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RESOCONTO

 

11 marzo 2009

Strasburgo

 

 

 


 
Il Parlamento vara il terzo pacchetto marittimo


Il Parlamento ha adottato otto testi legislativi che hanno lo scopo di rafforzare l'attuale normativa UE per proteggere le coste europee dagli incidenti e migliorare la sicurezza di passeggeri ed equipaggi. I testi riguardano le ispezioni delle navi, i controlli dello Stato di approdo, il sistema UE di monitoraggio del traffico, le inchieste sugli incidenti, la responsabilità nel trasporto di passeggeri, l'assicurazione degli armatori e il rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera.

 

Gli otto regolamenti e direttive che compongono il terzo pacchetto marittimo (chiamato anche Erika III) rendono infatti più rigorosi i requisiti di sicurezza delle navi battenti bandiera europea e di tutte quelle che solcano i mari dell'UE.  Le nuove norme prevedono la creazione di una "lista nera" permanente delle imbarcazioni pericolose e più frequenti ispezioni. Impongono inoltre l'obbligo per le navi europee di rispettare gli standard di sicurezza internazionali, fissano più rigorosi requisiti in materia di assicurazione e una migliore compensazione dei passeggeri vittime di incidenti. Dovrà poi essere istituita in ogni Stato membro un'autorità indipendente che abbia il potere di lanciare operazioni di soccorso e di decidere dove fare approdare le navi in difficoltà.


Ispezioni più frequenti e rigorose

 
Adottando con 641 voti favorevoli, 15 contrari e 15 astensioni la relazione di Dominique VLASTO (PPE/DE, FR), il Parlamento ha approvato il compromesso raggiunto dal comitato di conciliazione sulla direttiva che intende migliorare il rispetto della legislazione internazionale e comunitaria su sicurezza marittima, tutela dell'ambiente marino e condizioni di vita e di lavoro a bordo delle navi battenti tutte le bandiere. Il provvedimento definisce inoltre criteri comuni per il controllo delle navi da parte dello Stato di approdo e armonizza le procedure di ispezione e fermo. Introduce poi in tutta l'UE un sistema di controllo da parte dello Stato di approdo per cui le navi che presentano un rischio più elevato sono sottoposte ad ispezioni più dettagliate con maggiore frequenza. Gli Stati membri dovranno applicare le disposizioni della direttiva a partire dal 1° gennaio 2011.

 

Più in particolare, a tutte le navi che fanno scalo in un porto o - come richiesto dai deputati - in un ancoraggio al largo del porto di uno Stato membro dovrà essere attribuito, in una banca dati sulle ispezioni, un profilo di rischio che ne determina la rispettiva priorità di ispezione nonché la frequenza e la portata delle ispezioni. Il profilo di rischio sarà determinato da una combinazione di parametri come il tipo, l'età e la bandiera della nave, gli organismi riconosciuti interessati e la prestazione della compagnia, ma anche il numero di carenze e di fermi constatati in un determinato periodo. Questi criteri e le corrispondenti ispezioni da realizzare sono precisati in un allegato della direttiva. Le navi a rischio elevato dovranno essere ispezionate ogni sei mesi, mentre quelle classificate come di "priorità assoluta" - perché già coinvolte in incidenti, per esempio - potranno essere sottoposte a un controllo «indipendentemente dal periodo intercorso dalla loro ultima ispezione periodica», a discrezione dell'ispettore.

 

Inoltre, gli Stati membri dovranno rifiutare l'accesso ai loro porti e ancoraggi a tutte le navi che battono la bandiera di uno Stato la cui percentuale di fermi rientra nella lista nera adottata a livello internazionale (MOU) e che sono state fermate, o hanno scontato un divieto di esercizio, più di due volte nel corso dei precedenti tre anni. Il rifiuto di accesso potrà essere revocato solo dopo tre mesi, dopo una nuova ispezione "estesa" (i cui costi incomberanno sul proprietario o l'armatore) che accerti la conformità della nave.


Se la nave è sottoposta a un secondo rifiuto di accesso, il periodo per la revoca si estende a 12 mesi. Ogni fermo successivo, invece, potrà essere revocato solamente dopo un periodo di 24 mesi. Se i criteri non sono soddisfatti trascorso questo periodo, alla nave è imposto un rifiuto di accesso permanente. Lo stesso vale per tutte le navi cui è imposto un fermo dopo il terzo rifiuto di accesso.

 
La direttiva si applica alle navi e relativi equipaggi che fanno scalo o ancoraggio in un porto di uno Stato membro per effettuare un'attività di interfaccia nave/porto. Sono esclusi dal suo ambito di applicazione i pescherecci, le navi da guerra, i macchinari navali ausiliari, le imbarcazioni in legno di costruzione rudimentale, le navi di Stato usate per scopi non commerciali e le imbarcazioni da diporto che non si dedicano ad operazioni commerciali.

 
Adottando con 665 voti favorevoli, 19 contrari e 4 astensioni la relazione di Luis de GRANDES PASCUAL (PPE/DE, ES), il Parlamento ha anche il compromesso raggiunto dal comitato di conciliazione in merito alla direttiva che stabilisce le misure che devono adottare gli Stati membri nel loro rapporto con gli organismi preposti all'ispezione, al controllo e alla certificazione delle navi per conformarsi alle convenzioni internazionali sulla sicurezza in mare e sulla prevenzione dell'inquinamento marino, pur perseguendo l'obiettivo della libera prestazione di servizi.

 
La direttiva che dovrà applicarsi entro due anni dalla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'UE, stabilisce che gli Stati membri dovranno assicurare che le navi battenti la loro bandiera «siano progettate, costruite, equipaggiate e mantenute in efficienza conformemente alle relative norme e procedure in materia di scafo, macchinari e impianti elettrici e di controllo fissati da un organismo riconosciuto».

 
In linea di principio, gli Stati membri, dovranno adoperarsi affinché le loro amministrazioni competenti diano adeguata esecuzione alle relative norme, in particolare riguardo alle ispezioni e al controllo delle navi e al rilascio dei certificati statutari. Potranno però anche decidere di affidare questi compiti, per le navi battenti la propria bandiera, ad altri organismi riconosciuti con i quali l'amministrazione nazionale competente dovrà instaurare un rapporto funzionale. In questo caso, gli Stati membri non potranno rifiutare di autorizzare un organismo riconosciuto a svolgere dette funzioni, ma potranno limitare il numero degli organismi da essi autorizzati. Inoltre, se uno Stato membro considera che l'organismo riconosciuto non possa più essere autorizzato a svolgere per suo conto questi compiti, potrà «sospendere o revocare tale autorizzazione».

 
Un altro regolamento - adottato sulla base di un accordo col Consiglio, con 655 voti favorevoli, 17 contrari e 5 astensioni - stabilisce le misure che devono essere adottate dagli organismi preposti all'ispezione, al controllo e alla certificazione delle navi per conformarsi alle convenzioni internazionali sulla sicurezza in mare e sulla prevenzione dell'inquinamento marino.

 
Obblighi dello Stato di bandiera

 
L'Aula ha poi adottato la relazione di Emanuel FERNANDES (PSE, PT) che sottoscrive la posizione comune del Consiglio in merito a una direttiva avente lo scopo di assicurare che gli Stati membri ottemperino con efficacia e coerenza ai loro obblighi in quanto Stati di bandiera, nonché di migliorare la sicurezza e prevenire l’inquinamento provocato dalle navi battenti bandiera di uno Stato membro. La direttiva dovrà applicarsi entro due anni dalla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, anche se talune disposizioni saranno applicabili a partire dal terzo e dall'ottavo anno.

 
Più in particolare, stabilisce che, prima di consentire l’esercizio di una nave cui è stato concesso il diritto di battere la sua bandiera, lo Stato membro interessato dovrà adottare le misure che ritiene necessarie per assicurare che la nave in questione ottemperi alle norme e alle regolamentazioni internazionali applicabili. Dovrà quindi verificare i precedenti relativi alla sicurezza della nave con ogni mezzo ragionevole e, se necessario, consultare l'amministrazione del precedente Stato di bandiera per accertarsi se sussistano ancora anomalie o problemi di sicurezza da questo individuati e rimasti irrisolti.

