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RESOCONTO
10 marzo 2009 Strasburgo
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Attività industriali meno inquinanti | |
L’attività industriale rappresenta una parte importante della nostra economia ma, al tempo stesso, contribuisce all’inquinamento ambientale, alla produzione di rifiuti e al consumo di energia. Nonostante la riduzione delle emissioni realizzata nel corso degli ultimi decenni, l'attività industriale resta una delle principali fonti di sostanze inquinanti. La Commissione ha quindi avanzato una proposta che mira a rivedere e a fondere in una sola direttiva sette direttive esistenti relative alle emissioni industriali, tra le quali la direttiva sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento (direttiva IPPC) che riguarda circa 52.000 impianti.
Adottando con 402 voti favorevoli, 189 contrari e 54 astensioni la relazione di Holger KRAHMER (ALDE/ADLE, DE), il Parlamento chiede modifiche sostanziali alla direttiva proposta della Commissione che ha lo scopo di migliorare la tutela dell’ambiente, promuovere l’innovazione tecnica, semplificare la legislazione e ridurre al tempo stesso gli oneri amministrativi inutili. La direttiva stabilisce norme riguardanti la prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento proveniente da una serie di attività industriali. Fissa inoltre norme intese a evitare oppure, qualora non sia possibile, ridurre le emissioni di tali attività nell'aria, nell'acqua e nel terreno, e a impedire la produzione di rifiuti, per conseguire un livello elevato di protezione dell'ambiente nel suo complesso.
Le attività
contemplate
riguardano, tra l'altro, gli impianti di combustione, di
raffinazione di petrolio e gas, di gassificazione e di liquefazione
di combustibili e di produzione di coke. Ma anche la produzione e
trasformazione dei metalli, l'industria dei minerali (produzione di
amianto, vetro e prodotti ceramici), l'industria chimica, le
cartiere, gli impianti di tintura dei tessili e di concia delle
pelli, i grandi macelli e gli allevamenti intensivi di pollame e
suini, la gestione dei rifiuti (trattamento, stoccaggio,
incenerimento e coincenerimento, rigenerazione, ricondizionamento e
recupero, incluse le discariche) e il trattamento di acque reflue.
I deputati accolgono con favore la proposta della Commissione volta a estendere il campo d'applicazione della direttiva agli impianti di combustione di potenza termica compresa pari o superiore a 20 MW (attualmente sono inclusi quelli da almeno 50 MW). Tuttavia, chiedono di escludere gli impianti di combustione con potenza termica nominale inferiore a 50 MW e che funzionano per non più di 500 ore all'anno (contro le 350 ore proposte dalla Commissione). Approvando un emendamento del PPE/DE, precisa però che, per quanto riguarda le strutture sanitarie, il calcolo della potenza termica deve considerare unicamente la «normale capacità di esercizio» degli impianti, per evitare di penalizzare gli ospedali per le loro emissioni potenziali non effettive.
Riguardo agli allevamenti, approvando un emendamento del PPE/DE e dell'IND/DEM l'Aula ha respinto la proposta della Commissione di modificare l'attuale campo d'applicazione distinguendo quelli attivi nell'allevamento di polli da carne da quelli dedicati alle galline ovaiole, alle anatre e ai tacchini. Propone invece di mantenere una sola categoria di allevamenti di pollame con 40.000 posti. Accoglie invece con favore l'estensione del campo d'applicazione alle attività di conservazione del legno e dei prodotti in legno, includendo però impianti di minore capacità rispetto alla proposta.
Come accade attualmente, i gestori degli impianti devono ottenere un'autorizzazione da parte dalle autorità competenti a svolgere la propria attività. L'autorizzazione è concessa solo agli impianti conformi ai requisiti previsti dalla direttiva, fermo restando che gli Stati membri hanno la facoltà di includere ulteriori disposizioni generali vincolanti per talune categorie di impianti, impianti di combustione e impianti di incenerimento o di coincenerimento dei rifiuti. In caso di violazioni che causano un pericolo per la salute umana e per l'ambiente, l'esercizio dell'impianto dovrà essere sospeso.
Gli Stati membri devono accertarsi che l'autorizzazione includa tutte le misure necessarie per soddisfare i principi generali riguardo agli obblighi fondamentali dei gestori fissati dalla direttiva. I gestori, ad esempio, devono prendere opportune misure di prevenzione dell'inquinamento, applicare le migliori tecniche disponibili, verificare i fenomeni di inquinamento significativi, evitare la produzione di rifiuti o provvedere a recuperarli e ad eliminarli evitandone e riducendone l'impatto sull'ambiente. Devono anche utilizzare l'energia in modo efficace, adottare le misure necessarie per prevenire gli incidenti e limitarne le conseguenze, evitare qualsiasi rischio di inquinamento al momento della cessazione definitiva delle attività e ripristinare il sito stesso.
Tra le misure da prendere per accertarsi del rispetto di questi requisiti, vi sono le disposizioni che garantiscono la protezione del terreno e delle acque sotterranee e per la gestione dei rifiuti prodotti dall'impianto, opportuni requisiti di controllo degli scarichi, il controllo periodico delle sostanze pericolose e il rispetto di valori limite di emissione fissati per una serie di sostanze inquinanti elencate dalla direttiva e per le altre sostanze che possono essere emesse dall'impianto interessato in quantità significativa, in considerazione della loro natura, e delle loro potenzialità di trasferimento dell'inquinamento da un elemento ambientale all'altro. Gli emendamenti per rendere più o meno stringenti i valori di emissioni sono stati tutti respinti, eccetto - proposto dall'ALDE - uno che prevede un limite più elevato per talune caldaie a gas.
A questo
proposito, i deputati sono favorevoli alla fissazione di valori
limite più stringenti proposti dalla Commissione per impianti di
combustione specifici e per le emissioni di SO2 (diossido di zolfo)
NOx (ossidi di azoto), polveri e CO (monossido di carbonio).
