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RESOCONTO

 

8 maggio 2008

Bruxelles

 

 

 


Norme UE per tutelare lo sport dalle nuove minacce
 

Lo sport è importante nelle società europee, specie per l’inclusione sociale. Ma è insidiato da pressioni commerciali, doping, partite truccate, frodi nelle scommesse, sfruttamento dei minori e violenza. E’ quanto sostiene il Parlamento sollecitando misure per garantire la trasparenza finanziaria e il controllo dei costi dei club, nonché il sostegno finanziario dello sport non professionistico e la riduzione dell'IVA sulle attività sportive. Chiede poi norme UE sulle scommesse e maggiore impegno nella lotta contro il doping. Auspicando la libera circolazione degli atleti in Europa, rileva il diritto dei telespettatori di assistere ai grandi eventi. Chiede poi una direttiva sui procuratori e il potenziamento dell'educazione fisica nelle scuole.

 

Nel 2004, lo sport ha generato un valore aggiunto di 407 miliardi di euro, ossia il 3,7% del PIL dell'UE, dando lavoro a 15 milioni di persone e garantendo un'occupazione pari al 5,4% della forza lavoro. Il 60% circa dei cittadini europei partecipa in modo regolare ad attività sportive, in modo autonomo o inquadrato in una delle 700.000 società sportive esistenti. E' quanto ricorda il Libro Bianco della Commissione sullo sport, il cui obiettivo è dare un orientamento strategico sul ruolo dello sport in Europa e migliorarne la visibilità nel processo decisionale europeo. Tratta inoltre dell’applicazione del diritto UE allo sport ed esamina possibili ulteriori azioni a livello europeo.

 

Approvando con 518 voti favorevoli, 49 contrari a 9 astensioni la relazione di Manolis MAVROMMATIS (PPE/DE, EL) in risposta al Libro Bianco, il Parlamento sottolinea che lo sport europeo «è parte inalienabile» dell'identità, della cultura e della cittadinanza europee. Esso svolge inoltre «un ruolo molto importante nelle società europee», in particolare per l’inclusione sociale e per la promozione del dialogo interculturale. Ma ammonisce che alcuni settori dello sport di competizione «devono far fronte a nuove minacce e sfide come le pressioni commerciali, lo sfruttamento dei giocatori e degli sportivi minorenni, il doping, il razzismo, la violenza, le partite truccate, la corruzione, le frodi nelle scommesse e il riciclaggio di denaro sporco».

 

Il Parlamento chiede poi di garantire «chiarezza, coerenza e visibilità pubblica» alle disposizioni UE e a chiarire lo status dello sport nel diritto comunitario, in determinati aspetti, come la composizione delle squadre, lo status degli agenti dei giocatori, i diritti audiovisivi, ecc.. D’altro canto, ritiene che «la maggior parte dei problemi possono essere risolti mediante l'autoregolamentazione». Sollecita inoltre che nel bilancio del 2009 sia iscritta una linea speciale per le azioni preparatorie nel settore dello sport poiché il trattato di Lisbona, se ratificato, prevede misure per incitare in questo settore. Auspica anche il finanziamento di infrastrutture e di progetti legati allo sport con il Fondo di sviluppo regionale. La dimensione sportiva, a suo parere, andrebbe adeguatamente integrata nelle politiche e nei programmi di finanziamento UE.

 

Il Parlamento sottolinea anche l'importanza di rendere disponibile un maggiore sostegno finanziario allo sport non professionistico e, proprio per assicurare fondi permanenti di finanziamento, chiede il mantenimento dell'attuale sistema di finanziamento pubblico attraverso i contributi delle lotterie statali e degli organismi autorizzati dell'industria del gioco d'azzardo «a favore dell'interesse generale».

 

Trasparenza finanziaria e controllo dei costi

 

Per i deputati, l'applicazione delle norme di concorrenza allo sport comporta un divario crescente tra i club sportivi a beneficio di quelli più ricchi o più prestigiosi e pregiudica lo svolgimento equo delle competizioni sportive, contraddicendo così le disposizioni del trattato intese a promuovere l'equità e l'apertura nelle competizioni sportive. A causa della grande massa di capitali investita nei trasferimenti di giocatori, raccomandano inoltre l'adozione di misure volte a conseguire la trasparenza finanziaria e il controllo dei costi nello sport europeo, per assicurare la stabilità, ma anche «una situazione paritaria» fra i concorrenti europei nel settore dello sport.

 

IVA ridotta alle attività sportive, lotta alla pirateria e norme comuni per le scommesse

 

Il Parlamento rileva che i regimi fiscali discriminatori applicati negli Stati membri a favore degli sportivi «possono avere effetti distortivi sulla concorrenza». Sottolinea poi la necessità di continuare a prevedere la possibilità di applicare tassi di IVA ridotta alle attività sportive, «a motivo del loro importante ruolo sociale e del loro stretto legame con la comunità locale».

 

Inoltre, per proteggere l'economia dello sport professionistico, il Parlamento sollecita nuove norme legislative e/o il rafforzamento di quelle esistenti sul rispetto dei diritti della proprietà intellettuale relativi alle comunicazioni commerciali, ai brevetti e alle immagini, ai nomi, ai diritti dei media e agli altri diritti derivati delle manifestazioni sportive organizzate. Per i deputati, peraltro, dovrebbero essere affrontati in via prioritaria i problemi della commercializzazione "imboscata", la pirateria Internet e le scommesse sportive illegali.

