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ANTEPRIMA
16 - 18 dicembre 2008 Strasburgo
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L'ordine del giorno della sessione è soggetto a modifiche. Una conferenza stampa per gli
ultimi aggiornamenti La seduta in diretta su
EP Live: |
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Sommario
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Veicoli pesanti meno inquinanti con l'Euro VI - Il Parlamento è chiamato ad approvare un regolamento che introduce nuove norme per l’omologazione di veicoli commerciali pesanti per quanto riguarda, in particolare, le loro emissioni inquinanti e l'accesso alle informazioni tecniche da parte di operatori indipendenti. Con l'Euro VI, nel 2014, i nuovi veicoli pesanti dovranno emettere l'80% in meno di ossidi di azoto. Potranno essere concessi incentivi finanziari ai veicoli nuovi e per l'adeguamento o la rottamazione di quelli in servizio(relazione Groote).
Orario di lavoro: non più di 48 ore settimanali - L'Aula esaminerà una relazione sulla revisione dei requisiti minimi in materia di organizzazione dell'orario di lavoro. I deputati chiedono di limitare a un massimo di 48 ore il lavoro settimanale in tutti gli Stati membri, respingendo la possibilità di derogarvi sostenuta dal Consiglio. Propongono inoltre di considerare come orario di lavoro anche i periodi di guardia "inattivi", anche se ammettono che siano calcolati in modo particolare ai fini dell'osservanza del massimale settimanale (relazione Cercas). Un sistema UE di crediti per l'istruzione e la formazione - Sulla base di compromessi negoziati dai relatori con il Consiglio, l'Aula adotterà due raccomandazioni che, in materia di istruzione e formazione professionale, invitano gli Stati membri a utilizzare un sistema europeo di crediti ed un quadro europeo di riferimento per l'assicurazione della qualità. Gli obiettivi sono, rispettivamente, di agevolare la mobilità transfrontaliera accrescendo la comparabilità dei diplomi e di monitorare il miglioramento dei sistemi di istruzione e formazione (relazioni Mann e Andresson). Nuove norme sulla sicurezza dei giocattoli - L'Aula è chiamata a adottare una direttiva che aggiorna e integra le attuali norme sulla sicurezza dei giocattoli, per garantirne la circolazione nell'UE e tutelare meglio i bambini al di sotto dei 14 anni. I giocattoli e gli imballaggi di quelli contenuti negli alimenti non dovranno presentare il rischio di asfissia né danneggiare l'udito, potranno contenere livelli molto più bassi di metalli pesanti e, quelli cosmetici, non potranno contenere un lungo elenco di fragranze allergizzanti (relazione Thyssen). Depositi bancari garantiti fino a 100.000 euro - Il Parlamento si pronuncerà su una proposta di direttiva che intende aumentare da 20.000 a 100.000 euro la garanzia dei depositi per quanto riguarda il livello di copertura e ridurre a tre giorni il termine per il rimborso. Sono in corso negoziati con il Consiglio che, se vanno a buon fine, potrebbero condurre all'adozione definitiva della direttiva (relazione Ehler). Martedì 16 dicembre Vertice di dicembre e bilancio della Presidenza francese - Il Presidente Sarkozy illustrerà all'Aula le conclusioni del Vertice dei capi di Stato e di governo dedicato principalmente alla crisi economica e finanziaria, al pacchetto clima/energia e al Trattato di Lisbona. Stilerà inoltre un bilancio dell'attività svolta nel corso del semestre di presidenza francese dell'UE. Verso un accordo sul pacchetto clima/energia? - L'Aula è chiamata ad approvare il pacchetto clima/energia volto a ridurre del 20% le emissioni di gas a effetto serra, portare al 20% il risparmio energetico e aumentare al 20% il consumo di fonti e rinnovabili, entro il 2020. Su emissioni di CO2 delle auto, energie rinnovabili e qualità dei carburanti dovrà essere confermato l'accordo informale tra Parlamento e Consiglio. Restano da definire i testi sul sistema di scambio di quote di emissione e sullo stoccaggio di biossido di carbonio (relazioni Sacconi, Corbey, Turmes, Soyle, Hassi, Davies). Stop all'impunità transfrontaliera degli automobilisti - Gli automobilisti indisciplinati che passano col rosso, guidano in stato di ebbrezza, non si allacciano la cintura e superano i limiti di velocità in uno Stato membro diverso da quello di residenza non resteranno più impuniti. Una direttiva propone di istituire un sistema telematico di scambio di informazioni per agevolare il pagamento delle multe transfrontaliere. I deputati chiedono di armonizzare i metodi di controllo e di valutare l'opportunità di parificare l'importo delle sanzioni nell'UE (relazione Ayala Sender). Verso uno statuto degli assistenti degli eurodeputati - Il Parlamento si pronuncerà sul futuro statuto degli assistenti dei deputati europei. Anche se la decisione finale spetta al Consiglio, sono in corso dei negoziati volti a definire un testo condiviso dalle due istituzioni (relazione Gargani). Mercoledì 17 dicembre Cerimonia per la consegna del Premio Sacharov 2008 - In Aula si svolgerà la cerimonia di consegna del Premio Sacharov 2008 per la libertà di pensiero in assenza del dissidente cinese Hu Jia. Il giorno precedente, al margine della plenaria, sarà celebrato il ventesimo anniversario del Premio in presenza di alcune delle personalità insignite in passato, come Leyla Zana, Wei Jingsheng, Alexander Milinkevich, Hauwa Ibrahim e Salih Osman, nonché di rappresentanti di alcune organizzazioni vincitrici delle scorse edizioni. L'UE e la difesa dei diritti umani nel mondo - A una settimana dal 60° anniversario della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e subito dopo che il Parlamento avrà tenuto la cerimonia di consegna del Premio Sacharov per la libertà di pensiero, Consiglio e Commissione illustreranno all'Aula la decima relazione sui diritti umani nel mondo. Si tratta di una panoramica delle azioni svolte nel 2007-2008 dall'UE nei confronti di paesi terzi, negli organi multilaterali e riguardo a questioni specifiche, come la pena di morte o la tortura. Depenalizzazione dell'omosessualità - Una dichiarazione della Commissione aprirà un dibattito in Aula in merito all'iniziativa avviata dalla Francia presso l'ONU, volta a promuovere una dichiarazione internazionale sulla depenalizzazione dell'omosessualità nel mondo. In 90 paesi è infatti considerata reato e in sette di questi è punita con la pena di morte. La proposta, sostenuta da una sessantina di paesi ma avversata dal Vaticano, non propone la creazione di nuove norme giuridiche internazionali. Diritti fondamentali nell'UE: stop alle discriminazioni - L'Aula esaminerà una relazione sui diritti fondamentali nell'UE che rileva le restrizioni poste dalla lotta al terrorismo alle libertà individuali e chiede di agire contro gli incitamenti al razzismo, anche nei media e nella musica, e le discriminazioni dei rom e delle coppie omosessuali. Una particolare attenzione va rivolta alle donne riguardo all'ambito lavorativo, alla violenza e alla salute sessuale. Chiede poi di tutelare e promuovere le lingue regionali, anche con finanziamenti mirati (relazione Catania). Rafforzare la lotta alla contraffazione e alla pirateria - Una relazione chiede una politica ambiziosa dell'UE nella lotta alla contraffazione, anche migliorando l'accordo sulle proprietà intellettuali e promuovendo più spesso ricorsi in sede WTO. Sollecita un maggiore coordinamento con i paesi terzi interessati, specie con la Cina, e insiste sul rispetto delle libertà civili nel futuro accordo anticontraffazione. Nell'UE occorre armonizzare la normativa, incluse le sanzioni penali, migliorare il coordinamento doganale e aiutare le PMI a difendersi (relazione Susta). Immigrazione: pattuglie di vigilanza comuni alle frontiere marittime a più alto rischio - Una relazione all'esame dell'Aula sollecita il rafforzamento dell'Agenzia Frontex, inclusa l'estensione del suo mandato alla lotta contro il traffico degli esseri umani e al sostegno per le operazioni di rimpatrio. Nel suggerire l'istituzione di pattuglie di vigilanza congiunte nelle zone marittime a più alto rischio, chiede di garantire all'Agenzia i mezzi necessari per poter operare. Occorre poi migliorare la cooperazione con i paesi terzi e con altre agenzie, come Europol (relazione Moreno Sanchez). Verso l'adozione del bilancio 2009 - Il Parlamento procederà al voto in seconda lettura del progetto di bilancio dell'UE per il 2009. I deputati dovrebbero approvare l'accordo raggiunto con il Consiglio sul livello dei pagamenti (116,1 miliardi di euro), incrementando alcune spese relative alle priorità del Parlamento (crescita, coesione, occupazione). Dovrebbe inoltre stanziare 420 milioni di euro per aiutare i PVS a far fronte alla volatilità dei prezzi alimentari (relazione Haug e Lewandowski). Giovedì 18 dicembre Sì alla "responsabilità di proteggere" dai crimini di guerra - Una relazione all'esame dell'Aula fa proprio il concetto ONU di responsabilità di proteggere le popolazioni dal genocidio, dai crimini di guerra e dalla pulizia etnica. Chiede di sviluppare la capacità militare dell'UE per contribuire alla stabilità e che sia fatta giustizia alle vittime dei conflitti, specie delle violenze sessuali. Rileva l'obbligo morale dell'UE di accogliere i profughi, la necessità di politiche migratorie eque e di aiuti per ripristinare la legalità e rilanciare l'economia (relazione Deva). |
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Il Presidente Sarkozy illustrerà all'Aula le conclusioni del Vertice dei capi di Stato e di governo dedicato principalmente alla crisi economica e finanziaria, al pacchetto clima/energia e al Trattato di Lisbona. Stilerà inoltre un bilancio dell'attività svolta nel corso del semestre di presidenza francese dell'UE.
Questioni economiche e finanziarie
Il Consiglio europeo ridiscuterà della crisi finanziaria e delle relative ripercussioni sull'economia. In particolare, farà il punto dei lavori avviati a seguito della riunione dell'ottobre 2008 e adotterà le decisioni o gli orientamenti necessari in materia di rafforzamento della stabilità e della vigilanza finanziarie, iniziative finalizzate alla riforma del sistema finanziario internazionale, sostegno alla crescita e all'occupazione, alla salvaguardia della competitività internazionale dell'industria europea e allo sviluppo tecnologico e scientifico dell'Europa.
Energia e cambiamenti climatici
In linea con le conclusioni dell'ottobre 2008, il Consiglio europeo deciderà le soluzioni appropriate alle sfide che rappresentano l'attuazione del pacchetto energia-cambiamenti climatici, nella prospettiva di giungere ad un accordo globale da sottoporre al Parlamento europeo che lo esaminerà nel corso di questa sessione. Su alcuni dossier Parlamento e Consiglio sono già giunti a un accordo (si veda articolo specifico).
Trattato di Lisbona
Sulla scorta delle conclusioni della riunione dell'ottobre 2008, il Consiglio europeo tornerà sulla questione al fine di definire gli elementi di una soluzione e una via comune da seguire. Non è escluso che l'Irlanda si impegni a ricercare la ratifica del trattato di Lisbona entro la fine del mandato della Commissione europea, ossia, il 1° novembre 2009, eventualmente indicendo un secondo referendum.
Politica agricola comune
Il Consiglio europeo farà il punto dei lavori svolti dai ministri dell'agricoltura in merito alla valutazione dello stato di salute della PAC, definendo eventualmente orientamenti per il futuro.
Relazioni esterne e sicurezza
Il Consiglio europeo sarà invitato ad approvare una dichiarazione sulla difesa e la sicurezza europea, riguardante in particolare la strategia europea in materia, la sicurezza internazionale e il potenziamento delle capacità della politica europea. Esaminerà brevemente le proposte della Commissione relative al partenariato orientale e inviterà il Consiglio e la Commissione a proseguire i lavori in materia nel 2009. Link utili
Sito della Presidenza
Riferimenti
Relazione del Consiglio europeo e dichiarazione della Commissione - Risultati del Consiglio europeo dell'11 e12dicembre 2008-12-10& & Dichiarazione della presidenza in carica del Consiglio - Semestre di attività della presidenza francese Dibattito:16.12.2008 |
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L'Aula è chiamata ad approvare il pacchetto clima/energia volto a ridurre del 20% le emissioni di gas a effetto serra, portare al 20% il risparmio energetico e aumentare al 20% il consumo di fonti e rinnovabili, entro il 2020. Su emissioni di CO2 delle auto, energie rinnovabili e qualità dei carburanti dovrà essere confermato l'accordo informale tra Parlamento e Consiglio. Restano da definire i testi sul sistema di scambio di quote di emissione e sullo stoccaggio di biossido di carbonio.
I negoziati tra il Parlamento, il Consiglio e la Commissione sul pacchetto clima/energia stanno proseguendo in contemporanea con il Vertice dei Capi di Stato e di governo con l'obiettivo di permettere alla Plenaria di adottarlo definitivamente durante la sessione del 15-18 dicembre.
Accordo sulla riduzione del CO2 da parte delle auto
Sulla base di un compromesso negoziato con il Consiglio dal relatore Guido SACCONI (PSE, IT), l'Aula è chiamata ad approvare un regolamento che fissa il livello medio di emissioni di CO2 delle auto nuove a 130 g CO2/km a partire dal 2012, da ottenere con miglioramenti tecnologici dei motori. Sono previste "multe" progressive per ogni grammo di CO2 emesso in più dell'obiettivo fissato, ma anche agevolazioni per i costruttori che sfruttano tecnologie innovative e per i piccoli produttori. Per approfondire l'argomento si veda l'articolo specifico.
Accordo sulla riduzione dei gas a effetto serra nel ciclo di vita dei combustibili
Sulla base di un compromesso negoziato con il Consiglio dalla relatrice Dorette CORBEY (PSE, NL), il Parlamento è chiamato ad approvare una direttiva che stabilisce le specifiche tecniche per i carburanti e fissa un obiettivo di riduzione del 6% delle emissioni di gas a effetto serra prodotte durante il ciclo di vita dei combustibili, da raggiungere gradualmente entro fine 2020 ricorrendo, per esempio, ai biocarburanti. L'obiettivo potrebbe essere portato al 10% attraverso l'uso di veicoli elettrici e l'acquisto dei crediti previsti dal protocollo di Kyoto. Per approfondire l'argomento si veda l'articolo specifico.
Accordo sulle energie rinnovabili
Sulla base di un compromesso negoziato con il Consiglio dal relatore Claude TURMES (Verdi/ALE, LU), il Parlamento è chiamato ad approvare una direttiva che stabilisce obiettivi nazionali obbligatori (17% per l'Italia) per garantire che, nel 2020, il 20% del consumo di energia provenga da fonti rinnovabili, e fissa al 10% la quota di energia "verde" nei trasporti. La direttiva detta inoltre i criteri di sostenibilità ambientale per biocarburanti. Nel 2014 si procederà a un riesame delle misure che potrebbe condurre a provvedimenti correttivi, ma senza intaccare gli obiettivi generali. Per approfondire l'argomento si veda l'articolo specifico.
Sistema di scambio delle emissioni di gas a effetto serra (ETS)
Sulla proposta di direttiva volta a
perfezionare ed estendere il sistema comunitario di scambio delle
quote di emissione dei gas a effetto serra, relazione di Avril
DOYLE (PPE/DE, IE), la commissione per l’ambiente sostiene
l'idea di ridurre, entro il 2020, le emissioni della maggior parte
dei settori industriali nella misura del 21% rispetto al 2005 nonché
di sostituire progressivamente le autorizzazioni d'emissione
gratuita con un sistema di aste, salvo per alcuni settori
particolarmente "energivori". I deputati ritengono che i ricavi di queste vendite all'asta debbano servire a finanziare misure di protezione contro i cambiamenti climatici. Sostengono poi l'idea di un tetto unico armonizzato, la riduzione annuale dei permessi di emissione e convengono che, a partire dal 2013, sia di regola l'applicazione di un sistema di vendita all'asta integrale dei permessi di emissione. Come proposto dalla Commissione, l'attribuzione delle quote a titolo gratuito dovrebbe quindi diminuire ogni anno dopo il 2013 fino a passare a un sistema di aste di tutte le quote nel 2020. Fatti salvi, però, i settori esposti a un rischio di fuga di carbonio, i quali dovrebbero ottenere fino al 100% dei permessi liberi fino al 2020. Secondo i deputati, l'85% di tutte le quote di emissione destinate al settore manifatturiero dovrebbero essere attribuite a titolo gratuito nel 2013 (contro l'80% proposto dalla Commissione).
La relazione Satu HASSI (Verdi/ALE, FI) riguarda la proposta di decisione concernente gli sforzi degli Stati membri per ridurre le emissioni dei gas ad effetto serra al fine di adempiere agli impegni della Comunità in materia di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra entro il 2020. Agli Stati membri che non rispettano i loro obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 provenienti da settori non coperti dal sistema UE di scambio di quote dovrebbero essere inflitte delle multe e delle sanzioni. I deputati sostengono gli obiettivi nazionali proposti dalla Commissione per il 2013-2020 e propongono anche di fissare nuovi obiettivi europei a lungo termine per il periodo successivo, prevedendo delle riduzioni, rispetto al 1990, di almeno il 50% entro il 2035 e dal 60 all'80% entro il 2050.
