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RESOCONTO

 

19 gennaio 2009

Strasburgo

 

 

 



 

 

Cordoglio per le vittime del terremoto ad Haiti

 

Aprendo i lavori parlamentari il Presidente Buzek ha espresso il cordoglio dei deputati per le vittime del terremoto ad Haiti. Ha inoltre condannato fermamente l'esecuzione capitale di un cittadino britannico in Cina. Il Parlamento ha respinto la proposta del gruppo EFD (che include la Lega) di votare la risoluzione sulla sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo sull'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche italiane.
 

Terremoto ad Haiti

Il Presidente Buzek ha aperto la seduta annunciando "con grande tristezza" che la signora
Pilar Juarez Boal, vice direttore della delegazione dell'Unione europea ad Haiti, e già funzionaria
del Parlamento europeo, è ritenuta ancora dispersa. I miei pensieri - ha aggiunto
il Presidente - vanno oggi al popolo di Haiti "colpito dalla grande tragedia del terremoto".
Singoli Paesi d'Europa e l'intera Unione si sono impegnati a fornire un sostegno finanziario
consistente ad Haiti e ad inviare 150 agenti di polizia della gendarmeria europea. Si tratta di
uno dei "peggiori disastri della storia dell'umanità" che ha provocato vittime anche europee,
molte delle quali sono ancora disperse.

Esecuzione di un cittadino britannico in Cina

Il Presidente ha condannato l'esecuzione in Cina di Akmal Shaikh, un cittadino britannico.
Ha quindi aggiunto che questa è "una delle quasi sette mila persone che ogni anno sono
giustiziate in quel Paese". Buzek ha peraltro sottolineato che si tratta anche del primo cittadino
dell'Unione europea dal 1951 giustiziato in Cina. Il Parlamento europeo, ha concluso
il Presidente, "ha sempre condannato la pena di morte e continuerà i suoi sforzi a favore
di una moratoria sulle esecuzioni".

Ordine del giorno

Il Parlamento ha poi deciso di anticipare a martedì mattina la discussione in Aula con l'Alto
rappresentante per gli affari esteri sulla situazione ad Haiti. Una risoluzione sarà adottata
nel corso della sessione di febbraio.
Respingendo la proposta del gruppo EFD con 113 voti favorevoli, 196 contrari e 11 astensioni,
l'Aula ha deciso di non votare una risoluzione in merito alla sentenza della Corte europea
dei diritti dell'uomo riguardo all'esposizione dei crocefissi nelle aule scolastiche italiane.
Francesco Speroni (Lega Nord) aveva motivato la sua richiesta sostenendo che il
Parlamento ha il dovere di pronunciarsi su una materia così importante, come peraltro aveva
deciso di fare la scorsa sessione.
I deputati hanno anche respinto la richiesta dell'ALDE di sostituire il dibattito e l'adozione
della risoluzione sulle violenze contro le minoranze religiose in Egitto e Malesia. Mario
Mauro
, presidente della delegazione del PdL, ha espresso la sua contrarietà alla proposta
sostenendo che il Parlamento deve pronunciarsi sul tema della difesa della libertà religiosa
e precisando che non si tratta di criticare i governi dei paesi menzionati.

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Haiti: occorrono aiuti d'emergenza e per ricostruzione sul lungo termine
 

Nel corso del dibattito di martedì pomeriggio, i deputati hanno sottolineato la necessità
che l'aiuto promesso sia fornito al più presto e che ci sia un fermo impegno a favore della ricostruzione. Nella sua prima dichiarazione al Parlamento, Lady Ashton, l'Alto Rappresentante dell'UE, ha dichiarato che "il nostro obiettivo è quello di alleviare le sofferenze e il nostro impegno per la ricostruzione è a lungo termine".

