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RESOCONTO

 

4 dicembre 2008

Bruxelles

 

 

 


Dibattito sul pacchetto clima/energia

 

Il Parlamento ha discusso con il Consiglio e con la Commissione sui cambiamenti climatici e sul pacchetto energetico. La maggior parte dei gruppi politici ha sottolineato l'urgenza di giungere ad un accordo il 17 dicembre a Strasburgo, ricordando che i cambiamenti climatici sono la più grande sfida dei nostri tempi. Alcuni oratori hanno ritenuto il pacchetto non abbastanza ambizioso mentre altri hanno avanzato dubbi circa l'attendibilità dei fondamenti scientifici utilizzati.

 

Dichiarazioni della Commissione

 

Per Andris PIEBALGS, commissario per l'energia, le tre istituzioni sono prossime al raggiungimento di un accordo sul pacchetto dei cambiamenti climatici poiché restano solo pochi punti in sospeso. Un accordo sulla direttiva per le energie rinnovabili farebbe la differenza, ha detto, soprattutto per le forniture di energia in Europa. Ha poi aggiunto che lo stallo del trilogo riguarda i meccanismi di cooperazione e l'opportunità di introdurre una revisione nel 2014.

 

Stavros DIMAS, commissario per l'ambiente, ha ricordato che i cambiamenti climatici e il pacchetto energia rappresentano uno dei lavori più significativi svolti dall'Unione negli ultimi anni. Un'economia impostata sul basso utilizzo di carbonio stimolerebbe la competitività europea e incoraggerebbe l'innovazione, ha aggiunto dicendosi «ottimista per un accordo in prima lettura», poiché sono stati fatti progressi importanti. Per quanto concerne poi il sistema di scambio di emissioni, ha ricordato che il tetto porterà entro il 2020 a un 21% di riduzione delle emissioni di carbonio. Infine, ha sottolineato che sul finanziamento della cattura e dello stoccaggio di carbonio, il commissario ha dichiarato che è già stato deciso di ricorrere alle riserve.

 

Dichiarazione della presidenza

 

Per Jean-Louis BORLOO «questo mese gli occhi del mondo sono puntati sull'Europa» e ci troviamo «a un punto di svolta della nostra storia». Facendo riferimento all'ultimo trilogo, ha quindi commentato che «siamo in una fase cruciale dei negoziati», ma si sta avanzando come previsto. Rimangono alcuni nodi cruciali da sciogliere, ha spiegato, incluse le questioni della solidarietà e della progressività nel raggiungimento dell'obiettivo 20/2020, anche a causa dei disaccordi tra gli Stati membri e della necessità di aumentare l'efficienza del mercato elettrico senza imporre oneri ai consumatori.

 

Il ministro ha quindi informato l'Aula che tre blocchi principali sono emersi dai negoziati: i paesi Baltici che, in base al trattato devono smantellare le centrali nucleari, paesi quali la Polonia che hanno meno efficienza energetica, economie ad alto tasso di carbonio e che si devono accordare sulla tabella di marcia progressiva e, infine, paesi sensibili al costo dei meccanismi di solidarietà. Ha quindi concluso ammonendo che «ciò che non viene fatto oggi, avrà un costo più alto in futuro» e che «il compimento di questo cambiamento storico sarà di auspicio per la conferenza di Copenaghen e per il nostro pianeta».

 

Interventi in nome dei gruppi politici

 

Joseph DAUL (PPE/DE, FR) ha definito il pacchetto dell'energia e dei cambiamenti climatici come «una sfida immensa» anche di fronte alla crisi finanziaria, sottolineando che «non possiamo permetterci di perderla». A suo parere «non è impossibile ottenere l'appoggio della gente» e «avere i cittadini al nostro fianco». L'Europa ha bisogno di «promuovere l'eco-innovazione», ha aggiunto, e si è rallegrato per l'adozione di un accordo che riduca le emissioni di CO2 da parte degli autoveicoli. In conclusione, ha ribadito che è importante «rassicurare i nostri cittadini sul futuro».

 

Riferendosi ai cambiamenti climatici come «una delle sfide centrali del nostro tempo», Martin SCHULZ (PSE, DE) ha posto l'accento sul fatto che «il lavoro più duro è stato svolto in Parlamento» e quindi «non Sarkozy, ma Sacconi dovrebbe averne il merito». Ha poi sottolineato che la procedura speciale utilizzata dal Parlamento per accelerare la legislazione era inusuale e i deputati insisteranno affinché il risultato dei negoziati, una volta terminati, sia accettabile per il Parlamento.