 
Assicurazione degli armatori

 

Il Parlamento ha inoltre adottato la relazione di Gilles SAVARY (PSE, FR) che approva la posizione comune del Consiglio in merito alla direttiva che disciplina taluni aspetti degli obblighi cui sono soggetti gli armatori riguardo all'assicurazione per i crediti marittimi. La direttiva, che dovrà applicarsi entro il 1° gennaio 2012, si applica alle navi di stazza lorda pari o superiore a 300 tonnellate. Ma non alle navi da guerra, alle navi da guerra ausiliarie o alle altre navi di proprietà dello Stato o gestite dallo Stato impiegate per servizi pubblici a fini non commerciali.
 
In base alla direttiva ogni Stato membro dovrà prescrivere che gli armatori delle navi battenti la sua bandiera stipulino un'assicurazione che copra dette navi e che quelli delle navi battenti bandiera di un altro paese siano coperti da un'assicurazione quando dette navi entrano in un suo porto. Ciò, peraltro, non osta a che gli Stati membri, in conformità del diritto internazionale, impongano il rispetto di tale obbligo quando le navi si trovano nelle loro acque territoriali. L'importo dell'assicurazione per ciascuna nave per evento dovrà essere pari all'importo massimo applicabile per la limitazione di responsabilità conformemente a quanto stabilito Convenzione internazionale del 1996 sulla responsabilità e l'indennizzo per i danni causati dal trasporto via mare di sostanze nocive e potenzialmente pericolose (convenzione HNS).
 
L'esistenza dell'assicurazione dovrà essere comprovata da uno o più certificati rilasciati dal suo fornitore e presenti a bordo della nave. Se la lingua impiegata nei certificati non è né l'inglese né il francese né lo spagnolo, il testo dovrà includere una traduzione in una di queste lingue. Se il certificato non è a bordo, l'autorità competente potrà emanare nei confronti della nave un ordine di espulsione, il quale andrà notificato alla Commissione, agli altri Stati membri e allo Stato di bandiera interessato. In conseguenza dell'emanazione di tale ordine, ciascuno Stato membro dovrà rifiutare l'accesso della nave ai suoi porti fino alla notificazione del certificato da parte dell'armatore.

 
Responsabilità dei vettori

 
Adottando con 673 voti favorevoli, 18 contrari e 2 astensioni la relazione di Paolo COSTA (ALDE/ADLE, IT), il Parlamento ha sottoscritto il compromesso raggiunto con il Consiglio in sede di comitato di conciliazione riguardo a un regolamento che istituisce la disciplina comunitaria in materia di responsabilità e di copertura assicurativa per il trasporto di passeggeri via mare, quale definito dalla Convenzione di Atene del 1974 e dagli orientamenti IMO (i cui testi figurano negli allegati). Se così fosse, il regolamento diventerà applicabile a decorrere dalla data di entrata in vigore della Convenzione di Atene per la Comunità, ma - come richiesto dai deputati - «in ogni caso non più tardi del 31 dicembre 2012». Ma l'applicazione di alcune misure avverrà più tardi.


Per il trasporto internazionale le nuove norme si applicheranno da partire dal 2012. Per le tratte nazionali, invece, il regolamento si applicherà infatti entro il 2016 al trasporto via mare effettuato all'interno di un singolo Stato membro a bordo di navi appartenenti alle classi A (grandi vascelli) e, come richiesto dai deputati, anche a quelle di classe B (ossia quelle più comunemente usate per il trasporto passeggeri nell'UE), ma dal 2018. Purché battano bandiera di uno Stato membro o siano registrate in uno Stato membro, oppure se il contratto di trasporto è stato concluso in uno Stato membro o  il luogo di partenza o di destinazione è situato in uno Stato membro. La possibilità di estenderne l'applicazione a navi più piccole (classi C e D) sarà valutata entro giugno 2013.

 

I vettori dovranno pagare fino a 2.587 euro a titolo di risarcimento per la perdita o il deterioramento dei bagagli e fino a 460.000 euro in caso di lesioni fisiche o decesso imputabili a sua colpa o negligenza. Inoltre, quando la morte o le lesioni personali di un passeggero sono causate da un incidente marittimo, il vettore che ha realmente effettuato per intero o in parte il trasporto durante il quale il sinistro marittimo è avvenuto dovrà procedere a «un anticipo di pagamento sufficiente a coprire le necessità economiche immediate, proporzionalmente al danno subito, entro quindici giorni dall'identificazione della persona che ha titolo al risarcimento». E' però precisato che l'anticipo di pagamento non costituisce riconoscimento di responsabilità.


Un'autorità indipendente per le operazioni di soccorso


Con 642 voti favorevoli, 17 contrari e 3 astensioni l'Aula ha inoltre adottato la relazione di Dirk STERCKX (ALDE/ADLE, BE) che approva il compromesso raggiunto con il Consiglio in merito alla modifica della direttiva sul sistema comunitario di monitoraggio del traffico navale e d'informazione. Scopo della direttiva è di garantire una migliore sicurezza ed efficienza del traffico, una migliore risposta delle autorità in caso d'incidente o in presenza di situazioni potenzialmente pericolose in mare, comprese le operazioni di ricerca e di soccorso, e un ausilio per migliorare la prevenzione e l'individuazione dell'inquinamento causato dalle navi. Le sue disposizioni andranno attuate entro 18 mesi e, per alcune misure, più tardi.

 
La direttiva si applica alle navi di stazza lorda pari o superiore a 300 tonnellate ma non, salvo disposizione contraria, alle navi da guerra, alle navi da guerra ausiliarie e alle altre navi appartenenti ad uno Stato membro o da questo esercitate e utilizzate per un servizio pubblico non commerciale, né alle navi da pesca, alle navi tradizionali e alle imbarcazioni da diporto di lunghezza inferiore a 45 metri e nemmeno ai bunker fino a 1.000 tonnellate (attualmente è 5.000), alle scorte e alle attrezzature di bordo delle navi.

Gli Stati membri dovranno designare una o più autorità competenti che, oltre a possedere le necessarie competenze specialistiche, abbiano il potere di adottare autonomamente decisioni indipendenti riguardo all'accoglienza delle navi che necessitano di assistenza al fine di garantire la sicurezza della navigazione e delle persone o la tutela dell'ambiente. L'autorità potrà, ad esempio, limitare i movimenti di una nave o dirigerla in modo che essa segua una data rotta. Oppure potrà ordinare al comandante di far cessare il rischio, inviare a bordo della nave una squadra di esperti per valutare il grado di rischio, assistere il comandante nel rimediare alla situazione e tenere informata la stazione costiera competente. Avrà anche la facoltà di ordinare al comandante di recarsi in un luogo di rifugio in caso di pericolo imminente od ordinare che la nave sia pilotata o rimorchiata.

 
Gli Stati membri dovranno inoltre predisporre piani per l'accoglienza delle navi per rispondere ai rischi creati da quelle che necessitano di assistenza che si trovano nelle acque poste sotto la loro giurisdizione, compresi, se del caso, rischi alla vita umana e all'ambiente. Spetterà all'autorità designata decidere in merito all'accoglienza di una nave in un luogo di rifugio.

 

Nella sua versione attuale la direttiva prevede l'uso di sistemi di identificazione automatica (AIS) da mantenere sempre in funzione. Il compromesso ne estende l'uso a «ogni peschereccio di lunghezza fuori tutto superiore a 15 metri che batta la bandiera di uno Stato membro e sia registrato nella Comunità oppure operi nelle acque interne o nel mare territoriale di uno Stato membro oppure sbarchi le sue catture nel porto di uno Stato membro». Il ricorso a questo dispositivo sarà introdotto progressivamente - 3 a 5 anni dall'entrata in vigore della direttiva - a seconda della lunghezza, ma quelli di nuova costruzione dovranno utilizzarlo entro 18 mesi.

