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RESOCONTO

 

19 febbraio 2009

Bruxelles

 

 

 


Il Presidente ceco Vaclav Klaus critica un'integrazione più stretta dell'UE
 

Intervenendo in Aula, il Presidente ceco Vaclav Klaus ha sostenuto che il Trattato di Lisbona aumenterebbe il deficit democratico dell'UE e che sarebbe un errore rafforzare i poteri del Parlamento europeo e ridurre quelli degli Stati membri. Per Pöttering tali opinioni sono espressione della molteplicità delle visioni in Europa e, rilevando come in democrazia sia la maggioranza a vincere, ha osservato che, in un parlamento del passato, Klaus non avrebbe potuto tenere un simile discorso.

 

Ascoltato l'inno europeo, il Presidente PÖTTERING ha dato il benvenuto al Presidente ceco Vaclav Klaus, rilevando che il Parlamento europeo è la rappresentanza democratica dei cittadini dell'Europa unificata. Ha poi osservato che la Repubblica ceca è sempre stata al cuore dell'Europa e ha contribuito alla sua storia. Ha quindi detto di apprezzare il ruolo della Repubblica ceca nell'UE, accentuato ora dalla Presidenza di turno. In proposito, ha evidenziato che la ratifica, a grande maggioranza, del trattato di Lisbona da parte del Parlamento ceco, sottolinea la disponibilità della Presidenza a contribuire a un iter positivo delle ratifica del trattato, che «è indispensabile per affrontare le grandi sfide del XXI secolo».

 

Il Presidente si è poi detto preoccupato per le attuali tendenze protezionistiche, rilevando invece i benefici di un mercato unico libero e aperto. Ha quindi concluso sottoscrivendo l'appello del Presidente Klaus ai suoi cittadini di partecipare numerosi alle prossime elezioni europee, poiché sono «estremamente importanti».

 

Dopo aver ringraziato per l'invito, Vaclav KLAUS ha sottolineato come il Parlamento europeo sia una delle istituzioni chiave dell'UE, che riunisce rappresentanti di 27 paese appartenenti a un'Unione europea che, da cinquanta anni, è «un'esperienza unica e, in principio, rivoluzionaria». Ricordando poi che tra meno di tre mesi il suo paese celebrerà i cinque anni dell'adesione all'UE, ha affermato che lo farà «con dignità» e, a  differenza di altri nuovi Stati membri, senza dimostrare delusione per le aspettative non realizzate. Ha infatti spiegato che le attese ceche «erano realiste» e che era noto che non si trattava di un'adesione «a un'utopia». La possibilità di partecipare all'integrazione europea, ha proseguito, è stata presa come un'occasione per beneficiare dei vantaggi offerti dall'Europa e per contribuire al processo: «ci assumiamo la nostra parte di responsabilità nello sviluppo dell'Unione europea».

 

Il Presidente ha poi spiegato che «non vi sono alternative all'adesione»  all'UE e che nessuna forza politica del suo paese la mette in dubbio. Per questa ragione si è detto «sgradevolmente imbarazzato» per gli attacchi «infondati» verso la Repubblica ceca circa la sua presunta volontà di trovare un altro gruppo d'integrazione cui aderire. L'integrazione europea, ha proseguito, ha per missione di eliminare «le barriere inutili e controproducenti per la libertà umana e la prosperità» riguardo alla circolazione di persone, beni, servizi, idee e filosofie politiche. Deve inoltre gestire progetti comuni che non possono essere raggiunti dai singoli Stati.

Il Presidente ha tuttavia affermato che le decisioni prese a Bruxelles «sono sicuramente più numerose di quanto sarebbe ottimale». In proposito ha posto una domanda retorica ai deputati: «siete sicuri, quando votate su una questione, che questa debba essere risolta in questa sala e non invece in un posto più vicino ai cittadini e, dunque, all'interno degli Stati membri?». L'attuale retorica «politicamente corretta», ha insistito, evidenzia altri effetti possibili dell'integrazione che sono «piuttosto secondari» e che «rappresentano le ambizioni di uomini politici professionisti e delle persone a loro legate anziché gli interessi dei cittadini comuni».

 

D'altra parte, ha ammesso che, benché l'adesione fosse l'unica alternativa, «i metodi e le forme d'integrazione europea offrono molte varianti possibili e legittime». A suo parere «è quindi sbagliato considerare lo stato attuale dell'organizzazione istituzionale dell'UE come un dogma» ed è altrettanto sbagliato «supporre che il solo futuro possibile dell'integrazione europea, postulato a priori e non criticabile, debba essere "un'Unione sempre più stretta" o l'integrazione sempre più profonda degli Stati membri». E l'imposizione di questo approccio «è inaccettabile». Inoltre, ha proseguito, «è chiaro che qualsiasi modifica istituzionale dell'UE non è un obiettivo in sé ma il mezzo per raggiungere dei veri obiettivi», tra i quali figura «un'organizzazione economica che possa garantire la prosperità, come l'economia di mercato». A suo parere, è questo quanto chiedono coloro «che hanno vissuto sotto l'oppressione del comunismo e che hanno combattuto contro un'economia pianificata organizzata dallo Stato».

 

Il sistema decisionale attuale dell'UE, ha aggiunto il Presidente, «è diverso da quello che è stato confermato dalla storia della democrazia parlamentare classica ... dove vi è una parte che sostiene il governo e l'altra all'opposizione». A suo parere, «ciò non esiste nel Parlamento europeo ... dove è imposta una sola alternativa mentre chi la pensa diversamente è considerato un avversario dell'integrazione europea». Riferendosi alla distanza tra i cittadini e l'Europa, ossia il deficit democratico, il Presidente ha affermato che i progetti di modifica dell'assetto istituzionale, come la Costituzione europea o il trattato di Lisbona, «aumenterebbero ulteriormente questo difetto». Inoltre, «essendo assente un popolo europeo la soluzione non consiste nemmeno nel rafforzare i poteri del Parlamento europeo». Ciò, ha insistito, «potrebbe aumentare il problema alienando ancora di più i cittadini dalle istituzioni europee».

 

A questo punto, diversi deputati si sono alzati e hanno lasciato l'Aula.

 

La soluzione, ha proseguito il Presidente, non consiste neanche nel «melting pot dell'integrazione europea, né nella riduzione del ruolo degli Stati membri sotto il motto di una società europea multiculturale e multinazionale». Ha quindi affermato di temere che «il tentativo di accelerare e approfondire l'integrazione e di trasferire a livello europeo ulteriori decisioni che riguardano i cittadini degli Stati membri possa minacciare tutti i risultati positivi ottenuti dall'Europa negli ultimi cinquanta anni». Il successo dell'UE, ha proseguito, sta anche nel fatto che «l'opinione e la voce di ogni Stato membro hanno avuto finora la stessa importanza, al momento del voto, e sono state ascoltate». Ha quindi ammonito che se i cittadini non si riconoscessero più nel progetto europeo «ci potremmo ritrovare molto facilmente e rapidamente ai tempi di cui abbiamo l'abitudine di dire che appartengono a un passato lontano».