Tuttavia, per migliorare la flessibilità, chiedono di cambiare la
procedura per fissare questi limiti o introdurne di nuovi. Inoltre,
per ridurre il ricorso a deroghe che distorcerebbero il mercato,
ritengono che
Altri emendamenti mirano a ridurre ulteriormente gli oneri amministrativi, a semplificare le norme sulla notifica e sulle ispezioni e a migliorare l'informazione del pubblico.
Link utili
Proposta della Commissione
Riferimenti
Holger KRAHMER (ALDE/ADLE, DE) Relazione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle emissioni degli impianti industriali (prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento (Rifusione) Procedura: Codecisione, prima lettura Dibattito: 10.3.2009 Votazione: 10.3.2009 |
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Gioco d'azzardo on line: tutelare l'integrità dello sport e i giovani | |
Il gioco d’azzardo online, caratterizzato nel 2004 da un reddito lordo pari a 2-3 miliardi di euro, rappresenta circa il 5% del mercato globale del gioco d’azzardo dell’UE e «la sua rapida crescita sembra inevitabile». E' quanto osserva la relazione di Christell SCHALDEMOSE (PSE/DK) adottata dal Parlamento con 544 voti favorevoli, 36 contrari e 66 astensioni. Rileva poi che gli Stati membri hanno il diritto di regolamentare e controllare i propri mercati del gioco d’azzardo conformemente alle proprie tradizioni e culture, al fine di proteggere i consumatori dalla dipendenza, dalla frode, dal riciclaggio di denaro sporco. Ed anche per ovviare al fenomeno di concordare il risultato delle partite nello sport e tutelare le strutture di finanziamento tradizionali che finanziano le attività sportive.
Sottolineando che gli operatori del gioco d’azzardo devono osservare la legislazione dello Stato membro in cui forniscono i propri servizi e in cui risiedono i consumatori, i deputati ritengono che i servizi di gioco d’azzardo debbano essere considerati «un’attività economica di natura molto speciale», per via degli aspetti di ordine pubblico e sociale e di assistenza sanitaria ad essi correlati. A loro parere, per il gioco d'azzardo «la concorrenza non migliorerà l'assegnazione delle risorse» e, pertanto, «un approccio basato esclusivamente sul mercato interno non è appropriato in questo settore così delicato». Rilevano inoltre l'importanza che lo Stato membro di residenza del consumatore sia in grado di controllare, limitare e supervisionare efficacemente i servizi di gioco d’azzardo forniti sul suo territorio.
Tuttavia, il
Parlamento esorta la Commissione a svolgere studi e a presentare
adeguate proposte «per il conseguimento di obiettivi comuni nel
settore del gioco d'azzardo online». Chiede poi agli Stati membri
di collaborare a livello europeo al fine di adottare misure
contro qualsiasi forma di pubblicità o commercializzazione
aggressiva del gioco d'azzardo online da parte di operatori pubblici
o privati. Anche
Il Parlamento propone poi che gli utili derivanti dal gioco d’azzardo siano usati «a vantaggio della società, incluso il finanziamento rinnovabile a favore dell’istruzione, della salute, dello sport professionale e amatoriale e della cultura».
Lotta contro la frode e altri crimini nello sport
Il Parlamento sottolinea che le attività criminali quali il riciclaggio di denaro e l’economia sommersa possono essere associate alle attività di gioco d’azzardo e «avere un impatto sull’integrità degli eventi sportivi», con il rischio di una perdita di fiducia pubblica. Invita gli Stati membri a garantire che gli organizzatori di gare sportive, gli operatori di scommesse e le autorità di regolamentazione cooperino sulle misure da avviare per far fronte ai rischi connessi alle attività di scommesse illegali e alla prassi di concordare il risultato delle partite, «e definiscano un quadro normativo realizzabile, equo e sostenibile finalizzato a tutelare l’integrità dello sport». Esorta anche la Commissione, Europol e le altre istituzioni nazionali e internazionali a monitorare da vicino e a notificare i risultati dei controlli in tale ambito.
Gli Stati membri dovrebbero inoltre adoperarsi affinché le gare sportive non siano soggette ad alcun uso commerciale non autorizzato e creare strumenti volti a garantire eque retribuzioni finanziarie a vantaggio dello sport professionale e amatoriale a tutti i livelli. In tale contesto, la Commissione è invitata a prendere in esame la possibilità di riconoscere agli organizzatori di gare sportive un diritto di proprietà intellettuale (riconducibile al diritto all'immagine) su dette gare.
Protezione dei consumatori, in particolare dei giovani
Il Parlamento ritiene che Internet «crei nuove circostanze che possono favorire la dipendenza dal gioco d'azzardo», anche se riconosce che la questione dovrebbe essere oggetto di indagini dettagliate per accertarsene. Sottolinea comunque la crescente preoccupazione nei confronti della capacità dei giovani di accedere, legalmente o illegalmente, alla possibilità di giocare d’azzardo online e rileva quindi la necessità di effettuare controlli di età più efficaci e di fare in modo che i minori non possano avere accesso alle dimostrazioni gratuite dei giochi d'azzardo sui siti web.
Per tutelare i consumatori dai rischi connessi ai giochi d'azzardo on line, il Parlamento ritiene che gli Stati membri possano legittimamente limitare la libera fornitura di tali servizi. Li esorta, inoltre, a stanziare fondi adeguati a favore della ricerca, della prevenzione e del trattamento dei problemi legati al gioco d’azzardo online ed esorta tutte le parti interessate ad affrontare il rischio di isolamento sociale causato dalla dipendenza dal gioco d’azzardo online. Suggerisce inoltre di esaminare la possibilità di introdurre una somma massima mensile che una persona può dedicare alle attività di gioco d’azzardo o di obbligare gli operatori del gioco d’azzardo online a utilizzare carte prepagate per il gioco d’azzardo online da vendersi nei negozi.
