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RESOCONTO
18 novembre 2008 Strasburgo
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Crisi finanziaria e G20: sostenere l'economia reale | |
Dichiarazione del Consiglio
Jean-Pierre JOUYET ha esordito rilevando che gli effetti della crisi finanziaria si stanno già manifestando, tant'è che diversi Stati membri «sono entrati in recessione». Si tratta, ha proseguito, della peggior crisi dal '29 che comporta un «rallentamento di enorme entità». Il Consiglio, ha però sottolineato, a operato per l'unità dell'Europa che si è presentata al G20 parlando con una sola voce. Le conclusioni del Vertice di Washington, ha aggiunto, ribadiscono i principali elementi difesi dall'UE: «trasparenza e responsabilità». Sulle agenzie di rating, sulle norme contabili, sulla sorveglianza degli hedge funds, la lotta contro i paradisi fiscali, la responsabilizzazione degli attori privati, la riforma delle istituzioni finanziarie multilaterale, ha insistito, l'Unione «deve continuare a parlare con una voce forte per ottenere risultati tangibili». A suo parere, è importante che la crisi non si riproduca e sono quindi necessari obiettivi ambiziosi che saranno esaminati dal prossimo Ecofin.
Il Ministro ha rilevato la necessità di accelerare l'adozione delle recenti proposte della Commissione sui mercati finanziari. Ha quindi insistito sull'opportunità che gli Stati membri si coordino al fine di mobilitare tutti gli strumenti macro-economici per scongiurare il rallentamento e sostenere la congiuntura europea. Dopo aver ricordato che la Presidenza ha appoggiato la decisione della BCE di ridurre i tassi d'interesse, ha sottolineato la necessità di utilizzare tutti i margini di manovra del Patto di Stabilità e di Crescita. Inoltre, vegliando sempre al buon funzionamento del mercato interno, occorre anche ricorrere a tutta la flessibilità consentita in materia di aiuti di Stato per assistere gli attori più minacciati.
A quest'ultimo
proposito, ha ricordato che alcune risorse sono già state messe a
disposizione per il finanziamento delle PMI. Ma tali misure devono
inquadrarsi in un piano globale che permetta di sostenere i settori
più minacciati, «come lo è oggi l'industria europea
dell'automobile». Questi sforzi supplementari a livello comunitario,
peraltro, dovranno essere completati attivamente dagli Stati membri
«attraverso misure di rilancio nazionale strettamente coordinate».
Ha quindi concluso sostenendo che l'unità europea debba essere
preservata per continuare ad agire insieme e poter influenzare una
profonda riforma della regolazione finanziaria e per affrontare le
difficoltà economiche. Così, infatti, «dimostreremo che l'UE ha i
mezzi per prendere efficacemente in mano il suo destino e svolgere,
come gli europei si attendono, il suo ruolo di attore globale.
José Manuel BARROSO ha anzitutto ricordato che l'iniziativa politica per la riforma globale del sistema finanziario è venuta dall'UE. A suo parere, la prima riunione del G20 «segna l'inizio di una nuova era nella guida collettiva dell'economia mondiale» ed ha posto le basi «di una nuova governance mondiale» che poggi sui principi dell'economia sociale di mercato. Dopo aver descritto i quattro principali punti sui quali il G20 ha trovato un accordo - piano d'azione per la riforma dei mercati finanziari, nuova governance mondiale, stimolo dell'economia e rigetto del protezionismo - il Presidente ha sottolineato che il Vertice ha lanciato un «segnale chiaro»: l'azione sulle questioni economiche e finanziarie «non deve farsi a detrimento delle altre sfide globali». A questo proposito, ha indicato la realizzazione degli Obiettivi del Millennio per lo sviluppo, la lotta ai cambiamenti climatici, la sicurezza energetica e alimentare e la lotta contro il terrorismo.
Ha poi rilevato che se l'Europa ha potuto svolgere il suo ruolo è perché è rimasta unita e, ha insistito, deve continuarlo ad esserlo. Ha quindi ricordato le misure già proposte a livello europeo che entrano nel programma di lavoro del 2009. In questo ambito, il Presidente ha citato come prioritarie la crescita e l'occupazione, minate anche dalla crisi finanziaria. Al riguardo ha sottolineato la necessità di una «vera strategia comune per il rilancio economico» che sarà presentata il prossimo 26 novembre. Il programma prevede anche di raddoppiare gli sforzi per ridurre i costi amministrativi delle imprese e l'adozione rapida di proposte riguardo alla sorveglianza e trasparenza dei mercati finanziari per ristabilire un clima di fiducia.
Dichiarazioni in nome dei gruppi politici
Per Joseph DAUL (PPE/DE, FR) la crisi economica e finanziaria non costituisce, come sostenuto da taluni, la sconfitta del capitalismo, bensì il risultato di errore politico: «l'insufficienza di regole e di controlli sulla qualità dei prodotti finanziari d'oltre-Atlantico sin dagli anni '90». Nasce dalla mancanza di trasparenza sui mercati e dall'assenza di un organo di supervisione efficace dei mercati finanziari, ha spiegato. La famigli apolitica di centro-destra, ha tenuto a precisare, «non è mai stata a favore di un sistema finanziario senza regole e arbitri», prendendo a modello l'economia sociale di mercato. Per tale motivo, ha proseguito, la priorità va data a coloro che lavorano e risparmiano e alle imprese che «prendono rischi tutti i giorni per creare crescita e occupazione».
Il leader dei popolari si è poi detto soddisfatto per come, in questa crisi come in quella della Georgia, l'Europa si sia fatta ascoltare e abbia influenzato i suoi partner. Ciò dimostra, ha spiegato, che un approccio comune e coerente può esistere anche su temi sensibili e complessi e che l'Europa può pesare nel mondo se si sforza di rimanere unita. Il nostro dovere, ha aggiunto, «è di agire per rilanciare la nostra economia e la crescita e per limitare l'impatto di questa crisi sulla coesione sociale». Occorre quindi fluidificare il mercato interno, investire nella ricerca, sostenere fortemente le PMI e aiutare le famiglie in difficoltà. Tutto ciò, ha precisato, senza gravare sulle finanze pubbliche, ad esempio «ipotizzando come fonte di finanziamento complementare delle euro-obbligazioni e mantenendo le riforme avviate a livello nazionale». A suo parere, inoltre, è necessario evitare il protezionismo e cogliere l'occasione della crisi per prendere «misure coraggiose». Ha quindi concluso insistendo sull'importanza che l'Europa resti unita.
Martin SCHULZ (PSE, DE) ha sottolineato che il G20 è stato un progresso poiché ha dimostrato che l'UE può svolgere un ruolo centrale se resta unita. D'altro canto, ha sottolineato che le misure per la sorveglianza e la trasparenza dei mercati finanziari - in particolare su private equity e hedge funds e sulla retribuzione dei manager - devono essere proposte il prima possibile, perché a primavera sarà troppo tardi. A suo parere occorrono infatti più controlli e una maggiore cooperazione internazionale per realizzarli. E' necessario inoltre introdurre un divieto giuridico di talune forme di speculazione.