I deputati ritengono inoltre che uno Stato membro le cui emissioni di gas a effetto serra siano inferiori al suo limite debba avere il diritto di trasferire, vendere o prestare parte dei suoi diritti di emissione a un altro Stato membro per aiutarlo a raggiungere il proprio obiettivo. I ricavi di questi trasferimenti dovrebbero essere poi investiti in misure volte a promuovere l'efficienza energetica, le energie rinnovabili o i mezzi di trasporto meno inquinanti. Per i deputati, inoltre, l'UE dovrebbe fornire ai paesi in via di sviluppo un'assistenza finanziaria, sotto forma di prestiti non rimborsabili, per aiutarli a adattarsi ai cambiamenti climatici. Quest'aiuto dovrebbe passare dal 5 miliardi di euro nel 2013 ad almeno 10 miliardi nel 2020.
Cattura e stoccaggio geologico del biossido di carbonio
In merito alla proposta di direttiva relativa allo stoccaggio geologico del biossido di carbonio, la relazione di Chris DAVIES (ADLE, UK), la commissione per l’ambiente chiede che tutte le grandi centrali elettriche costruite dopo il 2015 siano dotate di nuove tecnologie di cattura e di stoccaggio del CO2 che permettano di immagazzinare permanentemente nel sottosuolo le emissioni di CO2, invece di diffonderle nell'atmosfera. I deputati, in proposito, intendono finanziare 12 progetti dimostrativi per il sistema di scambio di emissioni. Propongono inoltre la cosiddetta "clausola Schwarzenegger" che introdurrebbe una norma di prestazione in materia di emissioni per le nuove centrali elettriche con una capacità superiore a 300 megawatt. A partire dal 2015, queste grandi centrali sarebbero autorizzate a emettere un massimo di 500 grammi di CO2 per KWh come media annuale. I deputati propongono inoltre di istituire un fondo di supervisione e di ripartizione dopo che la responsabilità di un sito di stoccaggio chiuso sia stata trasferita all'autorità nazionale. Tuttavia, chiedono il che gestore resti responsabile per almeno 50 anni dopo la chiusura del sito.
Link utili
Proposta della Commissione - Livelli di prestazione in materia
di emissioni delle autovetture nuove nell'ambito dell'approccio
comunitario integrato finalizzato a ridurre le emissioni di CO2 dei
veicoli leggeri
Proposta della Commissione - Promozione dell'uso dell'energia da
fonti rinnovabili
Riferimenti
Guido SACCONI (PSE, IT) Relazione sulla proposta di regolamento che definisce i livelli di prestazione in materia di emissioni delle autovetture nuove nell'ambito dell'approccio comunitario integrato finalizzato a ridurre le emissioni di CO2 dei veicoli leggeri Doc.: A6-0419/2008 & Dorette CORBEY (PSE, NL) Relazione sulla proposta di direttiva che modifica la direttiva 98/70/CE per quanto riguarda le specifiche relative a benzina, combustibile diesel e gasolio nonché l'introduzione di un meccanismo inteso a controllare e ridurre le emissioni di gas a effetto serra dovute all'uso di combustibili per i trasporti su strada Doc.: A6-0496/2007 & Claude TURMES (Verdi/ALE, LU) Relazione sulla proposta di direttiva sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili Doc.: A6-0369/2008 & Avril DOYLE (PPE/DE, IE) Relazione sulla proposta di direttiva che modifica la direttiva 2003/87/CE al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario di scambio delle quote di emissione dei gas a effetto serra Doc.: A6-0406/2008 & Satu HASSI (Verdi/ALE, FI) Relazione sulla proposta di decisione concernente gli sforzi degli Stati membri per ridurre le emissioni dei gas ad effetto serra al fine di adempiere agli impegni della Comunità in materia di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra entro il 2020 Doc.: A6-0411/2008 & Chris DAVIES (ALDE/ADLE, UK) Relazione sulla proposta di direttiva relativa allo stoccaggio geologico di biossido di carbonio e recante modifica delle direttive 85/337/CEE e 96/61/CE del Consiglio e delle direttive 2000/60/CE, 2001/80/CE, 2004/35/CE, 2006/12/CE e del regolamento (CE) n. 1013/2006 Doc.: A6-0414/2008 Procedura: Codecisione, prima lettura Dibattito: 16.12.2008 |
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Clima/energia: accordo sulla riduzione del CO2 delle auto
L'Aula è chiamata ad approvare un regolamento che fissa il livello medio di emissioni di CO2 delle auto nuove a 130 g CO2/km a partire dal 2012, da ottenere con miglioramenti tecnologici dei motori. Sono previste "multe" progressive per ogni grammo di CO2 emesso in più dell'obiettivo fissato, ma anche agevolazioni per i costruttori che sfruttano tecnologie innovative e per i piccoli produttori. Lo scopo è di contribuire agli obiettivi del pacchetto clima/energia che mira a ridurre del 20% le emissioni di gas a effetto serra, aumentare del 20% l'efficienza energetica e portare al 20% il consumo di fonti rinnovabili, entro il 2020.
Sulla base di un accordo negoziato con il Consiglio dal relatore, Guido SACCONI (PSE, IT), l'Aula è chiamata ad approvare un regolamento che definisce i livelli di prestazione in materia di emissioni di CO2 delle autovetture nuove. Se l'Aula conferma il maxi-emendamento di compromesso, il regolamento potrà entrare in vigore il tre giorni dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'UE.
Campo d'applicazione
Il regolamento si applica ai veicoli a motore di categoria M1, ossia ai mezzi progettati e costruiti per il trasporto di persone, aventi al massimo otto posti a sedere oltre al sedile del conducente ("autovetture") che siano immatricolati per la prima volta nella Comunità e che non siano stati precedentemente immatricolati al di fuori del territorio comunitario ("autovetture nuove"). E' anche precisato che non si tiene conto di precedenti immatricolazioni effettuate al di fuori del territorio comunitario meno di tre mesi prima dell'immatricolazione nella Comunità.
Non si applica invece ai veicoli per uso speciale destinati a svolgere funzioni che richiedono un adattamento della carrozzeria e/o attrezzature speciali. Tale categoria include i veicoli con accesso per sedie a rotelle, autocaravan e caravan, ambulanze, autofunebri e veicoli blindati destinati alla protezione delle persone e/o delle merci trasportate.
Riduzione delle emissioni di CO2 consentite
Il compromesso accoglie la proposta della Commissione di fissare, per tutta l'industria automobilistica, un livello medio di emissioni pari a 120 g CO2/km per il nuovo parco auto a partire dal 2012, rispetto all'attuale livello di 160 g CO2/km. Il regolamento fissa poi il livello medio delle emissioni di CO2 delle autovetture nuove a 130 g CO2/km da conseguire grazie ai miglioramenti tecnologici apportati ai motori e misurato a norma del regolamento relativo all’omologazione dei veicoli a motore riguardo alle emissioni dai veicoli passeggeri e commerciali leggeri (Euro 5 ed Euro 6), dalle relative disposizioni di attuazione e dalle tecnologie innovative.
Il regolamento sarà inoltre completato da altre misure, volte a realizzare una riduzione supplementare di 10 g/km (per raggiungere il limite di 120 g CO2/km) attraverso altri miglioramenti tecnologici, ad esempio, sui copertoni o con il ricorso a biocarburanti. Il compromesso ha poi inserito un obiettivo di lungo termine, a partire dal 2020, che fissa il livello medio delle emissioni per il nuovo parco macchine a 95 g CO2/km.
Per l’anno civile che ha inizio il 1° gennaio
2012, e per ogni anno successivo, ogni costruttore di autovetture
dovrà provvedere affinché le emissioni specifiche medie di CO2 delle
proprie autovetture non superino l'obiettivo per le emissioni
specifiche determinato secondo una formula stabilita da un allegato
del regolamento stesso (che prende in conto la massa delle auto). Il
compromesso prevede un'applicazione progressiva ("phase-in") secondo
cui i costruttori debbano garantire che il 65% della loro flotta nel
2012, il 75% nel 2013, l'80% nel 2014 e il 100% a partire dal 2015,
rispetti il limite imposto alle emissioni specifiche stabilite. Multe per le emissioni in eccesso
La Commissione dovrà mantenere un registro centralizzato dei dati trasmessi dagli Stati membri e, entro il 30 giugno 2011, e successivamente ogni anno, dovrà calcolare in via provvisoria per ogni costruttore le emissioni specifiche medie di CO2 prodotte nel precedente anno civile all'interno della Comunità, l'obiettivo per le emissioni specifiche dell'anno civile precedente e la differenza tra le emissioni specifiche medie di CO2 dell'anno civile precedente e l'obiettivo per le emissioni specifiche per quello stesso anno.
A partire dal 2012, per ogni anno civile per il quale le emissioni specifiche medie di CO2 di un costruttore superano il suo obiettivo per le emissioni specifiche per quell'anno (tenuto conto del "phase-in"), la Commissione impone al costruttore di versare un'indennità per le emissioni in eccesso. Dal 2012 al 2018, queste indennità ammontano, per ogni auto nuova, a 5 euro per il primo grammo di CO2 in eccesso, 15 euro per il secondo, 25 euro per il terzo e 95 euro dal quarto grammo in poi. In pratica se si supera di un grammo la multa è pari a 5 euro, se si eccede di due grammi sarà invece pari a 20 euro (5+15), se si supera di tra grammi sarà di 45 euro (5+15+25) e se il superamento è di 4 grammi si dovranno pagare 140 euro (5+15+25+95). A partire dal 2019, la multa sarà calcolata in base a 95 euro per grammo di CO2 in eccesso, moltiplicato per ogni nuova autovettura.
Entro il 31 ottobre del 2011 e successivamente ogni anno, la Commissione dovrà pubblicare un elenco nel quale, per ogni costruttore, vengono indicati l'obiettivo per le emissioni specifiche per l'anno civile precedente, le emissioni specifiche medie di CO2 nell'anno civile precedente, la differenza tra le emissioni specifiche medie di CO2 nell'anno civile precedente e l'obiettivo per le emissioni specifiche per quell'anno, le emissioni specifiche medie di CO2 per tutte le autovetture nuove nella Comunità nell'anno civile precedente e la massa media di tutte le nuove autovetture nella Comunità nel corso dell'anno precedente. Dal 31 ottobre 2013, l'elenco dovrà anche indicare se il costruttore ha rispettato gli obiettivi specifici di emissione per l'anno civile precedente.
Vantaggi per le tecnologie meno inquinanti
Il compromesso prevede inoltre dei "supercrediti" temporanei per il calcolo delle emissioni medie specifiche dei produttori di autovetture che rilasciano meno di 50 g CO2/km. Ognuna di esse varrà 3,5 auto nel 2012 e nel 2013, 2,5 nel 2014 e 1,5 nel 2015. A partire dal 2016 conterà come ogni altra autovettura.
Accoglie poi la richiesta dei deputati di fissare un obiettivo di emissione specifico per i veicoli alimentati da carburante alternativo. Ai fini della determinazione della conformità dei singoli costruttori di autovetture all'obiettivo per le emissioni specifiche, le emissioni di CO2 dichiarate nel certificato di conformità per ciascun veicolo progettato per funzionare con una miscela di 85% di etanolo (E85) dovranno essere ridotte, fino al 31 dicembre 2015, del 5% quale riconoscimento della maggiore capacità tecnologica e di riduzione delle emissioni del ricorso a biocarburanti. Questa riduzione, tuttavia, può essere applicata solamente se almeno il 30% delle stazioni di rifornimento dello Stato membro in cui il veicolo è immatricolato forniscono tale tipo di carburante e se questo è conforme ai criteri di sostenibilità fissati dalla legislazione comunitaria.
Come richiesto dai deputati, il compromesso
prevede incentivi per aumentare l'efficienza di equipaggiamenti
ausiliari o componenti frutto di tecnologie innovative che
permettono di ridurre le emissioni di CO2. Così, fino a un massimo
di 7 g CO2 di riduzione possono essere presi in considerazione negli
obiettivi specifici di emissione di ogni costruttore che ne faccia
domanda. La Commissione dovrà adottare le disposizioni particolari
per approvare queste nuove tecnologie che, in ogni caso, dovranno
essere affidabili e verificabili e non essere già considerate da
altre disposizioni. Il costruttore che intende farsi riconoscere una
determinata tecnologia eco-innovativa dovrà sottoporre una relazione
certificata da un ente indipendente. Piccoli produttori
Come proposto dalla Commissione, un costruttore può presentare domanda di deroga rispetto all'obiettivo per le emissioni specifiche se è responsabile di un numero di autovetture nuove immatricolate nella Comunità inferiore a 10.000 unità per anno civile. Ma, come richiesto dai deputati, anche produttori più grandi, che vedono immatricolate tra le 10.000 e le 300.000 autovetture all'anno, potranno chiedere di essere autorizzati a raggiungere un obiettivo alternativo di riduzione delle emissioni medie specifiche pari al 25% rispetto al 2007.
Link utili
Proposta della Commissione
Riferimenti
Guido SACCONI (PSE, IT) Relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che definisce i livelli di prestazione in materia di emissioni delle autovetture nuove nell'ambito dell'approccio comunitario integrato finalizzato a ridurre le emissioni di CO2 dei veicoli leggeri Doc.: A6-0419/2008 Procedura: Codecisione, prima lettura Dibattito: 16.12.2008 |
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Clima/energia: accordo sulle energie rinnovabili
Il Parlamento è chiamato ad approvare una direttiva che stabilisce obiettivi nazionali obbligatori (17% per l'Italia) per garantire che, nel 2020, il 20% del consumo di energia provenga da fonti rinnovabili, e fissa al 10% la quota di energia "verde" nei trasporti. La direttiva detta inoltre i criteri di sostenibilità ambientale per biocarburanti. Nel 2014 si procederà a un riesame delle misure che potrebbe condurre a provvedimenti correttivi, ma senza intaccare gli obiettivi generali.
Sulla base di un compromesso negoziato con il Consiglio dal relatore Claude TURMES (Verdi/ALE, LU), il Parlamento è chiamato ad approvare una direttiva che stabilisce un quadro comune per la promozione dell'energia da fonti rinnovabili con lo scopo di garantire che, nel 2020, il 20% del consumo di energia attinga da fonti rinnovabili. A tal fine, fissa obiettivi nazionali obbligatori per la quota complessiva di energia da fonti rinnovabili sul consumo energetico e fissa al 10% la quota di energia da fonti rinnovabili nei trasporti. La direttiva, inoltre, detta norme relative allo scambio di statistiche tra gli Stati membri, ai progetti comuni tra Stati membri e paesi terzi, alle garanzie di origine, alle procedure amministrative, all'informazione e alla formazione, nonché alle connessioni alla rete elettrica relative all'energia da fonti rinnovabili. Fissa infine criteri di sostenibilità ambientale per biocarburanti e gli altri bioliquidi.
Obiettivi nazionali: 17% per l'Italia
Ai fini della direttiva, le fonti energetiche rinnovabili sono quelle fonti non fossili, come quelle eolica, solare, geotermica, aerotermica, idrotermica, l'energia oceanica, idroelettrica, la biomassa, i gas di discarica, i gas residuati dai processi di depurazione e i biogas. Attualmente la quota di energie rinnovabili sul consumo totale di energia in Italia è pari al 5,2% che l'obiettivo nazionale fissato dalla direttiva porta al 17%. La direttiva precisa che, per raggiungere più agevolmente l'obiettivo, gli Stati membri devono promuovere e incoraggiare l'efficienza energetica e il risparmio.
Fissa inoltre una serie di condizioni affinché, ai fini del calcolo della quota-obiettivo, possa essere presa in conto la produzione di energia elettrica realizzata in un paese terzo. Ad esempio, occorre che l'elettricità sia consumata nell'UE e sia prodotta da un impianto che diventi operativo o che sia potenziato dopo l'entrata in vigore del provvedimento. Uno Stato membro può anche chiedere alla Commissione di prendere in conto, a determinate condizioni, l'energia rinnovabile prodotta e consumata in un paese terzo nel contesto della costruzione di un interconettore tra lo Stato membro e il paese terzo.
In ogni caso, gli Stati membri dovranno adottare un piano d'azione che fissi gli obiettivi nazionali in materia di quota di energia rinnovabile nel settore dei trasporti, dell'elettricità e del riscaldamento e raffreddamento nel 2020, tenendo conto degli effetti delle altre politiche relative all'efficienza energetica, e le misure da adottare per raggiungere detti obiettivi, inclusa la cooperazione tra autorità locali e nazionali, progetti congiunti, politiche nazionali per lo sviluppo delle risorse della biomassa esistenti e per lo sfruttamento di nuove risorse della biomassa. Il piano d'azione dovrà essere notificato alla Commissione entro il 30 giugno 2010.
10% di rinnovabili nei trasporti
Ogni Stato membro dovrà assicurare che la propria quota di energia da fonti rinnovabili nel settore dei trasporti nel 2020 sia almeno pari al 10% del consumo energetico finale nel settore dei trasporti nazionale. E' anche precisato che per il calcolo del denominatore (il consumo totale di energia) si deve tenere conto unicamente della benzina, del diesel e dei biocarburanti usati nei trasporti interni e per l'elettricità. Per il calcolo del numeratore, il consumo da fonti rinnovabili, tutte le fonti rinnovabili possono essere contate. Il contributo dei biocarburanti prodotti da rifiuti, residui, materiale non cellulosico e materiale ligno-cellulosico dovrà essere contabilizzato il doppio rispetto agli altri biocombustibili.