 

Ciò, ha proseguito, è legato anche alla questione della prosperità: «il sistema economico attuale dell'UE è quello dell'oppressione del mercato e del rafforzamento continuo della gestione centrale dell'economia». Ha quindi osservato che «nonostante la Storia abbia dimostrato che non si tratta della giusta direzione, la stiamo riprendendo di nuovo». Il Presidente ha poi affermato che la crisi finanziaria ed economica «non è stata una crisi del mercato .... ma è stata causata dalla manipolazione politica del mercato» e, in proposito, ha ricordato nuovamente «l'esperienza storica della nostra parte dell'Europa e le lezioni che ne abbiamo tratto». La soluzione, ha insistito, consiste unicamente «nella liberalizzazione e la deregolamentazione dell'economia europea».

 

Il Presidente ha quindi concluso  sottolineando l'esigenza che «una discussione libera su tali questioni non sia considerata come un attacco all'idea stessa dell'integrazione europea». Abbiamo sempre creduto, ha proseguito, «che la democrazia autentica, che ci è stata negata per quaranta anni, è giustamente fondata sul diritto di dibattere apertamente sulle questioni gravi, di essere ascoltati e di difendere la possibilità di ciascuno di presentare il proprio parere anche se è diverso». Lo scambio libero delle idee e delle opinioni, ha aggiunto, «è una condizione essenziale della democrazia ... e costituisce il solo modo per rendere l'Unione europea più libera, più democratica e più prospera».

 

Il Presidente PÖTTERING, rivolgendosi a Vaclav Klaus, ha rilevato che egli ha parlato al Parlamento europeo come aveva auspicato e che «in un parlamento del passato non avrebbe potuto tenere questo discorso». «Grazie a Dio - ha aggiunto - viviamo in una democrazia europea in cui ognuno può esprimere la propria opinione». Il Presidente ha poi affermato che «siamo una famiglia europea dove, come in tutte le famiglie, ci sono punti di vista diversi». Ha in seguito sottolineato che se il Parlamento europeo non avesse tutta l'influenza che ha e non fosse co-legislatore sul 75% delle decisioni - che salirebbe a quasi il 100% con il trattato di Lisbona - sarebbe la burocrazia a decidere in Europa». «La sua visita - ha concluso - è espressione della molteplicità delle visioni in Europa .... e, come in ogni democrazia, vince la maggioranza».

 

Molti deputati hanno applaudito calorosamente il Presidente Pöttering.

 

 

Riferimenti

 

Seduta solenne - Repubblica ceca, allocuzione di Vaclav Klaus, Presidente della Repubblica ceca

19.2.2009

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Attività della CIA in Europa: l'UE chiarisca le responsabilità


Il Parlamento chiede all'UE di attuare integralmente le sue raccomandazioni circa le attività della CIA in Europa e di svolgere indagini per fare piena luce sugli abusi e le violazioni commessi, al fine di individuare le responsabilità e garantire che non si ripetano. Sollecitando un nuovo approccio comune con gli USA nella lotta al terrorismo che rispetti il diritto internazionale, chiede chiarimenti al nuovo Presidente Obama circa la chiusura e la proibizione delle prigioni segrete.

 

Approvando con 334 voti favorevoli, 247 contrari e 86 astensioni una risoluzione sostenuta da PSE, ALDE, Verdi/ALE e GUE/NGL, il Parlamento ricorda anzitutto nella sua relazione sul presunto utilizzo di paesi europei da parte della CIA per il trasporto e la detenzione illegali di prigionieri sono state formulate 46 raccomandazioni dettagliate destinate agli Stati membri, alla Commissione e al Consiglio. Denuncia quindi «l'inerzia dimostrata finora dagli Stati membri e dal Consiglio, in particolare dall'Alto rappresentante per la PESC, Javier Solana, quanto al far luce sul programma di consegne straordinarie e dare attuazione alle raccomandazioni». Deplora inoltre «la mancanza di risposte esaurienti» nelle dichiarazioni rese dal Consiglio al Parlamento il 3 febbraio 2009.

 

Alla luce degli sviluppi seguiti in diversi Stati membri all'approvazione della relazione, tra cui le "ammissioni" britanniche e l'imposizione del segreto di Stato in Italia sul caso Abu Omar, Il Parlamento invita gli Stati membri, la Commissione e il Consiglio «a dare piena attuazione alle [sue] raccomandazioni». Li esorta inoltre «a contribuire all'accertamento della verità avviando indagini o collaborando con gli organi competenti, divulgando e fornendo tutte le informazioni pertinenti e garantendo un efficace controllo parlamentare sull'operato dei servizi segreti».

 

Più in particolare, il Parlamento esorta l'Unione europea, gli Stati membri e le autorità statunitensi «a svolgere indagini e a fare piena luce sugli abusi e le violazioni commessi nel contesto della "guerra al terrorismo"», al fine di «individuare le responsabilità» e garantire che tali violazioni «non si ripetano in futuro». Specie per quanto riguarda le violazioni del diritto umanitario internazionale e nazionale, delle libertà fondamentali, della proibizione della tortura e dei maltrattamenti, delle sparizioni forzate e del diritto a un processo equo. A suo parere, infatti, le consegne straordinarie e la detenzione segreta «sono contrarie» a questi principi, mentre «diversi Stati membri dell'UE hanno partecipato o collaborato attivamente o passivamente con le autorità degli Stati Uniti» a queste attività e, pertanto, «hanno una specifica responsabilità politica, morale e giuridica». Ribadisce inoltre che «chiunque sia vittima di un atto di tortura ha il diritto, giuridicamente invocabile, a una riparazione e a un risarcimento equo ed adeguato».

 

Il Parlamento sollecita poi l'Unione europea e agli Stati Uniti a «rafforzare il dialogo transatlantico su un nuovo approccio comune nella lotta al terrorismo, basato sui valori comuni del rispetto del diritto internazionale in materia di diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto in un quadro di cooperazione internazionale». Esprimendo inoltre apprezzamento per i tre ordini esecutivi emessi dal Presidente Obama, il Parlamento sottolinea tuttavia che «persistono alcune ambiguità quanto al parziale mantenimento dei programmi di consegna e dei centri di detenzione segreti». Confida pertanto «che saranno forniti chiarimenti circa la chiusura e la proibizione di tutti gli altri centri di detenzione segreti ... negli USA o all'estero».