L'obiettivo dell'UE, ha aggiunto, è di definire nuove regole interne da "esportare" anche nei paesi del G20 o altre organizzazioni. Anche per «ridurre il divario tra il mondo economico e finanziario e il mondo reale». Ha quindi criticato l'idea di sottrarre denaro all'economia reale, per la quale occorrono investimenti, per pararsi dalla crisi finanziaria. Ha concluso ribadendo la sua richiesta alla Commissione di presentare le sue proposte in materia a dicembre.
Graham WATSON (ALDE/ADLE, UK) ha esordito sostenendo che anche Adam Smith riteneva che i mercati liberi avessero dei limiti. Si è poi rallegrato del successo della riunione del G20 e l'impegno condiviso a favore dei principi di mercato, dell'apertura del commercio, di regimi di investimento e di mercati finanziari effettivamente regolati per sostenere il dinamismo,l'innovazione e l'imprenditorialità che sono necessari per la crescita economica, l'occupazione e la lotta contro la povertà. Ha poi sottolineato che, contrariamente al 1929, questa volta si è capito che la salvezza dovesse essere cercata collettivamente. E molte delle misure proposte dalla Commissione nel suo programma per il 2009 saranno d'aiuto, in particolare quelle sulla sorveglianza e la trasparenza degli attori finanziari e degli investitori significativi. Il libero mercato, ha aggiunto, «prospera sulla trasparenza e l'onestà».
Il leader liberaldemocratico si è però detto preoccupato per la risposta data dall'UE e dal G20, notando che i partecipanti hanno dato l'impressione che è possibile tornare al "business as usual" e che basta solo dare impulso alla crescita economica, senza tenere conto del costo dei rifiuti e delle centrali in Cina. Ha quindi notato che nelle conclusioni del G20 si cita il cambiamento solo alla fine, tra le altre sfide future.
Brian CROWLEY (UEN, IE) ha rilevato che il più grande pericolo - nel modo degli affari, dell'economia, dell'occupazione e della vita sociale in Europa - non è solo la crisi finanziaria, ma il fatto che le banche non prestano più denaro alle PMI. «Non serve a niente fare dei pannelli solari, se non si hanno le persone per metterli sui tetti», ha sottolineato. La crisi, a suo parere, offre invece l'occasione per correggere gli errori del passato e di utilizzare il denaro per trovare nuovi metodi per trattare i problemi. La riunione del G20, ha poi osservato, ha permesso di «forzare l'India e la Cina a partecipare alle discussione e a riconoscere che hanno delle responsabilità in quanto nuove economie». Se vogliamo nutrire i nostri popoli, ha aggiunto, «la nostra prima responsabilità è di vigilare affinché ottenga soldi dal lavoro, e che gli Stati possano investire nei servizi sociali e sanitari».
Per Monica FRASSONI (Verdi/ALE, IT) la crisi finanziaria ormai «morde anche l'economia reale» e questo, a suo parere, «è il prezzo che l'Unione europea paga per il ritardo, anzi il rifiuto, di costruire un sistema di regolamentazione europeo e di realizzare in tempo utile dei meccanismi finanziari di solidarietà e una supervisione bancaria degna di questo nome». Tra i responsabili di questo ritardo, tra i sostenitori di questo approccio, «che ha messo l'Europa in una situazione di profonda incertezza e di recessione», ha quindi incluso il Presidente Barroso e la maggioranza della sua Commissione, chiedendo loro di ammettere di aver avuto torto per rendersi più credibili quando parlano delle soluzioni possibili. Rivolgendosi sempre al Presidente della Commissione, ha sottolineato che egli «ha scelto sistematicamente di allearsi con i governi nazionali, invece che con il Parlamento, con le industrie piuttosto che con i consumatori e ... pure con il forte piuttosto che con il giusto». Ha quindi rilevato che questo approccio «si riflette fedelmente nel suo programma di lavoro».
Ha quindi rilevato che, nelle priorità di politica esterna, vi è «una continua e colpevole disattenzione sul tema dei diritti dell'uomo, a partire naturalmente dalla Cina e una difesa ancora un po' superficiale dell'Agenda di Doha, senza capire che la crisi finanziaria ne ha spazzato via tutti i presupposti». Nella politica interna, in tema di immigrazione, ha evidenziato che la Commissione «ha ceduto alla pressione degli Stati membri», così oggi si dispone di strumenti legislativi «deboli» per l'immigrazione legale. Lo stesso vale per quanto riguarda la politica sociale.
A suo parere, «non è certo così che riusciremo a mettere in moto quello che i Verdi ormai da molti mesi chiamano il Green New Deal e che oggi va molto di moda». Questo, ha spiegato, «ha un significato molto preciso e non è certo questo cicaleccio confuso che si sente in giro e che in realtà significa "tutto come prima con un po' di verde qua e là"». Si tratta di «una strategia comune di lungo termine di investimento per raggiungere gli obiettivi di efficienza energetica e di riconversione ecologica dell'economia, di riduzione dei CO2, con un ruolo rafforzato della Banca europea per gli investimenti, che deve però essere coerente nelle sue decisioni, su chi e cosa finanziare». La co-presidente dei Verdi ha quindi concluso sostenuto che non ci vogliono ambiguità «su megainfrastrutture inutili o sul nucleare o su fondi a pioggia per progetti non virtuosi ... e niente fondi pubblici o chèque in bianco per il settore automobilistico così com'è», perché «sarebbe come continuare a buttare soldi dalla finestra».
Roberto MUSACCHIO (GUE/NGL, IT) ha anzitutto ricordato che di recente il Presidente Sarkozy ha detto in Aula che la crisi che viviamo è strutturale «e che occorre addirittura una rifondazione del capitalismo». In proposito, ha sostenuto che «piuttosto che uscire dalla crisi del capitalismo occorra uscire dal capitalismo in crisi, occorre cioè cominciare a ragionare di un nuovo futuro che preveda una vera transizione a un'economia socialmente ed ecologicamente connotata, una democrazia economica fondata sull'equità e la cooperazione invece che sulla disuguaglianza e sulle guerre». Al di là di queste differenze di fondo, ha osservato che «delle affermazioni solenni sulla rifondazione del capitalismo rimane ben poco nell'esito assai modesto e assai deludente di questo G20, di cui porta responsabilità anche questa Europa».
Certo, ha rilevato, «si è scoperto che il dogma liberista può essere falsificato e che dunque ci possono essere ingenti interventi pubblici e addirittura nazionalizzazione, ma tutto ciò non va a cambiare le logiche di fondo che hanno creato la crisi strutturale». Ha poi aggiunto: «si dice che occorrono regole per ridurre i rischi della speculazione, ma non si pensa neanche ad intervenire su questa speculazione finanziaria, ad esempio con una Tobin Tax sulle transazioni e non si mette mano a quel patto di stabilità che di fronte alla recessione rischia drammaticamente di aggravare la vita di questo nostro continente, ma soprattutto non ci si interroga su cosa c'è al fondo di questa crisi e dunque non si riesce ad affrontarlo».