Ai fini del calcolo del contributo fornito dall'elettricità prodotta da fonti rinnovabili e consumata in tutti i tipi di veicoli elettrici, gli Stati membri possono scegliere se ricorrere alla quota media di elettricità rinnovabile dell'UE o a quella propria. Inoltre, l'elettricità prodotta da fonti rinnovabili e consumata da veicoli elettrici deve essere considerata equivalente a 2,5 volte la densità energetica del consumo di elettricità rinnovabile.
Entro la fine del 2011, la Commissione dovrà poi presentare una proposta che permetta di prendere in conto, a determinate condizioni, la quantità totale di elettricità originata da fonti rinnovabili usate per alimentare veicoli elettrici. Dovrà inoltre presentare, se opportuno, una proposta in merito a una metodologia per calcolare il contributo dell'idrogeno originato da fonti rinnovabili nel mix totale di carburante.
Tenuto conto dell'incidenza elevata dei trasporti aerei sulla quota di consumo energetico complessivo di alcuni Stati membri e dei vincoli tecnologici e regolamentari che impediscono il ricorso a biocarburanti in questo settore, la direttiva prevede un'esenzione parziale che permette l'esclusione dal calcolo del consumo finale di energia nel settore dell'aviazione della quantità che supera di una 1,5 volte la media europea del settore nel 2005.
Criteri di sostenibilità per i biocarburanti
Che siano prodotti all'interno o all'esterno dell'UE i biocarburanti dovranno rispettare una serie di criteri di sostenibilità per poter essere presi in considerazione per verificare il rispetto degli obiettivi nazionali fissati dalla direttiva e degli obblighi in materia di energie rinnovabili e per determinare se il consumo di biocarburanti e di altri bioliquidi possa beneficiare di sostegno finanziario.
Così, ad esempio, la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra grazie all'uso di biocarburanti e di altri bioliquidi presi in considerazione dovrà essere di almeno il 35%. A partire dal 2017, questa riduzione dovrà essere pari al 50%. Per gli impianti diventati operativi dal 2017, invece, la riduzione di gas serra dovrà essere del 60%. Inoltre, la direttiva precisa che i biocarburanti non dovranno essere prodotti a partire da materie prime ottenute su terreni che presentano un elevato valore in termini di biodiversità (come ad esempio le aree protette) o che presentano un elevato stock di carbonio (come le zone umide o le zone boschive continue oppure che erano delle torbiere nel gennaio 2008).
Le materie prime agricole coltivate nella Comunità e utilizzate per la produzione di biocarburanti e di altri bioliquidi da poter prendere in considerazione dovranno essere ottenute nel rispetto delle prescrizioni e delle norme previste dal regolamento che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell'ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori e in conformità ai requisiti minimi per il mantenimento di buone condizioni agricole e ambientali. Entro il 31 dicembre 2010, inoltre, la Commissione dovrà esaminare l'impatto delle modifiche indirette di destinazione dei terreni sulle emissioni di gas a effetto serra e proporre una metodologia per minimizzarlo, basata sulle migliori prove scientifiche disponibili.
La Commissione dovrà anche presentare, a partire dal 2012, una relazione biennale in materia di impatto sulla sostenibilità sociale, nell'UE e nei paesi terzi, dell'incremento della domanda di biocarburanti e riguardo l'impatto della politica europea sui biocombustibili e sulla disponibilità di prodotti alimentari a prezzi accessibili, in particolare per le popolazioni dei paesi in via di sviluppo. Dovrà inoltre trattare del rispetto dei diritti sull'uso delle terre. In base a queste relazioni, la Commissione dovrà proporre eventuali azioni correttive, in particolare se è osservato un impatto significativo sui prezzi.
Accesso dei biocombustibili alla rete elettrica
La direttiva chiede agli Stati membri di adottare le misure necessarie per sviluppare la rete di trasmissione e distribuzione, network intelligenti, servizi di stoccaggio e sistemi elettrici per far fronte all'ulteriore sviluppo della produzione di elettricità da fonti energetiche rinnovabili, compresa l'interconnessione tra gli Stati membri e con i paesi terzi. Inoltre, mantenendo inalterata l'affidabilità e la sicurezza della rete, gli Stati membri dovranno assicurare che i gestori della rete di trasmissione e della rete di distribuzione presenti sul loro territorio assicurino la trasmissione e la distribuzione dell'elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili. Dovranno inoltre provvedere affinché l'elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili abbia un accesso prioritario e garantito alla rete. Infine, nel dispacciamento degli impianti di produzione dell'elettricità, i gestori della rete di trasmissione dovranno dare la priorità agli impianti di produzione che utilizzano le fonti energetiche rinnovabili.
Una revisione nel 2014, ma senza modificare gli obiettivi
Al più tardi nel 2014, la Commissione dovrà presentare una relazione che valuti i livelli minimi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra ottenuti grazie al ricorso alle fonti rinnovabili, tenendo conto di un'analisi d'impatto che consideri anche gli sviluppi tecnologici, la disponibilità di tecnologie e di biocarburanti di prima e seconda generazione che abbiano un elevato livello di riduzione dei gas. La Commissione potrà eventualmente presentare delle proposte volte modificare questi livelli.
Riguardo all'obiettivo di portare al 10% il consumo di rinnovabili nel settore dei trasporti, si dovrà valutare il rapporto costo-efficienza delle misure volte a conseguirlo e la possibilità di raggiungerlo garantendo la sostenibilità della produzione di biocarburanti nell'UE e nei paesi terzi, considerando l'impatto economico, ambientale e sociale, compreso quello sulla biodiversità, nonché la disponibilità commerciale di biocombustibili di seconda generazione. La relazione dovrà poi esaminare l'impatto di questo obiettivo sulla disponibilità di alimenti a prezzi accessibili e la disponibilità di veicoli elettrici, ibridi e alimentati a idrogeno, così come la metodologia scelta per calcolare la quota di energia rinnovabile nel settore dei trasporti. Andranno poi valutate le condizioni specifiche di mercato, in particolare di quelli in cui i carburanti per il trasporto rappresentano più della metà del consumo finale di energia e quelli che sono interamente dipendenti dall'importazione di biocarburanti.
Nel 2018, infine, la Commissione dovrà presentare una roadmap per le energie rinnovabili per il periodo successivo al 2020, che potrà essere eventualmente accompagnata da proposte legislative.
Link utili
Proposta della Commissione
Riferimenti
Claude TURMES (Verdi/ALE, LU) Relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili Doc.: A6-0369/2008 Procedura: Codecisione, prima lettura Dibattito: 16.12.2008 |
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Clima/energia: accordo sulla riduzione dei gas a effetto serra nel ciclo di vita dei combustibili
L'Aula è chiamata a adottare una direttiva che fissa specifiche tecniche per i carburanti e un obiettivo di riduzione del 6% delle emissioni di gas serra prodotte durante il ciclo di vita dei combustibili, da conseguire entro fine 2020 ricorrendo, ad esempio, ai biocarburanti. L'obiettivo potrebbe salire al 10% mediante l'uso di veicoli elettrici e l'acquisto dei crediti previsti dal protocollo di Kyoto. Lo scopo è di contribuire agli obiettivi 20/20/20 fissati dal pacchetto clima/energia.
Sulla base di un compromesso negoziato con il Consiglio dalla relatrice Dorette CORBEY (PSE, NL), il Parlamento è chiamato ad approvare una direttiva che, per ragioni di tutela della salute e dell'ambiente, stabilisce le specifiche tecniche per i carburanti da usare per i veicoli con motori a accensione comandata o per compressione e che fissa degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra (biossido di carbonio, metano, ossido di diazoto) prodotte durante il ciclo di vita dei combustibili. Se l'Aula approva il maxi-emendamento di compromesso, la direttiva dovrà essere trasposta nel diritto nazionale entro il 31 dicembre 2010.
Riduzione fino al 10% entro il 2020
Il compromesso prevede che, entro il 31 dicembre 2020, gli Stati membri richiedano ai fornitori di ridurre del 10%, «con la massima gradualità possibile», le emissioni di gas a effetto serra prodotte durante tutte le fasi del ciclo di vita, ossia estrazione o coltura, comprese le modifiche della destinazione dei suoli, trasporto e distribuzione, trasformazione e combustione. Per la precisione, i fornitori dovrebbero conseguire entro il 2020 una riduzione di almeno il 6% rispetto alla media comunitaria delle emissioni di gas a effetto serra durante il ciclo di vita dei combustibili fossili nel 2010, utilizzando biocarburanti e carburanti alternativi nonché riducendo il rilascio in atmosfera e la combustione in torcia nei siti di produzione. A tal fine, peraltro, gli Stati membri potranno fissare obiettivi intermedi: 2% entro il 31 dicembre 2014 e 4% entro il 31 dicembre 2017
La riduzione complessiva da conseguire entro il 2020 potrebbe poi aumentare sino al 10% una volta verificato che l'utilizzo di tecnologie ecocompatibili per la cattura e lo stoccaggio di CO2 e di veicoli elettrici (esclusi i treni) possa diminuire ulteriormente le emissioni del 2% e che l'acquisto di crediti nel quadro del meccanismo per lo sviluppo pulito del protocollo di Kyoto possa anch'esso consentire una riduzione supplementare del 2%. Spetterà alla Commissione, entro il 2012, proporre se rendere obbligatoria questa riduzione indicativa del 4%.
Biocarburanti sostenibili
Per garantire che gli obblighi di riduzione del CO2 non comportino una produzione di biocarburanti insostenibile, il compromesso prevede che i criteri di sostenibilità dei biocarburanti che saranno fissati dalla futura direttiva sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili siano inclusi anche nella direttiva in esame.
Gasolio con meno zolfo
Gli Stati membri devono provvedere affinché i gasoli destinati a macchine mobili non stradali (incluse le navi per la navigazione interna), ai trattori agricoli e forestali e alle imbarcazioni da diporto possano essere commercializzati sul loro territorio solo se hanno un tenore di zolfo inferiore a 1000 mg/kg. Dal 1° gennaio 2011 il tenore massimo di zolfo ammissibile in questi gasoli dovrà essere pari a 10 mg/kg. Tuttavia, al fine di far fronte alle contaminazioni di lieve entità nella catena di approvvigionamento, gli Stati membri possono, a decorrere dal 1° gennaio 2011, autorizzare il gasolio destinato alle macchine mobili non stradali e ai trattori agricoli e forestali contenente fino a 20 mg/kg di zolfo in fase di distribuzione definitiva agli utenti finali.
Gli Stati membri potranno anche autorizzare il prolungamento dell'immissione sul mercato fino al 31 dicembre 2011 del gasolio contenente fino a 1000 mg/kg di zolfo per i veicoli su rotaia e per i trattori agricoli e forestali, a condizione che possano garantire che non venga compromesso l'adeguato funzionamento dei sistemi di controllo delle emissioni.
Link utili
Proposta della Commissione
Riferimenti
Dorette CORBEY (PSE, NL) Relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 98/70/CE per quanto riguarda le specifiche relative a benzina, combustibile diesel e gasolio nonché l'introduzione di un meccanismo inteso a controllare e ridurre le emissioni di gas a effetto serra dovute all'uso di combustibili per i trasporti su strada, modifica la direttiva 1999/32/CE del Consiglio per quanto concerne le specifiche relative al combustibile utilizzato dalle navi adibite alla navigazione interna e abroga la direttiva 93/12/CEE Doc.: A6-0496/2007 Procedura: Codecisione, prima lettura Dibattito: 16.12.2008 |
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Veicoli pesanti meno inquinanti con l'Euro VI
Il Parlamento è chiamato ad approvare un regolamento che introduce nuove norme per l’omologazione di veicoli commerciali pesanti per quanto riguarda, in particolare, le loro emissioni inquinanti e l'accesso alle informazioni tecniche da parte di operatori indipendenti. Con l'Euro VI, nel 2014, i nuovi veicoli pesanti dovranno emettere l'80% in meno di ossidi di azoto. Potranno essere concessi incentivi finanziari ai veicoli nuovi e per l'adeguamento o la rottamazione di quelli in servizio.
Sulla base di un compromesso negoziato con il Consiglio dal relatore, Matthias GROOTE (PSE, DE), l'Aula è chiamata ad adottare il regolamento Euro VI che prevede l'introduzione di prescrizioni tecniche comuni per l’omologazione-tipo di veicoli commerciali pesanti, motori e pezzi di ricambio per quanto riguarda le loro emissioni di monossido di carbonio (CO), ossidi di azoto (NOx) e particolato (PM). Il regolamento stabilisce inoltre regole per la conformità di veicoli e motori quando sono in funzione, la durabilità dei dispositivi di controllo dell’inquinamento, i sistemi diagnostici di bordo (OBD), la misura del consumo di combustibile, le emissioni di anidride carbonica (CO2) e per l’accessibilità alle informazioni sui veicoli, la loro riparazione e manutenzione. Prevede inoltre la possibilità per gli Stati membri di introdurre incentivi finanziari da applicare ai veicoli nuovi che rispettano le disposizioni del regolamento, all'adeguamento di quelli in servizio e alla rottamazione.
Scopo del provvedimento è di assicurare il funzionamento del mercato interno e, al tempo stesso, garantire elevati livelli di protezione dell'ambiente. Se l'Aula approva il maxi-emendamento di compromesso che le verrà sottoposto, il regolamento potrà entrare in vigore il ventesimo giorno la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Alcune disposizioni saranno applicabili da quella data, altre a partire dal 31 dicembre 2012 e altre ancora dal 31 dicembre 2013.
Campo d'applicazione
Il regolamento si applica ai veicoli a motore con massa di riferimento superiore a 2.610 kg progettati e costruiti per il trasporto di persone, aventi al massimo otto posti a sedere oltre al sedile del conducente e agli stessi veicoli con una massa massima non superiore a 5 tonnellate, nonché ai veicoli progettati e costruiti per il trasporto di merci, aventi massa massima non superiore a 3,5 tonnellate e a quelli con una massa compresa tra 3,5 e 12 tonnellate. Si applica, inoltre, a tutti i veicoli a motore progettati e costruiti per il trasporto di persone, aventi più di otto posti a sedere oltre al sedile del conducente e massa massima superiore a 5 tonnellate, nonché a quelli progettati e costruiti per il trasporto di merci, aventi massa massima superiore a 12 tonnellate. Su richiesta del costruttore, e a determinate condizioni, l'omologazione può anche essere concessa ad altri veicoli con massa diversa.
Obblighi dei costruttori
I costruttori dovranno dimostrare che tutti i
veicoli nuovi venduti, immatricolati o messi in servizio nella
Comunità, tutti i motori nuovi venduti o messi in servizio nella
Comunità e tutti i nuovi dispositivi di controllo dell’inquinamento
di ricambio che richiedono un’omologazione, venduti o messi in
servizio nella Comunità siano muniti di un’omologazione-tipo in base
al regolamento in esame. Dovranno inoltre garantire il rispetto
delle procedure di verifica della conformità della produzione, della
durata dei dispositivi di controllo dell’inquinamento e della
conformità in condizioni d’uso. Le misure tecniche adottate dal
costruttore dovranno poi garantire che le emissioni dallo scarico
siano effettivamente limitate «per tutta la normale durata di vita
dei veicoli in condizioni d’uso normali». In proposito, il
regolamento stabilisce percorrenze e periodi di tempo rispetto ai
quali vanno effettuate le prove di durabilità dei dispositivi di
controllo dell’inquinamento e la prova di conformità di veicoli o
motori in servizio. Rispetto dei limiti di emissione
I limiti delle emissioni Euro IV per autocarri e autobus sono applicabili a partire dal novembre 2006 e i limiti delle emissioni Euro V sono applicati, per le nuove omologazioni di entrambi, dall’1 ottobre 2008. Il compromesso raggiunto con i Consiglio conferma la proposta della Commissione sui nuovi valori limiti del regime Euro VI. Pertanto, rispetto all'Euro V, ad esempio, la massa delle emissioni di particolato consentita dal nuovo regolamento dovrà essere ridotta del 66% (10 mg/kWh), mentre nel caso degli ossidi di azoto si prevede una riduzione dell'80% (400 mg/kWh). I costruttori dovranno inoltre munire motori e veicoli in modo che progetto, costruzione e assemblaggio delle componenti che influiscono sulle emissioni permettano al veicolo, nell’uso normale, di soddisfare il regolamento. Quest'ultimo, peraltro, vieta il ricorso a strategie di manomissione che riducono l’efficacia dei sistemi di controllo delle emissioni.
A partire dal 31 dicembre 2012, le autorità nazionali dovranno rifiutare l’omologazione nazionale o l’omologazione-tipo CE ai "nuovi tipi" di motori o di veicoli che, a causa delle emissioni, non siano conformi al regolamento e alle sue misure di applicazione. Potranno invece essere rilasciati certificati tecnici per livelli di emissione precedenti all'Euro VI per i veicoli destinati all'esportazione fuori dall'UE. Inoltre, dal 31 dicembre 2013, le autorità nazionali dovranno cessare di ritenere validi i certificati di conformità dei "veicoli nuovi" che non rispettano le disposizioni del regolamento e delle sue misure di applicazione, e dovranno vietare la vendita o l'uso di "nuovi motori" non conformi, purché non si tratti di motori di ricambio per veicoli in servizio.