 

I deputati ritengono che gli accordi UE-Stati Uniti sull'estradizione e l'assistenza giudiziaria reciproca «costituiscano uno strumento utile ai fini di un'applicazione della legge e di una cooperazione giudiziaria corrette sotto il profilo giuridico nella lotta al terrorismo». Plaudono, pertanto, alla loro ratifica da parte del Senato americano e chiedono all'Italia «di ratificarli quanto prima». Nel valutare poi positivamente la prossima visita negli Stati Uniti di una delegazione UE (Commissario europeo per la libertà, la sicurezza e la giustizia, Presidenza ceca e Coordinatore antiterrorismo), la invita a sollevare la questione delle consegne straordinarie e dei centri di detenzione segreti e a riferire al Parlamento. Esorta il prossimo Consiglio "Giustizia e affari interni" del 26 febbraio ad assumere una posizione ferma al riguardo e a discutere la questione della chiusura del centro di Guantánamo e del reinsediamento dei detenuti.

 

Link utili

 

Resoconto del dibattito in Aula - Comunicato stampa
Relazione del Parlamento europeo sul presunto uso dei paesi europei da parte della CIA per il trasporto e la detenzione illegali di prigionieri
Comunicato stampa sulla relazione
Sito della commissione temporanea
Relazione Catania sui diritti fondamentali nell'UE

 

Riferimenti

 

Risoluzione sul presunto utilizzo di paesi europei da parte della CIA Per il trasporto e la detenzione illegali di prigionieri

Procedura: Risoluzione comune

Dibattito: 3.2.2009

Votazione: 19.2.2009

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Sanzioni, anche penali, per chi impiega immigrati illegali


Il Parlamento ha approvato formalmente la direttiva che introduce sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano immigrati irregolari nell'UE. Tali sanzioni dovranno essere pecuniarie (inclusi i costi dell'eventuale rimpatrio), amministrative (ritiro della licenza d'esercizio o chiusura dello stabilimento) e, nei casi più gravi, penali. Gli Stati membri dovranno poi mettere a disposizione meccanismi per agevolare le denunce e garantire adeguate ispezioni sui luoghi di lavoro più a rischio.

 

Con 552 voti favorevoli, 105 contrari e 34 astensioni, il Parlamento ha adottato formalmente una nuova direttiva che, allo scopo di contrastare l’immigrazione illegale, vieta l'assunzione di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente e, a tal fine, stabilisce norme minime comuni relative a sanzioni applicabili ai datori di lavoro che violano tale divieto. La direttiva, che va a completare i testi legislativi sul rimpatrio e sulla "carta blu", sarà applicabile 24 mesi dopo la data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

 

La scorsa sessione, il Parlamento aveva approvato il maxi-emendamento di compromesso negoziato con il Consiglio dal relatore Claudio FAVA (PSE, IT), ma aveva rinviato l'adozione formale del provvedimento per lasciare il tempo al Consiglio di esaminare e approvare, come poi ha fatto, una dichiarazione comune sul subappalto che sarà ora allegata al testo della direttiva.

 

Obblighi dei datori di lavoro

La direttiva impegna gli Stati membri a obbligare i datori di lavoro a chiedere ai cittadini di paesi terzi, prima di assumerli, di presentare il permesso di soggiorno o altra autorizzazione di soggiorno, nonché a tenere o registrare una copia di tali documenti almeno per la durata del periodo di lavoro per poterli esibire durante le eventuali ispezioni delle autorità competenti nazionali. Inoltre, devono essere tenuti a informare le autorità competenti dell’inizio dell’impiego di un cittadino di un paese terzo entro il termine stabilito dagli Stati membri. Questi, peraltro, hanno la facoltà di fissare una procedura semplificata di notifica se il datore di lavoro è una persona fisica che assume a fini privati. Se i datori di lavoro adempiono a queste disposizioni non potranno essere considerati responsabili di aver infranto il divieto di impiegare immigrati clandestini, a meno che non siano al corrente del fatto che il documento presentato è falso.


 

Sanzioni finanziarie, pagamento dei costi di rimpatrio e degli arretrati

 

In forza alla direttiva, gli Stati membri dovranno adottare le misure necessarie affinché i datori di lavoro che impiegano manodopera extra-comunitaria illegale «siano passibili di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive». Queste potranno includere, sanzioni finanziarie che aumentano a seconda del numero di cittadini di paesi terzi impiegati illegalmente e il pagamento dei relativi costi di rimpatrio. Tuttavia, possono essere previste delle sanzioni ridotte per le persone fisiche che impiegano a fini privati e se «non sussistano condizioni lavorative di particolare sfruttamento».

 

I datori di lavoro, inoltre, saranno tenuti a pagare la retribuzione arretrata ai cittadini di paesi terzi illegalmente impiegati, che si presume corrisponda al salario minimo stabilito dalla legge, da accordi collettivi o dalla prassi del settore interessato. Ma dovranno anche versare un importo pari alle tasse e i contributi previdenziali che avrebbero pagato in caso di assunzione legale, incluse le penalità di mora e le relative sanzioni amministrative. Se del caso, dovranno pagare anche tutti i costi derivanti dal trasferimento delle retribuzioni arretrate verso il paese in cui è stato rimpatriato il lavoratore.

 

Gli Stati membri, inoltre, dovranno porre in atto gli appropriati meccanismi affinché i cittadini dei paesi terzi impiegati illegalmente possano presentare domanda e dare esecuzione ad una sentenza nei confronti del datore di lavoro per ogni retribuzione arretrata, anche nei casi di rimpatrio volontario o forzato, e possano ricevere tale pagamento.

 

Norme specifiche sono definite per i casi di subappalto, fermo restando che un appaltante «che ha adempiuto ai suoi obblighi con la debita diligenza come previsto dalla legislazione nazionale non è ritenuto responsabile». Parlamento e Consiglio, in una dichiarazione comune, sostengono che le norme della direttiva relative al subappalto non dovranno pregiudicare altre disposizioni legislative in materia eventualmente adottate in futuro.

 

Sanzioni amministrative: esclusione dalle sovvenzioni, chiusura e ritiro della licenza

 

Gli Stati membri dovranno anche adottare le misure necessarie affinché un datore di lavoro sia anche soggetto, se del caso, all'esclusione dal beneficio di alcune o di tutte le prestazioni, sovvenzioni o aiuti pubblici, compresi i fondi UE gestiti dagli Stati membri, e dalla partecipazione ad appalti pubblici, per un periodo fino a cinque anni. Potrà inoltre essere imposto il rimborso di alcune o di tutte le prestazioni, sovvenzioni o aiuti pubblici – inclusi fondi UE gestiti dagli Stati membri – concesse al datore di lavoro fino a 12 mesi prima della constatazione del lavoro illegale.

