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RESOCONTO

 

17 dicembre 2008

Strasburgo

 

 

 


Orario di lavoro: non più di 48 ore settimanali

 

Il Parlamento si è pronunciato sulla revisione dei requisiti minimi in materia di organizzazione dell'orario di lavoro. Chiede di limitare a un massimo di 48 ore la durata media settimanale di lavoro in tutti gli Stati membri, respingendo la possibilità di derogarvi (opt-out) sostenuta dal Consiglio. Propone poi di considerare come orario di lavoro anche i periodi di guardia "inattivi", ammettendo però che siano calcolati in modo specifico ai fini dell'osservanza del massimale settimanale.

 

La direttiva 2003/88/CE1 stabilisce requisiti minimi in materia di organizzazione dell'orario di lavoro, tra l'altro, in relazione ai periodi di riposo quotidiano e settimanale, di pausa, di durata massima settimanale del lavoro e di ferie annuali, nonché relativamente a taluni aspetti del lavoro notturno, del lavoro a turni e del ritmo di lavoro. La stessa direttiva prevede una clausola di revisione cui si è attenuta, nel 2003, la Commissione. Il Parlamento si è pronunciato in prima lettura nel 2005, ma il Consiglio non è stato in grado di definire una propria posizione in materia fino allo scorso mese di settembre (con il voto contrario di Spagna e Grecia e l'astensione di Belgio, Cipro, Malta, Portogallo e Ungheria).

 

Seguendo la linea suggerita dal relatore, Alejandro CERCAS (PSE, ES), il Parlamento ha approvato a larga maggioranza una serie di emendamenti (già sostenuti nel corso della prima lettura) che respingono l'impostazione del Consiglio, in particolare, per quanto riguarda la possibilità di derogare al tetto massimo di 48 ore lavorative settimanali e il rifiuto di considerare come lavoro il tempo speso in periodi di guardia. L'esito della votazione è stato salutato da un largo applauso dell'Aula e molti deputati si sono complimentati personalmente con il relatore. Quest'ultimo ha esortato il Consiglio a considerare questa votazione come «un'opportunità per rendere la nostra agenda simile a quella dei cittadini europei». Dovrà quindi essere convocato il comitato di conciliazione con l'incarico di trovare un accordo tra i due rami legislativi. In precedenza, la proposta della GUE/NGL di respingere la proposta di direttiva è stata bocciata dall'Aula con 118 voti favorevoli, 521 contrari e 27 astensioni.

 

Non più di 48 ore di lavoro a settimana

 

A suo tempo il Regno Unito aveva ottenuto l'introduzione di una clausola di opt-out che, a certe condizioni, permette di non rispettare la limitazione di 48 ore lavorative settimanali. Attualmente sono 15 gli Stati membri che ricorrono a questa possibilità: Bulgaria, Cipro, Estonia, Malta e Regno Unito consentono l'opt-out in tutti i settori, mentre Repubblica ceca, Francia, Germania, Ungheria, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Slovacchia, Slovenia e Spagna lo consentono solo nei settori in cui vi è un esteso ricorso ai periodi di guardia. Con l'accordo raggiunto lo scorso settembre, il Consiglio ha confermato questa possibilità precisando che, in ogni caso, il consenso a lavorare più del massimo consentito non può superare 60 ore come media trimestrale o 65 ore, sempre come media su tre mesi, in assenza di un contratto collettivo e se "il periodo inattivo del servizio di guardia è considerato orario di lavoro".

Con 544 voti favorevoli, 160 contrari e 12 astensioni, il Parlamento ha respinto la possibilità di ricorrere a questa deroga, considerando che, in media, l'orario massimo di lavoro non deve comunque superare le 48 ore settimanali. Con 421 voti favorevoli, 273 contrari e 11 astensioni, il Parlamento concede tuttavia agli Stati membri un periodo transitorio di 36 mesi durante il quale sarebbe possibile superare questo limite. Questa facoltà, in ogni caso, resta sottoposta a rigorose condizioni volte a garantire una protezione efficace della salute e della sicurezza del lavoratore. Prima fra tutte, occorre il consenso del lavoratore stesso che, precisano i deputati, è valido non più di sei mesi, rinnovabili, contro un anno sostenuto dal Consiglio. Nessun lavoratore, inoltre, deve subire un danno per il fatto di non essere disposto ad accettare di lavorare più del massimo consentito o per aver revocato la sua disponibilità a farlo. Il consenso dato all'atto della firma del contratto individuale, durante il periodo di prova o entro le prime quattro settimane di lavoro va poi considerato «nullo e non avvenuto».

 

Le 48 ore di lavoro settimanali sono in principio calcolate su un periodo di riferimento di 4 mesi. I deputati accettano la proposta di poter derogare a tale disposizione imponendo un periodo di riferimento non superiore a 12 mesi mediante un contratto collettivo o un accordo sottoscritto dalla parti sociali o per via legislativa, previa consultazione delle parti sociali. Tuttavia, precisano che la deroga per via legislativa è possibile solo qualora i lavoratori non siano coperti da contratti collettivi o da altri accordi e purché lo Stato membro adotti le misure necessarie affinché il datore di lavoro informi i suoi dipendenti e provveda a porre rimedio a ogni rischio per la salute e la sicurezza  connesso all'organizzazione dell'orario di lavoro proposta.

 

I periodi di guardia vanno considerati orario di lavoro

 

Nell'attuale direttiva manca una definizione del periodo di servizio di guardia. D'altra parte, diverse sentenze della Corte di giustizia hanno stabilito che il periodo di guardia doveva essere incluso nell'orario di lavoro. I deputati non contestano le definizioni di "servizio di guardia" e di "periodo inattivo di servizio di guardia" introdotte dal Consiglio nella posizione comune. Il primo è «il periodo durante il quale il lavoratore è obbligato a tenersi a disposizione sul proprio luogo di lavoro al fine di intervenire, su richiesta del datore di lavoro, per esercitare la propria attività o le proprie funzioni». Il secondo è invece definito come il periodo durante il quale il lavoratore è di guardia ... ma non è chiamato dal suo datore di lavoro ad esercitare di fatto la propria attività o le proprie funzioni».

 

Contrariamente al Consiglio, però, il Parlamento ritiene che l'intera durata del servizio di guardia, «incluso il periodo inattivo», deve essere considerata orario di lavoro, ribadendo così quanto sostenuto in prima lettura. Concede tuttavia la possibilità che i periodi inattivi siano «calcolati in modo specifico, sulla base di contratti collettivi o di altri accordi tra le parti», oppure mediante disposizioni legislative e regolamentari, per quanto riguarda l'osservanza della durata massima settimanale della media dell'orario di lavoro.

 

Periodi di riposo e conciliazione della vita professionale e familiare

 

L'attuale direttiva prevede un periodo minimo di riposo giornaliero di 11 ore consecutive, un periodi di riposo settimanale ininterrotto di 24 ore e almeno 4 settimane di ferie annuali retribuite, nonché norme sulla durata del lavoro  notturno. Tuttavia, contempla anche la possibilità di derogare a tali disposizioni sulla base di contratti collettivi o accordi con le parti sociali e purché ai lavoratori siano accordati periodi equivalenti di "riposo compensativo".
 

Se il Consiglio propone di precisare che queste compensazioni devono essere concesse entro "un termine ragionevole", il Parlamento chiede che il periodo di riposo segua quello trascorso in servizio, conformemente alla legislazione applicabile oppure a un contratto collettivo o altro accordo. Delle disposizioni specifiche in materia sono stabilite per i lavoratori mobili e attività offshore» e per i lavoratori a bordo di pescherecci.

 

I deputati condividono la posizione del Consiglio riguardo all'invito rivolto agli Stati membri di incoraggiare le parti sociali a concludere accordi volti a conciliare meglio la vita professionale con quella familiare. Con 539 voti favorevoli, 158 contrario e 10 astensioni, precisano tuttavia che i datori di lavoro debbono informare i dipendenti «con congruo anticipo» di ogni modifica del ritmo di lavoro. Inoltre, conferiscono ai lavoratori il diritto di chiedere modifiche del loro orario e ritmo di lavoro, lasciando però libero il datore di lavoro di respingere la richiesta se ciò comporta inconvenienti organizzativi «sproporzionalmente maggiori» del beneficio per i lavoratori.