 
Gli Stati membri dovranno inoltre istituire sistemi a livello nazionale o locale per la gestione delle informazioni relative alla sicurezza portuale e marittima, alla protezione dell’ambiente marino e all’efficienza del traffico e del trasporto marittimi. Per garantire lo scambio effettivo dei dati, gli Stati membri dovranno provvedere affinché i sistemi possano essere interconnessi con SafeSeaNet, la cui operatività 24 ore su 24 dovrà essere garantita dalla Commissione. Il sistema comunitario SafeSeaNet consente di ricevere, conservare, recuperare e scambiare informazioni.

 
Inchieste più efficienti sugli incidenti

 
Infine, adottando con 669 voti favorevoli, 15 contrarie e 2 astensioni la relazione di Jaromír KOHLÍČEK (GUE/NGL, CZ), l'Aula ha sottoscritto l'accordo raggiunto dal comitato di conciliazione in merito alla direttiva intesa a migliorare la sicurezza marittima e a prevenire l'inquinamento causato dalle navi. Mira infatti a agevolare l'esecuzione efficiente delle inchieste di sicurezza e l'analisi corretta dei sinistri e degli incidenti marittimi al fine di determinarne le cause e prevede la presentazione di rapporti precisi e tempestivi sulle inchieste di sicurezza e di proposte d'interventi correttivi. Dovrà applicarsi entro due anni dalla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'UE.

 
Pur precisando che le inchieste svolte ai sensi della direttiva non riguardano la determinazione della responsabilità né l'attribuzione di colpe, la direttiva chiede agli Stati membri di provvedere affinché l'organo o ente inquirente «non ometta di riferire integralmente le cause del sinistro o dell'incidente marittimo per il fatto che dai risultati si possono desumere colpe o responsabilità».
 

La direttiva si applicherà ai sinistri e agli incidenti marittimi che coinvolgono navi battenti la bandiera di uno degli Stati membri, o si verificano nel mare territoriale e nelle acque interne degli Stati membri, o incidono su altri loro interessi rilevanti. Non vi rientrano però i sinistri e gli incidenti marittimi che interessano soltanto navi da guerra o destinate al trasporto di truppe o altre navi di proprietà o gestite da uno Stato membro che siano utilizzate esclusivamente per servizi governativi non commerciali. E nemmeno le navi senza mezzi di propulsione meccanica, navi di legno di costruzione primitiva e navi ed imbarcazioni da diporto non adibite al traffico commerciale, le navi per la navigazione, le navi da pesca di lunghezza inferiore a 15 metri e le unità fisse di perforazione.

 
Nella conciliazione il Parlamento è riuscito a convincere il Consiglio a istituire l’obbligo di effettuare una valutazione preliminare in tutti i casi di sinistro molto grave e ad accettare che il lavoro degli inquirenti sia basato su una metodologia comune, e non solo su principi di una metodologia comune. E' anche riuscito a rafforzare il principio dell’indagine singola e a chiarire la possibilità di indagini parallele in modo estremamente rigoroso. Inoltre, il Consiglio ha accolto l'emendamento del Parlamento che sollecitava l'avvio dell'indagine non più tardi di due mesi dall'incidente.

 

 

Link utili

 

Testo comune - Direttiva relativa al controllo da parte dello Stato di approdo
Testo comune - Direttiva relativa alle disposizioni ed alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi e per le pertinenti attività delle amministrazioni marittime
Testo comune - Regolamento relativo alle disposizioni ed alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi
Posizione comune - Direttiva relativa al rispetto degli obblighi dello Stato di bandiera
Posizione comune - Direttiva sull'assicurazione degli armatori per i crediti marittimi
Testo comune - Regolamento relativo alla responsabilità dei vettori che trasportano passeggeri via mare in caso di incidente
Testo comune - Direttiva relativa all'istituzione di un sistema comunitario di monitoraggio del traffico navale e d'informazione
Testo comune - Direttiva che stabilisce i principi fondamentali in materia di inchieste sugli incidenti nel settore del trasporto marittimo

 

 

Riferimenti

 

Dominique VLASTO (PPE/DE, FR)

Relazione sul progetto comune, approvato dal comitato di conciliazione, di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al controllo da parte dello Stato di approdo (rifusione)

Procedura: Codecisione, terza lettura

&

Luis de GRANDES PASCUAL (PPE/DE, ES)

Relazione sul progetto comune, approvato dal comitato di conciliazione, di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle disposizioni ed alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi e per le pertinenti attività delle amministrazioni marittime (rifusione)

Procedura: Codecisione, terza lettura

&

Relazione sul progetto comune, approvato dal comitato di conciliazione, di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle disposizioni ed alle norme comuni per gli organismi che effettuano le ispezioni e le visite di controllo delle navi (rifusione)

Procedura: Codecisione, terza lettura

&

Emanuel FERNANDES (PSE, PT)

Relazione relativa alla posizione comune del Consiglio in vista dell'adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'assicurazione degli armatori per i crediti marittimi

Procedura: Codecisione, seconda lettura

&

Gilles SAVARY (PSE, FR)

Relazione relativa alla posizione comune del Consiglio in vista dell'adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'assicurazione degli armatori per i crediti marittimi

Procedura: Codecisione, seconda lettura

&

Paolo COSTA (ALDE/ADLE, IT)

Relazione sul progetto comune, approvato dal comitato di conciliazione, di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla responsabilità dei vettori che trasportano passeggeri via mare in caso di incidente

Procedura: Codecisione, terza lettura

&

Dirk STERCKX (ALDE/ADLE, BE)

Relazione sul progetto comune, approvato dal comitato di conciliazione, di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2002/59/CE relativa all’istituzione di un sistema comunitario di monitoraggio del traffico navale e d’informazione

Procedura: Codecisione, terza lettura

&

Jaromír KOHLÍČEK (GUE/NGL, CZ)

Relazione sul progetto comune, approvato dal comitato di conciliazione, di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i principi fondamentali in materia di inchieste sugli incidenti nel settore del trasporto marittimo e che modifica le direttive 1999/35/CE e 2002/59/CE

Procedura: Codecisione, terza lettura

Dibattito:10.3.2009

Votazione: 11.3.2009

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Coordinare i piani di salvataggio economico


Il P
arlamento sollecita il coordinamento dei piani di salvataggio economico, mettendo in guardia dalla crescita del debito pubblico, un esame del comportamento tenuto dalle banche e degli aiuti che riceveranno e un migliore accesso al credito per le PMI e i cittadini. Chiede anche un'iniziativa europea a favore dell'occupazione e la possibilità di applicare un tasso d'IVA ridotto per le attività ad alta intensità di manodopera, nonché il rilancio degli investimenti, in particolare nelle TEN-T.

 

Approvando con 526 voti favorevoli, 105 contrari e 22 astensioni la relazione di Anne FERREIRA (PSE, FR), il Parlamento accoglie con favore l'iniziativa della Commissione di varare un piano europeo di ripresa economica in risposta alla grave crisi in atto. Tuttavia, ne sottolinea la formulazione «troppo vaga» e paventa il rischio che la sua attuazione prenda «un certo tempo». Rileva inoltre che la maggior parte delle misure comunitarie proposte «poggia su un esercizio di ridistribuzione nel bilancio di finanziamenti già programmati e non sulla mobilitazione di nuove risorse di bilancio».

 

In proposito, nel ricordare che tale redistribuzione «potrebbe ostacolare le politiche esistenti», chiede ulteriori dettagli sulla fase di sviluppo di ciascun progetto e rammenta che qualsiasi modifica del livello di pagamenti dovrà essere approvato dai due rami dell’autorità di bilancio (Parlamento europeo e Consiglio). Accogliendo un emendamento del PSE, l'Aula ribadisce anche «l'urgente necessità di rafforzare il bilancio europeo, rivedendone la dotazione e la struttura di spesa».