 

Infine, potrà essere decisa la chiusura temporanea o permanente degli stabilimenti in cui ha avuto luogo la violazione, o il ritiro temporaneo o permanente della licenza d’esercizio dell'attività economica in questione, «se giustificata dalla gravità della situazione». Gli Stati membri, tuttavia, avranno la facoltà di esonerare da queste sanzioni il datore di lavoro che sia una persona fisica che ha assunto a fini privati.

 

Sanzioni penali per i casi più gravi, come l'impiego di minori

 

In forza alla direttiva, gli Stati membri dovranno garantire che la violazione del divieto di assumere immigrati illegali, se intenzionale, «costituisca reato», come previsto dalla legislazione nazionale, se prosegue, oppure è costantemente reiterata, se riguarda l'impiego simultaneo di un numero significativo di cittadini di paesi terzi in posizione irregolare, se è accompagnata da situazioni di particolare sfruttamento, se è commessa da un datore di lavoro consapevole di impiegare una vittima della tratta di esseri umani e, infine, se riguarda l'impiego illegale di un minore. Sono punibili come reati anche l'istigazione, il favoreggiamento e la complicità nella commissione dei succitati atti.

 

Coloro che commettono queste violazioni dovranno essere punibili con sanzioni penali «effettive, proporzionate e dissuasive», da applicare ai sensi della legislazione nazionale fatte salve altre sanzioni o misure di natura non penale. La direttiva prevede anche disposizioni simili per le persone giuridiche, consentendo inoltre agli Stati membri di rendere pubblico un elenco di quelle ritenute responsabili di un siffatto reato. In ogni caso, la responsabilità della persona giuridica non esclude azioni penali contro le persone fisiche che commettano uno di questi reati o istighino qualcuno a commetterli o vi concorrano.

 

Agevolare le denunce, anche da parte di sindacati e ONG

 

La direttiva impone agli Stati membri di rendere disponibili meccanismi efficaci per consentire ai cittadini di paesi terzi impiegati illegalmente di presentare denuncia contro i loro datori di lavoro, sia direttamente sia attraverso parti terze designate dagli Stati membri, quali sindacati o altre associazioni o un’autorità competente dello Stato membro, qualora previsto dalla legislazione nazionale. Anche i terzi aventi un legittimo interesse a garantire che le disposizioni della direttiva siano rispettate potranno avviare tutte le procedure previste, per conto o a sostegno dell'immigrato illegale e con il suo consenso. E' anche precisato che l'assistenza fornita per presentare denuncia «non dovrebbe essere considerata favoreggiamento di soggiorno illegale».

 

Nei casi in cui il reato riguarda una «situazione di particolare sfruttamento» o l'impiego illegale di un minore, gli Stati membri dovranno definire le condizioni alle quali possono essere concessi, caso per caso, permessi di soggiorno di durata limitata.

 

Garantire adeguate ispezioni, soprattutto nei settori più a rischio

 

Gli Stati membri dovranno garantire che siano effettuate «ispezioni efficaci e adeguate sul loro territorio» per controllare l'impiego di cittadini di paesi terzi in posizione irregolare. Tali ispezioni, è precisato, dovranno basarsi innanzitutto su una valutazione dei rischi effettuata dalle autorità competenti degli Stati membri. Per renderle più efficaci, inoltre, gli Stati membri dovranno identificare periodicamente i settori di attività in cui si concentra nel loro territorio l'impiego di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente. Relativamente a ciascuno di tali settori, gli Stati membri, ogni anno entro il 1° luglio, dovranno notificare alla Commissione il numero di ispezioni effettuate l’anno precedente, espresso come numero assoluto o percentuale dei datori di lavoro in ciascun settore, e riferirne i risultati.

 

Revisione della direttiva

 

Entro tre anni dopo la data di applicazione della direttiva, e successivamente ogni tre anni, la Commissione dovrà presentare al Parlamento europeo ed al Consiglio una relazione contenente proposte di modifica delle disposizioni relative al pagamento degli arretrati, alle sanzioni amministrative, al subappalto, all'agevolazione delle denunce e alle ispezioni.

 

La legge italiana: arresto da uno a tre anni e 5.000 euro di multa per ogni irregolare

 

In Italia, il datore di lavoro che “occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno…, ovvero il cui permesso di soggiorno sia scaduto e del quale non sia stato chiesto, nei termini di legge, il rinnovo, revocato o annullato” rischia l'arresto da uno a tre anni e un ammenda di 5.000 euro per ogni lavoratore impiegato. Gli ispettori che constatano il reato devono inoltre inviare un rapporto agli istituti previdenziali per il conseguente recupero contributivo.

 

 

Link utili

 

Maxi-emendamento di compromesso (testo della relazione)
Proposta della Commissione

 

 

Riferimenti

 

Claudio FAVA (PSE, IT)

Relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che introduce sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente nell'UE

Procedura: Codecisione, prima lettura

Dibattito: 3.2.2009

Votazione: 19.2.2009

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UE/NATO: cooperazione più stretta per la sicurezza globale


Il Parlamento rileva l'importante ruolo della NATO per la sicurezza dell'Europa e l'esigenza di un partenariato più stretto tra l'UE e l'Alleanza, anche creando strutture di cooperazione permanenti, contro le minacce alla sicurezza globale. Ma l'UE deve sviluppare capacità di sicurezza e difesa proprie e istituire un quartier generale permanente. Sollecita poi lo sviluppo congiunto di capacità militari e un migliore coordinamento degli investimenti nella difesa. L'adesione della Russia alle strutture euro-atlantiche potrebbe prefigurarsi se essa diventa un'autentica democrazia.

 

Approvando con 293 voti favorevoli, 283 contrari e 60 astensioni la relazione di Ari VATANEN (PPE/DE, FR), il Parlamento ribadisce che tutte le democrazie «dovrebbero unire i loro sforzi per la costruzione della stabilità e della pace sotto l'autorità delle Nazioni Unite».

 

Rileva poi che la capacità dell'UE di costruire la pace «dipende dallo sviluppo di una corretta strategia o politica in materia di sicurezza, che preveda una capacità di azione autonoma e un rapporto di efficiente complementarità con la NATO». UE e NATO, d'altra parte, dovrebbero «elaborare un approccio globale alla gestione delle crisi», anche perché un partenariato euro-atlantico «forte e saldo» costituisce «la migliore garanzia per la sicurezza e la stabilità dell'intera Europa e per il rispetto dei principi della democrazia, dei diritti umani, dello Stato di diritto e della buona governance».

 

Il Parlamento riconosce infatti «l'importante ruolo svolto dalla NATO», oggi come in passato, nell'architettura di sicurezza dell'Europa. Osserva inoltre che per la maggior parte degli Stati membri dell'UE l'Alleanza «continua ad essere il fondamento della loro difesa collettiva» e che la sicurezza dell'intera Europa «continua a trarre beneficio dal mantenimento dell'Alleanza atlantica». Pertanto, ai fini della futura difesa collettiva dell'UE, occorre «il maggior livello possibile di cooperazione con la NATO» e che gli USA e l'UE intensifichino le loro relazioni bilaterali e le estendano a temi attinenti alla pace e alla sicurezza.

