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RESOCONTO

 

24 marzo 2009

Strasburgo

 

 

 


Gordon Brown al Parlamento: una risposta globale a una crisi globale

 

Presentando i temi che saranno discussi al G20 di Londra, il Primo Ministro britannico, Gordon Brown, ha sottolineato il ruolo da leader che deve prendere l'UE per rispondere alla crisi globale con una soluzione globale, inclusa la lotta ai paradisi fiscali, senza tralasciare la lotta ai cambiamenti climatici e il sostegno ai paesi più poveri del pianeta. I leader dei maggiori gruppi hanno accolto con favore il suo intervento, mentre gli altri non hanno lesinato critiche.

 

Nell'aprire il dibattito, il Presidente PÖTTERING ha sottolineato come il prossimo G20 di Londra offra l'opportunità ai leader mondiali di collaborare a un obiettivo comune che consenta l'immediato ripristino della stabilità economica e una ripresa a lungo termine. Il vertice, ha proseguito, dovrà accordarsi sulle politiche macroeconomiche e sulle strutture regolamentari che possono farci uscire dall'attuale crisi e instaurare un migliore e più sostenibile quadro per il  futuro.

 

Dichiarazione del Primo ministro britannico

 

Il Primo ministro britannico, Gordon BROWN, ha ricordato che «oggi possiamo godere di un'Europa di pace e unità che sarà correttamente annoverata tra i migliori traguardi umani raggiunti e che rappresenta un faro di speranza per il mondo intero». Nessuno, ha aggiunto, può mettere in dubbio che «oggi, dopo tanti anni di cooperazione e pace, siamo più forti e al sicuro insieme di quanto lo fossimo mai stati separatamente». Ha anche affermato che ora «non ci sono una vecchia e una nuova Europa, bensì una sola Europa, che è la nostra casa». Si è quindi detto orgoglioso di come la Gran Bretagna sia un paese «non sulla scia dell'Europa ma decisamente nella sua corrente principale» e si è rallegrato della ratifica del trattato di Lisbona da parte del parlamento britannico.

 

In Europa, ha proseguito, siamo al posto giusto per condurre il mondo contro le sfide della globalizzazione, in quanto abbiamo raggiunto «il più importante e grande mercato unico mondiale», «la più ampia struttura di protezione ambientale», «il più grande programma di aiuti nel mondo» e «la più ampia struttura di protezione sociale mondiale». Sottolineando poi che «tutta la nostra esperienza a livello di Unione europea ci ha insegnato che la libertà, il progresso economico e la giustizia sociale o avanzano insieme oppure non avanzano per nulla», ha rilevato che «il benessere ha poco valore se va solo a vantaggio dei più abbienti».  Ha quindi espresso il  desiderio
 

di discutere su come l'applicazione di questi valori potrebbe aiutare l'Europa e il mondo nelle «quattro grandi sfide della globalizzazione»: instabilità finanziaria, degradazione ambientale, estremismo e le minacce per la sicurezza nonché l'aumento della povertà nel mondo.

 

«Il nostro sistema economico globale non si è solamente sviluppato ma è stato distorto in maniera contraria ai valori che proclamiamo e sosteniamo in altri ambiti delle nostre vite», ha aggiunto, osservando come la globalizzazione non abbia solo varcato i confini nazionali, ma anche «le nostre frontiere morali». Occorre pertanto portare nel mercato i valori quali l'onestà, la responsabilità, la correttezza e il valore del duro lavoro - «virtù che non vengono dal mercato, bensì dal cuore».

 

Ha poi auspicato che l'Europa si assuma un ruolo centrale nella sostituzioni del «Washington Consensus» con «un nuovo consensus per la nostra epoca». Respingendo il protezionismo in quanto rappresenta «la politica del disfattismo, del ritiro e del timore e, in definitiva, non protegge affatto», ha rilevato la necessità di introdurre cambiamenti nei sistemi bancari mondiali, cooperare nella creazione di standard globali per la regolamentazione finanziaria e immettere risorse nell'economia per sostenere la crescita e la creazione di posti di lavoro. Ma ha anche chiesto «la fine dei paradisi fiscali», sostenendo che le nuove regole andranno applicate «a tutte le banche, dovunque e sempre, senza opt-out per il sistema bancario ombra e senza rifugi da nessuna parte del mondo per gli evasori fiscali». Ha poi rilevato che ogni stimolo fiscale e monetario all'economia «può raddoppiare l'efficacia in ogni paese se adottato da tutti».

 

A suo parere, al contempo occorre prendere urgenti e ampie misure per «costruire una ripresa a basso carbonio e rendere sostenibili le nostre economie attraverso investimenti nell'efficienza energetica, l'espansione delle fonti rinnovabili e dell'energia nucleare, la cattura del carbonio, lo sviluppo di reti intelligenti e la commercializzazione di veicoli elettrici e con basse emissioni di carbonio».

 

Assicurando che i paesi dell'Europa centrale ed orientale non saranno abbandonati nel momento del bisogno, ha auspicato una riforma del Fondo Monetario Internazionale in cui siano maggiormente rappresentati i paesi emergenti e che sia dotato del doppio delle risorse attuali per poter aiutare i paesi che affrontano difficoltà. Inoltre, l'FMI non dovrà solo reagire alle crisi, bensì prevenirle. La necessità di mantenere l'aiuto ai paesi più poveri è stato uno degli altri temi affrontati dal Primo ministro, il quale ha sottolineato come milioni di bambini stiano morendo a causa della crisi mondiale. Ha quindi ripetuto il suo ben noto appello al mondo affinché «la povertà appartenga al passato».

 

Infine, ha sottolineato l'importanza della cooperazione UE-USA su tutti i fronti (inclusi clima, sviluppo, Medio oriente, lotta al terrorismo, riduzione degli arsenali nucleari, ecc.), affermando che i risultati di tale cooperazione sarebbero «più lavoro, più affari, più commercio, in quanto insieme possiamo affrontare le più grandi sfide del nostro tempo».

 

Dichiarazione della Commissione

 

José Manuel BARROSO ha anzitutto rilevato che il G20 di Londra rappresenterà una pietra miliare della risposta globale alla crisi globale, dicendosi sicuro che sarà coronato dal successo. Ha quindi ricordato che l'iniziativa per una risposta internazionale coordinata è stata presa dall'UE e che, pertanto, sull'Unione grava «una particolare responsabilità» nel processo del G20. Il Presidente ha anche sottolineato che, a Londra, l'Unione si presenterà unita e «con un messaggio comune». Si attenderà risultati concreti quanto allo «stimolo dell'economia mondiale e alla regolazione di tutti gli attori finanziari, dalle banche agli hedge funds, fino a nuove norme sulle agenzie di rating».

Ha infatti sottolineato che è necessario sia stimolare l'economia sia migliorare la normativa, «respingendo tutte le forme di nazionalismo e protezionismo economico» e fornendo il sostegno ai paesi in via di sviluppo. Più in particolare, a suo parere occorre sostenere la domanda. In proposito, ha rilevato che se l'UE ha già fornito uno sforzo fiscale vicino al 4% del PIL, occorre ora attuare vigorosamente il piano di ripresa economica, al fine di riattivare i crediti, garantire l'occupazione, migliorare la formazione professionale, nonché continuare a investire nella produttività e la competitività.