 

Per i deputati, infatti, le scommesse sportive «si sono sviluppate in modo incontrollato», in particolare quelle transfrontaliere su Internet. I recenti casi esplosi nell'UE di partite truccate e di scandali legati alle scommesse, a loro parere, compromettono «l'integrità dello sport e delle competizioni sportive». Preoccupati per una possibile deregolamentazione del mercato dei giochi d'azzardo e delle lotterie, sollecitano misure «che assicurino la protezione dello sport da qualsiasi influenza indebita connessa al mondo delle scommesse» e norme che garantiscano la trasparenza del settore delle scommesse sportive nell'UE, «impedendo l'abuso e la corruzione».

 

Diritti TV e dei telespettatori

 

I diritti dei mezzi d'informazione sono divenuti «una delle principali fonti di reddito dello sport professionistico in Europa». Il Parlamento riconosce il diritto di tutti i mezzi di comunicazione di accedere a manifestazioni sportive «di estremo interesse per il pubblico», ma anche quello degli Stati membri di poter adottare misure per garantire un ampio accesso del pubblico alla copertura televisiva di eventi sportivi «di particolare rilevanza», come le Olimpiadi, la Coppa del mondo e il Campionato europeo di calcio. Ribadisce quindi il sostegno agli Stati membri che individuano gli eventi da trasmettere "in chiaro" e condanna le azioni penali della FIFA a tale riguardo.


 

Raccomandando la vendita collettiva dei diritti audiovisivi, sottolinea inoltre che occorre «un'equa ridistribuzione del reddito» tra le società sportive, comprese quelle più piccole, nell'ambito delle leghe e tra di esse e tra sport professionistico e dilettantistico, «in modo da evitare una situazione in cui soltanto le grandi società beneficiano dei diritti audiovisivi».

 

Libera circolazione degli atleti e tutela dei giovani talenti

 

I deputati reputano necessario che gli atleti professionisti «dispongano di un ampio e trasparente spettro di diritti come gli altri lavoratori». Ricordando poi che la legislazione antidiscriminatoria UE è applicabile allo sport, reputano che vi siano casi in cui «restrizioni limitate e proporzionate alla libera circolazione» possono essere utili e necessarie per favorire lo sport negli Stati membri. D’altro canto, chiedono di «non introdurre nuove norme che creino discriminazioni dirette fondate sulla nazionalità (come la norma 6+5 proposta dalla FIFA)». Allo stesso tempo, ritengono opportuno sostenere le squadre nazionali visto il loro ruolo essenziale dal punto di vista dell'identità.

 

Il Parlamento, d’altro canto, chiede alla Commissione di riconoscere la legalità di misure atte a favorire la promozione dei giocatori provenienti da programmi di formazione, come per esempio, un numero minimo di giocatori formati localmente nelle squadre professionistiche a prescindere dalla loro nazionalità. Ma occorre combattere lo sfruttamento dei ragazzi applicando rigorosamente le leggi esistenti e applicando rigorosamente il divieto di trasferimento all'interno dell'UE di giocatori di età inferiore ai 16 anni. Raccomanda inoltre di fornire ai giovani una formazione per una doppia carriera, sportiva e accademica, per garantire il reinserimento degli sportivi professionisti nel mercato del lavoro al termine della loro carriera.

 

Condanna inoltre le pratiche illegali di alcuni procuratori di giocatori professionisti e i conseguenti casi di corruzione, riciclaggio di denaro e sfruttamento di giocatori minorenni, e invita la Commissione a sostenere gli sforzi delle associazioni sportive per regolamentare le attività dei procuratori sportivi, se necessario presentando una proposta di direttiva a tale riguardo.  Insiste poi sull'esigenza di rispettare la normativa in materia di immigrazione allorché si reclutano giovani talenti stranieri e chiede di affrontare il problema della tratta di esseri umani, in particolare di bambini.

 

Norme comuni per lottare contro il doping

 

Il doping «mina il principio della competizione trasparente e leale sottoponendo gli atleti e le atlete a pressioni ingiustificabili». Il Parlamento chiede di concordare un'impostazione legislativa comune sul doping per assicurare un trattamento giuridico equivalente nei Ventisettein tutti gli Stati membri e definire posizioni comuni in seno agli organismi internazionali. Esortando gli Stati membri a trattare il traffico di sostanze dopanti illegali «alla stessa stregua del traffico di droghe», chiede misure per prevenire e contrastare il doping, evitando «programmi sovraccarichi che mettano gli atleti sotto pressione».

 

Per i deputati, occorre in primo luogo rafforzare le reti esistenti e, in seguito, stabilire nuove forme di cooperazione tra le forze dell'ordine, i laboratori accreditati, Europol e Interpol per uno scambio di informazioni tempestivo e sicuro sulle nuove sostanze dopanti e sulle nuove pratiche. Occorre poi lottare contro le irregolarità tramite controlli e monitoraggi a lungo termine da parte di medici indipendenti, l'istruzione, la prevenzione e la formazione. Chiedono inoltre di rendere disponibili stanziamenti per la ricerca sul doping via il Settimo programma quadro e il Programma di sanità pubblica.