La Commissione dovrà adottare una serie di misure applicative, in particolare, come richiesto dai deputati, riguardo alle emissioni di scarico, compresi i cicli di prova, all'applicazione di sistema di misura portatili per verificare le emissioni effettive durante l'uso, al controllo e alla limitazione delle emissioni fuori ciclo ai fini del rispetto dei limiti di emissione, alla fissazione dei valori limite per il numero di particelle «nel rispetto degli attuali, ambiziosi requisiti in materia ambientale», e alle emissioni a regime minimo. Ma anche sui sistemi OBD, sulla durabilità dei dispositivi di controllo dell'inquinamento, sulle emissioni di anidride carbonica e sul consumo di carburante, sui carburanti di riferimento (come benzina, diesel, gas e biocombustibili), sul corretto funzionamento degli strumenti di controllo dell'inquinamento. Dovrà inoltre adottare particolari provvedimenti per garantire il corretto funzionamento dei controlli sugli ossidi di azoto.
Sanzioni in caso di violazione delle norme
Gli Stati membri dovranno fissare le sanzioni - effettive, proporzionate e dissuasive - da infliggere in caso di violazione del regolamento e adottare tutte le misure necessarie affinché siano applicate, e notificarle alla Commissione. Le violazioni soggette a sanzioni dovranno comprendere il rilascio di dichiarazioni false durante le procedure di omologazione o le procedure che conducono a un richiamo, la falsificazione dei risultati delle prove di omologazione-tipo o di conformità dei veicoli in servizio, la mancata comunicazione di dati o caratteristiche tecniche che potrebbero condurre al richiamo o al ritiro dell’omologazione, il ricorso a strategie di manomissione e il rifiuto di consentire l’accesso all’informazione.
Incentivi finanziari per i veicoli nuovi, per l'adeguamento e la rottamazione
Nonostante l'opposizione espressa dalla commissione per l'ambiente, il compromesso con il Consiglio mantiene la proposta originale di consentire agli Stati membri di introdurre incentivi finanziari da applicare ai veicoli prodotti in serie conformi al regolamento e alle sue misure di applicazione. Gli incentivi da applicare «a tutti i veicoli nuovi» commercializzati nello Stato membro interessato dovranno cessare entro il 31 dicembre 2013. Una volta entrate in vigore le misure di applicazione, inoltre, gli Stati membri potranno concedere incentivi per adeguare i veicoli in servizio ai valori limite d'emissione e per demolire quelli non conformi al regolamento. Tutti gli incentivi, è precisato, non potranno superare il costo supplementare dei dispositivi tecnici montati per soddisfare i limiti di emissione fissati dal regolamento, costi d'installazione compresi.
Accesso alle informazioni
I costruttori dovranno consentire agli operatori indipendenti «un accesso illimitato e normalizzato» all’informazione sulla diagnostica di bordo (OBD), alle attrezzature di diagnostica e altre apparecchiature o strumenti, compreso il relativo software, e all’informazione sulle riparazioni e la manutenzione dei veicoli. Nel caso di omologazione in più fasi, il costruttore responsabile dell'omologazione in questione sarà anche tenuto a fornire l'informazione relativa alle riparazioni sia al costruttore finale che agli operatori indipendenti, relativamente alla fase in questione. Il costruttore finale sarà tenuto a fornire la suddetta informazione agli operatori indipendenti relativamente al veicolo nel suo complesso.
Le norme previste in questa materia per i veicoli leggeri (artt. 6 e 7 del regolamento 715/2007) si applicano, mutatis mutandis, anche a quelli pesanti. In particolare, le informazioni comprendono l'identificazione inequivocabile del veicolo, i manuali di uso e manutenzione, i manuali tecnici, le informazioni sulle componenti e le diagnosi, gli schemi di cablaggio, i codici diagnostici di guasto, il numero di identificazione della calibratura del software applicabile a un tipo di veicolo, le informazioni su strumenti e accessori brevettati e fornite per mezzo di tali strumenti e accessori brevettati e le informazioni sui registri di dati e dati bidirezionali di monitoraggio e prova. I costruttori potranno inoltre fatturare spese ragionevoli e proporzionate di accesso alle informazioni per la riparazione e la manutenzione dei veicoli.
Link utili
Proposta della Commissione
Riferimenti
Matthias GROOTE (PSE, DE) Relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all'omologazione-tipo degli autoveicoli e dei loro motori riguardo alle emissioni dei veicoli pesanti (Euro VI) e all'accesso alle informazioni necessarie alla riparazione e alla manutenzione del veicolo Doc.: A6-0329/2008 Procedura: Codecisione, prima lettura Dibattito: 15.12.2008 |
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Gli automobilisti indisciplinati che passano col rosso, guidano in stato di ebbrezza, non si allacciano la cintura e superano i limiti di velocità in uno Stato membro diverso da quello di residenza non resteranno più impuniti. Una direttiva propone di istituire un sistema telematico di scambio di informazioni per agevolare il pagamento delle multe transfrontaliere. I deputati chiedono di armonizzare i metodi di controllo e di valutare l'opportunità di parificare l'importo delle sanzioni nell'UE.
La relazione di Inés AYALA SENDER (PSE, ES) approva la proposta di direttiva volta ad agevolare l'applicazione di sanzioni ai conducenti che passano col rosso, guidano in stato di ebbrezza o senza cintura di sicurezza o superano i limiti di velocità in uno Stato membro diverso da quello di immatricolazione del veicolo. Avanza però una serie di emendamenti che chiedono di armonizzare i metodi e il materiale di controllo, valutare la possibilità di equiparare l'importo delle multe a livello UE, offrire garanzie quanto all'uso dei dati personali raccolti e informare debitamente i cittadini sull'applicazione della direttiva.
Verso un'armonizzazione dei controlli e, forse, delle sanzioni
D'accordo sul limitare l'applicazione della direttiva alle quattro infrazioni che causano il maggior numero di vittime a livello UE e che sono considerate tali in tutti i 27 Stati membri, i deputati chiedono però che, due anni dopo la sua attuazione, la Commissione rediga una relazione in cui sia anche valutata la possibilità di includere altre infrazioni stradali.
Questa relazione, inoltre, dovrà presentare proposte volte ad armonizzare il materiale e le pratiche di controllo in base a criteri comunitari. Nel frattempo, un lungo emendamento chiede alla Commissione di adottare delle linee direttrici volte a introdurre una serie minima di orientamenti in materia di sicurezza stradale. Più in particolare, riguardo all'eccesso di velocità, i deputati suggeriscono di ricorrere maggiormente alle apparecchiature automatiche di controllo sui tratti stradali in cui il numero di incidenti è superiore alla media. Inoltre, raccomandano di aumentare del 30% il numero dei controlli negli Stati membri in cui il numero di morti è superiore alla media UE e la riduzione del loro numero a partire dal 2001 è inferiore alla media UE.
Per la guida in stato di ebbrezza, è chiesto agli Stati membri di provvedere affinché almeno il 30% dei conducenti possa essere controllato ogni anno. Mentre per l'uso delle cinture di sicurezza sono raccomandate «operazioni intensive» da realizzare per almeno sei settimane l'anno dagli Stati membri in cui il tasso di utilizzo delle cinture è inferiore al 70% della popolazione. In materia di transito con semaforo rosso, dovrebbe invece essere privilegiata l'utilizzazione di apparecchiature automatiche di controllo agli incroci dove è più frequente il mancato rispetto e dove si registra un numero di incidenti superiore alla media.
Per garantire un sufficiente livello di sicurezza stradale e assicurare la proporzionalità delle sanzioni, un altro emendamento chiede alla Commissione di avviare discussioni con gli Stati membri sull'introduzione di multe fisse armonizzate per le infrazioni al codice della strada.
Una rete telematica per la notifica delle infrazioni
Ai fini dell'applicazione pratica della direttiva, è chiesto agli Stati membri di instaurare una rete telematica comunitaria per lo scambio elettronico di dati con lo scopo di identificare il titolare del veicolo che ha commesso un'infrazione in modo che le autorità dello Stato membro in cui è stata commessa possano trasmettergli una notifica.
Tale notifica, specificano i deputati, dovrà comprendere quanto meno l'oggetto della notifica stessa e il nominativo dell'autorità competente per l'applicazione delle sanzioni. Redatta nella lingua o nelle lingue ufficiali dello Stato di residenza del titolare, la notifica dovrà inoltre precisare l'importo della multa, le procedure di pagamento più convenienti e il termine ultimo per farlo, nonché la possibilità di ricorso e le modalità per inoltrarlo. La notifica dovrà essere redatta sulla base di un modello illustrato dalla direttiva stessa. Un emendamento precisa poi che le sanzioni pecuniarie inflitte non dovranno essere discriminatorie in termini di nazionalità e dovranno essere applicate in conformità della legge in vigore nello Stato membro in cui è commessa l'infrazione. Qualora il titolare non fosse alla guida del veicolo, precisa un emendamento, egli sarà tenuto a comunicare gli estremi del conducente, in conformità della normativa nazionale di residenza.
Seguito delle infrazioni e riconoscimento ed esecuzione delle sanzioni
Un emendamento mira a prevedere che l'applicazione delle multe trasmesse al titolare, ma non pagate da quest'ultimo, possa essere garantita sia ricorrendo alla decisione quadro 2005/214/GAI relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sanzioni pecuniarie sia attraverso la trasmissione della decisione definitiva allo Stato di residenza del titolare. I deputati propongono poi di introdurre un nuovo articolo in cui è precisato che l'autorità competente dello Stato membro di residenza è tenuta a riconoscere - «senza ulteriori formalità» - una decisione amministrativa definitiva a una sanzione, nonché a prendere «senza indugio» tutte le misure necessarie per la sua esecuzione. Quest'ultima, è anche specificato, è disciplinata dalla legge dello Stato di residenza.
Protezione dei dati
I deputati chiedono che Il trasgressore sia debitamente informato, al momento della notifica dell'infrazione, in merito ai suoi diritti in materia di accesso, rettifica e cancellazione dei dati e al periodo massimo per la conservazione dei dati previsto dalla legge. Precisano inoltre che i dati raccolti, «il cui stoccaggio ha comunque carattere temporaneo», non dovranno in alcun caso essere utilizzati a fini che non siano quelli del perseguimento delle infrazioni alla sicurezza stradale. La Commissione e gli Stati membri dovrebbero pertanto garantire che il trattamento dei dati personali e la gestione della rete informatica comunitaria si attengano a questo principio.
Informazione ai conducenti
Infine, un emendamento chiede agli Stati membri di adottare le opportune disposizioni per fornire le informazioni necessarie agli utenti della strada in merito alle misure di applicazione della direttiva. Tali informazioni, è precisato, potranno essere fornite, tra l'altro, per il tramite di ONG operanti nel settore della sicurezza stradale o di club automobilistici. Dovranno inoltre garantire che le norme in materia di limiti di velocità «siano affisse sotto forma di segnaletica verticale a tutte le loro frontiere autostradali». La Commissione, invece, dovrà mettere a disposizione sul proprio sito web una sintesi delle norme vigenti negli Stati membri che rientrano nel campo d'applicazione della direttiva.
Link utili
Proposta della Commissione
Riferimenti
Inés AYALA SENDER (PSE, ES) Relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio per agevolare l'applicazione transfrontaliera della normativa in materia di sicurezza stradale Doc.: A6-0371/2008 Procedura: Codecisione, prima lettura Dibattito: 16.12.2008 |
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L'Aula esaminerà una relazione sulla revisione dei requisiti minimi in materia di organizzazione dell'orario di lavoro. I deputati chiedono di limitare a un massimo di 48 ore il lavoro settimanale in tutti gli Stati membri, respingendo la possibilità di derogarvi sostenuta dal Consiglio. Propongono inoltre di considerare come orario di lavoro anche i periodi di guardia "inattivi", anche se ammettono che siano calcolati in modo particolare ai fini dell'osservanza del massimale settimanale.
La direttiva 2003/88/CE1 stabilisce requisiti minimi in materia di organizzazione dell'orario di lavoro, tra l'altro, in relazione ai periodi di riposo quotidiano e settimanale, di pausa, di durata massima settimanale del lavoro e di ferie annuali, nonché relativamente a taluni aspetti del lavoro notturno, del lavoro a turni e del ritmo di lavoro. La stessa direttiva prevede una clausola di revisione cui si è attenuta, nel 2003, la Commissione. Il Parlamento si è pronunciato in prima lettura nel 2005, ma il Consiglio non è stato in grado di definire una propria posizione in materia fino allo scorso mese di settembre (con il voto contrario di Spagna e Grecia e l'astensione di Belgio, Cipro, Malta, Portogallo e Ungheria).
La relazione di Alejandro CERCAS (PSE, ES), tuttavia, ripropone gli emendamenti della prima lettura sui punti più controversi del provvedimento: orario di lavoro massimo settimanale e periodi di guardia. Se l'Aula conferma questo approccio, a maggioranza assoluta (393 voti), dovrà essere convocato il comitato di conciliazione incaricato di trovare un accordo tra i due rami legislativi.
Non più di 48 ore di lavoro a settimana
A suo tempo il Regno Unito aveva ottenuto l'introduzione di una clausola di opt out che, a certe condizioni, permette di non rispettare la limitazione di 48 ore lavorative settimanali. Con l'accordo raggiunto lo scorso settembre, il Consiglio ha confermato questa possibilità precisando che, in ogni caso, il consenso del lavoratore a lavorare più del massimo consentito non può superare 60 ore come media trimestrale o 65 ore, sempre come media su tre mesi, in assenza di un contratto collettivo e se "il periodo inattivo del servizio di guardia è considerato orario di lavoro".
I deputati, non hanno accettato questa formulazione e propongono di ripristinare un emendamento che avevano già proposto nel corso della prima lettura. A loro parere, l'orario massimo di lavoro non deve superare le 48 ore settimanali ma concedono agli Stati membri un periodo transitorio di 36 mesi durante il quale è possibile derogarvi. Questa facoltà, in ogni caso, resta sottoposta a rigorose condizioni volte a garantire una protezione efficace della salute e della sicurezza del lavoratore. Prima fra tutte, occorre il consenso del lavoratore stesso che, precisano i deputati, è valido non più di sei mesi, rinnovabili, contro un anno sostenuto dal Consiglio. Nessun lavoratore, inoltre, deve subire un danno per il fatto di non essere disposto ad accettare tale possibilità o per aver revocato la sua disponibilità. Il consenso dato all'atto della firma del contratto o entro le prime quattro settimane di lavoro va poi considerato «nullo e non avvenuto».
Le 48 ore di lavoro settimanali sono in
principio calcolate su un periodo di riferimento di 4 mesi. I
deputati accettano la proposta di poter derogare a tale disposizione
imponendo un periodo di riferimento non superiore a 12 mesi mediante
un contratto collettivo o un accordo sottoscritto dalla parti
sociali o per via legislativa, previa consultazione delle parti
sociali. Tuttavia, precisano che la deroga per via legislativa è
possibile solo qualora i lavoratori non siano coperti da contratti
collettivi o da altri accordi e purché lo Stato membro adotti le
misure necessarie affinché il datore di lavoro informi i suoi
dipendenti e provveda a porre rimedio a ogni rischio per la salute e
la sicurezza connesso all'organizzazione dell'orario di lavoro
proposta. I periodi di guardia vanno considerati orario di lavoro
Nell'attuale direttiva manca una definizione del periodo di servizio di guardia. D'altra parte, diverse sentenze della Corte di giustizia hanno stabilito che il periodo di guardia doveva essere incluso nell'orario di lavoro. I deputati non contestano le definizioni di "servizio di guardia" e di "periodo inattivo di servizio di guardia" introdotte dal Consiglio nella posizione comune. Il primo è «il periodo durante il quale il lavoratore è obbligato a tenersi a disposizione sul proprio luogo di lavoro al fine di intervenire, su richiesta del datore di lavoro, per esercitare la propria attività o le proprie funzioni». Il secondo è invece definito come il periodo durante il quale il lavoratore è di guardia ... ma non è chiamato dal suo datore di lavoro ad esercitare di fatto la propria attività o le proprie funzioni».
Contrariamente al Consiglio, però, i deputati ritengono che l'intera durata del servizio di guardia, «incluso il periodo inattivo», deve essere considerata orario di lavoro, ribadendo così quanto sostenuto in prima lettura. Concedono tuttavia la possibilità che i periodi inattivi siano «calcolati in modo specifico, sulla base di contratti collettivi o di altri accordi tra le parti», oppure mediante disposizioni legislative e regolamentari, per quanto riguarda l'osservanza della durata massima settimanale della media dell'orario di lavoro.
Periodi di riposo e conciliazione della vita professionale e familiare
L'attuale direttiva prevede un periodo minimo di riposo giornaliero di 11 ore consecutive, un periodi di riposo settimanale ininterrotto di 24 ore e almeno 4 settimane di ferie annuali retribuite, nonché norme sulla durata del lavoro notturno. Tuttavia, contempla anche la possibilità di derogare a tali disposizioni sulla base di contratti collettivi o accordi con le parti sociali e purché ai lavoratori siano accordati periodi equivalenti di "riposo compensativo". Se il Consiglio propone di precisare che queste compensazioni devono essere concesse entro "un termine ragionevole", i deputati chiedono che il periodo di riposo segua quello trascorso in servizio, conformemente alla legislazione applicabile oppure a un contratto collettivo o altro accordo. Delle disposizioni specifiche in materia sono stabilite per i lavoratori mobili e attività offshore» e per i lavoratori a bordo di pescherecci.