 

Graham WATSON (ALDE, UK) si è detto felice perché «potremmo essere a pochi giorni da un accordo storico», ma ha ammonito coloro che si lamenteranno. Ha quindi dichiarato che è «irresponsabile» per l'Italia sostenere che le misure energetiche faranno lievitare il costo del 17%. In conclusione, ha chiesto al Consiglio di «riaffermare il suo impegno all'obiettivo 20/20/20», vale a dire che «il Consiglio deve mantenere la parola data».

 

Claude TURMES (Verdi/ALE, LU) ha ammonito che «perderemo tutta la credibilità diplomatica se non avremo un pacchetto sui cambiamenti climatici che guarda al futuro». Il fatto che Barack Obama intenda mettere le energie rinnovabili e la tecnologia verde al centro della struttura dell'economia americana rappresenta «un'opportunità storica». L'Europa ha sempre dato prova di leadership internazionale, ha detto, mentre ora rischia di subire una battuta d'arresto a causa della imprese più inquinanti. Felicitandosi per l'accordo raggiunto si è chiesto se bisogna lasciare che alcuni governi conservatori, come quelli di Tusk, Berlusconi e Merkel, «ostacolino un progresso storico per i cittadini e per il mondo».

 

Per Alessandro FOGLIETTA (UEN, IT), la nuova formula 20 x 20 x 20, utilizzata per riassumere gli obiettivi europei per far fronte al cambiamento climatico, «esprime un impegno ambizioso che porrebbe l'Europa in una posizione di leadership assoluta in questa battaglia globale». Ha però ritenuto opportuno evidenziare «il contrasto tra il carattere di universalità di questo target e l'approccio unilaterale dei vincoli europei». A suo parere, occorre «avere il coraggio di ammettere che una nostra prova di virtuosismo potrebbe rivelarsi al contempo, inutile sul piano ambientale e rovinosa per la nostra industria, se svincolata dall'evoluzione del negoziato multilaterale».

 

Affermando poi di aderire all'obiettivo di salvaguardare l'ambiente, ha sottolineato la necessità di conseguirlo con strumenti «più efficaci e ampiamente condivisi». Queste due condizioni, ha spiegato, «devono essere necessariamente cumulative e l'una senza l'altra rende vano ogni sforzo e può addirittura avere conseguenze irrimediabili per la nostra industria». Per tale motivo, «non possiamo prescindere da un'analisi costi/benefici». Il deputato ha poi sottolineato che un approccio di questo tipo «non significa assolutamente ponderare o mettere in discussione l'importanza della salvaguardia del pianeta», ma occorre che gli strumenti siano attentamente valutati «anche in termini di aggravi economici o burocratici per le nostre imprese e per i bilanci pubblici, nonché in termini di competitività delle produzioni europee, con particolare attenzione a quelle di piccole e medie dimensioni».

 

A suo parere, ciò resta valido, a maggior ragione, «in questo momento che vede l'economia mondiale ostaggio di una congiuntura economica negativa e che impone una nuova analisi dell'impostazione che daremo al pacchetto», in particolare alla revisione dei criteri di calcolo dei target nazionali. Ha poi rilevato l'importanza di sfruttare al meglio i cosiddetti meccanismi di flessibilità, poiché «solo così potremo sperare di esser ancora competitivi a livello mondiale». Ha quindi concluso sostenendo che, in questo momento, «è più che mai necessario evitare contrapposizioni strumentali tra difensori dell'industria e paladini dell'ambiente».

 

Umberto GUIDONI (GUE/NGL, IT) ha rilevato che vi è chi sostiene che la direttiva europea del 20/20/20 imponga costi troppo elevati per l'economia dell'Unione europea e che «fra questi c'è il governo italiano che ha presentato stime dei costi quasi doppi, senza prove convincenti». Tuttavia, ha proseguito, «simili posizioni sottovalutano il futuro prezzo dei combustibili fossili e ignorano gli ingenti vantaggi derivanti dalla rapida diffusione delle energie rinnovabili», come la sicurezza dell'approvvigionamento ma, soprattutto, la creazione di nuovi posti di lavoro, «in un momento di recessione in cui migliaia di lavoratori sono espulsi dai processi produttivi».