Sostiene poi l'elaborazione di standard sul gioco d’azzardo online per quanto concerne i limiti d'età, il divieto di regimi di credito e di bonus per proteggere i giocatori vulnerabili, le informazioni sulle possibili conseguenze del gioco d’azzardo e su dove cercare aiuto in caso di dipendenza, la potenziale dipendenza creata da alcuni giochi, ecc.. Pur riconoscendo l'utilità di un codice di condotta per raggiungere alcuni obiettivi pubblici (e privati), sottolinea che questo rimane in definitiva un approccio di autoregolamentazione dettato dagli operatori del settore «e può quindi intervenire soltanto in aggiunta e non in sostituzione della legislazione». La sua efficacia, inoltre, dipende in larga misura dal suo riconoscimento da parte dei legislatori nazionali e dei consumatori.
Monitoraggio e ricerca
Il Parlamento esorta gli Stati membri a documentare «la portata e la crescita dei loro mercati del gioco d’azzardo online, nonché le sfide da esso derivanti». La Commissione dovrebbe invece avviare uno studio sul rischio di dipendenza, sulla possibilità di definire una categorizzazione comune europea dei giochi in base alle potenzialità di creare dipendenza e sulle possibili misure preventive e curative che potrebbero essere prese. In tale contesto dovrebbe esaminare in particolare il ruolo della pubblicità.
Background
I mercati europei del gioco d’azzardo online sono regolamentati a livello nazionale conformemente al principio di sussidiarietà. Ne consegue una notevole eterogeneità dei quadri normativi relativi al mercato dell’UE del gioco d’azzardo (tradizionale e online). In venti Stati membri dell'UE, compresa l'Italia, il gioco d’azzardo online è consentito, in sette è vietato (tra cui Germania, Paesi Bassi e Grecia). Tredici Stati membri, inclusa l'Italia, hanno un mercato liberalizzato, sei presentano monopoli di Stato (tra cui Spagna e Svezia), mentre l'Austria ha autorizzato un monopolio privato.
La Commissione ha avviato, nel tempo, procedure d’infrazione contro dieci Stati membri - inclusa l'Italia - al fine di verificare se le misure nazionali che limitano l’offerta transfrontaliera di servizi di gioco d’azzardo online fossero compatibili con il diritto comunitario.
Link utili
Studio
realizzato per il Parlamento sul gioco d'azzardo on line (in
inglese)
Riferimenti
Christell SCHALDEMOSE (PSE/DK) Relazione sull’integrità del gioco d’azzardo online Procedura: Iniziativa Relazione senza dibattito Votazione: 10.3.2009 |
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Verso un sistema europeo comune di asilo | |
Adottando con 593 voti favorevoli, 65 contrari e 18 astensioni la relazione di Giusto CATANIA (GUE/NGL, IT), il Parlamento osserva anzitutto che nell'ultimo anno il numero dei rifugiati nel mondo è salito a oltre 12 milioni e quello degli sfollati interni a più di 26 milioni. In tale contesto, appoggia quindi la creazione di un sistema europeo comune di asilo e accoglie con favore il Piano strategico sulla politica di asilo della Commissione, che fungerà da tabella di marcia per la sua realizzazione. Deplora tuttavia lo spostamento al 2012 del termine per la realizzazione della seconda fase «che deve porre fine alla nefasta disparità esistente fra i sistemi di asilo degli Stati membri». In proposito, richiama l'attenzione sul fatto che, per i cittadini di alcuni paesi terzi, il tasso di riconoscimento della qualifica di rifugiato varia dallo 0% al 90% da uno Stato membro all'altro.
Nel ricordare che l'UE dovrebbe prevedere meccanismi alle frontiere esterne atti ad individuare i richiedenti asilo e a garantire l'accesso al suo territorio alle persone che hanno diritto a una protezione internazionale, «ivi compreso nell'ambito di operazioni di controllo delle sue frontiere esterne», il Parlamento invita la Commissione a sostenere e ad introdurre iniziative tese al riesame e all'adeguamento di tutte le politiche e le pratiche di gestione delle frontiere, come Frontex e il Sistema europeo di sorveglianza delle frontiere (Eurosur).
Un’unica procedura per le richieste di asilo
Il Parlamento
sostiene che dovrebbero essere istituiti una procedura di richiesta
di asilo unica e un'unica serie di criteri per la qualifica di
rifugiato o di persona bisognosa di tutela internazionale, che
dovrebbero coprire tutte le domande di "protezione internazionale"
(status di rifugiato, protezione sussidiaria e protezione
temporanea).
Sottolinea inoltre che la procedura comune in materia di asilo dovrebbe prevedere limiti di tempo ragionevoli, uniformi e precisi entro i quali le autorità devono pronunciarsi e che la concessione dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria dovrebbe sempre essere subordinata ad una valutazione individuale.
I deputati insistono infatti che l'armonizzazione delle norme «deve tradursi in un livello di protezione elevato in tutta l'Unione europea e non risolversi in un livellamento verso il basso» e ribadiscono la necessità del pieno rispetto dei diritti e delle esigenze dei richiedenti asilo e del principio di non respingimento. Chiedono poi all’Agenzia Frontex di fornire dati precisi sul numero di richiedenti asilo individuati come tali e sulla sorte delle persone intercettate e fatte rientrare in un paese di transito o di origine nel corso delle operazioni da essa condotte.
I deputati ritengono poi che, in virtù del regolamento di Dublino rivisto, ai richiedenti asilo «dovrebbe essere riconosciuto il diritto di ricorso contro una decisione di trasferimento». D’altro canto, deplorano che le regole fissate dal sistema di Dublino per determinare lo Stato competente per l'esame di una domanda di asilo «non tengano conto dei desiderata dei richiedenti» e sostengono che taluni criteri di ordine familiare, culturale e linguistico «dovrebbero essere presi maggiormente in considerazione ai fini di tale determinazione, in modo da favorire l'integrazione dei richiedenti asilo».
