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RESOCONTO
8 ottobre 2008 Bruxelles
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Ingrid Betancourt al Parlamento: la sola arma nella quale dobbiamo credere è la forza della parola |
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Il Presidente PÖTTERING, accogliendo «con grande felicità» Ingrid Betancourt, ha affermato che la sua presenza in Aula dimostra che le persone coraggiose che lottano per la libertà e la dignità «non perdono mai la speranza». Nel sottolineare che la prigionia della politica colombiana è durata sei anni, quattro mesi e sei giorni, il Presidente l'ha indicata come un «simbolo di libertà e coraggio». Dopo aver ricordato l'impegno e il coraggio dei figli della Betancourt durante la sua cattività, ha affermato che il terrorismo, rapendo ostaggi, porta un «attacco diretto ai nostri valori, alla libertà e alla democrazia». La democrazia, ha aggiunto, «non deve mai arretrare di fronte al terrorismo».
Il Presidente ha poi sottolineato come molti eurodeputati si siano impegnati per la liberazione di Ingrid Betancourt e degli altri ostaggi ed ha salutato anche gli attivisti presenti in tribuna. Ha quindi messo in luce l'esigenza di portare avanti gli sforzi per la liberazione di tutti gli ostaggi, spiegando che questo è il senso della seduta solenne. Pöttering ha infatti rilevato, citando la stessa Betancourt, che «il pericolo è essere dimenticati». Ricordando la celebrazioni per il 60° anniversario della dichiarazione dei diritti dell'uomo, il Presidente ha ribadito l'impegno del Parlamento europeo a difendere e sostenere i difensori dei diritti umani che sono perseguitati nel mondo.
Ingrid BETANCOURT, dicendosi molto emozionata di rivolgersi all'Aula nei giorni in cui si celebra l'anniversario della dichiarazione dei diritti umani, ha affermato di ammirare il Parlamento europeo e di sognare che, sul suo esempio, possa costituirsi un parlamento latino-americano che trovi «nel dialogo e nel rispetto la chiave di un destino comune».
Grazie al Parlamento europeo.
Ha poi ringraziato il Parlamento europeo per l'impegno profuso a favore della liberazione sua e degli altri ostaggi: «è in quest'Aula che rifiutandovi di rassegnarvi che mi è arrivato il primo soccorso ... se ho potuto mantenere la speranza durante tutti questi anni è perché sapevo che esistevo nei vostri cuori ... mi dicevo che potevano farmi sparire fisicamente, ma sapevo che il mio nome e il mio viso avrebbero trovato rifugio nei vostri pensieri contro l'oblio». Rivolgendosi ai deputati ha poi aggiunto: «niente di quanto avete detto o fatto è stato vano; se sono viva, se ho ritrovato la felicità di vivere, lo devo a voi ... le vostre parole mi hanno liberato ben prima che giungesse il soccorso fisico». «Le parole che avete pronunciato e che hanno permesso la mia liberazione e quella di altri ostaggi - ha detto - hanno fatto emergere la necessità di agire nel rispetto della vita di tutti gli ostaggi e anche dei rapitori», ed ha poi reso omaggio anche a tutti coloro che nel mondo - compreso in Italia - si sono mobilizzati per ottenere la liberazione. Ma la «lotta deve continuare».
La forza della parola, il mondo ha bisogno di un'Europa che si esprime.
In tale contesto, ha proseguito, «la sola arma nella quale dobbiamo credere è la forza della parola». Questa, ha spiegato, «ha un'importanza estrema, ed è con essa che possiamo combattere l'odio e la violenza in modo più efficace». Alcuni deputati si saranno sentiti frustrati dal non avere poteri esecutivi che permettessero loro di agire ma, ha insistito, «ogni volta che uno di voi parla in quest'Aula l'infamia arretra». A dimostrazione della forza della parola, Ingrid Betancourt ha ricordato con grande emozione che, durante la prigionia, sua figlia leggeva ad ogni compleanno una sua lettera, scoprendovi ogni volta qualcosa di nuovo in relazione a ciò che stava vivendo.
Quelli che sono vittime dell'arbitrio, ha continuato, «sanno che quanto è detto oggi prende a carico la loro sofferenza e dà un senso alla loro lotta». Ha poi ricordato che, durante la prigionia, sentiva spesso con indignazione il portavoce delle FARC parlare in suo nome: «con il mio rapimento non solo la guerriglia mi aveva privato del mio destino, ma usurpava anche la mia voce». Ha quindi sottolineato che «il mondo ha bisogno che l'Europa si esprima».