 

L'aumento di efficienza energetica e l'utilizzo diffuso di fonti rinnovabili, ha proseguito, «sono la ricetta per uscire dalla crisi economica». A suo parere, peraltro, «concentrare grande parte dei fondi pubblici per salvare le banche significa riproporre quello stesso modello economico tutto basato sulla finanza, che ha creato la crisi che stiamo cercando di combattere». Occorre quindi affrontare la situazione economica cambiando strategia e «la direttiva UE punta all'innovazione e tenta di affrontare in tempo gli sconvolgimenti creati dai cambiamenti climatici ormai in atto», un problema «che peserà sempre di più sulla vita dei cittadini europei e sull'economia degli Stati membri». Ecco perché, ha insistito, «gli investimenti pubblici non devono andare a sostegno dei settori tradizionali, ma devono concentrarsi sulle attività che portano innovazione in campo energetico e ambientale».

 

Il deputato ha poi sottolineato che i fattori chiave per la crescita del settore delle energie rinnovabili «sono lo sviluppo delle reti di distribuzione e l'accesso prioritario a queste reti». Ha quindi ricordato che, tra gli anni '60 e '80, «le enormi spese per le infrastrutture di rete per i grandi sistemi centralizzati furono sostenute con grandi investimenti pubblici», e questo aspetto «deve valere anche per garantire il futuro del sistema energetico basato sulle rinnovabili». A suo parere occorre quindi gestire impianti di generazione di energie rinnovabili con nuove tecnologie: «c'è bisogno di investimenti, di ricerca e di sviluppo di tecnologie». Evidenziando poi l'urgenza di approvare questo pacchetto alla plenaria di dicembre, «come si aspettano i cittadini europei», ha concluso sostenendo che «non possiamo permettere che la miopia di interessi di alcuni Stati e di alcuni interessi economici possa bloccare questo processo».

 

Hans BLOKLAND (IND/DEM, NL) si è rallegrato per «l'ambizioso pacchetto sul clima e sull'energia» e ha ringraziato la Commissione per i suoi «instancabili sforzi durante i negoziati». In alcuni momenti, ha proseguito, la presidenza ha dato l'impressione di non poter progredire sostanzialmente verso la posizione del Parlamento europeo e «ciò potrebbe veramente recare pregiudizio al pacchetto sull'energia e sul clima». Alcuni Stati membri, ha concluso, stanno usando la crisi finanziaria come pretesto per attenuare gli impegni climatici ma i costi in futuro sarebbero molto più elevati.
 

Interventi dei deputati italiani

 

Roberto MUSACCHIO (GUE/NGL, IT) ha ricordato che in un recente rapporto il Panel degli scienziati dell'ONU che lotta contro il cambio climatico ha reso noto che le emissioni di CO2 «hanno ripreso ad accelerare più del previsto». Pertanto, occorre che «anche noi acceleriamo le nostre decisioni e far sì che siano adeguate». Il Parlamento, ha poi affermato, «ha lavorato con intelligenza, competenza, e con passione» e ha già approvato nella sua commissione Ambiente testi importanti. Si quindi detto convinto che la Commissione riconoscerà «il valore di questo lavoro» e ha ricordato che occorre approvare il pacchetto entro la prossima sessione di Strasburgo.

 

A suo parere, «non bisogna indebolire gli impegni, mantenendo i punti fondamentali del Parlamento come il carattere effettivo delle riduzioni, il passaggio automatico dal 20 al 30%, la creazione di un fondo per l'adattamento e il trasferimento tecnologico verso i paesi terzi». A Poznan, ha quindi insistito, «l'Europa deve giocare un ruolo decisivo, sapendo tra l'altro che è interesse dell'Europa stessa la firma del dopo Kyoto da parte di Cina e USA».

 

Il deputato si è poi detto «profondamente dispiaciuto come italiano che il governo del mio paese e la sua Confindustria abbiano assunto una posizione così reazionaria e dannosa, innanzitutto per il mio stesso paese». Dire che la crisi economica rende impossibili gli interventi sul clima, ha detto, «è una sciocchezza»; al contrario «è proprio la lotta al cambiamento climatico che deve fare da punto di riferimento per una riconversione ecologica industriale che deve rappresentare il punto centrale dell'intervento in questa crisi drammatica». L'ambiente, ha concluso, «non è un problema per l'economia, ma è la chiave di soluzione insieme a un diverso indirizzo sociale di una crisi che nasce proprio da un'economia malata che fa male all'ambiente e al lavoro».

 

Guido SACCONI (PSE, IT) ha anzitutto ringraziato i colleghi che «hanno valorizzato giustamente il risultato raggiunto lunedì scorso con l'accordo sul regolamento che impone l'obbligo di riduzione del CO2 degli autoveicoli». Ha quindi voluto spiegare perché si è prodigato ad accelerare la realizzazione di questo accordo. Anzitutto, affinché si sbloccasse il pacchetto almeno per un dossier per dimostrare che, anche se è difficile, «è davvero possibile conciliare la tutela dell'ambiente e la lotta al cambiamento climatico, da un lato, e la dimensione economica della competitività e sociale, l'occupazione, dall'altro lato». Dicendosi consapevole della crisi che sta vivendo il settore automobilistico, ha evidenziato l'importanza del segnale lanciato con l'accordo.

