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L'amarezza di Geremek e l'Europa che sogna

di Elzbieta Cywiak

Bronislaw Geremek

Quanti si aspettavano dal nuovo Parlamento Europeo a 25 un segnale forte per suggellare il superamento delle antiche contrapposizioni Est-Ovest della “guerra fredda”, hanno dovuto ricredersi. Il recente ingresso nell’UE di 8 paesi dell’ex blocco sovietico, aveva sbiadito il ricordo della “cortina di ferro”, ma intanto a Strasburgo, per giochi di potere, sorgeva un inverosimile “patto di ferro” tra PPE e PSE i due gruppi politici più numerosi (268 membri il primo, 200 il secondo) che generalmente si combattono su tutti i fronti. 
Prigioniero di un tale “patto di ferro”, il nuovo Parlamento dell’Europa unita non è riuscito ad eleggere istintivamente quale suo presidente il leader liberal-democratico polacco Bronislaw Geremek che avrebbe meritato pienamente il prestigioso incarico essendo stato protagonista di Solidarnosc e della svolta del 1989 in Polonia che portò al crollo del comunismo.
Secondo il “patto di ferro” la presidenza del Parlamento è andata allo spagnolo Josep Borrell Fontelles , candidato del Partito Socialista Europeo, eletto al primo scrutino con 388 voti (il minimo richiesto era 324) e che resterà in carica per la prima metà della legislatura. Tra due anni e mezzo assumerà la presidenza l'attuale capogruppo dei popolari, il tedesco Hans Gert Poettering. 
Per quanto Borrell abbia posto l’accento sulla sua appartenenza alla generazione protagonista della transizione verso la democrazia della Spagna, il richiamo al cambiamento ancora più profondo nell’assetto europeo si è potuto sentire nell’intervento di Bronisław Geremek. Lo storico ed ex-ministro degli esteri polacco, giunto secondo alla meta presidenziale, ha raccolto 208 voti, ben più di quanto rappresenti il suo gruppo dell’Alleanza dei Liberali e dei Democratici per l’Europa (88 membri) sommato a quello dei verdi (42 seggi) e dalla destra (27 seggi) che lo hanno sostenuto ufficialmente.  
Geremek ha ricordato di provenire da quel paese, dove il movimento contro il totalitarismo ha avuto le sue radici e ha avviato un processo che ha condotto la Polonia all’indipendenza e alla libertà e l’Europa all’unificazione. Uno dei grandi momenti di gioia in questa battaglia per la libertà è stato quando i polacchi non si sono sentiti soli, ma sapevano di contare sul sostegno degli altri europei. Ha poi affermato di avere sempre sognato un’Europa di solidarietà, rilevando che sono stati appunto i polacchi a introdurre questa espressione nel vocabolario politico e che l’istituzione di quell’Europa solidale e giusta è proprio questo Parlamento, che deve essere un luogo di dibattito dell’Europa finalmente riunificata, del dibattito strategico sul futuro dell’Europa, un luogo dove tutte le famiglie politiche (gli euroentusiasti, gli euroscettici, gli eurorealisti) possano discutere e incontrarsi creando la comunità degli Stati, delle nazioni e dei cittadini, poiché le nazioni sono la ricchezza dell’Unione. Solo se sapremo imparare a vivere insieme, saremo in condizioni di svolgere il nostro ruolo. 
All’esito della votazione, il commento di Geremek è stato eloquente: “partecipavo per vincere, comunque non ho l’impressione di aver perso”. La sua candidatura ha avuto infatti un riflesso positivo nei media europei. Commenti favorevoli alla Polonia sono apparsi su diversi giornali e più marcatamente sul francese “Le Monde” e su “Le Soir” di Bruxelles. Geremek ha anche rilevato che quei polacchi che hanno seguito la sessione di Strasburgo in televisione, l’hanno guardata con un certo orgoglio; ma ora è importante cancellare la sensazione che il Parlamento europeo sia manipolato da due grandi partiti (egli in verità, subito dopo la votazione aveva criticato l’elezione di Borrell come accordo “del comitato centrale con l’ufficio politico”, precisando poi di essersi lasciato andare troppo). Comunque, ha detto Geremek non senza amarezza, il voto non mi aiuterà per convincere che la cosa più importante sia l’interesse europeo. Pur tuttavia l’esito della votazione ha dimostrato che in Europa, malgrado tutto, la Polonia è trattata con rispetto e che la nostra voce viene presa in considerazione. Anche se un risultato diverso, secondo il leader liberal-democratico polacco, sarebbe stato un segno di grande speranza in tutta l’Europa Centro-orientale “poiché noi veniamo all’Unione con un’enorme speranza, forse anche troppo grande”. Nel futuro immediato Geremek non accetterà incarichi a Strasburgo. Nella sua veste di semplice europarlamentare cercherà di convincere i suoi connazionali che l’interesse della Polonia corrisponde a quello europeo. Ma soprattutto intende lottare affinché l’egoismo dei grandi paesi non prenda il sopravvento.

 

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