 

I deputati rilevano poi che la principale priorità del piano di ripresa «deve consistere nel promuovere l'economia e la competitività dell'Unione europea al fine di tutelare le opportunità e la sicurezza dei cittadini ed evitare un aumento della disoccupazione». Il piano di ripresa dovrebbe quindi «invertire il declino economico consentendo ai mercati finanziari di riprendere un normale funzionamento, favorire gli investimenti e migliorare le opportunità per la crescita e l'occupazione». Anche perché, come suggerito dal PSE, la crisi «peggiora di giorno in giorno» e, quindi, in assenza di un intervento pubblico «più deciso ed efficace» l'UE e i paesi limitrofi «si avvicinano sempre più a una profonda crisi sociale e politica che mette alla prova la solidarietà europea»
 

Raccomandando il coordinamento dei piani nazionali di ripresa economica quale requisito essenziale per l'efficacia, i deputati mettono in guardia contro il rischio che le soluzioni adottate «sfocino nella somma delle politiche nazionali, con conflitti e costi potenziali, pregiudicando il mercato unico e l'unione economica e monetaria e indebolendo il ruolo dell'Unione europea quale attore globale».

 

Approvando un emendamento dell'ALDE, i deputati chiedono anche di valutare i benefici che potrebbero derivare dalla creazione di un fondo sovrano europeo, «il cui costo per il servizio del debito sia inferiore a quello relativo all'aggregato equivalente dei debiti nazionali», e che sia di natura temporanea e venga trasferito dopo un certo periodo ai debiti nazionali». Al contempo, facendo proprio un emendamento del PSE, sostengono la decisione dei membri UE del G20 «di un'azione definitiva contro i paradisi fiscali e le giurisdizioni non collaborative concordando quanto prima un pacchetto di sanzioni». Sottolineano inoltre l'importanza di una convergenza a livello mondiale per affrontare questo problema.

 

Il Parlamento ribadisce che tutti gli aiuti finanziari devono essere «tempestivi, mirati e temporanei». Ammonendo sui possibili rischi di esclusione e di abbandono della politica di concorrenza dell'Unione europea, invita a ripristinare, non appena possibile, i mercati equi e competitivi definiti dai trattati.  Inoltre, nel prendere atto con preoccupazione della rapida crescita del debito pubblico e dei deficit di bilancio, esprime il timore che il debito pubblico possa diventare un onere eccessivo per le future generazioni. Sollecita quindi il ritorno a finanze statali sane «non appena possibile», come previsto dal Patto rivisto di stabilità e crescita.

 

Allo stesso tempo il Parlamento è dell'avviso che l'attuale crisi «non sollevi l'Unione europea dalla sua responsabilità di promuovere lo sviluppo internazionale e la lotta contro la povertà nel mondo». Mette inoltre in guardia contro il rischio di un ritorno a politiche protezionistiche e auspica la tempestiva conclusione del ciclo di negoziati commerciali di Doha che potrebbe favorire la ripresa.

 

Ripristinare la fiducia nel settore finanziario

 

Il Parlamento si compiace delle misure a breve termine adottate per ripristinare la fiducia nel sistema finanziario, ma ricorda che tali misure d'emergenza «non sono sufficienti per risolvere alcuni dei problemi fondamentali alla base della crisi», vale a dire «gli squilibri globali, l'assunzione di rischi estremi, il ricorso alla leva finanziaria e la predilezione per il breve termine». Nel ribadire la necessità di esaminare i sistemi di remunerazione quale possibile fonte di instabilità finanziaria, auspica un'azione coordinata fra gli Stati membri che preveda garanzie bancarie generali ed esplicite a livello nazionale a copertura delle passività, ma escluda il capitale azionario. Approvando un emendamento dell'ALDE, invita gli Stati membri dell'area euro a esaminare la possibilità di «un grande prestito europeo», da essi «garantito in solido».

 

I deputati insistono poi sul fatto che i principali motivi alla base dell'eccezionale intervento pubblico nel sistema finanziario sono la necessità di garantire la tutela dei risparmi e la concessione di crediti ai singoli e alle imprese, comprese le PMI. Ribadiscono inoltre che occorre riservare un'attenzione particolare al ripristino dei normali livelli di estensione del credito da parte delle banche al momento della definizione di un nuovo quadro regolamentare, soprattutto al fine di rilanciare il processo di cartolarizzazione, «essenziale per la ripresa del finanziamento per le ipoteche, l'acquisto di vetture e le carte di credito».
 

Allo stesso tempo, il Parlamento ricorda che le autorità di regolamentazione e le altre autorità competenti degli Stati membri devono controllare in modo approfondito le attività svolte da banche e banchieri negli ultimi mesi e stabilire se al crollo del sistema bancario «possano aver contribuito comportamenti reprensibili se non fraudolenti». Ritiene inoltre che sia necessario attuare un rigoroso monitoraggio dei pacchetti di salvataggio degli istituti finanziari, in modo da garantire condizioni di parità. Reputando che i piani di salvataggio del settore bancario debbano essere soggetti alla condizionalità in termini di incentivi monetari, concessione di crediti, condizioni di prestito, ristrutturazione del settore e salvaguardia dei regimi sociali, chiede alla Commissione di effettuare un'analisi precisa del loro impatto sulla competitività del settore finanziario e sul funzionamento del mercato interbancario.

 

Per i deputati occorre anche potenziare il ruolo della Banca centrale europea nel monitoraggio della stabilità finanziaria nell'area dell'euro, in particolare in termini di supervisione del settore bancario a livello dell'Unione europea. Sottolineano poi che le iniziative in materia di regolamentazione devono mirare a creare trasparenza, sostenibilità, stabilità e ad «aumentare la responsabilità dei soggetti finanziari nel mercato».

 

Ricordando alla Commissione il suo obbligo di dare seguito alle richieste avanzate dal Parlamento in materia di hedge fund e dei fondi di private equity, ritengono che le agenzie di rating del credito dovrebbero colmare le lacune informative e divulgare le incertezze e i conflitti di interesse. Ribadiscono poi la necessità di rivedere e migliorare le politiche contabili «per evitare gli effetti di aggravamento congiunturale».

 

In una risoluzione specifica sul Vertice di primavera - adottata con 579 voti favorevoli, 94 contrari e 21 astensioni - il Parlamento sottolinea che la piena affidabilità, efficienza e trasparenza dei mercati finanziari «sono il presupposto di un'economia europea sana e innovativa, capace dei generare crescita e posti di lavoro».

 

Un'attenzione particolare per le PMI per tutelare l'occupazione

 

Nella relazione, il Parlamento raccomanda «vivamente» di garantire con urgenza in tutta l'Unione europea un accesso adeguato e ragionevole al credito alle PMI, ai cittadini e ai settori che vedono il loro futuro sostenibile compromesso dalla crisi. Sottolineando poi come le PMI stiano affrontando «gravi problemi di liquidità» e un limitato accesso al credito, suggerisce di rispettare un periodo massimo di 30 giorni per i pagamenti a loro dovuti da autorità pubbliche e dai clienti privati.

 

La risoluzione sul Vertice aggiunge poi la richiesta di anticipare l'introduzione dello Small Businness Act, varare e attuare in tempi rapidi la normativa sullo statuto della società privata e introdurre un brevetto comunitario. Chiede inoltre di aumentare gli investimenti nella ricerca e sottolinea che, liberalizzando ulteriormente il mercato interno delle telecomunicazioni, dell'energia e della ricerca, l'Europa potrà «uscire rafforzata dagli attuali sconvolgimenti economici».

 

Auspicando che il Consiglio di primavera giunga a un accordo su un orientamento chiaro e misure concrete per salvaguardare l'occupazione e creare nuove opportunità di lavoro, i deputati chiedono anche il lancio effettivo di una vasta iniziativa europea dell’occupazione. Si tratterebbe, da un lato, di garantire che un’impresa possa essere creata in qualunque luogo nell’Unione europea in tre giorni e senza spese e che le formalità per l’assunzione dei primi lavoratori dipendenti possano essere espletate attraverso uno sportello unico. Dall'altro, occorre rafforzare i finanziamenti e gli investimenti a favore della formazione. Gli Stati membri, inoltre, dovrebbero investire nell'economia sociale e attuare i principi della flessicurezza, «garantendo al contempo una protezione sociale adeguata per tutti».