 

La seconda ragione dell'accelerazione, ha continuato a spiegare, è perché ha ritenuto molto meglio chiudere questo dossier prima del Consiglio europeo della prossima settimana, così da impedire ai capi di Stato e di governo di modificarlo. Rivolgendosi quindi ai colleghi che hanno criticato l'accordo, ha affermato che essi non hanno capito che sarebbe stato meglio chiudere anche gli altri dossier. Ha quindi concluso esortando ad avere coraggio, per non consentire, come è successo sulle rinnovabili, «che un paese, il mio purtroppo, abbia posto un veto rendendo impossibile un accordo».

 

Link utili

Sito della Conferenza di Poznan

Sito della Commissione “Azione per il clima”

 

Riferimenti

Dichiarazioni del Consiglio e della Commissione - Stato dei negoziati sul pacchetto climatico e l'energia

Dibattito: 4.12.2008

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Il Dalai Lama al Parlamento: valori, pace interiore e armonia delle religioni

 

Rivolgendosi all'Aula in seduta solenne, il Dalai Lama ha insistito sul diritto delle persone a essere felici e sulla necessità di promuovere i valori umani e la pace interiore, più che il benessere materiale. Si è poi detto impegnato nella promozione dell'armonia tra le religioni, poiché tutte portano un messaggio d'amore. Dopo aver sottolineato il ruolo delle donne, più sensibili alle esigenze degli altri, ha precisato che il Tibet non chiede l'indipendenza bensì l'autonomia dalla Cina.

 

Hans-Gert PÖTTERING ha espresso grande onore e gioia nell'accogliere il Dalai Lama al Parlamento europeo e si è detto ansioso di sentire le sue parole sull'importanza del dialogo interculturale. Nel ricordare che, nel corso dell'anno, il Parlamento ha già accolto rappresentanti delle religioni cristiana, musulmana ed ebraica, ha voluto ricordare le vittime degli attentati di Mumbai e, in tale contesto, ha sottolineato il ruolo importante che possono svolgere i leader religiosi che predicano la pace e la riconciliazione tra i popoli.

 

Il Presidente ha poi rilevato come il Parlamento europeo si sia sempre adoperato per difendere i diritti umani del popolo tibetano. Ricordando le visite del Dalai Lama del 1988, del 2001 e del 2006, ha sottolineato che il Parlamento ha adottato numerose risoluzioni che invitano la Cina a dialogare e a riconoscere l'identità e i diritti dei tibetani. Nel ribadire che il Parlamento europeo riconosce l'integrità territoriale della Cina, incluso il Tibet, ha però affermato che «non smetteremo mai di difendere l'identità culturale e religiosa del Tibet».

 

Quanto successo nel mese di marzo, ha proseguito, «mostra l'urgenza del dialogo» al fine di trovare una soluzione accettabile da tutti e che rispetti l'identità del Tibet. Si è quindi detto preoccupato dello stallo dei negoziati iniziati nel 2002 ed ha auspicato che sia presto trovata una soluzione. Sottolineando come la Cina rappresenti un importante partner dell'UE, ha però rilevato che «nel nostro dialogo con la Cina abbiamo la responsabilità di essere aperti e onesti nell'esprimere il nostro impegno a favore dei valori condivisi della democrazia, dello Stato di diritto, dei diritti umani e della libertà di espressione». Rivolgendosi al Dalai Lama, ha quindi concluso affermando che il suo approccio non violento rappresenta «uno straordinario esempio di una campagna pacifica a favore di una causa assolutamente meritevole».

 

Il DALAI LAMA ha spiegato di aver distribuito una dichiarazione scritta in inglese e che, vista le sue difficoltà a pronunciare alcune parole, l'avrebbe riassunta a voce: «sono solo uno dei sei miliardi di esseri umani della terra».