 

 

Link utili

 

Posizione comune del Consiglio
Prima lettura del Parlamento europeo
Direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro

 

 

Riferimenti

 

Alejandro CERCAS (PSE, ES)

Relazione relativa alla posizione comune del Consiglio in vista dell'adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2003/88/CE concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro

Procedura: Codecisione, seconda lettura

Dibattito: 15.12.2008

Votazione:17.12.2008

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Approvato il pacchetto clima-energia, obiettivo: 20/20/20

 

Dopo undici mesi di lavoro legislativo, il Parlamento ha approvato il pacchetto clima-energia volto conseguire gli obiettivi che l'UE si è fissata per il 200: ridurre del 20% le emissioni di gas a effetto serra, portare al 20% il risparmio energetico e aumentare al 20% il consumo di fonti e rinnovabili. Il pacchetto comprende provvedimenti sul sistema di scambio di quote di emissione e sui limiti alle emissioni delle automobili.

 

Le sei proposte legislative sul pacchetto clima-energia sono state adottate nel quadro della procedura di codecisione, che pone il Parlamento su un piede di parità rispetto al Consiglio nell'attività legislativa. Per poter concludere i lavori entro il 2008 era necessario trovare un accordo tra i due co-legislatori sin dalla prima lettura. A tal fine, dopo le votazioni da parte delle commissioni per l'ambiente e per l'industria, i relatori del Parlamento europeo e la Presidenza francese hanno avviato una serie di negoziati informali volti a trovare un compromesso sull'insieme dei testi. I voti in Aula hanno confermato l'accordo raggiunto.

 

Sistema di scambio delle emissioni di gas a effetto serra (ETS)

 

Sulla base di un compromesso negoziato con il Consiglio dalla relatrice Avril DOYLE (PPE/DE, IE), il Parlamento ha adottato una direttiva volta a perfezionare ed estendere il sistema comunitario di scambio delle quote di emissione dei gas a effetto serra con l'obiettivo di ridurre le emissioni dei gas serra del 21% nel 2020 rispetto al 2005. A tal fine prevede un sistema di aste, dal 2013, per l'acquisto di quote di emissione, i cui introiti andranno a finanziare misure di riduzione delle emissioni e di adattamento al cambiamento climatico. Tuttavia le industrie manifatturiere che sono a forte rischio di delocalizzazione, a causa dei maggiori costi indotti dal sistema, potranno beneficiare di quote gratuite fino al 2027. Nel 2010 si procederà a un riesame del regime. Per approfondire l'argomento si veda l'articolo specifico più avanti.

 

Ripartizione degli sforzi per ridurre le emissioni

 

Sulla base di un compromesso negoziato con il Consiglio dalla relatrice Satu HASSI (Verdi/ALE, FI), il Parlamento ha adottato una decisione che mira a ridurre del 10% le emissioni di gas serra prodotte in settori esclusi dal sistema di scambio di quote, come il trasporto stradale e marittimo o l'agricoltura. Fissa quindi obiettivi nazionali di riduzione (per l'Italia 13%), prevedendo anche la possibilità per gli Stati membri di ricorrere a parte delle emissioni consentite per l'anno successivo o di scambiarsi diritti di emissione. Dei crediti sono anche previsti per progetti realizzati in paesi terzi. In caso di superamento dei limiti sono previste delle misure correttive. Per approfondire l'argomento si veda l'articolo specifico più avanti.

 

Cattura e stoccaggio geologico del biossido di carbonio

 

Sulla base di un compromesso con il Consiglio negoziato dal relatore di Chris DAVIES (ADLE, UK), iI Parlamento ha adottato una direttiva che istituisce un quadro giuridico per lo stoccaggio geologico ecosostenibile di biossido di carbonio (CO2) con la finalità di contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico. Fino a 300 milioni di euro, attinti dal sistema di scambio di emissione, finanzieranno 12 progetti dimostrativi, mentre le grandi centrali elettriche dovranno dotarsi di impianti di stoccaggio sotterraneo. Per approfondire l'argomento si veda l'articolo specifico più avanti.

 

Accordo sulle energie rinnovabili

 

Sulla base di un  compromesso negoziato con il Consiglio dal relatore Claude TURMES (Verdi/ALE, LU), il Parlamento ha approvato una direttiva che stabilisce obiettivi nazionali obbligatori (17% per l'Italia) per garantire che, nel 2020, una media del 20% del consumo di energia dell'UE provenga da fonti rinnovabili. Nel calcolo, a certe condizioni, potrà essere inclusa l'energia prodotta nei paesi terzi. La direttiva fissa poi al 10% la quota di energia "verde" nei trasporti e i criteri di sostenibilità ambientale per i biocarburanti. Il riesame delle misure nel 2014 non dovrà intaccare gli obiettivi generali. La direttiva, inoltre, detta norme relative a progetti comuni tra Stati membri, alle garanzie di origine, alle procedure amministrative, all'informazione e alla formazione, nonché alle connessioni alla rete elettrica relative all'energia da fonti rinnovabili. Per approfondire l'argomento si veda l'articolo specifico più avanti.

 

Riduzione del CO2 da parte delle auto

 

Sulla base di un compromesso negoziato con il Consiglio dal relatore Guido SACCONI (PSE, IT), il Parlamento ha approvato un regolamento che fissa il livello medio di emissioni di CO2 delle auto nuove a 130 g CO2/km a partire dal 2012, da ottenere con miglioramenti tecnologici dei motori. Una riduzione di ulteriori 10 g dovrà essere ricercata attraverso tecnologie di altra natura e il maggiore ricorso ai biocarburanti. Il compromesso stabilisce anche un obiettivo di lungo termine per il 2020 che fissa il livello medio delle emissioni per il nuovo parco macchine a 95 g CO2/km. Sono previste "multe" progressive per ogni grammo di CO2 in eccesso, ma anche agevolazioni per i costruttori che sfruttano tecnologie innovative e per i piccoli produttori. Per approfondire l'argomento si veda l'articolo specifico più avanti.

 

Riduzione dei gas a effetto serra nel ciclo di vita dei combustibili

 

Sulla base di un compromesso negoziato con il Consiglio dalla relatrice Dorette CORBEY (PSE, NL), il Parlamento ha adottato una direttiva che, per ragioni di tutela della salute e dell'ambiente, fissa specifiche tecniche per i carburanti. Stabilisce inoltre un obiettivo di riduzione del 6% delle emissioni di gas serra prodotte durante il ciclo di vita dei combustibili, da conseguire entro fine 2020 ricorrendo, ad esempio, ai biocarburanti. L'obiettivo potrebbe salire fino al 10% mediante l'uso di veicoli elettrici e l'acquisto dei crediti previsti dal protocollo di Kyoto. Il tenore di zolfo del gasolio per macchine non stradali, come i trattori, andrà ridotto. La direttiva, che dovrà essere trasposta nel diritto nazionale entro il 31 dicembre 2010, si applica a veicoli stradali, macchine mobili non stradali (comprese le navi adibite alla navigazione interna quando non sono in mare), trattori agricoli e forestali e imbarcazioni da diporto. Per approfondire l'argomento si veda l'articolo specifico Per approfondire l'argomento si veda l'articolo specifico più avanti.

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Sistema di scambio di quote di emissione

 

Il Parlamento ha adottato una direttiva volta a ridurre le emissioni dei gas serra del 21% nel 2020 rispetto al 2005. A tal fine prevede un sistema di aste, dal 2013, per l'acquisto di quote di emissione, i cui introiti andranno a finanziare misure di riduzione delle emissioni. Tuttavia le industrie che sono a forte rischio di delocalizzazione, a causa dei maggiori costi indotti dal sistema, potranno beneficiare di quote gratuite fino al 2027. Nel 2010 si procederà a un riesame del regime.

 

Sulla base di un compromesso negoziato con il Consiglio dalla relatrice Avril DOYLE (PPE/DE, IE), il Parlamento ha adottato - con 610 voti favorevoli, 60 contrari e 29 astensioni - una direttiva volta a perfezionare ed estendere il sistema comunitario di scambio delle quote di emissione dei gas a effetto serra.

 

Questo regime, avviato nel 2005, limita il livello globale delle emissioni autorizzate permettendo al contempo di acquistare o vendere delle quote, a seconda delle necessità, in moda da ridurre le emissioni in modo più efficace. Si tratta di uno strumento essenziale per realizzare l'obiettivo dell'UE consistente nella riduzione delle sue emissioni di gas serra di almeno il 20% entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990, o del 30% in caso di un accordo internazionale su questo obiettivo. Attualmente copre più di 10.000 impianti che, nei settori energetici e industriali, sono collettivamente responsabili di circa la metà delle emissioni di CO2 nell'UE e del 40% del volume globale delle emissioni di gas serra dell'UE. Il sistema attuale riguarda, ad esempio, le centrali energetiche, le raffinerie e i cementifici, le vetrerie, le cartiere e le industrie della ceramica. La Commissione ha proposto di estendere la portata a altre industrie, quali quelle dell'alluminio, ammoniaca e petrolchimici) e ad altri gas (protossido di azoto e idrocarburi perfluorati).