Il Parlamento chiede poi al Consiglio di approvare la proposta di dare a tutti gli Stati membri l’opzione di applicare un’aliquota IVA ridotta per i servizi ad alta intensità di manodopera prestati a livello locale, «alla luce del loro potenziale effetto di stimolo per l’occupazione e la domanda». Mentre gli Stati membri dovrebbero considerare la possibilità di ridurre la tassazione del lavoro per le fasce salariali più basse «al fine di aumentare il potere d’acquisto e di stimolare la domanda dei prodotti al dettaglio».

 

La risoluzione sul Vertice sostiene, tra l'altro, l'introduzione di soluzioni innovative (quali ad esempio buoni per l’acquisto di servizi domestici e di custodia dei bambini, sussidi per l’assunzione di persone appartenenti a categorie vulnerabili), già sperimentate con successo in alcuni Stati membri. Chiede inoltre agli Stati membri di prevedere normative su questioni quali il salario minimo, conformemente alle tradizioni nazionali, «in modo da permettere ai lavoratori a tempo pieno di ottenere dai loro guadagni un tenore di vita decoroso». Inoltre, affinché l'Europa disponga di una forza lavoro «sana», rileva l'importanza di infrastrutture efficienti di custodia dei bambini per permettere di conciliare vita professionale e vita familiare. Gli Stati membri dovrebbero anche rinnovare le politiche d'immigrazione per attrarre persone altamente qualificate.

 

Con 609 voti favorevoli, 60 contrari e 27 astensioni, l'Aula ha peraltro approvato la proposta di decisione della Commissione sugli orientamenti degli Stati membri in materia di occupazione. Nella relativa risoluzione - approvata con 548 voti favorevoli, 74 contrari e 3 astensioni - il Parlamento si dice però convinto che la Commissione debba essere pronta ad adottare «misure eccezionali», tra cui un ampliamento dell'accesso al Fondo di adeguamento alla globalizzazione in modo da sostenere una più ampia gamma di situazioni, inclusi i lavoratori temporanei che hanno perso il lavoro. Rileva poi l'importanza «di non lasciare che la crisi eserciti una pressione negativa sui salari».

 

Facendo proprio un emendamento del PSE, inoltre, l'Aula ritiene che gli obiettivi principali della politica occupazionale dell'UE devono essere di conservare il maggior numero di posti di lavoro, aiutare a creare occupazione e sostenere il potere d'acquisto dei lavoratori disoccupati

 

Investimenti intelligenti e sostenibili

 

Nella relazione adottata, i deputati rilevano la necessità di investimenti considerevoli, «derivanti da uno sforzo coordinato e senza precedenti», nei settori dell'energia, dell'ambiente e delle infrastrutture «per favorire lo sviluppo sostenibile, contribuire alla creazione di posti di lavoro di qualità e garantire la coesione sociale». Anche perché ritengono che «una forte politica pubblica degli investimenti mirante a creare un’economia a basse emissioni di carbonio rivesta la massima importanza per far fronte alla recessione economica».

 

Rilevando l'importanza delle reti transeuropee, chiedono lo sviluppo di nuovi metodi finanziamento delle infrastrutture di trasporto e di aumentare il bilancio dei progetti TEN-T, includendoli inoltre tra i progetti idonei a beneficiare dei 5 miliardi di euro addizionali da utilizzare in base al piano di rilancio.

 

Con 302 voti favorevoli e 340 contrari, l'Aula ha però respinto un emendamento del PSE che invitava la Commissione a promuovere un accordo tra gli Stati membri per l'emissione congiunta di titoli (ad esempio le eurobbligazioni) «come ulteriore strumento finanziario per sostenere le principali priorità politiche europee».
 

Crisi, ambiente e New green deal

 

I deputati invitano inoltre gli Stati membri a riformare i loro sistemi fiscali «per assicurare che determinati settori aventi un pesante impatto sull'ambiente, quali l'agricoltura, i trasporti e l'energia, operino in modo sostenibile». Adottando un emendamento proposto dai Verdi, inoltre, chiedono al Consiglio di dare la possibilità agli Stati membri di applicare un'aliquota IVA ridotta per i beni e i servizi efficienti sul piano energetico. Il piano di ripresa, inoltre, dovrebbe predisporre un accordo internazionale equo e giusto che subentri al protocollo di Kyoto nel 2012.

 

Più in particolare, in una ulteriore risoluzione sui cambiamenti climatici - adottata con 610 voti favorevoli, 50 contrari e 25 astensioni - il Parlamento sottolinea che, nel quadro dell'attuale crisi finanziaria ed economica, l'obiettivo dell'Unione europea di lottare contro i cambiamenti climatici può integrare grandi e importanti opportunità economiche per lo sviluppo di nuove tecnologie, la creazione di posti di lavoro e il rafforzamento della sicurezza energetica. In proposito, rileva che un accordo a Copenaghen potrebbe fornire l'impulso necessario per un 'Nuovo corso verde' che rilanci la crescita economica, promuova le tecnologie verdi e garantisca questi nuovi posti di lavoro nell'UE e nei paesi in via di sviluppo. Ritiene inoltre della massima importanza adottare un piano d'azione più completo sul finanziamento futuro della politica climatica che copra tutti i pertinenti settori e fonti di finanziamento.

 

 

Link utili

 

Ordine del giorno del Consiglio europeo
Comunicazione della Commissione: Un piano europeo di ripresa economica
Comunicazione della Commissione: Dalla crisi finanziaria alla ripresa - Un quadro d’azione europeo
Comunicazione della Commissione: Relazione sull'attuazione del programma comunitario di Lisbona 2008- 2010

 

 

Riferimenti

 

Anne FERREIRA (PSE, FR)

Relazione su un piano europeo di ripresa economica

Procedura: Iniziativa

&

Risoluzione sul contributo al Consiglio europeo della primavera 2009 per quanto riguarda la strategia di Lisbona

&

Risoluzione sull'attuazione degli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione per il periodo 2008-2010

&

Risoluzione sulla strategia UE relativa ad un accordo organico sui cambiamenti climatici e alla predisposizione di un adeguato finanziamento alla politica in materia di cambiamento climatico

Procedura: risoluzione

Dibattito: 11.3.2009

Votazione 11.3.2009

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Petrolio: ridurre il consumo e promuovere gli investimenti


Auspicando un mutamento radicale della politica energetica UE, il Parlamento chiede di ridurre il consumo di petrolio e di favorire il risparmio, le alternative con minori emissioni di carbonio e modalità di trasporto più sostenibili. Al contempo, sollecita investimenti nelle infrastrutture, compreso l'oleodotto Costanza-Trieste, relazioni più dinamiche con i paesi fornitori e maggiore trasparenza dei mercati. Ma rifiuta il ricorso alle scorte per far fronte alla volatilità dei prezzi.

 

Approvando con 471 voti favorevoli, 190 contrari e 16 astensioni una risoluzione alternativa alla relazione di Herbert REUL (PPE/DE, DE) promossa da PPE/DE e PSE, il Parlamento osserva anzitutto che «è sempre più pressante la necessità di sviluppare una politica energetica comunitaria coerente e globale che garantisca la sicurezza degli approvvigionamenti in un momento in cui l'Unione europea sta diventando sempre più dipendente dalle importazioni». Anche perché il petrolio «è una risorsa destinata all'esaurimento» e la dipendenza dell'Unione europea dalle importazioni di petrolio «raggiungerà il 95% entro il 2030». Occorre quindi un «cambiamento radicale della politica energetica dell'Unione europea».

 

Ridurre la domanda di petrolio e sostenere le alternative

 

Per i deputati devono essere perseguite «con determinazione» tutte le misure che potrebbero comportare «una riduzione della domanda di vettori energetici fossili». Invitano quindi gli Stati membri a concedere sostegno finanziario agli investimenti in fonti energetiche alternative, come le energie rinnovabili. Dovrebbero inoltre attribuire la priorità alle misure di sensibilizzazione dei consumatori intese a promuovere l’acquisto di beni e servizi efficienti sotto il profilo energetico.