 

Fermo restando che l'UE deve «sviluppare capacità di sicurezza e difesa proprie», i deputati ritengono che l'UE e la NATO potrebbero rafforzarsi vicendevolmente «evitando gli antagonismi e sviluppando una cooperazione più solida nelle operazioni di gestione delle crisi, basata su una divisione pragmatica delle attività». Anche perché la NATO e l'UE devono impegnarsi a conseguire l'obiettivo comune di lungo termine della costruzione di un mondo più sicuro. Un partenariato ancor più stretto e un rafforzamento del potenziale di base dell'UE e della NATO, a loro parere, sono quindi necessari per affrontare i rischi legati alla sicurezza nel mondo moderno, quali il terrorismo internazionale, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, il collasso di Stati, la criminalità organizzata, le minacce cibernetiche, il degrado ambientale e i connessi rischi di sicurezza.

Per permettere alle due organizzazioni di intervenire e apportare un aiuto efficace nell'ambito delle attuali crisi, che richiedono una risposta civile e militare su molteplici fronti, il Parlamento ritiene indispensabile approfondire ulteriormente i rapporti tra la NATO e l'UE, «creando strutture di cooperazione a carattere permanente, senza tuttavia pregiudicare la natura indipendente e autonoma di entrambe le organizzazioni e senza escludere la partecipazione di tutti i membri della NATO e di tutti gli Stati membri dell'UE che desiderino associarvisi». Riconosce inoltre l'importanza vitale di un miglioramento delle sinergie fra i servizi di intelligence degli alleati NATO e dei partner dell'UE.

 

Il Parlamento sostiene l'istituzione di un quartiere generale operativo permanente dell'UE sotto l'autorità del vicepresidente della Commissione/Alto rappresentante, che includa nel suo mandato la pianificazione e la condotta delle operazioni militari PESD. Anche perché una capacità permanente di pianificazione e comando per le operazioni UE accrescerebbe l'efficacia e la credibilità di tali operazioni. Inoltre, propone che, d'intesa con la NATO, ogni Stato membro dell'UE che è contemporaneamente membro dell'Alleanza tenga separate le forze impiegabili per le sole operazioni UE, «per evitare che il loro dislocamento possa essere bloccato dai membri della NATO che non sono Stati membri dell'UE».

 

Esortando l'UE e la NATO a evitare la duplicazione delle operazioni e promuovere la coerenza, i deputati invitano gli Stati membri a mettere in comune, condividere e sviluppare congiuntamente capacità militari, «per evitare sprechi, realizzare economie di scala e rafforzare la base industriale e tecnologica nel settore della difesa». Ritengono inoltre che, oltre all'esigenza di utilizzare molto più efficacemente le risorse militari, un migliore e più efficiente coordinamento degli investimenti nella difesa da parte degli Stati membri dell'UE dettato da esigenze di sinergia «sia essenziale per gli interessi della sicurezza europea». In tale contesto, chiedono anche «un forte incremento della quota di costi comuni in ogni operazione militare NATO e UE, ma invitano gli USA a mostrare maggiore disponibilità a consultare gli alleati europei su questioni attinenti alla pace e alla sicurezza.

 

Approvando un emendamento del PPE/DE e del PSE, l'Aula osserva inoltre che, dopo l'elezione del nuovo Presidente USA, «si registra un crescente consenso fra le due sponde dell'Atlantico in merito alle sempre minore utilità delle armi nucleari dinanzi alle nuove sfide e un nuovo senso di urgenza circa la necessità di ridimensionare gli arsenali nucleari».

 

In merito alla compatibilità tra l'appartenenza alle due organizzazioni, il Parlamento insiste sul fatto che tutti gli Stati membri dell'UE debbano partecipare senza discriminazioni alle riunioni congiunte UE-NATO e propone che gli alleati della NATO candidati all'adesione all'UE siano più strettamente associati ai lavori della PESD e dell'Agenzia europea per la difesa. Ritiene inoltre essenziale affrontare e risolvere il problema dell'incompatibilità tra lo status di membro della NATO ma non dell'UE e viceversa, «al fine di non compromettere il funzionamento della cooperazione UE-NATO». Si oppone poi all'ampliamento di un'organizzazione a paesi «la cui adesione non riscuote il consenso della popolazione o che conoscono gravi dispute territoriali irrisolte con i paesi vicini».

 

Infine, i deputati ritengono che, «se e quando la Russia diverrà un'autentica democrazia» rinunciando all'invasione militare come mezzo di pressione sui paesi vicini, la sua cooperazione con l'UE «potrebbe raggiungere livelli senza precedenti». Tale cooperazione, come richiesto da PPE/DE e PSE, potrebbe anche prefigurare «la prospettiva di un'adesione della Russia a tutte le strutture euro-atlantiche». L'UE e la NATO devono quindi intrattenere un «dialogo franco e realistico» con la Russia sui temi come i diritti umani e la preminenza del diritto, la sicurezza regionale, l'energia, la difesa missilistica, la non proliferazione delle armi di distruzione di massa, la limitazione delle forze armate e la politica spaziale.


Link utili

 

Sicurezza e difesa - Sito del Consiglio UE

 

 

Riferimenti

 

Ari VATANEN (PPE/DE, FR)

Relazione sul ruolo della NATO nell'architettura di sicurezza dell'UE

Procedura: Iniziativa

Dibattito: 18.2.2009

Votazione: 19.2.2009

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La politica euromediterranea va rinnovata profondamente


L'intera politica euromediterranea dev'essere rinnovata profondamente rafforzando la dimensione politica e il co-sviluppo. E' quanto sostiene il Parlamento, precisando che l'Unione per il Mediterraneo non è un'alternativa all'ampliamento dell'UE e non incide sulle prospettive d'adesione. Occorre anche intensificare i negoziati di pace, favorire i diritti umani e la libertà religiosa nella regione, dare nuovo slancio alle politiche migratorie comuni e aumentare il sostegno economico dell'UE.

 

Approvando con 521 voti favorevoli, 44 contrari e 13 astensioni la relazione di Pasqualina NAPOLETANO (PSE, IT), il Parlamento osserva anzitutto che le due sponde del Mediterraneo «stanno allontanandosi sempre più sotto il profilo economico, politico e culturale», e che tali disparità «devono essere colmate al fine di creare a termine uno spazio di pace, sicurezza e prosperità condivisa». Rilevando poi il bilancio «deludente» del processo di Barcellona, ritiene che la proposta di un'Unione per il Mediterraneo (UpM) «costituisca uno strumento al servizio della pace e della prosperità e rappresenti un passo avanti verso l'integrazione economica e territoriale e la cooperazione nell'ambito ecologico e climatico tra i paesi del Mediterraneo». A condizione, però, «che siano realizzate le promesse e siano conseguiti risultati concreti e visibili».