 

Riguardo ai mercati finanziari, il Presidente ha affermato che «nessun prodotto finanziario, nessuna istituzione e nessun mercato dovrà essere esentato dalla regolamentazione». Abbiamo bisogno di regole «affinché i mercati funzionino meglio finanziando posti di lavoro e investimenti». Solo così, ha precisato, «si potrà ripristinare la fiducia» e, in tale ottica, «l'etica dei sistemi finanziari è una precondizione». Al riguardo, ha citato le prossime iniziative della Commissione riguardo agli hedge funds e alle private equity, nonché a un sistema di supervisione europeo. Ha poi sottolineato la necessità di definire regole globali e, in tale quadro, di collaborare con gli USA.

 

L'occupazione, ha proseguito Barroso, «è la priorità numero uno» e, in proposito, ha ricordato che a maggio si terrà un Vertice dedicato a questo tema volto a far emergere idee, fondi e azioni in questo senso.

 

Interventi in nome dei gruppi politici

 

Per Joseph DAUL (PPE/DE, FR), la prima lezione da trarre dalla crisi è che «le economie sono ora talmente interconnesse che delle soluzioni nazionali sono diventate impensabili». Le difficoltà venute dagli USA, a causa dell'assenza di regole, «si sono propagate a macchia d'olio», ha aggiunto. L'Europa deve quindi parlare con una sola voce per difendere i suoi interessi comuni e anche «essere abbastanza forte per trascinare le economie regionali verso una nuova crescita». Accennando a quanto fatto dall'UE, con l'impulso di Sarkozy, per «rimettere ordine nel sistema finanziario che ha perso la bussola», ha rilevato che «solidarietà e responsabilità sono due principi importanti dell'Europa» e che, pertanto, occorre essere pronti ad aiutare gli Stati membri che affrontano maggiori difficoltà.

 

Anticipando gli appelli della sinistra a favore di una maggiore Europa sociale e una maggiore protezione, il leader popolare ha sottolineato che «questi slogan semplicisti - che consistono nello spendere soldi che non si hanno - sono gli stessi che hanno portato al fallimento delle politiche degli anni '80 in molti paesi europei». Ha poi posto in luce che «è questa economia di mercato che ha aumentato del 40% il reddito medio dei cittadini negli ultimi 40 anni», mentre dall'altra parte del muro di Berlino «i popoli hanno conosciuto la sorte che conosciamo».

 

Sostenere le banche «è stato necessario», ha proseguito, «ma non è sufficiente». La nostra preoccupazione, ha spiegato, «deve essere la solidarietà verso coloro che perdono il posto di lavoro e che hanno difficoltà alla fine del mese». Ed è solo con la crescita, dando agli imprenditori l'ambiente economico e fiscale adatto, «che si potranno ritrovare la fiducia e i posti di lavoro». In tale contesto, ha rilevato che il programma europeo di 400 miliardi «ci aiuterà a sormontare la crisi, permetterà di generare nuovi investimenti, rafforzerà la domanda e, di conseguenza, sosterrà la crescita e creerà occupazione». Inoltre, il mercato unico rappresenta un'importante leva, «mentre il protezionismo non potrà che aggravare la situazione».
 

Per questo, ha detto rivolgendosi al Primo ministro britannico, «bisogna evitare di avallare slogan quali "posti di lavoro britannici per lavoratori britannici"». E, in proposito, ha affermato di aver fiducia nella Commissione «affinché sia garantito alle imprese di poter operare in un mercato libero e leale». Ha poi concluso sostenendo che la priorità deve essere di «istituire una nuova architettura finanziaria globale, con maggiore stabilità, supervisione e, soprattutto, trasparenza»

 

Martin SCHULZ (PSE, DE) ha sottoscritto appieno il discorso del Primo Ministro, sottolineando come sia stato «coraggioso» e abbia fornito «una descrizione brillante delle necessità dei nostri tempi». Ha poi aggiunto che «il minimo che ci si possa aspettare da un presidente di un gruppo politico del Parlamento europeo è che conosca la differenza tra protezionismo e protezione sociale», osservando come il Presidente Sarkozy «sappia forse qualcosa sul protezionismo, ma non sappia niente della protezione sociale». A suo parere, il fatto che il Primo Ministro Brown abbia deciso di presentare all'Aula l'agenda del G20 dimostra che il Parlamento europeo è ora un vero forum di politica internazionale e multinazionale.

 

Il leader socialdemocratico ha poi aggiunto che «non è stata l'ingordigia a essere decisiva, bensì il modo in cui il sistema ha consentito all'ingordigia di espandersi» e, ora, «il radicalismo liberale ha fallito. Occorrono quindi regole mondiali sui mercati finanziaria e sui paradisi fiscali. Nel sottolineare poi l'importanza di garantire la solidarietà tra gli Stati e tra le persone, ha affermato che i nuovi Stati membri devono poter contare sugli altri. Ha anche auspicato che le rinnovate relazioni con gli USA aprano la porta alla solidarietà, ammonendo che «chiunque tenti di contrapporre la politica ambientale a quella economica farà un grave errore», visto il potenziale di creazione di posti di lavoro delle misure volte a mitigare il cambiamento climatico. Infine, rivolgendosi a Gordon Brown, ha affermato: «tanto più la destra lotterà contro questi principi, tanto più saprà che sta sulla buona strada».

 

Graham WATSON (ALDE/ADLE, UK) ha affermato che «per il G20 avete delineato una grande agenda che spazia dalla lotta alla povertà nel mondo, al disarmo nucleare, alla pace in Medio Oriente e vi auguro di avere successo». «Le opportunità di lavorare con l'Amministrazione Obama non dovrebbero essere invalidate da una guerra verbale transatlantica. So che condividiamo quella visione, ma l'America mantiene il suo attaccamento a una regolamentazione minima e la realtà di questa recessione mostra che quelli che hanno ostinatamente ignorato la "bad practice" sono quelli che ora soffrono di più. Inoltre, ha rilevato la necessità di «un'economia nuova e sostenibile che sia custodita in un contratto sociale globale. «L'era dei soldi facili è finita», ha concluso.

 

Brian CROWLEY (UEN, IE) ha affermato che, nonostante la crisi finanziaria globale, «non possiamo dimenticare i successi degli ultimi quindici anni». A suo parere, infatti, vi è la necessità di costruire un sistema finanziario basato sui «successi del passato e il riconoscimento dei fallimenti, assicurandoci che si possa tracciare un ambizioso programma per il futuro». Il nuovo sistema finanziario dovrebbe innanzitutto garantire «cose migliori per gli individui, non per i mercati».