 

Il Parlamento ritiene che il ricorso al petrolio e ad altre fonti di energia ad alta intensità di carbonio debba essere ridotto, sia aumentando l'efficienza energetica sia adottando soluzioni più neutre in termini di emissioni di carbonio. E' quindi depennato il riferimento all'energia nucleare quale fonte a bassa emissione di CO2 che compariva nella relazione originaria. Chiede anche alle compagnie petrolifere di reinvestire i loro profitti nella promozione della tecnologia per il risparmio energetico e della ricerca sui sostituti del petrolio, in particolare per le applicazioni nel settore dei trasporti.
 

Ma la crescita del consumo di petrolio nel settore dei trasporti potrà essere ridotta a medio e lungo termine soltanto applicando «ulteriori misure mirate per trasferire i trasporti e la mobilità verso modalità più sostenibili, che consumino meno petrolio». Oppure «che non ne consumino affatto, quali i trasporti su rotaia e i trasporti per via navigabile, così come le catene di mobilità intermodali nelle aree urbane (percorsi pedonali, piste ciclabili, mobilità pubblica/collettiva)». I deputati si dicono inoltre convinti che possibile conseguire notevoli risparmi energetici grazie al maggiore impiego dei moderni sistemi di gestione del traffico, nonché con una più decisa promozione di sistemi logistici ecologici.

 

Avendo tuttavia dubbi «in merito all'idoneità a medio e lungo termine dei biocarburanti di prima generazione per sostituire il petrolio», i deputati sollecitano sforzi più intensi nella ricerca su carburanti sintetici. D'altro canto, riconoscendo la rilevanza delle PMI nella produzione di biocarburanti e di altre fonti energetiche rinnovabili, invitano la Commissione a intervenire «per agevolare l'accesso ai mercati di detti carburanti», soggetti a barriere tecniche e regolamentari che ostacolano la produzione e la vendita di tali prodotti.

 

Promuovere gli investimenti e le interconnessioni

 

Sollecitando lo sviluppo di metodi di estrazione del petrolio «più ecologici», il Parlamento chiede alle compagnie petrolifere di reinvestire «i loro recenti consistenti profitti nella prospezione e nello sviluppo di nuove riserve petrolifere». Rispetto alla relazione originaria, è stato però soppresso un paragrafo che sottolineava «l'importanza della regione artica dal punto di vista della produzione petrolifera, dal momento che si ritiene possieda fino a un quarto delle riserve mondiali non ancora scoperte». Ma i deputati esprimono preoccupazione per gli effetti che l'attuale crisi creditizia ha sulle possibilità di investire nell'industria petrolifera e invitano quindi la Commissione e gli Stati membri a predisporre incentivi agli investimenti, ma senza «sostituire gli investimenti e il capitale privato con il denaro pubblico».

 

Nel rilevare poi l'importanza centrale di relazioni di buon vicinato con gli Stati di transito, il Parlamento prende atto dell'esclusione di oleodotti dalle reti transeuropee nel settore dell'energia e chiede agli Stati membri e alla Commissione di prendere in considerazione l'inclusione di infrastrutture petrolifere nelle TEN-E. Sottolinea poi che i nuovi progetti relativi alle infrastrutture petrolifere, come le condotte Odessa-Danzica e Costanza-Trieste, «dovrebbero restare progetti ad alta priorità di interesse europeo».

 

Rafforzare il dialogo con i paesi produttori

 

Il Parlamento sollecita «relazioni più dinamiche» tra l'Unione europea e i paesi produttori di petrolio, che puntino a creare «un contesto più stabile e tranquillo per l'approvvigionamento e la fissazione dei prezzi, nell'interesse di tutte le parti interessate e dell'economia mondiale nel suo insieme». Invita infine la Commissione al dialogo con le compagnie petrolifere e con i paesi di estrazione, «mirato a individuare vie per poter consolidare gli investimenti nonostante le fluttuazioni dei prezzi e degli utili».

 

Mercati più trasparenti. Non ricorrere alle riserve contro la volatilità dei prezzi

 

I deputati esprimono preoccupazione «per la crescente e sfrenata volatilità registrata dai prezzi del petrolio nel 2008, che si ripercuote negativamente sull'intera economia dell'Unione europea e sui suoi consumatori». Sollecitano anche la Commissione e gli Stati membri «a garantire il massimo livello possibile di trasparenza sui mercati dell'energia». Pongono poi in risalto la necessità di dare la priorità al monitoraggio della concorrenza a livello di lavorazione e vendita del petrolio e dei prodotti petroliferi e di assicurare una maggiore trasparenza dei dati sulle scorte petrolifere commerciali.

In tale contesto, accolgono con favore l'idea di studiare l'utilità e i costi della pubblicazione settimanale del livello delle scorte, invitando la Commissione a inserire i risultati di detta analisi nelle successive misure legislative. Sottolineando poi che le riserve strategiche hanno lo scopo «di contrastare blocchi fisici in caso di forniture irregolari», respingono «tutti i tentativi volti a contrastare la volatilità dei prezzi ricorrendo alle riserve».

 

 

Link utili

 

Comunicazione della Commissione - "Il rincaro del petrolio: come affrontare la sfida"
Proposta di direttiva che stabilisce l'obbligo per gli Stati membri di mantenere un livello minimo di scorte di petrolio greggio e/o di prodotti petroliferi
Sito della Commissione sul petrolio

 

 

Riferimenti

 

Herbert REUL (PPE/DE, DE)

Relazione sulle ipotesi per affrontare le sfide connesse all'approvvigionamento di petrolio

Procedura: Iniziativa

Dibattito: 9.3.2009

Votazione: 11.3.2009

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Verso un trasporto su gomma più ecologico


Il Parlamento si è pronunciato sulla direttiva che mira a promuovere trasporti stradali più ecologici mediante tasse a copertura dei costi dell'inquinamento atmosferico e acustico e, eventualmente, del congestionamento. Propone di rafforzare alcune misure, ma senza imporre eccessivi oneri. Chiede di assegnare gli introiti delle tasse - calcolate in base all'inquinamento indotto - ai progetti RTE, alla costruzione di aree di parcheggio e al miglioramento delle prestazioni ambientali dei veicoli.

 

Adottando con 359 voti favorevoli, 256 contrari e 86 astensioni la relazione di Saïd EL KHADRAOUI (PSE, BE), il Parlamento accoglie con favore la proposta di direttiva che mira ad istituire un quadro che consenta agli Stati membri di calcolare e differenziare i prezzi dei pedaggi in funzione dei costi dell'inquinamento dovuto al traffico e della congestione per incoraggiare gli operatori di trasporto ad utilizzare veicoli meno inquinanti, a scegliere strade meno congestionate, ad ottimizzare il carico dei loro veicoli ed ad utilizzare in modo più efficiente l'infrastruttura. Propone, però, molti emendamenti che dovranno essere ora esaminati dal Consiglio.


La direttiva riguarda le tasse sugli autoveicoli, i pedaggi e i diritti d'utenza gravanti sugli autoveicoli. Non si applica agli autoveicoli che effettuano trasporti esclusivamente nei territori non europei degli Stati membri. Con la direttiva vigente, pedaggi e diritti di utenza possono essere riscossi per effettuare un tragitto ben definito sulla rete stradale transeuropea o su parte di essa. Fermo restando il diritto degli Stati membri di applicare pedaggi e/o diritti di utenza a strade che non fanno parte della rete stradale transeuropea.  La proposta della Commissione amplia l'applicazione di tali imposizioni a tutta «la rete stradale o parte di essa». Mentre un emendamento avanzato dai deputati precisa che dovrebbe applicarsi alla «rete stradale transeuropea o su qualsiasi tratto della rete stradale sui cui abitualmente si trasporta un volume significativo di merci a livello internazionale».

 
I pedaggi e/o diritti d'utenza sono attualmente applicati solo agli autoveicoli aventi un peso totale a pieno carico autorizzato di almeno 12 tonnellate. Il Parlamento accoglie la proposta della Commissione di estendere queste, a partire dal 2012, a tutti i veicoli a motore con peso totale superiore a 3,5 tonnellate, consentendo però agli Stati membri di derogare a tale norma.