I deputati condividono la posizione del Consiglio riguardo all'invito rivolto agli Stati membri di incoraggiare le parti sociali a concludere accordi volti a conciliare meglio la vita professionale con quella familiare. Ma precisano che i datori di lavoro debbono informare i dipendenti «con congruo anticipo» di ogni modifica del ritmo di lavoro. Inoltre, conferiscono ai lavoratori il diritto di chiedere modifiche del loro orario e ritmo di lavoro, lasciando però libero il datore di lavoro di respingere la richiesta se ciò comporta inconvenienti organizzativi «sproporzionalmente maggiori» del beneficio del lavoratore.
Link utili
Posizione comune del Consiglio Prima lettura del Parlamento europeo Direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro
Riferimenti
Alejandro CERCAS (PSE, ES) Relazione relativa alla posizione comune del Consiglio in vista dell'adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 2003/88/CE concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro Doc.: A6-0440/2008 Procedura: Codecisione, seconda lettura Dibattito: 15.12.2008 |
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Un sistema UE di crediti per l'istruzione e la formazione
Sulla base di compromessi negoziati dai relatori con il Consiglio, l'Aula adotterà due raccomandazioni che, in materia di istruzione e formazione professionale, invitano gli Stati membri a utilizzare un sistema europeo di crediti ed un quadro europeo di riferimento per l'assicurazione della qualità. Gli obiettivi sono, rispettivamente, di agevolare la mobilità transfrontaliera accrescendo la comparabilità dei diplomi e di monitorare il miglioramento dei sistemi di istruzione e formazione.
Sulla base di un compromesso negoziato con il Consiglio dal relatore Thomas MANN (PPE/DE, DE), il Parlamento è chiamato ad approvare una raccomandazione sull'istituzione di un sistema europeo di crediti per l'istruzione e la formazione professionale (ECVET). Uno dei principali ostacoli al manifestarsi di un maggiore interesse nei confronti della mobilità transnazionale nell'ambito dell'istruzione e della formazione professionale iniziale e continua è infatti rappresentato dalla difficoltà di individuare, convalidare e riconoscere i risultati dell'apprendimento conseguiti durante il soggiorno in un altro paese. Inoltre l'apprendimento permanente si sta realizzando sempre più in paesi diversi e in un'ampia varietà di contesti, formali, non formali e informali. Una delle principali sfide da raccogliere è costituita dalla diversità o addirittura dalla frammentazione dei sistemi di istruzione, di formazione professionale e delle qualifiche in Europa.
Il sistema ECVET proposto rientra in una serie di iniziative europee, tra le quali figurano il sistema europeo di trasferimento di crediti accademici (ECTS), Europass, la carta europea di qualità per la mobilità, i principi europei per l'individuazione e la convalida dell'apprendimento informale e non formale e il quadro europeo delle qualifiche e dei titoli per l'apprendimento permanente (EQF).
La raccomandazione proposta impegnerebbe gli Stati membri a utilizzare il sistema ECVET su base volontaria. Essa istituisce tale sistema quale strumento metodologico suscettibile di essere utilizzato per descrivere le qualifiche in termini di unità di risultati dell'apprendimento, con i relativi punti, in vista del trasferimento e dell'accumulazione di tali risultati. Il sistema ECVET si basa sulla concezione di unità di risultati dell'apprendimento coerenti e significative e non sulla frammentazione delle qualifiche. Esso non intende armonizzare le qualifiche e i sistemi di istruzione e di formazione professionale, né lo richiede. Al contrario esso mira ad accrescere la comparabilità e compatibilità. Gli Stati membri sono invitati ad applicare il sistema ECVET entro il 2012, a sviluppare partnership e reti a livello europeo, nazionale, regionale, locale e settoriale in funzione delle necessità, nonché a promuovere e applicare i principi di assicurazione della qualità nell'istruzione e nella formazione professionale in sede di applicazione dell'ECVET.
Sulla base di un compromesso negoziato con il Consiglio dal relatore Jan ANDERSSON (PSE, SE), il Parlamento dovrebbe adottare una raccomandazione volta a istituire un quadro europeo di riferimento per l'assicurazione della qualità come strumento di riferimento che permetta agli Stati membri di promuovere e monitorare il miglioramento costante dei loro sistemi di istruzione e formazione professionali (IFP), sulla base di orientamenti europei comuni.
Si invitano gli Stati membri ad incoraggiare l'uso del quadro di riferimento per favorire il miglioramento continuo della qualità dell'IFP e a svilupparlo ulteriormente. Si raccomanda inoltre l'uso del quadro di riferimento al fine di promuovere un'ampia cooperazione e l'apprendimento reciproco attraverso la rete europea per l'assicurazione della qualità dell'istruzione e della formazione professionali, di rafforzare e sviluppare i punti di riferimento nazionali per l'assicurazione della qualità, e di monitorare l'applicazione di tale quadro di riferimento ai fini di un eventuale riesame della raccomandazione cinque anni dopo la sua adozione.
Link utili Proposta della Commissione - Istituzione del sistema europeo di crediti per l'istruzione e la formazione Proposta della Commissione - Istituzione di un quadro europeo di riferimento per l'assicurazione della qualità dell'istruzione e della formazione professionali Riferimenti
Thomas MANN (PPE/DE, DE) Relazione sulla proposta di raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio sull'istituzione del sistema europeo di crediti per l'istruzione e la formazione professionale (ECVET) Doc.: A6-0424/2008 & Jan ANDERSSON (PSE, SE) Relazione sulla proposta di raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio sull'istituzione di un quadro europeo di riferimento per l'assicurazione della qualità dell'istruzione e della formazione professionali Doc.: A6-0438/2008 Procedura: Codecisione, prima lettura Dibattito: 15.12.2008 |
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L'Aula è chiamata a adottare una direttiva che aggiorna e integra le attuali norme sulla sicurezza dei giocattoli, per garantirne la circolazione nell'UE e tutelare meglio i bambini al di sotto dei 14 anni. I giocattoli e gli imballaggi di quelli contenuti negli alimenti non dovranno presentare il rischio di asfissia né danneggiare l'udito, potranno contenere livelli molto più bassi di metalli pesanti e, quelli cosmetici, non potranno contenere un lungo elenco di fragranze allergizzanti.
Sulla base di un compromesso negoziato con il Consiglio dalla relatrice Marianne THYSSEN (PPE/DE, BE), il Parlamento è chiamato ad approvare definitivamente una direttiva che aggiorna, integra e chiarisce le attuali norme sulla sicurezza dei giocattoli. Se l'Aula approva il maxi-emendamento di compromesso che le sarà sottoposto, la direttiva potrà entrare in vigore poco dopo la sua pubblicazione ma, per consentire agli operatori di adattarsi alle nuove regole, diventerà applicabile solo due anni dopo.
Campo d'applicazione
La direttiva si applicherà ai prodotti progettati o destinati, anche se non esclusivamente, per essere usati come giochi da bambini al di sotto dei 14 anni. Un allegato elenca una serie di prodotti che non rientrano in questa definizione, tra questi figurano decorazioni e addobbi per festività e feste, prodotti destinati a collezionisti adulti, attrezzature sportive, biciclette di un'altezza superiore a 435 millimetri, motorini e monopattini e altri mezzi di trasporto destinati allo sport o a essere utilizzati per spostamenti sulla pubblica via, puzzle di oltre 500 pezzi, fucili e pistole a gas compresso (escluse le pistole ad acqua), fuochi d'artificio, prodotti e giochi con proiettili appuntiti (quali giochi di freccette con punte metalliche).
Ma non sono considerati giocattoli nemmeno i prodotti educativi funzionali, quali forni, ferri da stiro o altri prodotti elettrici venduti esclusivamente per essere utilizzati a fini didattici sotto sorveglianza di un adulto, apparecchiature elettroniche quali PC e console di gioco, libri per bambini da non usare come giochi o accessori di moda per bambini. Inoltre, la direttiva non si applicherà alle attrezzature per aree da gioco aperte al pubblico, alle macchine da gioco automatiche, a moneta o no, destinate al pubblico, ai veicoli-giocattolo con motore a combustione e alle macchine a vapore.
La sicurezza prima di tutto
La direttiva stabilisce che i giocattolo, inclusi i prodotti chimici che essi contengono, non devono compromettere la sicurezza o la salute dell'utilizzatore o dei terzi, quando siano utilizzati conformemente alla loro destinazione o quando ne sia fatto un uso prevedibile in considerazione del comportamento abituale dei bambini. E' anche precisato che si deve tenere conto dell'abilità dell'utilizzatore e, se del caso, di chi effettua la sorveglianza, in particolare per quanto riguarda i giocattoli che per le loro funzioni, dimensioni e caratteristiche, sono destinati ai bambini di età inferiore a 36 mesi. Inoltre, le etichette e le istruzioni per l'uso corredati ai giocattoli, presentate in conformità alle prescrizioni della direttiva, dovranno richiamare l'attenzione degli utilizzatori o di chi effettua la sorveglianza sulla pericolosità e sui rischi di danni che l'uso dei giocattoli comporta e sul modo di evitare tali rischi.
Gli Stati membri dovranno quindi prendere tutti i provvedimenti necessari per garantire che i giocattoli siano immessi sul mercato soltanto se rispettano questi requisiti essenziali di sicurezza e i requisiti specifici illustrati in un allegato della direttiva che riguarda le proprietà fisiche e meccaniche, l'infiammabilità, le proprietà chimiche ed elettriche, l'igiene e la radioattività dei giocattoli.
Più in particolare, facendo seguito a quanto richiesto dai deputati, la direttiva stabilisce che i giocattoli non devono presentare il rischio di asfissia per blocco del flusso d'aria a seguito dell'ostruzione delle vie aeree dall'esterno, a livello della bocca e del naso. I giocattoli e le loro parti devono anche essere di dimensioni tali da non presentare il rischio di asfissia per blocco delle vie aeree interne in caso si incastrassero nella bocca o nella faringe o si insinuassero all'ingresso delle vie respiratorie inferiori. I giocattoli chiaramente destinati ad essere utilizzati da bambini di età inferiore a 36 mesi, i loro componenti e le eventuali parti staccabili, inoltre, devono avere dimensioni tali da prevenirne l'ingestione o l'inalazione. Questo requisito, peraltro, si applica anche agli altri giocattoli destinati a essere portati alla bocca, ai loro componenti e alle loro eventuali parti staccabili. Anche l'imballaggio dei giocattoli non deve presentare rischio di strangolamento e asfissia per ostruzione delle vie aeree esterne.
Inoltre, i giocattoli contenuti in alimenti o incorporati a essi devono avere un proprio imballaggio, che – nelle condizioni originali – deve essere di dimensioni tali da impedirne l'ingestione e/o inalazione. L'imballaggio di tali giocattoli di forma sferica, di uovo o ellissoidale e ogni sua parte staccabile, o l'imballaggio cilindrico con estremità arrotondate dovrà essere di dimensioni tali da prevenire l'ostruzione delle vie aeree dall'interno in caso si incastrassero nella bocca o nella faringe o si insinuassero all'ingresso delle vie respiratorie inferiori. Inoltre, sono vietati i giocattoli «che sono legati in modo indissolubile al prodotto alimentare al momento del consumo, tanto da richiedere la consumazione del prodotto alimentare perché si possa accedere al giocattolo».
I giocattoli dovranno poi essere progettati e prodotti in modo che non ci siano rischi di effetti nocivi sulla salute dell'uomo dovuti all'esposizione alle sostanze o ai preparati chimici di cui i giocattoli sono costituiti o che sono in essi contenuti. In particolare, è vietato l'impiego di sostanze classificate come cancerogene, mutagene o tossiche per la riproduzione (CMR) nei giocattoli, in componenti dei giocattoli o in parti dei giocattoli distinte a livello microstrutturale. Rispetto alla proposta della Commissione, le deroghe a questa norma sono state chiarite e rese più rigorose. Su insistenza dei deputati, inoltre, sono stati dimezzati i limiti di migrazione dei metalli pesanti - arsenico, cadmio, cromo (VI), piombo, mercurio e stagno organico - dai giocattoli o dai loro componenti accessibili nel corso di un uso normale.
I giocattoli cosmetici, come i cosmetici per le bambole, dovranno invece rispettare le prescrizioni della direttiva 76/768/CEE in materia di composizione e di etichettatura. Su richiesta dei deputati, inoltre, il numero di fragranze allergizzanti vietate nei giocattoli è stato aumentato da 39 a 55, rispetto alla proposta della Commissione. La presenza di tracce di queste sostanze sarà tuttavia consentita purché tecnicamente inevitabile in base alle norme di buona fabbricazione e, come richiesto dai deputati, se non supera una quantità definita (100 ppm). I giocattoli destinati a produrre un suono, in forza alla direttiva, dovranno essere progettati e prodotti - riguardo ai valori picco del rumore impulsivo e del rumore prolungato - in modo tale che il suono non possa danneggiare l'udito dei bambini.
Obblighi dei produttori
Nell'immettere sul mercato i loro giochi, i
produttori dovranno garantire che essi siano stati progettati e
prodotti nel rispetto delle esigenze di sicurezza stabilite dalla
direttiva. I produttori dovranno creare un dossier per ogni gioco,
realizzare una valutazione della conformità e conservare la
documentazione tecnica e la dichiarazione CE di conformità per un
periodo di dieci anni a decorrere dall'immissione del giocattolo sul
mercato. Dovranno inoltre garantire che il gioco sia accompagnato
dalle istruzioni e dalle informazioni di sicurezza in una lingua
facilmente comprensibile dai consumatori e determinata dallo Stato
membro interessato. Qualora un produttore dovesse rendersi conto che
un suo giocattolo non è conforme alla normativa comunitaria
applicabile sarebbe tenuto a prendere le misure correttive
necessarie o, se necessario, ritirarlo dal mercato, informando
comunque le autorità nazionali competenti del problema. Gli
importatori dovranno immettere sul mercato solamente giocattoli
che rispettano le specifiche comunitarie. Mentre i distributori
dovranno agire con la dovuta diligenza in relazione ai requisiti
applicabili. Link utili
Proposta della Commissione
Riferimenti
Marianne THYSSEN (PPE/DE, BE) Relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla sicurezza dei giocattoli Doc.: A6-0441/2008 Procedura: Codecisione, prima lettura Dibattito: 15.12.2008 |
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Rafforzare la lotta alla contraffazione e alla pirateria
Una relazione chiede una politica ambiziosa dell'UE nella lotta alla contraffazione, anche migliorando l'accordo sulle proprietà intellettuali e promuovendo più spesso ricorsi in sede WTO. Sollecita un maggiore coordinamento con i paesi terzi interessati, specie con la Cina, e insiste sul rispetto delle libertà civili nel futuro accordo anticontraffazione. Nell'UE occorre armonizzare la normativa, incluse le sanzioni penali, migliorare il coordinamento doganale e aiutare le PMI a difendersi.
Nel 2007 le dogane comunitarie hanno sequestrato 79 milioni di articoli contraffatti nel corso di oltre 43.000 operazioni, il 17% in più rispetto all'anno precedente. Più in particolare, l'incremento è stato del 264% per cosmetici e prodotti per l'igiene personale, del 98% per i giocattoli, del 62% per alimenti e computer e del 51% per i farmaci. Queste tipologie di articoli, da sole, rappresentavano il 23% dei prodotti requisiti.
La relazione di Gianluca SUSTA (ALDE/ADLE, IT) sottolinea anzitutto che l'economia dell'Unione europea si è specializzata in produzioni di elevata qualità, ad alto valore aggiunto, spesso protette da marchi, brevetti o indicazioni geografiche, che, per loro natura, «sono tra i più suscettibili di essere contraffatti». Chiede quindi di definire una linea politica «chiara, strutturata e ambiziosa» che, assieme alle iniziative in materia doganale e penale, coordini e indirizzi le azioni "esterne" dell’UE in materia di lotta alla contraffazione e alla pirateria. Anche perché, secondo il relatore, il mercato della contraffazione è stimato in 500 miliardi di euro, ossia il 7-10% del commercio mondiale.
Garantire il rispetto delle norme internazionali
La relazione chiede alla Commissione di perseverare in sede di Consiglio TRIPs (l'accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio) affinché le norme minime introdotte negli ordinamenti nazionali «siano accompagnate da effettive misure di attuazione e di repressione delle violazioni». Occorre inoltre valutare l'eventuale necessità di modificare ulteriormente detto accordo, «allo scopo di creare un giusto bilanciamento tra gli interessi dei titolari e quelli dei potenziali utilizzatori dei DPI» (diritti delle proprietà intellettuali), tenendo in considerazione il diverso livello di sviluppo e distinguendo tra paesi produttori, di transito e di utilizzo di beni contraffatti e piratati.
I deputati si dicono poi convinti che il rafforzamento della lotta alla contraffazione passi anche attraverso un ricorso più frequente e mirato all'organo di soluzione delle controversie dell'OMC il quale «può garantire una migliore tutela dell'industria e dei consumatori europei mediante il consolidamento di una giurisprudenza che rafforzi il contenuto e la portata dell'accordo TRIPs». Ritengono inoltre necessario attuare specifiche iniziative a favore di una più diffusa educazione dei consumatori, sia in Europa che nei PVS, per evitare i rischi connessi ai prodotti contraffatti potenzialmente pericolosi.