 

Ha poi affermato che «ognuno vuole condurre una vita felice e appagante» e che tutti - a prescindere dal colore, dalla professione o dall'estrazione sociale - hanno il diritto di essere felici. Ha però rilevato che, di questi tempi, viene attribuita troppa importanza alle cose materiali, «trascurando i valori», per tale ragione vi sono «persone anche molto ricche che sono infelici». A suo parere, uno dei fattori più importanti per la felicità è «la pace interiore», anche perché vi sono «troppi sospetti, troppa ambizione e troppa avidità». Nel chiedere di non trascurare i valori interiori, ha spiegato che questi non sono necessariamente quelli previsti dall'insegnamento religioso, poiché «siamo già dotati di bontà di cuore». Ha quindi rivolto un invito a «un'etica laica che sia alla base di una vita felice». Per il Dalai Lama, il benessere fisico e la pace mentale «sono essenziali». E in proposito ha raccontato che dopo il suo intervento alla cistifellea e le complicazioni vissute, si è ripreso molto in fretta. Ha quindi spiegato che non è stato un miracolo e che non è dotato di poteri curativi - «altrimenti non avrei avuto bisogno del chirurgo!» - ma è stata la pace dello spirito che è stata alla base della sua pronta guarigione.

 

Il suo impegno, ha aggiunto, oltre che alla promozione dei valori umani, è rivolto alla promozione dell'armonia religiosa. In proposito, ha sottolineato che, nonostante le loro differenze filosofiche, «tutte le principali religioni portano lo stesso messaggio d'amore, compassione, tolleranza e autodisciplina». Sono anche molto simili nel loro potenziale di «aiutare gli esseri umani ad avere vite più felici». In questa epoca di conflitti religiosi, ha aggiunto, occorre compiere sforzi particolari per promuovere l'armonia tra le diverse fedi.

 

Il Dalai Lama, notando che il Parlamento europeo conta molte deputate («alcune anche particolarmente belle!»), ha poi voluto sottolineare il ruolo importante svolto dalle donne nella società. Poiché «nel nostro secolo abbiamo bisogno di promuovere i valori umani, l'amore e l'apertura di cuore» e le donne «hanno più sensibilità degli uomini alle esigenze degli altri».

 

In merito alla questione tibetana, il Dalai Lama ha voluto precisare di non richiedere la secessione e l'indipendenza, ma l'autonomia, un diritto riconosciuto alle minoranze dalla costituzione cinese. I tibetani, ha aggiunto, cercano di contribuire a una «società armoniosa, stabile e unita». Ma, si è chiesto, come è possibile farlo «sotto un regime di paura», visto che occorre «fiducia, moderazione e reciproco rispetto». La non violenza tibetana, ha poi spiegato, è stata anche di esempio per altri popoli che in passato erano favorevoli alla violenza. L'Europa e i nostri sostenitori, ha poi puntualizzato, «non sono contro la Cina» ma - citando un proverbio tibetano - ha detto: «se sei un vero amico devi evidenziare gli errori dell'amico».

  
In conclusione, ha affermato di aver aderito all'invito di un gruppo di sostegno del Parlamento europeo a partecipare a un digiuno, precisando di averlo iniziato dopo la prima colazione, «perché per un monaco tibetano la colazione è sacra», per condividere la loro determinazione.

 

I deputati, in piedi, gli hanno tributato un lungo applauso.

 

Link utili

Sito del Dalai Lama

Sito dell’Anno europeo del dialogo interculturale

Risoluzione del Parlamento europeo del 10 luglio 2008 sulla situazione in Cina dopo il terremoto e prima dei Giochi olimpici

Risoluzione del Parlamento europeo del 10 aprile 2008 sulla situazione in Tibet

 

Riferimenti

Seduta solenne - Allocuzione di Sua Santità il XIV Dalai Lama

4.12.2008

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Un miliardo di euro per parare alla volatilità dei prezzi alimentari nei PVS

 

Il Parlamento ha adottato un regolamento che stanzia un miliardo di euro nel periodo 2008-2010 per assistere un elenco ristretto di paesi in via di sviluppo nell'affrontare la rapida impennata dei prezzi alimentari. Questi fondi saranno usati per promuovere misure volte ad agevolare l'accesso ai fattori di produzione, migliorare la capacità produttiva agricola, aumentare la produzione attraverso microcrediti, investimenti, attrezzature e infrastrutture, nonché soddisfare il fabbisogno alimentare.

 

Sulla base di un compromesso raggiunto con il Consiglio, il Parlamento ha adottato definitivamente - con 561 voti favorevoli, 24 contrari e 34 astensioni - un regolamento che stanzia un miliardo di euro per il periodo 2008-2010 al fine di assistere i paesi in via di sviluppo nell'affrontare la rapida impennata dei prezzi alimentari. Il regolamento entrerà in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

 

Con lo strumento creato dal regolamento, la Comunità finanzierà misure a sostegno di una risposta rapida e diretta alla volatilità dei prezzi alimentari nei paesi in via di sviluppo principalmente nell'arco di tempo che intercorre fra gli aiuti di emergenza e la cooperazione allo sviluppo a lungo termine. Per accrescerne l'utilità e l'impatto le risorse saranno concentrate su un elenco ristretto di paesi destinatari ad alta priorità, individuati in base ai criteri specificati dal regolamento stesso, ed in coordinamento con altri donatori ed altri partner per lo sviluppo mediante una valutazione pertinente del fabbisogno fornita da organizzazioni internazionali e specializzate come quelle del sistema ONU in consultazione con i paesi partner.