 

L'attuale normativa intende con «pedaggio» il pagamento di una somma basata sulla distanza percorsa e sul tipo di autoveicolo. La proposta della Commissione, condivisa dai deputati, modifica tale definizione: un pedaggio riguarda il pagamento di una somma determinata per un autoveicolo sulla base della distanza percorsa su una certa infrastruttura, comprendente un onere per recuperare i costi di infrastruttura e/o per recuperare i costi esterni sostenuti da uno Stato membro legati all'inquinamento atmosferico e acustico causato dal traffico, e alla congestione (i cosiddetti costi esterni). I «diritti di utenza» rappresentano invece il pagamento di una somma determinata che dà il diritto all'utilizzo delle infrastrutture da parte di un autoveicolo, per una durata determinata.

 

Un tema alquanto controverso riguarda i costi della congestione. L'Aula, per finire, ha accolto la proposta della Commissione secondo cui su determinati tratti stradali soggetti a congestione, gli oneri per i costi esterni «possono includere anche i costi della congestione nei periodi durante i quali l'uso di questi tratti stradali è abitualmente congestionati». La direttiva non pregiudica inoltre la facoltà degli Stati membri di applicare in maniera non discriminatoria diritti regolatori destinati a ridurre la congestione del traffico o a combattere gli impatti ambientali «in qualsiasi strada». Un emendamento precisa che le strade in questione sono quelle situate in particolare nelle zone urbane, incluse quelle della rete transeuropea che attraversano una zona urbana.

 

Inoltre, in casi eccezionali, riguardanti infrastrutture situate in regioni montane e - aggiungono i deputati, negli agglomerati urbani - sarà possibile applicare una maggiorazione del pedaggio agli oneri per l'infrastruttura su tratti stradali specifici che soffrono di una forte congestione o il cui utilizzo da parte degli autoveicoli causa significativi danni ambientali. In questi casi, gli introiti generati dalla maggiorazione dovranno essere investiti per il finanziamento di progetti intesi a promuovere la mobilità sostenibile e che contribuiscano direttamente a ridurre la congestione o il danno ambientale e che siano situati nel medesimo corridoio del tratto stradale in cui è applicata la maggiorazione. La maggiorazione non dovrebbe superare il 15% degli oneri medi ponderati per infrastruttura ma, in taluni casi, potrebbe arrivare fino al 25%.

 

La proposta della Commissione prevede che gli oneri per i costi esterni varino in funzione del tipo di strada, della classe di emissione EURO e del periodo, qualora l'onere comprenda anche i costi della congestione e/o dell'inquinamento acustico dovuto al traffico. Prima di stabilire gli importi, è precisato, si dovrà «tenere conto del rischio di deviazione del traffico e di eventuali effetti negativi sulla sicurezza stradale, l'ambiente e la congestione e delle soluzioni che consentono di attenuare questi rischi».

 
Per quanto riguarda l'inquinamento atmosferico, i veicoli di classe EURO 0 saranno quindi soggetti a tasse più salate rispetto quelli EURO VI. Un emendamento propone inoltre di esentare da tali oneri i veicoli che rispettano in anticipo le future norme in materia di emissioni (meno inquinanti dell'EURO VI), come ad esempio gli autoveicoli pesanti ibridi o elettrici adibiti al trasporto di merci o quelli alimentati con miscele di gas naturale/idrogeno o quelli a idrogeno.

  
A proposito dell'assegnazione degli introiti, i deputati chiedono che i ricavi ottenuti da un onere per i costi esterni siano assegnati in via prioritaria per ridurre e, ove possibile, eliminare, i costi esterni derivanti dal trasporto stradale. Tali introiti dovrebbero inoltre essere utilizzati per misure destinate ad agevolare una tariffazione efficace, ridurre alla fonte l'inquinamento dovuto al trasporto stradale attenuandone gli effetti, migliorare le prestazioni in materia di emissioni di CO2 e di consumo energetico dei veicoli da trasporto su gomma e costruire e migliorare l'infrastruttura stradale esistente o costruire infrastrutture alternative per gli utilizzatori dei trasporti.

Propongono inoltre che, a decorrere dal 2011, «almeno il 15% degli introiti generati dagli oneri per i costi esterni e per le infrastrutture» in ciascuno Stato membro siano destinati al finanziamento di progetti RTE-T «ai fini di una maggiore sostenibilità dei trasporti». Tale percentuale dovrebbe poi aumentare gradualmente nel corso del tempo. I deputati chiedono poi che, nel 2011, gli oneri per l'infrastruttura siano assegnati a un numero sufficiente di aree di parcheggio «sicure e custodite» sulla rete RTE.

 
Infine, la direttiva precisa che l'applicazione, la riscossione e il controllo del pagamento dei pedaggi e dei diritti d'utenza dovranno essere effettuati in modo da intralciare il meno possibile la fluidità del traffico, evitando controlli e verifiche obbligatori alle frontiere interne della Comunità. A tal fine gli Stati membri dovranno cooperare per introdurre metodi che consentano ai trasportatori di pagare i diritti d'utenza 24 ore su 24. E' anche specificato che un onere per i costi esterni dovrà essere imposto e riscosso mediante un sistema elettronico che, però non deve comportare un aggravio ingiustificato rispetto agli utenti che si avvalgono di forme di pagamento diverse. I deputati chiedono poi agli Stati membri di cooperare per garantire il ricorso a sistemi interoperabili e che, ultimato il sistema di posizionamento Galileo, gli oneri siano riscossi «mediante un sistema europeo di telepedaggio interoperabile».

 

Background - Direttiva in vigore

 

La direttiva 1999/62/CE riconosce il principio "chi utilizza paga" autorizzando gli Stati membri a prelevare oneri basati sulla distanza percorsa (pedaggi) per coprire i costi di costruzione, manutenzione ed esercizio delle infrastrutture. Autorizza anche l'imposizione di oneri basati sul tempo stabilendo tuttavia un tasso minimo. I tassi dei pedaggi possono variare in funzione delle norme in materia di emissioni dei veicoli o dei livelli di congestione, a condizione tuttavia che questa differenziazione non incida sugli introiti su base biennale. Tuttavia questa soluzione non è stata praticamente mai applicata, se non in Germania e in Repubblica ceca.

 

Uno dei motivi della mancata applicazione è la difficoltà per gli esercenti delle infrastrutture di adeguare le tariffe in funzione della reazione sul fronte della domanda in modo da mantenere costanti i loro introiti. Nel 2006 la direttiva è stata modificata dalla direttiva 2006/38/CE al fine di definire le regole di calcolo dei costi di infrastruttura imputabili. La direttiva modificata autorizza ad aumentare fino a 25% i pedaggi al fine di cofinanziare nuove infrastrutture classificate nella categoria dei progetti prioritari della rete transeuropea dal Parlamento europeo e dal Consiglio. Questa maggiorazione viene attualmente applicata sull'autostrada del Brennero (Austria) per cofinanziare la galleria ferroviaria del Brennero che è una componente dell'asse prioritario Berlino-Palermo. La direttiva modificata introduce inoltre una disposizione relativa ai diritti regolatori destinati specificatamente a combattere l'inquinamento e la congestione, ma comporta delle incertezza giuridiche per quanto concerne i siti e le modalità di applicazione. Per questi motivi gli Stati membri sono reticenti a farvi ricorso.

 

 

Link utili

 

Proposta della Commissione
Direttiva 1999/62/CE relativa alla tassazione a carico di autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada per l'uso di alcune infrastrutture (testo consolidato)


 

Riferimenti

 

Saïd EL KHADRAOUI (PSE, BE)

Relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 1999/62/CE relativa alla tassazione di autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada per l'uso di talune infrastrutture

Procedura: Codecisione, prima lettura

Dibattito: 10.3.2009

Votazione: 11.3.2009

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Una strategia europea a favore dei rom


Il Parlamento chiede una strategia coordinata per l'inclusione dei rom nell'UE, specie in materia di alloggi, istruzione, assistenza sanitaria e lavoro. Invita i governi a eliminare nei media l'odio razziale e l'istigazione alla violenza e a non adottare misure eccessive nei loro confronti, nonché a promuovere la creazione di posti di lavoro, la formazione e l'imprenditorialità. Una speciale attenzione va attribuita all'istruzione dei bambini e all'emancipazione delle donne.