Il Parlamento si compiace del fatto che la Corte di giustizia abbia annullato le disposizioni della direttiva "Procedura" che riguardavano l'adozione o la modifica di un elenco comune minimo di paesi di origine sicuri e di un elenco comune di paesi terzi sicuri. Ma ritiene auspicabile condividere le informazioni sui paesi d’origine e incoraggia la Commissione ad intensificare i suoi sforzi in vista della creazione di una banca di dati comune.
I richiedenti asilo non vanno posti in stato di detenzione
Il Parlamento plaude poi agli esperimenti positivi condotti in taluni Stati membri per accogliere i richiedenti asilo «in strutture aperte e in piena integrazione con le comunità locali», poiché ritiene che «l'universo carcerario non può in alcun caso aiutarli a superare i traumi vissuti» e che debbano beneficiare «di condizioni di accoglienza idonee». Accoglie quindi con favore le disposizioni contenute nelle proposte più recenti della Commissione, in base alle quali gli Stati membri non possono porre in stato di detenzione una persona per il solo motivo che si tratta di un richiedente protezione internazionale.
Secondo i deputati, la detenzione dei richiedenti asilo dovrebbe essere possibile unicamente «in circostanze eccezionali definite molto chiaramente e in funzione del principio di necessità e proporzionalità per quanto riguarda sia le sue modalità che il suo scopo». Ritengono inoltre che, qualora sia posto in detenzione, un richiedente asilo «dovrebbe avere diritto alla riparazione dinanzi a un tribunale nazionale». A loro parere è poi essenziale che il campo di applicazione della nuova direttiva "Accoglienza" venga chiarito «in modo da coprire i centri di trattenimento, le zone di transito, le procedure alla frontiera e i trasferimenti previsti dal sistema di Dublino».
Solidarietà per i paesi con maggiori flussi
Il Parlamento ritiene che uno degli obiettivi del sistema europeo comune di asilo debba essere di instaurare meccanismi efficaci di solidarietà per migliorare la situazione dei paesi che ricevono i maggiori flussi di richiedenti asilo e che hanno difficoltà a garantire loro condizioni di accoglienza adeguate, a trattarne le domande nei tempi e nelle forme prescritte o ad integrare i richiedenti che hanno ottenuto lo status di rifugiato. Precisa poi che tale solidarietà non può limitarsi alla concessione di mezzi finanziari e chiede l'efficace attuazione di meccanismi di reinsediamento e di trasferimento interni, su base volontaria. Invita inoltre la Commissione a esaminare la possibilità di istituire un meccanismo europeo di trasferimento della protezione internazionale per permettere la circolazione dei rifugiati in Europa dietro loro richiesta e ridurre in tal modo la pressione su taluni Stati membri.
Cooperazione con i paesi terzi
Favorevole alla conclusione di accordi di sorveglianza delle frontiere tra autorità nazionali, UNHCR e ONG nell'Unione europea, il Parlamento chiede lo stanziamento a tal fine di risorse a titolo del Fondo per le frontiere esterne dell'Unione. Sottolinea inoltre che il sistema europeo comune di asilo dovrebbe essere pienamente coerente con la politica di cooperazione con i paesi in via di sviluppo.
Ufficio europeo di sostegno per l'asilo
Il Parlamento sostiene fermamente la creazione di un Ufficio europeo di sostegno per l'asilo, che dovrebbe operare in stretta collaborazione con l'Ufficio dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati nonché con le ONG specializzate. Uno dei suoi compiti dovrebbe essere di analizzare con precisione le divergenze esistenti tra i sistemi di asilo nazionali, in modo da contribuire a migliorarli. Dovrebbe inoltre sviluppare linee guida per promuovere una valutazione più accurata delle richieste di asilo, favorire lo scambio di buone prassi nonché monitorare l'attuazione e l'applicazione della pertinente legislazione dell'UE.
Link utili
Relazione
della Commissione
sull'applicazione della direttiva 2003/9/CE del Consiglio, del 27
gennaio 2003, recante norme minime relative all'accoglienza dei
richiedenti asilo negli Stati membri
Riferimenti
Giusto CATANIA (GUE/NGL, IT) Relazione sul futuro del sistema europeo comune di asilo Procedura: Iniziativa Dibattito: 9.3.2009 Votazione: 10.3.2009 |
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Nuove norme per auto più sicure, silenziose e ecologiche | |
Sulla base di un maxiemendamento di compromesso negoziato dal relatore Andreas SCHWAB (PPE/DE, DE) con il Consiglio, il Parlamento ha approvato - con 610 voti favorevoli, 34 contrari e 20 astensioni - un nuovo regolamento che fissa i requisiti dell’omologazione per tipo degli autoveicoli e dei loro rimorchi nonché dei sistemi, delle componenti e delle entità tecniche ad essi destinati per quanto riguarda la loro sicurezza.
Più in particolare, il regolamento stabilisce i requisiti dell'omologazione per quanto riguarda la sicurezza, l'efficienza dei carburanti e le emissioni di CO2 riferiti ai sistemi di controllo della pressione degli pneumatici, nonché ai requisiti sull'efficienza dei carburanti e le emissioni di CO2 riferiti agli indicatori di cambio di marcia. Fissa poi i requisiti dell’omologazione degli pneumatici di nuova fabbricazione per quanto riguarda le loro prestazioni di sicurezza e di resistenza al rotolamento e la rumorosità di rotolamento.