Ha quindi
sottolineato «la sistematica svalutazione del lavoro perseguita con
le politiche liberiste in questi decenni, che ha finito con il
creare, oltre che ingiustizie e sofferenza, una parte significativa
della stessa insolvibilità finanziaria». Ha poi notato che nel '29
Keynes propose di investire su salari e occupazioni, mentre «oggi
non lo si fa». Infine, ha concluso sostenendo che «la dimensione
ecologica ed energetica della crisi chiede scelte assai più nette e
chiare del balbettio del G20», e «serve una parola chiara e diversa
da parte delle sinistre». Interventi dei deputati italiani
Per Luca ROMAGNOLI (NI, IT), la crisi finanziaria e il rallentamento dell'economia «sottolineano il ruolo centrale che dovrebbero avere in proposito gli Stati e poi l'Unione nell'assicurare il benessere socioeconomico» ed ha rilevato che «la politica deve riprendere il controllo pieno dell'economia e ostacolare con ogni mezzo la finanza virtuale che rimane detentrice dei destini di milioni di uomini». Ridurre l'impatto del rallentamento mondiale sull'economia europea, in termini di lavoro e di attività economica, ha aggiunto, deve significare promuovere un approccio sociale europeo. A suo parere deve essere questa la priorità per il 2009: «lavoro e protezione sociale per la crescita». Ha quindi sottolineato che «finalmente arrivano misure pratiche per riformare le regole del sistema finanziario europeo, dopo aver lasciato che il sistema bancario e finanziario saccheggiassero e spremessero patrimonio pubblico e dei privati cittadini».
Ritenendo «tardiva e minimale» la strategia della Commissione «per sostenere coloro che stanno perdendo il posto di lavoro», così come lo è il sostegno alle piccole e medie imprese e gli investimenti in ricerca, ha notato che «l'accelerazione e l'attuazione di programmi di coesione distoglie l'attenzione da altre necessità». Prima di preoccuparsi di stabilire la fiducia sui mercati, ha infatti concluso, «governi e commissioni dovrebbero ristabilire la fiducia dei cittadini nell'indipendenza di chi li governa dal gioco della finanza apatride».
Mario BORGHEZIO (UEN, IT) ha osservato che questa crisi, se ha necessitato una ristrutturazione del paesaggio finanziario bancario del nostro continente, «non ha fatto emergere in Europa un assetto costituito seriamente da attori finanziari veramente in grado di disegnare il futuro quadro dei mercati». Una cosa invece è certa: «tutte le regolamentazioni previste dal G20 resteranno comunque lettera morta se rimarranno intoccabili i paradisi fiscali». A suo parere è questo «il grande tema che manca, che non emerge nella discussione ufficiale degli Stati: quei paradisi fiscali che consentono di aggirare completamente le regole che si promettono sui mercati finanziari». Al riguardo ha sottolineato che il Presidente eletto Obama, da senatore, «propose delle misure severe contro di essi» ma si è chiesto «se da nuovo presidente, visti questi fili di alta finanza che sembrano averne determinato le mosse e soprattutto con generosi miliardari finanziamenti delle elezioni, avrà il coraggio di agire in tal senso e convincere su questo piano oltre che gli Stati Uniti, l'Europa e in particolare la Gran Bretagna».
A suo parere, «alle generiche dichiarazioni di principio dobbiamo invece chiedere che seguano delle iniziative efficaci, concrete, veramente capaci di realizzare quel rilancio economico e produttivo che è necessario per scongiurare nuove crisi economiche e uscire dall'attuale crisi». Vista l'attuale situazione, «caratterizzata da generale e diffuso indebitamento del mercato e da violenta deflazione dovuta a insufficiente circolazione monetaria», ha definito «assurdo» ipotizzare «un ulteriore indebitamento degli Stati nei confronti delle private banche centrali per fornire liquidità al proprio sistema creditizio e al mercato produttivo dei consumi». Ha poi osservato come sia «evidente che profetizzare che dalla crisi si passerà a proporre un organismo mondiale per l'economia, ma anche per la politica, quell'ordine mondiale che fino a pochi mesi fa era temuto da tutti, scongiurato da tutti e oggi ci pare sentire che sia diventato inevitabile, auspicabile come se fosse la salvezza». Ha quindi concluso esclamando «No al mondialismo!».
Link utili Dichiarazione finale del G20 (in inglese)
Riferimenti
Risposta dell'Unione europea alla crisi finanziaria mondiale/Programma legislativo e di lavoro della Commissione (2009) Dibattito: 18.11.2008 |
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Euro: dieci anni di successi, ma occorre fare di più |
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Dieci anni fa, il 1° gennaio 1999, undici Stati membri (Belgio, Germania, Irlanda, Spagna, Francia, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria, Portogallo e Finlandia) hanno adottato la moneta unica dell'Unione europea. Due anni dopo, anche la Grecia ha adottato l'euro e, successivamente, la Slovenia (nel 2007), Cipro e Malta (nel 2008). Dall'inizio del prossimo anno, sarà il turno della Slovacchia, portando così l'Eurozona a 16 membri.
Approvando con 545 voti favorevoli, 86 contrari e 37 astensioni la relazione di Werner LANGEN (PPE/DE, DE) e Pervenche BERÈS (PSE, FR), il Parlamento sottolinea anzitutto che l'Unione economica e monetaria (UEM) «è stata un successo da molti punti di vista». La moneta unica, infatti, oltre a essere diventata un simbolo dell'Europa, ha promosso l'integrazione economica nella zona euro e portato stabilità, anche sui mercati mondiali delle valute. L'ambiente economico globale, inoltre, è stato favorevole alla creazione di posti di lavoro nel primo decennio dell'euro, che si è affermato come valuta internazionale seconda per importanza soltanto al dollaro USA. Tuttavia, la crescita economica e l'aumento della produttività «sono state deludenti».
Per i deputati occorre però fare di più per raccogliere tutti i vantaggi dell'UEM, ad esempio, mettendo gli Stati membri e le regioni con un PIL inferiore alla media in condizione di recuperare lo svantaggio e «rafforzando la comprensione e l'impegno dei cittadini verso la moneta unica». Propongono quindi una roadmap dell'UEM che riguarda la divergenza economica, le riforme strutturali e le finanze pubbliche, la politica monetaria, la comunicazione, l'integrazione e la vigilanza dei mercati finanziari, il ruolo internazionale dell'euro e la sua rappresentanza esterna, gli strumenti economici e la governance.
Più in particolare, per attenuare le divergenze economiche e «offrire un notevole contributo alla ripresa», il Parlamento chiede riforme semplificate, più coerenti e multisettoriali, tempestivamente coordinate sulla base degli Orientamenti integrati per la crescita e l'occupazione nonché un policy mix nel quadro della Strategia di Lisbona. Ma occorre anche rafforzare reciprocamente le politiche macroeconomiche orientate alla stabilità e alla crescita, seguendo da vicino i bilanci pubblici attraverso l'efficace gestione della politica fiscale e della spesa e il loro impatto sul lato della domanda. Osserva infatti che il Patto di stabilità e crescita (PSC) riveduto «ha dimostrato la propria validità», ma che occorre attenersi «a un certo rigore nel risanamento dei bilanci».