 

Monica FRASSONI (Verdi/ALE, IT), in inglese, si è rallegrata della presenza del Primo Ministro, «tenuto conto della poca considerazione che egli ha attribuito per lungo tempo all'UE e al Parlamento europeo». Si quindi detta fiduciosa che, in seguito, «annuncerà la fine di un paio di opt-out se non addirittura l'entrata del Regno Unito nell'euro». Tuttavia, ha ricordato che il suo governo «era dalla parte sbagliata riguardo a molti dei temi citati - riforme democratiche, questioni sociali, direttiva sull'orario di lavoro e tasse». Continuando in italiano, la leader dei Verdi ha sottolineato che Gordon Brown - con un buon numero di  colleghi e con il Presidente Barroso - «è responsabile del fatto che l'Unione europea non dispone degli strumenti di regolamentazione finanziaria e delle politiche fiscali e di bilancio che oggi sarebbero così preziose per permetterci di affrontare la crisi.» È bene ricordarselo, ha insistito, «perché quando si vuole essere credibili nel proporre soluzioni è buona creanza ammettere che prima si era sbagliato».

 

In proposito, ha messo in dubbio la credibilità della «crociata» contro i paradisi fiscali, sostenendo che occorre «smettere di pensare che non è possibile limitare la libera circolazione dei capitali, che non si possono ridirigere in modo virtuoso i milioni di euro sprecati in speculazioni». Ha poi aggiunto che «dobbiamo fermare, non regolare l'azione dei fondi speculativi, e riportare le banche a fare quello per cui sono state inventate in Toscana molti secoli fa: finanziare l'economia reale». A suo parere, non basta quindi rafforzare la sorveglianza dei mercati, ma occorre «ridurre il rendimento di coloro che speculano e ricordarsi che la mafia, oggi, ha a disposizione 120 miliardi di euro nei forzieri dei paradisi fiscali». Inoltre, è necessario «puntare decisamente sulla doppia dichiarazione e sulla doppia trasparenza: chi deposita denaro in un altro paese lo deve dichiarare, mentre le banche che ricevono depositi li devono dichiarare».

 

Rimproverando poi al Primo ministro di aver «speso delle parole forti e commoventi» ma di aver formulato «poche proposte concrete», ha sottolineato che nel Regno Unito solo il 7% degli investimenti vanno a investimenti verdi, mentre la Corea del Sud e la Cina e perfino gli Stati Uniti stanno correndo ad una velocità che le nostre belle parole non potranno coprire». Ha poi rilevato che il Consiglio europeo non si è trovato d'accordo su un fondo per il clima per i paesi in via di sviluppo, nonostante sia evidente che «senza un impegno finanziario importante, Copenaghen è destinato all'insuccesso e con Copenaghen anche le nostre ambizioni di governare i cambiamenti climatici». Ha quindi concluso affermando: «Nice speech, mister Brown, but what are you ready to do, really?».

 

Condannando «una volta per tutte» il modello al di là del muro di Berlino, Francis WURTZ (GUE/NGL, FR) ha sottolineato che, in tale contesto, «la tentazione era troppo forte di  allentare le briglie a un capitalismo senza limiti», come ha fatto l'UE. I padri di questo nuovo modello e i loro successori, ha aggiunto, «sono stati superati da una creatura diventata indomabile». Ma per uscire da una crisi «così esistenziale» occorre prima rimettersi in causa. In proposito, ha citato la soddisfazione di Barroso dopo il Consiglio europeo e l'affermazione di Silvio Berlusconi secondo cui l'UE "è un corpo sano attaccato da un virus".

 

Le rare autocritiche, ha invece rilevato, sono venute dal mondo economico. Ha però riconosciuto che il Primo Ministro britannico ha fatto un accenno di mea culpa sul proprio atteggiamento durante la crisi asiatica di dieci anni orsono. A suo parere, «il dogma applicato nel corso degli ultimi vent'anni ha fallito in maniera spettacolare». Per tale motivo «coloro che hanno pomposamente annunciato il G20 come un nuovo Bretton Woods dove si rifonderebbe il capitalismo, o anche lo si moralizzerebbe, hanno ingannato i nostri concittadini». Ha quindi concluso avallando lo slogan scelto da un sindacato per una manifestazione a Londra: "mettere prima la gente".

 

Nigel FARAGE (IND/DEM, UK) ha accusato Brown di non aver tenuto fede alla promessa di indire un referendum sul trattato di Lisbona, affermando che così ha «svalutato la democrazia». Ha poi sottolineato che «una chiara maggioranza degli inglesi chiede che si istaurino buone relazioni e il libero commercio con l'Unione europea, ma non desidera far parte di questa unione politica». Ha infine invitato gli europei a decidere del proprio destino, piuttosto che ciò sia fatto «da parlamenti come questo o come Westminster».
 

Replica del Primo ministro britannico

 

A conclusione del dibattito, il Primo ministro britannico ha sottolineato tre punti. Innanzitutto, «è importante che il mondo faccia fronte comune contro questa crisi» e l'Europa ha già mostrato la via con alcune misure pratiche. In secondo luogo, la cooperazione globale deve riguardare non soltanto gli istituti bancari ma anche la politica fiscale e il commercio: «abbiamo bisogno che il commercio globale sia libero e imparziale». Infine, «per giungere a soluzioni globali su problemi globali ci vogliono solide istituzioni globali».

 

Da ultimo, rilevando che il mondo è cambiato da quanto le attuali strutture mondiali furono istituite negli anni '40, ha sottolineato che la lezione da trarre da questa crisi è che «in un'economia globale, i problemi sono globali e richiedono soluzioni globali e ciò richiede di modellare istituzioni globali». E l'Europa deve prenda la guida nella revisione del sistema.

 

Link utili

 

Sito del G20

 

 

Riferimenti

 

Preparazione del Vertice G20 del 2 aprile con la partecipazione di Gordon Brown, Primo ministro del Regno Unito, membro del Consiglio d'Europa

Dibattito: 24.3.2009

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Verso cosmetici più sicuri per la salute umana


Il Parlamento ha adottato un regolamento che intende rafforzare e chiarire le attuali norme su sicurezza dei cosmetici, responsabilità dei produttori e controlli, riducendo al contempo gli oneri amministrativi. Rende più stringenti le norme sul ricorso a sostanze cancerogene e introduce nuove disposizioni sul ricorso sicuro a nanomateriali, sulla sorveglianza del mercato e sulla rintracciabilità dei prodotti. Le etichette non dovranno vantare caratteristiche e funzioni che i prodotti non hanno.

 

Approvando con 633 voti favorevoli, 29 contrari e 11 astensioni un maxiemendamento negoziato con il Consiglio dalla relatrice Dagmar ROTH-BEHRENDT (PSE, DE), il Parlamento ha adottato un nuovo regolamento sui prodotti cosmetici che intende rafforzare la responsabilità dei produttori e i controlli sul mercato, nonché ridurre gli oneri amministrativi e garantire che i prodotti cosmetici immessi sul mercato dell'Unione siano sicuri, anche alla luce dell'innovazione del settore. Ha inoltre lo scopo di eliminare le incoerenze causate dall'elevato numero di modifiche (finora 55) subite dalla vigente normativa varata nel 1976 e evitare le divergenze derivanti dal recepimento nazionale dell'attuale direttiva. Se l'Aula conferma il compromesso, il regolamento si applicherà 42 mesi dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, eccetto alcune disposizioni che saranno operative sei mesi prima.