Il
regolamento, che riunisce in un solo testo le norme disperse in
cinquanta direttive, si limita a prescrivere i requisiti generali
affidando alla Commissione il compito di definire le misure
specifiche di attuazione in base a un preciso calendario. Sarà
applicabile a partire dal 1° novembre 2011, ma talune misure si
applicheranno progressivamente entro il 2018, prevedendo termini più
lunghi per i "nuovi veicoli" (modelli già in produzione) rispetto ai
"nuovi tipi di veicoli" (modelli non ancora esistenti), anche per
lasciare ai costruttori il tempo necessario di adattarsi alle nuove
prescrizioni.
Campo d'applicazione e obblighi dei costruttori
Come obbligo generale, i costruttori dovranno dimostrare che tutti i veicoli nuovi venduti, immatricolati o messi in servizio nella Comunità siano stati omologati conformemente al regolamento e alle relative misure d’attuazione. Inoltre, dovranno garantire che i veicoli siano concepiti, costruiti e assemblati in modo «da ridurre al minimo i rischi di lesioni per gli occupanti del veicolo e gli altri utenti della strada».
Dovranno anche far sì che i veicoli, i sistemi, le componenti e le entità tecniche soddisfino le prescrizioni relative all’integrità della struttura del veicolo (che comprende le prove d’urto), ai sistemi come lo sterzo, i freni e i sistemi elettronici di controllo della stabilità, a quelli destinati a informare il conducente, in modo acustico o visivo, sullo stato del veicolo e della zona circostante, a quelli di illuminazione del veicolo e alla protezione dei suoi occupanti (inclusi poggiatesta, cinture di sicurezza, ancoraggi ISOfix e porte del veicolo). Ma anche alla parte esterna del veicolo e agli accessori, alla compatibilità elettromagnetica, ai dispositivi di segnalazione acustica, agli impianti di riscaldamento, ai dispositivi antifurto, ai sistemi di identificazione del veicolo, alla sicurezza elettrica e agli indicatori di cambio di marcia. I veicoli per il trasporto merci dovranno inoltre essere dotati di dispositivi antincastro in caso di urto frontale e essere costruiti in modo tale da ridurre al minimo le lesioni agli "utenti della strada non protetti" in caso di urto laterale.
Pneumatici più sicuri, silenziosi e che riducono le emissioni
L'utilizzo obbligatorio e coerente di tecnologie d’avanguardia per la fabbricazione di pneumatici sarà «determinante ai fini della riduzione della quota delle emissioni di gas serra dovuta al traffico stradale ..., contribuendo al contempo a promuovere l'innovazione, l'occupazione e la competitività dell'industria automobilistica europea». Al tempo stesso, occorre ridurre il rumore di rotolamento e mantenere alti livelli di sicurezza degli pneumatici. Nel classificare i vari tipi di pneumatici in funzione delle categorie di veicoli ai quali sono principalmente destinati, il regolamento fissa quindi i diversi requisiti relativi all'aderenza sul bagnato, alla resistenza al rotolamento e alla sua rumorosità.
La riduzione delle emissioni sarà ottenuta combinando pneumatici a bassa resistenza al rotolamento con l'introduzione nelle automobili di sistemi di controllo della pressione degli pneumatici. Questi ultimi sono strumenti capaci di emettere un avvertimento all’interno dell'abitacolo nel caso in cui si produca una perdita di pressione in uno degli pneumatici, «nell’interesse di un ottimale consumo di carburante e della sicurezza stradale». Per raggiungere questo obiettivo, vengono fissati nelle specifiche tecniche dei limiti adeguati, che consentiranno anche un approccio improntato alla neutralità tecnologica e all’efficienza dei costi per la loro messa a punto.
Data la
difficoltà di rispettare i requisiti e tenuto conto del tempo di cui
l’industria avrà bisogno per sostituire le attuali linee di
pneumatici, è previsto un periodo più lungo per applicare i
requisiti sul rumore di rotolamento riguardo ai nuovi pneumatici
di tipi già in commercio. Ma il regolamento chiede anche agli Stati
membri di investire di più nel miglioramento del manto delle
strade e di sviluppare una politica globale di emissioni sonore
che includa anche il trasporto aereo e ferroviario. Inoltre, entro
dodici mesi, la Commissione dovrebbe presentare una proposta di
classificazione delle strade dell'UE in funzione della produzione
del rumore allo scopo di fissare priorità e requisiti appropriati
per il manto stradale e stabilire limiti massimi per il rumore
stradale. Come richiesto dai deputati, il regolamento precisa che è possibile sfruttare appieno le potenzialità connesse all'aumento della sicurezza e alla riduzione delle emissioni di CO2 e del rumore causato dal traffico «solamente affiancandole a un sistema di etichettatura inteso ad informare il consumatore in merito alle varie prestazioni dei pneumatici».
Sistemi avanzati per veicoli
I sistemi elettronici di controllo della stabilità, i dispositivi avanzati di frenata d’emergenza e i sistemi d’avviso di deviazione dalla corsia hanno un elevato potenziale di riduzione degli incidenti stradali.
Il regolamento prevede che le autovetture e i veicoli commerciali leggeri dovranno essere anche dotati di un sistema elettronico di controllo della stabilità. Ad esclusione di taluni veicoli fuoristrada, tale sistema dovrà essere applicato anche ad altri mezzi più grandi, ma non a quelli con più di tre assi, agli autobus e ai pullman articolati. Prima dell'introduzione dei sistemi elettronici di controllo della stabilità, la Commissione dovrebbe prevedere iniziative e campagne di informazione sulla loro efficacia e promuoverne le vendite. Dovrebbe inoltre osservare l'evoluzione dei prezzi per accertarsi che i prezzi dei nuovi veicoli non aumentino in modo sproporzionato a seguito della loro dotazione conformemente alle nuove norme di sicurezza.
Le automobili (M1, non oltre 2610 kg) munite di un cambio manuale dovranno anche essere dotate di indicatori di cambio di marcia (GSI).