La società del consumo non ci rende felici, produce terrorismo ed esclusione.
Sottolineando la necessità di «aprirsi, tendere la mano con generosità e cominciare a cambiare il mondo», Ingrid Betancourt ha poi affermato che questa società del consumo in cui viviamo «non ci rende felici». Il tasso di suicidi, consumo di droghe e le violenze sociali, ha aggiunto, sono «i sintomi di una deregolamentazione globale». Il riscaldamento della terra e il suo corollario di catastrofi naturali, inoltre, ci ricordano «che anche la terra è malata della nostra irresponsabilità e del nostro egoismo».
Ha poi posto in luce il fatto che la maggior parte dei suoi carcerieri erano giovanissimi e poverissimi contadini dediti alla raccolta di foglie di coca che, attraverso la TV satellitare sono informati su quanto accade nel modo e «come i nostri figli, sognano i-Pod, Play Station e DVD». Per loro, ha sottolineato, questo mondo del consumo al quale bramano «è totalmente inaccessibile». L'arruolamento nelle FARC, ha spiegato, rappresenta così una soluzione: «sono nutriti, vestiti e alloggiati a vita, hanno la sensazione di avere una carriera davanti a loro e hanno un fucile, che conferisce loro uno status di rispettabilità». Insomma, essere guerrigliero «è una forma di successo sociale». Ma in realtà, ha deplorato, «perdono tutto: la libertà e le famiglie, diventando schiavi di un'organizzazione che li utilizza come carne da cannone in una guerra assurda».
Questa massa di circa 15.000 giovani, ha proseguito, «non sarebbe là se la nostra società avesse offerto loro delle vere prospettive di successo, se nella nostra società non si fossero invertiti i valori e se la sete di possedere non fosse determinante per soddisfare il bisogno di essere». «La nostra società - ha aggiunto - sta producendo una grande massa di guerriglieri in Colombia, dei fanatici in Iraq, dei terroristi in Afghanistan e degli estremisti in Iran. La nostra società tritura le anime umane e le rigetta come scarti del sistema: immigrati, disoccupati, drogati, poveri e malati. Tutto questo mondo non ha posto nel nostro mondo».
A suo parere bisogna quindi interrogarsi se si ha «il diritto di continuare a costruire una società con una maggioranza di esclusi», se si può «accettare di operare per la nostra felicità quando produce il malore di tanti altri». Perché, invece, «non cercare dei modelli di consumo più razionali per consentire anche agli altri di avere accesso ai vantaggi della modernità?», si è chiesta. E' possibile, ha aggiunto, «concepire una civiltà diversa dove la comunicazione ponga fine ai conflitti armati?». Si è quindi detta convinta che la difesa dei diritti umani «passi dalla trasformazione dei nostri costumi e delle nostre abitudini» e che occorre «riconoscere agli altri il diritto di desiderare quanto noi stessi desideriamo ».
Un omaggio a tutti i prigionieri
Per Ingrid Betancourt, siamo tutti capaci del meglio ma, sotto la pressione del gruppo, anche del peggio. Il migliore scudo contro ciò sono la nostra spiritualità e i nostri principi, ma «è con la nostra parola che dobbiamo combattere». Ha quindi ribadito che il dialogo è indispensabile per porre fine a tutte le guerre: «occorre riconoscere il diritto degli altri a essere ascoltati, non perché abbiano ragione o torto, non perché siano buoni o cattivi, ma perché parlando possiamo salvare delle vite umane». E' con la parola che «faremo la pace, preserveremo la libertà di tutti e potremo cominciare a costruire una nuova civiltà: quella dell'Amore».
A tale proposito, Ingrid Betancourt ha voluto ricordare i suoi «fratelli di sventura, quelli che oggi sono incatenati agli alberi come delle bestie». Con grande commozione e interrompendosi spesso a causa del pianto, ha quindi rievocato le condizioni di vita a cui sono sottoposti e che ha patito lei stessa. «E' possibile - ha affermato - che ci stiano ascoltando e che si attendano, l'orecchio incollato alla radio, le nostre parole che ricorderanno loro di essere ancora vivi. Per i loro aguzzini sono oggetti, merce di valore inferiore al bestiame, una corvè penosa dalla quale non guadagnano niente, facile bersaglio del loro nervosismo». Ha quindi reso omaggio a ognuno di loro citando 27 nomi. Ha poi ricordato anche a Aung San Su Khi e Guilad Shalit. «Tutti questi nomi - ha aggiunto - portano il peso dell'infamia. Devono sapere che fino a che non avranno ritrovato la loro libertà, ognuno di noi si sentirà prigioniero».