 

Lotta alla violenza e al razzismo e ruolo dei tifosi

 

La violenza durante le manifestazioni sportive «permane un problema irrisolto». Il Parlamento chiede quindi agli Stati membri e agli organi di governo del settore sportivo di promuovere attivamente il ruolo sociale e democratico dei tifosi, incoraggiando la creazione e lo sviluppo di federazioni di tifosi e incitando il loro coinvolgimento nella gestione e nell’amministrazione del gioco. Sollecita inoltre «immediate e più rigorose sanzioni contro il razzismo e la violenza», in campo o sugli spalti e chiede ai club sportivi di avviare campagne contro il razzismo e la xenofobia esercitati prima, durante e dopo gli incontri sportivi, all'interno e all'esterno degli stadi. D'altro canto, invita gli Stati membri a instaurare un sistema operativo tra forze dell'ordine, iniziative di tifosi, gruppi ed esperti locali antiviolenza e autorità sportive per controllare i gruppi di tifosi a rischio, al fine di prevenire e contrastare i casi di violenza, il razzismo e la xenofobia.

 

Lo sport a scuola e come fattore di inclusione sociale

 

La mancanza di attività fisica favorisce l'obesità e le patologie croniche come le malattie cardiovascolari e il diabete, gravando sui bilanci sanitari nazionali, mentre negli ultimi dieci anni è diminuito il numero di lezioni di educazione fisica nelle scuole. Il Parlamento chiede quindi di promuovere lo sport e l'educazione fisica quali elementi importanti di un'educazione di qualità e per rendere le scuole più attrattive. Anche perché lo sport insegna ai giovani «i valori della tolleranza e del reciproco rispetto, dell'onestà e del rispetto delle regole del fair play ».

 

I deputati appoggiano inoltre lo sviluppo di strategie nazionali volte ad ampliare e a potenziare l'attività fisica degli alunni fin da un'età molto precoce e sottolinea l'importanza di finanziare nelle scuole l'attività motoria. Plaudono poi all'intenzione della Commissione di introdurre l'assegnazione di un distintivo europeo alle scuole che sostengono e promuovono attivamente l'esercizio fisico nell'ambito dei programmi scolastici. Invitano inoltre gli Stati membri a predisporre il quadro per organizzare i campionati scolastici europei e i campionati universitari europei, al fine di preparare i giovani alla prestazione e incoraggiare il dialogo interculturale.

 

Il Parlamento, infine, sottolinea che lo sport è uno degli strumenti più efficaci per l'integrazione sociale di persone provenienti da ambienti non privilegiati e dei migranti. Invita quindi gli Stati membri ad inserire attività sportive e programmi nelle azioni finanziate dal Fondo sociale europeo allo scopo di conseguire l'integrazione sociale e l'inclusione dei gruppi svantaggiati. Sollecita inoltre la Commissione e gli Stati membri a sostenere azioni e iniziative concrete per promuovere una maggiore integrazione dei soggetti disabili nelle discipline sportive tradizionali.

 

Link utili

 

Libro bianco sullo sport
Risoluzione del Parlamento europeo sul ruolo dello sport nell'educazione (13.11.2007)
Risoluzione del Parlamento europeo sul futuro del calcio professionistico in Europa (29.3.2007)
Dichiarazione del Parlamento europeo sulla lotta al razzismo nel calcio (14.3.2006)
Risoluzione del Parlamento europeo sulla lotta contro il doping nello sport (14.4.2005)

 

 

Riferimenti

 

Manolis MAVROMMATIS (PPE/DE, EL)

Relazione sul Libro bianco sullo sport

Procedura: Iniziativa

Dibattito: 8.5.2008

Votazine: 8.5.2008

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Diritti umani: il 2010 sia l'Anno europeo della non violenza
 

Rafforzare la politica estera, sostenere i tribunali internazionali e creare una rete di democrazie su scala mondiale. E' quanto chiede il Parlamento per promuovere la difesa non violenta dei diritti umani nel mondo. Occorre attuare la moratoria sulla pena di morte e combattere la discriminazione razziale, religiosa, di genere (mutilazioni genitali) e sull'orientamento sessuale. Il 2010 andrebbe proclamato "Anno europeo della non violenza". Cina, Iran e Russia sono severamente criticati.

 

Approvando con 533 voti favorevoli, 63 contrari e 41 astensioni la relazione di Marco CAPPATO (ALDE/ADLE, IT), il Parlamento europeo riafferma anzitutto che i diritti dell'uomo sono diritti universali e indivisibili, «il cui concreto ed effettivo rispetto è garanzia indispensabile per l'attuazione e il rispetto della legalità e dell'ordinamento internazionale, per la promozione della pace, della libertà, della giustizia e della democrazia».

 

Il Parlamento deplora quindi che l'UE «sia ancora lontana dal realizzare una politica coerente e di grande impatto in materia di affermazione e promozione dei diritti dell'uomo nel mondo». Ritiene inoltre che, «per compiere un salto di qualità», sia necessario rafforzare la politica estera e di sicurezza comune (PESC), «spesso ostacolata dal prevalere degli interessi nazionali degli Stati membri». Occorre inoltre assicurare che la PESC persegua «rigorosamente» l'obiettivo della promozione dei diritti umani e compiere maggiori sforzi per migliorare la capacità dell’UE di rispondere rapidamente alle violazioni dei diritti umani da parte di paesi terzi, in particolare con l’integrazione dei diritti umani in tutte le sue politiche esterne.  Il Parlamento deplora peraltro che le clausole sui diritti umani e la democrazia, «un elemento essenziale di tutti gli accordi di cooperazione e partenariato con paesi terzi», non siano ancora attuate in modo concreto.