In tale contesto, i deputati criticano pertanto «la mancanza di disciplina» nella lotta contro i disavanzi di bilancio in tempi di crescita economica e sottolineano che gli Stati membri devono operare più efficacemente in direzione di una politica fiscale anticiclica. Sottolineano inoltre la necessità di una strategia a breve termine per ridurre il debito pubblico degli Stati e di una strategia di crescita sana e sostenibile che permetta nel lungo periodo di contenere l'indebitamento entro un limite del 60%. Ritengono infatti che sia la soglia di deficit del 3 % sia la percentuale massima di indebitamento del 60% rispetto al PIL «debbano essere trattati come massimali da non superare» e che il PSC debba essere «rispettato rigorosamente» dagli Stati membri, sotto la vigilanza della Commissione. Quest'ultima, peraltro, è invitata ad esaminare ogni soluzione in grado di rafforzare il "braccio preventivo" del PSC. D'altra parte, approvando un emendamento proposto da PPE/DE e PSE, l'Aula ritiene che le politiche di bilancio «dovrebbero approfittare appieno del grado di flessibilità consentito dal PSC rivisto» e chiede alla Commissione di dare chiare indicazioni su come sfruttare questa flessibilità.
Al fine di favorire la crescita e l'occupazione e di affrontare le grandi problematiche come il cambiamento climatico, i deputati ritengono inoltre necessario un miglioramento qualitativo delle finanze pubbliche. Ciò, precisano, comprende l'ulteriore risanamento dei bilanci, un'elevata efficienza della spesa pubblica e la promozione degli investimenti nell'istruzione, nel capitale umano, nella R&S e nelle infrastrutture. Inoltre, le riforme strutturali dovrebbero essere orientate al miglioramento della produttività attraverso una migliore combinazione di politiche economiche e sociali e completate dalla politica della concorrenza da un sostegno alla ristrutturazione dell'economia. Tenuto conto delle sfide poste dalle turbolenze finanziarie e per sostenere la lotta contro il rallentamento economico e l'elevata inflazione, i deputati chiedono - tra le altre cose - misure a sostegno delle PMI, anche per garantire linee di credito a loro favore da parte del sistema bancario.
D'altro canto, mettono in guardia da un approccio basato essenzialmente sulla moderazione salariale quale via per conseguire la stabilità dei prezzi e ribadiscono che per affrontare la riduzione del potere d'acquisto derivato dall'inflazione importata occorre una «più equa distribuzione della ricchezza». Si devono però garantire aumenti retributivi reali «in linea con i livelli di produttività». Inoltre, il coordinamento della politica fiscale deve essere utilizzato in modo selettivo per raggiungere gli obiettivi economici e deve essere intensificata la lotta contro le frodi fiscali riguardanti le imposte dirette e indirette. Inoltre, nel sottolineare la necessità di norme eque per il mercato interno, ritengono che «la corsa al ribasso delle aliquote d'imposta sulle società sia controproducente».
In materia di politica monetaria, rammentando il loro «impegno deciso» a favore dell'indipendenza della BCE, i deputati sostengono la richiesta di un dibattito pubblico più incisivo sulle future politiche monetarie e valutarie comuni nella zona euro. Osservano poi che l'obiettivo primario della politica monetaria della BCE è il mantenimento della stabilità dei prezzi ma ricordano che il trattato le affida anche il compito di sostenere le politiche economiche generali della Comunità. A loro parere, inoltre, la BCE dovrebbe puntare a un regime di Direct Inflation Targeting (ossia di reazione a qualsiasi deviazione dell’inflazione riscontrata rispetto all’obiettivo prefissato), in cui il target di inflazione sia accompagnato da una banda di fluttuazione attorno al tasso-obiettivo». Chiedono poi la creazione di un comitato esecutivo della BCE, composto di nove membri, dotato della responsabilità esclusiva di fissare i tassi d'interesse.
A tale proposito, il Parlamento rileva che mentre nella zona euro è stato finora mantenuto un livello elevato di stabilità dei prezzi, l'"inflazione percepita" continua a mostrare notevoli divergenze rispetto ai tassi di inflazione effettivi (inferiori) registrati negli Stati membri nell'ultimo decennio. Chiede pertanto che alla popolazione siano dati maggiori informazioni e chiarimenti in merito alla necessità e al funzionamento dell'UEM. A suo parere, infatti, la moneta unica continua ad essere per l'UE «una priorità in materia di comunicazione». I benefici dell'euro e dell'UEM - stabilità dei prezzi, tassi ipotecari bassi, viaggi più facili, protezione contro le fluttuazioni dei tassi di cambio e gli shock esterni - devono quindi «continuare a essere presentati ed estesamente illustrati ai cittadini» e alle PMI.
Per quanto riguarda l'integrazione e la vigilanza dei mercati finanziari, il Parlamento sottolinea come «molto vada ancora fatto nel campo della compensazione e regolamento delle transazioni transfrontaliere di titoli» e che occorre una maggiore integrazione nel settore dei servizi al dettaglio. A medio termine, inoltre, sono necessarie l'europeizzazione dell'assetto della vigilanza finanziaria, la trasparenza dei mercati, regole di concorrenza efficaci e un'appropriata regolamentazione, per migliorare la gestione delle crisi e la cooperazione. Allo stesso tempo, occorre evitare il cosiddetto gold plating, ossia una regolamentazione che ecceda i requisiti minimi della normativa comunitaria). Invita quindi la Commissione ad avanzare proposte per modificare l'attuale struttura di vigilanza secondo tali principi.
Le chiede inoltre di prendere in esame la creazione di obbligazioni europee e di sviluppare una strategia a lungo termine per consentire l'emissione di tali titoli nella zona euro in aggiunta a quelli nazionali. L'UE dovrebbe anche svolgere un ruolo guida a livello internazionale riguardo alla riforma del sistema di regolamentazione dei servizi finanziari
A proposito di ruolo internazionale, il Parlamento si rammarica del fatto che i tentativi di migliorare la rappresentanza esterna della zona euro sulle questioni finanziarie e monetarie «non abbiano fatto segnare finora grandi progressi» e sottolinea quindi la necessità di costruire una strategia internazionale commisurata al rango internazionale di questa moneta. A tal fine occorre sviluppare posizioni comuni e consolidare la sua rappresentanza, «ottenendo infine un seggio unico in seno alle competenti sedi e istituzioni finanziarie internazionali». Per tale ragione sostiene l'intento della Commissione di rafforzare l'influenza dell'UEM nelle istituzioni finanziarie internazionali, con una posizione comune dell'UE espressa da rappresentanti di primo piano, quali il presidente dell'Eurogruppo, la Commissione e il presidente della BCE.
Il Parlamento illustra poi una serie di proposte volte a migliorare la governance. Tra le altre cose chiede un rafforzamento dell'assetto istituzionale per il coordinamento della politica economica con, ad esempio, l'organizzazione di riunioni dell'Eurogruppo anche nel settore della competitività/industria, dell'ambiente, dell'occupazione e dell'istruzione. Inoltre, il Comitato di politica economica dovrebbe essere incorporato nel Comitato economico e finanziario per formare un organo preparatorio unico e operativamente coerente per il Consiglio Ecofin e l'Eurogruppo. Un rappresentante del Parlamento, poi, dovrebbe ottenere lo status di osservatore all'interno dell'Eurogruppo e negli incontri informali del Consiglio e si dovrebbero organizzare riunioni fra la Troika, il Parlamento, la Commissione e l'Eurogruppo, se necessario quattro volte l'anno.