 

Per stabilire se un prodotto debba essere considerato prodotto cosmetico è opportuno basarsi sulla valutazione caso per caso, «tenendo conto di tutte le caratteristiche del prodotto in questione». Esempi tipici di prodotti cosmetici possono essere creme, lozioni, gel e oli per la pelle, maschere di bellezza, fondotinta e altri prodotti per il trucco, profumi, preparazioni per bagni e docce, prodotti per la depilazione, deodoranti e antitraspiranti, coloranti e altri prodotti per i capelli, prodotti per la rasatura e per la cura dei denti, della bocca, delle unghie e prodotti solari o autoabbronzanti.

 

Sicurezza e responsabilità

 

I prodotti cosmetici messi a disposizione sul mercato devono essere «sicuri per la salute umana se utilizzati in condizioni d'uso normali o ragionevolmente prevedibili», tenuto conto in particolare della presentazione del prodotto, dell'etichettatura, delle istruzioni per l'uso e l'eliminazione. E considerata anche qualsiasi altra indicazione o


informazione da parte della persona (giuridica o fisica) designata quale responsabile del prodotto cosmetico e che dovrà assicurare il rispetto del disposizioni del regolamento da parte del prodotto commercializzato nell'UE. Si tratta, in generale del fabbricante ma, in alcuni, casi può consistere nel distributore. Qualora emerga che il prodotto venduto non fosse conforme ai requisiti stabiliti, spetterà a questo soggetto il compito di adottare tutte le misure correttive necessarie, inclusi la notifica alle autorità competenti e il ritiro dal mercato.

 

La persona responsabile dovrà anche garantire che, prima di essere immessi sul mercato, i cosmetici siano stati sottoposti a una valutazione della sicurezza e che sia stata elaborata una relazione sulla sicurezza stilata in base alle indicazioni del regolamento. Dovrà inoltre tenere per un periodo di dieci anni una documentazione informativa sul prodotto cosmetico per il quale è responsabile. Sarà tenuta, inoltre, a notificare una serie d'informazioni - in formato elettronico - alla Commissione. Anche sui distributori incombono obblighi particolari: dovranno agire con «la dovuta attenzione» e procedere a delle verifiche prima di commercializzare i prodotti.

 

Sostanze proibite, soggette a restrizioni e cancerogene

 

Il nuovo regolamento conferma le circa 1.370 sostanze che è proibito utilizzare nei cosmetici. Tra queste figurano l'arsenico, il cloro, il curaro, il mercurio, la nicotina, il piombo, le sostanze radioattive, la stricnina, il cloroformio, i catrami di carbone, numerosi idrocarburi e gas, la pece e diverse paraffine. L'uso di altre sostanze - come l'ammoniaca, l'acqua ossigenata o il nitrato d'argento - è permesso con precise limitazioni in merito all'impiego, alla concentrazione e alle avvertenze. Il regolamento elenca inoltre i coloranti, i conservanti e i filtri UV ammessi.

 

Il compromesso rafforza inoltre le norme relative all'utilizzo, nei prodotti cosmetici, di sostanze classificate come cancerogene, mutagene o tossiche per la riproduzione, sulle quali pende un divieto generalizzato. Il nuovo regolamento rende infatti più stringenti le deroghe ammesse in casi eccezionali.

 

Nuove norme per i nanomateriali

 

Su domanda dei deputati, il compromesso introduce nuove norme riguardo all'eventuale utilizzo di nanomateriali nei cosmetici, attualmente presenti nel 5% dei prodotti. Nella normativa vigente sono regolati solo i nanomateriali utilizzati nei coloranti, nei conservanti e nei filtri UV. Per nanomateriale s'intende «ogni materiale insolubile o biopersistente e fabbricato intenzionalmente avente una o più dimensioni esterne, o una struttura interna, di misura da 1 a 100 nm». Ma questa definizione dovrà essere adattata ai progressi scientifici. La Comunità dovrebbe inoltre adoperarsi per pervenire a un accordo sulla definizione nelle pertinenti sedi internazionali e, se così fosse, adattare questa definizione.

 

Come suggerito dai deputati, per ogni prodotto contenente nanomateriali dovrà essere assicurato «un livello elevato di protezione del consumatore e della salute umana». Pertanto, la persona responsabile dei cosmetici, oltre a dover procedere alle notifiche illustrate in precedenza, dovrà notificare tutti i prodotti che contengono nanomateriali sei mesi prima della loro commercializzazione e fornire una serie d'informazioni circa gli stessi nanomateriali. Tra queste figurano la dimensione delle particelle e le proprietà fisiche e chimiche, una stima della quantità che si prevede immettere sul mercato per anno, il profilo tossicologico, i dati sulla sicurezza e le condizioni di esposizione ragionevolmente prevedibili.

 

E' poi introdotta una procedura di valutazione della sicurezza che può portare anche al bando del prodotto qualora vi fossero rischi potenziali per la salute umana. Inoltre, nell'elenco degli ingredienti esposto sulle confezioni dei cosmetici dovrà figurare chiaramente la presenza di nanomateriali. Entro 48 mesi dall'entrata in vigore del regolamento, la Commissione metterà a disposizione un catalogo di tutti i nanomateriali utilizzati nei prodotti cosmetici immessi sul mercato.

 

Etichettatura e diciture

 

Le norme in materia di etichettatura sono leggermente modificate. Tra le informazioni da esporre dovranno figurare la funzione del cosmetico, la durata di conservazione minima, le precauzioni particolari per l'impiego (che devono essere conformi a quelle indicate dal regolamento) e una lista degli ingredienti elencati in ordine decrescente di peso.

 

Per l'etichetta, inoltre, non dovranno essere impiegati diciture, denominazioni, marchi, immagini o altri segni, figurativi o meno, «che attribuiscano ai prodotti stessi caratteristiche o funzioni che non possiedono». Come richiesto dai deputati, la Commissione dovrà anche stabilire un piano d'azione, in cooperazione con gli Stati membri, riguardante le dichiarazioni ("claims") figuranti sui cosmetici e fissare le priorità per determinare criteri comuni che giustificano il loro uso. Dovrà poi adottare un elenco di criteri comuni per le dichiarazioni che possono essere utilizzate sui prodotti cosmetici.

 

Sorveglianza del mercato e rintracciabilità

 

Gli Stati membri saranno tenuti a vigilare sul rispetto del regolamento «attraverso controlli all'interno del mercato dei prodotti cosmetici messi a disposizione sul mercato». Come richiesto dai deputati, gli Stati membri dovranno anche realizzare i dovuti controlli su scala adeguata dei prodotti e degli operatori economici, tramite la documentazione informativa del prodotto e, se del caso, mediante test fisici e di laboratorio sulla base di campioni adeguati.  Dovranno poi vigilare sul rispetto dei principi delle buone prassi di fabbricazione e conferire alle autorità di vigilanza del mercato le competenze, le risorse e le conoscenze necessarie per consentire loro di espletare i loro compiti in modo adeguato. Infine, per contribuire a semplificare la vigilanza sul mercato e a migliorarne l’efficienza, occorrerà inoltre garantire la rintracciabilità di un prodotto in tutta la catena di fornitura.