 

Gli obiettivi principali dell'assistenza e della cooperazione sono di favorire una reazione positiva da parte del settore agricolo dei paesi e delle regioni destinatari, promuovere interventi diretti e tempestivi per attenuare gli effetti negativi della volatilità dei prezzi alimentari sulle popolazioni locali nonché rafforzare le capacità produttive e la governance del settore agricolo ai fini di una maggiore sostenibilità degli interventi. Il regolamento precisa che, per fornire ai destinatari un sostegno mirato, specifico e adeguato, basato sulle loro esigenze, strategie, priorità e capacità di risposta, sarà adottata «un'impostazione differenziata in funzione dei contesti di sviluppo e dell'impatto della volatilità dei prezzi alimentari».
 

Tenendo conto delle condizioni specifiche dei singoli paesi, il regolamento prevede le seguenti misure di sostegno:

 

           misure volte ad agevolare l'accesso ai fattori di produzione e ai servizi agricoli, compresi i fertilizzanti e le sementi, con particolare attenzione per gli strumenti locali e la loro disponibilità;

           misure di sicurezza finalizzate a mantenere o migliorare la capacità produttiva agricola e a soddisfare il fabbisogno alimentare di base delle popolazioni più vulnerabili, compresi i bambini;

           altre misure su scala ridotta volte ad aumentare la produzione in base alle esigenze del paese: microcrediti, investimenti, attrezzature, infrastrutture e impianti di stoccaggio;  nonché formazione professionale e sostegno a categorie professionali nel settore agricolo.

 

I soggetti ammissibili ai finanziamenti saranno i paesi e le regioni partner e relative istituzioni, gli enti decentralizzati dei paesi partner (comuni, province, dipartimenti e regioni), gli organismi misti istituiti dai paesi e dalle regioni partner e dalla Comunità, le organizzazioni internazionali (tra cui le organizzazioni regionali, gli organismi, i servizi o le missioni che rientrano nel sistema delle Nazioni Unite, le istituzioni finanziarie internazionali e regionali e le banche di sviluppo) e le agenzie dell'UE. Sono ammissibili inoltre i seguenti enti o organismi degli Stati membri, dei paesi e delle regioni partner o di qualsiasi altro Stato terzo: enti pubblici o parastatali, autorità e consorzi locali o relative associazioni rappresentative; società, imprese e altre organizzazioni e operatori economici privati; istituzioni finanziarie dedite alla concessione, alla promozione e al finanziamento degli investimenti privati nei paesi e nelle regioni partner; attori non statali che operano in modo indipendente e affidabile; persone fisiche.

 

Il finanziamento comunitario, che ammonta a un miliardo di euro per il periodo 2008-2010, può configurarsi sotto forma di progetti e programmi, sostegni finanziari (specialmente settoriali), contributi a organizzazioni internazionali o regionali e fondi internazionali gestiti da tali organizzazioni, contributi a fondi nazionali istituiti da paesi e regioni partner per favorire il cofinanziamento congiunto da parte di diversi donatori, ovvero a fondi istituiti da uno o più donatori finalizzati all'attuazione congiunta di azioni e cofinanziamento con soggetti ammissibili per il finanziamento.

 

E' inoltre possibile ricorrere a fondi della Banca europea per gli investimenti (BEI) o di altri intermediari finanziari, in base a programmi della Commissione, finalizzati alla concessione di prestiti (segnatamente di sostegno agli investimenti e allo sviluppo del settore privato) o di capitali di rischio (sotto forma di prestiti subordinati o condizionati) o di altre acquisizioni partecipative minoritarie e temporanee di capitale sociale, nonché contributi a fondi di garanzia.

 

Riferimenti

 

Gay MITCHELL (PPE/DE, IE)

Relazione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce uno strumento di risposta rapida all'impennata dei prezzi alimentari nei paesi in via di sviluppo

Procedura: Codecisione, prima lettura

Dibattito: 3.12.2008

Votazione: 4.12.2008

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Un piano di gestione UE contro i danni provocati dai cormorani

 

Visti i gravi danni provocati dalla crescente popolazione di cormorani alle imprese acquicole e agli stock di pesce selvatico, il Parlamento sollecita un piano di gestione coordinato a livello europeo per questi volatili. Per ridurre gli effetti negativi, chiede anche di chiarire le contromisure che è possibile adottare in forza alla "direttiva Uccelli". Occorre infine disporre di dati scientifici affidabili sulla popolazione di cormorani e sulla sua evoluzione.