Link utili
Comunicazione della Commissione
- UEM@10: successi e sfide di un decennio di Unione economica e
monetaria
Riferimenti
Werner LANGEN (PPE/DE, DE), Pervenche BERÈS (PSE, FR) Relazione sull'UEM @ 10: successi e sfide di un decennio di Unione economica e monetaria Procedura: Iniziativa Dibattito: 17.11.2008 Votazione: 18.11.2008 |
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Fare di più per colmare il divario salariale tra donne e uomini | |
Approvando con 590 voti favorevoli, 23 contrari e 46 astensioni la relazione di Edit BAUER (PPE/DE, SK), il Parlamento sottolinea anzitutto che l'applicazione del principio di parità retributiva per lo stesso lavoro e per un lavoro di pari valore «è essenziale per conseguire la parità di genere». Ma osserva che, nell'Unione europea, le donne guadagnano in media il 15% in meno degli uomini e fino al 25% in meno nel settore privato (negli Stati membri il divario varia tra il 4% e più del 25%) e che questo divario «non tende a ridursi in modo significativo». Tant'è che «una donna deve lavorare fino al 22 febbraio (ossia 418 giorni di calendario) per guadagnare quanto un uomo guadagna in un anno».
I deputati chiedono quindi alla Commissione di presentargli, entro il 31 dicembre 2009, una proposta legislativa sulla revisione della normativa esistente relativa all'attuazione del principio di parità retributiva tra donne e uomini (direttiva 2006/54). E, a tal fine, illustrano una serie di raccomandazioni particolareggiate in merito all'introduzione di definizioni più precise riguardo la parità retributiva, all'analisi della situazione, alla valutazione del lavoro e alla classificazione delle professioni, all'ampliamento delle competenze degli organismi di parità, al dialogo sociale, alla prevenzione della discriminazione, all'integrazione della dimensione di genere e all'inasprimento delle sanzioni.
Il Parlamento chiede poi alle istituzioni europee di organizzare una Giornata europea della parità retributiva al fine di contribuire a sensibilizzare alle disparità retributive esistenti e a stimolare tutte le parti interessate ad assumere le iniziative atte a eliminare tali disparità. Durante tale giornata, è precisato, «le donne europee riceveranno (in media) la retribuzione percepita (in media) dagli uomini nel corso di un anno».
Definizioni più precise
La direttiva 2006/54/CE contiene una definizione di "parità retributiva" ma, per disporre di categorie più precise di cui avvalersi per affrontare il problema, i deputati ritengono importante definire più dettagliatamente i diversi concetti, ovvero: il divario di retribuzione tra donne e uomini, tenendo conto che la definizione non dovrà limitarsi ai differenziali retributivi orari lordi; la discriminazione retributiva diretta; la discriminazione retributiva indiretta; il divario di pensione; in diversi pilastri dei sistemi pensionistici, come ad esempio i regimi basati sul principio della ripartizione e le pensioni professionali. Analizzare la situazione e garantire la trasparenza dei risultati
Secondo i deputati, la mancanza di informazioni e di sensibilizzazione fra i datori di lavoro e i lavoratori in merito all'esistenza o all'eventualità di divari di retribuzione in seno all'impresa «pregiudica l'applicazione del principio sancito dal trattato e dalla legislazione in vigore». Ritengono pertanto fondamentale che nelle imprese (ad esempio in quelle con almeno 20 dipendenti) siano resi obbligatori controlli regolari in materia di retribuzione e di indennità addizionali e la pubblicazione dei relativi risultati. Tali risultati dovrebbero essere forniti sotto forma di statistiche sui salari disaggregate in base al genere, compilati a livello settoriale e nazionale in ciascuno Stato membro.
Valutazione del lavoro e classificazione delle professioni
Il Parlamento chiede di invitare i comparti economici e le aziende a valutare i loro sistemi di classificazione delle professioni, alla luce dell'obbligo di integrare la dimensione di genere e ad apportarvi le necessarie correzioni. Gli Stati membri sono inoltre invitati a introdurre classificazioni delle professioni che permettano «sia ai datori di lavoro che ai lavoratori di individuare eventuali discriminazioni in materia di retribuzione basate su una definizione distorta dei livelli retributivi». Questa valutazione, precisano i deputati, «deve basarsi su nuovi sistemi di classificazione, inquadramento del personale e organizzazione del lavoro, sull'esperienza professionale e la produttività, valutate soprattutto in termini qualitativi, da cui ricavare dati e griglie di valutazione in base ai quali determinare le retribuzioni, tenendo debitamente conto del concetto di comparabilità».
Più competenze agli organismi per la parità
Il Parlamento chiede una revisione della direttiva 2006/54/ CE al fine di rafforzare il mandato degli organismi per la parità, includendovi il sostegno e la consulenza alle vittime di discriminazioni retributive, l'elaborazione di studi indipendenti sul divario di retribuzione, nonché la pubblicazione di relazioni indipendenti e la formulazione di raccomandazioni su qualsiasi argomento relativo alla discriminazione retributiva (diretta e indiretta). Dovrebbero inoltre avere la facoltà di adire un tribunale nei casi di discriminazioni retributive e di offrire una formazione specifica destinata alle parti sociali, avvocati, magistrati e difensori civici.
Dialogo sociale: più controlli sui contratti collettivi
Per i deputati sono necessari ulteriori controlli in merito ai contratti collettivi, ai livelli di retribuzione applicabili e ai sistemi di classificazione professionale, soprattutto per quanto riguarda il trattamento dei lavoratori a tempo parziale e di quelli con contratti di lavoro atipici o gli straordinari/bonus, compresi i pagamenti in natura, «che vengono più spesso accordati agli uomini che alle donne». Tali misure devono riguardare anche le condizioni secondarie e i regimi occupazionali di sicurezza sociale (regimi di congedo e pensionistici, veicoli di servizio, custodia dei bambini, orari di lavoro flessibili ecc.).
Misure per la prevenzione della discriminazione
Il Parlamento chiede agli Stati membri di adottare azioni specifiche in materia di formazione e classificazione delle figure professionali, rivolte al sistema scolastico e della formazione professionale. Così come azioni specifiche per conciliare l'attività professionale e la vita familiare relative ai servizi di infanzia e di cura nonché alla flessibilità dell'organizzazione e dell'orario di lavoro, e prevedendo anche i congedi parentali con copertura economica per entrambi i genitori.
Sollecita anche accordi salariali volti a combattere le discriminazioni retributive e indagini sistematiche sulla parità di trattamento salariale. Infine, ritengono che gli Stati membri dovrebbero prevedere l'inserimento nei contratti pubblici di una clausola relativa al rispetto della parità di genere e di retribuzione.