 

Link utili

Maxiemendamento di compromesso

Direttiva vigente sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative ai prodotti cosmetici (76/768/CEE) - testo consolidato

Sito della Commissione sull'industria dei cosmetici

 

Riferimenti

Dagmar ROTH-BEHRENDT (PSE, DE)

Relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui prodotti cosmetici (rifusione)

Procedura: Codecisione, prima lettura

Dibattito: 23.3.2009

Votazione: 24.3.2009

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Rimuovere gli ostacoli a una politica di coesione efficace


Eccessiva burocrazia, regolamentazioni complesse, insufficiente capacità amministrativa e coordinamento inadeguato. Sono questi i principali ostacoli presi di mira dal Parlamento poiché impediscono alle politiche di coesione di superare le sfide che devono affrontare le regioni europee, escludendo o demotivando i potenziali beneficiari dei fondi UE. Propone quindi dettagliate raccomandazioni volte a superare questi ostacoli, individuare le buone prassi e condividerle.

 

Approvando con 585 voti favorevoli, 35 contrari e 42X astensioni la relazione di Constanze KREHL (PSE, DE), il Parlamento sottolinea che la politica di coesione costituisce «un pilastro fondamentale nel processo d’integrazione europea», dato il suo ruolo nel promuovere la coesione sociale, economica e territoriale dell'UE e lo sviluppo delle sue 268 regioni, attraverso la riduzione dei deficit, delle disparità di sviluppo e il miglioramento della vita dei cittadini dell'UE.

 

Nell'osservare che le regioni dell'Unione devono affrontare sfide molto simili, il Parlamento rileva che la politica di coesione non è in grado di sviluppare appieno il proprio potenziale per superarle poiché gli eventuali richiedenti, per accedere al sostegno dei Fondi strutturali dell’UE, «si trovano di fronte a grossi ostacoli». Tra questi, cita l'eccessiva burocrazia, le regolamentazioni troppo numerose e complesse, le  frequenti modifiche dei criteri di ammissibilità e della documentazione richiesta dagli Stati membri, la mancanza di trasparenza dei processi decisionali e dei regimi di cofinanziamento e ritardi nei pagamenti. Inoltre, i potenziali beneficiari devono confrontarsi con un'amministrazione centrale «lenta e macchinosa» negli Stati membri, l'insufficiente capacità amministrativa decentrata e la diversità dei modelli di amministrazione regionale, l'inadeguatezza dei meccanismi di coordinamento interregionale e, infine, l'assenza di un sistema funzionante di cooperazione fra autorità nazionali, regionali e locali.

 

Il Parlamento rileva quindi la necessità di semplificare le procedure per l'attuazione di progetti e programmi nel quadro dei Fondi strutturali, specialmente per quanto riguarda i sistemi di gestione e di controllo, e formula dettagliate raccomandazioni per eliminare gli ostacoli succitati e individuare e condividere le migliori prassi.
 

Eliminare gli ostacoli

 

Allo scopo di eliminare gli ostacoli citati, il Parlamento esorta la Commissione ad assumere una serie di iniziative, come l'impostazione a lungo termine di criteri di valutazione dei progetti cofinanziati dai Fondi strutturali dell’Unione europea e lo sviluppo di criteri di valutazione specifici per i progetti innovativi, ammettendo un margine di errore più ampio anziché valutarli con gli stessi criteri applicati ad altri tipi di progetti.

 

Per i deputati occorre inoltre ridurre dagli attuali dieci a tre anni la durata massima dell’obbligo di conservare la documentazione relativa a un progetto e semplificare il sistema dei controlli, cercando di introdurre un sistema di controllo unico. E' anche necessario adattare le norme in materia di appalti pubblici in modo da semplificarle e armonizzarle, nonché coordinare con gli Stati membri le disposizioni sull'ammissibilità delle spese.

 

Il Parlamento chiede poi di assicurare in maggior misura gli anticipi ai beneficiari, rendere più flessibili i programmi di assistenza tecnica, alleviare gli oneri amministrativi creati da questi progetti e limitarli in proporzione alle loro dimensioni, nonché semplificare, chiarire ed accelerare l'iter dei progetti e renderli maggiormente orientati ai risultati.

 

Individuare e condividere le migliori prassi

 

Il Parlamento suggerisce alla Commissione di definire criteri specifici che permettano di distinguere le buone pratiche nel quadro della politica di coesione. In tale ambito, raccomanda di tenere in conto alcuni elementi, quali la qualità del progetto, il suo carattere innovativo, l'uso efficace delle risorse e il rispetto dei tempi e delle modalità di attuazione prestabilite. Nell'individuare le migliori prassi è anche necessario considerare la sostenibilità della misura in questione, l'approccio integrato fra le politiche settoriali e territoriali dell'UE, l'impulso significativo per la regione o per l'intera UE, l'impatto sull'occupazione e i vantaggi per le PMI, nonché la trasferibilità del progetto in altre regioni e il suo impatto positivo sulla società nel suo complesso.

 

Raccomanda inoltre che si prendano in considerazione una serie di fattori supplementari per identificare le migliori prassi di alcuni settori tra cui Ricerca e Sviluppo, tutela dell'ambiente, sviluppo urbano integrato, capitale umano, creazione di posti di lavoro, apprendimento permanente, partenariato pubblico-privato, ecc.. Consapevole tuttavia della difficoltà per un progetto di rispondere contemporaneamente a tutti i criteri elencati, il Parlamento chiede alla Commissione di redigere un elenco di tali parametri in ordine di priorità, «in modo da facilitare la designazione dei programmi più meritevoli come migliori prassi».

 

I deputati affermano che, nonostante la diffusione delle migliori prassi presso la generalità del pubblico sia importante, i tentativi di introdurre tale pratica nella politica regionale dell'UE dovrebbero rivolgersi «soprattutto alle autorità di gestione, guidandole nell'elaborazione delle norme che disciplinano l'accesso alle risorse strutturali, in modo tale che gli scambi di informazioni e di esperienze possano contribuire a migliorare la qualità dei progetti ... permettendo di scegliere interventi più efficaci e mirati». A tal fine suggeriscono alla Commissione di organizzare e coordinare lo scambio di migliori prassi attraverso una rete di regioni, e creare un sito web pubblico contenente informazioni sui progetti in tutte le lingue della Comunità, per consentire a tutti gli attori che partecipano alla politica di coesione di usufruire delle esperienze altrui. Raccomandano infine di istituire un ufficio specifico nell'ambito della DG Politica Regionale, che in collaborazione con questa rete, organizzi la valutazione, la raccolta e lo scambio delle buone pratiche.

 

 

Riferimenti

 

Constanze KREHL (PSE, DE)

Relazione sulle migliori prassi nel settore della politica regionale e gli ostacoli nell'utilizzo dei Fondi strutturali

Procedura: Iniziativa

Dibattito: 24.3.2009

Votazione: 24.3.2009

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Promuovere l'apprendimento delle lingue, anche regionali


La diversità linguistica dell'UE è una risorsa culturale di grande importanza. Il Parlamento sostiene la promozione dell'apprendimento di due lingue straniere, in particolare europee, a scuola e nella formazione continua, per favorire la mutua comprensione, l'inclusione sociale e l'occupabilità. Rileva poi che le lingue regionali e minoritarie sono un patrimonio culturale da salvaguardare. Ai migranti, specie i bambini, occorre poi agevolare l'apprendimento della lingua del paese che li ospita.