"Ho chiesto questo dibattito per aggiornarvi su questo enorme disastro politico e umanitario",
ha detto Catherine Ashton al Parlamento. I Ministri degli Affari esteri hanno deciso lunedì
di impegnare 122 milioni di euro in aiuti umanitari e 100 milioni di euro per gli aiuti non
umanitari. Inoltre il contributo finanziario dell'UE per la ricostruzione sarà pari a 200 milioni
di euro.
"E' una grande risposta in poco tempo. Ma trovare il denaro è meno difficile che farlo giungere
sul posto", ha continuato la Ashton, indicando che il Consiglio tornerà a occuparsi di
Haiti lunedì 25 gennaio ed è probabile che deciderà anche di inviare un contingente della
gendarmeria europea a Port-au-Prince.
"L'Unione europea ha reagito rapidamente, ma abbiamo resistito al desiderio di precipitarci
sul posto", ha detto ai deputati, in linea con le indicazioni del Segretario generale dell'ONU.
Ha aggiunto che lei si recherà negli Stati Uniti questa settimana per coordinare gli sforzi
con l'ONU e l'amministrazione americana.
De Gucht: "evitare altre catastrofi"

"Non si tratta solo di salvare vite umane, ma di salvare un paese nella sua interezza", ha
detto Karel De Gucht, commissario per lo sviluppo e gli aiuti umanitari. Ha poi precisato
che anche molti membri di organizzazioni internazionali sono stati vittime della catastrofe,
rendendo ancora più difficile l'organizzazione degli aiuti in loco. Aiuti medici, tecnici e logistici
sono necessari per evitare ulteriori catastrofi, come l'epidemia di colera. De Gucht ha
annunciato la sua imminente visita ad Haiti e alla vicina Repubblica dominicana.
I deputati: cancellare il debito, UE più visibile
Gay Mitchell, a nome del PPE, ha espresso l'auspicio che, poiché l'UE nel suo insieme
rappresenta il più grande donatore di aiuti umanitari al mondo, "l'Unione europea si renda
più visibile sul terreno", per esempio con la possibile presenza di forze militari UE.
Facendo riferimento alle iniziative per la raccolta di fondi, Linda McAvan (S&D), ha dichiarato
che "il pubblico ha risposto in modo straordinario" e anche l'Unione europea dovrebbe
incrementare il suo aiuto. Sottolineando che una Conferenza internazionale dovrebbe
occuparsi del problema del debito di Haiti, ha chiesto se il prestito di 100 milioni di euro
stanziato dall'FMI possa essere convertito in donazione.
Per Liam Aylward (ALDE), "la situazione ad Haiti è il peggior disastro umanitario da decenni".
I problemi burocratici stanno chiaramente ostacolando la distribuzione degli aiuti. Una
chiara leadership e un'assistenza coordinata in loco sono necessarie. "Lo sviluppo a lungo
termine di Haiti, ha concluso, deve diventare una priorità".
Per i Verdi è intervenuta Eva Joly, presidente della commissione per lo sviluppo, sottolineando
la portata "senza precedenti" della tragedia. "Le istituzioni internazionali hanno imposto
politiche sbagliate ad Haiti ed abbiamo indebolito il tessuto sociale nel Paese". "Quello
che dobbiamo fare ora è fornire tutto il sostegno possibile". Concludendo il suo intervento,
ha paragonato i 150 miliardi di dollari stanziati per aiutare le banche USA al volume degli
aiuti previsti per Haiti.
Nirj Deva (ECR) ha chiesto l'avvio di un'operazione di soccorso globale in grado di fornire,
oltre all'aiuto immediato, anche la ricostruzione in loco delle infrastrutture distrutte.
Secondo Patrick Le Hyaric (GUE/NGL, FR), l'assistenza dell'Unione europea ad Haiti deve
essere incrementata e anche il sistema bancario mondiale dovrebbe contribuire. Il Parlamento
europeo dovrebbe dare il suo accordo per una cancellazione incondizionata del
debito di questo Paese.
Fiorello Provera a nome del gruppo EFD ha ricordato che in situazioni simili, con ampie
distruzioni di edifici e di infrastrutture e con migliaia di morti, "è quasi impossibile portare
aiuto in maniera efficace senza condizioni minime di ordine pubblico e di sicurezza". Qualsiasi
intervento d'aiuto "risulta difficile senza uno stretto coordinamento nella raccolta dei
beni necessari ed una ordinata distribuzione degli aiuti". "Capire quel che serve, a chi serve
e quando serve è fondamentale".