Fatte salve alcune esenzioni e deroghe da stabilire a seguito di un'analisi costi-benefici, i veicoli più pesanti per il trasporto di persone e quelli commerciali (categorie M2, M3, N2 ed N3) dovranno essere muniti di un dispositivo avanzato di frenata d’emergenza e di un sistema di avviso di deviazione dalla corsia che soddisfino i requisiti del regolamento e delle relative misure di attuazione. Ma la Commissione dovrà valutare la possibilità di estendere tali dispositivi ad altre categorie di veicoli.
Una revisione nel 2012
La Commissione dovrà continuare a valutare la fattibilità tecnica ed economica di altri dispositivi avanzati di sicurezza e la relativa maturità del mercato ed eseguire una revisione, eventualmente accompagnata da modifiche al regolamento, qualora necessario, entro il 1° dicembre 2012 e successivamente ogni tre anni. Dovrà valutare la fattibilità di estendere l'obbligo di montaggio dei sistemi di controllo della pressione dei pneumatici, dei sistemi di avviso di deviazione dalla carreggiata e dei dispositivi avanzati di frenata d'emergenza su altre categorie di veicoli e, se del caso, proporre una modifica al regolamento.
Le misure del regolamento che riguardano la riduzione delle emissioni di CO2, precisa il testo, «dovrebbero essere collegate, entro i limiti del possibile, alle misure aggiuntive miranti a conseguire un'ulteriore riduzione di 10 g di CO2 rispetto all’obiettivo di riduzione delle emissioni di 130 g di CO2» previste dal regolamento sull'omologazione Euro 5 e Euro 6 per i veicoli leggeri. E' anche aggiunto che, ai fini di un approccio più integrato e previa un’esauriente valutazione d’impatto, la Commissione dovrebbe proporre a tempo debito ulteriori modifiche al regolamento riguardo alle eventuali misure aggiuntive volte a raggiungere tali obiettivi di emissione e alle altre tecnologie disponibili sul mercato, comprese quelle per il mantenimento della pressione negli pneumatici, il miglioramento del manto stradale e le altre nuove tecnologie pertinenti. Così come sui requisiti relativi all’efficienza dei sistemi di condizionamento dell’aria che influiscono sulla resistenza al rotolamento degli pneumatici e/o sul risparmio di carburante del veicolo e sulle emissioni di CO2. Link utili
Maxiemendamento
di compromesso
Riferimenti
Andreas SCHWAB (PPE/DE, DE) Relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui requisiti dell’omologazione per tipo riguardo alla sicurezza generale degli autoveicoli Procedura: Codecisione, prima lettura Dibattito: 10.3.2009 Votazione: 10.3.2009 |
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Una direttiva per agevolare il trasferimento delle imprese nell’UE | |
Adottando con 608 voti favorevoli, 51 contrari e 13 astensioni la relazione di Klaus-Heiner LEHNE (PPE/DE, DE), il Parlamento osserva anzitutto che le società «dovrebbero godere di libertà di stabilimento nell'ambito del mercato interno» e che la migrazione transfrontaliera delle società «è uno degli elementi cruciali del completamento del mercato interno». Nota inoltre come una norma che obblighi una società a mantenere la sua sede centrale e la sua sede sociale nello stesso Stato membro «violerebbe il diritto comunitario».
Chiede quindi alla Commissione di presentare al Parlamento entro il 31 marzo 2009, una proposta di direttiva che stabilisca misure di coordinamento della legislazione nazionale degli Stati membri, al fine di facilitare il trasferimento transfrontaliero all'interno della Comunità della sede di una società costituita conformemente alla legislazione di uno Stato membro. Sottolineando gli effetti positivi che la concorrenza fiscale produce sulla crescita economica e precisando che il trasferimento della sede societaria dovrebbe risultare fiscalmente neutro, formula una serie di raccomandazioni particolareggiate.
La direttiva
dovrebbe prevedere che il trasferimento transfrontaliero della sede
sociale non possa dare luogo alla liquidazione della società in
questione né ad alcuna interruzione o perdita di personalità
giuridica. Di conseguenza, la società dovrebbe mantenere la sua
identità giuridica e non sarebbero modificati né i suoi attivi
né i suoi passivi, né le sue relazioni contrattuali. Il
trasferimento, precisano i deputati, non potrà aggirare i requisiti
giuridici, sociali e fiscali e prenderebbe effetto dalla data di
registrazione nello Stato membro ospitante. A partire da quel
momento la società sarebbe soggetta alla legislazione di tale Stato.
Il trasferimento della sede di una società coinciderebbe quindi con
il trasferimento della vigilanza. La dirigenza o il consiglio di amministrazione di una società che progetta un trasferimento dovrebbero essere tenuti a redigere una proposta di trasferimento che copra almeno la forma giuridica, la denominazione e la sede sociale della società nello Stato membro d'origine e in quello ospitante, l'atto costitutivo e lo statuto previsto per la società nello Stato membro ospitante, il calendario previsto per il trasferimento e la data a partire dalla quale le operazioni della società saranno trattate ai fini contabili come situate nello Stato membro ospitante. La proposta dovrà anche illustrare le informazioni dettagliate sul trasferimento del centro principale di attività e dei diritti garantiti ai soci, ai lavoratori e ai creditori.
La proposta di trasferimento dovrebbe poi essere sottoposta all'esame dei soci e ai rappresentanti dei lavoratori della società entro un congruo periodo antecedente la data dell'assemblea degli azionisti. La società dovrebbe anche essere tenuta a pubblicare l'indicazione delle modalità con cui i creditori e gli azionisti di minoranza possono esercitare i loro diritti. La dirigenza o il consiglio di amministrazione della società dovrebbero inoltre redigere una relazione per illustrare e motivare gli aspetti giuridici ed economici della proposta e indicare le conseguenze per i soci, i creditori e i lavoratori. Spetterebbe poi all’assemblea degli azionisti approvare la proposta di trasferimento con la maggioranza richiesta per modificare l'atto costitutivo e lo statuto, secondo la legislazione dello Stato membro d'origine.