Nel sottolineare che in varie economie emergenti la produzione di beni contraffatti «ha raggiunto dimensioni allarmanti», la relazione sollecita speciali misure per potenziare il coordinamento tra le dogane e gli organi giudiziari e di polizia dei paesi interessati, nonché per favorire l'armonizzazione delle normative con quelle dell'UE. Chiede inoltre di proseguire i programmi di assistenza tecnica «che hanno contribuito al rafforzamento dei DPI nei paesi emergenti e in via di sviluppo» e di elaborare un protocollo in materia di contraffazione aggiuntivo alla Convenzione internazionale sulla criminalità organizzata.
Al riguardo, nel rilevare che il 60% delle merci contraffatte confiscate dalle autorità doganali dell'Unione europea è prodotto in Cina, la relazione invita la Commissione, congiuntamente con le autorità cinesi, «a elaborare con la massima urgenza un piano di azione per la lotta alla contraffazione». Chiede inoltre alla Cina di moltiplicare gli sforzi e a «perseguire con rinnovata energia coloro che violano i DPI». D'altro canto, nota con rammarico che la protezione dei DPI in Turchia «non è ancora all'altezza degli standard dell'Unione europea e necessita quindi di essere rivista» e rammenta che la Turchia «sarà un candidato credibile all'adesione soltanto se sarà in grado di recepire l'acquis comunitario e di garantire il rispetto pieno dei DPI entro i suoi confini».
Più in generale, la relazione raccomanda che venga instaurato un incisivo meccanismo di monitoraggio in merito alle possibili violazioni dei DPI tutelati nei diversi accordi, abbinato a strumenti di incentivo commerciale che premino un concreto impegno nella lotta alla contraffazione e alla pirateria. In tale contesto, è del parere che, nei casi di violazione particolarmente grave della proprietà intellettuale, ad esempio quelli che costituiscono una seria minaccia per la sicurezza e la salute pubblica, debba essere presa in debita considerazione la possibilità di una temporanea sospensione delle preferenze tariffarie, come previsto dal regolamento SPG.
Verso un accordo anticontraffazione, purché si rispetti la privacy
La relazione invita la Commissione a negoziare con i paesi terzi la creazione di task force operative per la lotta alla contraffazione e le chiede di proseguire tale attività anche attraverso accordi bilaterali, regionali e multilaterali che ravvicinino le legislazioni e prevedano efficienti sistemi di soluzione delle controversie e sanzioni in caso di mancato rispetto delle obbligazioni.
In tale ambito, i deputati reputano indispensabile che l'accordo commerciale anticontraffazione (ACTA) in corso di negoziato sia valutato a livello sociale e di libertà civili e, in tale ambito, sottolineano che «l'uso personale senza fini di lucro va distinto dalla commercializzazione in modo fraudolento e intenzionale dei prodotti contraffatti e piratati». Chiedono quindi alla Commissione di garantire che l'ACTA «non conferirà alle autorità pubbliche il potere di accedere a computer privati». Nei negoziati la Commissione dovrebbe anche tenere in considerazione alcune forti critiche concernenti l'ACTA, come la possibilità che esso consenta ai titolari di marchi e di diritti d'autore «di intromettersi nella sfera privata dei presunti contravventori senza un equo processo», criminalizzi ulteriormente le violazioni non commerciali e rafforzi le tecnologie di gestione dei diritti digitali a scapito dei diritti di uso corretto.
All'ACTA partecipano l'UE, l'Australia, il Canada, il Giappone, la Corea, il Messico, il Marocco, la Nuova Zelanda, Singapore, la Svizzera e gli USA. I deputati ritengono però necessario compiere sforzi volti a includere le economie emergenti, quali la Cina, l'India e il Brasile e i blocchi commerciali regionali come Mercosur, CARICOM e ASEAN, invitandoli a impegnarsi fin d'ora a garantire il rispetto dei DPI sul loro territorio.
Armonizzare norme e sanzioni penali nell'UE e migliorare il coordinamento doganale
La relazione chiede un maggiore impegno per la repressione del fenomeno della contraffazione e l'armonizzazione delle legislazioni vigenti negli Stati membri, anche perché nota che, all'interno dell'UE, manca una definizione armonizzata dei termini "contraffazione" e "pirateria" e che quelle degli Stati membri sono diverse tra loro. Invita poi la Commissione a compiere ogni sforzo necessario per concordare sanzioni minime nel diritto penale europeo contro le violazioni gravi dei diritti di proprietà intellettuale, tenendo conto il ruolo preminente acquisito da Internet nella commercializzazione e nella promozione di prodotti contraffatti e piratati.
I deputati raccomandano poi un ulteriore
perfezionamento e un migliore coordinamento delle procedure
doganali nell'UE al fine di restringere in modo sostanziale
l'accesso al mercato unico dei prodotti contraffatti e piratati. Nel
chiedere il rafforzamento del personale doganale, invitano gli Stati
membri ad applicare in modo uniforme nell'Unione i regolamenti
comunitari in materia di dazi, a istituire un servizio preposto alla
lotta contro la contraffazione e all'informazione su questo problema
e ad elaborare una strategia comune per la distruzione delle merci
contraffatte. Ma sottolineano anche la necessità di una più ampia
cooperazione tra i settori pubblico e privato allo scopo di rendere
la lotta alla contraffazione «più attiva, dinamica ed efficace». Aiutare le PMI a difendersi dalla pirateria
La relazione ritiene che una migliore collaborazione con i paesi terzi possa garantire un più efficace scambio di informazioni, un migliore uso delle risorse disponibili e una maggiore incisività delle iniziative di contrasto alla contraffazione. Invita quindi la Commissione a rendere il "Market access team" nelle delegazioni dell'Unione europea un tangibile punto di riferimento per le imprese comunitarie (in particolare le PMI) che lamentino violazioni della proprietà intellettuale e a creare un helpdesk per le PMI che fornisca loro assistenza tecnica nelle procedure di gestione delle merci contraffatte.
La relazione ricorda poi l'importanza di disporre di un brevetto comunitario che permetta alle imprese innovatrici di proteggere quanto più possibile le proprie invenzioni e di beneficiarne in maggiore misura. Richiama quindi l'attenzione sull'importanza di armonizzare i diritti di proprietà intellettuale e i brevetti nazionali e comunitari di proprietà industriale nella lotta contro la contraffazione e invita gli Stati membri a incoraggiare le aziende a proteggere i loro servizi e prodotti mediante la registrazione di marchi, disegni, brevetti, ecc.
Considerando essenziale che le PMI siano messe nelle condizioni di poter validamente difendere i loro diritti specialmente per quanto riguarda le violazioni dei DPI nei paesi terzi, i deputati reputano infine necessario, ai fini della tracciabilità, incoraggiare le iniziative dell'industria volte a utilizzare moderne tecnologie che permettano di distinguere più efficacemente i prodotti originali da quelli contraffatti. Pertanto, chiedono alla Commissione di adoperarsi per favorire tutte le iniziative costruttive in questa ottica.
Link utili
Sintesi
del rapporto OCSE sull'impatto economico della contraffazione (in
inglese) Relazione
della Commissione sulle attività doganali comunitarie di lotta
alla contraffazione e alla pirateria nel 2007 (in inglese)
Riferimenti
Gianluca SUSTA (ALDE/ADLE, IT) Relazione sull'impatto della contraffazione sul commercio internazionale Doc.: A6-0447/2008 Procedura: Iniziativa Dibattito:17.12.2008 |
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Il Parlamento si pronuncerà su una proposta di direttiva che intende aumentare da 20.000 a 100.000 euro la garanzia dei depositi per quanto riguarda il livello di copertura e ridurre a tre giorni il termine per il rimborso. Sono in corso negoziati con il Consiglio che, se vanno a buon fine, potrebbero condurre all'adozione definitiva della direttiva.
Attualmente il livello minimo di copertura è fissato a 20.000 euro, ma viene data facoltà agli Stati membri di prevedere una copertura maggiore. Tuttavia, questo livello non riflette la media attuale dei depositi dei cittadini UE, che è di circa 30.000 euro. Il 7 ottobre 2008 il Consiglio dell'Unione europea ha concordato che tutti gli Stati membri offriranno, per un periodo iniziale di almeno un anno, una garanzia dei depositi dei risparmiatori privati pari ad almeno 50.000 euro, riconoscendo che molti Stati membri intendono aumentare la copertura minima ad almeno 100.000 euro. Pertanto, la Commissione propone di aumentare il livello minimo di copertura in un primo tempo ad almeno 50.000 euro per essere poi portato, dopo un anno, ad almeno 100.000. Secondo le stime, il sistema vigente copre circa il 65% dei depositi aventi titolo, mentre i nuovi importi coprirebbero l'80% (con una copertura di 50.000 euro) e il 90% (con una copertura di 100.000 euro) dei depositi.
L'attuale termine di rimborso di tre mesi, prorogabile a nove mesi, mina la fiducia dei depositanti e non soddisfa le loro esigenze. Osservando che molti depositanti potrebbero trovarsi in gravi difficoltà finanziarie già in meno di una settimana, la Commissione propone di ridurre il termine di rimborso a tre giorni, senza possibilità di proroga.
Il relatore Jan EHLER (PPE/DE, DE) ha avviato dei negoziati con il Consiglio al fine di trovare un accordo che, se accolto dall'Aula, permetterebbe l'adozione definitiva del testo.
Link utili
Proposta della Commissione
Riferimenti
Jan EHLER (PPE/DE, DE) Relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della direttiva 94/19/CE relativa ai sistemi di garanzia dei depositi per quanto riguarda il livello di copertura e il termine di rimborso Doc.: A6-0494/2008 Procedura: codecisione, prima lettura Dibattito: 15.12.2008 |
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In Aula si svolgerà la cerimonia di consegna del Premio Sacharov 2008 per la libertà di pensiero in assenza del dissidente cinese Hu Jia. Il giorno precedente, al margine della plenaria, sarà celebrato il ventesimo anniversario del Premio in presenza di alcune delle personalità insignite in passato, come Leyla Zana, Wei Jingsheng, Alexander Milinkevich, Hauwa Ibrahim e Salih Osman, nonché di rappresentanti di alcune organizzazioni vincitrici delle scorse edizioni.
Il Parlamento europeo ha deciso di assegnare il Premio Sacharov 2008 per la libertà di pensiero all'attivista politico cinese Hu Jia, da anni in prima linea per riaffermare i diritti dell'uomo in Cina. Parte della sua attività è dedicata alla difesa dell'ambiente, alla lotta all'AIDS e per un riconoscimento del massacro di piazza Tienanmen del 1989. La cerimonia di premiazione di terrà mercoledì 17 dicembre 2008 a Strasburgo, alle ore 12.00.
In assenza di Hu Jia, che sarà sottolineata da una sedia vuota sulla quale sarà apposta una fotografia del dissidente cinese, il Presidente Pöttering e la vedova di Andrej Sacharov, Elena Bonner, si rivolgeranno all'Aula.
Il «Premio Sacharov per la libertà di pensiero», istituito nel 1988, è assegnato ogni anno dal Parlamento europeo quale riconoscimento dell’impegno di personalità o di gruppi che si sono distinti nella difesa dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Al vincitore vanno un diploma di riconoscimento e un contributo di 50.000 euro.
Quest'anno cade il ventesimo anniversario del Premio Sacharov e, per l'occasione, sono stati invitati a Strasburgo i vincitori delle precedenti edizioni che, assieme a eurodeputati, esponenti di altre ONG attive nel campo dei diritti umani, studenti e giornalisti, parteciperanno a un seminario la sera del 16 dicembre che sarà introdotto dalla vedova di Andrej Sacharov. I vincitori saranno anche presenti alla cerimonia di consegna del Premio 2008. Al momento della chiusura in redazione hanno confermato la loro presenza: Adem Demaçi, Las Madres de la Plaza de Mayo, Oslobodjendje, Taslima Nasreen, Liela Zana, Wei Jingsheng, Salima Ghezali, Basta Ya!, Dom Kamwenho, l'Associazione bielorussa dei giornalisti, Reporter senza frontiera, Hauwa Ibrahim, Alexander Milinkevich e Salih Mahmoud Osman. Non è esclusa la presenza di un rappresentante di Aung San Suu Kyi.
Albo d'oro
1988: Nelson Rolihlahla Mandela e Anatoli Marchenko (a titolo postumo) 1989: Alexander Dubcek 1990: Aung San Suu Kyi 1991: Adem Demaçi 1992: Las Madres de la Plaza de Mayo 1993: Oslobodjenje 1994: Taslima Nasreen 1995: Líela Zana 1996: Wei Jingsheng 1997: Salima Ghezali 1998: Ibrahim Rugova 1999: José Alejandro 'Xanana' Gusmão 2000: ¡ Basta Ya ! 2001: Izzat Ghazzawi,Nurit Peled-Elhanan e Dom Zacarias Kamwenho 2002: Oswaldo José Payá Sardiñas 2003: L’ONU e il suo segretario generale Kofi Annan 2004: Zhanna Litvina, presidente dell’associazione bielorussa dei giornalisti 2005: "Damas de Blanco", Hauwa Ibrahim e "Reporter senza frontiere" 2006: Alexander Milinkevich 2007: Salih Mahmoud Osman 2008: Hu Jia
Link utili
Sito
del Premio Sacharov
Riferimenti
Consegna del Premio Sacharov 17.12.2008 |
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L'UE e la difesa dei diritti umani nel mondo
A una settimana dal 60° anniversario della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e subito dopo che il Parlamento avrà tenuto la cerimonia di consegna del Premio Sacharov per la libertà di pensiero, Consiglio e Commissione illustreranno all'Aula la decima relazione sui diritti umani nel mondo. Si tratta di una panoramica delle azioni svolte nel 2007-2008 dall'UE nei confronti di paesi terzi, negli organi multilaterali e riguardo a questioni specifiche, come la pena di morte o la tortura.
La decima relazione annuale dell'UE sui diritti umani riguarda il periodo dal 1º luglio 2007 al 30 giugno 2008. Essa intende fornire una panoramica delle politiche e delle azioni dell'Unione europea nel settore dei diritti umani, nei confronti di paesi terzi, nell'ambito di organi multilaterali e riguardo a temi specifici, concentrandosi sulle questioni per cui l'azione dell'UE è stata maggiormente significativa.
La relazione ricorda che l'UE dispone di una serie di strumenti finalizzati alla promozione del rispetto dei diritti umani in tutto il mondo. Fino ad oggi ha elaborato sei serie di orientamenti: sulla pena di morte, sulla tortura, sui dialoghi con i paesi terzi in materia di diritti umani, sui bambini e i conflitti armati, sui difensori dei diritti umani e, l'anno scorso, sui diritti dei bambini. L'UE dà attuazione ai diversi orientamenti con azioni specifiche (quali una campagna mondiale di iniziative contro la tortura). Intraprende iniziative diplomatiche là dove i diritti umani vengono violati. Si impegna in dialoghi politici, o specificamente connessi ai diritti umani, con numerosi paesi terzi. La relazione 2008 riferisce dei dialoghi avuti con la Cina, l'Iran, gli Stati dell'Asia centrale, l'Unione africana e la Federazione russa. L'UE finanzia anche lo strumento europeo per la democrazia e i diritti umani (EIDHR).
Per quanto riguarda le questioni tematiche, la relazione 2008 tratta specificatamente di pena di morte, tortura ed altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, diritti dei bambini e delle donne, difensori dei diritti dell'uomo, tratta degli esseri umani, lotta contro l'impunità, diritti umani e terrorismo, diritti umani e attività economiche, diritti economici, sociali e culturali, libertà di religione o di e dialogo interculturale, asilo, migrazione, rifugiati e sfollati, razzismo, xenofobia, non discriminazione e rispetto delle diversità, nonché diritti delle minoranze, dei disabili e dei popoli indigeni.
A livello multilaterale, l'Unione europea è attiva in sede di Consiglio dei diritti umani e di Assemblea generale delle Nazioni Unite. Alla 62a sessione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite l'UE ha preso l'iniziativa di una dichiarazione con cui 95 paesi di tutti i continenti hanno chiesto una moratoria sulla pena di morte in vista della sua abolizione. A seguito di tale iniziativa, 104 paesi hanno adottato una risoluzione sulla pena di morte dovuta in gran parte ad un'attiva campagna condotta dall'Unione europea insieme ad altri coautori.
Link utili
Relazione annuale dell'UE sui diritti umani per il 2008
Riferimenti
Dichiarazioni del Consiglio e della Commissione - Relazione annuale dell'Unione europea sui diritti umani Dibattito: 17.12.2008 |
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Depenalizzazione dell'omosessualità
Una dichiarazione della Commissione aprirà un dibattito in Aula in merito all'iniziativa avviata dalla Francia presso l'ONU, volta a promuovere una dichiarazione internazionale sulla depenalizzazione dell'omosessualità nel mondo. In 90 paesi è infatti considerata reato e in sette di questi è punita con la pena di morte. La proposta, sostenuta da una sessantina di paesi ma avversata dal Vaticano, non propone la creazione di nuove norme giuridiche internazionali.
Riferimenti
Dichiarazione della Commissione - Iniziativa francese presso l'ONU per la depenalizzazione dell'omosessualità Dibattito:17.12.2008 |
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L'Aula esaminerà una relazione sui diritti fondamentali nell'UE che rileva le restrizioni poste dalla lotta al terrorismo alle libertà individuali e chiede di agire contro gli incitamenti al razzismo, anche nei media e nella musica, e le discriminazioni dei rom e delle coppie omosessuali. Una particolare attenzione va rivolta alle donne riguardo all'ambito lavorativo, alla violenza e alla salute sessuale. Chiede poi di tutelare e promuovere le lingue regionali, anche con finanziamenti mirati.