Un altro elemento su cui riflettere, secondo il deputato leghista, è che "troppe volte la generosità
dei donatori pubblici e privati è stata tradita ed ingenti risorse finanziarie non sono
andate a chi ne aveva davvero bisogno". È necessario quindi "un severo sistema di controlli
per evitare dispersioni o ruberie soprattutto in paesi fragili con un alto livello di corruzione
e scarsa governance". L'Europa, ha concluso, "è chiamata a dare una dimostrazione della
propria efficienza e mi auguro che abbia successo".

Lady Ashton: "Il mio posto è qui, coordinamento è la chiave"
"Lavoriamo a stretto contatto e in collaborazione con gli Stati Uniti" - ha rassicurato la Ashton
- "è una parte importante di ciò che facciamo".
"Non dimentichiamo che, per la prima volta, Consiglio e Commissione si sono mobilitati
per rispondere alla crisi immediatamente", ha sottolineato, ricordando che 21 Stati membri
hanno risposto con impegni concreti in termini di squadre di ricerca e soccorso, ospedali
mobili e unità di depurazione delle acque.
Ai deputati che hanno criticato la sua mancata visita ad Haiti, ha detto: "non sono un medico,
né un vigile del fuoco; il mio ruolo è quello di facilitare il coordinamento a livello UE e con
le Nazioni Unite".

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Nikiforos Diamandouros rieletto Mediatore europeo
 

Il Parlamento europeo ha eletto con 340 voti, per la terza volta, il greco Nikiforos Diamandouros
alla carica di Mediatore europeo fino al 2014. Gli altri candidati in lizza erano l'italiano Vittorio Bottoli (19 voti) e il belga Pierre-Yves Monette (289 voti). Al Mediatore sono rivolte le denunce relative ai casi di cattiva amministrazione che coinvolgono istituzioni e organismi dell'Unione europea.

Mettere in atto i benefici del Trattato di Lisbona per i cittadini

Durante il suo mandato Diamandouros intende far sì che l'UE offra a tutti i benefici promessi
dal Trattato di Lisbona, rafforzando il dialogo costruttivo con le istituzioni dell'UE e migliorando
il servizio ai cittadini. Ha inoltre l'intenzione di rafforzare la cooperazione con i difensori
civici nazionali e regionali e di comunicare più efficacemente con i potenziali utenti.
Il Mediatore è eletto a scrutinio segreto dopo ogni elezione del Parlamento europeo per la
durata della legislatura. Il primo Mediatore - Jacob Söderman - è stato eletto nel 1995. A
seguito del suo pensionamento, nel 2003, Diamandouros ha portato a termine il mandato
1999-2004 ed è poi stato rieletto nel gennaio 2005.

Denunce di cittadini e imprese contro la cattiva amministrazione UE
L'elezione del Mediatore è gestita in primo luogo dalla commissione per le petizioni del
Parlamento, e può essere dichiarato dimissionario dalla Corte di giustizia, su richiesta del
Parlamento europeo, qualora non risponda più alle condizioni necessarie all'esercizio delle
sue funzioni o abbia commesso un errore grave.
Il Mediatore è abilitato a ricevere le denunce di qualsiasi cittadino dell'Unione, di qualsiasi
persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro, e
riguardanti casi di cattiva amministrazione nell'azione delle istituzioni, degli organi o degli
organismi dell'Unione (salvo la Corte di giustizia dell'Unione europea nell'esercizio delle sue
funzioni giurisdizionali).