La direttiva dovrebbe anche disporre che lo Stato membro d'origine verifichi la legittimità della procedura di trasferimento in base alla propria legislazione e che l'autorità competente rilasci un certificato attestante che tutti gli atti e le formalità richiesti sono stati espletati. Questo certificato, assieme a una copia dell'atto costitutivo e dello statuto previsti per la società nello Stato membro ospitante nonché la proposta di trasferimento dovrebbero quindi essere presentati entro un congruo periodo di tempo all'ente competente per la registrazione nello Stato membro ospitante che dovrebbe solo verificare se le condizioni sostanziali e formali del trasferimento sono soddisfatte. Ricevuta la notifica della registrazione nello Stato membro ospitante, quello d'origine dovrà cancellare la società dal proprio registro.
La partecipazione dei lavoratori sarebbe disciplinata dalla legislazione dello Stato membro ospitante. Tuttavia, ciò non varrebbe qualora lo Stato membro ospitante non preveda «almeno lo stesso livello di partecipazione di quello attuato nella società dello Stato membro d'origine» o e la sua legislazione non dà ai dipendenti degli stabilimenti della società situati in altri Stati membri «lo stesso diritto ad esercitare i diritti di partecipazione di cui i dipendenti godono prima del trasferimento».
Alle società nei cui confronti sono state promosse procedure di chiusura, liquidazione, insolvenza o sospensione dei pagamenti o altri procedimenti analoghi non dovrebbe essere consentito di effettuare un trasferimento transfrontaliero della sede sociale all'interno della Comunità. E’ anche precisato che ai fini dei procedimenti giudiziari o amministrativi in corso iniziati prima del trasferimento della sede sociale, l'impresa dovrebbe essere considerata come avente la propria sede legale nello Stato membro d'origine.
Link utili
Comunicazione
della Commissione Riferimenti
Klaus-Heiner LEHNE (PPE/DE, DE) Relazione recante raccomandazioni alla Commissione sul trasferimento transfrontaliero della sede sociale di una società Procedura: Iniziativa Dibattito: 9.3.2009 Votazione: 10.3.2009 |
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Alimentare: indicare il luogo d'origine sulle etichette | |
Adottando accogliendo con 547 voti favorevoli, 37 contrari e 49 astensioni la relazione di Maria PETRE (PPE/DE, RO), il Parlamento accoglie con favore il processo di riflessione avviato dal Libro Verde della Commissione sulla qualità dei prodotti e osserva che le norme in materia di sicurezza e qualità alimentare dell’Unione europea «sono le più rigorose del mondo ... rispondono a un'esigenza del consumatore europeo e rappresentano un mezzo per conseguire un importante valore aggiunto». Precisa inoltre che gli agricoltori dovrebbero avere «la possibilità di recuperare i costi legati al rispetto dei requisiti comunitari» che impongono un livello più elevato di sicurezza alimentare, di protezione degli animali e dell'ambiente.
Parallelamente, il Parlamento auspica una semplificazione della normativa comunitaria, purché ciò non si traduca in uno suo smantellamento. Manifesta infatti preoccupazione per la complessità del sistema europeo delle norme di base e per le numerose disposizioni a cui devono conformarsi gli agricoltori dell'Unione. Inoltre, si dovrebbero limitare i settori in cui si pratica l’autoregolamentazione e promuovere la coregolamentazione. Più in generale, ritiene che, se un prodotto è conforme ai requisiti di sicurezza alimentare, le norme in materia di commercializzazione «non debbano ostacolarne l’accesso al mercato per ragioni legate all’estetica, alla forma o alla dimensione».
Notando poi
che i produttori europei si trovano direttamente esposti alla
concorrenza internazionale per il continuo processo di
liberalizzazione dei mercati agricoli mondiali, il Parlamento
osserva che ogni nuova disposizione a cui devono conformarsi «può sì
costituire uno svantaggio competitivo». Ritiene quindi necessario
incrementare il controllo e il coordinamento tra le diverse autorità
al fine di garantire che i prodotti alimentari importati siano
conformi alle norme comunitarie
in materia di ambiente, sicurezza alimentare e benessere degli animali. Rileva inoltre la necessità che la Commissione, nell'ambito delle trattative sulle questioni non commerciali in seno all'OMC, ottenga l'imposizione dell'obbligo per i prodotti importati di rispettare gli stessi requisiti cui sono soggetti gli agricoltori europei.
Il Parlamento auspica poi l’introduzione dell’indicazione obbligatoria del luogo di produzione delle materie prime attraverso un'apposita etichetta «che soddisfi l'esigenza dei consumatori di ricevere maggiori informazioni sull'origine del prodotto che acquistano». Questo sistema dovrebbe inoltre essere esteso ai prodotti alimentari trasformati per quanto riguarda i principali ingredienti e il luogo in cui è avvenuta l'ultima trasformazione. Sostiene anche l'introduzione di un marchio europeo generale di qualità, recante la dicitura "prodotto nell'Unione europea", che consenta ai prodotti comunitari di distinguersi sul mercato grazie alla severità delle norme che ne regolamentano la produzione e che può quindi tradursi in un vantaggio competitivo agli occhi dei consumatori.
D'altro lato, i deputati esprimono preoccupazione «per l’influenza delle grandi catene di negozi sulla qualità generale dei prodotti alimentari europei». Ma anche per il fatto che i mercati in cui la distribuzione è particolarmente concentrata «mostrano una tendenza all'uniformazione e alla riduzione della varietà dei prodotti agroalimentari», riducendo la presenza di prodotti tradizionali a favore di quelli pretrattati. Chiedono quindi agli Stati membri di promuovere la creazione di Farmer Market in cui i produttori abbiano la possibilità di offrire i loro articoli direttamente ai consumatori, poiché questa tipologia di mercato «assicura un prezzo equo per i prodotti di alta qualità, rafforza il legame del prodotto con il territorio e sensibilizza il consumatore ad una scelta consapevole riguardo gli aspetti qualitativi». Inoltre, evitando i percorsi più lunghi per i trasporti, dà «il buon esempio per quanto riguarda la lotta al cambiamento climatico».