 

Ricordando l'esigenza di non duplicare e sovrapporre strumenti, politiche e livelli istituzionali già esistenti e di garantire una coerenza a tutto il sistema delle relazioni euromediterranee, il Parlamento insiste sulla necessità di «rinnovare profondamente» l'intera politica euromediterranea, rafforzandone la dimensione politica e il co-sviluppo. Inoltre, ricorda che, in ogni caso, l'iniziativa UpM «non esaurisce la prospettiva più ampia di tale politica» e «non ostacolerà le altre iniziative di cooperazione regionale». Rileva peraltro che la partecipazione all'UpM «non rappresenta un'alternativa all'allargamento dell'UE e non incide sulle prospettive di adesione dei paesi candidati attuali o futuri».

 

Intensificare i negoziati di pace

 

Preoccupati per la recrudescenza del conflitto israelo-palestinese, che incide sul dialogo politico del partenariato euromediterraneo, i deputati auspicano che il rafforzamento delle relazioni euromediterranee dia nuovo impulso allo sviluppo di un'area di pace e prosperità che, assieme alla stabilità politica, «sono fondamentali per la sicurezza collettiva e individuale». Nel sottolineare poi che solo un'intensificazione dei negoziati volti a pervenire a una soluzione globale e duratura può permettere la realizzazione di questo obiettivo, ritengono che l'Unione europea «debba assumere un ruolo guida nella composizione di tali conflitti conquistando la fiducia di tutte le parti implicate». Si compiacciono, peraltro, per la decisione di includere la Lega degli Stati arabi come partecipante a tutte le riunioni a tutti i livelli, in considerazione del suo contributo positivo agli obiettivi della pace, della prosperità e della stabilità nella regione mediterranea.

Al fine di allentare le tensioni nell'area del Mediterraneo, il Parlamento ritiene necessario migliorare la comprensione sociale e culturale tra i popoli, e sollecita quindi gli Stati membri e la Commissione a presentare strategie per promuovere tale dialogo. Sostiene poi la decisione di dare una dimensione parlamentare forte all'UpM, «rinforzando così la sua legittimità democratica», che occorre approfondire ulteriormente. Rileva inoltre la necessità di proseguire formalmente la cooperazione nella lotta al terrorismo internazionale, al traffico di stupefacenti, alla criminalità organizzata e alla tratta di esseri umani, e sostiene l'idea di creare un'area priva di armi nucleari e di armi di distruzione di massa.

 

Promuovere i diritti dell'uomo e la libertà religiosa

 

Il Parlamento sottolinea che uno degli obiettivi principali della politica euromediterranea è la promozione dello Stato di diritto, della democrazia, del rispetto dei diritti dell'uomo e del pluralismo politico, e osserva che continuano a esistere «violazioni molto gravi». Nel chiedere di valutare i risultati fin qui raggiunti e l'adeguatezza degli strumenti messi in atto nell'ambito del partenariato, sollecita la Commissione a elaborare criteri di ammissibilità ben definiti per tali strumenti e a istituire un sistema efficace per il monitoraggio della loro attuazione. In tale contesto, invita tutte le parti coinvolte «ad approfondire e favorire il rispetto della libertà religiosa e di coscienza e dei diritti delle minoranze».

 

Esorta inoltre il Consiglio e la Commissione a iscrivere chiaramente la promozione dei diritti dell'uomo e della democrazia negli obiettivi della nuova iniziativa, a rafforzare ulteriormente l'applicazione dei meccanismi esistenti, tra cui la clausola sui diritti dell'uomo contenuta negli accordi di associazione, e a creare un meccanismo per l'applicazione di tale clausola negli accordi di nuova generazione e nei piani d'azione bilaterali della politica di vicinato.

 

Nuovo slancio alla gestione di politiche migratorie comuni

 

Il Parlamento invita tutti i paesi del partenariato, la Commissione e le future istituzioni dell'UpM a dare nuovo slancio alla gestione di politiche migratorie comuni, «allo scopo di valorizzare le risorse umane e di rafforzare gli scambi tra i popoli» ed «evitando una visione esclusivamente securitaria». Precisa poi che occorre concentrarsi sulle opportunità di migrazione legale, sulla lotta ai flussi migratori illegali, su una migliore integrazione degli immigrati e sull'esercizio del diritto di asilo. Nel rilevare l'importanza della stretta collaborazione euromediterranea, ritiene che il partenariato «debba accordare un'attenzione prioritaria alla gestione strutturata dei flussi migratori». D'altro canto sollecita l'Unione e gli Stati membri a verificare che nei centri per immigrati finanziati dall'UE siano pienamente rispettati i diritti dell'uomo e le libertà fondamentali.

 

Cooperazione economica, tutela dell'ambiente e politica energetica

 

Per i deputati, le iniziative economiche e commerciali dell'UpM per consentire la realizzazione di una zona di libero scambio reciprocamente vantaggiosa devono «favorire la crescita economica della regione, un suo migliore inserimento nell'economia mondiale e la riduzione del divario di sviluppo tra il nord e il sud del Mediterraneo, rafforzando ... la coesione sociale». In tale contesto, rilevano l'esigenza di tener conto dell'impatto sociale dei processi di liberalizzazione, soprattutto in termini di sicurezza alimentare. E precisano che l'obiettivo di un'area di libero scambio «non può essere valutato solo in rapporto alla crescita economica, ma soprattutto in termini di creazione di posti di lavoro».
 

Chiedendo poi di incoraggiare i giovani a creare piccole imprese, anche facilitando l'accesso al credito e al microcredito, il Parlamento ritiene che occorra rafforzare il sostegno al Fondo euromediterraneo di investimento e partenariato (FEMIP). Inoltre, nel sostenere lo sviluppo degli scambi commerciali sud-sud, chiede di valorizzare il ruolo delle parti sociali nella prospettiva di istituire un Comitato economico e sociale euromediterraneo. Invita poi il Consiglio e la Commissione a garantire la possibilità che tutti i paesi dell'UpM abbiano accesso ai programmi regionali già previsti dal partenariato.

 

Il Parlamento sostiene vivamente la dimensione ambientale dell'UpM, quali la nuova iniziativa per il disinquinamento del Mediterraneo e il progetto per l'energia solare. Ricorda poi che per raggiungere gli obiettivi fissati è necessario ampliare i settori di cooperazione, includendovi la gestione idrica, l'agricoltura, la sicurezza dell'approvvigionamento alimentare, l'energia, la formazione professionale, la cultura, la sanità e il turismo. Riconosce infine l'importanza di rafforzare la cooperazione nel settore energetico e l'esigenza di sviluppare un mercato energetico regionale al fine di realizzare progetti su ampia scala nei settori delle energie rinnovabili e delle infrastrutture energetiche.