Indagini solo se non c'è una procedura giudiziaria
Il Mediatore, di propria iniziativa o in base alle denunce che gli sono state presentate direttamente
o tramite un membro del Parlamento europeo, procede alle indagini che ritiene
giustificate, tranne quando i fatti in questione formino o abbiano formato oggetto di una procedura
giudiziaria.
Qualora il Mediatore constati un caso di cattiva amministrazione, egli ne investe l'istituzione
interessata, che dispone di tre mesi per comunicargli il suo parere. Il Mediatore trasmette
poi una relazione al Parlamento europeo e all'istituzione interessata. La persona che ha
sporto denuncia viene informata del risultato dell'indagine. Ogni anno il Mediatore presenta
una relazione al Parlamento europeo sui risultati delle sue indagini.

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Zapatero scommette sulla ripresa: "Ecco le nostre risposte alla crisi"
 

Ridurre la dipendenza energetica dell'UE, promuovere l'e-commerce, sviluppare l'auto elettrica e migliorare la qualità delle università. Sono queste le quattro aree su cui scommette il primo ministro spagnolo Zapatero, che oggi ha presentato all'Aula il programma della Presidenza spagnola del Consiglio UE. Dall'emiciclo, pollici in alto per l'obiettivo ripresa economica.
Ma sulle misure, il Parlamento si divide.

Sei mesi, quattro priorità
"L'Unione europea ha bisogno di scommettere su se stessa", ha detto il primo ministro José
Luis Rodríguez Zapatero, spiegando che dare una giusta risposta alla crisi economica deve
essere il primo obiettivo. Il Presidente in carica del Consiglio ha ricordato le quattro priorità
del suo mandato. Si devono realizzare "un mercato energetico comune" per ridurre la dipendenza
energetica nell'Unione europea, e un "mercato interno digitale" per aumentare
la produttività e promuovere il commercio elettronico. Occorre poi rendere il settore industriale
più sostenibile, anche con il progetto delle auto elettriche, e investire nella ricerca
e nell'istruzione affinché l'UE possa diventare un giocatore mondiale ancor più di primo
piano.
Tra gli altri dossier della Presidenza spagnola, Zapatero ha indicato l'attuazione dei nuovi
strumenti messi a disposizione dal trattato di Lisbona affinché "i cittadini si sentano più
vicini alle istituzioni dell'Unione europea", come il nuovo diritto d'iniziativa legislativa e la
lotta contro la violenza domestica in Europa con nuove misure legislative. Riguardo al
terremoto ad Haiti, ha detto: "dimostreremo cosa possiamo fare come europei ... in quelle
parti del mondo che soffrono di più". "Stiamo fornendo una risposta forte al loro bisogno
di assistenza internazionale".

Ma i popolari replicano: "il modello spagnolo non convince"
Il capo-gruppo popolare Joseph Daul ha accolto con favore la proposta di Zapatero su
una nuova struttura europea di governance economica, ma ha aggiunto che il suo gruppo
non può accettare la crescita del deficit pubblico. A suo parere, occorre piuttosto sostenere
le piccole e medie imprese. "Per essere onesto, signor Zapatero, non sono convinto che
le proposte sue e della sua famiglia politica per uscire dalla crisi siano quelle giuste", ha
chiosato il francese.
A nome della famiglia socialista e democratica, a cui Zapatero appartiene, Martin Schulz
s'è congratulato per l'ordine del giorno "promettente" e per il programma ambizioso. Ricordando
le quattro priorità indicate da Zapatero, ha giudicato corretto l'approccio riguardo al
modello di governance economica proposto che "porterà l'Europa in una nuova fase". Le
sfide dell'Europa non possono essere affrontate con un vertice dopo l'altro:"è necessario
che gli Stati membri attuino le proposte avanzate". In conclusione, ha esortato un maggiore
controllo sul settore finanziario.
Riferendosi anch'egli alla governance economica, Guy Verhofstadt , leader dei Liberl-democratici,
ha sottolineato che la questione fondamentale è quella di sapere se il Consiglio
e gli Stati membri sono disposti a cambiare il metodo del "coordinamento aperto" che ha
fallito, e portato solo "la compilazione di documentazione supplementare". Riguardo al cambiamento
climatico, ha auspicato "un'altra strategia" post Copenaghen, poiché "il nostro approccio
è fallito". In proposito, ha spiegato che il piano deve essere fondato su tre elementi:
"un Signor o una Signora Cambiamento climatico, un accordo trilaterale con Stati Uniti
e Cina e una responsabilità condivisa sulla base di interessi comuni con gli USA, come il
sistema di scambio di emissioni".
Zapatero ha replicato sostenendo la necessità di un sistema di sanzioni nella nuova strategia
di sviluppo economico. "Tutto quello che abbiamo realizzato insieme ha funzionato,
ha aggiunto: l'euro, il patto di stabilità e il mercato interno".
Daniel Cohn-Bendit, parlando per i Verdi, ha chiesto a Zapatero di riprendere l'idea di Michel
Barnier su un corpo di protezione civile europeo, "che avrebbe permesso all'UE di dispiegarsi
meglio ad Haiti". Riguardo alla situazione economica, ha ammonito che la crescita
può anche avere un impatto negativo sul clima: "se non discutiamo del tipo di crescita
che vogliamo a livello europeo, rifaremo gli stessi errori". Sulla dipendenza energetica, ha
sostenuto che "l'efficienza e il risparmio energetici sono la migliore maniera per essere più
indipendenti". Ha poi proposto di aumentare fino al 30% il risparmio energetico dell'UE e di
creare un grande progetto europeo per i tram, come nuova fonte di occupazione e mezzo
di promuovere mezzi di trasporto più ecologici.
Per il premier spagnolo, le auto elettriche non rappresentano che un elemento supplementare
della crescita sostenibile fondata sull'economia verde.