La relazione di Giusto CATANIA (GUE/NGL, IT), che sarà votata nel corso della sessione di gennaio, sottolinea anzitutto che l'attuazione dei diritti fondamentali deve «essere un obiettivo di tutte le politiche europee» e che, a tal fine, le istituzioni dell'Unione europea «dovrebbero promuoverli attivamente, tutelarli e tenerne pienamente conto in fase di elaborazione e adozione della legislazione».
D'altro canto, deplora che gli Stati membri «continuino a sottrarsi a un controllo comunitario delle proprie politiche e pratiche in materia di diritti dell'uomo e cerchino di limitare la protezione di tali diritti ad un quadro puramente interno». Chiede quindi al Consiglio di integrare nelle sue future Relazioni annuali sui diritti dell'uomo nel mondo un'analisi della situazione in ogni Stato membro. Sollecita inoltre il potenziamento della cooperazione tra le varie istituzioni e organizzazioni incaricate della protezione dei diritti fondamentali, sia a livello europeo che internazionale.
La relazione richiama poi l'attenzione sul fatto che una politica attiva a favore dei diritti umani «non può limitarsi ai casi più visibili per l'opinione pubblica» e che gravi violazioni dei diritti umani «si verificano ai margini del controllo pubblico, in istituzioni chiuse per bambini, anziani e malati o nelle prigioni». Sottolinea pertanto che gli Stati membri e l'Unione europea «dovrebbero garantire una vigilanza qualificata, in termini sia di norme che di prassi, sulle condizioni di vita in dette istituzioni chiuse».
Diritti dell'uomo, libertà, sicurezza e giustizia, e lotta al terrorismo
Nello sviluppo di uno spazio giudiziario europeo, la relazione chiede la rapida adozione di un atto legislativo adeguato sui diritti degli individui nelle procedure penali e invita gli Stati membri ad accertarsi che il mandato d'arresto europeo e altre misure di riconoscimento reciproco siano applicati. Allo stesso tempo rileva il diritto delle persone arrestate di godere di tutte le garanzie giudiziarie nonché, se del caso, dell'assistenza diplomatica del paese di cui sono cittadini e dei servizi di un interprete indipendente.
Sottolinea poi che i due obiettivi di
rispettare i diritti fondamentali e di garantire la sicurezza
collettiva siano compatibili e interdipendenti, e che politiche
adeguate possono «evitare che un approccio repressivo metta a
repentaglio le libertà individuali». Esprime quindi preoccupazione
per il fatto che la cooperazione internazionale nella lotta
contro il terrorismo «è spesso sfociata in un abbassamento del
livello di protezione dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali, in particolare il diritto fondamentale alla vita
privata, alla protezione dei dati e alla non discriminazione». Per i
deputati, pertanto, l'UE dovrebbe promuovere una vera strategia
basata sul rispetto integrale delle norme internazionali, che tenga
conto «della necessità di un controllo giudiziario efficace dei
servizi di intelligence per evitare l'utilizzo di informazioni
ottenute sotto tortura o mediante maltrattamenti .... come elemento
di prova nel quadro dei procedimenti giudiziari, anche in fase di
istruzione».
Lotta alle discriminazioni
In linea generale, la relazione osserva «con inquietudine» l'insoddisfacente situazione dell'attuazione delle politiche antidiscriminatorie ed esorta quindi gli Stati membri che ancora non l'hanno fatto a concretizzare l'attuazione di tali politiche. Al contempo si compiace della proposta di direttiva orizzontale sulla discriminazione ma si rammarica del vasto numero di eccezioni, con il rischio che servano «a codificare pratiche discriminatorie esistenti».
La relazione ritiene che la comunità Rom abbia bisogno di una protezione speciale poiché è diventata una delle più consistenti minoranze dell'UE. Sottolinea inoltre che tale comunità «è stata storicamente emarginata» e che ad essa «è stato impedito di svilupparsi in determinati settori chiave, a causa di problemi di discriminazione, di stigmatizzazione e di esclusione che si sono sempre più intensificati». Nota inoltre che gli sforzi compiuti finora «non hanno apportato miglioramenti strutturali e duraturi», in particolare «in settori fondamentali come l'accesso all'istruzione, alla sanità, a un alloggio e al lavoro». Sottolinea quindi la necessità di un approccio globale che rifletta la dimensione europea della discriminazione verso i Rom e ritiene che una strategia-quadro dell'UE «dovrebbe affrontare i problemi reali, fornendo una tabella di marcia per gli Stati membri, che fissi gli obiettivi e le priorità e agevoli i processi di controllo e valutazione».
La relazione chiede al Consiglio di adottare quanto prima la proposta di decisione quadro sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale. Esorta poi gli Stati membri a perseguire con determinazione qualsiasi incitazione all'odio «espressa in programmi mediatici razzisti e articoli che diffondano idee intolleranti, attraverso reati di odio nei confronti di Rom, immigrati, stranieri, minoranze nazionali tradizionali e altre minoranze, nonché da gruppi musicali e in occasione di concerti neonazisti». I partiti e i movimenti politici che esercitano una forte influenza sui mass-media dovrebbero inoltre astenersi dalle incitazioni all'odio e dalla diffamazione nei confronti delle minoranze in seno all'Unione. Il Consiglio e la Commissione, nonché le diverse amministrazioni locali e nazionali degli Stati membri, dovrebbero poi coordinare le misure volte a combattere l'antisemitismo e le aggressioni ai danni delle minoranze «in modo tale da far rispettare i principi di tolleranza e non discriminazione e da promuovere l'integrazione sociale, economica e politica».
La relazione invita gli Stati membri dotati di una legislazione relativa alle coppie dello stesso sesso a riconoscere le norme adottate da altri Stati membri e aventi effetti analoghi. Quest'ultimi dovrebbero anche proporre delle linee guida per il reciproco riconoscimento della legislazione vigente tra diversi Stati membri, al fine di «garantire che il diritto alla libera circolazione nell'Unione europea delle coppie dello stesso sesso si applichi alle medesime condizioni delle coppie eterosessuali». La Commissione è poi invitata a presentare proposte che garantiscano l'applicazione, da parte degli Stati membri, del principio di riconoscimento reciproco per le coppie omosessuali, sposate o legate da un'unione civile registrata, nella fattispecie quando esercitano il loro diritto alla libera circolazione previsto dal diritto dell'Unione europea. La relazione chiede poi agli Stati membri che non l'abbiano ancora fatto ad adottare iniziative legislative per eliminare le discriminazioni cui sono confrontate alcune coppie in ragione del loro orientamento sessuale.
Inoltre, i deputati ritengono che le affermazioni discriminatorie di esponenti politici estremisti contro gli omosessuali «alimentino l'odio e la violenza e chiede una loro condanna da parte degli organi dirigenti competenti». Rileva poi che «il divieto discriminatorio dei cortei, nonché qualsiasi inadempienza all'obbligo di offrire una tutela adeguata a quanti vi partecipano, costituisce una violazione dei principi sanciti» in diverse istanze europee. Invitano poi la Commissione a fare in modo che gli Stati membri diano asilo alle persone che fuggono dal proprio paese poiché vittime di persecuzioni basate sul loro orientamento sessuale, di adottare iniziative a livello bilaterale e multilaterale per porre termine alle persecuzioni delle persone in base al loro orientamento sessuale. Dovrebbe anche avviare uno studio sulla situazione delle persone transessuali negli Stati membri e nei paesi candidati, «in particolare per quanto concerne i rischi di molestie e violenza».
La relazione invita gli Stati membri e l'Unione europea a combattere con misure efficaci la discriminazione diretta e indiretta nei confronti delle donne in tutti i settori (incluso il matrimonio, la convivenza e altre relazioni familiari) e la discriminazione multipla (che avviene in base al genere e contemporaneamente per altri motivi). Sottolinea poi la necessità di riconoscere e combattere, a livello europeo e nazionale, la violenza subita dalle donne a causa del loro genere, in particolare la violenza, e lo sfruttamento sessuale in tutte le sue forme. Chiede inoltre agli Stati membri di non accettare il richiamo a costumi, tradizioni o ad altre considerazioni religiose per giustificare forme di discriminazione, oppressione o violenza nei confronti delle donne o l'adozione di politiche che possono mettere in pericolo la loro vita.
Rileva anche l'esigenza di aumentare la sensibilizzazione pubblica quanto al diritto alla salute riproduttiva e sessuale e chiede agli Stati membri di garantire che le donne «possano godere pienamente di tali diritti, di istituire un'adeguata educazione sessuale, informazioni e servizi di consulenza riservati e di facilitare i metodi di contraccezione onde prevenire gravidanze indesiderate e aborti illegali e a rischio, e di combattere la pratica della mutilazione genitale femminile».
Ribadisce poi la necessità di affrontare seriamente il divario retributivo tra i sessi e di sostenere politiche attive di conciliazione tra vita privata, professionale e familiare, sollecitando al contempo l'adozione di misure per contrastare le molestie sessuali e morali sul luogo di lavoro. Chiede inoltre agli Stati membri di combattere la discriminazione nei confronti delle donne incinte sul mercato del lavoro e di adottare tutte le misure necessarie per garantire un elevato livello di protezione delle madri. I deputati ritengono anche essenziale che nei sistemi di protezione sociale sia garantita l'individualizzazione dei diritti piuttosto che la loro determinazione in base al nucleo familiare.
La relazione osserva che i recenti allargamenti dell'Unione europea hanno aggiunto circa 100 gruppi di popolazioni minoritarie alla cinquantina che già esisteva nell'Europa dei 15. Nel chiedere che sia elaborata una definizione comune europea di appartenenza a una minoranza nazionale, sottolinea l'importanza di tutelare e promuovere le lingue regionali e minoritarie anche attraverso finanziamenti mirati e programmi specifici che affiancano il programma di apprendimento lungo tutto l'arco della vita. Incoraggia poi l'uso di tipi appropriati di soluzioni di autogoverno (autonomia personale-culturale, territoriale, regionale), basati sull'accordo del gruppo maggioritario e della minoranza, «rispettando nel contempo pienamente la sovranità e l'integrità territoriale degli Stati membri».
Link utili
Sito della Commissione sui diritti fondamentali
Riferimenti
Giusto CATANIA (GUE/NGL, IT) Relazione sulla situazione dei diritti fondamentali nell'Unione europea 2004-2007 Doc.: A6-0479/2008 Procedura: Iniziativa Dibattito: 17.12.2008 |
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Una relazione all'esame dell'Aula sollecita il rafforzamento dell'Agenzia Frontex, inclusa l'estensione del suo mandato alla lotta contro il traffico degli esseri umani e al sostegno per le operazioni di rimpatrio. Nel suggerire l'istituzione di pattuglie di vigilanza congiunte nelle zone marittime a più alto rischio, chiede di garantire all'Agenzia i mezzi necessari per poter operare. Occorre poi migliorare la cooperazione con i paesi terzi e con altre agenzie, come Europol.
La relazione di Javier MORENO SÁNCHEZ (PSE, ES) sottolinea anzitutto che l'immigrazione illegale costituisce una sfida comune per l'Europa che richiede una politica europea comune. Invita quindi gli Stati membri a considerarla attraverso un approccio globale che comprenda il rafforzamento dei controlli alle frontiere dell'Unione, la lotta contro l'immigrazione clandestina e il ritorno nel loro paese di origine degli stranieri in situazione irregolare, la lotta contro il lavoro illegale e la tratta degli esseri umani. Ma anche l'organizzazione dell'immigrazione legale e le misure atte ad agevolare l'integrazione dei migranti legali, il rafforzamento di un partenariato globale con i paesi terzi che favoriscono una relazione positiva tra migrazioni e sviluppo e l'attuazione di una politica omogenea in materia di diritto di asilo a livello comunitario. Plaude pertanto all'approvazione del patto europeo sull'immigrazione e l'asilo da parte del Consiglio europeo.
Ampliare il mandato di Frontex
Pur sostenendo che l'Agenzia Frontex non sia «una panacea per tutti i problemi provocati dalla migrazione irregolare», i deputati reputano che essa sia «uno strumento essenziale nella strategia globale dell'Unione sull'immigrazione» e invitano quindi la Commissione a presentare proposte di revisione del suo mandato «al fine di rafforzarne il ruolo e di aumentarne l'efficacia». Più in particolare, la relazione sottolinea che Frontex dovrebbe integrare nelle sue attività «misure preposte alla lotta contro la tratta di esseri umani», in particolare alle frontiere esterne dell'Unione.
Chiede poi di istituire pattuglie di vigilanza congiunte, permanenti e operative durante tutto l'anno in tutte le zone ad alto rischio, «in particolare alle frontiere marittime dove il rischio di perdite umane è elevato». L'Agenzia dovrebbe inoltre essere incoraggiata a eseguire progetti e operazioni nei paesi terzi, affinché, tra l'altro, l'efficacia degli accordi operativi ne risulti rafforzata e si identifichi quanto necessario ai fini dello sviluppo delle capacità per quanto riguarda la gestione delle frontiere nei paesi terzi. La relazione invita poi gli Stati membri a coinvolgere l'Agenzia nella pianificazione e organizzazione dei voli di rimpatrio congiunti e nell'identificazione di quanto necessario ai fini delle operazioni di ritorno congiunte.
Dotare Frontex dei mezzi necessari
La relazione insiste inoltre sulla necessità per l'Agenzia di poter contare sulla disponibilità dei mezzi messi a disposizione dagli Stati membri, sia per il suo coordinamento delle operazioni puntuali congiunte che per le sue missioni permanenti. Rammaricandosi che questi ultimi non abbiano una sufficiente volontà di fornirle le necessarie risorse, li esorta a farlo. Chiede inoltre agli Stati membri di formalizzare quanto prima un sistema di "solidarietà obbligatoria e irrevocabile" che consenta a Frontex «di eliminare l'incertezza che pesa sull'estensione dei mezzi su cui può far affidamento in tempo reale». I deputati ricordano peraltro che il Parlamento ha già aumentato il bilancio dell'Agenzia e vigilerà sulla sua corretta esecuzione nonché sul suo aggiustamento all'evoluzione delle sue funzioni. Migliorare la cooperazione con i paesi terzi
I deputati invitano l'Unione europea ad inserire nel quadro dei negoziati con i paesi terzi la necessità di intensificare la cooperazione in materia di immigrazione da parte di questi ultimi e ad esortare i paesi terzi la cui cooperazione è insufficiente, se non addirittura inesistente, a fare del loro meglio per agevolare il lavoro dell'Agenzia. Notano infatti che seppur la quasi totalità dei paesi terzi con i quali Frontex è chiamata a operare quotidianamente ha compiuto importati sforzi «che si sono tradotti in risultati estremamente positivi», in altri casi la cooperazione e ancora carente, come «ad esempio nel caso della Turchia e della Libia». Commissione e Stati membri dovrebbero poi raddoppiare i propri sforzi per aumentare il livello di cooperazione da parte dei paesi terzi, specificamente tramite i negoziati sugli accordi di riammissione.
Un sistema europeo di gestione delle frontiere
Nel chiedere di riflettere sulla fattibilità di un sistema europeo di guardie di frontiera, la relazione insiste sulla necessità di un piano esaustivo che stabilisca l'architettura generale della strategia comunitaria di gestione delle frontiere, fornisca dettagli sulle modalità di interfunzionamento di vari programmi e piani connessi e sul modo di ottimizzarne l'interazione fra tali programmi. Si compiace quindi della riflessione sull'istituzione di un sistema di sorveglianza delle frontiere EUROSUR per garantire una gestione ottimale di tutti i dispositivi di monitoraggio, estendendo essenzialmente la loro copertura attuale.
La relazione sottolinea poi la necessità di intensificare la cooperazione sull'analisi dei rischi tra l'Agenzia e Europol e le altre agenzie europee nonché gli organismi internazionali e le autorità di controllo delle frontiere dei paesi terzi. Soprattutto per bloccare le reti internazionali della tratta di esseri umani e per consegnare alla giustizia le persone coinvolte nella tratta degli immigranti illegali. Ritenendo indispensabile uno strumento volto a rendere possibile il trasferimento di informazioni (intelligence) da Frontex a coloro che possono usarle al meglio, invita l'Agenzia a istituire un ambiente comune di condivisione dell'informazione tra le autorità nazionali competenti. Sarebbe così possibile ottimalizzare la raccolta, l'analisi e la diffusione dei dati sensibili.
Garantire il rispetto dei diritti umani e il controllo democratico
La relazione chiede che il mandato di Frontex includa esplicitamente l'obbligo di rispettare gli standard internazionali in materia di diritti umani e il dovere verso i richiedenti asilo nelle operazioni di salvataggio in alto mare. Esorta poi la Commissione a valutare pienamente le attività di Frontex per quanto riguarda l'impatto che hanno sulle libertà fondamentali e sui diritti, compresa la responsabilità di proteggere le persone. Nel quadro del mandato, dovrebbe inoltre essere formalizzata la cooperazione con l'Alto Commissario dell'ONU per i rifugiati e con le altre organizzazioni non governative pertinenti.