 

 

Link utili

 

Comunicazione della Commissione
Sito della Commissione sul partenariato euro-mediterraneo
Sito dell'APEM

 

 

Riferimenti

 

Pasqualina NAPOLETANO (PSE, IT)

Relazione sul Processo di Barcellona: Unione per il Mediterraneo

Procedura: Iniziativa

Dibattito: 18.2.2009

Votazione: 19.2.2009

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Rafforzare la politica estera e di difesa dell'UE


Il Parlamento chiede più finanziamenti per la politica estera UE e rileva l'esigenza di una nuova agenda transatlantica che rafforzi la cooperazione UE/USA, anche per le operazioni di salvataggio di ostaggi rapiti dai terroristi islamici. Auspica poi un maggiore impegno europeo in Medio Oriente, Iraq e Afghanistan. Chiede poi una rapida attuazione della Strategia europea in materia di sicurezza, nonché la costituzione di una Forza armata europea integrata e di un quartier generale UE permanente.

 

Approvando con 535 voti favorevoli, 71 contrari e 51 astensioni la relazione di Jacek Emil SARYUSZ-WOLSKI (PPE/DE, PL), il Parlamento ribadisce anzitutto che la politica estera e di sicurezza comune (PESC) «deve poggiare sui valori tutelati dall'Unione europea e dai suoi Stati membri», in particolare la democrazia, lo Stato di diritto e il rispetto della dignità della persona, dei diritti umani e delle libertà fondamentali nonché la promozione della pace e di un multilateralismo efficace. Dovrebbe inoltre continuare a porre l'accento sulla lotta al terrorismo, sulla non proliferazione delle armi di distruzione di massa e il disarmo, sul cambiamento climatico e la sicurezza energetica.

 

I deputati sottolineano infatti che l'UE deve servirsi della PESC «per difendere gli interessi comuni dei suoi cittadini, fra cui il diritto a vivere in pace e in sicurezza in un ambiente pulito e ad avere un accesso diversificato a risorse vitali come l'energia». Si dicono poi convinti che l'UE possa operare in modo incisivo «solo esprimendosi con voce unanime, dotandosi di strumenti adeguati, rafforzando ulteriormente la cooperazione con le Nazioni Unite e ottenendo la solida legittimità democratica che deriva dal controllo informato da parte del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali». Deplorano però che la PESC sia «gravemente sottofinanziata» e ricordano che, per essere credibile e soddisfare le aspettative dei cittadini dell'UE, essa «deve ottenere risorse commisurate alle sue ambizioni e ai suoi obiettivi specifici».

 

Il Parlamento sottolinea poi che i mesi a venire «offriranno all'UE un'opportunità unica per definire con la nuova Amministrazione statunitense una nuova agenda transatlantica che copra questioni strategiche di interesse comune». E tra queste indica una nuova governance mondiale «più inclusiva e più efficace fondata su organizzazioni multilaterali più efficaci», la crisi finanziaria, la creazione di nuove istituzioni euroatlantiche e di un vasto mercato transatlantico integrato, misure per affrontare il cambiamento climatico, la sicurezza energetica, la promozione di una pace duratura in Medio Oriente, la situazione in Iran, Iraq e Afghanistan, la lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata, la non proliferazione e il disarmo nucleare nonché gli obiettivi di sviluppo del Millennio.


 

Facendo proprio un emendamento proposto dall'UEN, il Parlamento sottolinea poi che, «in relazione al rapimento e all'uccisione di ostaggi da parte dei terroristi islamici», vi è la necessità di una cooperazione e un coordinamento rafforzati in materia di politica antiterrorismo tra gli Stati membri, gli USA e la NATO. Questi, è precisato, dovrebbero mirare in particolare a migliorare l'efficacia delle operazioni di soccorso lanciate per salvare la vita degli ostaggi.

 

Oltre a deplorare la situazione dei diritti umani in Cina, il Parlamento cita tra le principali fonti di preoccupazione per l'UE in materia di sicurezza i Balcani occidentali, il Partenariato orientale, la Georgia, la Russia, il Medio Oriente, l'Unione per il Mediterraneo, l'Iraq e l'Afghanistan, e l'Africa. In merito alla Russia, i deputati ribadiscono che nessun partenariato strategico è possibile se i valori della democrazia, del rispetto dei diritti umani e della preminenza del diritto «non sono pienamente condivisi e rispettati» e invitano quindi il Consiglio a porre questi valori «al centro degli attuali negoziati per un nuovo accordo di partenariato e cooperazione».

 

Riguardo al Medio Oriente, il Parlamento ritiene che l'Unione europea dovrebbe assumere un ruolo politico «forte e visibile» nella regione, «commisurato alle risorse finanziarie stanziate», e sollecita il Consiglio a prendere in considerazione tutti i modi possibili di promuovere una pace duratura nella regione, «compreso il dispiegamento di una missione nel quadro della politica europea di sicurezza e di difesa (PESD)». Accoglie inoltre con favore l'intenzione del Consiglio di rinnovare il mandato della missione di polizia dell'UE nei territori palestinesi e prende atto della decisione di estendere il mandato della missione di frontiera a Rafah.

 

I deputati ritengono poi che l'UE «debba rafforzare il proprio impegno con l'Iraq» e sostenere il processo di sviluppo delle istituzioni democratiche, lo Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani nonché di promozione del processo di riconciliazione. In tale contesto, valutano positivamente la proroga della missione EUJUST LEX e i progressi compiuti in vista della preparazione del primo accordo di commercio e cooperazione della storia fra l'UE e l'Iraq. Esortano inoltre l'UE a sviluppare con l'Iraq una relazione più efficace e ad ampio raggio che, oltre a contemplare la questione nucleare, interessi anche la cooperazione in materia di scambi commerciali e di energia e la stabilità regionale.

 

In Afghanistan, l'UE deve concentrarsi maggiormente sullo Stato di diritto, il buon governo, la prestazione dei servizi fondamentali e lo sviluppo economico e rurale, «anche mediante la promozione di alternative concrete alla produzione di oppio». Inoltre, visto il peggioramento della situazione della sicurezza nel paese, il Parlamento ribadisce «l'urgente necessità» di migliorare la cooperazione tra l'UE e la NATO per agevolare le attività della missione di polizia dell'UE in Afghanistan (EUPOL). A tale riguardo, si compiace dell'impegno assunto dagli Stati membri dell'UE di ampliarne l'organico e chiede «il rapido dispiegamento del nuovo personale». Si dice anche persuaso che il successo dell'operazione «sia di grande importanza per il futuro dell'alleanza transatlantica e che, in quest'ottica, tutti gli Stati membri dell'UE dovrebbero impegnarsi maggiormente ai fini della stabilità in Afghanistan».