 

I deputati ritengono inoltre che uno dei principali obiettivi politici dell'UE per assicurare l’effettivo rispetto dei diritti umani deve essere il sostegno ai tribunali internazionali. Chiedono quindi di continuare a promuovere la ratifica dello Statuto di Roma e l’adozione della necessaria legislazione attuativa nazionale sul Tribunale penale internazionale. A tale riguardo esortano gli 87 paesi che non vi hanno ancora provveduto a ratificare quanto prima lo Statuto (tra questi figurano: Arabia Saudita, Cina, Corea, Emirati Arabi, India, Iran, Iraq, Israele, Monaco, Pakistan, Repubblica ceca, Russia, Tailandia, Turchia e USA). Più in generale, sollecitano la piena collaborazione ai meccanismi internazionali di giustizia penale, in particolare consegnando i latitanti alla giustizia, e il loro rafforzamento.

 

Il Parlamento ritiene peraltro che le istituzioni internazionali, l'UE e tutti gli Stati membri abbiano il dovere di agire per la rimozione degli ostacoli al pieno godimento in tutto il mondo del diritto alla democrazia, «un diritto umano universale storicamente acquisito e riconosciuto». Chiede quindi di creare un'autentica rete di democrazie su scala mondiale trasformando e rafforzando le organizzazioni esistenti.

 

Per i deputati, d'altronde, «la difesa non violenta dei diritti umani» è lo strumento più adeguato «per il pieno godimento, l'affermazione, la promozione e il rispetto dei diritti dell'uomo fondamentali». E' pertanto necessario che la sua diffusione divenga obiettivo prioritario per l’Unione europea. Propongono poi che nel 2009 sia convocata una Conferenza europea sulla non violenza e che l'anno 2010 sia dichiarato "anno europeo della non violenza", chiedendo agli Stati membri di adoperarsi, sotto l'egida delle Nazioni Unite, affinché si proclami il "decennio della non violenza 2010-2020".

 

Il Parlamento rileva che l’UNHRC «ha le potenzialità per diventare un prezioso quadro di riferimento per le iniziative multilaterali dell’Unione europea nel campo dei diritti umani». Insistendo inoltre sulla trasparenza del processo di rinnovo dei titolari di mandato e sulla necessità di adoperarsi per la nomina di candidati indipendenti, invita l'UE a premere per la definizione di criteri per l’elezione a membro dell’UNHCR. L'UE dovrebbe poi impegnarsi con i governi democratici ad avviare una cooperazione in seno all’UNHRC al fine di garantire il successo di iniziative mirate, poiché solo con l'azione concertata di un’alleanza interregionale di Stati democratici gli sforzi nel campo dei diritti umani possono risultare efficaci nelle sedi ONU.

 

Il Parlamento si compiace della risoluzione 62/149 adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 2007, che chiede una moratoria universale sulla pena di morte. Esorta pertanto il Consiglio ad aggiornare gli orientamenti sulla pena di morte al fine di sostenere tutte le attività volte alla piena applicazione della risoluzione ONU. Inoltre, esprimendo apprezzamento per l'abolizione della pena di morte in taluni paesi, si dice preoccupato per la possibilità che la pena capitale possa essere ripristinata in Guatemala. Pur plaudendo alla decisione della Cina di far riesaminare dalla Corte suprema tutte le condanne alla pena capitale, i deputati sottolineano che la Cina «è lo Stato che effettua più esecuzioni al mondo». Condannano poi l'applicazione della pena di morte in Bielorussia e il crescente ricorso del regime iraniano alle esecuzioni capitali, anche di minorenni.

 

I deputati reiterano poi il loro appello affinché tutte le discussioni con i paesi terzi in materia di diritti umani e democrazia affrontino in modo esplicito i temi relativi alla discriminazione, tra cui le questioni riguardanti le minoranze etniche, nazionali e linguistiche, la libertà religiosa, «comprese l’intolleranza nei confronti di qualunque religione e le pratiche discriminatorie ai danni delle minoranze religiose». Sollecitano inoltre l'UE a svolgere un ruolo di primo piano in occasione della Conferenza di aggiornamento di Durban nel promuovere un testo equilibrato che punti alla lotta al razzismo «anziché a delegittimare Stati democratici e attizzare l’odio», come avvenuto nel 2001. Chiedono anche di rafforzare la cooperazione tra il Consiglio d’Europa e l’UE nel campo della difesa dei diritti delle minoranze e delle lingue regionali e minoritarie ed esortano lo sviluppo di una strategia europea quadro per i Rom.

 

I deputati condannano «senza riserve» tutte le forme di sfruttamento di minori, che si tratti di forme di sfruttamento sessuale, compresa la pornografia infantile e il turismo pedofilo, o di lavoro forzato, oltre a tutte le forme di tratta di esseri umani. Invitano poi la Commissione e gli Stati membri a riconoscere come grave problema afferente ai diritti umani - ed ad intervenire per risolverlo - quello delle migliaia di "bambini di strada" e dei bambini costretti «alla degradante pratica dell'accattonaggio», chiedendo agli Stati membri di introdurre sanzioni nei confronti dei responsabili.