I deputati chiedono anche un rafforzamento del controllo democratico di Frontex, da parte del Parlamento europeo, e invitano l'Agenzia a informarlo sui negoziati volti a concludere accordi con i paesi terzi, a presentare valutazioni tattiche imperniate su regioni frontaliere specifiche e a rendere pubblici i rapporti di valutazione sulle operazioni congiunte e su altre missioni coordinate, nonché le analisi dei rischi, gli studi di fattibilità e le statistiche sui movimenti migratori.
Link utili
Comunicazione della Commissione - Relazione sulla valutazione e
sullo sviluppo futuro dell'Agenzia FRONTEX
Riferimenti
Javier MORENO SÁNCHEZ (PSE, ES) Relazione sulla valutazione e sullo sviluppo futuro dell'Agenzia FRONTEX e del sistema europeo di sorveglianza delle frontiere EUROSUR Doc.: A6-0437/2008 Procedura: Iniziativa Dibattito: 17.12.2008 |
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Una relazione all'esame dell'Aula fa proprio il concetto ONU di responsabilità di proteggere le popolazioni dal genocidio, dai crimini di guerra e dalla pulizia etnica. Chiede di sviluppare la capacità militare dell'UE per contribuire alla stabilità e che sia fatta giustizia alle vittime dei conflitti, specie delle violenze sessuali. Rileva l'obbligo morale dell'UE di accogliere i profughi, la necessità di politiche migratorie eque e di aiuti per ripristinare la legalità e rilanciare l'economia.
La relazione di Nirj DEVA (PPE/DE, UK) sostiene anzitutto il concetto di "responsabilità di proteggere" le popolazioni dal genocidio, dai crimini di guerra, dalla pulizia etnica e dai crimini contro l'umanità quale sancito dalle Nazioni Unite e ne sottolinea il carattere vincolante per l'UE e i suoi Stati membri. Chiede quindi l'attuazione della dichiarazione del Segretario generale dell'ONU Kofi Annan contenuta nella sua relazione all'Assemblea generale del 2000: «la sovranità statale implica che la responsabilità primaria della protezione della popolazione spetta allo Stato stesso; quando la popolazione è gravemente danneggiata da guerre civili, rivolte e dal fallimento statale, e qualora lo Stato interessato non possa o non intenda fermare o impedire queste tragedie, la "responsabilità di proteggere" subentra al principio di non intervento».
I deputati sottolineano l'importanza di affrontare alla radice le cause dei conflitti nel quadro dei dialoghi politici della UE con i paesi terzi e dei programmi di cooperazione allo sviluppo «per potere sviluppare meccanismi che forniscano segnali precoci di allerta degli stati in difficoltà». Nell'invitare la Commissione a inserire la prevenzione dei conflitti tra le questioni trasversali nell'ambito della cooperazione allo sviluppo, rilevano poi l'esigenza essenziale di continuare a sviluppare la capacità militare della PESD in modo che l'Unione europea e i suoi Stati membri possano meglio contribuire alla stabilizzazione e allo sviluppo delle società che escono da un conflitto. Anche perché «senza le garanzie di sicurezza fornite dalla presenza sul terreno di forze di pace non sussiste, in generale, il presupposto essenziale per la stabilità delle società dilaniate da un conflitto».
La relazione ricorda poi che «la pace non significa unicamente assenza di guerra», poiché «non può esistere la pace senza giustizia». Ritenendo che la giustizia per le vittime di conflitti sia essenziale, rileva che i tribunali nazionali - se efficienti, indipendenti e imparziali - sono più qualificati dei tribunali internazionali per i crimini di guerra a garantire l'appropriazione da parte dei cittadini dei processi giudiziari nazionali e la punizione dei colpevoli. Invita quindi a rafforzare i sistemi giudiziari e chiede l'assistenza legale per i gruppi vulnerabili e le minoranze etniche. Al contempo, ritiene assolutamente necessario per tutti gli Stati firmare e ratificare lo Statuto di Roma per rendere più operativo il sistema Tribunale Penale Internazionale, «più coerente e consistente».
Giudica inoltre essenziale porre un termine
all'impunità dei crimini sessuali ed escludere tali reati,
laddove possibile, dalle disposizioni di amnistia e garantire che
tutte le vittime di violenza sessuale, in particolare le donne e le
ragazze, abbiano uguale tutela dalla legge e parità di accesso alla
giustizia. Evidenzia poi la necessità per le donne che hanno subito
violenza sessuale «di beneficiare del pieno accesso ai servizi di
igiene riproduttiva e sessuale e a programmi di sensibilizzazione
che le aiutino a lottare contro la stigmatizzazione di cui sono
vittime». D'altro canto, raccomanda l'applicazione del codice di
condotta per il personale dell'ONU che opera in aree postbelliche e
chiede "tolleranza zero" nei confronti di violenze sessuali
perpetrate da membri delle forze di pace o delle ONG. Rileva anche
l'opportunità di includere disposizioni specifiche per le ex
combattenti nei programmi di disarmo, smobilitazione e
reinserimento. Nel sostenere che i capi ex combattenti debbano assolutamente rinunciare alla violenza prima di essere inseriti in strutture istituzionali formali che incoraggino la condivisione del potere, la relazione sottolinea che il ritorno volontario dei profughi e degli sfollati interni debba avere priorità elevata garantendo loro nel contempo una possibilità di vita effettiva. Allo stesso tempo, rileva che gli Stati membri hanno «l'obbligo morale di dare rifugio ai profughi provenienti da zone interessate da conflitti», sulla base di una ripartizione dell'onere, e dovrebbero assistere attivamente i profughi che desiderino fare ritorno nei rispettivi paesi d'origine al termine di un conflitto violento.
I deputati, peraltro, attribuiscono un'importanza cruciale a politiche migratorie eque nei confronti dei paesi in via di sviluppo. A loro parere, infatti, le migrazioni «possono essere trasformate in una forza positiva nel processo di sviluppo», in particolare attraverso le rimesse inviate dagli emigrati residenti nell'UE e limitando il fenomeno della fuga dei cervelli, agevolando la migrazione di ritorno e impedendo la tratta di esseri umani. Sottolineano anche la necessità di intraprendere un'azione per promuovere la riunificazione familiare e la reintegrazione dei bambini vittime di conflitti armati e garantirne l'accesso a programmi educativi, di formazione professionale e di supporto psicologico, con particolare attenzione per le esigenze specifiche delle ragazze.
Fortemente convinti che vada fatto ogni sforzo per garantire un livello minimo nei servizi di base per le popolazioni vittime di conflitti, i deputati sottolineano la necessità di rafforzare il coordinamento civile-militare e di raggiungere un equilibrio tra le componenti civili e militari dell'aiuto allo sviluppo al fine di garantire il funzionamento delle infrastrutture di base e dei servizi pubblici «senza sminuire l'importanza delle esigenze di ricostruzione e ripristino e del rilancio dei processi democratici ed economici».
Più in particolare, ritenendo che la legittimità dello Stato possa essere conseguita solo attraverso il buon governo e le politiche efficaci, sottolineano che istituzioni, processi elettorali, iscrizione dei votanti nelle liste elettorali, identificazione dei votanti e meccanismi anticorruzione «devono essere quanto più trasparenti e/o responsabili possibile». Rilevano inoltre che, in occasione di elezioni all'interno di paesi che versano in una situazione postbellica, l'adesione delle donne deve «essere favorita mediante programmi specifici e quote di partecipazione a ogni livello».
La Commissione è poi invitata a istituire un'unità di deregolamentazione che fornisca consulenza ai paesi in situazione postbellica su come organizzare le infrastrutture economiche in maniera tale da eliminare i controlli burocratici che bloccano o rallentano la creazione di piccole imprese, l'apertura di conti bancari o la registrazione di proprietà fondiarie e società. La relazione rileva inoltre la necessità di introdurre incentivi fiscali per le nuove imprese soprattutto attraverso programmi di sostegno al bilancio limitando, ove possibile, il ricorso al capitale di rischio.
La relazione sottolinea poi l'importanza di un controllo indipendente sulla trasparenza e la responsabilità nell'utilizzo delle risorse, ed evidenzia la necessità di contrastare gli sprechi, le frodi e la corruzione, sotto qualsiasi forma, attraverso un meccanismo adeguato. Sollecita anche gli Stati membri a promuovere e sostenere una buona governance di tutte le risorse naturali e a prendere iniziative contro il loro sfruttamento e traffico.
Riferimenti
Nirj DEVA (PPE/DE, UK) Relazione sulle prospettive di sviluppo per la costruzione della pace e la ricostruzione della nazione nelle situazioni postconflittuali Doc.: A6-0445/2008 Procedura: Iniziativa Dibattito: 18.12.2008 |
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Il Parlamento procederà al voto in seconda lettura del progetto di bilancio dell'UE per il 2009. I deputati dovrebbero approvare l'accordo raggiunto con il Consiglio sul livello dei pagamenti (116,1 miliardi di euro), incrementando alcune spese relative alle priorità del Parlamento (crescita, coesione, occupazione). Dovrebbe inoltre stanziare 420 milioni di euro per aiutare i PVS a far fronte alla volatilità dei prezzi alimentari.
La relazione di Jutta HAUG (PSE, DE) e Janusz LEWANDOWSKI (PPE/DE, PL) conferma il livello globale di pagamenti per il bilancio 2009 della Commissione a 116, 096 miliardi di euro. Tale importo è stato negoziato con il Consiglio il 21 novembre scorso e corrisponde allo 0,89% dell'RNL dell'Unione europea. L'importo totale degli impegni è invariato rispetto alla prima lettura: 113,778 miliardi di euro, vale a dire l'1,03% dell'RNL.
Priorità politiche del Parlamento
Gli importi di bilancio negoziati con il Consiglio dovrebbero permettere il mantenimento delle priorità politiche definite dal Parlamento nel corso della prima lettura. Si tratta innanzitutto delle linee di bilancio iscritte alla rubrica 1 (occupazione, crescita, coesione, competitività). Per una serie di azioni e programmi, in particolare nel campo della ricerca e per il programma Galileo, i deputati propongono spese superiori rispetto al progetto preliminare di bilancio e alle sue successive rettifiche proposte dalla Commissione europea.
Inoltre, hanno mantenuto gli incrementi di spesa approvati in prima lettura per Frontex (Agenzia europea per la gestione della cooperazione operazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea), per il Fondo europeo per i rifugiati (rubrica 3 cittadinanza, libertà, sicurezza e giustizia) e per le azioni e le politiche relative al clima e all'energia.
I deputati invitano la Commissione e la Banca europea per gli investimenti a «riferire regolarmente sulle attività intraprese per contrastare la crisi economica».
Aiuto ai paesi in via di sviluppo per l'impennata dei prezzi alimentari
L'accordo raggiunto con il Consiglio sulla creazione di un nuovo strumento di risposta rapida all'impennata dei prezzi alimentari nei paesi in via di sviluppo (lo "strumento alimentare") ha permesso di stanziare un miliardo di euro per tre anni. Entrambi i rami dell'autorità di bilancio sono convenuti sul fatto che lo strumento di flessibilità dovrà contribuire al finanziamento dello strumento alimentare attraverso la mobilizzazione di un importo di 420 milioni di euro per il bilancio 2009, sui 730 milioni di euro disponibili. Per il 2009 la commissione per i bilanci ha creato una linea specifica di bilancio di 568 milioni di euro di impegno e rettificato la struttura delle spese in modo da tener conto degli importi necessari al finanziamento di tali aiuti.
Con una decisione distinta, contenuta nella relazione Reimer BÖGE (PPE/DE, DE), il Parlamento accoglie con favore l'accordo raggiunto in fase di conciliazione sull'uso dello strumento di flessibilità a favore dello strumento alimentare per un importo totale di 420 milioni di euro nel bilancio 2009.
Fondi strutturale e coesione
I deputati si dicono preoccupati in merito al livello estremamente basso dei pagamenti, ben al di sotto di quanto previsto nel quadro finanziario pluriennale e che non corrisponde alle vere sfide che deve affrontare l'Unione europea in una situazione di crisi economica. Rilevano quindi la necessità di migliorare e di semplificare le misure per accelerare il funzionamento dei fondi strutturali e del Fondo di coesione e invitano la Commissione, nel quadro giuridico attuale, ad effettuare rapidamente le valutazioni di conformità della gestione e dei sistemi di controllo degli Stati membri, al fine di facilitare il lancio dei grandi progetti.
Cambiamento climatico
I deputati ritengono che le misure di lotta contro il cambiamento climatico non siano state prese in sufficiente considerazione nel bilancio dell'Unione europea e si dicono pronti a «sostenere ogni sforzo volto ad aumentare e a concentrare le risorse finanziarie necessarie per promuovere la leadership dell''Europa nella lotta contro le conseguenze del cambiamento climatico». Pertanto invitano nuovamente la Commissione a presentare, entro il 15 marzo 2009, un piano ambizioso per migliorare la capacità finanziaria per far fronte ai problemi legati al cambiamento climatico. L'idea è quella di avviare una riflessione approfondita sulla possibilità di utilizzare il sistema per lo scambio delle emissioni come una potenziale risorsa a livello dell'Unione europea in futuro.
Azioni esterne
Ancora una volta i deputati deplorano che la rubrica 4 - "L'Unione europea come attore mondiale" - sia sotto costante pressione, poiché i margini disponibili non sono sufficienti per finanziare le priorità che sono emerse nel corso dell'anno senza pregiudicare le sue priorità tradizionali.
Sottolineano quindi che gli stanziamenti di impegno a favore della Palestina ammonteranno a 300 milioni di euro, importo che rappresenta una diminuzione del 21% rispetto al livello dei fondi impegni nel 2008 successivamente agli storni. Inoltre, gli stanziamenti destinati all'assistenza a favore del Kosovo saranno «appena sufficienti a mantenere il ritmo delle riforme degli investimenti». I deputati, d'altro canto, accolgono con favore il fatto che l'Unione abbia deciso di contribuire al processo di ricostruzione in Georgia impegnandosi a fornire la sua assistenza finanziaria per un importo fino a 500 milioni di euro ripartiti su tre anni, sulla base di determinate condizioni politiche.
Bilancio dell'Unione europea per il 2009
Link utili
Proposta della Commissione sulla mobilitazione dello strumento
di flessibilità Riferimenti
Jutta HAUG (PSE, DE) e Janusz LEWANDOWSKI (PPE/DE, PL) Relazione sul progetto di bilancio generale dell'Unione europea per l'esercizio 2009 quale modificato dal Consiglio (tutte le sezioni) e le lettere rettificative nn. 1/2009 (SEC(2008)2435 – 13702/2008 – C6-0344/2008), 2/2009 (SEC(2008)2707 – 16259/2008 – C6-0458/2008) e 3/2009 (SEC(2008)2840 – 16260/2008 – C6-0459/2008) al progetto di bilancio generale dell'Unione europea per l'esercizio 2009 Doc.: A6-0486/2008 Dibattito: 17.12.2008 & Reimer BÖGE (PPE/DE, DE) Relazione sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la mobilizzazione dello strumento di flessibilità, in conformità del punto 27 dell'accordo interistituzionale del 17 maggio 2006 tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sulla disciplina di bilancio e la sana gestione finanziaria Doc.: A6-0493/2008 Procedura: Bilancio Relazione senza dibattito |
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Il Parlamento si pronuncerà sul futuro statuto degli assistenti dei deputati europei. Anche se la decisione finale spetta al Consiglio, sono in corso dei negoziati volti a definire un testo condiviso dalle due istituzioni.
La proposta in questione trova il suo fondamento nell'articolo 21 dello statuto dei deputati che entrerà in vigore con la nuova legislatura e che recita:
"1. I deputati hanno diritto all'assistenza di collaboratori personali da loro liberamente scelti 2. Il Parlamento copre le spese effettivamente sostenute per l'impiego degli assistenti 3. Il Parlamento fissa le condizioni d'esercizio di questo diritto"
L'Ufficio di presidenza del Parlamento ha adottato nel luglio scorso le misure di attuazione dello statuto dei deputati, il cui capitolo 5 è dedicato all'assistenza dei collaboratori personali.
L'articolo 34 delle misure di attuazione stabilisce una distinzione tra, da una lato, gli assistenti parlamentari accreditati presso uno dei tre luoghi di lavoro del Parlamento, sottoposti a un regime giuridico specifico e i cui contratti sono stipulati e gestiti direttamente dal Parlamento e, dall'altro, gli assistenti locali, ossia persone fisiche che assistono i deputati nel loro Stato membro d'elezione e che hanno stipulato con loro un contratto di lavoro o di prestazione di servizi conformemente al diritto nazionale.
Per la gestione dei contratti con questi ultimi, è istituita la figura del terzo erogatore, con la funzione di garantire la buona gestione dell'indennità d'assistenza parlamentare attribuita ad ogni deputato assumendosene la responsabilità, mettendo così fine alle incertezze ed ambiguità che caratterizzano il regime attuale, oggetto di varie critiche.
Al contrario, i cosiddetti assistenti parlamentari accreditati saranno oggetto di un regime particolare nel quadro dello statuto dei funzionari e più in particolare del regime applicabile agli altri agenti delle Comunità europee.
Link utili
Proposta della Commissione
Riferimenti
Giuseppe GARGANI (PPE/DE, IT) Relazione sulla proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regime applicabile agli altri agenti delle Comunità europee Doc.: A6-0483/2008 Procedura: Consultazione legislativa Dibattito: 16.12.2008 |
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Ordine del giorno 15 - 18 dicembre 2008 Strasburgo L'ordine del giorno, che può subire modifiche, è disponibile sul sito. |
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