 

Approvando con 482 voti favorevoli, 111 contrari e 55 astensioni la relazione di Karl von WOGAU (PPE/DE, DE), il Parlamento rileva anzitutto che l'UE «ha bisogno di sviluppare la propria autonomia strategica mediante una politica estera, di sicurezza e di difesa forte ed efficace per difendere i propri interessi nel mondo, proteggere la sicurezza dei propri cittadini, contribuire a un multilateralismo efficace, promuovere il rispetto dei diritti dell'uomo e dei valori democratici in tutto il mondo e salvaguardare la pace nel mondo». Facendo proprio un emendamento del PSE, condivide inoltre la definizione di "responsabilità di proteggere" adottata dall'ONU. Al contempo, rileva l'importanza di garantire un efficace controllo parlamentare sulla politica europea di sicurezza e difesa (PESD) e segnala che l'UE non ha nessun obbligo automatico di effettuare missioni PESD in tutte le situazioni di crisi.

 

D'altro canto, i deputati sottolineano che negli Stati membri «si pensa ancora troppo spesso in termini di interessi di sicurezza nazionali» e, ritenendo ciò «controproducente»,  sollecitano gli Stati membri a non trascurare la responsabilità comune per la tutela degli interessi europei, «per fare dell'UE un attore più importante sulla scena internazionale». Ma l'UE non deve «cercare di divenire una superpotenza come gli Stati Uniti, bensì garantire la propria sicurezza e operare per la stabilità delle zone limitrofe», nonché contribuire a un sistema di sicurezza globale all'interno del quadro ONU. I deputati reputano quindi necessario identificare «gli interessi di sicurezza comuni dell'UE» e «definire più chiaramente le proprie ambizioni circa il ruolo che intende svolgere nel mondo».

 

Il Parlamento sottolinea poi «l'importanza cruciale» di una piena e tempestiva attuazione della Strategia europea in materia di sicurezza (SES). Adottata nel 2003, la SES si concentra sulle principali minacce per l'Unione europea (terrorismo, proliferazione delle armi di distruzione di massa, conflitti regionali, fallimento degli Stati e criminalità organizzata), e individua obiettivi strategici. Proponendo che la SES sia sottoposta a una revisione quinquennale, in concomitanza con l'avvio di ogni nuova legislatura dell'UE, rileva la necessità della coerenza fra la nuova SES e la futura dottrina strategica della NATO. Rinnova poi la richiesta di redigere un Libro bianco sulla sicurezza e la difesa europea quale strumento per avviare un vasto dibattito pubblico e assicurare l'attuazione efficace della SES.

 

I deputati sottolineano poi che l'Unione europea deve avere mezzi per dare attuazione alle sue politiche e che - oltre al rafforzamento delle sue capacità diplomatiche - «necessita anche delle capacità civili e militari per rafforzare la PESD e assolvere le proprie responsabilità nel mondo». A loro parere, inoltre, Galileo e GMES dovrebbero essere impiegati «per fini di sicurezza e difesa». Evidenziando però che gli Stati membri dell'UE spendono complessivamente oltre 200 miliardi di euro l'anno per la difesa, la metà della spesa militare degli Stati Uniti, rilevano «l'inefficienza e la mancanza di coordinamento con cui tali risorse vengono spese». Sollecitano pertanto un'intensificazione degli sforzi volti ad eliminare «inutili doppioni» fra Stati membri, in particolare ricorrendo alla specializzazione, al pooling, alla condivisione delle capacità esistenti e allo sviluppo in comune di nuove.

 

In tale contesto, il Parlamento nota che una politica di difesa comune europea «richiede una Forza armata europea integrata, da equipaggiare con sistemi d'arma comuni che assicurino uniformità ed interoperabilità». L'UE deve quindi puntare alla costituzione di un corpo sempre disponibile di 60 mila uomini, basato sull'Eurocorps «rinforzato se necessario da capacità navali ed aeree». Raccomanda poi lo sviluppo della cooperazione fra gli eserciti nazionali «ai fini di un maggiore sincronismo operativo», proponendo di denominare SAFE (Synchronized Armed Forces Europe) tale processo e le forze armate coinvolte. In questo contesto, andrebbe anche definito uno statuto europeo del soldato, che disciplini gli standard di addestramento, la dottrina operativa e la libertà di azione sul campo, i diritti e i doveri, come pure il livello qualitativo dell'equipaggiamento, le cure sanitarie e le assicurazioni.

 

Parallelamente, su suggerimento dei Verdi, il Parlamento chiede che la partnership per la costruzione della pace «si trasformi in un Corpo civile di pace europeo».
 

Ritenendo poi che il potenziale di azione autonoma dell'UE nel quadro della sua politica estera e di difesa vada accresciuto «mediante una riqualificazione mirata delle sue capacità di analisi, pianificazione, guida e intelligence», il Parlamento saluta la decisione del Consiglio europeo di lavorare a una struttura di pianificazione strategica integrata civile-militare per le operazioni e missioni PESD. Chiede inoltre l'allestimento di un quartiere generale operativo europeo autonomo e permanente, in grado di effettuare pianificazioni strategiche e condurre operazioni e missioni PESD ed è favorevole all'idea di creare un Consiglio dei ministri della difesa per conferire maggiore coerenza alle varie politiche difensive nazionali.

 

I deputati si dicono infine favorevoli al rafforzamento di un mercato europeo nel settore della difesa e sicurezza e propongono ulteriori iniziative in tal senso nel campo della sicurezza dell'approvvigionamento e della sicurezza dell'informazione. Sostengono inoltre «energicamente» i «programmi coronati da successo come ... Eurofighter» e sollecitano ulteriori iniziative in tema di addestramento comune e standard comuni per il personale da dislocare e assegnare alle stesse operazioni civili e militari.

 

 

Link utili

 

Relazione annuale del Consiglio sugli aspetti principali e le scelte di base della PESC - 2007
PESC - sito del Consiglio UE
Strategia europea in materia di sicurezza e relazione approvata dal Consiglio europeo di dicembre 2008
PESD - Sito del Consiglio UE

 

 

Riferimenti

 

Jacek Emil SARYUSZ-WOLSKI (PPE/DE, PL)

Relazione sulla relazione annuale 2007 del Consiglio al Parlamento europeo sugli aspetti principali e le scelte di base della politica estera e di sicurezza comune (PESC)

&

Karl von WOGAU (PPE/DE, DE)

Relazione sulla Strategia europea in materia d sicurezza e la PESD

Procedure: Iniziative

Dibattito: 18.2.2009

Votazione: 19.2.2008

 

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