 

Il Parlamento insiste inoltre affinché la questione dei diritti delle donne sia affrontata esplicitamente nell'ambito di tutti i dialoghi sui diritti umani, e in particolare la questione della lotta e dell'eliminazione di tutte le forme di discriminazione e di violenza contro le donne e le ragazze. Fra queste cita «l’aborto selettivo dei feti femminili» e tutte le «pratiche tradizionali nocive», ad esempio la mutilazione genitale femminile o il matrimonio in età precoce o forzato, tutte le forme di tratta di esseri umani, la violenza domestica e l'uccisione di donne, lo sfruttamento sul lavoro e lo sfruttamento economico. Insiste inoltre affinché sia respinta la posizione degli Stati che invocano costumi, tradizioni o considerazioni religiose di qualsiasi tipo «per evitare di assolvere l’obbligo di eliminare tali pratiche brutali» e ogni altra pratica che possa mettere in pericolo le donne. Chiede inoltre all'UE di utilizzare la clausola sui diritti umani per fare della lotta a tutte le forme di mutilazione genitale femminile «una questione prioritaria nelle relazioni con i paesi terzi».

 

I deputati sollecitano poi iniziative UE a livello internazionale volte a combattere le persecuzioni e le discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e l'identità di genere. Ad esempio, occorre promuovere una risoluzione ONU su tale questione e appoggiare le ONG e gli attori che promuovono l'uguaglianza e la non discriminazione. In proposito, il Parlamento condanna il fatto che molti paesi abbiano criminalizzato il comportamento omosessuale. Ricorda inoltre che l'Iran, l'Arabia Saudita, lo Yemen, il Sudan, la Mauritania, gli Emirati Arabi e parti della Nigeria «impongono la pena di morte per atti omosessuali» e che 77 paesi (quali il Pakistan, il Bangladesh, l'Uganda, il Kenya, la Tanzania, lo Zambia, il Malawi, il Niger, il Burkina Faso, la Malaysia e l'India) hanno leggi che consentono di infliggere pene detentive, che vanno da 10 anni all'ergastolo, per atti omosessuali. Chiede inoltre agli Stati membri di concedere l'asilo alle persone che rischiano di subire persecuzioni nei loro paesi di origine a causa del loro orientamento sessuale.

 

Il Parlamento chiede al Consiglio di adoperarsi al massimo per attuare il diritto fondamentale alla salute per quanto riguarda il trattamento del dolore e l'accesso agli analgesici oppiacei. In proposito rileva che l'Organo internazionale per il controllo degli stupefacenti ha chiesto alla comunità internazionale di promuovere la prescrizione di analgesici sotto il rigoroso controllo di supervisori riconosciuti, dato che in oltre 150 paesi si denunciano gravi carenze nelle cure. Chiede poi a Commissione e Consiglio di verificare che i finanziamenti forniti per la lotta contro le droghe illegali ad agenzie internazionali «non siano mai utilizzati, direttamente o indirettamente, per sostenere apparati di sicurezza di paesi che violano in modo grave e sistematico i diritti dell'uomo o che applicano la pena di morte per reati connessi alle droghe».

 

Il Parlamento chiede un'attuazione più trasparente e sistematica degli orientamenti dell'Unione europea sui difensori dei diritti umani, ritenendo che un approccio coerente dovrebbe concentrarsi sul rafforzamento delle capacità tra gli attivisti. Sollecita inoltre a promuovere attivamente presso i difensori dei diritti umani la diffusione di informazioni sulle teorie e pratiche di azione non violenta e ad occuparsi con urgenza della questione dei visti d'emergenza per i difensori dei diritti umani. In proposito, rileva l'assenza di iniziative comuni dell'UE in difesa degli attivisti di taluni paesi che sembra riflettere una mancanza di consenso tra gli Stati membri laddove questi ultimi «danno la priorità a interessi diversi in materia di politica estera» e, di conseguenza, «rendono impossibile un'azione collettiva».

 

Nonostante le significative riforme economiche, i deputati rilevano che in Cina permangono «violazioni sistematiche» dei diritti umani e politici. Tra questi citano l'incarcerazione per motivi politici, gli attacchi e le intimidazioni ai danni di avvocati, difensori dei diritti umani e giornalisti, la mancanza di una magistratura indipendente, il lavoro forzato, la soppressione della libertà di espressione e di religione e dei diritti delle minoranze religiose ed etniche, le detenzioni arbitrarie, il sistema dei campi del Laogai e il presunto espianto coatto di organi. Esprimono poi preoccupazione per le liste di proscrizione di giornalisti e attivisti per i diritti umani, del Dalai Lama e dei suoi seguaci e di quanti praticano il Falun Gong.

 

Il Parlamento  sottolinea quindi la necessità di una «radicale intensificazione del dialogo» tra l’Unione europea e la Cina in materia di diritti umani e rileva che, malgrado le promesse fatte dal regime in vista dei prossimi Giochi olimpici, la situazione dei diritti umani «non è migliorata». Osserva poi che occorre porre l’accento su tali aspetti allarmanti in vista della preparazione dei Giochi olimpici, «che costituiscono un'opportunità di importanza storica per il miglioramento dei diritti umani in Cina». Nel sollecitare l’immediato rilascio di Hu Jia, chiede con insistenza all'UE di subordinare le sue relazioni commerciali con la Cina alle riforme in materia di diritti umani, di sostenere attivamente un dialogo trasparente tra il governo cinese e gli emissari tibetani in esilio e di prendere in considerazione le implicazioni sui diritti umani derivanti dalle politiche cinesi in Africa.