Integrazione della dimensione di genere
Per i deputati l'integrazione della dimensione di genere dovrebbe essere rafforzata inserendo nella direttiva 2006/54/CE delle indicazioni precise per gli Stati membri riguardo al principio della parità di trattamento in materia retributiva e per il superamento dei differenziali tra uomini e donne. In tale contesto, la Commissione dovrebbe inoltre fornire assistenza agli Stati membri ad esempio, creando una banca dati sulle modifiche dei sistemi di classificazione e di inquadramento dei lavoratori o diffondendo informazioni e guide circa strumenti pratici (in particolare destinati alle PMI) su come superare il divario.
Inasprire le sanzioni
Il Parlamento chiede alla Commissione e agli Stati membri di rafforzare la normativa in vigore con sanzioni appropriate, visto che le attuali disposizioni non sono giudicate sufficienti. Occorre quindi realizzare uno studio sulla possibilità, l'efficacia e gli effetti di eventuali sanzioni quali l'indennizzo o la riparazione privi di un massimale a priori o sanzioni amministrative pecuniarie (in caso di mancata notifica e consegna obbligatoria delle statistiche salariali richieste dagli ispettorati del lavoro). Ma anche l'esclusione dal beneficio di prestazioni e sovvenzioni pubbliche (anche da finanziamenti comunitari gestiti dagli Stati membri) e dalle procedure di appalti pubblici e la pubblicazione dell'elenco dei trasgressori.
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Comunicazione della Commissione
- Combattere il divario di retribuzione tra donne e uomini
Riferimenti
Edit BAUER (PPE/DE, SK) Relazione recante raccomandazioni alla Commissione sull'applicazione del principio della parità retributiva tra donne e uomini Procedura: Iniziativa legislativa Dibattito: 17.11.2008 Votazione: 18.11.2008 |
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Più frutta nelle scuole, meno bambini obesi | |
Approvando con 586 voti favorevoli, 47 contrari e 41 astensioni la relazione di Niels BUSK (ALDE/ADLE, DK), il Parlamento accoglie con favore la proposta della Commissione di istituire un programma - "Frutta nelle scuole" - volto a finanziare la fornitura agli alunni di alcuni prodotti ortofrutticoli con l'obiettivo generale di aumentare in modo duraturo la razione di tali prodotti nella dieta dei bambini, proprio nella fase in cui si formano le loro abitudini alimentari.
Nell’UE, infatti, si consuma meno frutta e verdura rispetto alla quantità raccomandata dall’Organizzazione mondiale della sanità (almeno 400 grammi al giorno) e il consumo è inoltre in calo. Al tempo stesso si registra una crescita epidemica dell’obesità tra i bambini: secondo le stime, 22 milioni di bambini nell’UE sono in sovrappeso, e di questi 5,1 milioni in grave sovrappeso. Un elevato consumo di frutta e verdura, invece, riduce il rischio di contrarre gravi patologie e previene il sovrappeso e l’obesità.
Tuttavia, il Parlamento propone una serie di emendamenti volti a precisare il tipo di prodotti da distribuire, a chiedere un rafforzamento delle misure didattiche/educative e a rafforzare la dotazione del bilancio del programma.
Solo frutta locale, di stagione, sana e possibilmente biologica
Anzitutto, i deputati propongono di estendere l'applicazione del programma agli istituti prescolastici. Ritengono infatti che la priorità debba essere data ai bambini in età prescolare e agli alunni delle elementari, a cui la frutta dovrebbe essere distribuita gratuitamente ogni giorno. Per i deputati, infatti, il programma «deve essere chiaramente identificato come un'iniziativa dell'UE per lottare contro l'obesità e sviluppare il gusto presso i giovani».
Il Parlamento suggerisce poi di ricorrere unicamente a che sia di origine UE dando priorità, se disponibili, a prodotti tradizionali e locali, «al fine di evitare viaggi inutili per il trasporto e il conseguente inquinamento ambientale». Inoltre, a suo parere, le autorità scolastiche dovrebbero garantire in via prioritaria la distribuzione di frutta di stagione. Ritiene infatti che l'iniziativa debba anche consentire, mediante adeguati programmi educativi, «di sensibilizzare i bambini all'alternarsi delle stagioni». La selezione dei prodotti dovrà anche tenere conto di criteri sanitari, come il minor quantitativo possibile di additivi artificiali e poco sani. Se disponibile, dovrà inoltre essere privilegiata la frutta biologica. Si dovrà inoltre tenere conto del basso costo dei prodotti.
Strategie nazionali e misure educative
Per assicurare una corretta attuazione del programma, gli Stati membri che intendono parteciparvi dovranno elaborare preliminarmente una strategia a livello nazionale o regionale, prevedendo anche delle misure di accompagnamento per renderlo efficace. I deputati accolgono questa impostazione ma suggeriscono di imporre agli Stati membri l'obbligo di predisporre anche misure didattiche, sulla base di linee guida fornite dalla Commissione. Le misure di accompagnamento, precisano i deputati, includono servizi di consulenza sanitaria e alimentare, di informazione sui benefici della frutta per la salute, adeguati all'età degli studenti, nonché informazioni sulle caratteristiche specifiche dell'agricoltura biologica. Queste misure dovrebbero inoltre poter beneficiare di un aiuto comunitario, già previsto per la copertura di taluni altri costi inerenti alla logistica, alla distribuzione, all'attrezzatura, alla comunicazione, al monitoraggio e alla valutazione.
Finanziamento: 500 milioni di euro
La Commissione europea propone di dotare il programma di 90 milioni di euro per l'anno scolastico 2009/10. Notando che con questo importo è possibile distribuire solo un frutto a settimana, per 30 settimane, a ogni studente tra i 6 e i 10 anni, il relatore aveva proposto alla commissione agricoltura di aumentare la dotazione fino a 360 milioni così da permettere a ogni alunno di avere un frutto al giorno per tutto l'anno scolastico. Al momento del voto, tuttavia, la maggioranza dei deputati è andata oltre gli auspici del relatore approvando un emendamento che chiedeva ben 500 milioni di euro. L'Aula ha confermato richiesta di mettere a disposizione del programma 500 milioni di euro.
Oltre a sollecitare l'aumento della dotazione, i deputati sopprimono la proposta di limitare l'aiuto comunitario al 50% dei costi di fornitura e dei costi correlati (75% nelle regioni interessate dall'obiettivo di convergenza), portando la partecipazione dell'UE al 100%, anche per le misure di accompagnamento. Chiedono inoltre che se uno o più Stati membri non utilizza i finanziamenti comunitari, i fondi siano trasferiti e utilizzati in altri Stati membri.
Un emendamento precisa poi che la partecipazione dell'UE non deve sostituire gli attuali finanziamenti pubblici di eventuali programmi nazionali analoghi. Sottolineano, d'altro canto, che il programma europeo non deve pregiudicare eventuali iniziative analoghe avviate a livello nazionale. Allo stesso tempo, i deputati chiedono di incoraggiare gli Stati membri a concedere aiuti nazionali supplementari per finanziare la distribuzione dei prodotti, i costi correlati e le misure di accompagnamento. Il finanziamento nazionale, precisano, deve essere di natura integrativa e deve essere riservato ai nuovi programmi o all'estensione di quelli esistenti.