 

Sulla base del compromesso, la direttiva, che si applicherà dal 2013 al 2020, ha lo scopo di ridurre le emissioni dei gas a effetto serra del 21% nel 2020 rispetto ai livelli del 2005. Il numero di permessi concessi ogni anno nell'UE si ridurrà in maniera lineare in modo da portare a una diminuzione del livello globale di emissioni ogni anno. 

 

Un sistema di aste a partire dal 2013, ma con molte eccezioni

 

Nei primi due periodi del sistema di scambio, la grande maggioranza dei diritti di emissione sono stati attribuiti a titolo gratuito. Il compromesso prevede che un sistema integrale di aste sia, in principio, applicato a partire dal 2013 (come lo auspicavano la Commissione  e i deputati della commissione ambiente del Parlamento), prevedendo però numerose eccezioni richieste dal Consiglio europeo. Più precisamente, il sistema integrale di aste dovrà essere introdotto progressivamente nel settore manifatturiero che si vedrà attribuire l'80% delle quote a titolo gratuito nel 2013. Questa percentuale sarà via via ridotta fino al 30% entro il 2020 per giungere, nel 2027, a un sistema totalmente basato sulle aste (7 anni dopo rispetto alla proposta della Commissione e dei deputati).

 

Tuttavia, a seguito dell'accordo raggiunto dai capi di Stato e di governo (accettato dai deputati), è stata introdotta un'ampia deroga per i settori esposti al rischio di "fuga di carbonio", ossia di delocalizzazione della produzione verso paesi terzi che applicano una politica ambientale meno rigorosa, aumentando così le emissioni di CO2 in questi paesi. Un settore è considerato a rischio elevato di fuga di carbonio se l'applicazione della direttiva comporta un aumento dei costi diretti e indiretti che alza i costi di produzione in una determinata misura oppure se il valore complessivo delle sue esportazioni e delle sue importazioni diviso per quello del volume d'affari  e delle importazioni raggiunge una determinata soglia. In tali casi, fino a che non sarà concluso un accordo internazionale, questi settori potranno ricevere il 100% di quote gratuite fino al 2020, a determinate condizioni. Secondo la Commissione, il 90% delle emissioni del settore manifatturiero potrebbe beneficiare di questa deroga. La Commissione dovrà comunque individuare entro il 31 dicembre 2009 i settori o i sotto-settori delle industrie ad alta intensità energetica che potrebbero essere esposti ad una rilocalizzazione delle emissioni.

 

Gli Stati membri potranno inoltre escludere dal sistema gli impianti che hanno comunicato all'autorità competente emissioni per un valore inferiore a 25.000 tonnellate di CO2 equivalente e che, nei casi in cui effettuano attività di combustione, hanno una potenza termica nominale inferiore a 35 MW, escluse le emissioni da biomassa. A condizione, però, che a questi impianti si applichino misure finalizzate ad ottenere un contributo equivalente alle riduzioni delle emissioni.

 

Il compromesso prevede inoltre che la Commissione analizzerà le conseguenze, per la distribuzione del quantitativo di quote da mettere all'asta tra Stati membri, della concessione di quote gratuite aggiuntive ai settori industriali esposti a un rischio elevato di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio. Le relative proposte, da presentare al Consiglio e al Parlamento nel giugno 2010, dovranno tenere conto dell'esito del negoziato internazionale e degli eventuali effetti redistributivi.

 

Utilizzare gli introiti per adattarsi ai cambiamenti climatici

 

Il compromesso stabilisce il principio secondo cui almeno il 50% degli introiti derivanti dalla vendita all’asta delle quote (la Commissione proponeva il 20%) sia destinato all’abbattimento delle emissioni dei gas a effetto serra, all’adattamento agli impatti dei cambiamenti climatici, al finanziamento delle attività di ricerca e sviluppo sulla riduzione delle emissioni e sull’adattamento, allo sviluppo delle energie rinnovabili, nonché al conseguimento dell’obiettivo di aumentare l’efficienza energetica. Ma anche a favore della cattura e dello stoccaggio geologico ecocompatibile dei gas a effetto serra, al contributo al Fondo globale per l’efficienza energetica e le energie rinnovabili e al Fondo di adeguamento ai mutamenti climatici, a misure finalizzate a evitare la deforestazione e favorire l’adattamento nei paesi in via di sviluppo e ad affrontare problematiche sociali come l’incidenza del possibile aumento del prezzo dell’elettricità sui redditi medio-bassi.

 

Solidarietà per alcuni Stati membri

 

Gli Stati membri il cui reddito procapite risulta sensibilmente inferiore alla media comunitaria e le cui economie stanno recuperando un ritardo rispetto a quelli più prosperi beneficeranno di maggiori quote da poter scambiare: il 10% del totale sarà ridistribuito a 19 Stati membri ("vecchi" e "nuovi"), mentre il 2% sarà attribuito a 9 "nuovi" Stati membri.

 

Utilizzazione dei crediti nei paesi in via di sviluppo

 

Gli Stati membri potranno "compensare" le loro emissioni, ossia acquistare dei crediti ottenuti da progetti realizzati in paesi terzi in base al meccanismo di sviluppo pulito (CDM) delle Nazioni Unite allo scopo di rispettare i loro limiti alle emissioni di gas a effetto serra. Il compromesso stabilisce che non più del 50% delle riduzioni delle emissioni comunitarie durante il periodo dal 2008 al 2020 potranno essere ottenute da questi crediti. Su richiesta dei deputati è precisato che i progetti in questione comportano «riduzioni di emissioni effettive, verificabili, supplementari e permanenti, presentino vantaggi evidenti in termini di sviluppo sostenibile e non abbiano ricadute negative di rilievo a livello ambientale o sociale».

 

Emissioni dell'aviazione e del settore marittimo

 

Il compromesso non riapre la questione dell'inclusione del settore del'aviazione nella direttiva sulla scambio di quote di emissione. La situazione rimane quindi invariata e il settore riceverebbe 85% delle quote a titolo gratuito sull'insieme del periodo. Non è quindi passata la linea dei deputati secondo i quali tale percentuale dovesse essere ridotta progressivamente, fino a scomparire, tra il 2013 e il 2020.

 

Per quanto riguarda il trasporto marittimo internazionale, in caso di mancata approvazione di un accordo internazionale che includa le sue emissioni nei suoi obiettivi di riduzione nel quadro dell'IMO, e/o di mancata approvazione di un siffatto accordo, nel quadro dell'UNFCCC, da parte della Comunità entro il 31 dicembre 2011, la Commissione formulerà una proposta tesa ad includere le emissioni del trasporto marittimo internazionale, sulla base di modalità uniformi, nell'obiettivo comunitario di riduzione in vista della sua entrata in vigore entro il 2013. Queste proposte, precisa il compromesso, «dovrebbero limitare al massimo eventuali incidenze negative sulla competitività dell'Unione europea, tenendo conto delle potenziali ricadute positive per l'ambiente».

 

Un accordo internazionale sulla deforestazione

 

Il compromesso impegna l'Unione europea a porre in essere un sistema riconosciuto a livello internazionale per contenere il fenomeno della deforestazione e potenziare le attività di afforestazione e di rimboschimento, a sostegno dell'obiettivo di sviluppare meccanismi finanziari, nell'ambito di un accordo sul clima post 2012 da concludersi a Copenaghen.

 

Link utili

 

Maxi-emendamento di compromesso sulla direttiva volta a perfezionare ed estendere il sistema comunitario di scambio delle quote di emissione dei gas a effetto serra

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Ripartizione degli sforzi di riduzione tra gli Stati membri

 

Il Parlamento ha adottato una decisione che mira a ridurre del 10% le emissioni di gas serra prodotte in settori esclusi dal sistema di scambio di quote, come il trasporto stradale e marittimo e l'agricoltura. Fissa quindi obiettivi nazionali di riduzione (per l'Italia 13%), con la possibilità per gli Stati membri di ricorrere a parte delle emissioni consentite per l'anno successivo o di scambiarsi diritti di emissione. Dei crediti sono anche previsti per progetti realizzati in paesi terzi.

 

Sulla base di un compromesso negoziato con il Consiglio dalla relatrice, Satu HASSI (Verdi/ALE, FI), il Parlamento ha adottato - con 555 voti favorevoli, 93 contrari e 60 astensioni - una decisione che stabilisce il contributo minimo degli Stati membri all’adempimento nella riduzione, tra il 2013 e il 2020, dei gas a effetto serra emessi dai settori esclusi dal sistema di scambio di quote (trasporto stradale e marittimo, edilizia, servizi, agricoltura e piccoli impianti industriali), nonché le norme per la realizzazione di tali contributi e per la valutazione del rispetto di questo impegno. L'obiettivo è di ridurre del 10% queste emissioni e d contribuire così alla riduzione complessiva del 20% entro il 2020.