 

Per quanto riguarda l'Iran, i deputati osservano con grande preoccupazione che nel 2007 le autorità «hanno intensificato le azioni vessatorie» ai danni di militanti ed avvocati indipendenti impegnati nella difesa dei diritti umani, «nel tentativo di impedire loro di rendere pubblici e perseguire le violazioni di tali diritti». Si rammaricano inoltre per la chiusura delle ONG che promuovono la partecipazione della società civile, incluse quelle che prestano assistenza legale e sociale alle donne vittime di violenze. Invitano poi le autorità iraniane a riprendere il dialogo con l'UE sui diritti umani e a rafforzare, in modo pacifico e non violento, gli attuali processi volti a favorire le riforme democratiche, istituzionali e costituzionali, garantendo la sostenibilità di tali riforme. Condannano peraltro la nuova campagna di moralizzazione che ha portato all'arresto di migliaia di uomini e donne e denunciano il crescente ricorso del regime iraniano alle esecuzioni capitali.

 

I deputati deplorano che l'UE abbia ottenuto finora «scarsi risultati» nel favorire cambiamenti politici in Russia, in particolare per quanto riguarda «questioni delicate» quali la situazione in Cecenia e in altre repubbliche caucasiche, l'impunità e l'indipendenza della magistratura, il trattamento dei difensori dei diritti umani e dei prigionieri politici, l'indipendenza di mezzi di informazione e la libertà di espressione, il trattamento delle minoranze etniche e religiose, il rispetto dello Stato di diritto e le discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale. Deplorano in particolare «le perduranti persecuzioni» di giornalisti, difensori dei diritti umani, prigionieri politici e ONG, ad esempio le recenti aggressioni ai danni della Novaya Gazeta e della Fondazione per la promozione della tolleranza di Nizhny Novgorod, e il rifiuto di somministrare cure mediche salvavita a Vasily Alexanyan, ex vicepresidente della Yukos. Si rammaricano poi per l'indisponibilità della Russia a invitare osservatori internazionali in numero adeguato e con sufficiente anticipo per permettere loro di monitorare correttamente le elezioni.

 

Il Parlamento prende atto del deterioramento della situazione dei diritti umani in Pakistan durante tutto il 2007, in particolare le minacce all'indipendenza della magistratura e alla libertà dei mezzi di informazione. Invita quindi il Consiglio e la Commissione a sostenere il movimento per la democrazia promosso dalla magistratura e dall’avvocatura, in particolare invitando alcuni loro rappresentanti, fra cui l'ex presidente della Corte suprema Choudry, e chiede la reintegrazione di tutti i giudici destituiti. Auspica inoltre che i responsabili dell'assassinio di Benazir Bhutto «siano individuati e consegnati alla giustizia quanto prima possibile».

 

Il Parlamento deplora anche le perduranti violazioni dei diritti umani e della democrazia da parte della giunta militare in Birmania e appoggia l'impegno dell'UE per un autentico "dialogo tripartito" a favore della riconciliazione nazionale e all'istituzione di un governo legittimo, democratico e civile che rispetti i diritti umani. Compiacendosi delle misure restrittive decise dal Consiglio, deplora tuttavia l'esclusione da tali misure di settori cruciali quali l'energia e la mancata previsione di sanzioni finanziarie e bancarie contro il regime militare. Condanna poi «la risposta brutale» delle autorità birmane alle dimostrazioni dei monaci buddisti e deplora i continui arresti e provvedimenti di carcerazione a carico di attivisti democratici e giornalisti. D'altra parte, esprime apprezzamento per la nomina di Piero Fassino a Inviato speciale dell'Unione europea per la Birmania e chiede alla Commissione di appoggiare attivamente il movimento birmano per la democrazia.

 

I deputati chiedono alla Presidenza del Consiglio di intervenire in merito all'inerzia dell'Unione europea nel Darfur. Plaudendo all'operazione ibrida dell'Unione africana/Nazioni Unite nel Darfur (UNAMID), insistono sul fatto che i mandati di arresto emessi dal Tribunale Penale Internazionale in relazione al Darfur «devono essere eseguiti quanto prima possibile». Esprimono poi preoccupazione «per gli evidenti brogli» verificatisi nelle elezioni presidenziali del dicembre 2007 in Kenya, a cui hanno fatto seguito manifestazioni di violenza, e chiedono che siano garantiti i diritti umani, fra cui la libertà di espressione, di riunione e di associazione nonché elezioni libere ed eque.

 

Approvando un emendamento proposto dal PPE/DE, l'Aula respinge con fermezza «la violenza sistematica e le ricorrenti vessazioni» di cui sono vittime le “Damas de Blanco” nel momento in cui manifestano pacificamente e chiedono il rilascio dei propri familiari incarcerati a Cuba ormai da più di cinque anni. Riafferma inoltre la determinazione del Parlamento ad accogliere nelle prossime settimane le "Damas de Blanco” in uno dei luoghi di lavoro del Parlamento europeo affinché venga loro consegnato ufficialmente il premio Sacharov 2005. I deputati invitano poi il Presidente a domandare nuovamente alle autorità cubane che a Oswaldo Payá, insignito del premio Sacharov nel 2002, sia concesso di rispondere all’invito rivoltogli dalle istituzioni europee di illustrare dinanzi ad esse di persona l’attuale situazione politica a Cuba.