 

Il rapido incremento del numero di cormorani (Phalacrocorax carbo) nel territorio dell'Unione europea, la cui popolazione è cresciuta di 20 volte negli ultimi 25 anni fino a giungere a circa 1,8 milioni di esemplari, ha portato «danni comprovati e permanenti» alle imprese acquicole e agli stock di numerose specie di pesce selvatico nelle acque interne e lungo le coste. Ogni anno i cormorani, la cui dieta quotidiana è costituita da 400-600 grammi di pesce, sottraggono infatti alle acque europee oltre 300.000 tonnellate di pesce, ossia una quantità superiore alla produzione di pesce-acquacoltura di Francia, Spagna, Italia, Germania, Ungheria e Repubblica ceca nel loro insieme.

 

Approvando con 558 voti favorevoli, 7 contrari e 18 astensioni la relazione di Heinz Kindermann (PSE, DE), il Parlamento sottolinea inoltre che il pericolo di «gravi danni aumenta in maniera spropositata», mentre più il numero di cormorani si avvicina alla capacità di resistenza dei grandi bacini idrici, più le contromisure a livello locale perdono efficacia.

 

Il Parlamento esorta quindi la Commissione e gli Stati membri a promuovere una gestione sostenibile della popolazione dei cormorani attraverso «un coordinamento, una cooperazione e una comunicazione rafforzati a livello scientifico e amministrativo», nonché a definire premesse adeguate per l'elaborazione di un piano di gestione per i cormorani a livello europeo. Successivamente, occorre prendere in considerazione gli effetti positivi di un piano di gestione della popolazione di cormorani a livello europeo e presentare eventualmente una proposta di soluzione al problema. Più precisamente, la Commissione dovrebbe proporre un piano di gestione a più livelli per la popolazione di cormorani coordinato a livello europeo che integri nel lungo termine i cormorani nel paesaggio culturale senza pregiudicare gli obiettivi della “direttiva Uccelli” e di Natura 2000 sulle specie ittiche e gli ecosistemi acquatici.

 

La Commissione dovrebbe anche esaminare tutti gli strumenti giuridici a disposizione, al fine di ridurre gli effetti negativi della popolazione di cormorani sulla pesca e sull’acquacoltura. Il Parlamento ricorda poi che l'articolo 9 della “direttiva Uccelli” consente agli Stati membri e alle regioni di prevenire i "gravi danni" adottando contromisure provvisorie, a condizione che gli obbiettivi di tutela della direttiva non vengano compromessi (in concreto, le condizioni di conservazione favorevoli della specie). Al riguardo invita la Commissione a «definire chiaramente» il concetto di "gravi danni" allo scopo di darne un’interpretazione univoca. Invita inoltre la Commissione a fornire indicazioni più generali sulla natura delle deroghe consentite dalla stessa direttiva, «compreso un ulteriore chiarimento della terminologia laddove si ritenga possano sussistere ambiguità».

 

I deputati invitano la Commissione e gli Stati membri a mettere a disposizione le risorse destinate dal bilancio comunitario alla rilevazione dei dati relativi al settore alieutico, anche per rilevazioni, analisi e previsioni sulla popolazione di cormorani nel territorio dell'Unione europea in vista di un eventuale monitoraggio periodico di questa specie. In tale contesto, la Commissione dovrebbe concedere in appalto e finanziare un progetto scientifico che elabori un modello di valutazione per la dimensione e la struttura della popolazione complessiva di cormorani. Il Parlamento propone infine di creare una base dati «affidabile ed efficace», aggiornata annualmente, sullo sviluppo, la quantità e la distribuzione geografica della popolazione di cormorani in Europa.

 

 

Link utili

 

Direttiva concernente la conservazione degli uccelli selvatici
Sito della Commissione sui grandi carnivori

 

 

Riferimenti

 

Heinz KINDERMANN (PSE, DE)

Relazione sull'elaborazione di un "Piano europeo di gestione della popolazione di cormorani" al fine di ridurre il loro impatto crescente sulle risorse ittiche, la pesca e l’acquicoltura

Procedura: Iniziativa

Votazione: 4.12.2008

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Approvare un codice vincolante sull'export di armi

 

Il Parlamento sollecita la rapida approvazione di un nuovo codice UE per l'esportazione di armi che sia giuridicamente vincolante, anche per contribuire a un trattato internazionale in materia. Parallelamente occorre prevenire i trasferimenti irresponsabili di armi, il loro traffico illegale e la vendita di armi raccolte durante operazione PESD. Vanno poi garantite rapide indagine sulle violazioni di embargo.