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Proposta della Commissione
Riferimenti
Niels BUSK (ALDE/ADLE, DK) Relazione sulla proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1290/2005 del Consiglio relativo al finanziamento della politica agricola comune e il regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio recante organizzazione comune dei mercati agricoli e disposizioni specifiche per taluni prodotti agricoli (regolamento unico OCM) al fine di istituire un programma "Frutta nelle scuole" Procedura: Consultazione Dibattito: 18.11.2008 Votazione: 18.11.2008 |
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Migliorare l'educazione finanziaria dei consumatori | |
Approvando con 634 voti favorevoli, 12 contrari e 27 astensioni la relazione di Iliana IOTOVA (PSE, BG), il Parlamento rileva anzitutto che il miglioramento del livello di alfabetizzazione finanziaria dei consumatori dovrebbe essere una priorità dei responsabili politici nazionali ed europei. Sia per i benefici che ne possono trarre le singole persone ma anche per quelli che ricadono sulla società e sull’economia, quali la riduzione del livello dei debiti problematici, l’aumento del risparmio, l'aumento della concorrenza, la capacità di utilizzare correttamente i prodotti assicurativi e la capacità di provvedere adeguatamente per la pensione. Inoltre, gli investitori informati e fiduciosi «possono incrementare la liquidità dei mercati dei capitali per gli investimenti e la crescita».
Pertanto, i deputati accolgono con favore le iniziative della Commissione nel campo dell’educazione finanziaria dei consumatori e la sua intenzione di pubblicare una base dati on-line dei programmi e delle ricerche sull’educazione finanziaria realizzati nell'UE. Sottolineano peraltro che l'obiettivo dell'educazione e della sensibilizzazione dei consumatori in materia di finanza e credito «è quello di migliorare la loro consapevolezza delle realtà economiche e finanziarie, in modo che comprendano gli impegni economici ed evitino rischi inutili, indebitamenti eccessivi e l'esclusione finanziaria». D'altra parte, la crisi dei mutui "subprime", oltre a illustrare i pericoli di un'informazione inadeguata dei mutuatari, dimostra che la mancata comprensione e conoscenza di tali informazioni «fa sì che i consumatori non siano sufficientemente preoccupati dei rischi d'insolvenza e indebitamento eccessivo».
Il Parlamento invita quindi la Commissione a sviluppare a livello di UE, in cooperazione con gli Stati membri, programmi educativi nel campo delle finanze personali, sulla base di norme e principi comuni da applicare in tutti gli Stati membri, con eventuali adattamenti alle necessità nazionali, fissando parametri di riferimento e promuovendo lo scambio delle prassi migliori. Affinché tali programma abbiano la massima efficacia, precisa che essi devono essere fatti su misura per le esigenze di categorie specifiche di destinatari e, ove opportuno, personalizzati. Sottolinea poi che l’educazione finanziaria «può integrare ma non può sostituire norme coerenti per la protezione dei consumatori nell'ambito delle legislazione sui servizi finanziari, né può sostituire la regolamentazione e la stretta vigilanza sulle istituzioni finanziarie».
A tale proposito, riconoscendo l’importante ruolo del settore privato e delle istituzioni finanziarie nel fornire ai consumatori informazioni, il Parlamento rileva che l’educazione finanziaria dev'essere offerta in modo «equo, imparziale e trasparente», al fine di servire gli interessi dei consumatori, e deve quindi distinguersi chiaramente dalla consulenza commerciale o dalla pubblicità. Anche perché le azioni di formazione e d'informazione devono consentire ai consumatori di avere «un approccio indipendente, basato sul proprio giudizio, ai prodotti finanziari loro offerti o cui intendono ricorrere». A tal fine incoraggia le istituzioni finanziarie a elaborare codici di condotta per il proprio personale e a procedere a «una rigorosa applicazione» delle norme UE esistenti (tra cui la direttiva MIFID).
Allo stesso tempo, il Parlamento chiede alla Commissione di presentare proposte legislative specifiche relative a un sistema armonizzato di informazione e protezione dei consumatori, in particolare nell'ambito del credito ipotecario: ad esempio prospetti informativi standardizzati europei che siano armonizzati, semplici e raffrontabili e contengano indicazioni comuni sul tasso annuo addebitato, ecc.. La Commissione dovrebbe inoltre contribuire alla sensibilizzazione a livello comunitario tramite il sostegno all’organizzazione di conferenze, seminari e campagne mediatiche e di sensibilizzazione nazionali e locali, nonché di programmi educativi a partecipazione transfrontaliera, in particolare nel campo dei servizi finanziari al dettaglio e della gestione del credito/debito familiare. Dovrebbe inoltre sviluppare ulteriormente e migliorare il portale Dolceta, lo strumento d'informazione on-line per i consumatori.
I deputati esortano poi gli Stati membri a includere l’educazione finanziaria nei programmi scolastici del ciclo primario e secondario «allo scopo di sviluppare le abilità necessarie per la vita di tutti i giorni e di organizzare la formazione sistematica degli insegnanti in questa materia». Allo stesso tempo, dovrebbero prestare particolare attenzione alle necessità educative dei pensionati e delle persone che sono alla fine della loro carriera professionale, «che possono correre il rischio dell'esclusione finanziaria», nonché a quelle dei giovani a inizio carriera «che devono compiere difficili scelte sull'utilizzo più opportuno del loro nuovo reddito». Il Parlamento, infine, chiede agli Stati membri di istituire programmi di formazione sull’economia e i servizi finanziari per gli assistenti sociali, i quali sono in contatto con persone a rischio di povertà o d'indebitamento eccessivo.
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Comunicazione della Commissione sull’educazione finanziaria
Riferimenti
Iliana IOTOVA (PSE, BG) Relazione sulla protezione del consumatore: migliorare l'educazione e la sensibilizzazione del consumatore in materia di credito e finanza Procedura: Iniziativa Votazione: 18.11.2008
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Immunità di Massimo D'Alema | |
Approvando con 543 voti favorevoli, 43 contrari e 90 astensioni la relazione di Klaus-Heiner LEHNE (PPE/DE, DE), il Parlamento ha deciso di non autorizzare l'utilizzazione delle intercettazioni telefoniche e di non revocare l'immunità dell'ex eurodeputato Massimo D'Alema.
In proposito, il relatore sottolinea che la richiesta «dovrebbe riguardare l'autorizzazione all'uso di presunti elementi probatori», ma secondo la stessa Ordinanza del Giudice delle Indagini Preliminari le fonti di prova utilizzate, sono già "sufficienti a suffragare l'ipotesi accusatoria a carico di taluni soggetti già per essa indagati", cioè gli stessi terzi intercettati - «i quali peraltro sono già stati rinviati a giudizio ed il cui procedimento giudiziario è già in fase avanzata». Quindi da questo punto di vista la richiesta della Procura della Repubblica di Milano «è senza oggetto». Inoltre, nel caso in cui la richiesta della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, venga invece considerata come una "autorizzazione a procedere" nei confronti di Massimo D'Alema, il relatore evidenzia che l'ordinamento italiano non prevede, fin dal 1993, questo istituto giuridico e, dunque, in tal caso «la richiesta sarebbe senza oggetto».
