da quello della Costituzione. Inoltre, «il testo è illeggibile, troppo ampio e contro gli interessi dei cittadini europei». Ha poi criticato la decisione, di alcuni Stati, di non tenere un referendum sul nuovo trattato.

Frank VANHECKE (ITS, BE) ha criticato le nuove competenze in materia d'immigrazione che comporterebbe il progetto di riforme, se approvato. Il rischio, secondo il deputato, sono decisioni prese «in modo non trasparente».

Interventi dei deputati italiani

Alessandro BATTILOCCHIO (NI, IT) ha voluto sottolineare che, in vista del prossimo Vertice, "cittadino europeo" è chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro secondo il diritto nazionale. In proposito, ha spiegato che è quindi cittadino chiunque usufruisca dei diritti che tale status gli riserva, primo fra tutti il diritto di voto e il diritto di essere eletto membro del Parlamento europeo. «Per chi lavoriamo da anni quando parliamo di diritto alla libera circolazione, all'educazione, alla salute, al lavoro, alla dignità se non per i cittadini che ci hanno democraticamente eletti?», si è quindi chiesto il deputato.

A suo parere, inoltre, non meno importante è mantenere «il mutuo rispetto tra gli Stati membri», ricordando che un gentleman agreement «sancisce da decenni la parità di peso tra i tre maggiori Stati dell'UE dopo la Germania». Sul piano linguistico, ha aggiunto, questa parità «è già stata violata innumerevoli volte» e la proposta di relazione «vuole eliminare tale parità anche sul peso politico». Se questa è l'impostazione di fondo, ha ammonito, «non meravigliamoci troppo che sia così difficile trovare un accordo per definire un futuro insieme». Il Vertice europeo, ha concluso, «rifletta quindi a fondo sui concetti di cittadinanza europea e di legittimità democratica».

Link utili

Progetto di trattato
Testo del mandato alla CIG
Comunicazione della Commissione sulla Strategia di Lisbona (versione inglese e francese)

Riferimenti

Dichiarazioni del Consiglio e della Commissione - Preparazione del Vertice informale dei capi di Stato e di governo (Lisbona, 18 e 19 ottobre 2007)
Dibattito: 10.10.2007

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Stop alla discriminazione dei bambini dislessici
 

Disfasia, disprassia, dislessia, discalcolia e disturbi da deficit dell'attenzione, devono essere riconosciuti come handicap. E' quanto afferma il Parlamento chiedendo la promozione delle migliori pratiche in materia di informazione, individuazione, diagnosi e presa a carico in strutture adeguate, in ambiente ordinario o specializzato. Per i deputati, infatti, solo così è possibile evitare la discriminazione dei bambini affetti da questi disturbi "che invalidano precocemente la comunicazione".

Aprendo la seduta, il Presidente ha annunciato all'Aula che, avendo raccolto più di quattrocento firme, una dichiarazione scritta promossa da diversi deputati - tra cui Roberta ANGELILLI (UEN, IT) - sulla discriminazione e l'esclusione sociale dei bambini "dis", è diventata posizione ufficiale del Parlamento europeo.

Con la dichiarazione, i deputati ricordano anzitutto che, ogni anno, oltre il 10% dei bambini sono interessati da disturbi "dis" (disfasia, disprassia, dislessia, discalcolia nonché colpiti da disturbi da deficit d'attenzione, ecc.). Tuttavia, occorre affinare le statistiche su queste patologie «che invalidano precocemente la comunicazione», anche perché restano non identificate in numerosi Stati membri.

Il Parlamento chiede pertanto alla Commissione e al Consiglio di elaborare una carta dei bambini "dis" e favorire il riconoscimento di tali disturbi quali handicap. Ma occorre anche promuovere le migliori pratiche per quanto riguarda: l'accessibilità dell'informazione, la precocità dell'individuazione, del depistaggio, della diagnosi sistematica e della presa a carico, le strutture pedagogiche efficaci in ambiente ordinario specializzato per bambini, adolescenti e giovani adulti, nonché le strutture di inserimento professionale adeguate. A loro parere, infatti, «solo una presa a carico precoce, intensiva e interdisciplinare in strutture adeguate - in ambiente scolastico ordinario con l'accompagnamento adatto o in una struttura specializzata - permette di evitare la "dis"criminazione dei bambini».

Infine, il Parlamento chiede di rafforzare la ricerca su tali disturbi anche nel Settimo programma quadro di ricerca e di promuovere ed incoraggiare la creazione di una rete interdisciplinare europea per i disturbi specifici dell'apprendimento (learning specific difficulties), per «raccogliere e studiare le informazioni nonché favorire il coordinamento delle azioni transfrontaliere e il dialogo istituzionale».

 

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