 

La decisione stabilisce inoltre le disposizioni per la valutazione e l’attuazione di un impegno comunitario di riduzione più rigoroso superiore al 20%, da applicare previa approvazione da parte della Comunità di un accordo internazionale che conduca a riduzioni delle emissioni superiori, come risulta dall’impegno di riduzione del 30% approvato dal Consiglio europeo nella primavera 2007.

 

Obiettivi nazionali per il 2020

 

In base alla decisione ciascuno Stato membro sarà tenuto, entro il 2020, a limitare al minimo le sue emissioni di gas serra rispettando almeno la percentuale stabilita dalla decisione stessa rispetto alle sue emissioni del 2005. Per l'Italia è prevista una riduzione del 13%. Per gli altri "grandi" Stati membri sono previste le seguenti riduzioni: per la Germania del 14%, per la Spagna del 10%, per la Francia del 14% e per il Regno Unito del 16%. Tutti i "nuovi" Stati membri (eccetto Cipro) saranno autorizzati ad aumentare le emissioni da un minimo di 5% (Malta) a un massimo del 20% (la Bulgaria). La Romania potrà aumentarle del 19% e la Polonia del 14%. Anche il Portogallo potrà aumentare le proprie emissioni dell'1%.

 

Ogni Stato membro con un limite negativo, peraltro, dovrà garantire che le sue emissioni di gas serra nel 2013 non superino le sue emissioni annuali medie di gas serra negli anni 2008, 2009 e 2010. La decisione prevede anche una certa flessibilità riguardo al rispetto dei limiti. Così, nel periodo dal 2013 al 2019, uno Stato membro potrà prelevare dall’anno successivo una quantità pari fino al 5% della sua assegnazione annuale di emissioni. Se invece le sue emissioni di gas serra sono inferiori alla sua assegnazione annuale di emissioni, potrà riportare all’anno successivo fino al 2020 la differenza.  A determinate condizioni, inoltre, uno Stato membro potrà trasferire fino al 5% della sua assegnazione annuale di emissioni di un dato anno ad altri Stati membri. Potrà anche trasferire ad altri Stati membri la parte di emissioni annuali eccedente la sua assegnazione relativa a quell’anno.
 

Misure correttive

 

Se le emissioni di gas serra superano il limite specificato si applicano le misure seguenti si procederà alla deduzione dall’assegnazione di emissioni dello Stato membro dell’anno successivo pari all’ammontare di tonnellate di tali emissioni in eccesso moltiplicate per un fattore di abbattimento di 1,08. Lo Stato membro dovrà inoltre sviluppare un piano d'azione correttivo ed è prevista anche la sospensione temporanea dell’ammissibilità del trasferimento a un altro Stato membro.

 

Crediti supplementari

 

Gli Stati membri potranno compensare le proprio emissioni in vestendo dei crediti in progetti di riduzione dei gas serra in paesi terzi nel quadro del meccanismo di sviluppo pulito (CDM) dell'ONU per conseguire i propri obiettivi. L'utilizzazione annuale di questi crediti non potrà però superare il 3% delle emissioni del 2005. Inoltre, alcuni Stati membri, tra cui l'Italia,  saranno inoltre autorizzati ogni anno a utilizzare crediti supplementari dell’1% delle loro emissioni verificate nel 2005 derivanti da progetti in paesi meno sviluppati e in piccoli Stati insulari in via di sviluppo, a seguito del loro adempimento purché siano rispettate determinate condizioni. Gli Stati membri che ricorrono a questa possibilità dovranno dimostrare la qualità di questi crediti compensativi.

 

Emissioni della silvicoltura e del settore marittimo

 

La decisione prevede che, tenendo conto di tale specificazione da parte degli Stati membri, la Commissione dovrà valutare, entro il 30 giugno 2011, le modalità di inclusione delle emissioni e degli assorbimenti derivanti da attività connesse alla destinazione d'uso dei terreni, ai cambiamenti di tale destinazione e alla silvicoltura nell’impegno di riduzione della Comunità, e presentare se del caso una proposta prevedendone l’entrata in vigore a decorrere dal 2013. Un sistema analogo è previsto per le emissioni nel settore marittimo.

 

Link utili

 

Maxi-emendamento di compromesso sulla direttiva relativa agli sforzi degli Stati membri per ridurre le emissioni dei gas ad effetto serra al fine di adempiere agli impegni della Comunità in materia di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra entro il 2020

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Cattura e stoccaggio di CO2

 

Il Parlamento ha adottato una direttiva che istituisce un quadro giuridico per lo stoccaggio geologico ecosostenibile di biossido di carbonio (CO2) con la finalità di contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico. Fino a 300 milioni di euro, attinti dal sistema di scambio di emissione, finanzieranno 12 progetti dimostrativi, mentre le grandi centrali elettriche dovranno dotarsi di impianti di stoccaggio sotterraneo.

 

Sulla base di un compromesso negoziato con il Consiglio dal relatore Chris DAVIES (ADLE, UK), il Parlamento ha adottato - con 623 voti favorevoli, 68 contrari e 22 astensioni - una direttiva che istituisce un quadro giuridico per lo stoccaggio geologico ecosostenibile di biossido di carbonio (CO2) con la finalità di contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico.

 

Secondo stime della Commissione, le emissioni di centrali energetiche - in particolare quelle alimentate a petrolio, carbone e gas carbonico - rappresentano circa il 40% di tutte le emissioni di CO2 nell'UE. Per ridurre le loro emissioni, gli impianti industriali e le centrali nucleari potrebbero in futuro ricorrere a nuove tecnologie per catturare e immagazzinare in modo permanente il CO2 in formazioni geologiche sotterranee per «prevenire e, qualora ciò non sia possibile, eliminare il più possibile gli effetti negativi e qualsiasi rischio per l'ambiente e la salute umana».

 

Finanziamento di progetti dimostrativi con gli introiti delle quote di emissione

 

Il Consiglio europeo di marzo 2007 ha ipotizzato la costruzione di almeno 12 impianti a larga scala commerciale entro il 2015 per valutare lo stoccaggio permanente nel sottosuolo del CO2. I deputati avevano proposto di stanziare 500 milioni di euro per il finanziamento di tali progetti, attingendo i fondi dal sistema di scambio di emissioni. Il Consiglio aveva proposto invece di dedicare da 100 a 200 milioni. Il compromesso prevede un importo fino a 300 milioni di euro per contribuire a incoraggiare la costruzione e lo sfruttamento di tali progetti.

 

Le future centrali elettriche saranno dotate di tecnologie per lo stoccaggio del carbonio

 

In base al compromesso, gli Stati membri dovranno provvedere affinché i gestori di tutti gli impianti di combustione con una produzione di energia elettrica stimata di almeno 300 megawatt si accertino della disponibilità di siti di stoccaggio appropriati, della fattibilità tecnica ed economica di strutture di trasporto e della possibilità tecnica ed economica di installare a posteriori le strutture per la cattura del CO2. Se così fosse, l'autorità competente dovrà provvedere a che sia riservata un'area sufficiente all'interno del sito per installare le strutture necessarie alla cattura e alla compressione del CO2.

 

Link utili

 

Maxi-emendamento di compromesso sulla direttiva relativa allo stoccaggio geologico del biossido di carbonio e recante modifica delle direttive 85/337/CEE e 96/61/CE del Consiglio e delle direttive 2000/60/CE, 2001/80/CE, 2004/35/CE, 2006/12/CE e del regolamento (CE) n. 1013/2006

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Promuovere le energie rinnovabili

 

Il Parlamento ha approvato una direttiva che stabilisce obiettivi nazionali obbligatori (17% per l'Italia) per garantire che, nel 2020, il 20% del consumo di energia provenga da fonti rinnovabili. Nel calcolo, a certe condizioni, potrà essere inclusa l'energia prodotta nei paesi terzi. La direttiva fissa poi al 10% la quota di energia "verde" nei trasporti e i criteri di sostenibilità ambientale per i biocarburanti. Il riesame delle misure nel 2014 non dovrà intaccare gli obiettivi generali.