Antefatti
Il relatore ricorda che, nel 28 maggio 2008, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano ha chiesto l'autorizzazione all'utilizzazione per un procedimento penale di conversazioni telefoniche "indirette" tra una persona indagata e l'ex parlamentare europeo Massimo D'Alema. Nella fattispecie si tratta del procedimento penale 19195/2005, relativo alla tentata scalata della Banca Nazionale del Lavoro che vede indagati e rinviati a giudizio un gruppo di persone sospettate di aver violato la legislazione italiana che sanziona i reati di manipolazione di mercato e di insider trading.
Nell'ambito delle indagini preliminari sono state effettuate delle intercettazioni telefoniche secondo le norme del Codice di Procedura Penale italiano. In alcune di queste intercettazioni vi sono conversazioni tra gli indagati ed alcuni parlamentari nazionali, tra i quali Massimo D'Alema che all'epoca era membro del Parlamento europeo. Si tratta quindi, nota il relatore, «di intercettazioni indirette di parlamentari che conversano con utenti regolarmente intercettati». Il 20 luglio 2007 il giudice per le indagini preliminari, Clementina Forleo, ha chiesto alla Camera dei Deputati (per i deputati D'Alema, Fassino, Cicu) ed al Senato (per i senatori La Torre e Comincioli), l'autorizzazione all'utilizzo delle predette intercettazioni. Nell'ottobre del 2007 la Camera dei Deputati, si è dichiarata incompetente a riguardo di Massimo D'Alema in quanto al momento delle conversazioni intercettate egli era membro del Parlamento europeo. In base a questa decisione la Procura di Milano si è rivolta dunque al Parlamento europeo per chiedere l'autorizzazione delle intercettazioni indirette di Massimo D'Alema.
Riferimenti
Klaus-Heiner LEHNE (PPE/DE, DE) Relazione sulla richiesta di difesa dei privilegi e delle immunità di Massimo D'Alema Procedura: Immunità Votazione: 18.11.2008 |
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Tessile: 35 milioni di euro per i lavoratori licenziati in Italia | |
L'Italia ha chiesto assistenza in relazione a quattro casi di licenziamento nel settore tessile in Sardegna, Piemonte, Lombardia e Toscana. Approvando con 627 voti favorevoli, 25 contrari e 20 astensioni la relazione di Reimer BÖGE (PPE/DE, DE), il Parlamento chiede alle istituzioni interessate di compiere gli sforzi necessari per accelerare la mobilitazione del Fondo di adeguamento alla globalizzazione e approva la decisione di mobilitare 35.158.075 di euro destinati a coprire parte dei costi relativi alle misure di sostegno nelle quattro regioni.
Più in particolare le domande delle autorità italiane riguardano 10,97 milioni di euro per il licenziamento dei lavoratori in Sardegna, 7,8 milioni di euro per il Piemonte, 12,5 milioni di euro per la Lombardia e 3,8 milioni di euro per la Toscana, per i seguenti licenziamenti definitivi:
– Sardegna: 1.044 esuberi dal 27 ottobre 2006 al 26 luglio 2007, – Piemonte: 1.537 esuberi dal 1° settembre 2006 al 31 maggio 2007, – Lombardia: 1.816 esuberi dal 1° settembre 2006 al 31 maggio 2007, – Toscana: 1.558 esuberi dal 1° marzo 2007 al 30 novembre 2007.
Le domande attribuiscono gli esuberi nelle quattro regioni ad un contesto di mutamenti radicali nella distribuzione della produzione di tessili. I paesi terzi (in particolare la Cina e l’India) dominano sempre più il commercio mondiale di tessili e abbigliamento e paesi come la Turchia e il Bangladesh continuano ad accrescere la loro quota di produzione mondiale.
Oltre ai mutamenti nel mercato a livello mondiale, i produttori tessili della Comunità hanno dovuto affrontare una maggiore concorrenza specifica a seguito della scadenza dell'accordo multifibre (Multifibre Arrangement, MFA), il quale contingentava la quantità di abbigliamento e tessili che i paesi in via di sviluppo potevano esportare verso i paesi sviluppati. La scadenza del MFA (e dell'accordo sui tessili e sull'abbigliamento (ATA) che lo ha succeduto) nel 2005, hanno aperto i mercati comunitari dei tessili e dell'abbigliamento alla libera concorrenza dei paesi in via di sviluppo. Tra il 2004 e il 2006, il volume dei capi di abbigliamento importati nella Comunità ha registrato un aumento annuo del 10% circa. Il fenomeno è legato principalmente al forte aumento delle importazioni dalla Cina a seguito della scadenza dell'accordo multifibre.
I licenziamenti italiani sono causati dalla generale tendenza dell’industria dell’abbigliamento e degli accessori nella Comunità a delocalizzare la produzione verso paesi terzi che presentano costi meno elevati, come già dimostrato nel caso di una precedente domanda presentata da Malta. Nelle loro domande, le autorità italiane hanno fornito dati statistici a riprova del fatto che gli esuberi sono un risultato diretto dell’evoluzione dell’industria mondiale dei tessili. Hanno anche sottolineato che mentre la scadenza dell’MFA e dell’ATA non era inattesa, l’impatto economico che ha avuto nell’industria tessile italiana in generale, e nello specifico nelle quattro regioni, è stato molto più duro del previsto.
Background - Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione
Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione è stato istituito per fornire sostegno supplementare ai lavoratori licenziati che risentono delle conseguenze dei cambiamenti fondamentali nella struttura del commercio mondiale e per assisterli nel reinserimento nel mercato del lavoro. L'accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 consente di utilizzare il Fondo nei limiti di un importo annuo massimo di 500 milioni di euro.
Nel corso del 2008, secondo anno di attività del Fondo, è stato mobilitato un importo complessivo di 3,1 milioni di euro sulla base della valutazione positiva di quattro domande, presentate da Malta (VF Ltd. e Bortex Clothing Ind. Co Ltd), Portogallo (Opel e Johnson Controls), Spagna (Delphi) e Lituania (Alytaus Tekstile).
In forza al regolamento 1927/2006, il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione può essere destinato a sovvenzionare misure attive per il mercato del lavoro che facciano parte di un insieme coordinato di servizi personalizzati volti a reinserire nel mercato del lavoro i lavoratori in esubero. Queste comprendono:
– l’assistenza nella ricerca di un impiego, l’orientamento professionale, la formazione e la riqualificazione su misura, anche nel campo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e della certificazione dell'esperienza acquisita, nonché l’assistenza per la ricollocazione professionale e la promozione dell’imprenditorialità o l’aiuto alle attività professionali autonome; – misure speciali di durata limitata, come le indennità per la ricerca di un lavoro, le indennità di mobilità o le indennità di integrazione salariale di sostegno per chi partecipa ad attività di formazione e di apprendimento lungo tutto l'arco della vita; – misure per stimolare in particolare i lavoratori sfavoriti o più anziani a rimanere o a reinserirsi nel mercato del lavoro.
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Proposta
della Commissione Riferimenti
Reimer BÖGE (PPE/DE, DE) Relazione sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, in conformità del punto 28 dell'accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria Procedura: Bilancio Votazione:
18.11.2008 |
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