Ha quindi «supplicato» i deputati affinché i loro applausi possano portare ai prigionieri «il nostro grande amore, tutta la nostra forza e tutta la nostra energia; che sappiano che il nostro impegno è assoluto e abbiano la certezza che non taceremo mai e che non smetteremo di agire finché non saranno liberi».
I deputati, alcuni dei quali con gli occhi lucidi, le hanno tributato una lunga standing ovation.
Riprendendo la parola, il Presidente PÖTTERING, ha sottolineato che mai al Parlamento europeo si è percepita una tale «sensibilità profonda e umana». Si è quindi augurato che il suo esempio possa portare alla liberazione di tutti gli ostaggi. Quest'ora di commozione profonda, ha proseguito, «ci ha incoraggiato a continuare a lottare pacificamente per la libertà, la democrazia, i diritti umani e la dignità ... ci ha invitato a parlare e rappresenta un messaggio straordinario che ci esorta ad agire». Ha quindi concluso augurandosi che Ingrid Betancourt possa trovare la pace, la serenità e l'amore. Link utili
Comunicato
stampa del Presidente Pöttering a seguito della liberazione di
Ingrid Betancourt
(in inglese)
Riferimenti
Seduta solenne - Allocuzione di Ingrid Betancourt 8.10.2008 |
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La crisi
finanziaria discussa al Parlamento |
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L'UE deve agire in maniera coordinata per affrontare la crisi dei mercati finanziari e gli Stati membri devono evitare decisioni unilaterali che implicano problemi ai loro vicini. E' quanto ha sostenuto la maggioranza dei deputati nel corso del dibattito in vista del prossimo Vertice europeo. Molti gruppi hanno accolto con favore il progetto di un gruppo di alto livello per studiare le politiche di vigilanza del mercato anche se alcuni si sono lamentati che in passato non si è fatto abbastanza.
Dichiarazione della Presidenza
Jean-Pierre JOUYET, Ministro per gli affari europei, riferendosi alla crisi finanziaria ha sottolineato che, a livello europeo, si è avuto un coordinamento reale, in quanto le banche, i regolatori e la Commissione europea hanno lavorato insieme. Ricordando che «l'Unione europea non è uno Stato federale come gli USA», si è compiaciuto dell'annuncio coordinato del taglio di mezzo punto percentuale da parte delle Banche centrali di tutto il mondo e ha sottolineato l'importanza di stabilizzare il mercato interbancario. Ha quindi invitato la Commissione a dar prova di «flessibilità» per quanto concerne gli aiuti di Stato americani e le regole di concorrenza, esortando il Fondo monetario internazionale ad agire come un vero «vigile finanziario».
Per quanto riguarda il trattato di Lisbona, ha ricordato che il governo irlandese dovrebbe presentare una roadmap che tutti gli Stati membri potranno sottoscrivere durante il Consiglio europeo di dicembre. Ha quindi concluso ribadendo che «abbiamo più che mai bisogno del trattato».
Dichiarazione della Commissione
Per José Manuel BARROSO, Presidente della Commissione, l'Europa possiede la normativa necessaria per affrontare la crisi dei mercati finanziari, anche se sarà un test difficile per la sua capacità di coordinarsi efficacemente e rapidamente. Gli interventi pubblici vengono effettuati principalmente a livello nazionale, dove si trovano denaro e competenze. Tuttavia, ha proseguito, gli Stati membri devono agire in base a principi comuni, tenendo in considerazione gli effetti transfrontalieri delle operazioni di salvataggio, in quanto «due terzi degli assetti bancari europei comprendono aspetti transfrontalieri».