 

Approvando con 562 voti favorevoli, 37 contrari e 20 astensioni una risoluzione sostenuta da tutti i gruppi politici eccetto (IND/DEM), il Parlamento ribadisce «fermamente» le proprie critiche «all'attuale stallo politico» quanto alla mancata adozione della posizione comune in merito alla revisione del Codice di condotta UE sulle esportazioni di armi al fine di «trasformarlo in un efficace strumento di controllo». Nel chiederne quindi l'adozione «senza ulteriori indugi», sottolinea che il contributo dell'UE a un trattato sul commercio di armi internazionalmente vincolante «acquisterà notevole credibilità non appena diverrà giuridicamente vincolante il regime comunitario di controllo delle esportazioni di armi».

 

Per i deputati, inoltre, parallelamente all'adozione della posizione comune, dovrebbero essere adottate tra l'altro le seguenti misure:

 

           prevenzione di trasferimenti irresponsabili di armi mediante una rigorosa applicazione dei criteri del Codice sia alle aziende che alle forze armate nazionali;

           prevenzione del traffico illegale di armi per via aerea e navale; miglioramento e applicazione dei controlli sull'intermediazione, invitando tutti gli Stati membri che non lo hanno ancora fatto a integrare nelle proprie legislazioni nazionali lo spirito e la lettera della posizione comune dell'UE del 2003 sul controllo dell'intermediazione delle armi;

           rapide indagini sulle recenti asserzioni relative alle violazioni di embargo sulle armi;

           prevenzione della vendita a intermediari privati delle armi raccolte durante operazioni PESD e RSS (riforma del settore della sicurezza) e altre iniziative dell'UE, nonché del loro successivo trasferimento ad altre regioni teatro di violenti conflitti o tensioni;

           miglioramento della trasparenza e della qualità dei dati trasmessi dagli Stati membri dell'Unione europea nel contesto della relazione annuale sul Codice di condotta.


 

Background

 

Il Codice di condotta dell'Unione europea per le esportazioni di armi è stato adottato l'8 giugno 1998 e stabilisce otto criteri per il controllo delle esportazioni di armi convenzionali e una procedura di notifica delle decisioni di rifiuto che esige che gli Stati membri si consultino riguardo ad eventuali autorizzazioni concesse malgrado una precedente decisione di rifiuto.

 

Il codice di condotta non è attualmente un documento giuridicamente vincolante ed è composto di due sezioni principali: una che elenca gli otto criteri di esportazione e l’altra sulle disposizioni operative. I criteri costituiscono i principi che le autorità nazionali preposte al rilascio delle licenze dovrebbero utilizzare quando ricevono una domanda di autorizzazione a vendere armi all’estero:

 

           Rispetto degli impegni internazionali degli Stati membri, segnatamente delle sanzioni decretate dal Consiglio di sicurezza dell’ONU e di quelle decretate dalla Comunità, degli accordi sulla non proliferazione e di altri obblighi internazionali.

           Rispetto dei diritti umani nel paese di destinazione finale.

           Situazione interna al paese di destinazione finale.

           Mantenimento della pace, della sicurezza e della stabilità regionali.

           Sicurezza nazionale degli Stati membri e dei territori le cui relazioni esterne competono agli Stati membri, nonché di Paesi alleati o amici.

           Comportamento del paese acquirente nei confronti della comunità internazionale.

           Esistenza del rischio di sviamento delle attrezzature all’interno del paese acquirente o di ri-esportazione in condizioni indesiderabili.

           Compatibilità delle esportazioni di armi con le capacità tecniche ed economiche del paese acquirente.

 

Link utili

 

Risoluzione del Parlamento europeo del 13 marzo 2008 sul codice di condotta dell'Unione europea per le esportazioni di armi - mancata adozione da parte del Consiglio della posizione comune e quindi mancata trasformazione del Codice in uno strumento giuridicamente vincolante

Decima relazione annuale ai sensi della misura operativa n. 8 del codice di condotta dell'Unione europea per le esportazioni di armi

Codice di condotta (circa a metà del documento)

 

Riferimenti

 

Risoluzione sul Codice di condotta dell'Unione europea sulle esportazioni di armi

Procedura: Risoluzione comune

Dibattito: 3.12.2008

Votazione: 4.12.2008

 

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