Conservatori: "No a governance economica sovra-nazionale"
Per Timothy Kirkhope "istituire politiche economiche obbligatorie" invece di coordinarle
"non è pertinente con la situazione attuale e ha un sapore socialista". Ha poi detto che il
suo gruppo avrebbe giudicato la Presidenza spagnola sulla base dei risultati e ha invitato il
Primo Ministro a dedicare più energie per combattere il cambiamento climatico e "il governo
illegittimo e brutale dell'Iran"
Zapatero ha replicato che non vi è alcuna intenzione di aumentare il controllo sugli Stati
membri, ma piuttosto "l'idea è di creare una maggiore competitività". Ha quindi spiegato
che 27 sistemi nazionali non possono funzionare a livello mondiale, con il rischio di un
peggioramento della competitività dell'Unione europea nei confronti dei suoi concorrenti a
livello mondiale.
Per Willy Meyer (GUE/NGL) il programma della Presidenza spagnola "non può risolvere i
problemi fondamentali dell'economia. E' necessario un intervento maggiore, in particolare
nel settore finanziario". Ha quindi affermato che "tutto quello che siete in grado di offrire è
obsoleto; state sostanzialmente smantellando il modello sociale europeo". Ha poi informato
Zapatero del suo dissenso a che un vertice sotto la Presidenza spagnola sia organizzato
in Marocco, perché Madrid non riconosce il diritto del Sahara occidentale all'autodeterminazione.
In conclusione ha affermato che Israele dovrebbe rispettare le clausole sui diritti
umani contenute nell'accordo di associazione.

Nella sua replica il Primo Ministro spagnolo ha ribadito la sua intenzione di tenere la riunione
in Marocco.
Marta Andreasen (EFD), riferendosi agli abusi edilizi in Spagna, ha dichiarato che "il Parlamento
ha approvato tre relazioni al riguardo ma non è stata intrapresa alcuna azione specifica".
Ha quindi spiegato che alcuni cittadini della sua circoscrizione hanno perso le loro
proprietà sulla costa.

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Iran, l'Europa non può stare a guardare
 

Repressioni violente, detenzioni arbitrarie, continui soprusi del regime contro i cittadini, mancanza di cooperazione sul programma nucleare, effetti avversi delle misure internazionali: la situazione in Iran non smette di destare indignazione e preoccupazione fra i parlamentari, da cui parte un accorato appello a Lady Ashton: "Facciamo qualcosa".