Ha quindi concluso ricordando che la Commissione sta mettendo a punto un gruppo ad alto livello - che sarà presieduto da Jacques de Larosière, ex Direttore generale del Fondo monetario internazionale - cui parteciperanno Neelie Kroes, commissario alla concorrenza, Joaquin Almunia, commissario per gli affari economici e monetari e Charlie McCreevy, commissario per il mercato interno. Interventi in nome dei gruppi politici
Joseph DAUL (PPE/DE, FR) ha ricordato che la crisi finanziaria preoccupa l'economia, il mercato del lavoro e milioni di cittadini che lavorando hanno risparmiato per poi constatare che il frutto dei loro sforzi è vulnerabile. L'Europa deve fronteggiare la crisi ed imparare da questa lezione, mettendo insieme i propri sforzi al fine di minimizzare l'impatto sulle proprie economie e sulle proprie imprese, in particolare quelle piccole e medie, che necessitano di misure di sostegno. I mercati finanziari, ha proseguito, non stanno funzionando correttamente, le agenzie di rating non sono in grado di pubblicare dati che dimostrano i veri livelli di solvibilità ed è «inaccettabile» che coloro che hanno messo in ginocchio le banche non siano chiamati a renderne conto.
Ha poi esortato gli Stati membri che ancora non hanno ratificato il trattato di Lisbona a farlo al più presto, auspicandone l'adozione finale per dicembre. Abbiamo bisogno del trattato per permettere all'Unione di prendere decisioni forti, che riguardino sia la crisi finanziaria che le proprie istituzioni, ha concluso.
Per Martin SCHULZ (PSE, DE) la scelta del commissario Almunia come membro del gruppo ad alto livello è stata eccellente. Si è però dichiarato meno entusiasta di quella del commissario McCreevy, da lui definito «apologeta dell'illimitato capitalismo di mercato». E ciò equivarrebbe a «mettere un piromane a capo dei pompieri», aggiungendo anche che il commissario Kroes «vuole sbarazzarsi delle casse di risparmio pubbliche».
«Per anni, ha proseguito, ci siamo sentiti dire che il mercato ce l'avrebbe fatta», ma «il mainstreaming liberale è appena collassato in massa». Bisogna quindi pensare molto a regole idonee per la nuova architettura e ha chiesto di proibire per legge alcune forme di speculazione.
Graham WATSON (ALDE/ADLE, UK) ha sottolineato la necessità di una risposta collettiva alla crisi finanziaria, anche perché non è sostenibile una situazione in cui ogni Stato membro sorprende gli altri con decisioni unilaterali che hanno implicazioni multilaterali. Se taluni pensano di «ballare sulla tomba del capitalismo», ha proseguito, «le soluzioni non saranno trovate in mercati chiusi e in economie controllate». Quanto stiamo osservando, ha notato, «non è il fallimento dell'economia di mercato, quanto gli eccessi di mercati non regolati». «L'ingordigia di singoli banchieri, traders e speculatori - ha aggiunto - è certamente da condannare», ma va anche criticato il fallimento dei governi che non hanno garantito la trasparenza e l'onestà dei loro affari. Ha poi rilevato la necessità di rafforzare il coordinamento tra i regolatori nazionali. Infine, ha sottolineato la necessità che il Consiglio europeo porti avanti le discussioni sul trattato di Lisbona.
Per Pierre JONCKHEER (Verdi/ALE, BE) la crisi finanziaria mostra l'inadeguatezza delle regole europee condivise e, pertanto, «abbiamo bisogno di più Europa e non di meno Europa». In merito alle responsabilità, ha affermato che «è fin troppo facile puntare il dito contro la Commissione, visto che taluni commissari hanno fallito con la legislazione». A suo parere, inoltre, la crisi finanziaria non implica che la crisi ecologica sia finita.
Brian CROWLEY (UEN, IE) ha sottolineato la necessità primaria di garantire le persone comuni. Le banche, a suo parere, hanno avuto queste garanzie alle quali però occorre associare la responsabilità. Non si tratta solo di tagliare le remunerazioni dei manager, ha spiegato, ma di garantire che il ciclo economico ritorni dove dovrebbe essere. Riguardo al trattato di Lisbona, ha rilevato che non bisogna obbligare nessuno a ratificarlo. Si è infine congratulato con il Consiglio per gli sforzi realizzati nei confronti della Russia e della Georgia per trovare una soluzione pacifica.
Per Francis WURTZ (GUE/NGL, FR) i leader europei «si sono sbarazzati della moderazione» e ciò «ha aumentato le disuguaglianze tra i cittadini». «Questo sistema capitalistico è così brutale - e lo è stato per gli ultimi dieci anni - ed i leader europei dovrebbero essere considerati i responsabili di questa brutalità».