 

Con 335 voti favorevoli, 279 contrari e 69 astensioni, il Parlamento ha adottato una risoluzione sostenuta da PSE, ALDE e Verdi/ALE che modifica in alcune parti la relazione di Vasco Graça Moura (PPE/DE, PT) sul multilinguismo. L'Aula ribadisce «la necessità di riconoscere la parità tra le lingue ufficiali dell’Unione europea in tutti gli aspetti dell'attività pubblica». Anche perché la diversità linguistica dell'Europa costituisce «una risorsa culturale di grande importanza» e sarebbe quindi un errore se l'UE si limitasse a una sola lingua principale. Esorta pertanto gli Stati membri a integrare il multilinguismo, oltre che nell'ambito dell'istruzione, anche nelle politiche in materia di apprendimento permanente, inclusione sociale, occupazione, mezzi di comunicazione e ricerca.

 

Il Parlamento accoglie con favore la proposta della Commissione di promuovere "la lingua materna più altre due lingue" nell'ambito dell'istruzione e raccomanda agli Stati membri di includere nei programmi scolastici lo studio facoltativo di una terza lingua straniera nella scuola secondaria. In proposito, ribadisce la priorità politica attribuita all'acquisizione delle competenze linguistiche attraverso l'apprendimento di altre lingue dell'Unione europea, una delle quali dovrebbe essere la lingua di un paese vicino e l'altra una "lingua franca" internazionale. Anche perché ciò potrebbe «migliorare la comprensione reciproca all'interno dell'Unione europea». Allo stesso tempo occorre «promuovere maggiormente la proiezione internazionale delle lingue europee nel mondo».
 

Nel contesto dell'apprendimento permanente, i deputati ritengono che vada offerto supporto sufficiente ad aiutare i cittadini di tutti i gruppi di età a sviluppare e migliorare le loro competenze linguistiche in modo continuativo, offrendo loro accesso a un insegnamento linguistico adatto «allo scopo di migliorarne l'inclusione sociale e le prospettive occupazionali e di benessere». Le imprese europee, e in particolare le PMI, dovrebbero inoltre poter contare su un sostegno concreto a favore dell'apprendimento e dell'utilizzo delle lingue «che faciliti loro l'accesso ai mercati internazionali».

 

Nell'incoraggiare il ricorso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione in quanto strumenti indispensabili per l’insegnamento delle lingue, il Parlamento rileva che l’utilizzo dei sottotitoli nei programmi televisivi «faciliterà l’apprendimento e la pratica delle lingue dell’UE e una migliore comprensione del retroterra culturale delle produzioni audiovisive». Ha quindi smorzato il testo originale che raccomandava l'uso del sottotitolaggio nella lingua nazionale, anziché del doppiaggio e delle voci fuori campo.

 

I deputati affermano di promuovere e sostenere l'introduzione «su base non obbligatoria» delle lingue madri minoritarie, locali e straniere nei programmi scolastici e/o nel quadro di attività extrascolastiche aperte a tutti. Ritengono peraltro che le lingue regionali e minoritarie «sono un patrimonio culturale da salvaguardare e coltivare» ed è quindi «essenziale garantire che nei paesi o nelle regioni in cui convivono due o più lingue ufficiali, ma hanno soppresso la richiesta che queste lingue «siano utilizzate quali lingue d'insegnamento a tutti i livelli di istruzione». Parimenti, hanno eliminato il paragrafo della relazione originale in cui si sottolineava l’importanza di «salvaguardare la possibilità per i genitori e gli educatori di scegliere la lingua ufficiale di istruzione dei figli nei paesi in cui coesistono una o più lingue ufficiali o una o più lingue regionali».

 

I deputati evidenziano poi l'importanza di garantire, negli Stati membri in cui coesistono lingue ufficiali diverse, «la piena intelligibilità reciproca tra le varie lingue», in particolare negli ambiti di interesse per le persone anziane e nei settori della giustizia, della sanità, dell'amministrazione e dell'occupazione.

 

Il Parlamento propone di istituire, ad ogni livello formativo e a prescindere dall'ambiente geografico, la presenza di insegnanti di lingue straniere qualificati, invitando anche la Commissione e gli Stati membri a favorire la mobilità professionale degli insegnanti e la cooperazione tra scuole di diversi paesi. Propone tra l’altro agli Stati membri di esaminare la possibilità di effettuare scambi del personale docente a diversi livelli formativi, affinché le varie materie scolastiche possano essere insegnate in più lingue. Inoltre, considera cruciale l’istituzione di programmi specifici di sostegno alla traduzione e la costituzione di reti di banche dati terminologiche multilingue.

 

I deputati invitano infine la Commissione e gli Stati membri a promuovere misure che facilitino l'apprendimento linguistico dei soggetti che vivono in situazioni svantaggiate, degli appartenenti a minoranze etniche e dei migranti, per consentire a tali persone di integrarsi nella società. Sottolineano quindi la necessità che i governi nazionali promuovano efficacemente dei corsi speciali di lingue e mettano a loro disposizione i mezzi necessari per apprendere la lingua e la cultura del paese ospitante. Ritengono inoltre che «i bambini, nel loro stesso interesse, dovrebbero poter parlare la lingua del paese in cui vivono affinché non divengano oggetto di discriminazioni ... e siano in grado di partecipare a tutte le attività su base paritaria».
 

Link utili

 

Comunicazione della Commissione - Il multilinguismo: una risorsa per l’Europa e un impegno comune
Documento di accompagnamento della comunicazione della Commissione
Risoluzione del Consiglio relativa a una strategia europea per il multilinguismo

 

 

Riferimenti

 

Vasco GRAÇA MOURA (PPE/DE, PT)

Relazione sul multilinguismo: una risorsa per l’Europa e un impegno comune

Procedura: Iniziativa

Dibattito: 23.3.2009

Votazione: 24.3.2009

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Stop alle mutilazioni genitali femminili


Non vi è nessuna giustificazione alle mutilazioni genitali femminili (MGF). Il Parlamento rileva infatti che si tratta di una violazione dei diritti umani fondamentali che deve essere bandita dall'UE. Gli Stati membri dovrebbero quindi considerare come reato qualsiasi forma di MGF e perseguire e punire chi le commetta. Occorre anche una strategia a tutela delle vittime che preveda meccanismi preventivi e educativi, mentre i medici dovrebbero denunciarne i casi alle autorità.

 

Secondo i dati rilevati dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), dai 100 ai 140 milioni di donne e bambine nel mondo hanno subìto mutilazioni genitali femminili (MGF) e, ogni anno, dai 2 ai 3 milioni di donne sono potenzialmente esposte al rischio di subire queste pratiche diffuse in almeno 28 paesi africani, in alcuni paesi asiatici e in Medio Oriente. Inoltre, in Europa sono circa 500 000 le donne che hanno mutilazioni. L'OMS ha identificato quattro tipi di MGF, che vanno dalla clitoridectomia (ablazione parziale o totale del clitoride) all'escissione (ablazione del clitoride e delle piccole labbra), che rappresenta circa l'85% delle MGF, fino all'infibulazione (ablazione totale del clitoride e delle piccole labbra nonché della superficie interna delle grandi labbra e cucitura della vulva per lasciare soltanto una stretta apertura vaginale) e l'introcisione (punture, perforazioni o incisioni del clitoride o delle labbra).