Lady Ashton: "Non possiamo accettare gli abusi"
"L'Iran non è solo violenza e barbarie. C'è una società civile viva, il livello educativo delle
donne è elevato, esiste un dibattito pubblico, i giovani sono attivi e vibranti" - evoca l'Iran
libero Catherine Ashton nel dibattito in Aula di martedì 19 gennaio.

Ma è una società " sotto minaccia", come si è visto durante le elezioni "che molti ritengono
fraudolente" dell'anno scorso. Un regime che non rispetta "le norme e gli standard internazionali
sui diritti civili e politici": all'Europa tocca prendere posizione, perché l'uso della violenza
contro i manifestanti e gli arresti arbitrari "non sono accettabili".

L'Iran, assicura l'Alto Rappresentante, è "una sfida che pesa molto all'interno del mio portafoglio".
E auspica che durante il suo mandato potrà tornare al Parlamento "con migliori
notizie sulle relazioni con Tehran".

Bastone o carota? Le ricette dei parlamentari
Varie reazioni dai deputati, che voteranno una risoluzione sull'Iran a febbraio: c'è chi chiede
maggiore fermezza, chi invoca invece il "dialogo".
Dure le parole del popolare spagnolo Ignacio Salafranca, che si chiede se "non sia arrivato
il momento di perdere la pazienza e imporre sanzioni supplementari all'Iran", che - oltre al
resto -sta continuando a produrre uranio arricchito.
Di "disponibilità al confronto e al dialogo" parla il deputato PD Roberto Gualtieri a nome del
Gruppo S&D, riconoscendo all'Iran il "diritto allo sviluppo pacifico del programma nucleare"
ma deplorando il rifiuto della proposta internazionale di arricchire l'uranio all'estero.
"Io ho vinto le elezioni criticando il Governo del mio paese", spiega la giovane deputata liberale
Marietje Schaake. "Se le ragazze iraniane fanno la stessa cosa, vengono arrestate,
picchiate, violentate". E poi, citando Martin Luther King: "Arriva un momento in cui il silenzio
diventa tradimento. L'Europa dovrebbe avere un ruolo più forte, e non solo quando è
politicamente facile".
La presidente della delegazione parlamentare per le relazioni con l'Iran Barbara Lochbihler,
dei Verdi, mette in guardia sulle "tecnologie fornite da società europee, soprattutto nel
campo delle telecomunicazioni, e poi usate dal Governo per il controllo e la censura", e
avverte: "Nuove sanzioni potrebbero solo arrecare danno alla società, e non portare a un
cambio di Governo". Quello che serve è "dialogo politico".
"Sanzioni" invoca Charles Tannock, del gruppo ECR, contro gli "oltraggiosi" abusi dei diritti
umani e le ambizioni "brutali e nucleari" di Ahmedinejad. Precisa poi che il popolo e i
"coraggiosi giovani" iraniani hanno bisogno di sostegno: "Il regime e la popolazione sono
due cose diverse".
Preoccupazione per il programma nucleare espressa anche da Bas Belder, conservatore
olandese (EFD), che lo "ritiene una minaccia per la sicurezza, a cui la comunità internazionale
dovrebbe rispondere adeguatamente".

Voto sulla risoluzione: plenaria di febbraio.

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Copenhagen, che delusione!
 

Anche Obama l'ha ammesso: la delusione per com'è andato il vertice sul clima di Copenhagen è giustificata. Ma il Parlamento tenta di guardare avanti, e pensa alle prossime tappe. Due le grandi lezioni, secondo i membri della delegazione ufficiale al COP15: l'Europa deve essere più unita e avere una voce sola, e bisogna tessere le alleanze giuste in vista del summit in Messico di dicembre 2010.

Il dibattito di mercoledì pomeriggio dedicato all'analisi dei risultati del vertice di Copenhagen
ha messo in rilievo luci e ombre dell'accordo ottenuto al vertice ONU "COP15" di Copenhagen
fra il 7 e il 18 dicembre 2009. Anche se quasi tutti i parlamentari hanno espresso delusione
per come sono andate le cose, i segnali positivi non mancano, e bisogna ricordarli.