Ha poi chiesto maggiore onestà e la garanzia che le piccole e medie imprese non perderanno i loro esigui capitali. Fino ad ora, ha aggiunto, siamo stati troppo timorosi, troppo lenti e poco chiari su questo fronte». Ha poi sottolineato l'importanza dell'etica in quanto l'efficienza da sola «non sarà in grado di impedire la magia dell'industria finanziaria di trarre profitti da questa situazione disastrosa». Infine, ha ricordato che ora «vi è la necessità di una politica reattiva ed innovativa utile ai cittadini europei».
Per Nigel FARAGE (IND/DEM, UK) ha osservato che i sorrisi dei leader europei erano deboli la settimana scorsa, quando hanno parlato di solidarietà perché il piano «in stile USA» del Presidente Sarkozy era già fallito. Ha poi sottolineato l'ipocrisia della nozione di solidarietà, sostenendo che gli Stati membri stanno agendo per il proprio interesse. A suo parere, quanto successo la settimana scorsa, rappresenta «l'inizio della fine del progetto pazzo e non voluto» di sottrarre il potere ai singoli Stati.
Interventi dei deputati italiani
Cristiana MUSCARDINI (UEN, IT) si è detta perfettamente d'accordo con quanto dichiarato dal Presidente Sarkozy ad Evian, ossia che solo l'azione coordinata delle banche centrali e dei governi permetterà di contenere il rischio sistemico. Tuttavia, ha aggiunto, ciò non toglie che «abbiamo ancora alcuni inquietanti dubbi sul perché la Banca centrale europea non abbia abbassato prima i tassi rispetto a quanto stava avvenendo sul mercato americano, sul mercato mondiale e sul mercato finanziario anche di alcuni paesi dell'Unione europea».
Si è quindi chiesta «perché non ci sia stata una posizione chiara sul problema dei derivati» sapendo che «questo prodotto ha indebitato in maniera esponenziale alcuni importanti istituti pubblici e amministrazioni pubbliche italiane ed europee». Ma si è interrogata anche sul motivo per cui «si è continuato in una politica di accorpamento degli istituti bancari, creando in molte occasioni colossi d'argilla senza tenere conto del reale sistema» nei diversi Stati membri. Ha poi chiesto perché «il credito al consumo non sia stato controllato, creando perciò un indebitamento esponenziale sia da parte dei privati che, a catena, degli istituti bancari». Ha quindi sollecitato l'Europa ad avere «il coraggio di rivedere il Patto di stabilità che appartiene ormai al secolo scorso». Di fronte a crisi nuove ed esponenziali, ha aggiunto, occorrono decisioni che siano rapide e certe. E occorre «che il Consiglio dica chiaramente che la Commissione ha il dovere di abbassare in maniera più evidente il costo del carburante».
Per Mario
BORGHEZIO (UEN, IT) l'Europa «non ha difeso i popoli dalla
speculazione finanziaria». Ha poi sottolineato che perfino sul New
York Times si legge «il verso profetico del poeta Pound: "Con usura
nessuno ha una solida casa"». Oggi la Fed e il Tesoro americano, ha
aggiunto, «vogliono curare il crack ribassando i tassi: una medicina
– il credito facile – che ha provocato le bolle speculative». Nel
1933, ha poi ricordato, un gruppo di economisti di Chicago propose
un piano: «restituire allo Stato il monopolio esclusivo
dell'emissione di moneta, vietando alle banche la creazione di
denaro fasullo con obbligo di riserva per le banche al 100%». Ciò, a
suo parere, renderebbe impossibile «la truffa del credito
frazionale, i giochi finanziari che mandano in rovina la povera
gente, i risparmiatori, l'economia reale». Il Premio Nobel Maurice Allais, ha poi sottolineato, «tuona da tempo contro la finanza innovativa, cartolarizzazioni, derivati e hedge fund, che piacciono tanto a una certa Europa finanziaria, dei gnomi della finanza» e «chiede giustamente il divieto per legge dei derivati». Nell'esortare l'adozione del piano di Chicago, ha quindi concluso esclamando: «Basta con un'Europa incerta sul da farsi, giustamente ammonita dal Papa, il denaro non è tutto, è niente!».
Link utili
Conclusioni
del Consiglio Ecofin del 7 ottobre (in
francese)
Riferimenti
Dichiarazioni del Consiglio e della Commissione - Preparazione del Consiglio europeo (15 e 16 ottobre 2008) Dibattito: 8.10.2008 Votazione: 9.10.2008 |
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