 

Approvando con 647 voti favorevoli, 10 contrari e 24 astensioni, la relazione di Cristiana MUSCARDINI (UEN, IT) - emendata da una risoluzione alternativa sostenuta da PPE/DE, ALDE e UEN - il Parlamento condanna «fermamente» le MGF come «violazione dei diritti umani fondamentali» e «pesante attentato all’integrità psicofisica» delle donne e delle bambine che le subiscono. Tali mutilazioni, infatti, possono provocare in alcuni casi la morte, mentre l’uso di strumenti rudimentali e l’assenza di precauzioni antisettiche comportano effetti collaterali dannosi, «tanto che i rapporti sessuali e il parto possono risultare dolorosi, gli organi subiscono danni irreparabili e possono manifestarsi delle complicazioni (come emorragie, stato di shock, infezioni, trasmissione del virus dell’AIDS, tetano, tumori benigni), nonché gravi complicazioni in caso di gravidanza e parto».

 

Il Parlamento sollecita quindi l'elaborazione di una chiara strategia globale e dei piani d’azione nell'intento di «bandire le MGF nell'Unione europea» e, attraverso meccanismi giuridici, amministrativi, preventivi, educativi e sociali, consentire alle vittime reali e potenziali di ottenere una valida protezione. Esorta poi a respingere la pratica della "puntura alternativa" ed ogni tipo di medicalizzazione, proposte com
 

soluzione di mediazione tra la circoncisione del clitoride e il rispetto di tradizioni identitarie, «poiché ciò significherebbe soltanto giustificare e accettare la pratica della mutilazione genitale» nel territorio dell'UE.

 

Per i deputati, infatti, «non esiste alcuna ragione di carattere sociale, economico, etnico, sanitario o di altro tipo che possa giustificarle», mentre le motivazioni addotte da numerose comunità a favore del mantenimento di queste pratiche tradizionali «non hanno alcuna giustificazione». Invitano quindi l’Unione europea e gli Stati membri a «perseguire, condannare e punire tali pratiche» e a introdurre nelle pertinenti direttive sull'immigrazione la previsione di reato per chi commette mutilazioni genitali, nonché a prevedere adeguate sanzioni contro chi le compie nell'UE.

 

Il Parlamento chiede quindi agli Stati membri di adottare disposizioni legislative specifiche sulle mutilazioni genitali femminili oppure, in base alla vigente legislazione, di perseguire penalmente chiunque le metta in atto.

 

Più in particolare, dovrebbero:

 

-    considerare come reato qualsiasi forma di mutilazione genitale femminile, indipendentemente dal fatto che l’interessata abbia dato o meno il suo consenso, e di punire chiunque aiuti, inciti, consigli o dia sostegno a una altra persona nella realizzazione di uno qualsiasi di questi atti,

 

-         perseguire, processare e punire qualsiasi residente che abbia commesso il reato di mutilazione genitale femminile, anche qualora tale reato sia stato commesso al di fuori delle loro frontiere (extraterritorialità del reato),

 

-         prendere misure legislative che diano ai giudici o ai pubblici ministeri la possibilità di adottare misure cautelari e preventive qualora vengano a conoscenza di casi di donne o bambine che corrono il rischio di essere mutilate.

 

Il Parlamento chiede inoltre agli Stati membri di attuare una strategia preventiva di azione sociale, «senza stigmatizzare le comunità di immigrati», per proteggere le minorenni. Si tratterebbe di realizzare programmi pubblici e servizi sociali volti tanto a prevenire tali pratiche (tramite formazione, istruzione e sensibilizzazione delle comunità a rischio), quanto ad assistere le vittime che le hanno subite, offrendo sostegno psicologico e sanitario, comprese cure mediche riparatrici gratuite. Li invita poi a considerare che «la minaccia o il rischio che una minorenne possa subire una MGF è motivo che giustifica l’intervento dell’autorità pubblica».

 

Gli Stati membri dovrebbero anche elaborare orientamenti per gli operatori sanitari, gli educatori e gli assistenti sociali allo scopo di informare e istruire i padri e le madri «in merito agli enormi rischi che le MGF comportano e al fatto che tali pratiche sono un reato».  I deputati li invitano inoltre a imporre ai medici di base, ai dottori e al personale sanitario operante negli ospedali «l’obbligo di riferire alle autorità sanitarie e/o alle forze di polizia i casi di mutilazione genitale femminile». Dovrebbe poi essere creato un “protocollo sanitario europeo” di monitoraggio e una banca dati sul fenomeno.

 

Il Parlamento chiede anche agli Stati membri di diffondere informazioni «precise e comprensibili a una popolazione non alfabetizzata», in particolare attraverso i loro consolati in occasione del rilascio dei visti. Inoltre, i servizi di immigrazione dovrebbero comunicare già al momento dell’arrivo nel paese di accoglienza i motivi alla base del divieto di legge e delle conseguenze penali, precisando che si tratta una protezione giuridica nei confronti delle donne e delle bambine e non di «un’aggressione culturale». Insiste poi sulla necessità di esaminare, caso per caso, ogni domanda di asilo presentata da genitori a motivo delle minacce subite nel paese di origine per aver rifiutato di sottoporre le figlie a questa pratica, e di assicurare che dette domande siano sostenute da un insieme di elementi. Inoltre, le donne e le bambine che hanno ottenuto l'asilo nell'UE perché esposte alla minaccia di mutilazioni dovrebbero, in via preventiva, sottoporsi periodicamente a controlli da parte delle autorità sanitarie e/o di medici, «al fine di proteggerle dal rischio che le MGF vengano effettuate in un secondo tempo nell'Unione europea».

 

Per i deputati è poi indispensabile che i paesi interessati si impegnino a organizzare forum di dialogo, a riformare le norme giuridiche tradizionali, ad affrontare nelle scuole il tema delle mutilazioni sessuali femminili e a incentivare la collaborazione con le donne non mutilate. La Commissione dovrebbe anche inserire, nei suoi negoziati e accordi di cooperazione con i paesi interessati, una clausola per eradicare le MGF e andrebbero creati Tavoli tecnici permanenti di armonizzazione e di raccordo tra gli Stati membri e tra questi e le istituzioni africane. I deputati chiedono inoltre di migliorare la posizione giuridica delle donne e delle bambine nei paesi in cui si pratica la mutilazione genitale.

 

Il Parlamento chiede poi agli Stati membri di collaborare e finanziare le attività delle reti e delle ONG che prestano la loro opera di educazione, sensibilizzazione e mediazione in merito alle mutilazioni genitali femminili in stretto contatto con le famiglie e le comunità. Anche perché ritiene che la creazione di reti tra le ONG e le organizzazioni operanti a livello di comunità sul piano nazionale, regionale e internazionale «è senza dubbio fondamentale per riuscire a sradicare tali pratiche e scambiarsi informazioni ed esperienze». In proposito sollecita anche un rafforzamento delle reti europee esistenti.