 

Sulla base di un compromesso negoziato con il Consiglio dal relatore Claude TURMES (Verdi/ALE, LU), il Parlamento ha approvato - con 635 voti favorevoli, 25 contrari e 25 astensioni - una direttiva che stabilisce un quadro comune per la promozione dell'energia da fonti rinnovabili con lo scopo di garantire che, nel 2020, una media del 20% del consumo di energia attinga da fonti rinnovabili. A tal fine, dispone obiettivi nazionali obbligatori per la quota complessiva di energia da fonti rinnovabili sul consumo energetico e fissa al 10% la quota di energia da fonti rinnovabili nei trasporti. La direttiva, inoltre, detta norme relative allo scambio di statistiche tra gli Stati membri, ai progetti comuni tra Stati membri e paesi terzi, alle garanzie di origine, alle procedure amministrative, all'informazione e alla formazione, nonché alle connessioni alla rete elettrica relative all'energia da fonti rinnovabili. Fissa infine criteri di sostenibilità ambientale per biocarburanti e gli altri bioliquidi.

 

Obiettivi nazionali: 17% per l'Italia

 

Ai fini della direttiva, le fonti energetiche rinnovabili sono quelle fonti non fossili, come quelle eolica, solare, geotermica, aerotermica, idrotermica, l'energia oceanica, idroelettrica, la biomassa, i gas di discarica, i gas residuati dai processi di depurazione e i biogas. Attualmente la quota di energie rinnovabili sul consumo totale di energia in Italia è pari al 5,2% che l'obiettivo nazionale fissato dalla direttiva porta al 17%. Per quanto riguarda gli altri "grandi paesi" il consumo attuale e la quota obiettivo sono, rispettivamente, i seguenti: Germania 5,8 e 18%; Spagna 8,7 e 20%, Francia 10,3 e 23%, Polonia 7,2 e 15%, Regno Unito 1,3 e 15%. Per raggiungere più agevolmente l'obiettivo, gli Stati membri dovranno promuovere e incoraggiare l'efficienza energetica e il risparmio.

 

Due o più Stati membri potranno anche cooperare su tutti i tipi di progetti comuni per la produzione di energia rinnovabile in forma di elettricità, calore e freddo. Ai fini del rispetto degli obiettivi in materia di rinnovabili, tale cooperazione, che potrà comprendere operatori privati, dovrà riguardare progetti realizzati sul loro territorio e messi in servizio dopo l'entrata in vigore della direttiva o grazie all'incremento di capacità di un impianto ristrutturato.

 

La direttiva fissa inoltre una serie di condizioni affinché, ai fini del calcolo della quota-obiettivo, possa essere presa in conto la produzione di energia elettrica realizzata in un paese terzo. Ad esempio, occorre che l'elettricità sia consumata nell'UE e sia prodotta da un impianto che diventi operativo o che sia potenziato dopo l'entrata in vigore del provvedimento. Uno Stato membro potrà anche chiedere alla Commissione di prendere in conto, a determinate condizioni, l'energia rinnovabile prodotta e consumata in un paese terzo nel contesto della costruzione di un interconettore tra lo Stato membro e il paese terzo.

 

In ogni caso, gli Stati membri dovranno adottare un piano d'azione che fissi gli obiettivi nazionali in materia di quota di energia rinnovabile nel settore dei trasporti, dell'elettricità e del riscaldamento e raffreddamento nel 2020, tenendo conto degli effetti delle altre politiche relative all'efficienza energetica, e le misure da adottare per raggiungere detti obiettivi, inclusa la cooperazione tra autorità locali e nazionali, progetti congiunti, politiche nazionali per lo sviluppo delle risorse della biomassa esistenti e per lo sfruttamento di nuove risorse della biomassa. Il piano d'azione dovrà essere notificato alla Commissione entro il 30 giugno 2010.

 

10% di rinnovabili nei trasporti

 

Ogni Stato membro dovrà assicurare che la propria quota di energia da fonti rinnovabili nel settore dei trasporti nel 2020 sia almeno pari al 10% del consumo energetico finale nel settore dei trasporti nazionale. E' anche precisato che per il calcolo del denominatore (il consumo totale di energia) si deve tenere conto unicamente della benzina, del diesel e dei biocarburanti usati nei trasporti interni e per l'elettricità. Per il calcolo del numeratore, il consumo da fonti rinnovabili, tutte le fonti rinnovabili possono essere contate. Il contributo dei biocarburanti prodotti da rifiuti, residui, materiale non cellulosico e materiale ligno-cellulosico - che non entrano in concorrenza con la produzione alimentare o di mangimi - dovrà essere contabilizzato il doppio rispetto agli altri biocombustibili.

 

Ai fini del calcolo del contributo fornito dall'elettricità prodotta da fonti rinnovabili e consumata in tutti i tipi di veicoli elettrici, gli Stati membri possono scegliere se ricorrere alla quota media di elettricità rinnovabile dell'UE o a quella propria. Inoltre, l'elettricità prodotta da fonti rinnovabili e consumata da veicoli elettrici deve essere considerata equivalente a 2,5 volte la densità energetica del consumo di elettricità rinnovabile. Entro la fine del 2011, la Commissione dovrà poi presentare una proposta che permetta di prendere in conto, a determinate condizioni, la quantità totale di elettricità originata da fonti rinnovabili usate per alimentare veicoli elettrici. Dovrà inoltre presentare, se opportuno, una proposta in merito a una metodologia per calcolare il contributo dell'idrogeno originato da fonti rinnovabili nel mix totale di carburante.

 

Tenuto conto dell'incidenza elevata dei trasporti aerei sulla quota di consumo energetico complessivo di alcuni Stati membri e dei vincoli tecnologici e regolamentari che impediscono il ricorso a biocarburanti in questo settore, la direttiva prevede un'esenzione parziale che permette l'esclusione dal calcolo del consumo finale di energia nel settore dell'aviazione della quantità che supera di una 1,5 volte la media europea del settore nel 2005. 

 

Criteri di sostenibilità per i biocarburanti

 

Che siano prodotti all'interno o all'esterno dell'UE i biocarburanti dovranno rispettare una serie di criteri di sostenibilità per poter essere presi in considerazione nella verifica del rispetto degli obiettivi nazionali fissati dalla direttiva e degli obblighi in materia di energie rinnovabili e per determinare se il consumo di biocarburanti e di altri bioliquidi possa beneficiare di sostegno finanziario. Così, ad esempio, la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra grazie all'uso di biocarburanti e di altri bioliquidi presi in considerazione dovrà essere di almeno il 35%. A partire dal 2017, questa riduzione dovrà essere pari al 50%. Per gli impianti diventati operativi dal 2017, invece, la riduzione di gas serra dovrà essere del 60%. Inoltre, la direttiva precisa che i biocarburanti non dovranno essere prodotti da materie prime ottenute su terreni che presentano un elevato valore in termini di biodiversità (come ad esempio le aree protette) o che presentano un elevato stock di carbonio (come le zone umide o le zone boschive continue oppure che erano delle torbiere nel gennaio 2008).

 

Le materie prime agricole coltivate nella Comunità e utilizzate per la produzione di biocarburanti e di altri bioliquidi da poter prendere in considerazione dovranno essere ottenute nel rispetto delle prescrizioni e delle norme previste dal regolamento che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell'ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori e in conformità ai requisiti minimi per il mantenimento di buone condizioni agricole e ambientali. Entro il 31 dicembre 2010, inoltre, la Commissione dovrà esaminare l'impatto delle modifiche indirette di destinazione dei terreni sulle emissioni di gas a effetto serra e proporre una metodologia per minimizzarlo, basata sulle migliori prove scientifiche disponibili.

 

La Commissione dovrà anche presentare, a partire dal 2012, una relazione biennale in materia di impatto sulla sostenibilità sociale, nell'UE e nei paesi terzi, dell'incremento della domanda di biocarburanti e riguardo l'impatto della politica europea sui biocombustibili e sulla disponibilità di prodotti alimentari a prezzi accessibili, in particolare per le popolazioni dei paesi in via di sviluppo. Dovrà inoltre trattare del rispetto dei diritti sull'uso delle terre. In base a queste relazioni, la Commissione dovrà proporre eventuali azioni correttive, in particolare se è osservato un impatto significativo sui prezzi.

 

Accesso dei biocombustibili alla rete elettrica

 

La direttiva chiede agli Stati membri di adottare le misure necessarie per sviluppare la rete di trasmissione e distribuzione, network intelligenti, servizi di stoccaggio e sistemi elettrici per far fronte all'ulteriore sviluppo della produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili, compresa l'interconnessione tra gli Stati membri e con i paesi terzi. Inoltre, mantenendo inalterata l'affidabilità e la sicurezza della rete, gli Stati membri dovranno assicurare che i gestori della rete di trasmissione e della rete di distribuzione presenti sul loro territorio assicurino la trasmissione e la distribuzione dell'elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili. Dovranno inoltre provvedere affinché l'elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili abbia un accesso prioritario e garantito alla rete. Infine, nel dispacciamento degli impianti di produzione dell'elettricità, i gestori della rete di trasmissione dovranno dare la priorità agli impianti di produzione che utilizzano le fonti energetiche rinnovabili.