Ma c'è qualche passo avanti
"E' chiaro che siamo delusi" ha detto l'olandese PPE Corien Wortmann-Kool, "ma abbiamo
fatto anche passi avanti sui fondi per mitigare gli effetti del cambiamento climatico nel Sud
del mondo e sul riconoscimento dell'obiettivo '2 Gradi'. Il nostro target di riduzione del 30%
deve rimanere saldo. E, in vista dei prossimi appuntamenti, dobbiamo rivedere la nostra
strategia. Ma le ambizioni non devono cambiare."

La delusione è provocata dal fatto che la conferenza ONU, che ha raccolto i leader di quasi
tutti i Paesi mondo, non è riuscita a concludere né impegni specifici vincolanti di breve
termine (orizzonte 2020) sulla riduzione delle emissioni di CO2, né di lungo termine (il 50%
di riduzione entro il 2050).

L' "Accordo di Copenhagen" infatti non è vincolante dal punto di vista legale, ma contiene
solo un "riconoscimento" della necessità di limitare l'aumento delle temperature di massimo
2 Gradi Celsius.

L'Europa ha bisogno di una nuova strategia
"Una strategia ambiziosa e robusta" ha invocato Corinne Lepage, dell'ALDE, membro della
delegazione ufficiale del Parlamento a Copenhagen " e un'economia più basata sull'efficienza
energetica". L'Europa deve "mantenere la sua posizione di leader mondiale, e "deve
parlare con una voce sola" altrimenti sarà "un altro fallimento".

Il leader della delegazione Jo Leinen, condividendo la delusione, ha però espresso soddisfazione
per l'iniziativa della presidenza spagnola di tenere la questione alta sull'agenda
europea. Il 15 gennaio, infatti, i Ministri dell'Ambiente e dell'Energia dei 27 si sono già incontrati
a Siviglia per stabilire i prossimi passi, e la Commissione ha raccomandato una rapida
attuazione dell'Accordo di Copenhagen a livello europeo, in modo da mettere pressione
agli altri Paesi e poter raggiungere un accordo giuridicamente vincolante per tutti entro la
fine dell'anno.

Sulla strategia, il socialdemocratico tedesco ha raccomandato "di trovare partner strategici
in vista della conferenza dell'anno prossimo in Messico", sottolineando la necessità di costruire
alleanze con i Paesi in via di sviluppo che, probabilmente, saranno più pronti a
impegnarsi sul clima una volta che i fondi a loro destinati inizieranno ad arrivare.
Nell'Accordo di Copenhagen, infatti i Paesi sviluppati si sono impegnati a finanziare interventi
contro il cambiamento climatico nel Sud del mondo per un totale di 30 miliardi di dollari
fra il 2010 e il 2012.

Meccanismo di funzionamento dell'ONU da ripensare
Anche Satu Hassi, finlandese da anni attiva sul tema del clima, ha voluto guardare i lati
positivi, ricordando che "è la prima volta che in un documento dell'ONU c'è un riferimento
chiaro al target dei 2 Gradi, sottoscritto da tutti i Paesi, e non come raccomandazione scientifica
ma come obiettivo comune".
Il documento prevede anche che tutti i Paesi sviluppati, inclusi gli USA, troveranno uno
stesso quadro di riferimento per ridurre le emissioni, con un metodo per verificare gli
effettivi tagli.
"E' chiaro che ci sono stati Paesi che hanno sabotato l'accordo. I Paesi sviluppati devono
fare un passo avanti! L'UE non ha parlato con una voce sola a Copenhagen, per questo è
stata debole". La deputata Verde ha concluso che "c'è bisogno di una riforma dei meccanismi
di funzionamento dell'ONU".

I prossimi passi
La risoluzione del Parlamento sui risultati di Copenhagen sarà approvata a febbraio.
Il prossimo summit ONU (COP16) avrà luogo in Messico dal 29 novembre al 10 dicembre
2010.
Sarà l'ultima occasione per raggiungere un accordo sul clima che sostituisca il
protocollo di Kyoto?

 
 
 

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