 

Per quanto riguarda gli interventi del Parlamento europeo nei casi relativi ai diritti umani, i deputati si rammaricano profondamente per il rifiuto opposto dalle autorità birmane e cubane alla richiesta del Parlamento di autorizzare l'invio di una delegazione in visita ai precedenti vincitori del Premio Sacharov. Ritiengono che il Parlamento dovrebbe facilitare la creazione di una rete dei vincitori del Premio Sacharov mediante lo svolgimento di riunioni periodiche presso il Parlamento. Si compiacciono inoltre della presentazione pubblica della relazione per il 2007 effettuata dal Consiglio e dalla Commissione in occasione della plenaria di dicembre 2007, contestualmente all'assegnazione da parte del Parlamento del premio annuale Sacharov per la libertà di pensiero al sudanese Salih Mahmoud Mohamed Osman. Affermano quindi di avere ora instaurato una prassi regolare che fa della sessione di dicembre un riferimento annuale per le attività dell'UE in materia di diritti umani.

 

Infine, il Parlamento riconosce il lavoro svolto dalla sua commissione temporanea sul presunto utilizzo da parte della CIA di paesi europei per il trasporto e la detenzione illegali di persone nonché la relazione di tale commissione. In proposito chiede all'Unione europea e agli Stati membri «di collaborare a tutti i livelli per svelare e denunciare ora e in futuro la pratica delle consegne straordinarie».

 

 

Link utili

 

Politica UE in materia di diritti umani - sito del Consiglio UE
Relazione dell'UE sui diritti umani nel 2007

 

Riferimenti

 

Marco CAPPATO (ALDE/ADLE, IT)

Relazione sulla relazione annuale sui diritti umani nel mondo nel 2007 e sulla politica dell'Unione europea in materia

Procedura: Iniziativa

Dibattito: 7.5.2008

Votazione: 8.5.2008

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Un registro e un codice di condotta per i lobbisti
 

Sono circa 15.000 i lobbisti che, a Bruxelles, cercano di influenzare le decisioni delle istituzioni UE. Il Parlamento rileva che questi svolgono un ruolo essenziale per la democrazia ma, per garantire decisioni indipendenti, occorre un registro obbligatorio valido per tutte le istituzioni e consultabile su Internet che preveda un codice etico e sanzioni in caso di scorrettezze. Va inoltre garantita la divulgazione delle informative finanziarie da parte dei lobbisti iscritti nel registro.

 

Si calcola che a Bruxelles vi siano circa 15.000 lobbisti (di cui 5.000 operano presso il Parlamento europeo) e 2.500 gruppi di pressione. Approvando con 547 voti favorevoli, 24 contrari e 59 astensioni la relazione di Ingo FRIEDRICH (PPE/DE, DE), i deputati sottolineano peraltro che i lobbisti hanno «aumentato notevolmente» le loro attività di pari passo con l'espansione delle competenze del Parlamento. Con il trattato di Lisbona, inoltre, queste competenze si amplieranno ulteriormente alla quasi totalità della legislazione «richiamando quindi l'attenzione di un numero ancora maggiore di gruppi d'interesse». D'altro canto, il Parlamento riconosce che i rappresentanti di interessi «svolgono un ruolo essenziale nel dialogo aperto e pluralistico su cui si basa ogni sistema democratico» e rappresentano «un'importante fonte d'informazione» per i deputati nell'esercizio del loro mandato.

 

Chi sono i lobbisti?

 

Il lobbismo, spiega il Parlamento, comprende «attività svolte al fine di influenzare l'elaborazione delle politiche e il processo decisionale delle istituzioni europee», questa attività «è intesa a esercitare un'influenza non solo sulle decisioni politiche e legislative, ma anche sull'attribuzione dei fondi comunitari e sul controllo e l'applicazione della legislazione».

 

In proposito, sottolinea che tutti i soggetti esterni alle istituzioni dell'UE corrispondenti a tale definizione che le influenzano regolarmente «dovrebbero essere considerati lobbisti e trattati nello stesso modo»: i lobbisti professionisti, i lobbisti aziendali "interni", le ONG, i centri di studi e le associazioni di categoria, i sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro, le organizzazioni aventi scopo di lucro e le organizzazioni non-profit nonché gli studi legali, «qualora il loro scopo sia di influenzare gli orientamenti politici anziché fornire assistenza legale e patrocinio in giudizio o prestare assistenza legale». Con 177 voti favorevoli, 316 contrari e 122 astensioni, l'Aula ha respinto un emendamento dell'ALDE che chiedeva di aggiungere a questo elenco le chiese e le organizzazioni filosofiche e non confessionali. Le regioni e i comuni degli Stati membri, come pure i partiti politici a livello nazionale ed europeo, d'altra parte, «non rientrano nell'ambito di queste norme quando operano conformemente al ruolo previsto dai trattati ed eseguono compiti loro attribuiti dagli stessi».

Un Parlamento "aperto" ma indipendente

 

Il Parlamento riconosce l'influenza esercitata dai gruppi d'interesse sul processo decisionale dell'UE e ritiene pertanto essenziale che i deputati conoscano l'identità delle organizzazioni rappresentate. D'altro canto, sottolinea che un accesso «trasparente e paritario» a tutte le istituzioni europee «rappresenta una condizione sine qua non per la legittimità dell'Unione e per la fiducia da parte di cittadini». Ritiene tuttavia che i deputati europei «devono essere ritenuti in grado di operare scelte politiche indipendenti rispetto ai lobbisti» e che sia loro «specifica responsabilità ... assicurarsi di essere informati in modo equilibrato». Il Parlamento deve infatti decidere in «assoluta indipendenza» in quale misura tenere conto delle opinioni provenienti dalla società civile.