I deputati sottolineano poi la necessità di istituire un'Agenzia europea per la qualità dei prodotti che collabori strettamente con l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e con le unità della Commissione responsabili della tutela della qualità alimentare. L'Agenzia, è precisato, sarebbe competente anche per le richieste di DOP, IGP e STG sempre più spesso avanzate dai paesi terzi.
Maggiore tutela comunitaria e internazionale per DOP e IGP
Il Parlamento sottolinea che le indicazioni geografiche - «un importante patrimonio comunitario» da preservare - rappresentano «una garanzia di qualità che deve essere sostenuta». I produttori di alimenti con indicazione geografica dovrebbero quindi avere la possibilità di disporre di strumenti di gestione commisurati al volume della rispettiva produzione, al fine di preservarne la qualità e la rinomanza. Al contempo, auspica una semplificazione delle procedure di registrazione delle indicazioni geografiche e la riduzione del tempo per ottenerle e si oppone alla fissazione di criteri di valutazione più severi, ad esempio quelli relativi alle possibilità di esportazione e alla sostenibilità.
Chiedendo di incrementare la consapevolezza dei consumatori sulla differenza tra DOP e IGP, i deputati giudicano indispensabile incrementare la percentuale di cofinanziamento dell’Unione a favore dei programmi comunitari di informazione e promozione sui prodotti europei di qualità. Esortano poi a chiarire le differenze tra i marchi commerciali e le indicazioni geografiche, garantendo la concreta applicazione delle norme già in vigore che vietano la registrazione di marchi che hanno una denominazione simile a una denominazione DOP o IGP già registrata o vi facciano riferimento. Ritengono inoltre opportuno regolamentare l'utilizzo delle diciture "montano" e "isolano".
Più in generale, il Parlamento sollecita una migliore tutela dei nomi registrati. In proposito, ritiene opportuna un’armonizzazione legislativa e procedurale delle norme sull'applicazione della tutela ex-officio contro la contraffazione o l'imitazione e chiede l’applicazione di rigorose sanzioni. Auspicando inoltre un rafforzamento dei controlli, è favorevole ad offrire un’assistenza tecnica comunitaria in vista dell'effettuazione di controlli in tutti gli Stati membri al fine di garantire una protezione quanto più possibile uniforme dei prodotti DOP e IGP nel territorio dell'UE.
I deputati chiedono anche di rafforzare la tutela internazionale delle indicazioni geografiche e, a tal fine, esortano la Commissione a intensificare i propri sforzi per ottenere una loro migliore protezione nel quadro dei negoziati in seno all’Organizzazione mondiale del commercio attraverso l'estensione a tutti prodotti della protezione rafforzata riconosciuta ai vini dall'Accordo sulle proprietà intellettuali e con l'istituzione di un registro multilaterale delle indicazione geografiche. L'utilizzo improprio di tali nomi all'interno dei paesi terzi, a loro parere, genera infatti confusione nei consumatori e mette a rischio la rinomanza dei prodotti originali. Dovrebbe inoltre essere concluso un maggior numero di accordi bilaterali e accordi contro la contraffazione, mentre la Commissione dovrebbe fornire consulenze per aiutare le associazioni a tutelare le proprie denominazioni nei paesi terzi, nei quali spesso vigono procedure di registrazione estremamente complesse.
Produzione biologica
Il Parlamento ritiene che la produzione biologica «rappresenti una delle maggiori possibilità di crescita dell’agricoltura europea» e che sia necessario promuoverla attraverso appositi programmi. Sostiene inoltre che, ai fini di un miglior funzionamento del mercato interno dei prodotti biologici, sia necessaria l'indicazione del paese di origine sia per le materie prime sia per i prodotti trasformati importati da paesi terzi e si debbano fissare limiti massimi per l'utilizzo dei prodotti fitosanitari vietati nell'agricoltura biologica. Occorre poi una maggiore omogeneità tra le tipologie di organismi e di procedure di controllo e certificazione dei prodotti biologici in modo da trasmettere sicurezza e fiducia ai consumatori attraverso un nuovo logo comunitario che garantisca l'uniformità dei criteri di produzione, controllo e certificazione a livello comunitario.
Organismi geneticamente modificati
Il Parlamento riconosce che i consumatori sono sempre più esigenti per quanto concerne la qualità degli alimenti e la produzione alimentare, non solo in termini di sicurezza ma anche di aspetti etici, come la sostenibilità ambientale, la tutela del benessere degli animali e le tecnologie relative agli organismi geneticamente modificati (OGM). Chiede quindi alla Commissione di prevedere criteri per iniziative in materia di qualità, ad esempio sistemi facoltativi di etichettatura "esente da OGM", «che consentiranno ai consumatori di compiere scelte più oculate». La esorta inoltre a presentare una proposta legislativa per l'introduzione di un obbligo di etichettatura anche per i prodotti di origine animale - come il latte, la carne e le uova - per la cui produzione vengono utilizzati animali alimentati con mangimi geneticamente modificati.
Link utili
Libro verde sulla qualità dei prodotti agricoli: norme di prodotto, requisiti di produzione e sistemi di qualità Proposta di regolamento relativo alla fornitura di informazioni alimentari ai consumatori Sito della Commissione sulla politica di qualità
Riferimenti
Maria PETRE (PPE/DE, RO) Relazione su "Garantire la qualità degli alimenti - Armonizzazione o reciproco riconoscimento delle norme Procedura: Iniziativa Relazione senza dibattito Dibattito: 10.3.2009 |
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