 

Una revisione nel 2014, ma senza modificare gli obiettivi

 

Al più tardi nel 2014, la Commissione dovrà presentare una relazione che valuti i livelli minimi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra ottenuti grazie al ricorso alle fonti rinnovabili, tenendo conto di un'analisi d'impatto che consideri anche gli sviluppi tecnologici, la disponibilità di tecnologie e di biocarburanti di prima e seconda generazione che abbiano un elevato livello di riduzione dei gas. La Commissione potrà eventualmente presentare delle proposte volte modificare questi livelli.

 

Riguardo all'obiettivo di portare al 10% il consumo di rinnovabili nel settore dei trasporti, si dovrà valutare il rapporto costo-efficienza delle misure volte a conseguirlo e la possibilità di raggiungerlo garantendo la sostenibilità della produzione di biocarburanti nell'UE e nei paesi terzi, considerando l'impatto economico, ambientale e sociale, compreso quello sulla biodiversità, nonché la disponibilità commerciale di biocombustibili di seconda generazione.
 

La relazione dovrà poi esaminare l'impatto di questo obiettivo sulla disponibilità di alimenti a prezzi accessibili e la disponibilità di veicoli elettrici, ibridi e alimentati a idrogeno, così come la metodologia scelta per calcolare la quota di energia rinnovabile nel settore dei trasporti. Andranno poi valutate le condizioni specifiche di mercato, in particolare di quelli in cui i carburanti per il trasporto rappresentano più della metà del consumo finale di energia e quelli che sono interamente dipendenti dall'importazione di biocarburanti.

 

Nel 2018, infine, la Commissione dovrà presentare una roadmap per le energie rinnovabili per il periodo successivo al 2020, che potrà essere eventualmente accompagnata da proposte legislative.

 

Link utili

 

Maxi-emendamento di compromesso sulla direttiva relativa alla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili

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Riduzione del CO2 delle auto

 

L'Aula ha approvato un regolamento che fissa il livello medio di emissioni di CO2 delle auto nuove a 130 g CO2/km a partire dal 2012, da ottenere con miglioramenti tecnologici dei motori. Una riduzione di ulteriori 10 g dovrà essere ricercata attraverso tecnologie di altra natura e il maggiore ricorso ai biocarburanti. Sono previste "multe" progressive per ogni grammo di CO2 in eccesso, ma anche agevolazioni per i costruttori che sfruttano tecnologie innovative e per i piccoli produttori.

 

Sulla base di un accordo negoziato con il Consiglio dal relatore, Guido SACCONI (PSE, IT), il Parlamento ha approvato - con 559 voti favorevoli, 98 contrari e 60 astensioni - un regolamento che definisce i livelli di prestazione in materia di emissioni di CO2 delle autovetture nuove. Il regolamento potrà quindi entrare in vigore tre giorni dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'UE e si applicherà a partire dal 2012.

 

Campo d'applicazione

 

Il regolamento si applica ai veicoli a motore di categoria M1, ossia ai mezzi progettati e costruiti per il trasporto di persone, aventi al massimo otto posti a sedere oltre al sedile del conducente ("autovetture") che siano immatricolati per la prima volta nella Comunità e che non siano stati precedentemente immatricolati al di fuori del territorio comunitario ("autovetture nuove"). E' anche precisato che non si tiene conto di precedenti immatricolazioni effettuate al di fuori del territorio comunitario meno di tre mesi prima dell'immatricolazione nella Comunità.

 

Non si applica invece ai veicoli per uso speciale destinati a svolgere funzioni che richiedono un adattamento della carrozzeria e/o attrezzature speciali. Tale categoria include i veicoli con accesso per sedie a rotelle, autocaravan e caravan, ambulanze, autofunebri e veicoli blindati destinati alla protezione delle persone e/o delle merci trasportate.

 

Riduzione delle emissioni di CO2 consentite

 

Il compromesso accoglie la proposta della Commissione di fissare, per tutta l'industria automobilistica, un livello medio di emissioni pari a 120 g CO2/km per il nuovo parco auto a partire dal 2012, rispetto all'attuale livello di 160 g CO2/km. Il regolamento fissa poi il livello medio delle emissioni di CO2 delle autovetture nuove a 130 g CO2/km da conseguire grazie ai miglioramenti tecnologici apportati ai motori. Ma sarà peraltro completato da altre misure, volte a realizzare una riduzione supplementare di 10 g/km (per raggiungere il limite di 120 g CO2/km) da ottenere con miglioramenti tecnologici di altra natura (ad esempio sui copertoni) e con un maggiore ricorso ai biocarburanti sostenibili. Il compromesso ha poi inserito un obiettivo di lungo termine per il 2020 che fissa il livello medio delle emissioni del nuovo parco macchine a 95 g CO2/km.

 

Per l’anno civile che ha inizio il 1° gennaio 2012, e per ogni anno successivo, ogni costruttore di autovetture dovrà provvedere affinché le emissioni specifiche medie di CO2 delle proprie autovetture non superino l'obiettivo determinato secondo una formula stabilita da un allegato del regolamento stesso (che prende in conto la massa delle auto). Il compromesso prevede un'applicazione progressiva ("phase-in") secondo cui i costruttori dovranno garantire che il 65% della loro flotta nel 2012, il 75% nel 2013, l'80% nel 2014 e il 100% a partire dal 2015, rispetti il limite imposto alle emissioni specifiche stabilite.

Multe per le emissioni in eccesso

 

La Commissione dovrà mantenere un registro centralizzato dei dati trasmessi dagli Stati membri e, entro il 30 giugno 2011, e successivamente ogni anno, dovrà calcolare in via provvisoria per ogni costruttore le emissioni specifiche medie di CO2 prodotte nel precedente anno civile all'interno della Comunità, l'obiettivo per le emissioni specifiche dell'anno civile precedente e la differenza tra le emissioni specifiche medie di CO2 dell'anno civile precedente e l'obiettivo per le emissioni specifiche per quello stesso anno.

 

A partire dal 2012, per ogni anno civile per il quale le emissioni specifiche medie di CO2 di un costruttore superano il suo obiettivo per quell'anno (tenuto conto del "phase-in"), la Commissione imporrà al costruttore di versare un'indennità per le emissioni in eccesso. Dal 2012 al 2018, queste indennità ammonteranno, per ogni auto nuova, a 5 euro per il primo grammo di CO2 in eccesso, 15 euro per il secondo, 25 euro per il terzo e 95 euro dal quarto grammo in poi. In pratica se si supera di un grammo la multa sarà pari a 5 euro, se si eccede di due grammi sarà invece pari a 20 euro (5+15), se si supera di tra grammi sarà di 45 euro (5+15+25), se il superamento è di 4 grammi si dovranno pagare 140 euro (5+15+25+95), mentre se si supera di 5 grammi la multa ammonterà a 235 euro (5+15+25+95+95). A partire dal 2019, la multa sarà calcolata in base a 95 euro per grammo di CO2 in eccesso, moltiplicato per ogni autovettura nuova.

 

Entro il 31 ottobre del 2011 e successivamente ogni anno, la Commissione dovrà pubblicare un elenco nel quale, per ogni costruttore, vengono indicati l'obiettivo per le emissioni specifiche per l'anno civile precedente, le emissioni specifiche medie di CO2 nell'anno civile precedente, la differenza tra le emissioni specifiche medie di CO2 nell'anno civile precedente e l'obiettivo per le emissioni specifiche per quell'anno, le emissioni specifiche medie di CO2 per tutte le autovetture nuove nella Comunità nell'anno civile precedente e la massa media di tutte le nuove autovetture nella Comunità nel corso dell'anno precedente. Dal 31 ottobre 2013, l'elenco dovrà anche indicare se il costruttore ha rispettato gli obiettivi specifici di emissione per l'anno civile precedente.

 

Vantaggi per le tecnologie meno inquinanti

 

Il compromesso prevede inoltre dei "supercrediti" temporanei per il calcolo delle emissioni medie specifiche dei produttori di autovetture che rilasciano meno di 50 g CO2/km. Ognuna di esse varrà 3,5 auto nel 2012 e nel 2013, 2,5 nel 2014 e 1,5 nel 2015. A partire dal 2016 conterà come ogni altra autovettura.