 

Link utili

 

Sito del programma Daphne III
Campagna internazionale contro le MGF
Dichiarazione del Cairo sulle MGF +5

 

 

Riferimenti

 

Cristiana MUSCARDINI (UEN, IT)

Relazione sulla lotta contro le mutilazioni sessuali femminili praticate nell'UE

Procedura: Iniziativa

Dibattito: 23.3.2009

Votazione: 24.3.2009

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Un quadro europeo per promuovere il microcredito


Il Parlamento chiede alla Commissione di presentare proposte legislative volte ad agevolare l'erogazione di microcrediti alle imprese in crisi di liquidità e alle persone svantaggiate (immigrati, minoranze, precari e donne) per promuovere il lavoro autonomo. Al contempo occorre un quadro UE per gli istituti microfinanziari non bancari, far sì che le norme antiriciclaggio non ostacolino i microcrediti a chi è senza documenti e adeguare le regole sulla concorrenza.

 

Nell'UE vi è una domanda potenziale significativa per il microcredito «che non è ancora stata soddisfatta». E' quanto afferma la relazione di Zsolt BECSEY (PPE/DE, HU) che, approvata con 574 voti favorevoli, 23 contrari e 12 astensioni, chiede alla Commissione di presentare una o più proposte legislative in materia sulla base di raccomandazioni particolareggiate. Anche perché l’attuale crisi finanziaria e le sue possibili ripercussioni sull’economia nel suo insieme «mostrano gli inconvenienti dei prodotti finanziari complessi» e la necessità di esaminare vie «per migliorare l’efficienza e porre in essere ogni possibile canale di finanziamento quando le imprese hanno un accesso ridotto al capitale causato dalla crisi di liquidità».

 

La Commissione definisce attualmente come microcredito un prestito di importo pari o inferiore a 25.000 euro, mentre la raccomandazione 2003/361/CE stabilisce che una microimpresa è un’impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2.000.000 di euro. Per i deputati, queste definizioni «non sembrano pertinenti per tutti i mercati nazionali e non consentono di stabilire una chiara distinzione tra microcrediti e microprestiti alle microimprese, microcredito per i mutuatari non bancabili e microcredito per le microimprese bancabili».

 

Finanziamento UE, soprattutto ai più svantaggiati

 

Il Parlamento suggerisce il finanziamento o cofinanziamento di una serie di progetti, purché lo scopo specifico sia di promuovere la disponibilità di microcredito per tutte le persone e le imprese che non abbiano accesso diretto al credito, quali gruppi bersaglio svantaggiati (comunità rom, immigrati, persone che vivono in aree rurali svantaggiate, persone che si trovano in situazioni di lavoro precario e donne).

 

Questi progetti, più in particolare, dovrebbero riguardare il rilascio di garanzie per gli erogatori di microcredito da parte di fondi nazionali o dell’UE, la prestazione di servizi aggiuntivi per i beneficiari di microcredito che includa una formazione mirata obbligatoria finanziata mediante i Fondi strutturali e lo scambio delle migliori pratiche di gestione. I progetti potrebbero anche consistere nella creazione di un sito web in cui i potenziali beneficiari di microcredito possano presentare i propri progetti a coloro che sono disposti a prestare denaro per sostenerli e di un database comunitario che includa le informazioni creditizie sia positive che negative riguardanti i beneficiari di microcredito.

 

Al fine di evitare sovrapposizioni, i deputati precisano che la Commissione dovrebbe designare un'unica entità di coordinamento che riunisca tutte le attività finanziarie UE connesse al microcredito e finanziare o cofinanziare solo i progetti associati al mantenimento dei diritti di sicurezza sociale quali l'assegno di disoccupazione e l'aiuto al reddito.

 

Un quadro comunitario armonizzato per gli istituti microfinanziari non bancari

 

Il Parlamento suggerisce alla Commissione di proporre atti legislativi che forniscano un quadro a livello europeo per gli istituti microfinanziari (MFI) bancari e non bancari. Per quanto riguarda questi ultimi, il quadro dovrebbe includere una chiara definizione di erogatori di microcredito, «che stabilisca che questi non accettano depositi e non si possono pertanto considerare istituzioni finanziarie ai sensi della direttiva sui requisiti di capitale», la capacità di condurre esclusivamente attività di erogazione di credito e di concedere nuovamente crediti, nonché regole armonizzate e basate su criteri di rischio per quanto concerne l'autorizzazione, la registrazione, la comunicazione di informazioni e la vigilanza prudenziale.

 

Le norme antiriciclaggio non ostacolino i microcrediti a chi è senza carta d'identità

 

Per i deputati, in sede di revisione della direttiva relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo (2005/60/CE), la Commissione dovrebbe assicurare che le disposizioni ivi contenute «non siano d'ostacolo nell'accesso al microcredito a quelle persone che non dispongano di un indirizzo permanente o di documenti d'identità personali». Occorrerebbe quindi prevedere «una deroga speciale alle disposizioni riguardanti gli obblighi di diligenza nei confronti della clientela».

 

Regole di concorrenza più adeguate

 

Il Parlamento chiede alla Commissione di prevedere, in sede di revisione delle norme sugli aiuti "de minimis", la differenziazione dei limiti degli aiuti "de minimis" fra uno Stato membro e l'altro allorché si tratta di supporto finanziario per gli erogatori di microcredito, l'abolizione della discriminazione nella concessione di aiuti "de minimis" alle imprese del settore agricolo, se l'aiuto viene concesso nel quadro del microcredito, nonché la riduzione degli oneri amministrativi se l'aiuto viene concesso nel quadro del microcredito.

 

Dovrebbe inoltre sancire in diritto che il ruolo svolto dagli erogatori di microcredito non bancari, e se del caso il sostegno pubblico che tali istituzioni ricevono, «sono in linea con le regole comunitarie di concorrenza» e applicare norme che consentano un trattamento preferenziale ai beni e servizi forniti dai beneficiari di microcredito nelle procedure pubbliche di appalto.
 

Sensibilizzazione in materia di microcredito

 

Il Parlamento chiede alla Commissione di prevedere l'introduzione del concetto di microcredito nelle statistiche e nella legislazione attinenti alle istituzioni finanziarie, elaborare una strategia di comunicazione allo scopo di promuovere il lavoro autonomo come alternativa al salariato, «in particolare come modo di sfuggire alla disoccupazione per le categorie svantaggiate di destinatari» e vagliare, alla luce della recente crisi dei subprime, i vantaggi e gli svantaggi delle forme dirette di microcredito rispetto agli strumenti di credito cartolarizzato. Infine, gli Stati membri dovrebbero poter applicare un meccanismo capace di «escludere tassi d’interesse eccezionalmente elevati».

 

Link utili

 

Comunicazione della Commissione - Iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e dell’occupazione

 

 

Riferimenti

 

Zsolt BECSEY (PPE/DE, HU)

Relazione recante raccomandazioni alla Commissione sull'iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e dell’occupazione

Procedura: Iniziativa

Relazione senza dibattito

Votazione: 24.3.2009

 

 

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