 

I deputati ritengono inoltre opportuno permettere a un relatore di utilizzare una "impronta legislativa", vale a dire di allegare un elenco indicativo dei lobbisti consultati che hanno fornito un contributo significativo nella fase di preparazione della propria relazione, a maggior ragione se si tratta di una relazione legislativa. Reputano peraltro altrettanto importante che la Commissione alleghi una tale "impronta legislativa" alle sue iniziative legislative.

 

Verso un registro comune dei lobbisti

 

I deputati ricordano anzitutto che il Parlamento dispone, sin dal 1996, di un proprio registro dei lobbisti, nonché di un codice di condotta che impone ai rappresentati di interessi di operare «nel rispetto di rigorosi criteri etici». Pertanto, approvano «in linea di principio» la proposta della Commissione concernente uno "sportello unico" dove i lobbisti possano registrarsi presso la Commissione e il Parlamento. Chiedono però un accordo interistituzionale tra il Consiglio, la Commissione e il Parlamento relativo a un registro comune obbligatorio, «che sarebbe applicabile in tutte le istituzioni e comporterebbe un obbligo di totale trasparenza finanziaria, un meccanismo comune di esclusione dal registro e un codice comune di comportamento etico». Il registro dovrà prevedere diverse categorie con le quali distinguere i lobbisti a seconda del tipo di interessi che rappresentano (associazioni professionali, rappresentanti di società, associazioni sindacali, organizzazioni dei datori di lavoro, studi legali, ONG, ecc.).

 

Il Parlamento propone quindi di istituire in tempi brevi un gruppo di lavoro congiunto delle tre istituzioni allo scopo di esaminare, entro la fine del 2008, le implicazioni di un registro comune per tutti i lobbisti. Sottolinea peraltro la necessità di un registro «di agevole consultazione e facilmente accessibile su internet» al pubblico che comprenda i nomi dei gruppi di interessi e i nominativi dei lobbisti stessi. Per limitare il numero degli accessi, suggerisce di adottare un sistema in base al quale i gruppi d'interesse debbono registrarsi un'unica volta presso tutte le istituzioni, lasciando a ciascuna di esse il compito di decidere se accordare l'accesso ai propri locali.

 

I deputati prendono atto della decisione della Commissione di introdurre inizialmente un registro volontario e di valutare il sistema dopo un anno, ma temono che un sistema di questo genere «permetterà ai lobbisti meno responsabili di evitare di rispettare le regole». D'altro canto, in caso di mancata elaborazione di un registro comune, è sollecitato il riconoscimento reciproco dei rispettivi registri da parte del Consiglio, della Commissione e del Parlamento. I rispettivi registri in linea, inoltre, dovrebbero essere collegati fra loro per consentire un raffronto delle iscrizioni dei gruppi d'interesse.
 

... e un codice di condotta

 

Vista la continua evoluzione delle pratiche di lobbismo, «le regole che disciplinano queste ultime debbono essere sufficientemente flessibili per adattarsi rapidamente ai cambiamenti». Nel prendere atto del progetto di codice di condotta per i rappresentanti di interessi elaborato dalla Commissione, il Parlamento la invita a negoziare l'introduzione di regole comuni. Sottolinea inoltre la necessità di infliggere sanzioni ai lobbisti che violano il codice di condotta che, come previsto dal proprio, potrebbero comprendere la sospensione dal registro e, in casi più gravi, l'esclusione dallo stesso, ossia il divieto di accesso ai locali delle istituzioni.

 

Il Parlamento accoglie positivamente la decisione della Commissione di chiedere la divulgazione delle informative finanziarie da parte dei lobbisti iscritti nel registro. Così, le società di consulenza e gli studi legali dovrebbero fornire informazioni circa il fatturato realizzato grazie alla rappresentanza di interessi presso le istituzioni europee, oltre al peso relativo dei loro principali clienti. Le associazioni di categoria dovrebbero divulgare una stima dei costi associati all'attività diretta presso le istituzioni UE. Mentre le ONG e i centri studi dovrebbero render conto del loro bilancio complessivo e della ripartizione delle principali fonti di finanziamento. Chiede infine al gruppo di lavoro di proporre anche criteri specifici, ad esempio un'indicazione delle spese sostenute per la rappresentanza di interessi entro parametri significativi (senza necessità di precisare gli importi esatti).

 

 

Link utili

 

Libro Verde - Iniziativa europea per la trasparenza
Seguito del Libro verde "Iniziativa europea per la trasparenza"
Gruppi di interesse: disposizioni del regolamento interno del Parlamento europeo
Focus sull'attività di lobby al Parlamento
EU lobby net - l'attività di lobby negli Stati membri

 

 

Riferimenti

 

Ingo FRIEDRICH (PPE/DE, DE)

Relazione sull'elaborazione di un quadro per le attività dei rappresentanti di interessi (lobbisti) presso le istituzioni europee

Procedura: Iniziativa

Dibattito: 8.5.2008

Votazione: 8.5.2008

 
 

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