 

Accoglie poi la richiesta dei deputati di fissare un obiettivo di emissione specifico per i veicoli alimentati da carburante alternativo. Ai fini della determinazione della conformità dei singoli costruttori di autovetture all'obiettivo per le emissioni specifiche, le emissioni di CO2 dichiarate nel certificato di conformità per ciascun veicolo progettato per funzionare con una miscela di 85% di etanolo (E85) dovranno essere ridotte, fino al 31 dicembre 2015, del 5% quale riconoscimento della maggiore capacità tecnologica e di riduzione delle emissioni del ricorso a biocarburanti. Questa riduzione, tuttavia, può essere applicata solamente se almeno il 30% delle stazioni di rifornimento dello Stato membro in cui il veicolo è immatricolato forniscono tale tipo di carburante e se questo è conforme ai criteri di sostenibilità fissati dalla legislazione comunitaria.

 

Come richiesto dai deputati, il compromesso prevede incentivi per aumentare l'efficienza di equipaggiamenti ausiliari o componenti frutto di tecnologie innovative che permettono di ridurre le emissioni di CO2. Così, fino a un massimo di 7 g CO2 di riduzione possono essere presi in considerazione negli obiettivi specifici di emissione di ogni costruttore che ne faccia domanda. La Commissione dovrà adottare le disposizioni particolari per approvare queste nuove tecnologie che, in ogni caso, dovranno essere «affidabili» e verificabili e non essere già considerate da altre disposizioni obbligatorie. Il costruttore che intende farsi riconoscere una determinata tecnologia eco-innovativa dovrà sottoporre una relazione certificata da un ente indipendente.

 

Piccoli produttori

 

Come proposto dalla Commissione, un costruttore può presentare domanda di deroga rispetto all'obiettivo per le emissioni specifiche se è responsabile di un numero di autovetture nuove immatricolate nella Comunità inferiore a 10.000 unità per anno civile. Ma, come richiesto dai deputati, anche produttori più grandi, che vedono immatricolate tra le 10.000 e le 300.000 autovetture all'anno, potranno chiedere di essere autorizzati a raggiungere un obiettivo alternativo di riduzione delle emissioni medie specifiche pari al 25% rispetto al 2007.

 

Maxi-emendamento di compromesso sul regolamento relativo ai livelli di prestazione in materia di emissioni delle autovetture nuove nell'ambito dell'approccio comunitario integrato finalizzato a ridurre le emissioni di CO2 dei veicoli leggeri

 

Regolamento n°715/2007 relativo all’omologazione dei veicoli a motore riguardo alle emissioni dai veicoli passeggeri e commerciali leggeri (Euro 5 ed Euro 6) e all’ottenimento di informazioni sulla riparazione e la manutenzione del veicolo

 

Direttiva 2007/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, che istituisce un quadro per l’omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, nonché dei sistemi, componenti ed entità tecniche destinati a tali veicoli (direttiva quadro)

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Riduzione dei gas a effetto serra nella ciclo di vita dei combustibili

 

Il Parlamento ha adottato una direttiva che fissa specifiche tecniche per i carburanti e un obiettivo di riduzione del 6% delle emissioni di gas serra prodotte durante il ciclo di vita dei combustibili, da conseguire entro fine 2020 ricorrendo, ad esempio, ai biocarburanti. L'obiettivo potrebbe salire fino al 10% mediante l'uso di veicoli elettrici e l'acquisto dei crediti previsti dal protocollo di Kyoto. Il tenore di zolfo del gasolio per macchine non stradali, come i trattori, andrà ridotto.

 

Sulla base di un compromesso negoziato con il Consiglio dalla relatrice Dorette CORBEY (PSE, NL), il Parlamento ha approvato - con 670 voti favorevoli, 20 contrari e 25 astensioni - una direttiva che, per ragioni di tutela della salute e dell'ambiente, stabilisce le specifiche tecniche per i carburanti da usare per i veicoli con motori a accensione comandata o per compressione e che fissa degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra (biossido di carbonio, metano, ossido di diazoto) prodotte durante il ciclo di vita dei combustibili. La direttiva, che dovrà essere trasposta nel diritto nazionale entro il 31 dicembre 2010, si applica a veicoli stradali, macchine mobili non stradali (comprese le navi adibite alla navigazione interna quando non sono in mare), trattori agricoli e forestali e imbarcazioni da diporto.

 

Riduzione fino al 10% entro il 2020

 

Il compromesso prevede che, entro il 31 dicembre 2020, gli Stati membri richiedano ai fornitori di ridurre del 10%, «con la massima gradualità possibile», le emissioni di gas a effetto serra prodotte durante tutte le fasi del ciclo di vita, ossia estrazione o coltura, comprese le modifiche della destinazione dei suoli, trasporto e distribuzione, trasformazione e combustione. Per la precisione, i fornitori dovrebbero conseguire entro il 2020 una riduzione di almeno il 6% rispetto alla media comunitaria delle emissioni di gas a effetto serra durante il ciclo di vita dei combustibili fossili nel 2010, utilizzando biocarburanti e carburanti alternativi nonché riducendo il rilascio in atmosfera e la combustione in torcia nei siti di produzione. A tal fine, peraltro, gli Stati membri potranno fissare obiettivi intermedi: 2% entro il 31 dicembre 2014 e 4% entro il 31 dicembre 2017.

 

La riduzione complessiva da conseguire entro il 2020 potrebbe poi aumentare fino al 10% una volta verificato che l'utilizzo di tecnologie ecocompatibili per la cattura e lo stoccaggio di CO2 e di veicoli elettrici (esclusi i treni) possa diminuire ulteriormente le emissioni del 2% e che l'acquisto di crediti nel quadro del meccanismo per lo sviluppo pulito del protocollo di Kyoto possa anch'esso consentire una riduzione supplementare del 2%. Spetterà alla Commissione, entro il 2012, proporre se rendere obbligatoria questa riduzione indicativa supplementare del 4%.

 

Gli Stati membri dovranno designare il fornitore o i fornitori competenti a monitorare e a segnalare le emissioni di gas a effetto serra prodotte durante il ciclo di vita dovute ai carburanti e all'energia forniti.
 

Biocarburanti sostenibili

 

Per garantire che gli obblighi di riduzione del CO2 non comportino una produzione di biocarburanti insostenibile, il compromesso prevede che i criteri di sostenibilità dei biocarburanti che saranno fissati dalla futura direttiva sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili siano inclusi anche nella direttiva in esame.

 

Gasolio con meno zolfo

 

Gli Stati membri devono provvedere affinché i gasoli destinati a macchine mobili non stradali (incluse le navi per la navigazione interna), ai trattori agricoli e forestali e alle imbarcazioni da diporto possano essere commercializzati sul loro territorio solo se hanno un tenore di zolfo inferiore a 1000 mg/kg. Dal 1° gennaio 2011 il tenore massimo di zolfo ammissibile in questi gasoli dovrà essere pari a 10 mg/kg. Tuttavia, al fine di far fronte alle contaminazioni di lieve entità nella catena di approvvigionamento, gli Stati membri possono, a decorrere dal 1° gennaio 2011, autorizzare il gasolio destinato alle macchine mobili non stradali e ai trattori agricoli e forestali contenente fino a 20 mg/kg di zolfo in fase di distribuzione definitiva agli utenti finali.

 

Gli Stati membri potranno anche autorizzare il prolungamento dell'immissione sul mercato fino al 31 dicembre 2011 del gasolio contenente fino a 1000 mg/kg di zolfo per i veicoli su rotaia e per i trattori agricoli e forestali, a condizione che possano garantire che non venga compromesso l'adeguato funzionamento dei sistemi di controllo delle emissioni.