 

Approvando la relazione di Magda KÓSÁNÉ KOVÁCS (PSE, HU), il Parlamento rileva che per risolvere i problemi sociali ed economici dei rom occorrano un approccio organico e una soluzione coordinata e a lungo termine in materia di alloggi, istruzione, assistenza sanitaria e di politiche del mercato del lavoro. Sottolineando infatti che le politiche rivolte ai rom in un certo numero di casi «non hanno migliorato la loro situazione», raccomanda alla Commissione di identificare le forme più efficaci di supporto all'integrazione sociale, economica e culturale «della più grande minoranza dell'Unione europea». 

 

Il Parlamento invita poi gli Stati membri a prendere opportuni provvedimenti «per eliminare l'odio razziale e l'istigazione alla discriminazione e alla violenza contro i rom nei mass media e in ogni forma di tecnologia della comunicazione». E chiede loro di ideare e attuare progetti volti a combattere gli stereotipi negativi contro i rom a tutti i livelli, che possano essere sostenuti dai fondi UE, mentre la Commissione dovrebbe individuare obiettivi specifici ed elaborare programmi equilibrati al fine di eliminare la discriminazione e la tendenza stigmatizzante nonché la criminalizzazione delle comunità rom.

 

Nel sottolineare l'importanza di preservare ed affermare i tratti culturali specifici dei rom «per proteggerne l'identità e combattere i pregiudizi», il Parlamento ritiene che la conservazione della lingua e della cultura rom «sia un valore europeo» e invita gli Stati membri ad utilizzare i fondi UE per preservare e proteggere le attività tradizionali dei rom. Tuttavia, non condivide il concetto di “nazione europea” senza Stato, «poiché questo porrebbe fine alle responsabilità degli Stati membri e metterebbe in discussione la possibilità di integrazione».
 

I deputati richiamano inoltre l'attenzione degli Stati membri «sul rischio che l'adozione di eccessive misure nei confronti delle comunità rom finisca per peggiorare la già drammatica situazione di questa minoranza e per comprometterne le opportunità di integrazione». Chiedono inoltre alla Commissione di incoraggiare le autorità nazionali «a porre fine alla pratica discriminatoria di far sgombrare gli occupanti dei campi rom e a sviluppare invece progetti concreti di edilizia sociale».

 

Inclusione nel mercato del lavoro

 

Il Parlamento sottolinea che il requisito basilare per promuovere l'inclusione sociale e l'accesso al mercato del lavoro per i rom sia quello di riconoscere loro pari diritti sociali e politici. Invita quindi gli Stati membri a definire una strategia per «migliorare la partecipazione dei rom alle elezioni, sia come votanti che come candidati».

 

Sebbene gli Stati membri abbiano stanziato ingenti fondi per favorire l'impiego dei disoccupati di lunga durata, i deputati ritengono che «non è stata ancora trovata alcuna soluzione organica a livello dell'UE», mentre alcuni programmi «hanno ulteriormente aggravato la stigmatizzazione dei rom». Si oppongono inoltre all'idea che i sussidi volti ad aiutare i disoccupati di lunga durata ad inserirsi nel mondo del lavoro violino il principio della neutralità concorrenziale, «poiché la reintegrazione dei rom è un obiettivo di politica sociale per il quale è necessario creare anche posizioni di mercato sovvenzionate». Sono anche del parere che «sovvenzionare la creazione di posti sul mercato del lavoro per reintegrare i rom sia preferibile all'erogazione di sussidi ai disoccupati strutturali».

 

Riconoscendo che alcune arti e mestieri tradizionali dei rom possono contribuire a preservare le specificità di questa comunità e migliorarne le condizioni materiali e il livello di integrazione sociale, il Parlamento auspica sia dato un sostegno a determinate attività professionali. Conferma inoltre l’importanza dei microcrediti e raccomanda la definizione di un pacchetto organico che promuova e motivi i laureati rom a far ritorno alle rispettive comunità e a lavorare al loro interno e nel loro interesse. Sostiene anche la proposta di aumentare il numero di lavoratori rom nelle pubbliche amministrazioni. Sottolinea poi che il mercato sociale, la sanità, l'assistenza domiciliare, la ristorazione pubblica e l'erogazione di servizi di custodia dei bambini «potrebbero creare nuovi posti di lavoro per i disoccupati rom», ma osserva che un aumento dell'occupazione dei rom in tale settore «è auspicabile soltanto in un contesto di accettazione sociale».

 

I deputati ritengono importante un'azione specifica comunitaria per favorire l'accesso dei rom ai programmi di formazione professionale. Invitano quindi gli Stati membri ad adattare i programmi di formazione professionale alle esigenze dei mercati del lavoro locali e a fornire incentivi agli imprenditori che danno lavoro a chi non possiede qualifiche (compresi i rom) e offrono formazione ed opportunità di acquisire esperienza pratica direttamente sul posto di lavoro. D'altro canto, richiamano l’attenzione sul fatto che molti disoccupati rom rischiano di passare all'economia sommersa e che occorre uno sforzo di coordinamento a livello dell'UE e degli Stati membri per riportarli all'occupazione legale e farli beneficiare delle disposizioni del diritto del lavoro e della previdenza sociale.

 

Bambini e istruzione

 

Il Parlamento rileva la tendenza dei bambini rom ad abbandonare precocemente la scuola, compromettendone l'educazione, mentre il processo d'integrazione dovrebbe iniziare in età precoce al fine di fornire in maniera efficace alternative alla povertà e all'esclusione sociale. Constata poi che i sistemi d'istruzione «sono selettivi» e che, nonostante gli sforzi degli Stati membri, «i numerosi e svariati sistemi apparentemente concepiti per ovviare alla segregazione di fatto servono spesso ad accentuare le disparità tra gruppi sociali e svantaggiano profondamente i poveri, rom in particolare». Sottolinea pertanto la necessità di politiche educative mirate rivolte alle famiglie rom, che ne incoraggino la partecipazione attiva.

 

Aiutare le donne

 

I deputati osservano che le donne rom «hanno uno status inferiore nella gerarchia familiare, si sposano in giovane età, patiscono sovente violenze domestiche e sono spesso vittime della prostituzione e del traffico di esseri umani». I programmi dell'UE e degli Stati membri per i rom dovrebbero pertanto puntare «all'emancipazione individuale dalle gerarchie tradizionali e all'indipendenza socio-economica dei membri delle comunità rom, in particolare le donne».

 

Il Parlamento esorta gli Stati membri ad assicurare che le donne e le bambine rom abbiano pari accesso a un’istruzione di qualità, a migliorare il loro accesso alla formazione professionale e ad adeguare l'offerta formativa alle esigenze dei mercati del lavoro locali, consentendo loro anche di conciliare la vita familiare e quella lavorativa. Gli Stati membri dovrebbero inoltre migliorare l’indipendenza economica delle donne rom, facilitando l'avvio di PMI e il lavoro autonomo, favorendo l’accesso al microcredito e creando un sistema di incentivi (ad esempio vantaggi fiscali) per le aziende che assumono donne rom.

 

Un Forum sui rom

 

Il Parlamento raccomanda agli Stati membri di istituire partnership fra le varie organizzazioni che rappresentano gli interessi dei rom e le pertinenti istituzioni degli Stati membri. Propone infine alla Commissione e agli Stati membri la creazione di un Forum a livello UE in cui movimenti sociali, sindacati e associazioni non governative che rappresentano i rom e i loro interessi possano permanentemente consultarsi per l'elaborazione degli orientamenti e lo scambio di buone prassi, al fine di favorire un approccio coordinato a livello UE.

 

Link utili

 

Testo adottato

Proposta di direttiva recante applicazione del principio di parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale

 

Riferimenti

 

Magda KÓSÁNÉ KOVÁCS (PSE, HU)

Relazione sulla situazione sociale dei rom e su un loro miglior accesso al mercato del lavoro nell’UE

Procedura: Iniziativa

Dibattito: 9.3.2009

Votazione: 11.3.2009

 

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