 

Link utili

 

Maxi-emendamento di compromesso sulla direttiva riguardo alle specifiche relative a benzina, combustibile diesel e gasolio nonché l'introduzione di un meccanismo inteso a controllare e ridurre le emissioni di gas a effetto serra dovute all'uso di combustibili per i trasporti su strada 

Direttiva 98/70/CE relativa alla qualità della benzina e del combustibile diesel e recante modificazione della direttiva 93/12/CEE del Consiglio

 

Riferimenti

 

Avril DOYLE (PPE/DE, IE)

Relazione sulla proposta di direttiva che modifica la direttiva 2003/87/CE al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario di scambio delle quote di emissione dei gas a effetto serra

&

Satu HASSI (Verdi/ALE, FI)

Relazione sulla proposta di decisione concernente gli sforzi degli Stati membri per ridurre le emissioni dei gas ad effetto serra al fine di adempiere agli impegni della Comunità in materia di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra entro il 2020

&

Chris DAVIES (ALDE/ADLE, UK)

Relazione sulla proposta di direttiva relativa allo stoccaggio geologico di biossido di carbonio e recante modifica delle direttive 85/337/CEE e 96/61/CE del Consiglio e delle direttive 2000/60/CE, 2001/80/CE, 2004/35/CE, 2006/12/CE e del regolamento (CE) n. 1013/2006

&

Claude TURMES (Verdi/ALE, LU)

Relazione sulla proposta di direttiva sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili

&

Guido SACCONI (PSE, IT)

Relazione sulla proposta di regolamento che definisce i livelli di prestazione in materia di emissioni delle autovetture nuove nell'ambito dell'approccio comunitario integrato finalizzato a ridurre le emissioni di CO2 dei veicoli leggeri

&

Dorette CORBEY (PSE, NL)

Relazione sulla proposta di direttiva che modifica la direttiva 98/70/CE per quanto riguarda le specifiche relative a benzina, combustibile diesel e gasolio nonché l'introduzione di un meccanismo inteso a controllare e ridurre le emissioni di gas a effetto serra dovute all'uso di combustibili per i trasporti su strada

Procedura: Codecisione, prima lettura

Dibattito: 16.12.2008

Votazione: 17.12.2008

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Stop all'impunità transfrontaliera degli automobilisti

 

Il Parlamento si è pronunciato sulla proposta di direttiva che istituisce un sistema di scambio di informazioni per agevolare il pagamento delle multe inflitte in uno Stato membro diverso da quello di residenza agli automobilisti che passano col rosso, guidano in stato di ebbrezza, non si allacciano la cintura e superano i limiti di velocità. Chiede di armonizzare i metodi di controllo, aumentare il numero dei controlli e valutare l'opportunità di equiparare l'importo delle multe in tutta l'UE.

 

Approvando con 594 voti favorevoli, 35 contrari e 40 astensioni la relazione di Inés AYALA SENDER (PSE, ES), il Parlamento propone una serie di modifiche alla proposta di direttiva volta ad agevolare l'applicazione di sanzioni ai conducenti che passano col rosso, guidano in stato di ebbrezza o senza cintura di sicurezza o superano i limiti di velocità in uno Stato membro diverso da quello di immatricolazione del veicolo. Più in particolare, chiede di armonizzare i metodi e il materiale di controllo, valutare la possibilità di equiparare l'importo delle multe a livello UE, offrire garanzie quanto all'uso dei dati personali raccolti e informare debitamente i cittadini sull'applicazione della direttiva. Spetta ora al Consiglio pronunciarsi sugli emendamenti proposti dal Parlamento.

 

Verso un'armonizzazione dei controlli e, forse, delle sanzioni

 

D'accordo sul limitare l'applicazione della direttiva alle quattro infrazioni che causano il maggior numero di vittime a livello UE e che sono considerate tali in tutti i 27 Stati membri, il Parlamento chiede però che, due anni dopo la sua attuazione, la Commissione rediga una relazione in cui sia anche valutata la possibilità di includere altre infrazioni stradali. L'Aula ha peraltro respinto un emendamento dei Verdi volto a estendere la direttiva alle contravvenzioni comminate per «guida aggressiva e sorpassi sconsiderati» e per guida «sotto l'influsso di medicinali o sostanze stupefacenti, nella misura in cui ciò pregiudica la sicurezza».

 

La relazione della Commissione, inoltre, dovrà presentare proposte volte ad armonizzare il materiale e le pratiche di controllo in base a criteri comunitari. Nel frattempo, un lungo emendamento chiede alla Commissione di adottare delle linee direttrici volte a introdurre una serie minima di orientamenti in materia di sicurezza stradale. Più in particolare, riguardo all'eccesso di velocità, il Parlamento suggerisce di ricorrere maggiormente alle apparecchiature automatiche di controllo sui tratti stradali in cui il numero di incidenti è superiore alla media. Inoltre, raccomanda di aumentare del 30% il numero dei controlli negli Stati membri in cui il numero di morti è superiore alla media UE e la riduzione del loro numero a partire dal 2001 è inferiore alla media UE.

 

Per la guida in stato di ebbrezza, è chiesto agli Stati membri di provvedere affinché almeno il 30% dei conducenti possa essere controllato ogni anno. Mentre per l'uso delle cinture di sicurezza sono raccomandate «operazioni intensive» da realizzare per almeno sei settimane l'anno dagli Stati membri in cui il tasso di utilizzo delle cinture è inferiore al 70% della popolazione. In materia di transito con semaforo rosso, dovrebbe invece essere privilegiata l'utilizzazione di apparecchiature automatiche di controllo agli incroci dove è più frequente il mancato rispetto e dove si registra un numero di incidenti superiore alla media.

 

Per garantire un sufficiente livello di sicurezza stradale e assicurare la proporzionalità delle sanzioni, il Parlamento chiede alla Commissione di avviare discussioni con gli Stati membri sull'introduzione di multe fisse armonizzate per le infrazioni al codice della strada.

 

Una rete telematica per la notifica delle infrazioni

 

Ai fini dell'applicazione pratica della direttiva, è chiesto agli Stati membri di instaurare una rete telematica comunitaria per lo scambio elettronico di dati con lo scopo di identificare il titolare del veicolo che ha commesso un'infrazione in modo che le autorità dello Stato membro in cui è stata commessa possano trasmettergli una notifica.

 

Tale notifica, specificano i deputati, dovrà comprendere quanto meno l'oggetto della notifica stessa e il nominativo dell'autorità competente per l'applicazione delle sanzioni. Redatta nella lingua o nelle lingue ufficiali dello Stato di residenza del titolare, la notifica dovrà inoltre precisare l'importo della multa, le procedure di pagamento più convenienti e il termine ultimo per farlo, nonché la possibilità di ricorso e le modalità per inoltrarlo. La notifica dovrà essere redatta sulla base di un modello illustrato dalla direttiva stessa. Un emendamento precisa poi che le sanzioni pecuniarie inflitte non dovranno essere discriminatorie in termini di nazionalità e dovranno essere applicate in conformità della legge in vigore nello Stato membro in cui è commessa l'infrazione. Qualora il titolare non fosse alla guida del veicolo, precisa un emendamento, egli sarà tenuto a comunicare gli estremi del conducente, in conformità della normativa nazionale di residenza.

 

Seguito delle infrazioni e riconoscimento ed esecuzione delle sanzioni

 

Un emendamento mira a prevedere che l'applicazione delle multe trasmesse al titolare, ma non pagate da quest'ultimo, possa essere garantita sia ricorrendo alla decisione quadro 2005/214/GAI relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sanzioni pecuniarie sia attraverso la trasmissione della decisione definitiva allo Stato di residenza del titolare. Il Parlamento propone poi di introdurre un nuovo articolo in cui è precisato che l'autorità competente dello Stato membro di residenza è tenuta a riconoscere - «senza ulteriori formalità» - una decisione amministrativa definitiva a una sanzione, nonché a prendere «senza indugio» tutte le misure necessarie per la sua esecuzione. Quest'ultima, è anche specificato, è disciplinata dalla legge dello Stato di residenza.

 

Protezione dei dati

 

Il Parlamento chiede che Il trasgressore sia debitamente informato, al momento della notifica dell'infrazione, in merito ai suoi diritti in materia di accesso, rettifica e cancellazione dei dati e al periodo massimo per la conservazione dei dati previsto dalla legge. Precisa inoltre che i dati raccolti, «il cui stoccaggio ha comunque carattere temporaneo», non dovranno in alcun caso essere utilizzati a fini che non siano quelli del perseguimento delle infrazioni alla sicurezza stradale. La Commissione e gli Stati membri dovrebbero pertanto garantire che il trattamento dei dati personali e la gestione della rete informatica comunitaria si attengano a questo principio.

 

Informazione ai conducenti

 

Infine, un emendamento chiede agli Stati membri di adottare le opportune disposizioni per fornire le informazioni necessarie agli utenti della strada in merito alle misure di applicazione della direttiva. Tali informazioni, è precisato, potranno essere fornite, tra l'altro, per il tramite di ONG operanti nel settore della sicurezza stradale o di club automobilistici. Dovranno inoltre garantire che le norme in materia di limiti di velocità «siano affisse sotto forma di segnaletica verticale a tutte le loro frontiere autostradali». La Commissione, invece, dovrà mettere a disposizione sul proprio sito web una sintesi delle norme vigenti negli Stati membri che rientrano nel campo d'applicazione della direttiva.

 

Link utili

 

Proposta della Commissione

 

 

Riferimenti

 

Inés AYALA SENDER (PSE, ES)

Relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio per agevolare l'applicazione transfrontaliera della normativa in materia di sicurezza stradale

Procedura: Codecisione, prima lettura

Dibattito: 16.12.2008

Votazione: 17.12.2008

 
 

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